Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 26 marzo 2020 - Ricorso n. 55431/09 - Causa Barletta e Farnetano contro l'Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo funzionario linguistico e rivista con Rita Carnevali , assistente linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA BARLETTA E FARNETANO c. ITALIA

(Ricorso n. 55431/09)

SENTENZA

STRASBURGO

26 marzo 2020

 

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma

Nella causa Barletta e Farnetano c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un comitato composto da:

Tim Eicke, presidente,

Jovan Ilievski,

Gilberto Felici, giudici,

e da Renata Degener, cancelliere aggiunto di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 3 marzo 2020,

Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

1.La causa riguarda delle presunte negligenze mediche da parte del personale sanitario durante il ricovero della prima ricorrente e durante il parto del suo primo figlio, il secondo ricorrente, nato prematuramente e portatore di grave disabilità dalla nascita.

IN FATTO

2.I ricorrenti, la sig.ra Carla Barletta (la prima ricorrente) e il sig. Gianluca Farnetano (il secondo ricorrente), madre e figlio, sono cittadini italiani, nati rispettivamente nel 1961 e nel 1994, e residenti a Vibonati. Dinanzi alla Corte sono rappresentati dall’avv. G. Concilio, con studio a Battipaglia.

3.Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo ex co-agente, M.G. Civinini.

4.I fatti di causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue. FaTTI ANTERIORI ALLA PRESENTAZIONE DEL RICORSO

5.L’11 dicembre 1994 la prima ricorrente fu ammessa al pronto soccorso dell'ospedale di Sapri – reparto di ostetricia e ginecologia – a seguito della rottura prematura della membrana uterina. La sua gravidanza era giunta alla trentunesima settimana. La stessa fu mantenuta sotto osservazione e sottoposta a un trattamento conservativo volto a continuare la gravidanza e a favorire lo sviluppo del feto.

6.Il 20 dicembre 1994 la prima ricorrente si accorse, tra le ore 10 e le 11, di avere avuto delle perdite di colore scuro e ne informò il personale medico. I medici decisero di procedere al parto cesareo che ebbe luogo alle ore 13.40. Al momento della nascita, l'indice Apgar del neonato era pari a 1, poi rapidamente risalì a 8 nei cinque minuti successivi al parto.

7.A causa del suo stato di salute, il bambino (il secondo ricorrente) fu trasferito nel reparto di patologia neonatale e di terapia intensiva dell’ospedale di Battipaglia, dove rimase ricoverato fino al 18 gennaio 1995. La diagnosi di dimissione indicò una «RDS ed encefalopatia ipossico-ischemica di quarto grado» che aveva provocato una paralisi spastica.

8.Il 6 novembre 1995 il secondo ricorrente fu ricoverato presso l'Istituto di neuropsichiatria infantile del Policlinico di Roma «Umberto I°», dove fu dichiarato tetraplegico. Seguirono vari ricoveri tra maggio 1996 e settembre 2002. Il 7 ottobre 2004 gli fu diagnosticata un'atrofia ottica permanente. L'Azienda sanitaria locale – distretto di Salerno – lo riconobbe «cieco civile» e «disabile totale e permanente, con incapacità al lavoro pari al 100% e necessità di assistenza continua».

9.Il 16 gennaio 1999 i ricorrenti depositarono una denuncia alla procura della Repubblica presso il tribunale di Sala Consilina, denunciando la commissione di reati di falso in atti pubblici e di negligenze mediche per tutta la durata del ricovero e al momento del parto. All’esito dell'indagine, soprattutto sulla base dei risultati di una relazione peritale, il giudice per le indagini preliminari dispose il rinvio a giudizio di vari membri dell'équipe medica dell’ospedale di Sapri.

10.Nella sentenza resa il 17 giugno 2002 (depositata il 2 luglio 2002) il tribunale di Sala Consilina condannò due medici a due mesi con sospensione condizionale per il reato di lesioni gravi, e al versamento di una provvisionale per gli interessi civili di 52.000 EUR, rinviando al giudice civile per la liquidazione definitiva dei danni subiti dai ricorrenti. Gli altri capi d'accusa non furono ammessi. Il tribunale ritenne provata la responsabilità penale di due medici considerando che la sofferenza fetale del secondo ricorrente era dovuta al ritardo con cui era stato eseguito il taglio cesareo.

11.I due medici interposero appello. All’udienza del 4 febbraio 2005 questi ultimi rinunciarono alla prescrizione del reato, essendo il termine scaduto il 20 giugno 2002.

12.Il 1° marzo 2005 la corte d'appello di Salerno dispose una perizia collegiale. Nelle conclusioni della relazione, i periti affermarono che «(…) Sulla base di quanto è stato precedentemente argomentato, non vi sono elementi tecnici che permettano di individuare, con una forte probabilità prossima alla certezza, un nesso di causalità tra il comportamento dei medici che hanno seguito la sig.ra C. Barletta durante il ricovero presso il reparto di ginecologia-ostetricia dell'ospedale di Sapri dall’11 al 25 dicembre 1994 e la tetraplegia da cui è affetto suo figlio G. Farnetano, in particolare per quanto riguarda il ritardo dell’intervento chirurgico (taglio cesareo) effettuato il 20 dicembre 1994 (...)».

13.Il 24 marzo 2006 la corte d'appello, riformando la sentenza di primo grado, assolse i due medici. A seguito del ricorso per cassazione proposto dai ricorrenti, la Corte di cassazione, con sentenza n. 28577 del 16 aprile 2009, si pronunciò a sfavore di questi ultimi, ritenendo, a causa dell’impossibilità di dimostrare, con un grado di certezza giuridicamente significativo, che il pregiudizio potesse essere legato al comportamento del personale medico, che la corte d'appello avesse correttamente assolto i due medici condannati in primo grado.

FATTI POSTERIORI ALLA PRESENTAZIONE DEL RICORSO

14.Il 24 gennaio 2011 i ricorrenti hanno intentato un'azione civile contro l'ospedale di Sapri e i due medici condannati in primo grado dal tribunale di Sala Consilina, per ottenere un risarcimento del danno lamentato.

15.Il 15 maggio 2018 il tribunale di Nocera Inferiore ha respinto la domanda dei ricorrenti. Pur rammentando che il procedimento penale non produceva l'effetto di precludere l'azione civile, il tribunale ha basato la sua valutazione sui risultati dell’istruttoria e delle perizie rese in sede penale, e ha concluso per l'assenza di responsabilità civile delle parti convenute: secondo il tribunale, il nesso di causalità tra le omissioni e le lacune denunciate, e le conseguenze sullo stato di salute del secondo ricorrente, non era sufficientemente accertato.

16.Secondo le ultime informazioni sottoposte alla Corte, risulta che i ricorrenti, in data non precisata, hanno proposto appello avverso la decisione sopra menzionata dinanzi alla corte d'appello di Salerno. Il procedimento è tuttora pendente.

IL QUADRO GIURIDICO INTERNO PERTINENTE

17.Ai sensi dell’articolo 589 del codice penale, il fatto di cagionare per colpa [ossia per imperizia, imprudenza, negligenza o inosservanza di un dovere di prudenza o di sicurezza] la morte di una persona costituisce un omicidio colposo punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

18.L’articolo 590 del codice penale prevede per le lesioni personali cagionate per colpa la reclusione fino a tre mesi o la multa fino a 309 euro. Il reato è punibile a querela della persona offesa.

IN DIRITTO

SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

19.I ricorrenti lamentano le negligenze mediche subite nel corso del ricovero e durante il parto avvenuto il 20 dicembre 1994, il che avrebbe causato gravi conseguenze fisiche sul secondo ricorrente, e invocano a tale proposito gli articoli 1, 2 e 6 della Convenzione.

20.Il Governo contesta questa tesi.

21.La Corte, libera di qualificare giuridicamente i fatti della causa (Guerra e altri c. Italia, 19 febbraio 1998, § 44, Recueil des arrêts et décisions 1998‑I, e Radomilja e altri c. Croazia [GC], 37685/10 e 22768/12, § 114, 20 marzo 2018) rammenta che, per quanto riguarda la salute, le Alte parti hanno, parallelamente ai loro obblighi positivi a titolo dell’articolo 2, un obbligo positivo derivante dall'articolo 8 (Nicolae Virgiliu Tănase c. Romania [GC], n. 41720/13, § 127, 25 giugno 2019).

22.Nella fattispecie, la Corte ritiene che sia preferibile esaminare il ricorso dal punto di vista dell’articolo 8 della Convenzione, che comprende le questioni legate alla protezione dell’integrità morale e fisica delle persone, nel contesto delle cure mediche somministrate (si vedano, tra molte altre, Trocellier c. Francia (dec.), n. 75725/01, CEDU 2006‑XIV, e la giurisprudenza ivi citata, Codarcea c. Romania, n. 31675/04, 101, 2 giugno 2009, e Erdinç Kurt e altri c. Turchia, n. 50772/11, §§ 38 e 39, 6 giugno 2017). L'articolo 8, nella sua parte pertinente al caso di specie, recita:

«1.Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata (...).»

Eccezioni preliminari del Governo

1. Sull’assenza di mandato del rappresentante dei ricorrenti

23.Il Governo contesta la ricevibilità delle osservazioni della parte ricorrente, in quanto sarebbero state firmate dal consulente dei ricorrenti in assenza di un mandato valido. Ora, la Corte osserva che dal fascicolo risulta che i mandati sono stati validamente firmati dai ricorrenti, inviati alla Corte il 27 aprile 2018 e ricevuti al più tardi il 16 maggio 2018, molto prima che la stessa Corte ricevesse le osservazioni della parte ricorrente. Di conseguenza, l’eccezione deve essere respinta.

2.Sull’esaurimento delle vie di ricorso interne

24.Il Governo sostiene in secondo luogo che il ricorso deve essere dichiarato irricevibile in quanto i ricorrenti, di loro propria iniziativa, hanno intentato un'azione civile dinanzi ai giudici interni e tale procedimento è tuttora pendente.

25.I ricorrenti, che non hanno contestato le affermazioni del Governo su questo punto, chiedono tuttavia alla Corte di mantenere il ricorso e di dichiararlo ricevibile.

26.La Corte rammenta che, ai sensi dell'articolo 35 § 1 della Convenzione, essa può essere adita soltanto dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne. Ogni ricorrente deve avere dato ai giudici interni l'occasione che tale disposizione mira a garantire in linea di principio agli Stati contraenti, ossia evitare o riparare le violazioni dedotte contro gli stessi. Questa norma si basa sull’ipotesi secondo la quale l'ordinamento interno offre un ricorso effettivo per quanto riguarda la violazione dedotta (si vedano, tra altre, Mifsud c. Francia (dec.) [GC], n. 57220/00, § 15, CEDU 2002‑VIII, e Karácsony e altri c. Ungheria [GC], nn. 42461/13 e 44357/13, § 76, 17 maggio 2016). In cause in materia di negligenza medica, essa ha considerato che l'obbligo positivo derivante dagli articoli 2 e 8, che impone di mettere in atto un sistema giudiziario effettivo, viene rispettato se il sistema giuridico offre alle vittime un ricorso civile, da solo o combinato con un ricorso penale, che permetta di accertare la responsabilità dei medici interessati e di ottenere le riparazioni civili appropriate (Calvelli e Ciglio c. Italia [GC], n. 32967/96, § 51, CEDU 2002‑I).

27.Nella fattispecie, la Corte non può che osservare che, dopo la conclusione del procedimento penale, i ricorrenti hanno volontariamente intentato un procedimento civile che è attualmente in corso dinanzi alla corte d'appello di Salerno. Nell'ambito di tale procedimento, questi ultimi potranno far valere le doglianze presentate dinanzi alla Corte e, se del caso, ottenere una riparazione.

28.Di conseguenza, la Corte ritiene che, per quanto riguarda la doglianza dei ricorrenti relativa all’elemento sostanziale dell’articolo 8 della Convenzione, quest'ultima debba essere considerata prematura (si veda, mutatis mutandis, Benmouna e altri c. Francia, (dec.), n. 51097/13, 15 settembre 2015) e, pertanto, dichiarata irricevibile ai sensi dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione. Nell'eventualità in cui i ricorrenti non fossero soddisfatti dell’esito del procedimento sopra menzionato, potranno presentare un nuovo ricorso dinanzi alla Corte (si veda, tra altre, Todorovic c. Croazia, (dec.), n. 52577/15, 19 giugno 2018).

29.Dato che i ricorrenti contestano anche l’effettività dei ricorsi disponibili, la Corte constata che il motivo di irricevibilità indicato nel paragrafo precedente non si applica agli obblighi di natura procedurale derivanti dall'articolo 8 della Convenzione (Armani Da Silva c. Regno Unito [GC], n. 5878/08, § 231, 30 marzo 2016).

Sull'elemento procedurale dell'articolo 8 della Convenzione

1.Argomenti delle parti

30.I ricorrenti lamentano che le autorità nazionali non hanno rispettato il proprio obbligo di condurre un'indagine imparziale e approfondita, rapida e adeguata, allo scopo di individuare i responsabili degli atti medici che hanno provocato la disabilità del secondo ricorrente. Essi denunciano in particolare la lunghezza del procedimento penale, avviato il 16 gennaio 1999 e conclusosi più di dieci anni dopo, con la decisione della Corte di cassazione del 13 luglio 2009. Rammentando gli obblighi di natura procedurale in materia di salute, i ricorrenti ritengono che le autorità interne avrebbero dovuto procedere con maggior celerità, vista la gravità delle conseguenze che hanno interessato la vita del secondo ricorrente.

31.Il Governo osserva che la durata del procedimento è stata ragionevole. Inoltre, afferma che l'indagine è stata condotta in maniera effettiva: durante il procedimento, i ricorrenti hanno potuto partecipare attivamente e presentare numerose testimonianze, documenti e memorie nonché i risultati della perizia del consulente tecnico di parte; il procuratore della Repubblica sarebbe stato interpellato ripetutamente nel corso dell’indagine e la quantità di elementi di prova raccolti dimostrerebbe la diligenza e la tempestività di quest’ultima, condotta nel rispetto dei criteri elaborati dalla Corte.

2.Valutazione della Corte

32.La Corte rammenta la propria giurisprudenza secondo la quale gli articoli 2 e 8 della Convenzione implicano la realizzazione di un sistema giudiziario efficace e indipendente, che permetta di stabilire la causa del decesso o delle lesioni all'integrità fisica di un individuo (Lopes de Sousa Fernandes c. Portogallo [GC], n. 56080/13, §§ 214-221, 19 dicembre 2017, Mehmet Ulusoy e altri c. Turchia, n. 54969/09, §§ 90-93, 25 giugno 2019, e Erdinç Kurt e altri, sopra citata, §§ 54-56). Questo implica, tra l’altro, che il procedimento sia concluso entro un termine ragionevole (Vasileva c. Bulgaria, n. 23796/10, § 65, 17 marzo 2016).

33.Nella presente causa, la Corte osserva che i ricorrenti hanno fatto ricorso a due procedimenti distinti per far valere i loro diritti. Il procedimento penale, avviato nel gennaio 1999, a seguito della denuncia depositata dalla prima ricorrente e nella quale la stessa si era costituita parte civile, si è concluso con l'assoluzione degli imputati all’esito di un processo terminato nel luglio 2009. Il procedimento civile, avviato nel 2011, è tuttora pendente dinanzi ai tribunali nazionali.

34.La Corte osserva anzitutto che dal fascicolo non risulta che un qualsiasi elemento del procedimento penale possa rimettere in discussione il carattere complessivamente adeguato dell'indagine condotta dalle autorità nazionali competenti. In particolare, come indica anche il governo convenuto, i ricorrenti hanno potuto presentare la loro perizia, la loro documentazione e le loro memorie. Essi hanno anche beneficiato di un accesso agli elementi di prova prodotti durante l'indagine.

35.Tuttavia, la Corte considera che il procedimento penale non sia stato condotto in maniera sufficientemente tempestiva. Tale procedimento ha avuto una durata totale superiore a dieci anni, il che non può essere considerato ragionevole nel contesto della presente causa (Yirdem e altri c. Turchia, 72781/12, § 57, 4 settembre 2018) e tenuto conto dello scopo che è quello di fare luce su accuse di negligenza medica (Erdinç Kurt e altri, sopra citata, § 57, e Eryiğit c. Turchia, n. 18356/11, § 51, 10 aprile 2018).

36.Si può trarre la stessa conclusione per il procedimento di indennizzo intentato dinanzi ai giudici civili, ancora pendente da più di otto anni. Tenuto conto degli elementi del fascicolo, non risulta che una tale durata possa essere giustificata dalle circostanze della causa. Come la Corte ha già affermato, queste lungaggini sono di natura tale da prolungare un'incertezza logorante non soltanto per la parte richiedente , ma anche per i professionisti della salute interessati (si veda, mutatis mutandis, Lopes de Sousa Fernandes, sopra citata, § 236).

37.In conclusione, la Corte ritiene che, di fronte alla doglianza difendibile di negligenza medica che ha portato alla grave disabilità del secondo ricorrente, i procedimenti interni siano stati lacunosi, non avendo l'ordinamento giuridico interno risposto in maniera sufficientemente tempestiva conformemente all'obbligo che l'articolo 8 della Convenzione impone agli Stati.

Pertanto, vi è stata violazione dell'elemento procedurale dell’articolo 8 della Convenzione.

SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

38. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione:

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.Danno

39.I ricorrenti chiedono la somma di 2.500.000 euro (EUR) per il danno materiale e la somma di 6.200.000 euro (EUR) per il danno morale che ritengono di avere subìto.

40.Il Governo contesta tali importi considerandoli manifestamente irragionevoli e sproporzionati e si affida al giudizio della Corte, in caso di una constatazione di violazione, per determinare l’equa soddisfazione secondo i suoi parametri abituali.

41.Quanto al danno materiale, la Corte rinvia alla sua decisione di dichiarare questa parte del ricorso irricevibile in ragione del suo carattere prematuro.

Per quanto riguarda il danno morale, essa accorda ai ricorrenti la somma di 12.000 EUR.

B.Spese

42.I ricorrenti chiedono la somma di 30.890 EUR per le spese da essi sostenute nell'ambito del procedimento condotto dinanzi ai giudici interni.

43.Il Governo considera che la somma richiesta sia sproporzionata e non giustificata.

44.La Corte, tenuto conto dei documenti di cui dispone e della sua giurisprudenza, ritiene ragionevole accordare ai ricorrenti la somma di 6.000 EUR per le spese sostenute nell'ambito del procedimento interno.

C.Interessi moratori

45.La Corte ritiene opp ortuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara la doglianza relativa all'elemento procedurale dell'articolo 8 ricevibile e il resto del ricorso irricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell'elemento procedurale dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro il termini dei tre mesi le seguenti somme:
      1. 12.000 EUR (dodicimila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale;
      2. 6.000 (seimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dal ricorrente, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  4. Respinge il resto della domanda di equa soddisfazione.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 26 marzo 2020, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Renata Degener Cancelliere aggiunto

Tim Eicke Presidente