Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 3 settembre 2020 - Ricorso n.34297/09 - Causa Facchinetti contro l'Italia

©Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA FACCHINETTI c. ITALIA

(Ricorso n. 3497/09)

SENTENZA

STRASBURGO
3 settembre 2020

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa Facchinetti c. Italia,
la Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), riunita in un Comitato composto da:
Aleš Pejchal, Presidente,
Pauliine Koskelo,
Tim Eicke, giudici,
e Renata Degener, cancelliere aggiunto di Sezione,
visto il ricorso contro la Repubblica italiana con il quale in data 11 giugno 2009 una cittadina italiana, la Sig.ra Elisabetta Facchinetti (“la ricorrente”), ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);
vista la decisione di comunicare al Governo italiano (“il Governo”) la doglianza concernente l’ingerenza legislativa in un procedimento in corso e di dichiarare irricevibile il ricorso per il resto;
viste le osservazioni formulate dalle parti;
dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 7 luglio 2020,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE
La causa concerne l’intervento legislativo durante un procedimento in corso. In particolare, la ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, che la promulgazione della Legge n. 296/2006 le aveva negato il diritto a un equo processo. 

IN FATTO

1.La ricorrente è nata nel 1939 e vive a Gorlago. È stata rappresentata dall’avvocato E. Fatuzzo, del foro di Bergamo.

2.Il Governo è stato rappresentato dal suo ex agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo ex coagente, la Sig.ra M. L. Aversano.

3.Le circostanze della causa sono analoghe a quelle descritte nelle cause Maggio e altri c. Italia (nn. 46286/09 e altri 4, 31 maggio 2011) e Stefanetti e altri c. Italia (merito) (nn. 21838/10 e altri 7, 15 aprile 2014).

4.Nel luglio del 1999 il defunto marito della ricorrente, S.B., che aveva trasferito in Italia i contributi pensionistici che aveva versato in Svizzera,presentò una domanda all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (“INPS”) affinché riliquidasse la sua pensione, in conformità alla Convenzione italo-svizzera in materia di sicurezza sociale del 1962 (si veda “Il quadro giuridico e la prassi pertinenti” infra e i precedenti ivi citati), sulla base dei contributi che aveva versato in Svizzera per il lavoro ivi svolto per diversi anni. Come base per la liquidazione della sua pensione (in relazione alla sua retribuzione media negli ultimi cinque anni della sua vita lavorativa), l’INPS utilizzò una retribuzione teorica invece della retribuzione effettiva. Tale criterio comportò una riparametrazione sulla base dell’aliquota contributiva applicata in Svizzera(8%) e di quella applicata in Italia (32,7%), vale a dire che il calcolo fu basato su uno pseudo-salario, che ha comportato, secondo S.B., che egli percepiva una pensione pari a un quarto di quanto avrebbe dovuto ricevere.

5.L’INPS rigettò la domanda presentata da S.B. Conseguentemente, nel2002, S.B. presentò ricorso al Tribunale di Bergamo (organo competente per le controversie di lavoro e previdenziali), sostenendo che ciò violava lo spirito della Convenzione italo-svizzera.

6.In data 7 febbraio 2003, il Tribunale di Bergamo accolse la pretesa diS.B. e ordinò all’INPS di riliquidare la pensione di S.B.

7.A seguito dell’appello proposto dall’INPS, in data 11 dicembre 2003, la Corte di Appello di Brescia ribaltò la sentenza di primo grado.

8.Nelle more del pertinente procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, in data 1° gennaio 2007 entrò in vigore la Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (“Legge n. 296/2006”).

9.In data 19 gennaio 2006 S. B. decedette.

10.In data 11 dicembre 2008, in considerazione dell’entrata in vigore della Legge n. 296/2006, la Corte di Cassazione rigettò con decisione definitivail ricorso presentato da S. B. avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia.

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI PERTINENTI

11.Il diritto e la prassi interni pertinenti relativi alla causa figurano nelle sentenze Maggio e altri c. Italia (sopra citata, §§ 27-35) e Stefanetti e altri (merito) (sopra citata, §§ 13-27).

12.I pertinenti articoli del Codice di procedura civile (CPC), recitano, nelle loro parti pertinenti:

Articolo 110 – Successione nel processo

Quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale (...)

Articolo 299 – Morte o perdita della capacità prima della costituzione

Se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la morte (...) di una delle parti o del suo rappresentante legale (…) il processo è interrotto (...)

Articolo 300 – Morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace

Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altri parti. Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto (...) Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell’evento. (....)

13.In diverse sentenze (per esempio, nelle sentenze della Corte di Cassazione nn. 1383 del 1998, 5755 del 1999, e 5626 del 2002), la Corte di Cassazione sostenne che (diversamente da quanto avviene per i procedimenti pendenti dinanzi a tribunali civili di grado inferiore) i procedimenti dinanzi a essa sono caratterizzati da una procedura specifica che non dipende dalle attività delle parti. I procedimenti dinanzi alla Corte di Cassazione sono infatti finalizzati unicamente alla soluzione delle questioni giuridiche alle quali soltanto il difensore della parte in questione, e non la parte, può fornire il suo contributo tecnico (sentenza della Corte di Cassazione n. 20004 del 2005). I motivi ammissibili indicati negli articoli 299 e 300 del CPC per interrompere un procedimento giudiziario non sono pertanto applicabili ai procedimenti dinanzi alla Corte di Cassazione. Implicitamente, come principio generale, tutte le conseguenze del processo – nonché tutti gli altri rapporti giuridici del defunto – si trasmettono agli eredi.

14.Qualora gli eredi desiderino partecipare al procedimento in luogo del defunto, essi non possono presentare formalmente una comparsa di costituzione, ma possono depositare semplicemente un atto di intervento o ricorso (si veda, per esempio, la sentenza della Corte di Cassazione n. 4233 del 2007).

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE

15.La ricorrente ha lamentato che l’intervento legislativo – vale a dire la promulgazione della Legge n. 296/2006, che ha modificato la pertinente giurisprudenza consolidata nelle more del procedimento – le aveva negato il diritto, quale erede di S.B., a un equo processo ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, che recita:

“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente da un tribunale (…) chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...)”

A. Sulla ricevibilità

16.Il Governo ha contestato la legittimazione ad agire della ricorrente, limitandosi a sostenere che ella non era stata parte dei procedimenti nazionali.

17.La ricorrente ha contestato tale rilievo.

18.La Corte ha precedentemente accettato che i prossimi congiunti di ricorrenti deceduti possano proseguire ricorsi concernenti doglianze relative a vari aspetti dell’articolo 6 della Convenzione, purché abbiano un sufficiente interesse a farlo (si vedano Raimondo c. Italia, 22 febbraio 1994, Serie A n. 281 A; Andreyeva c. Russia (dec.), n. 76737/01, 16 ottobre 2003; Mihailov c. Bulgaria (dec.), n. 52367/99, 9 settembre 2004; Stojkovic c. “Ex Repubblica yugoslava di Macedonia”, n. 14818/02, § 26, 8 novembre 2007; e Grosz c. Francia (dec.), n. 14717/06, 16 giugno 2009). In altre cause relative a doglianze ai sensi degli articoli 5, 6 o 8 la Corte è stata disposta a riconoscere la qualità di vittima e la legittimazione dei prossimi congiunti a presentare ricorso se avevano dimostrato un interesse rilevante sulla base del diretto effetto sui loro diritti patrimoniali (si vedano Marie-Louise Loyen e Bruneel c. Francia, n. 55929/00, §§ 29-30, 5 luglio 2005; Ressegatti c. Svizzera, n. 17671/02, § 25, 13 luglio 2006; Milionis e altri c. Grecia, n. 41898/04, §§ 23-25, 24 aprile 2008; e Ljajic c. Serbia, n. 58385/13, §§ 17-18, 21 luglio 2015).

19.Nel caso di specie la Corte rileva che la ricorrente ha dichiarato di essere l’erede di S.B. e che il Governo non ha contestato tale fatto. Infatti esso ha individuato la ricorrente quale erede di S.B. La Corte rileva inoltre che la ricorrente ha un “sicuro interesse economico” nel procedimento in questione, dato il fatto che la dedotta violazione dell’articolo 6 § 1 aveva un diretto effetto sui suoi diritti patrimoniali, in quanto una sentenza favorevole al suo defunto marito avrebbe avuto conseguenze per lei, essendo ella sua erede(si veda il paragrafo 13 supra).

20.In ordine alla possibilità della partecipazione della ricorrente ai procedimenti, la Corte rileva di aver ripetutamente dichiarato che la partecipazione di un ricorrente ai pertinenti procedimenti interni è stata considerata soltanto uno dei diversi criteri pertinenti (si veda Centro per le risorse giuridiche per conto di Valentin Câmpeanu c. Romania [GC], n. 47848/08, § 100, CEDU 2014 e la giurisprudenza ivi citata). aRiguardo al caso di specie, la Corte rileva che la ricorrente sarebbe potuta intervenire nel procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione mediante un atto di intervento (si veda il paragrafo 14 supra). Ritiene tuttavia che sarebbe stato ridondante e avrebbe imposto un onere sproporzionato, oltre ad appesantire il procedimento interno, chiedere a un erede di intervenire in un procedimento nel quale egli non può costituirsi formalmente e in ordine al quale egli ritiene che le sue iniziative e i suoi atti siano irrilevanti (si veda il paragrafo 13 supra), soltanto per assicurarsi la qualità di vittima ai fini di un futuro (e soltanto potenziale) ricorso alla Corte.

21.Per quanto sopra esposto, la Corte ritiene che la ricorrente sia legittimata a proseguire il ricorso. Conseguentemente, l’eccezione del Governo deve essere respinta.

22.La Corte rileva inoltre che il ricorso non è manifestamente infondato e non incorre in alcun altro motivo di irricevibilità elencato nell’articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.

B.  Sul merito

23.La ricorrente ha sostenuto che mediante la promulgazione della Legge n. 296/2006 il Governo aveva compiuto un’ingerenza a favore di una delle parti di un procedimento pendente. La Legge n. 296/2006 aveva introdotto un’interpretazione delle pertinenti disposizioni giuridiche che era diametralmente opposta al significato attribuito a esse dalla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione (in particolare successivamente alla sua sentenza del 2004 – si veda Stefanetti e altri c. Italia(merito), nn. 21838/10 e altri 7, § 17, 15 aprile 2014).

24.Il Governo non ha formulato osservazioni sul merito di questa doglianza.
25.La Corte osserva che circostanze praticamente identiche avevano dato luogo a violazione dell’articolo 6 nelle cause Maggio e altri c. Italia (nn. 46286/09 e altri 4, 31 maggio 2011) e Stefanetti e altri (merito) (sopra citata), ed è convinta che nel presente ricorso non vi sia motivo per concludere diversamente.

26. Vi è conseguentemente stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione.

II. L’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

27.L'articolo 41 della Convenzione prevede:

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.”

A.  Il danno

28. La ricorrente ha chiesto euro (EUR) 324.762 per il danno patrimoniale ed EUR 25.000 per il danno non patrimoniale. 

29.Il Governo ha contestato le richieste della ricorrente e i criteri di calcolo utilizzati riguardo al danno patrimoniale. Ha sostenuto che la differenza tra l’importo della pensione che sarebbe stato pagato a S.B. in assenza della Legge n. 296/2006 e l’importo effettivamente ricevuto ammontava a EUR 224.239. In ordine al danno non patrimoniale, il Governo ha contestato le richieste della ricorrente in quanto eccessive.

30.La Corte osserva che nel caso di specie la concessione di un’equa soddisfazione può basarsi unicamente sul fatto che la ricorrente non ha beneficiato delle garanzie di cui all’articolo 6 relativamente all’equità dei procedimenti. Mentre la Corte non può formulare ipotesi circa l’esito del processo se la situazione fosse stata diversa, essa non reputa irragionevole ritenere che la ricorrente abbia subito una perdita di concrete opportunità(si veda Maggio e altri c. Italia, sopra citata, § 80). Visto il calcolo effettuato dall’INPS (si veda Stefanetti e altri c. Italia (equa soddisfazione), nn. 21838/10 e altri 7, § 22, 1 giugno 2017), che ha tenuto conto della differenza tra l’importo della pensione che avrebbe dovuto essere pagata a S.B. se non fosse entrata in vigore la Legge n. 296/2006, e l’importo effettivamente ricevuto, la Corte accorda alla ricorrente EUR 11.212.

31.Riguardo al danno non patrimoniale, deliberando in via equitativa, come richiesto dall’articolo 41, la Corte accorda EUR 5.000 a tale titolo.

B.  Le spese

32.La ricorrente ha chiesto anche una somma forfettaria pari a EUR 10.000 per le spese sostenute dinanzi ai tribunali interni e dinanzi alla Corte.

33.Il Governo ha contestato la richiesta in quanto eccessiva.

34.Visti i documenti di cui è in possesso e la sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole accordare la somma di EUR 500, che copre tutte le voci delle spese.

C.  Gli interessi moratori

35.La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÁ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione;
  3. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare alla ricorrente, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. EUR 11.212 (euro undicimiladuecentododici) per il danno patrimoniale;
      2. EUR 5.000 (euro cinquemila), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;
      3. EUR 500 (euro cinquecento), oltre l’importo eventualmente dovuto dalla ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
  4. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, maggiorato di tre punti percentuali.

Fatta in inglese e notificata per iscritto in data 3 settembre 2020, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Aleš Pejchal
Presidente

Renata Degener
Cancelliere aggiunto