Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 ottobre 2018 - Ricorso nn. 39186/11 e altri - Causa Therapic Center s.r.l. e altri contro Italia

© Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli affari di giustizia, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con Rita Carnevali, assistente linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA THERAPIC CENTER S.R.L. E ALTRI c. ITALIA

(Ricorsi nn. 39186/11 e altri 9 ricorsi – si veda l’elenco allegato)

SENTENZA

STRASBURGO

4 ottobre 2018


Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Therapic Center S.r.l. e altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un comitato composto da:

  • Kristina Pardalos, presidente,
  • Ksenija Turković,
  • Pauliine Koskelo, giudici,
  • e da Renata Degener, cancelliere aggiunto di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio l’11 settembre 2018,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi sono dieci ricorsi, i cui numeri sono riportati nell’elenco allegato, presentati contro la Repubblica italiana con cui dieci società con sede in Italia («le società ricorrenti») hanno adito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2.  Le società ricorrenti sono state rappresentate dall’avv. A. Mascia, del foro di Verona. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo.
3.  Il 14 novembre 2016 i ricorsi sono stati comunicati al Governo.

IN FATTO

LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4.  L’elenco delle società ricorrenti è riportato in allegato.
5.  I ricorsi riguardano la mancata esecuzione da parte dell’Azienda Sanitaria Locale («la ASL») di decreti ingiuntivi emessi in favore delle società ricorrenti (per i dettagli, si veda l’allegato). Le leggi finanziarie in vigore all’epoca dei fatti (leggi n. 191 del 2009, n. 220 del 2010, n. 111 del 2011 e n. 189 del 2012) impedivano agli interessati di intentare delle azioni giudiziarie al fine di ottenere il pagamento dei debiti della ASL.
6.  Nel 2007, le società ricorrenti sottoscrissero dei contratti di factoring con la società UniCredit Factoring S.p.A., alla quale cedettero alcuni crediti che non erano stati ancora riscossi, compresi quelli di cui erano titolari nei confronti della ASL. I contratti subirono delle modifiche nel 2010. Secondo le informazioni fornite dal Governo, si tratta di atti autentici che sono stati registrati il 10 marzo 2010 presso l’Agenzia delle entrate.
7.  In date comprese tra il 2009 e il 2010, il tribunale di Napoli emise dei decreti ingiuntivi relativi alle somme di cui la ASL era debitrice nei confronti delle società ricorrenti.
8.  Con la sentenza n. 186 del 12 luglio 2013 la Corte costituzionale dichiarò l’incostituzionalità, in particolare, della legge finanziaria n. 220 del 2010.
9.  Successivamente, in date non precisate, la ASL pagò completamente (ricorsi nn. 39189/11, 39190/11 e 39194/11) o parzialmente i suoi debiti (ricorsi nn. 39186/11, 39187/11, 39192/11, 39193/11, 39196/11, 39197/11, 39198/11) alle società ricorrenti.

IN DIRITTO

I.  SULLA RIUNIONE DEI RICORSI

10.  Tenuto conto della similitudine dei ricorsi per quanto riguarda i fatti e le questioni sul merito che vengono sollevate, la Corte decide di riunirli e di esaminarli congiuntamente.

II.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE

11.  Le società ricorrenti lamentano il ritardo con cui le autorità nazionali si sono conformate ai decreti ingiuntivi resi esecutivi dal tribunale di Napoli, e invocano l’articolo 6 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
12.  Libera di qualificare giuridicamente i fatti di causa, la Corte ritiene che questa doglianza debba essere esaminata unicamente dal punto di vista dell’articolo 6 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, recita:
Articolo 6 § 1 della Convenzione
«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…) chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...)».
13.  Il Governo contesta questa tesi.

A.  Sulla ricevibilità

14.  Il Governo considera che le società ricorrenti non possano più affermare di essere «vittime» di una violazione della Convenzione per i seguenti motivi. Anzitutto, per quanto riguarda i ricorsi nn. 39189/11, 39190/11 e 39194/11, il Governo indica che le società ricorrenti hanno ricevuto, benché in ritardo, le somme di cui erano creditrici, conformemente alla sentenza n. 186 del 2013 della Corte costituzionale. Successivamente, per quanto riguarda tutti i ricorsi, il Governo espone che le società ricorrenti hanno sottoscritto dei contratti di factoring con la società UniCredit Factoring S.p.A., che in questo modo, in particolare, esse hanno ceduto i loro crediti a tale società e che quest’ultima ne è divenuta titolare. Secondo il Governo, dai contratti di factoring, come modificati nel 2010, risulta che le società ricorrenti non erano responsabili in caso di insolvenza del debitore ceduto.
15.  Le società ricorrenti che hanno ottenuto il rimborso totale dei crediti replicano che possono perdere la qualità di vittima soltanto se le autorità hanno riconosciuto, almeno in sostanza, la violazione, e poi vi hanno posto rimedio, cosa che non sarebbe avvenuta nel caso di specie. Per quanto riguarda l’eccezione del Governo legata alla firma dei contratti di factoring, le società ricorrenti affermano che rimangono responsabili in caso di mancato pagamento da parte della ASL e che ciò è dimostrato dal fatto che la ASL continua a rimborsare loro direttamente i debiti. Esse aggiungono che, in ogni caso, non è stata sollevata alcuna eccezione di questo tipo dinanzi ai giudici nazionali.
16.  Per quanto riguarda la prima eccezione, la Corte rammenta che il pagamento dei crediti, maggiorati degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, può sembrare di natura tale da compensare i danni patrimoniali causati dai ritardi nell’esecuzione di decisioni interne definitive, ma non è evidentemente in grado di rimediare allo sconforto e alla frustrazione subite dal ricorrente a seguito di tali ritardi (Gagliardi c. Italia (dec.) [comitato], n. 29385/03, 16 luglio 2013). Dato che, nel caso di specie, le società ricorrenti non hanno ottenuto la riparazione del danno morale, la Corte ritiene opportuno respingere l’eccezione del Governo.
17.  Per quanto riguarda la seconda eccezione, la Corte osserva anzitutto che, come indicato dal Governo stesso, i contratti di factoring sono degli atti autentici registrati presso l’Agenzia delle entrate (paragrafo 6 supra), nella maggior parte dei casi prima della data della notifica alla ASL del decreto ingiuntivo (si vedano, nell’allegato, a titolo esemplificativo, le date relative ai decreti non ancora eseguiti). Inoltre, essa constata che, dai documenti forniti dalle parti, non risulta che la ASL abbia contestato i decreti ingiuntivi. Infine, osserva che la ASL continua a pagare i propri debiti alle società ricorrenti.
18.  A tale proposito, la Corte sottolinea che è chiamata a svolgere un ruolo sussidiario rispetto ai sistemi nazionali di tutela dei diritti dell’uomo. È dunque auspicabile che i tribunali nazionali abbiano per primi la possibilità di risolvere le questioni di compatibilità del diritto interno con la Convenzione. Se in seguito viene presentato comunque un ricorso dinanzi alla Corte, quest’ultima deve potersi avvalere dei pareri di tali tribunali, i quali sono in contatto diretto e permanente con le forze vive dei loro paesi. È dunque importante che le argomentazioni avanzate dal Governo dinanzi ai giudici interni siano in linea con quelle da esso esposte dinanzi alla Corte (A. e altri c. Regno Unito [GC], n. 3455/05, § 154, CEDU 2009).
19.  Anche a voler supporre che al Governo non sia preclusa la possibilità di sollevare un’eccezione fondata su una interpretazione di contratti che non siano stati oggetto di una contestazione dinanzi ai giudici nazionali, la Corte osserva che tale questione non è stata esaminata, nemmeno in sostanza, da parte di questi ultimi (si veda, a contrario, A. e altri, sopra citata, § 155).
20.  In conclusione, la Corte non dispone di elementi per stabilire che le decisioni pronunciate dal tribunale di Napoli non sono più esecutive nei confronti delle società ricorrenti. Alla luce delle circostanze del caso di specie, essa ritiene che queste ultime possano sempre affermare di essere vittime della dedotta violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a causa della mancata esecuzione di decisioni interne definitive.
21.   Constatando che questa doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte la dichiara ricevibile.

B.  Sul merito

22.  Le società ricorrenti lamentano il ritardo con cui la ASL si è conformata ai decreti ingiuntivi resi esecutivi dal tribunale di Napoli.
23.  Il Governo non ha presentato osservazioni sul merito.
24.  La Corte rammenta di avere fissato il principio secondo il quale il diritto a un tribunale sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico interno di uno Stato contraente permettesse che una decisione giudiziaria definitiva e vincolante rimanesse inoperante a scapito di una delle parti (si veda anche Bourdov c. Russia (n. 2), n. 33509/04, § 65, CEDU 2009). Indipendentemente dalla complessità delle sue procedure di esecuzione o del suo sistema amministrativo, lo Stato è comunque tenuto, in virtù della Convenzione, a garantire a ogni persona il diritto a che le sentenze vincolanti ed esecutive emesse in suo favore siano eseguite entro un tempo ragionevole.
25.  Perciò, quando è irragionevolmente lungo, il tempo di esecuzione di una sentenza vincolante può comportare una violazione della Convenzione. Il carattere ragionevole di tale tempo deve essere valutato tenendo conto in particolare della complessità della procedura di esecuzione, del comportamento del ricorrente e delle autorità competenti, nonché dell’importo e della natura della somma accordata dal giudice (Raïlian c. Russia, n. 22000/03, § 31, 15 febbraio 2007, e Bourdov (n. 2), sopra citata, § 66).
26.  La Corte ha già dichiarato che, quando l’esecuzione non poneva alcun problema particolare, trattandosi del versamento di una somma di denaro, un tempo di un anno e due mesi violava a priori il diritto del ricorrente a un tribunale (Shmalko c. Ucraina, n. 60750/00, 20 luglio 2004, § 46) e che, in compenso, un periodo di sei mesi per l’esecuzione di una sentenza non costituiva, di per sé, un tempo irragionevole (Bourdov (n. 2), sopra citata, § 85).
27.  Nella fattispecie, la Corte osserva che i ritardi con cui la ASL ha pagato le società ricorrenti dei ricorsi nn. 39189/11, 39190/11 e 39194/11 sono ampiamente superiori a un anno e due mesi, e osserva anche che, per quanto riguarda gli altri ricorsi, la ASL non ha ancora completamente pagato i propri debiti dopo più di sette anni dal deposito in cancelleria dei decreti ingiuntivi del tribunale di Napoli.
28.  La Corte osserva che il Governo non ha proposto alcun argomento che giustifichi la passività della ASL. Di conseguenza, non è necessario cercare di stabilire se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti individuali (Iatridis c. Grecia [GC], n. 31107/96, § 62, CEDU 1999 II, e Gagliardi, decisione sopra citata, § 65).
29.  Pertanto, la Corte ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

III.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

30.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno

31.  Le società ricorrenti chiedono la somma di 10.800 euro (EUR) ciascuna per il danno morale, nonché le seguenti somme per il danno materiale:

N. del ricorso e Somma richiesta per il danno materiale (in EUR)

  • 39186/11    38.051,91
  • 39187/11    95.116,62
  • 39192/11    34.508,65
  • 39193/11    17.563,27
  • 39196/11    15.022,87
  • 39197/11    98.599,28
  • 39198/11    977,66

32.  Il Governo ritiene che le somme richieste siano eccessive.
33.  La Corte considera doversi accordare alle società ricorrenti le somme non ancora versate, indicate nell’allegato, per il danno materiale.
34.  La Corte precisa nondimeno che tali somme sono dovute soltanto in funzione dello stato di versamento delle somme riconosciute a livello nazionale. Perciò, nell’ipotesi in cui venissero effettivamente pagate alle società ricorrenti dalle autorità italiane, tali importi dovrebbero essere detratti dalle somme che il Governo dovrà versare a titolo di equa soddisfazione in virtù della presente sentenza (Kavaklıoğlu e altri c. Turchia, n. 15397/02, § 302, 6 ottobre 2015, e Azzolina e altri c. Italia, nn. 28923/09 e 67599/10). La stessa detrazione dovrebbe avere luogo qualora le somme in questione fossero state già versate alle società ricorrenti sulla base del contratto di factoring evocato dal Governo. Infine, la Corte fa osservare che la constatazione di violazione alla quale è giunta qui sopra non pregiudica in alcun modo la questione di stabilire se le società ricorrenti abbiano agito conformemente agli obblighi derivanti dai contratti di factoring sottoscritti con Unicredit S.r.l.; una tale questione è infatti di competenza dei giudici nazionali, qualora questi ultimi fossero chiamati a pronunciarsi in materia.
35.  Relativamente al danno morale, la Corte osserva che, per quanto riguarda i ricorsi nn. 39189/11, 39190/11 e 39194/11, le società ricorrenti non hanno indicato le date in cui la ASL ha pagato integralmente i suoi debiti. Tuttavia, dalle osservazioni delle parti risulta che tali debiti sono stati interamente rimborsati in seguito alla sentenza della Corte costituzionale del 2013. Di conseguenza, la Corte ritiene che le società ricorrenti interessate debbano essere risarcite per il danno morale subito nella misura di 6.750 EUR ciascuna. Per quanto riguarda le altre società ricorrenti, la Corte decide di accordare le somme nel limite di quanto da esse richiesto, ossia 10.800 EUR ciascuna.

B.  Spese

36.  Le società ricorrenti chiedono anche la somma di 34.000 EUR per le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte.
37.  Il Governo contesta queste pretese.
38.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti di cui dispone e della sua giurisprudenza, la Corte considera ragionevole accordare congiuntamente alle società ricorrenti la somma di 2.500 EUR per il procedimento dinanzi ad essa.

C.  Interessi moratori

39.  La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Decide di riunire i ricorsi;
  2. Dichiara i ricorsi ricevibili;
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  4. Dichiara che lo Stato convenuto deve versare, entro tre mesi:
    1. le somme seguenti, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno materiale:
      1. alla società ricorrente del ricorso n. 39186/11: 38.052 EUR (trentottomilacinquantadue euro),
      2. alla società ricorrente del ricorso n. 39187/11: 95.117 EUR (novantacinquemilacentodiciassette euro),
      3. alla società ricorrente del ricorso n. 39192/11: 34.509 EUR (trentaquattromilacinquecentonove euro),
      4. alla società ricorrente del ricorso 39193/11: 17.563 EUR (diciassettemilacinquecentosessantatré euro),
      5. alla società ricorrente del ricorso n. 39196/11: 15.023 EUR (quindicimilaventitré euro),
      6. alla società ricorrente del ricorso n. 39197/11: 98.599 EUR (novantottomilacinquecentonovantanove euro),
      7. alla società ricorrente del ricorso n. 39198/11: 978 EUR (novecentosettantotto euro);
    2. le somme seguenti, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale:
      1. a ciascuna delle società ricorrenti dei ricorsi nn. 39186/11, 39187/11, 39192/11, 39193/11, 39196/11, 39197/11, 39198/11: 10.800 EUR (diecimilaottocento euro),
      2. a ciascuna delle società ricorrenti dei ricorsi nn. 39189/11, 39190/11, 39194/11: 6.750 EUR (seimilasettecentocinquanta euro);
    3. 2.500 EUR (duemilacinquecento euro) congiuntamente alle società ricorrenti, più l’importo eventualmente dovuto dalle stesse a titolo di imposta, per le spese;
    4. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 4 ottobre 2018, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte.

Renata Degener   
Cancelliere aggiunto

Kristina Pardalos
Presidente

ALLEGATO