Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 18 giugno 2020 - Ricorso n.30589/18 - Causa Santonicola e Palumbo contro l'Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista da Rita Carnevali, assistente linguistico e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 30589/18

Antonio SANTONICOLA e Gerardina PALUMBO

contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita il 26 maggio 2020 in un comitato composto da:
Pere Pastor Vilanova, presidente,
Jovan Ilievski,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Renata Degener, cancelliere aggiunto di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 15 giugno 2018,
Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dai ricorrenti,
Dopo avere deliberato, emette la seguente decisione:

IN FATTO

I ricorrenti, il sig. Antonio Santonicola e la sig.ra Gerardina Palumbo, sono cittadini italiani nati rispettivamente nel 1958 e nel 1957 e residenti a Roccapiemonte. Dinanzi alla Corte sono stati rappresentati dagli avvocati P. Calvano e D. Lo Russo, del foro di Napoli.
Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo ex agente, E. Spatafora, e dal suo ex co-agente, M.G. Civinini.

A. Le circostanze del caso di specie

1. I fatti di causa, esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

1. Il procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni e alla corte d'appello

2. I ricorrenti sono i nonni materni di P., nata nel 2012.

3. Il 16 luglio 2012 i ricorrenti presentarono al tribunale per i minorenni di Napoli una domanda, basata sugli articoli 330 e 336 del codice civile, con la quale chiedevano l'adozione di misure che permettessero loro di mantenere una relazione con la nipote, che ancora non conoscevano a causa dell'opposizione della madre.

4. Nel corso del procedimento, la madre della minore dichiarò che, durante la sua adolescenza, i suoi genitori l'avevano maltrattata e per questa ragione aveva deciso di non informarli della nascita di sua figlia.

5. Il tribunale per i minorenni ordinò un'indagine psicosociale sulla famiglia e l'audizione di diversi testimoni.

6. L'11 giugno 2013 i servizi sociali informarono il tribunale per i minorenni che non era possibile alcuna mediazione tra i ricorrenti e i genitori della minore a causa dell'esistenza di un importante conflitto tra di loro. In particolare, precisarono che la madre della bambina non voleva che la figlia avesse rapporti con i nonni a causa dell'aggressività e delle violenze che questi ultimi avrebbero manifestato nei suoi confronti.

7. Il 31 luglio 2013 il procuratore chiese al tribunale per i minorenni di concludere che non sussistevano le condizioni necessarie per permettere ai nonni di frequentare la nipote.

8. Il 28 ottobre 2013 il tribunale per i minorenni respinse il ricorso dei ricorrenti, rilevando che vi era un conflitto tra i ricorrenti e la loro figlia, poiché era in corso un'indagine penale contro i ricorrenti per comportamento violento nei confronti di quest'ultima. Rilevò anche che la mediazione familiare era fallita, soprattutto perché non vi era una comunicazione possibile tra i ricorrenti e i genitori della minore. Inoltre, rammentò che la legge conferiva ai nonni il diritto di mantenere dei legami con i nipoti solo se la loro presenza rispondeva all'interesse superiore di questi ultimi. Il tribunale concluse che, nel caso di specie, non era nell'interesse della bambina incontrare i nonni a causa della mancanza di pace all'interno della famiglia e del continuo conflitto tra le parti.

9. Il 18 dicembre 2013 i ricorrenti impugnarono la decisione del tribunale per i minorenni dinanzi alla corte d'appello di Napoli. A sostegno del loro ricorso, si avvalevano del loro diritto di sviluppare e mantenere una relazione significativa con la nipote per chiedere che fossero stabilite immediatamente delle relazioni con quest'ultima.

10. All'udienza del 21 maggio 2014, le parti si accordarono sulla possibilità di organizzare quattro incontri in uno spazio neutro e sulla necessità di valutarne i risultati dopo un mese.

11. Con decisione del 28 luglio 2014, la corte d'appello approvò quanto convenuto dalle parti. Di conseguenza, incaricò i servizi sociali di Santa Maria Capua Vetere di organizzare degli incontri tra la bambina e i nonni due volte al mese. Inoltre, ordinò che «i rapporti tra la minore e i nonni [fossero] mantenuti».

12. Tra settembre e ottobre 2014 i servizi sociali di un comune in cui non risiedeva nessuno degli interessati si incontrarono con le parti e con la bambina.

13. Il 4 luglio 2016 i servizi sociali inviarono un rapporto alla corte d'appello. In questo documento affermavano che la situazione tra i ricorrenti e i genitori della minore era conflittuale. Indicavano che, tra ottobre 2014 e settembre 2015, si erano svolti degli incontri in ambiente protetto che, alla fine di questo periodo, erano stati interrotti a causa di diversi fattori, tra cui il fatto che la bambina frequentava la scuola e molto spesso si addormentava durante il tragitto per recarsi agli incontri, e il fatto che sussisteva un importante conflitto tra le due parti.

14. Nel frattempo, nei mesi di gennaio e settembre 2015, i ricorrenti avevano ordinato all'amministrazione comunale di organizzare gli incontri.

2. Il procedimento dinanzi al giudice tutelare

15. Il 14 aprile 2016 i ricorrenti si rivolsero al giudice tutelare per chiedere di riesaminare l'esecuzione della decisione della corte d'appello e di assicurare loro delle relazioni con la minore.

16. All'udienza del 10 giugno 2016 l'avvocato dei ricorrenti chiese l'adozione di misure idonee a garantire l'esercizio di un diritto di visita in favore dei suoi clienti.

17. Il 5 agosto 2016 il giudice tutelare, dopo aver preso conoscenza dell'esistenza di difficoltà nello svolgimento degli incontri, ingiunse ai servizi sociali di organizzare gli incontri in fasce orarie compatibili con le esigenze della bambina e con gli orari di lavoro dei nonni e dei genitori.

3. Il procedimento penale contro i ricorrenti

18. Con sentenza del 7 novembre 2016, il tribunale penale di Santa Maria Capua Vetere condannò i ricorrenti a quattro anni di reclusione per maltrattamenti nei confronti della loro figlia. Nella sua decisione, il tribunale sottolineò, in particolare, che quest'ultima aveva dovuto subire per diversi anni vessazioni e maltrattamenti fisici e psicologici.

19. I ricorrenti interposero appello avverso questa sentenza.

20. La Corte non è stata informata dell'esito di questo ricorso.

4. La ripresa del procedimento dinanzi al giudice tutelare

21. Il 18 gennaio 2017 i servizi sociali informarono il giudice tutelare che, in considerazione della condanna penale dei ricorrenti per maltrattamenti nei confronti della figlia, quest'ultima non era più disposta ad accompagnare la bambina a casa dei nonni né ad incontrare costoro. Informarono anche il giudice che i ricorrenti non si erano più rivolti ai servizi sociali dopo la loro condanna.

22. Il 16 febbraio 2017 il giudice tutelare fissò un'udienza e convocò i genitori della bambina e i servizi sociali per verificare se fosse necessario sospendere gli incontri. Nessuna delle parti si presentò all’udienza, che fu quindi rinviata al 5 maggio 2017. In tale udienza i servizi sociali confermarono che gli incontri erano terminati dopo che i nonni erano stati condannati per maltrattamenti. Il giudice tutelare prese atto del fatto che i genitori della minore non avevano più voluto condurre quest'ultima agli incontri dopo tale condanna e che gli stessi ricorrenti non avevano più richiesto degli incontri.

23. Il 27 giugno 2017 i servizi sociali inviarono un nuovo rapporto alla corte d'appello, nel quale segnalavano le insormontabili difficoltà incontrate a causa del conflitto esistente tra le parti, del procedimento penale a carico dei ricorrenti, della condanna di questi ultimi e dell'impossibilità di condurre un'indagine sulle due famiglie in ragione del fatto che esse abitavano al di fuori del territorio di loro competenza.

5. Gli altri procedimenti penali

24. Il 31 agosto 2015 i ricorrenti presentarono una denuncia contro la loro figlia e il marito di quest'ultima per il reato di mancata esecuzione di un provvedimento del giudice (articolo 388 del codice penale). Il procuratore chiese l'archiviazione di questa denuncia; il 18 marzo 2016 i ricorrenti presentarono opposizione avverso la richiesta di archiviazione; il 21 marzo 2018 il giudice per le indagini preliminari archiviò la denuncia.

25. Da parte sua, il 20 marzo 2019, la ricorrente fu condannata a due mesi di reclusione senza benefici per minacce aggravate contro i suoceri della figlia.

26. Peraltro, nel frattempo, il 19 ottobre 2017, i ricorrenti e la loro figlia maggiore erano stati rinviati a giudizio per il delitto di calunnia (articolo 368 del codice penale) contro i genitori della minore. Il relativo procedimento è ancora pendente.

A. Il diritto interno pertinente

27. Il diritto interno pertinente nel caso di specie è descritto nella sentenza R.V. e altri c. Italia (n. 37748/13, §§ 65-69 18 luglio 2019).

28. L’articolo 317 bis del codice civile, introdotto dal decreto legislativo n. 154 del 28 dicembre 2013, prevede che gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L'ascendente al quale è impedito l'esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore.

29. Ai sensi dell'articolo 337 ter, primo comma, del codice civile, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Il secondo comma dello stesso articolo prevede che, per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337 bis del codice civile, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Il giudice può modificare le modalità dell’affidamento e prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, dei diversi accordi intervenuti tra i genitori.
All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

MOTIVO DI RICORSO

30. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i ricorrenti lamentano che le autorità non hanno adottato misure idonee a garantire il loro diritto di visita.

IN DIRITTO

31. I ricorrenti lamentano una violazione del loro diritto al rispetto della vita familiare e invocano l'articolo 8 della Convenzione, che recita:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

32. Il Governo solleva varie eccezioni preliminari, affermando che il ricorso è irricevibile per i seguenti motivi: abuso del diritto di ricorso individuale, in quanto i ricorrenti avrebbero omesso di informare la Corte dell'esistenza del procedimento penale; inosservanza del termine di sei mesi, in quanto la decisione interna definitiva sarebbe quella del giudice tutelare del 5 maggio 2017; e mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in quanto i ricorrenti avrebbero omesso di adire, in base all'articolo 337 ter del codice civile, il giudice competente per lamentare la mancata esecuzione della decisione emessa in loro favore. A tale proposito, il Governo indica che il giudice competente è il giudice di merito che ha emesso la decisione. A suo parere, i ricorrenti avrebbero dovuto adire la corte d’appello per ottenere misure specifiche che avrebbero reso possibile l'esecuzione di detta decisione o che avrebbero permesso di mettere in atto misure per agevolarne l'esecuzione. Sempre secondo il Governo, la corte d'appello avrebbe potuto ordinare che si tenessero dei colloqui con le parti e che le stesse fossero seguite a livello psicologico, nonché indicare un luogo più appropriato per gli incontri. Per quanto riguarda il ruolo del giudice tutelare, secondo il Governo si tratta di un giudice di prossimità che, senza particolari formalità, può aiutare le parti a superare le difficoltà accessorie da esse incontrate. Il giudice tutelare non potrebbe adottare misure che possono modificare i diritti soggettivi dei genitori e del bambino. In caso di conflitto molto importante, sarebbe necessario rivolgersi a un giudice avente piena giurisdizione.

33. I ricorrenti contestano gli argomenti del Governo. Per quanto riguarda l'eccezione di inosservanza del termine di sei mesi, essi affermano che la decisione interna definitiva corrisponde alla decisione di archiviazione adottata dal giudice per le indagini preliminari, che avrebbe avallato il comportamento della loro figlia e di suo marito e la decisione di questi ultimi di non permettere loro di vedere la nipote. Per quanto riguarda l'eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso, essi lamentano che il giudice tutelare era il giudice competente, tenuto conto dell'ampio potere di sorveglianza e di supervisione che gli sarebbe riconosciuto dalla giurisprudenza.

34. La Corte rammenta che, ai sensi dell'articolo 35 § 1 della Convenzione, essa può essere adita solo dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne. La finalità di tale norma è garantire agli Stati contraenti l'occasione di prevenire e riparare le violazioni dedotte contro di essi prima che essa stessa venga adita (si vedano, tra altre, Mifsud c. Francia (dec.) [GC], n. 57220/00, § 15, CEDU 2002 VIII, e Simons c. Belgio (dec.), n. 71407/10 § 23, 28 agosto 2012).

35. La Corte rammenta, tuttavia, che l’articolo 35 § 1 della Convenzione prescrive l’esaurimento dei soli ricorsi che siano al tempo stesso relativi alle violazioni denunciate, disponibili e adeguati. Un ricorso è effettivo quando è disponibile sia in teoria che nella pratica all’epoca dei fatti, vale a dire quando è accessibile, può offrire al ricorrente la riparazione delle violazioni denunciate e presenta ragionevoli possibilità di successo. Al riguardo, il mero fatto di nutrire dubbi quanto alle prospettive di successo di un dato ricorso che non è, secondo ogni evidenza, destinato al fallimento non costituisce un motivo valido per giustificare il mancato utilizzo di ricorsi interni (Brusco c. Italia (dec.), n. 69789/01, CEDU 2001 IX, Sardinas Albo c. Italia (dec.), n. 56271/00, CEDU 2004 I (estratti), Sejdovic c. Italia [GC], n. 56581/00, § 46, CEDU 2006 II, e Alberto Eugénio da Conceição c. Portogallo (dec.), n. 74044/11, 29 maggio 2012).

36. Nella fattispecie, la Corte non è convinta degli argomenti dei ricorrenti e conviene, con il Governo, che prima di adirla, gli interessati avrebbero dovuto rivolgersi, conformemente all'articolo 337 ter del codice civile (paragrafo 29 supra) alla corte d'appello, giudice competente nel caso di specie per lamentare la mancata esecuzione da parte dei servizi sociali della sua decisione. La corte d'appello, che nel caso di specie è il giudice che ha emesso la decisione in questione, aveva il potere di adottare disposizioni specifiche per agevolarne l’attuazione, conformemente alle disposizioni dell'articolo 337 ter.

37. La Corte constata perciò che i ricorrenti non hanno dato ai giudici nazionali, conformemente all'articolo 337 ter del codice civile, l'occasione di prevenire e riparare nel loro ordinamento giuridico interno le violazioni della Convenzione. Pertanto, deve essere accolta l'eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal Governo, in quanto gli interessati si sono essi stessi privati della possibilità di proteggere i loro diritti sanciti dall’articolo 8 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 18 giugno 2020.

Pere Pastor Vilanova
Presidente

Renata Degener
Cancelliere aggiunto