Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 16 febbraio 2010 - Ricorso n. 16436/02 - Barbaro c. Italia

Traduzione a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, effettuata dall’esperto linguistico Rita Carnevali

Abstract
EQUO PROCESSO - RICORSI PROMOSSI DAVANTI ALLE AUTORITA' GIUDIZIARIE AVVERSO I PROVVVEDIMENTI ADOTTATI AI SENSI DELL'AT. 41-BIS DELLA L. N. 354/1975 – INAMMISSIBILITA' PER MANCANZA DI INTERESSE

La Corte ha affermato che costituisce violazione dell’art. 6, § 1, della Convenzione il ritardo nella decisione sul reclamo proposto avverso la proroga del regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis dell’Ordinamento penitenziario, quando esso si protragga in misura tale da privare di significato il controllo esercitato dal giudice sul decreto del Ministro della Giustizia. Nel caso di specie, il tribunale di sorveglianza aveva respinto il reclamo dell’interessato tre mesi dopo la sua proposizione, e la Corte di Cassazione, decidendo un anno dopo l’adozione del decreto ministeriale di proroga, aveva dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse, essendo scaduto il periodo di efficacia del medesimo provvedimento (pari a sei mesi). Sul punto, la Corte europea ha premesso che il semplice superamento di un termine previsto dalla legge non costituisce violazione del diritto garantito, ma ha al contempo rilevato che il tempo necessario all'esame di un ricorso può comprometterne l'efficacia (come già evidenziato nella pronuncia emessa il 17 settembre 2009 nel caso Enea contro Italia), ed ha concluso che, nel caso di specie, l’assenza di qualsiasi decisione sul merito ha privato del suo significato il controllo esercitato dal giudice sul decreto del Ministro della Giustizia. La Corte europea ha altresì osservato che, se la legge applicabile prevede un termine di decisione di dieci giorni, ciò dipende, da un lato, dalla gravità degli effetti del regime speciale sui diritti del detenuto, e d’altro lato, dalla validità limitata nel tempo della decisione contestata. Si è pertanto ravvisata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTO DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA BARBARO c. ITALIA
(Ricorso n. 16436/02)
SENTENZA
STRASBURGO - 16 febbraio 2010

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire variazioni di forma.
 
Nella causa Barbaro c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in una camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 26 gennaio 2010,
Rende la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (no 16436/02) presentato contro la Repubblica italiana con il quale un cittadino di questo Stato, il signor Francesco Barbato (“il ricorrente”) ha adito la Corte il 26 marzo 2001 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2.  Il ricorrente è rappresentato dall’avvocato Furfaro, del foro di Marina di Gioiosa. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la signora E. Spatafora, e dal suo cogente, il signor N. Lettieri.
3.  Il 16 novembre 2004, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Come consentito dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, si è inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contemporaneamente sulla ricevibilità e sul merito della causa.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DELLA FATTISPECIE

4.  Il ricorrente è nato nel 1927 e risiede a Carinola.
5.  Il 16 luglio 1993, tenuto conto della pericolosità del ricorrente, il Ministro della Giustizia adottò nei suoi confronti un decreto con il quale lo sottoponeva, per un periodo di 6 mesi, al regime di detenzione speciale previsto dall'articolo 41 bis, comma 2, della legge sull'ordinamento penitenziario (qui di seguito indicata anche come "legge n° 354 del 1975"). Modificata dalla legge n° 279 del 2002, questa norma permetteva la sospensione totale o parziale dell’applicazione del regime normale di detenzione per motivi di ordine e sicurezza pubblici.
6.  Il decreto imponeva le seguenti restrizioni:

  • limitazione delle visite dei familiari (al massimo una al mese della durata di un’ora);
  • divieto di colloquio con terze persone;
  • divieto di utilizzare il telefono;
  • divieto di ricevere o di inviare all’esterno somme di denaro che oltrepassino un determinato importo mensile;
  • divieto di ricevere dall’esterno pacchi contenenti cose diverse dalla biancheria e, in ogni caso, non più di due pacchi al mese;
  • divieto di organizzare attività culturali, ricreative e sportive ;
  • divieto di eleggere e di essere eletto rappresentante dei detenuti;
  • divieto di esercitare attività artigianali;
  • divieto di acquistare alimenti che richiedono cottura;
  • limitazione della permanenza all’aperto per più di due ore al giorno;

7.  L'applicazione del regime speciale fu prorogata diciotto volte per periodi consecutivi di sei mesi fino al 12 febbraio 2002. Le restrizioni furono tuttavia mitigate dall’autorizzazione ad una telefonata di un’ora al mese con i familiari in mancanza di incontri con questi ultimi e con la soppressione della limitazione della durata della permanenza all’aperto e del divieto di acquistare alimenti che richiedono cottura.
Ciascun decreto aveva una durata limitata ai seguenti periodi:
16 luglio 1993 – 31 gennaio 1994 (decreto n° 1)
30 gennaio 1994 – 1° agosto 1994 (decreto n° 2)
1° agosto 1994 – 31 gennaio 1995 (decreto n° 3)
6 febbraio 1995 – 5 agosto 1995 (decreto n° 4)
5 agosto 1995 – 5 febbraio 1996 (decreto n° 5)
2 febbraio 1996 – 2 agosto 1996 (decreto n° 6)
31 luglio 1996 – 31 gennaio 1997 (decreto n° 7)
4 febbraio 1997 – 4 agosto 1997 (decreto n° 8)
31 luglio 1997 – 31 gennaio 1998 (decreto n° 9)
4 febbraio 1998 – 4 agosto 1998 (decreto n° 10)
30 luglio 1998 – 30 gennaio 1999 (decreto n° 11)
27 gennaio 1999 – 27 luglio 1999 (decreto n° 12)
22 luglio 1999 – 22 dicembre 1999 (decreto n° 13)
23 dicembre 1999 – 23 giugno 2000 (decreto n° 14)
22 giugno 2000 – 31 dicembre 2000 (decreto n° 15)
21 dicembre 2000 – 21 giugno 2001 (decreto n° 16)
18 giugno 2001 – 18 dicembre 2001 (decreto n° 17)
13 dicembre 2001 – 13 giugno 2002 (decreto n° 18)
8.  Dalla gli atti del fascicolo risulta che il regime è stato revocato con ordinanza del tribunale di sorveglianza dell'Aquila del 12 febbraio 2002.
9.  Il ricorrente impugnò alcuni di questi decreti innanzi al tribunale di sorveglianza dell'Aquila.

a)  (decreto no 1)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 9 novembre 1993. Con ordinanza del 28 aprile 1994, depositata in cancelleria il 30 maggio 1994 e notificata al ricorrente in una data non precisata, il tribunale dichiarò il reclamo inammissibile in quanto depositato tardivamente.

b)  (decreti nn. 2-3)
Il ricorrente propose due reclami avverso questi decreti il 2 febbraio 1994 ed il 4 agosto 1994. Con ordinanza del 1° dicembre 1994, depositata in cancelleria il 14 dicembre 1994 e notificata al ricorrente in una data non precisata, il tribunale dichiarò il primo reclamo inammissibile. In effetti constatò che il periodo di applicazione del primo decreto era scaduto il 31 luglio 1994 e che, di conseguenza, il ricorrente aveva perduto interesse al suo esame. Per quanto riguarda il secondo reclamo, il tribunale lo dichiarò inammissibile perché, in base ad una giurisprudenza restrittiva all'epoca seguita, il tribunale non aveva la competenza ad esaminare il merito delle limitazioni prescritte.

c)  (decreto n.4)
Il ricorrente non ha comunicato alla Corte l’esito del suo reclamo.

d)  (decreto n. 5)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto. Con ordinanza del 13 febbraio 1996, depositata in cancelleria di 15 febbraio 1996 e notificata al ricorrente in una data non precisata, il tribunale dichiarò il ricorso inammissibile. In effetti constatò che il periodo di applicazione del decreto era scaduto il 5 febbraio 96 e che, di conseguenza, il ricorrente aveva perduto interesse al suo esame.

e)  (decreto n. 6)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto. Con ordinanza del 9 agosto 1996, depositata in cancelleria lo stesso giorno e notificata al ricorrente il 21 agosto 1996, il tribunale dichiarò il reclamo inammissibile. In effetti constatò che il periodo di applicazione del decreto era scaduto il 2 agosto 1996 e che, di conseguenza, il ricorrente aveva perduto interesse al suo esame.

f)  (decreto n. 7)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 6 agosto 1996. Con ordinanza del 1° febbraio 1997, depositata in cancelleria lo stesso giorno e notificata al ricorrente l'8 febbraio 1997, il tribunale dichiarò il reclamo inammissibile. In effetti, constatò che il periodo di applicazione del decreto era scaduto il 31 gennaio 1997 e che, di conseguenza, il ricorrente aveva perduto interesse al suo esame.

g)  (decreto n. 8)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto con ordinanza del 14 maggio 1997, depositata in cancelleria il 19 maggio 1997 e notificata al ricorrente il 24 maggio 1997, il tribunale, ritenendo giustificate le limitazioni, respinse il reclamo.

h)  (decreto no 9)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 7 agosto 1997. Con ordinanza del 3 febbraio 1998, depositata in cancelleria lo stesso giorno e notificata ricorrente il 7 febbraio 1998, il tribunale dichiarò il reclamo inammissibile. In effetti, constatò che il periodo di applicazione del decreto era scaduto il 31 gennaio 1998 e che, di conseguenza, il ricorrente aveva perduto interesse al suo esame.

i)  (decreto n. 10)
Il ricorrente non ha comunicato alla Corte l'esito del suo reclamo.

j)  (decreto n. 11)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 4 agosto 1998. Con ordinanza del 12 novembre 1998, depositata in cancelleria 16 novembre 1998 e notificata al ricorrente il 17 novembre 1998, il tribunale, pur confermando l'applicazione del regime speciale al ricorrente, revocò la limitazione riguardante il divieto di ricevere  dall'esterno pacchi contenenti cose diverse dalla biancheria.

k)  (decreto n. 12)
Il ricorrente non ha comunicato alla Corte l'esito del suo reclamo.

l)  (decreto n. 13)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 26 giugno 1999. con ordinanza del 7 dicembre 1999, depositata in cancelleria il 9 febbraio 2000 e notificata ricorrente il 17 febbraio 2000, il tribunale, ritenendo giustificate le limitazioni, respinse il reclamo.

m)  (decreto n. 14)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 30 dicembre 1999. Con ordinanza del 21 marzo 2000, depositata in cancelleria il 20 aprile 2000 e notificata al ricorrente il 10 maggio 2000, il tribunale, ritenendo giustificate le limitazioni, respinse il reclamo. Il ricorrente propose ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale di sorveglianza del 21 marzo 2000. Con ordinanza del 14 dicembre 2000, depositata in cancelleria il 23 gennaio 2001 e notificata al ricorrente in una data non precisata, la Corte di cassazione dichiarò inammissibile il ricorso. In effetti, constatò che il periodo di applicazione del decreto era scaduto il 23 giugno 2000 e che, di conseguenza, il ricorrente aveva perduto interesse al suo esame.

n)  (decreto n. 15)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 23 giugno 2000. Con ordinanza del 14 novembre 2000, depositata in cancelleria il 6 dicembre 2000 e notificata al ricorrente il 16 dicembre 2000, il tribunale, ritenendo giustificate le limitazioni, rigettò il reclamo.

o)  (decreto n. 16)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 28 dicembre 2000. Con ordinanza del 13 febbraio 2001, depositata in cancelleria il 27 febbraio 2001 e notificata al ricorrente il 3 marzo 2001, il tribunale, ritenendo giustificate le limitazioni, rigettò il reclamo. Il ricorrente propose ricorso per cassazione. Con sentenza del 3 dicembre 2001, la Corte di cassazione respinse il ricorso del ricorrente.

p)  (decreto n. 17)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto. Con ordinanza del 9 ottobre 2001, depositata in cancelleria il 12 ottobre 2001, il tribunale, ritenendo giustificate le limitazioni, rigettò di ricorso.

q)  (decreto n. 18)
Il ricorrente propose reclamo avverso questo decreto il 17 dicembre 2001 Con ordinanza del 12 febbraio 2002 depositata in cancelleria il 15 febbraio 2002, il tribunale, ritenendo che non vi fosse alcuna prova dell'attualità dei legami tra ricorrente e ambiente criminale, che nei suoi confronti non era stata pronunciata alcuna condanna per associazione per delinquere di stampo mafioso, e visto che l'interessato, di settantatre anni, era sottoposto a questo regime da quasi undici anni, revocò il regime in questione.

10.  Il ricorrente afferma che a proposto ricorso per cassazione avverso le ordinanze del tribunale di sorveglianza. Tuttavia, ha prodotto soltanto la sentenza della Corte di cassazione del 14 dicembre 2000 riguardante il decreto n° 14 (vedere sopra: lettera m) ).

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

11.  La Corte ha riassunto il diritto e la prassi interni pertinenti per quanto riguarda il regime speciale di detenzione applicato al caso di specie e per quanto riguarda il controllo della corrispondenza nella sua sentenza Enea c. Italia ([GC], no 74912/01, §§ 30-42, 17 settembre 2009). Essa ha anche fatto riferimento alle modifiche introdotte con la no 279 del 23 dicembre 2002 e con la legge no 95 dell’8 aprile 2004 (ibidem).
Tenuto conto di questa riforma e delle decisioni della Corte, la Corte di cassazione si è discostata dalla propria giurisprudenza ed ha ritenenuto che un detenuto ha interesse ad ottenere una decisione, anche se il periodo di validità del decreto impugnato è scaduto, e questo in ragione degli effetti diretti della decisione sui decreti emessi successivamente al decreto impugnato (Corte di cassazione, prima sezione, sentenza del 26 gennaio 2004, depositata il 5 febbraio 2004, no 4599, Zara).


IN DIRITTO

I.  SULL’ADDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

12.  Il ricorrente lamenta il ritardo da parte del tribunale di sorveglianza e della Corte di cassazione nell’esaminare i ricorsi introdotti per contestare il regime speciale di detenzione. E’ messo in discussione l'articolo 6 § 1 della Convenzione, la cui parte pertinente recita:
 
« Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) da un tribunale (…) che sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti (…) ».
13.  Il Governo si oppone a questa tesi.

A.  Sulla ricevibilità

14.  Il ricorrente sottolinea il ritardo con il quale sistematicamente si sarebbero pronunciati i tribunali di sorveglianza.
15.  Il Governo eccepisce il fatto che questa parte del ricorso è tardiva dal momento che è legata ai decreti emessi dal mese di febbraio 1993 al mese di settembre 2000 e afferma che l'unica decisione che potrebbe essere oggetto di esame è quella relativa al decreto n° 14.
16.  Il ricorrente contesta l'eccezione sollevata dal Governo.
17.  Per quanto riguarda le decisioni di rigetto dei reclami proposti avverso i decreti nn. 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11 e 13, la Corte nota che, poiché il ricorso è stato introdotto il 26 marzo 2001, questa parte del motivo di ricorso relativo all’articolo 6 § 1 si rivela tardiva e deve essere dichiarata irricevibile in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
18.  Per quanto riguarda i decreti nn. 4, 10 e 12, la Corte nota che il ricorrente non ha comunicato alla Corte l’esito dei suoi reclami. Di conseguenza, questa parte del motivo di ricorso è manifestamente infondata e deve essere rigettata in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
19.  Per quanto riguarda i ricorsi proposti avverso i decreti nn. 15, 16, 17 e 18, la Corte nota che nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcuna prova dell'esistenza di un ritardo da parte delle autorità competenti. Peraltro, dall'esame degli atti del fascicolo risulta che i tribunali di sorveglianza aditi si sono pronunciati sui reclami del ricorrente prima della scadenza del periodo di validità dei decreti oggetto di lite e che non vi è stata né mancanza di decisione sul merito né vi sono stati ritardi sistematici del tribunale che hanno comportato una concatenazione di decreti adottati dal Ministro della Giustizia senza tener conto delle decisioni giudiziarie.
20.  Ne consegue che questa parte del motivo di ricorso è manifestamente infondata e deve essere rigettata in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
21.  Per quanto riguardo il decreto no 14, la Corte ritiene che questa parte del motivo di ricorso relativo al diritto ad un tribunale non sia manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Peraltro rileva che non contrasta con nessun altro motivo di irricevibilità ed è quindi opportuno dichiararla ricevibile.

B.  Nel merito

22.  Secondo il ricorrente, la violazione dell'articolo 6 § 1 sarebbe la conseguenza della decisione di rigetto per perdita di interesse all'esame dovuta alla scadenza del termine di validità del decreto ministeriale impugnato.
23.  Il Governo afferma che il fatto di aver superato il termine di dieci giorni previsto dalla legge sull’ordinamento penitenziario non può essere considerato un’omissione al dovere di controllo giurisdizionale. Il tribunale di sorveglianza avrebbe comunque deliberato entro termini ragionevoli, tenuto conto del tempo necessario per l’istruzione delle cause. Nella fattispecie, il ritardo nella risposta non avrebbe causato un diniego di accesso a un tribunale. Inoltre, il Governo afferma che il ricorrente non ha comunicato la data in cui avrebbe presentato ricorso per cassazione.
24.  La Corte rileva innanzitutto che il detenuto dispone di dieci giorni a decorrere dalla data della comunicazione del decreto per formulare un reclamo privo di effetti sospensivi innanzi al tribunale di sorveglianza, il quale a sua volta deve deliberare entro il termine di 10 giorni.
25.  La Corte osserva poi che, il 30 dicembre 1999, il ricorrente ha presentato un reclamo avverso il decreto del 23 dicembre 1999. Con  decisione del 21 marzo 2000, il tribunale di sorveglianza ha rigettato il reclamo. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione. Con ordinanza del 14 dicembre 2000, depositata in cancelleria il 23 gennaio 2001, la Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. In effetti, essa ha constatato che il periodo di applicazione del decreto era scaduto il 23 giugno 2000 e che, di conseguenza, il ricorrente aveva perduto interesse al suo esame.
26. Certamente, il semplice superamento di un termine previsto dalla legge non costituisce violazione del diritto garantito. Tuttavia, il tempo necessario all'esame di un ricorso può comprometterne l'efficacia. Nel caso specifico, il tribunale ha deciso sul ricorso del ricorrente tre mesi dopo la sua introduzione e la Corte di cassazione, un anno dopo l’adozione del decreto ministeriale, ha dichiarato il ricorso inammissibile essendo scaduto il periodo di validità del suddetto decreto. Di conseguenza, la Corte non può che constatare che l’assenza di qualsiasi decisione sul merito ha privato del suo significato il controllo esercitato dal giudice su questo decreto del Ministro della Giustizia (Enea, succitata, § 82).
27.  D’altronde, se la legge applicabile prevede un termine di decisione di dieci giorni solamente, ciò dipende, da un lato, dalla gravità degli effetti del regime speciale sui diritti del detenuto, e d’altro lato, dalla validità limitata nel tempo della decisione contestata (vedere, fra molte altre, Argenti c. Italia, no 56317/00, § 45, 10 novembre 2005, e Viola c. Italia, no 8316/02, § 55, 29 giugno 2006).
28.  Concludendo, vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

II.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

29.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
 «Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»
30.  Il ricorrente non ha presentato alcuna domanda di equa soddisfazione. Pertanto, la Corte non ritiene opportuno accordargli alcuna somma a questo titolo.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’

1.  Dichiara ricevibile il motivo di ricorso relativo all’articolo 6 § 1 della Convenzione per quanto riguarda il diritto ad un tribunale durante il periodo di applicazione del regime speciale di detenzione relativamente al decreto n° 14 del 23 dicembre 1999 e irricevibile per il resto;

2.  Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 16 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Elens-Passos
CANCELLIERE

Françoise Tulkens
PRESIDENTE