Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 novembre 2002 - Ricorso n. 45313/99 - ... contro l'Italia

[traduzione non ufficiale]
CONSIGLIO D'EUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
PRIMA SEZIONE

CAUSA X c. ITALIA
Violazione art.6 p. 1 e 3 - Equo processo
(Ricorso n° 45313/99)

SENTENZA
STRASBURGO
28 novembre 2002

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Essa può subire modifiche formali.

Nella causa M. c. l'Italia,

La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (prima sezione), riunita in una camera composta da:

C.L. ROZAKIS, presidente,
F. TULKENS
L. FERRARI BRAVO
G. BONELLO
P. LORENZEN
N. VAJIC
E. LEVITS, giudici
e da S. NIELSEN, cancelliere aggiunto di sezione

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 7 novembre 2002,
Emette la seguente sentenza, adottata in quest'ultima data:

PROCEDIMENTO

  1. All'origine della causa vi è un ricorso (n° 45313/99) diretto contro la Repubblica Italiana con il quale un cittadino di questo Stato, il signor I. M. ("il ricorrente"), aveva adito la Commissione europea dei Diritti dell'Uomo ("la Commissione") il 12 ottobre 1998 ai sensi del vecchio articolo 25 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
  2. Il Governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente U. Leanza e dal suo coagente V. Esposito.
  3. Il ricorrente sosteneva, in particolare, di non aver beneficiato di un processo equo e di non essere stato presunto innocente.
  4. Il ricorso è stato assegnato alla seconda sezione della Corte (articolo 52 § 1 del regolamento). In seno a questa sezione, la camera incaricata dell'esame della causa (articolo 27 § 1 della Convenzione) è stata costituita conformemente all'articolo 26 § 1 del regolamento. In seguito all'astensione del giudice B. Conforti, eletto a titolo dell'Italia (articolo 28), il Governo ha designato L. Ferrari Bravo, giudice eletto a titolo di San Marino per sostituirlo (articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 del regolamento).
  5. Con decisione del 5 aprile 2001 la Corte ha dichiarato il ricorso parzialmente ricevibile.
  6. Sia il ricorrente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 del regolamento).
  7. Il 1° novembre 2001 la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni (articolo 25 § 1 del regolamento). Il presente ricorso è stato assegnato alla prima sezione così modificata. (articolo 52 § 1)

    IN FATTO

  8. Il ricorrente è nato nel &.. e risiede a T.&...
  9. Il 14 agosto 1983 il ricorrente si sposò con S. Nel 1989 la coppia ebbe una figlia, X.
    Nel marzo 1993, S. citò il ricorrente davanti al tribunale di T&.. al fine di ottenere la loro separazione giudiziaria. Con ordinanze emesse in date non precisate, il tribunale affidò la custodia di X a S. e accordò al ricorrente il diritto di visita.

    A. I procedimenti penali a carico del ricorrente

  10. L'8 aprile 1994, S. denunciò il ricorrente per atti di libidine violenta su minore. In particolare sostenne che X le aveva confessato di aver subito dei palpeggiamenti da parte di suo padre.
    Dal 15 giugno 1994 al 9 marzo 1995, la procura della Repubblica di T&. ascoltò diversi testimoni. Il 6 febbraio 1995 il procuratore della Repubblica di T&& interrogò il ricorrente. In questa occasione, quest'ultimo era assistito da un avvocato di fiducia.
  11. Nel frattempo, in una data non precisata, il ricorrente aveva sporto denuncia contro S per maltrattamenti nei confronti di X. Questo procedimento fu in seguito unito al procedimento penale a carico del ricorrente.
    Durante le indagini preliminari furono effettuate due perizie medico-legali. Queste conclusero che non era possibile stabilire se X avesse effettivamente subito i palpeggiamenti da lei denunciati.
  12. Il 25 novembre 1996, il procuratore della Repubblica di T&.. presentò al giudice delle indagini preliminari di questa stessa città una richiesta di archiviazione dei procedimenti a carico del ricorrente e di S. Per quanto riguarda le accuse elevate contro il ricorrente, il procuratore ritenne che non vi era "nessuna prova convincente e, in ogni caso, sufficiente per una contestazione che avesse una certa fondatezza" dei fatti attribuiti al ricorrente.
  13. Il 26 marzo 1997, il giudice delle indagini preliminari fissò la data d'udienza all'8 aprile 1997, in quanto riteneva che allo stato del fascicolo non poteva accogliere la richiesta di archiviazione. Con ordinanza del 29 aprile 1997, il giudice rigettò la richiesta del procuratore della Repubblica, ordinò che il fascicolo della causa venisse trasmesso alla procura ed invitò quest'ultima a procedere a nuove investigazioni ed in particolare all'audizione di X.
  14. X fu interrogata il 20 ottobre 1997 davanti al giudice delle indagini preliminari. Il ricorrente e i due suoi consulenti decisero di non assistere a questo interrogatorio. X confermò essenzialmente che il ricorrente aveva commesso atti di libidine nei suoi confronti.
  15. Il 24 novembre 1997, il procuratore di T&& presentò di nuovo una richiesta di archiviazione dei procedimenti giudiziari a carico del ricorrente. Nella sua richiesta affermava innanzitutto che, secondo lui, "gli elementi di prova raccolti a carico del ricorrente non erano sufficienti per sostenere un'accusa nel processo". Egli osservava in particolare che certi dettagli ai quali X aveva fatto riferimento sembravano poco plausibili ed erano in parte in contraddizione con le sue precedenti dichiarazioni.
  16. Con ordinanza del 17 aprile 1998, il cui testo fu depositato in cancelleria lo stesso giorno, il giudice delle indagini preliminari archiviò i procedimenti giudiziari a carico di S. e del ricorrente. Per quanto riguarda quest'ultimo, il giudice ritenne che le dichiarazioni di X erano sostanzialmente vere, ma che per alcune contraddizioni da parte della minore non si poteva arrivare ad una condanna dell'accusato. I passaggi pertinenti dell'ordinanza in questione sono i seguenti:
    "Contrariamente alla procura, non si ritiene che le dichiarazioni [di X] siano false, ma si considera che quando la minore afferma che suo padre le [&&&&&&&&&&&&.] essa dica una cosa vera.
    In effetti, non è possibile concludere che le dichiarazioni in questione siano il risultato di un complotto organizzato dalla madre allo scopo di sottrarre la minore al padre (&). L'accusato stesso ha ascoltato queste dichiarazioni e la minore le ha ripetute a terzi (&).
    Non è neanche possibile concludere che la minore abbia turbe della personalità che potrebbero averla indotta a mentire. In effetti, la minore ha ripetuto nel tempo i fatti di cui è rimasta vittima (&). D'altra parte, esiste un elemento che conferma le dichiarazioni della minore, ossia certi documenti medici che certificano degli arrossamenti [&&&&&&&&&&&&.] (&).
    Tuttavia un arrossamento può essere interpretato in diverse maniere: può essere provocato da un abuso sessuale, ma può anche essere spiegato da cause più banali che si ritrovano spesso nei minori. (&). Ora, la perizia (&) afferma (&) che gli elementi disponibili non possono essere determinanti per certificare l'abuso sessuale, né la tesi che vi si oppone. (&)
    D'altra parte (&) le dichiarazioni della minore presentano degli aspetti che rendono difficile sostenere un'accusa davanti ad un tribunale.
    In effetti, le dichiarazioni in questione (&) sono accompagnate da dettagli fantasiosi quali l'uso di un carrello e di un asciugacapelli, senza che questi dettagli, piuttosto inverosimili, vengano sempre ripetuti allo stesso modo. (&). Infine, la descrizione degli atti di libidine stessi non era particolarmente dettagliata.
    Di conseguenza, benché si ritenga che la minore (&) non menta, le contraddizioni nella sua versione inducono a considerare che l'accusa a carico di M. , così come è stata formulata, non può essere sostenuta davanti ad un tribunale (la continuazione del processo comporterebbe ulteriori sofferenze per la vittima che rischierebbe una regressione psicologica, senza peraltro che l'accusa abbia possibilità di successo)."

    B. Le azioni civili del ricorrente dopo l'archiviazione del processo
     
  17. In una data che non è stata precisata, il ricorrente domandò al giudice dei minorenni di T&.. un aumento del numero delle visite con sua figlia. L'11 febbraio 1998, il tribunale per i minorenni di T&.. rigettò il ricorso in quanto in quel momento non vi era nessun lavoratore sociale disponibile per assistere agli incontri tra il ricorrente e sua figlia. Inoltre, vi era un conflitto tra il ricorrente ed i servizi sociali in quanto il procedimento penale contro il ricorrente era ancora pendente, ed infine il tribunale non aveva ancora informazioni sullo sviluppo della psicoterapia intrapresa dal ricorrente.
  18. Il 17 aprile 1998, il ricorrente propose appello contro la decisione dell'11 febbraio 1998. Il 15 luglio 1998, la corte d'appello di T && confermò il decreto dell'11 febbraio 1998 con le stesse motivazioni.
  19. L'8 marzo 1999, il ricorrente introdusse una nuova istanza, questa volta innanzi al tribunale civile di T&.., per ottenere il citato aumento delle visite. Il 27 aprile 1999, il tribunale rinviò la causa all'udienza del 28 giugno 1999 in attesa di conoscere lo stato di avanzamento dell'esame del procedimento di decadenza dalla potestà parentale che era stato avviato contro il ricorrente davanti al giudice per i minorenni di T&.. nel 1995 (n° 147/95). Il tribunale fu successivamente informato che questo procedimento era stato archiviato il 13 settembre 1998.
  20. Il 3 novembre 1999, il tribunale ordinò di aumentare il numero delle visite a due a settimana e rinviò la causa all'udienza del 14 febbraio 2000 al fine di controllare l'esecuzione della sua decisione. Tale giorno, il ricorrente lamentò che l'ordinanza del 3 novembre 1999 non era stata rispettata.
  21. Il 23 maggio 2000, il tribunale di T&.. decise che, visto che gli incontri tra il ricorrente e sua figlia avevano avuto un effetto negativo sulla minore, i servizi sociali cessassero di organizzare gli incontri tra il ricorrente e sua figlia e che questi avessero luogo in un centro famiglia di T&& alla presenza di una persona, designata dal giudice, che ne avesse accettato l'incarico. Inoltre, il tribunale rinviò la causa all'udienza del 25 ottobre 2000 al fine di controllare lo sviluppo della situazione.
  22. L'udienza del 25 ottobre 2000 non ebbe luogo perché il giudice incaricato del caso era in congedo per maternità. Lo stesso giorno, il ricorrente domandò al presidente del tribunale la sua sostituzione, cosa che venne decisa.
  23. Il 19 dicembre 2000, il giudice accordò alla figlia del ricorrente il diritto di decidere se volesse incontrare di nuovo suo padre. Allo scopo di ottenere una decisione più rapida, il 9 febbraio 2002 il ricorrente domandò nuovamente al presidente del tribunale la sostituzione del giudice incaricato del caso che era in congedo per maternità. Tuttavia il presidente rigettò la domanda per ragioni di economia del processo. Alla data del 28 maggio 2002, l'udienza non era stata ancora fissata.

    IN DIRITTO
     
  24. Il ricorrente lamenta certe affermazioni fatte del giudice delle indagini preliminari nella sua decisione del 17 aprile 1998. Egli afferma che, di conseguenza, il procedimento a suo carico, che è terminato con la citata decisione, sarebbe iniquo. In effetti egli ritiene che, in sostanza, sarebbe stato "dichiarato colpevole senza aver beneficiato di un processo". Inoltre, non sarebbe stato presunto innocente. Egli invoca l'articolo 6 §§ 1 e 2 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, è così formulato:
    1. " Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata equamente (&) da parte di un tribunale (&) che deciderà (&) in ordine alla fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta (&).
    2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia legalmente accertata".
  25. Il Governo afferma che nella fattispecie non vi sarebbero state le violazioni addotte in quanto le affermazioni del giudice delle indagini preliminari avevano lo scopo di fornire la motivazione della decisione resa. Il giudice archivia una causa non soltanto quando un'accusa è priva di fondamento (articolo 408 del codice di procedura), ma anche quando "gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio". Di conseguenza, il giudice delle indagini preliminari doveva, nella sua decisione, indicare gli elementi a carico del ricorrente e precisare perché questi non erano sufficienti per giungere ad una condanna in giudizio. Così facendo il giudice delle indagini preliminari non avrebbe espresso pregiudizi, ma anzi avrebbe esercitato un compito - che peraltro non può essere oggetto di critiche - che gli è proprio. Il governo aggiunge che il giudice delle indagini preliminari avrebbe dato prova di scrupolosità. D'altra parte il ricorrente ha potuto partecipare al procedimento e farsi rappresentare da un avvocato. Inoltre quest'ultimo aveva partecipato all'udienza in camera di consiglio davanti al giudice delle indagini preliminari.
  26. Il ricorrente afferma di non aver avuto la possibilità di provare la sua innocenza. Egli ricorda che la procura aveva richiesto tre volte l'archiviazione delle azioni giudiziarie. Egli ribadisce che le affermazioni del giudice delle indagini preliminari gli hanno arrecato più danno di una condanna di tribunale perché, in quest'ultima ipotesi, egli avrebbe potuto proporre appello. Prova ne è il fatto per il quale ogni volta che cerca di ottenere un ampliamento del suo diritto di visita a sua figlia, la sua ex moglie gli oppone la decisione del giudice delle indagini preliminari.
  27. La Corte ritiene che le doglianze del ricorrente devono essere esaminate congiuntamente in quanto entrambe traggono origine dalla decisione del giudice delle indagini preliminari. Inoltre, visto che le esigenze del paragrafo 2 dell'articolo 6 rappresentano degli elementi della nozione generale di processo equo consacrata dal paragrafo 1 di questa stessa disposizione, la Corte esaminerà questo motivo di ricorso dal punto di vista di questi due testi combinati (vedere, tra l'altro, la sentenza Kamasinski c. Austria del 19 dicembre 1989, serie A n° 168, pagg. 31-32, § 62).
  28. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, "la presunzione di innocenza consacrata dal paragrafo 2 dell'articolo 6 figura tra gli elementi del processo penale equo richiesto dal paragrafo 1. Essa viene disconosciuta se una decisione giudiziaria concernente un imputato riflette la sensazione della sua colpevolezza senza averla preventivamente stabilita legalmente. In assenza di una constatazione formale, è sufficiente anche una motivazione che lasci pensare che il giudice considera l'interessato colpevole (&). A tal proposito, la Corte sottolinea l'importanza della scelta delle parole da parte degli agenti dello Stato nelle dichiarazioni che essi formulano prima che una persona sia stata giudicata e riconosciuta colpevole di un reato." (vedere la sentenza Daktaras c. Lituania, n° 42095/98, § 41, CEDH 2000-X).
    Peraltro, "una lesione al principio della presunzione di innocenza può provenire non soltanto da un giudice o da un tribunale, ma anche da altre autorità pubbliche" (ibidem, § 42). Il giudice delle indagini preliminari ne fa sicuramente parte in ragione delle funzioni che gli sono proprie.
    Tuttavia, la questione di sapere se le sue affermazioni hanno violato il principio della presunzione di innocenza deve essere chiarita nel contesto delle circostanze particolari nelle quali le affermazioni controverse sono state formulate (ibidem, § 43).
  29. Ora, non soltanto queste affermazioni erano state fatte nell'ambito delle azioni giudiziarie penali (vedere, a contrario, Butkevicius c. Lituania, n° 48297/99, 26 marzo 2002), ma per di più esse costituirebbero le motivazioni di una decisione motivata che doveva decidere se era il caso di ordinare un non luogo a procedere, come richiesto dalla procura, o se bisognava rinviare il ricorrente in giudizio.
    In questo contesto, la Corte nota che, pur arrivando alla stessa conclusione di archiviazione, il giudice delle indagini preliminari non ha condiviso l'analisi giuridica sottoposta dalla procura. In particolare, non ha condiviso la valutazione che la procura aveva fatto dell'audizione di X e delle diverse dichiarazioni che X aveva reso nel corso delle azioni giudiziarie penali in questione e dei procedimenti civili paralleli. Di conseguenza, era del tutto ragionevole che il giudice delle indagini preliminari - che doveva emettere una decisione motivata - spiegasse perché, ricollegandosi alle richieste della procura, decideva di chiudere il procedimento. Visto che la divergenza con la procura verteva sui fatti e sulla loro valutazione piuttosto che sulla loro valutazione giuridica, era normale che il giudice delle indagini preliminari indicasse questi fatti nella sua decisione.
    Così facendo, il giudice delle indagini preliminari ha emesso un pronostico - peraltro previsto, come indicato dal Governo, dall'articolo 125 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale - sul probabile risultato al quale sarebbe potuto giungere il procedimento se la causa fosse stata portata davanti al giudice. Il giudice si è limitato a rilevare che, di fronte all'esistenza di ragioni plausibili per sospettare che l'interessato abbia commesso il reato contestato, altri elementi inducevano a credere che davanti ad un tribunale l'accusa avrebbe avuto poche possibilità di successo. Peraltro, egli non si è limitato a prendere in considerazione l'impatto che il processo avrebbe potuto avere su X, ma ha anche stabilito il carattere inverosimile di certi dettagli forniti da X. In breve, egli ha messo in evidenza che il carattere veritiero delle dichiarazioni di X poteva essere messo in dubbio.
  30. Detto questo, la Corte constata che spetta al giudice delle indagini preliminari - che peraltro era al corrente del contenzioso esistente tra il ricorrente e la sua ex moglie - decidere, secondo coscienza, sulla maniera in cui doveva esprimere la sua opinione avuto riguardo degli annessi e connessi del contenzioso. Certo, si può porre la questione di sapere se le affermazioni all'uopo utilizzate erano di natura e grado tali da poter essere analizzate nella formulazione di una colpevolezza. Tuttavia, malgrado i termini utilizzati nell'ordinanza del 17 aprile 1998, la Corte ritiene che questa decisione descriveva uno "stato di sospetto" e non racchiudeva una constatazione di colpevolezza.
  31. Ora deve essere fatta una distinzione tra le decisioni che riflettono la sensazione di colpevolezza della persona interessata e quelle che si limitano a descrivere uno stato di sospetto. Le prime violano la presunzione di innocenza mentre le seconde sono state più volte considerate conformi allo spirito dell'articolo 6 della Convenzione (vedere le sentenze Leutscher c. Paesi Bassi del 26 marzo 1996, Recueil des arrets et décisions 1996-II, pag. 436, § 31 e Lutz c. Germania del 25 agosto 1987, serie A n° 123, pagg. 25-26, § 62, oltre che le sentenze Englert c. Germania del 25 agosto 1987, serie A n° 123, pag. 55, § 39, e Nolkenbockhoff c. Germania del 25 agosto 1987, serie A n° 123, pagg. 80-81, § 39).
  32. In queste circostanze, la Corte non può concludere che nella fattispecie sia stata infranta la presunzione di innocenza.
  33. D'altra parte, davanti alle autorità giudiziarie nazionali, il ricorrente ha beneficiato di un procedimento in contraddittorio ed ha avuto l'opportunità di presentare al giudice delle indagini preliminari gli argomenti a sostegno delle sue richieste tramite i suoi legali. In queste circostanze, non si può ritenere che non abbia potuto esercitare i diritti della difesa.
  34. Infine, il ricorrente si duole delle conseguenze nefaste dell'ordinanza del 17 aprile 1998 sulle istanze da lui inviate alle autorità giudiziarie civili allo scopo di modificare il suo diritto di visita.
  35. La Corte ricorda che la presente causa riguarda soltanto le azioni giudiziarie penali che sono terminate con l'ordinanza del 17 aprile 1998 e questo anche se, nel corso del procedimento, il ricorrente ha evocato questi altri procedimenti. Se il ricorrente ritiene che il principio della presunzione di innocenza sia stato disconosciuto nell'ambito dei procedimenti civili, spetta a lui decidere se sia opportuno introdurre un nuovo ricorso.
  36. Pertanto, non vi è stata violazione dei paragrafi 1 e 2 dell'articolo 6 della Convenzione, considerati congiuntamente o separatamente.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE

Dichiara, con cinque voti contro due, che non vi è stata violazione dell'articolo 6 §§ 1 e 2 della Convenzione esaminati congiuntamente o separatamente.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 28 novembre 2002, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Christos ROZAKIS - Presidente
Soren NIELSEN - Cancelliere aggiunto