Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 7 luglio 2009 - Ricorso n. 24425/03 - Piacenti c. Italia

Traduzione a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, effettuata dall’esperto linguistico Rita Pucci

Abstract
In materia di detenzione in regime di applicazione dell’art. 41-bis della legge n. 354 del 1975. Constata la violazione dell’art. 8 CEDU relativo al diritto al rispetto della vita privata e familiare sotto il profilo della libertà di corrispondenza, poiché il controllo esercitato sulla corrispondenza ai sensi dell’art. 18 della legge n. 354 del 1975, nel testo previgente alle modifiche introdotte con la legge n. 95 del 2004, contrasta con il principio di legalità.

CONSIGLIO D’EUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE

Sentenza             
Strasburgo 7 luglio 2009

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire variazioni di forma.
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in una camera composta da :

Françoise Tulkens, presidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto,

Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 16 giugno 2009,
Pronuncia la presente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDIMENTO

  1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 24425/03) nei confronti della Repubblica italiana con cui un cittadino di quello Stato, il sig. Salvatore Piacenti (« il ricorrente »), ha adito la Corte il 20 giugno 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (« la Convenzione »).
  2. Il ricorrente è rappresentato dall’Avv. C. De Filippi, del foro di Parma. Il governo italiano (« il Governo ») è rappresentato dal suo agente, sig.ra E. Spatafora, e dal suo co-agente aggiunto, sig. N. Lettieri.
  3. Il ricorrente adduce che le sue condizioni detentive configurano un trattamento inumano e degradante e una violazione del suo diritto al rispetto della vita familiare e della corrispondenza.
  4. L’8 settembre 2006, la Corte ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3 della Convenzione, essa ha deciso di procedere all’esame contestuale dell’ammissibilità e della fondatezza della causa.

    IN FATTO

    I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
  5. Il ricorrente è nato nel 1957. All’epoca della presentazione del ricorso, era detenuto nel carcere di Parma, dove scontava la pena di nove anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e violazione della legge sugli stupefacenti.
  6. Il 20 aprile 1997, con decreto del ministro della Giustizia, il ricorrente, ritenuto pericoloso, fu sottoposto per un periodo di sei mesi al regime detentivo speciale previsto dall’articolo 41bis, comma 2, della legge sull’ordinamento penitenziario – n. 354 del 26 luglio 1975 (« la legge n. 354/1975 »). Modificata dalla legge n. 356 del 7 agosto 1992, la disposizione consentiva la sospensione totale o parziale dell’applicazione del regime detentivo normale quando richiesto da motivi di ordine e di sicurezza pubblici.
    Inoltre, tutta la corrispondenza del ricorrente doveva essere sottoposta a controllo su preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
  7. L’applicazione del regime speciale al ricorrente fu prorogata per periodi di sei mesi fino al dicembre 2002, poi di un anno. Il ricorrente sostiene di avere ottenuto un ammorbidimento del regime, consistito nella soppressione della restrizione del numero di visite mensili dei congiunti, in conseguenza di un ricorso interposto contro i decreti del 19 dicembre 2001 e del 17 giugno 2002. In precedenza, il ricorrente aveva impugnato altri decreti dinanzi al tribunale di sorveglianza (« il TS ») competente, contestando l’applicazione del regime speciale e chiedendo l’abrogazione delle restrizioni ad esso relative. Con decisioni in data 9 giugno 1998, 26 gennaio e 2 dicembre 1999, 16 maggio 2000, 18 luglio 2001 e 25 febbraio 2002, il TS aveva rigettato i ricorsi in quanto sussistevano le condizioni per il mantenimento del regime speciale e la sua applicazione era giustificata alla luce delle informazioni raccolte dalla polizia e dalle autorità giudiziarie sul conto del ricorrente.
  8. Il Governo ha comunicato che l’applicazione del regime speciale è terminata nel 2003 e che il ricorrente è stato scarcerato il 30 settembre 2003.
  9. Dal fascicolo emerge che la corrispondenza del ricorrente fu sottoposta al controllo delle autorità penitenziarie durante il periodo di applicazione del regime del 41bis, su autorizzazione dei giudici di sorveglianza. Otto documenti dal contenuto giuridico recano il visto di controllo.

    II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI
  10. Nella sentenza Ospina Vargas, la Corte ha riassunto il diritto e la prassi interni pertinenti in fatto di regime detentivo speciale applicato nel caso di specie e di controllo della corrispondenza (Ospina Vargas c/Italia, n. 40750/98, §§ 23-33, 14 ottobre 2004). Essa ha anche menzionato le modifiche introdotte dalla legge n. 279 del 23 dicembre 2002 e dalla legge n. 95 dell’8 aprile 2004 (ibidem). L’entrata in vigore di quest’ultima legge non consente tuttavia di riparare le violazioni verificatesi prima della sua entrata in vigore.
  11. Tenuto conto della riforma e delle decisioni della Corte (Ganci c/Italia, n. 41576/98, §§ 19-31, CEDU 2003 XI), la Corte di cassazione si è discostata dalla sua giurisprudenza in materia di interesse a mantenere un ricorso presentato avverso un decreto ministeriale nel frattempo scaduto. Essa ha ritenuto che un detenuto abbia interesse ad ottenere una decisione contro un decreto, anche se sia scaduto il periodo di validità del decreto impugnato, e ciò per gli effetti diretti che la decisione avrebbe sui successivi decreti (Corte di cassazione, prima sezione, sentenza del 26 gennaio 2004, depositata il 5 febbraio 2004, n. 4599, Zara).

    IN DIRITTO

    I. SULL’ADDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO  8 DELLA CONVENZIONE
     
  12. Il ricorrente lamenta la violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza. Invoca l’articolo 8 della Convenzione, così redatto nella parte pertinente :
    «  1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
    2. Non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria (…), alla pubblica sicurezza, (…), alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, (…). »
  13. Il Governo contesta tale tesi.

    A.    Sull’ammissibilità
  14. La Corte constata che il motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non contrasta con nessun altro motivo d’inammissibilità. E’ quindi opportuno dichiararlo ammissibile.

    B. Sul merito
  15. Il ricorrente lamenta il controllo della corrispondenza da parte delle autorità penitenziarie e adduce l’insufficienza della base legale di detto controllo.
  16. Il Governo osserva che, nel caso di specie, il controllo della corrispondenza era stato ordinato dal giudice ai sensi dell’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario e risaliva al periodo precedente all’entrata in vigore della legge n. 95/2004. Pur prendendo atto della giurisprudenza della Corte in materia, il Governo chiede alla Corte di riconsiderare la sua giurisprudenza e di affermare che, nel caso di specie, il suddetto controllo era « previsto dalla legge » e non ha violato l’articolo 8.
  17. La Corte constata che vi è stata « ingerenza di un’autorità pubblica »nell’esercizio del diritto del ricorrente al rispetto della corrispondenza sancito dall’articolo 8 § 1 della Convenzione. Una simile ingerenza viola tale disposizione salvo che, « prevista dalla legge », persegua uno o più degli scopi legittimi contemplati nel paragrafo 2 e, per di più, sia « necessaria, in una società democratica » per raggiungerli (Calogero Diana c/Italia, 15 novembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, § 28; Domenichini c/Italia, 15 novembre 1996, Raccolta 1996-V, § 28; Petra c/Romania, 23 settembre 1998, Raccolta 1998-VII, p. 2853, § 36; Labita c/Italia [GC], n. 26772/95, § 179, CEDU 2000 IV; Musumeci c/Italia,
    n. 33695/96, § 56, 11 gennaio 2005).
  18. Prima del 15 aprile 2004, il controllo della corrispondenza del ricorrente era effettuato conformemente all’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario. La Corte ha già giudicato più volte che il controllo della corrispondenza basato sull’articolo 18 violava l’articolo 8 della Convenzione in quanto non « previsto dalla legge ». Esso infatti non disciplinava né la durata delle misure di controllo della corrispondenza dei detenuti, né i motivi che potevano giustificarle e non indicava con sufficiente chiarezza l’ampiezza e le modalità di esercizio del potere di apprezzamento delle autorità competenti nel campo in questione (si vedano, tra le altre, le sentenze Labita c/Italia, succitata, §§ 175-185, e Calogero Diana c/Italia, succitata, § 33, e, ultimamente, De Pace c/Italia, n. 22728/03, § 56, 17 luglio 2008). La Corte non vede motivi per discostarsi, nel caso di specie, da questa giurisprudenza.
  19. Alla luce di quanto precede, la Corte constata che il controllo della corrispondenza del ricorrente effettuato tra il 1997 e il 2003 non era « previsto dalla legge » ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione. Questa conclusione rende superfluo accertare, nel caso di specie, il rispetto delle altre esigenze del paragrafo 2 della stessa disposizione.
  20. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

    II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
     
  21. Il ricorrente lamenta inoltre di essere stato sottoposto a lungo a trattamenti inumani e degradanti, contrari all’articolo 3 della Convenzione, in conseguenza dell’applicazione del regime detentivo speciale nei suoi confronti. E ancora, invocando l’articolo 8 della Convenzione, il ricorrente lamenta le restrizioni alla vita familiare derivanti dall’applicazione del regime del 41 bis. Sotto il profilo degli articoli 6 e 13 della Convenzione, egli lamenta infine di non avere avuto a disposizione ricorsi interni effettivi contro i provvedimenti di applicazione e proroga del regime detentivo speciale. Peraltro, dopo la comunicazione del ricorso, l’avvocato del ricorrente ha lamentato, sotto il profilo dell’articolo 6 § 3 della Convenzione, le difficoltà incontrate per raccogliere i documenti pertinenti.
  22. Previo esame del fascicolo, nella misura in cui le accuse sono state suffragate, la Corte non ha rilevato alcuna parvenza di violazione di dette disposizioni. Essa ritiene quindi di non avere motivi per discostarsi dalle conclusioni relative ai casi Bastone c/Italia ((dec.), n. 59638/00, CEDU 2005 II (estratti)) o Zagaria c/Italia (n. 58295/00, 27 novembre 2007) o ancora De Pace (succitata, §§ 37, 49, 63).
  23. Ne consegue che questi motivi di ricorso sono manifestamente infondati e devono essere rigettati conformemente all’articolo 35 paragrafi 3 e 4 della Convenzione.

    III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
     
  24. Rimane la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione. Il ricorrente chiede 200.000 euro (EUR) a titolo di risarcimento del danno materiale e morale che avrebbe subito. Per quanto riguarda le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte, egli chiede 20.105,89 EUR.
  25. Il Governo contesta queste richieste.
  26. La Corte rammenta di avere concluso per la violazione della Convenzione unicamente per quanto riguarda il controllo della corrispondenza del ricorrente. Essa non vede alcun nesso di causalità tra tale violazione e un qualsiasi danno materiale. Quanto al danno morale, essa ritiene che, nelle circostanze del caso di specie, la constatazione di violazione sia sufficiente a compensarlo.
  27. Quanto alle spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte, la Corte ritiene ragionevole la somma di 1.000 EUR, accompagnata, eventualmente, da interessi moratori basati sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali, e la concede al ricorrente.


PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’,

  1. Dichiara il ricorso ammissibile quanto alla doglianza relativa al controllo della corrispondenza ed inammissibile nel resto;
  2. Afferma che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Afferma che la constatazione di violazione costituisce di per sé un’equa soddisfazione sufficiente per il danno morale;
  4. Afferma :
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a partire dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 1.000 EUR (mille euro) per spese, oltre ad ogni importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo d’imposta ;
    2. che, a partire dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione nel resto.

Redatta in francese, poi comunicata per iscritto il 7 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.
Françoise Elens-Passos
Presidente
Françoise Tulkens
Cancelliere aggiunto