Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 24 marzo 2003 - Ricorso n. 37235/97 - ... contro l'Italia

CONSIGLIO D'EUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO

Decisione sulla ricevibilità 24-03-2003
Articolo 6 CEDU - equo processo
CAUSA X c/ ITALIA
(Ricorso n. 37235/97)

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Quarta Sezione), riunitasi il 4 marzo 2003 e il 27 maggio 2003 in una Camera composta da:

Nicolas Bratza, Presidente,
M. Pellonpää,
E. Palm,
M. Fischbach,
J. Casadevall,
V. Zagrebelsky,
S. Pavlovschi, giudici,
e da M. O'Boyle, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso summenzionato presentato innanzi alla Commissione Europea dei Diritti dell'Uomo il 21 luglio 1997,
Visto l'articolo 5 § 2 del Protocollo n. 11 alla Convenzione, che ha trasferito alla Corte la competenza ad esaminare il ricorso,
Viste le osservazioni formulate dal governo convenuto e quelle di replica presentate dai ricorrenti,
Viste le osservazioni formulate oralmente dalle parti nell'udienza del 4 marzo 2003,

Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

I ricorrenti, ................., ................ e ......................., sono cittadini italiani, nati rispettivamente nel ....................., e ....................... Il Sig. ............................... è detenuto nel carcere di .., il Sig. ...................................... beneficia della sospensione dell'esecuzione della pena per motivi di salute e il Sig. .............................. è attualmente irreperibile. Sono rappresentati innanzi alla Corte dagli Avv. ................................ e .............................. del foro di ...................... Il Sig. ....................... è rappresentato anche dagli Avv. .................................. e ......................, rispettivamente del foro di ...................... e di ........................ Nell'udienza del 4 marzo 2003, il Sig. ....................... era altresì rappresentato dagli Avv. .. ...................... e ......................., del foro di ....................... Il Governo convenuto era rappresentato dal suo Agente, ......................., e dal suo Co-agente, ......................

A. Le circostanze del caso

I fatti della causa, come esposti dalle parti, possono riassumersi come segue.

  1. Gli eventi che hanno preceduto l'omicidio del commissario ........................
    Il 12 dicembre 1969, una bomba esplose nella Banca dell'Agricoltura di ......................... Diverse persone persero la vita in quell'attentato che sembrava essere ispirato da motivi politici.
    Le indagini furono affidate al commissario ........................ che scartò la tesi, sostenuta da alcuni media, secondo la quale responsabile dell'attentato era l'estrema destra, e seguì una pista anarchica. Nel dicembre del 1969, il commissario ......................... e i suoi collaboratori interrogarono nei locali della polizia di ......................... il Sig. ......................................, un impiegato delle ferrovie che faceva parte di un gruppo anarchico. Al termine di quell'interrogatorio, il Sig. ........................ cadde dalla finestra della stanza in cui si trovava e morì.
    Successivamente, il commissario ........................ fu accusato, in molte manifestazioni pubbliche organizzate dall'estrema sinistra, di essere l'assassino del Sig. .. Il giornale del movimento politico "Lotta continua", di cui i Sigg. ........................ e ........................ erano i dirigenti, pubblicò articoli durissimi nei confronti del commissario .......................... L'azione giudiziaria avviata contro quest'ultimo sfociò in un non luogo a procedere.
     
  2. L'omicidio del commissario ...................................... e il procedimento di primo grado

    Il 17 maggio 1972, il commissario ......................... fu assassinato a ....................................... da un giovane. L'assassino aveva sparato due colpi d'arma da fuoco ed era fuggito con un complice a bordo di un'auto rubata, una FIAT 125 blu. I due avevano poi avuto un incidente stradale prima di allontanarsi.
    Il 25 agosto 1972, le autorità misero la vettura utilizzata dagli assassini in un garage.
    Cinque testimoni fornirono informazioni sui giorni precedenti l'omicidio; diciassette testimoni fornirono elementi sull'omicidio. Uno di questi testimoni, il Sig. &., affermò di aver visto chiaramente l'assassino e di poterlo riconoscere. Un altro testimone affermò di aver visto due persone, un uomo e una donna, scendere da una FIAT 125 blu. Queste due persone avrebbero poi raggiunto un'altra vettura in cui li attendeva un altro uomo.
    Furono eseguite perizie sulla FIAT 125 e sul luogo del crimine.
    L'inchiesta ebbe esito negativo.
    Il 20 luglio 1988, il Sig. ........................................ si presentò al commissariato di polizia; interrogato dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di ......................................., il 21 luglio, egli dichiarò di aver preso parte all'omicidio di ...................................... per ordine dei dirigenti del movimento Lotta Continua, i Sigg. ......................... e ......................................... Tale ordine sarebbe stato confermato dai due mandanti il 13 maggio 1972 dopo una riunione elettorale tenutasi a ....................................... L'omicidio era stato deciso dal Comitato Esecutivo dell'associazione per motivi politici. Il 26 luglio, il Sig. . accusò il Sig. ....................................... di essere stato l'autore dell'omicidio. Precisò di averlo atteso nella FIAT 125 blu rubata la notte precedente l'omicidio.
    Su richiesta del Procuratore della Repubblica, il 28 luglio 1988, il giudice istruttore di ...................................... emise un mandato d'arresto nei confronti dei ricorrenti, che furono arrestati il giorno stesso. Il mandato in questione indicava il reato per il quale erano perseguiti. I giorni 1, 3 e 4 agosto 1988, i ricorrenti furono interrogati dal giudice istruttore.
    Il 12 settembre 1988, i ricorrenti furono posti agli arresti domiciliari; furono rimessi in libertà il 18 ottobre 1988.
    Il 9 e il 16 settembre 1988, i ricorrenti chiesero che fosse eseguita una perizia sulla vettura utilizzata dagli assassini al fine di individuare la presenza di impronte digitali.
    Il Sig. ....................................... fu messo a confronto con il Sig. . il 16 settembre 1988 e il 20 settembre con il Sig. ........................................
    I ricorrenti negarono di aver partecipato all'omicidio e negarono l'esistenza di un Comitato Esecutivo illegale del movimento Lotta Continua.
    Il Sig. .......................................chiese al giudice istruttore di esaminare quattro persone che avrebbero potuto testimoniare che il giorno dell'omicidio egli si trovava a ..; il giudice istruttore rigettò la domanda.
    I fascicoli del Procuratore della Repubblica contenenti gli elementi di prova raccolti a carico dei ricorrenti constavano di 12.000 pagine.
    Nel luglio del 1989, tali fascicoli furono portati a conoscenza dei ricorrenti e dei loro avvocati, i quali disponevano, secondo la legge, di dieci giorni per presentare le loro difese.
    Tenuto conto della massa di documenti da esaminare, i ricorrenti chiesero al giudice istruttore una proroga di tale termine; il giudice accolse la domanda e il termine fu portato a 26 giorni.
    Il 5 agosto 1989, i Sigg. ........................., ......................................, .............. e ....................................... furono rinviati a giudizio per omicidio volontario premeditato innanzi alla corte d'assise di .. I Sigg. .., .........................e ., e altri imputati, furono rinviati a giudizio anche per alcune rapine a mano armata.
    La prima udienza si tenne il 27 novembre 1989. Nel corso di 26 udienze, furono esaminati 159 testimoni, tra cui il Sig. ....................................... e i quattro testimoni indicati dal Sig. durante le indagini preliminari.
    Il Sig. . dichiarò in particolare di aver contattato i carabinieri almeno 19 giorni prima della data della sua deposizione ufficiale (20 luglio 1988) e precisò che il 13 maggio 1972 solo ..era presente alla riunione elettorale di ...
    Nel processo di primo grado, si constatò che alcuni elementi di prova riguardanti l'omicidio non erano disponibili. In particolare, gli abiti del commissario ....................................... erano andati perduti subito dopo l'omicidio, infatti essi erano stati consegnati al Prefetto di ....................................... e poi erano scomparsi. Il 31 dicembre 1988, la vettura FIAT 125 utilizzata dagli assassini era stata distrutta. Era stata poi cancellata dal Pubblico Registro Automobilistico in quanto non aveva pagato la tassa di circolazione per il periodo 1978-1983.
    Le pallottole rinvenute nel cadavere del commissario .. erano scomparse dopo il luglio del 1988. Da un'ordinanza del tribunale di .. datata 5 aprile 1979 emerge che tutti i corpi di reato conservati da oltre dieci anni dovevano essere confiscati. I corpi di reato che avevano un valore commerciale dovevano poi essere venduti all'asta, gli altri dovevano essere distrutti. Tale ordinanza fu confermata da una nota del Presidente del tribunale del 15 febbraio 1989. Il 7 aprile 1989, il Presidente del tribunale, osservando che diversi corpi di reato conservati nell'archivio del tribunale erano stati seriamente danneggiati da infiltrazioni d'acqua, ordinò la loro distruzione. In una nota del 12 febbraio 2002, il direttore dell'ufficio incaricato della conservazione dei corpi di reato attestò che le pallottole rinvenute nel cadavere del commissario ....................................... erano state distrutte, insieme a molti altri corpi di reato, in esecuzione delle ordinanze di cui sopra.
    Il 2 aprile 1990, gli avvocati dei ricorrenti presentarono un comunicato in cui esprimevano il loro rammarico per la distruzione o scomparsa degli elementi di prova. In particolare, essi sottolinearono che un'analisi sugli indumenti del commissario ....................................... avrebbe potuto stabilire la potenza della cartuccia e chiarire se l'arma utilizzata era lunga o corta. Sulle pallottole avrebbe potuto essere effettuata una perizia balistica. Quanto alla vettura, essa sarebbe potuta servire a verificare se le modalità del suo furto corrispondevano a quelle descritte dal Sig. ..
    Con sentenza del 2 maggio 1990, la corte d'assise di .........................condannò i ricorrenti a ventidue anni di carcere. Il Sig. .. fu condannato a undici anni di carcere; gli furono riconosciute le attenuanti per aver collaborato con le autorità giudiziarie. La corte d'assise ritenne che il Sig. .. fosse intrinsecamente ed estrinsecamente credibile e che le sue dichiarazioni fossero state confermate da numerosi elementi, quali le perizie effettuate durante le indagini e il processo, i risultati delle indagini di polizia, le dichiarazioni dei testimoni. La corte ritenne invece che i numerosi testimoni a discarico fossero interessati o mancassero di precisione, e che pertanto non fossero credibili.
    Quanto alla distruzione di alcuni elementi di prova, la corte d'assise rilevò che tale circostanza era forse spiacevole, ma non aveva avuto alcuna influenza reale sull'insieme del materiale acquisito a carico degli accusati durante l'istruttoria e il dibattimento. Infatti, subito dopo l'omicidio, la polizia aveva effettuato analisi sulla vettura utilizzata dagli assassini e le pallottole avevano formato oggetto di due perizie balistiche approfondite. Certo, la distruzione impediva di rinnovare le perizie e le analisi. Tuttavia, un tale rinnovamento era auspicabile solo se si rivelava utile per accertare i fatti. Nella fattispecie, i ricorrenti adducevano, ad esempio, che un esame della vettura avrebbe potuto stabilire se, come affermava ., lo specchietto retrovisore esterno aveva subito una pressione con l'aiuto di un cacciavite (circostanza che non era menzionata nei verbali redatti dalla polizia). Ora, anche supponendo che le tracce in questione potessero essere rilevate diciotto anni dopo i fatti, l'assenza di una conferma esterna alle affermazioni del Sig. .. non consentiva, di per sé, di mettere in discussione le dichiarazioni del pentito. Se, alla luce del materiale disponibile, queste ultime erano ritenute precise e credibili, potevano a giusto titolo essere utilizzate come fondamento per una condanna.
    Il Presidente della corte d'assise di .., dott. ......................................, era stato assegnato all'ufficio del Procuratore della Repubblica di ...................................... il 24 gennaio 1990. Il dott. ......................... aveva assunto le funzioni l'11 ottobre 1990, cioè prima di firmare il testo della sentenza della corte d'assise di ......................................, depositato in cancelleria l'11 gennaio 1991.
     
  3. Il procedimento d'appello
    Il secondo e il terzo ricorrente interposero appello contro la sentenza, contestando in particolare la credibilità del Sig. . e affermando che le sue dichiarazioni nascondevano molte contraddizioni.
    Il Sig. ......................... chiese che fossero ritrovati gli indumenti di ......................... e che fossero prodotti i risultati delle indagini condotte da ....................................... prima di morire; chiese altresì una perizia balistica per stabilire il tipo di arma da fuoco utilizzata per l'omicidio e la riapertura dell'istruttoria.
    Il Sig. ......................... eccepì la nullità dell'ordinanza di rinvio a giudizio, in quanto gli accusati avevano avuto solo 26 giorni per preparare la difesa, mentre la quantità di documenti e atti imponeva un termine più lungo. Chiese anche che fosse riaperta l'istruttoria.
    Il Sig. ....................................... non presentò appello. Tuttavia, la sua posizione fu esaminata durante il processo innanzi alla corte d'assise d'appello di ...................................... e nei successivi gradi di giudizio ai sensi dell'articolo 587 § 1 del codice di procedura penale (qui di seguito, il CPP), il quale prevede "l'estensione dell'impugnazione" (si veda oltre, in "Diritto interno pertinente").
    Il 23 aprile 1991, il Sig. ....................................... chiese che il processo fosse trasferito innanzi alla corte d'assise d'appello di un'altra città. Ricordò che la vittima aveva lavorato a ......................... e addusse che il clima politico in quella città era ostile agli accusati. Eccepì anche la mancanza di indipendenza dei giudici di ......................................, in quanto al momento di firmare il testo della sentenza di primo grado, il dott. ...................................... aveva assunto le sue funzioni in procura.
    Con sentenza del 13 maggio 1991, il cui testo fu depositato in cancelleria il 31 maggio 1991, la Corte di cassazione rigettò la domanda, osservando che nessun segno di pregiudizio di natura politica o ideologica era riscontrabile nel complesso dei magistrati ........................................ Essa ritenne inoltre che se, come sosteneva il Sig. ......................................, l'assegnazione del giudice . fosse stata fatta per penalizzare gli accusati, il pregiudizio nei loro confronti avrebbe interessato anche il Consiglio Superiore della Magistratura, il che rendeva inutile il trasferimento del processo innanzi alla corte d'assise di una città diversa da ..
    Durante il processo d'appello, la corte d'assise d'appello ordinò il rinnovamento delle perizie balistiche; tuttavia, queste ultime furono effettuate su fotografie, in quanto le pallottole rinvenute nel cadavere del commissario . nel frattempo erano state distrutte.
    Con sentenza del 12 luglio 1991, il cui testo fu depositato in cancelleria l'8 gennaio 1992, la corte d'assise d'appello di confermò la decisione di primo grado. Essa ritenne che il Sig. fosse stato spinto a confessare il suo crimine da un pentimento sincero; le sue dichiarazioni erano del resto credibili e corroborate da altri elementi di prova, in particolare da documenti e dalle dichiarazioni di altri testimoni. La corte d'assise d'appello ritenne altresì che, considerato il contenuto di alcuni articoli pubblicati sul giornale di Lotta Continua, il movente dell'omicidio fosse stato accertato chiaramente.
     
  4. Il primo procedimento in cassazione
    Il secondo e il terzo ricorrente proposero ricorso per cassazione. In particolare, essi sostenevano che la motivazione della sentenza del 12 luglio 1991 era illogica e che la credibilità intrinseca ed estrinseca del Sig. .. non era stata affatto dimostrata.
    Il 15 luglio 1992, la causa fu rinviata innanzi all'Assemblea Plenaria della Corte di Cassazione.
    Con sentenza del 21 ottobre 1992, il cui testo fu depositato in cancelleria il 22 febbraio 1993, l'Assemblea Plenaria della Corte di cassazione annullò per motivazione illogica la parte della sentenza d'appello relativa al capo d'accusa di omicidio nei confronti dei due ricorrenti che avevano proposto ricorso per cassazione, e indicò la corte d'assise d'appello di ......................... come organo giudiziario di rinvio. In virtù dell'"estensione" prevista dall'articolo 587 § 1 del CPP, tale decisione fu applicata anche al Sig. ..
    In particolare, la Corte di cassazione ritenne che l'organo di appello avesse fondato la sua decisione sulla credibilità intrinseca del Sig. .., credibilità che non era stata dimostrata. Essa ricordò che la credibilità di un ex complice deve essere accertata in primo luogo rispetto ai seguenti elementi: le sue condizioni sociali, economiche e familiari, il suo passato, i suoi rapporti con gli ex complici, la genesi - lontana e recente - della decisione di confessare e di accusare i complici. Poi, è necessario esaminare la coerenza intrinseca delle sue dichiarazioni con l'aiuto dei criteri elaborati dalla giurisprudenza, in particolare la precisione, la coerenza, la costanza e la spontaneità. Solo dopo averne accertato la credibilità, il giudice deve esaminare gli elementi che confermano le dichiarazioni dell'ex complice (riscontri).
     
  5. Il primo procedimento innanzi all'organo giudiziario del rinvio
    Con sentenza del 21 dicembre 1993, il cui testo fu depositato in cancelleria il 23 marzo 1994, la seconda sezione della corte d'assise d'appello di ., presieduta dal dott. ........................., assolse i due ricorrenti che avevano proposto appello nonché, per "estensione", il Sig. ...................................... e il Sig. .........................
    Il testo della sentenza, redatto dal dott. ......................... e composto da 387 pagine, menzionava elementi che dimostravano il sincero pentimento del Sig. .., la mancanza di intenzione da parte sua di accusare ingiustamente i ricorrenti, la mancanza di odio nei loro confronti, l'inesistenza di un complotto contro i ricorrenti. Tutto ciò portava a pensare che il Sig. ......................... fosse, a priori, credibile. La sentenza procedeva poi, come indicato dalla Corte di cassazione, ad esaminare la coerenza intrinseca delle dichiarazioni del Sig. ...................................... e concludeva che la sua confessione non era dovuta a nessuna coercizione o condizionamento psichico, tanto più che egli non era accusato o perseguito per nessun altro reato, e che di conseguenza non aveva nessun interesse ad accusare i ricorrenti. Il Sig. ....................................... era stato preciso e coerente, nonostante alcune contraddizioni dovute probabilmente al lasso di tempo trascorso dall'omicidio e alla pressione psicologica alla quale era stato sottoposto. D'altra parte, era necessario tenere conto della differenza di cultura che esisteva tra il Sig. .. e i Sigg. e .., e delle difficoltà che il pentito aveva incontrato quando era stato chiamato a rispondere alle numerose domande poste dai ricorrenti. Per quanto riguardava gli elementi che corroboravano le dichiarazioni del Sig. , l'esistenza di un Comitato Esecutivo illegale di Lotta Continua doveva essere ritenuta accertata; del resto, diverse affermazioni del Sig. . corrispondevano ai risultati delle indagini di polizia ed erano compatibili con le versioni di numerosi testimoni. In particolare, per quanto riguardava l'assenza di impronte digitali all'interno della vettura utilizzata dagli assassini, la circostanza si spiegava con il fatto che le parti che avrebbero potuto essere toccate non erano lisce.
    Tuttavia, nelle ultime cinque pagine, la sentenza del 21 dicembre 1993 prendeva in esame sei circostanze di fatto, che non erano sufficientemente confermate da altri elementi e che costituivano "punti oscuri" nella versione del pentito. Tali circostanze erano in particolare:
    1. il fatto che il Sig. ...................................... si era sbagliato nell'indicazione del colore della vettura utilizzata per commettere l'omicidio;
    2. il fatto che nelle sue prime dichiarazioni egli non aveva precisato di conoscere un certo "..", persona che l'avrebbe aiutato nella preparazione dell'omicidio e nel furto della vettura FIAT 125;
    3. il fatto che il Sig. .. affermava che l'incidente stradale occorso subito dopo l'omicidio si era verificato in un parcheggio, mentre un testimone oculare indicava un altro posto;
    4. il fatto che il Sig. .. affermava di aver percorso un pezzo di strada a marcia indietro subito prima dell'omicidio, il che era smentito da testimoni oculari;
    5. il fatto che alcune testimonianze indicavano che la vettura degli assassini era guidata da una donna, e non dal Sig. ...................................... (circostanza questa confermata dal fatto che nella vettura in questione la polizia aveva rinvenuto occhiali da donna);
    6. il fatto che il Sig. ...................................... non si ricordava di alcuni oggetti rinvenuti nella vettura e che non appartenevano al proprietario di questa.
    Le circostanze succitate impedivano di concludere che la versione del Sig. ....................................... era sufficientemente corroborata da altri elementi, sicché la presenza del pentito a il giorno dell'omicidio non poteva essere considerata provata. Poiché la colpevolezza del Sig. ...................................... non poteva essere accertata, le sue dichiarazioni dovevano essere ritenute non credibili anche quando riguardavano le azioni che si presumeva commesse dai ricorrenti. Pertanto, non era necessario prendere in considerazione la parte della versione del pentito riguardante la responsabilità dei ricorrenti.
    I ricorrenti affermano che il dott. .. era un giudice dissenziente rispetto al verdetto di assoluzione pronunciato in loro favore dalla seconda sezione della corte d'assise d'appello di ... Con una missiva del 10 ottobre 2001, la cancelleria della Corte ha invitato il governo convenuto a comunicare se tale affermazione era corretta e gli ha chiesto di indicare a fondamento della sua risposta ogni documento pertinente.
    Con nota del ministero della Giustizia del 19 novembre 2001, il Governo ha informato che al termine delle deliberazioni della corte d'assise di ., composta, tra gli altri, dal dott. ., il Presidente di questa aveva depositato in cancelleria, conformemente all'articolo 125 § 5 del CPP, una busta sigillata e firmata, contenente un verbale che indicava il nome del o dei giudici dissenzienti e il o i punti sui quali c'era disaccordo. Il Governo osserva che l'esistenza stessa della busta in questione dimostra che almeno uno dei membri della corte d'assise d'appello di ......................... era dissenziente rispetto al verdetto di assoluzione. Tuttavia, non è possibile conoscere il nome o i nomi del o dei dissenzienti se non aprendo la busta sigillata. Tuttavia, il Governo dell'Italia ritiene che quest'ultima non possa essere trasmessa alla Corte in quanto:
    1. l'apertura della busta mira unicamente a tutelare il magistrato dissenziente da un'eventuale azione giudiziaria per errore professionale;
    2. l'articolo 16 § 5 della legge n. 117 del 1988 (legge sulla responsabilità civile dei magistrati) prevede che la busta sia trasmessa al tribunale innanzi al quale il Presidente del Consiglio abbia assegnato (Leggasi "citato" [N.d.T.]) i magistrati che hanno pronunciato la decisione al fine di ottenere il rimborso della somma versata a titolo di risarcimento alla parte lesa.
    Secondo il Governo, le disposizioni interne che prevedono la possibilità di violare il segreto di una camera di consiglio avrebbero natura eccezionale e non potrebbero prestarsi ad un'interpretazione estensiva per analogia.
    I ricorrenti si oppongono alla tesi del Governo e ritengono che il rifiuto di trasmettere la busta in questione alla Corte sia inaccettabile. Così facendo, le autorità italiane impedirebbero agli organi della Convenzione l'accesso al solo documento che potrebbe provare un punto essenziale delle loro affermazioni.
    Il 7 aprile 1994, il Sig. . sporse querela contro il dott. ....................................... Egli sottolineò che il giudice aveva redatto una "sentenza suicida" - che descriveva in 382 pagine gli elementi che dimostravano la colpevolezza dei ricorrenti e solo in 5 pagine gli elementi di dubbio che avevano spinto la corte d'assise d'appello ad assolverli.
    La procura di . chiese che la querela fosse archiviata. Essa osservò in particolare che le rimostranze del Sig. .. riguardavano l'esercizio di funzioni giurisdizionali da parte di un magistrato della corte d'assise d'appello. Gli errori che quest'ultimo poteva aver commesso nella redazione della sentenza non costituivano reati penali; essi potevano, eventualmente, essere denunciati nell'ambito di un ricorso avverso la sentenza in questione. Con ordinanza del 12 maggio 1994, il giudice per le indagini preliminari di . accolse la domanda della procura.
    Nei confronti di tale decisione, il Sig. .. reagì osservando che non aveva né avrebbe proposto ricorso per cassazione in quanto era stato assolto e non condannato.
     
  6. Il secondo procedimento in cassazione
    Il Procuratore Generale della Repubblica presso la corte d'appello di........................................propose ricorso per cassazione avverso la sentenza del 21 dicembre 1993. Addusse che la motivazione della decisione controversa era illogica e contraddittoria.
    Con sentenza del 27 ottobre 1994, il cui testo fu depositato in cancelleria il 20 dicembre 1994, la Corte di cassazione cassò la sentenza del 21 dicembre 1993 per motivazione illogica, contraddittoria e insufficiente e rinviò la causa innanzi ad un'altra sezione della corte d'assise d'appello di .......................................
    La Corte di cassazione rilevò che la corte d'assise d'appello aveva esaminato accuratamente le confessioni del Sig. ........................., ritenendole pienamente credibili e avallate da altri elementi. Tuttavia, le ultime quattro pagine della sentenza controversa citavano circostanze "oscure" che avrebbero giustificato un'assoluzione. Ora, il processo era illogico e contraddittorio, tenuto conto in particolare del fatto che dette circostanze "oscure" erano in realtà state chiarite nella parte iniziale della stessa sentenza, che spiegava i motivi per i quali esse non erano tali da minare la versione del pentito. Pertanto, i dubbi avanzati in merito alla credibilità del Sig. ...................................... erano solo apparenti e non poggiavano su nessun motivo solido e convincente che potesse prevalere sugli elementi di colpevolezza enunciati nella prima parte della sentenza. La Corte di cassazione criticò anche la decisione della corte d'assise d'appello di non esaminare la parte delle dichiarazioni del pentito relative alla responsabilità dei ricorrenti.
     
  7. Il secondo procedimento innanzi all'organo giudiziario del rinvio
    Con sentenza dell'11 novembre 1995, il cui testo fu depositato in cancelleria il 20 aprile 1996, la terza sezione della corte d'assise d'appello di ., dopo aver acquisito agli atti il libro "A viso aperto" contenente un colloquio con il Sig. ......................................., presunto capo delle Brigate Rosse, e sentito come testimone uno degli appartenenti a tale organizzazione, condannò i ricorrenti a ventidue anni di reclusione. Essa dichiarò altresì che, tenuto conto delle circostanze attenuanti che dovevano essere riconosciute nella fattispecie, i fatti costitutivi del reato contestato al Sig. . erano prescritti.
    La corte d'assise d'appello ritenne che il Sig. .. si fosse sinceramente pentito, che non provasse odio o ostilità verso i ricorrenti e che non avesse alcun interesse ad accusarli. Questo testimone, le cui dichiarazioni erano coerenti, precise e accertate, era credibile, le imprecisioni nelle sue deposizioni erano minime e riguardavano aspetti secondari dell'azione omicida. L'organo giudiziario del rinvio ritenne che fosse stata pienamente dimostrata l'esistenza di un Comitato Esecutivo illegale in seno a Lotta Continua e che le dichiarazioni del Sig. .. fossero compatibili con i risultati delle indagini condotte dalla polizia.
     
  8. Il terzo ricorso per cassazione ed i procedimenti promossi dai ricorrenti contro i giudici della Corte d'Assise d'Appello di ........
    I ricorrenti presentavano ricorso per cassazione. Essi contestavano la credibilità del sig. , osservando che dopo l'omicidio il citato testimone, pur dichiarando di essere sinceramente pentito, aveva continuato a commettere rapine a mano armata. Essi sottolineavano altresì le numerose contraddizioni contenute nelle sue dichiarazioni, le quali, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d'Assise d'Appello, non erano state rettificate.
    Successivamente X e Y, due giurati facenti parte della Corte d'Assise d'Appello di Milano, all'inizio del 1996 nel corso di alcuni colloqui privati con giornalisti e avvocati, affermavano che, al termine delle deliberazioni in camera di consiglio, i voti erano ugualmente ripartiti (4 - 4) tra la condanna e l'assoluzione: i ricorrenti avrebbero dovuto quindi essere dichiarati non colpevoli in virtù del principio della "soluzione più favorevole all'imputato" (art. 473 c. 4 del c.p.p.). Tuttavia il Presidente della Corte d'Assise d'Appello, il sig. ., avrebbe incoraggiato i giurati a cambiare il loro voto per evitare di "rovinare" la sentenza e di obbligare la Procura al ricorso per cassazione, assicurando al tempo stesso che in caso di condanna si sarebbe successivamente potuta chiedere la grazia per i ricorrenti. Alcuni giurati avrebbero allora proposto di riconoscere delle circostanze attenuanti a favore degli imputati, cosicché essi potessero beneficiare della prescrizione. Tuttavia, il sig. ...................................... si sarebbe ancora una volta opposto, affermando che ciò avrebbe significato dichiararsi non convinti della colpevolezza dei ricorrenti. Due giurati avrebbero allora mutato opinione e votato per la condanna.
    Avendo appreso ciò che i due giurati affermavano sulle deliberazioni della Corte d'Assise d'Appello di .., il 7 maggio 1996 il sig. ....................................... sporgeva querela per abuso d'ufficio contro il Sig. .. .
    Il 6 giugno 1996, il Procuratore della Repubblica di ....................................... apriva una inchiesta. Il 27 ottobre 1996, il sig. ....................................... chiedeva l'audizione di una certa sig.ra ., la quale avrebbe potuto testimoniare che, molto prima della fine del processo, il sig. ....................................... aveva dichiarato, nel corso di una conversazione privata, che i ricorrenti erano senza dubbio colpevoli. Egli chiedeva inoltre la convocazione e l'audizione di tutti i membri della seconda e terza sezione della Corte d'Assise d'Appello di .. (le due sezioni rispettivamente incaricate del primo e del secondo processo di rinvio).
    Il 30 settembre 1996, il sig. ......................... chiedeva alla Corte di Cassazione di sospendere il procedimento in attesa della fine dell'inchiesta sulla condotta del sig. .......................................
    Il 27 ottobre 1996, il sig. . chiedeva alla procura di . di interrogare tutti i membri, titolari e supplenti, della Corte d'Assise d'Appello di ......................................, nonché la sig.ra ......................... Egli si riferiva in particolare alla conversazione tra quest'ultima e il sig. ....................................... e precisava che la sig.ra ........................................ aveva tempestivamente comunicato le affermazioni del sig. ...................................... ad uno degli imputati, il quale aveva in seguito informato i coimputati ed i difensori.
    Il 30 ottobre 1996 il quotidiano "Il corriere della sera" pubblicava, in forma anonima, le dichiarazioni di uno dei giurati che avevano partecipato al secondo processo di rinvio; tali affermazioni confermavano sostanzialmente quanto dichiarato dal sig. ...
    Il 7 novembre 1996 tutti i giurati presenti al secondo processo di rinvio venivano ascoltati sia dal Procuratore della Repubblica di ......................................., sia dalla polizia. Tutti i testimoni dichiaravano di essere tenuti al silenzio, ai sensi dell'art. 201 del c.p.p., sulle circostanze della deliberazione in camera di consiglio, che secondo la legge italiana è un atto riservato. Il procuratore della Repubblica li invitava tuttavia a testimoniare, in quanto l'obbligo del segreto decade dinanzi al dovere, spettante a chi esercita pubbliche funzioni, di denunciare un reato perseguibile d'ufficio.
    X e Y confermavano le loro dichiarazioni e X aggiungeva che, nel corso di un altro processo conclusosi con la condanna degli imputati, il sig. si era congratulato per i voti espressi, aggiungendo: "Spero che al processo ....................................... siano tutti come Lei, he nessuno si lasci condizionare, perché l'ultima volta hanno assolto tutti e non dovevano".
    D'altronde, risultava dalle testimonianze di Y e Z (uno dei membri supplenti della terza sezione della Corte d'Assise d'Appello di Milano) che il sig. .. aveva raccomandato ai giurati di leggere in particolare la sentenza redatta dal sig. ......................... e la sentenza di primo grado e che era stato difficile per alcuni giurati procurarsi una memoria presentata dal sig. ....................................... in occasione del primo processo.
    In data 8 novembre 1996, la sig.ra . veniva ascoltata dal procuratore della Repubblica. La medesima precisava di essere una "amica carissima" della moglie del sig. ......................................, per il quale ella nutriva una grande ammirazione. Secondo la sig.ra .., prima del processo, nel corso di una conversazione privata il sig. ....................................... avrebbe dichiarato che le accuse mosse ai ricorrenti erano confermate da ulteriori elementi, che Lotta continua era una organizzazione terrorista e che i suoi membri erano degli scalmanati. Qualche giorno dopo, la sig.ra .. aveva informato il sig. ............................................................. della conversazione avuta con il sig. ......................................., dichiarandosi pronta al tempo stesso a ripetere la sua versione dinanzi alle autorità.
    In data 16 dicembre 1996 e 12 febbraio 1997, il Procuratore della Repubblica di Brescia ascoltava il sig. .. ed il sig. ......................... (quest'ultimo era l'altro giudice togato presente al secondo processo di rinvio dei ricorrenti).
    Con sentenza del 22 gennaio 1997, il cui testo veniva depositato in cancelleria il 25 febbraio 1997, la Corte di Cassazione, ritenendo che la Corte d'Assise d'Appello avesse motivato in modo logico e corretto tutti i punti controversi, rigettava il ricorso presentato dagli interessati. Essa rigettava altresì la richiesta di sospensione presentata dal sig. .., osservando che, ai sensi delle disposizioni interne pertinenti (art. 3 e 479 del c.p.p.) un processo penale può essere sospeso solo quando la decisione dipende dalla risoluzione di una questione pregiudiziale civile o amministrativa, mentre non è prevista la sospensione per una questione pregiudiziale di natura penale. In ogni caso le affermazioni del sig. ...................................... erano manifestamente prive di fondamento. In effetti le modalità del voto nel corso delle deliberazioni a porte chiuse potevano comportare la nullità della decisione impugnata solo in alcuni casi particolari.
    Facendo seguito ad un sollecito del sig. .., il 24 gennaio 1997 la Procura di ...................................... chiedeva al giudice per le indagini preliminari della medesima città di riaprire l'inchiesta concernente il sig. ......................................, ufficialmente conclusa il 12 maggio 1994. Secondo la Procura i fatti appresi nel corso delle indagini a carico del sig. ...................................... davano adito a nuove indagini anche sul sig. .......................................
    Con ordinanza del 4 febbraio 1997 il giudice per indagini preliminari di .. rigettava la richiesta della Procura. Egli osservava in particolare che la Procura non aveva indicato i nuovi elementi a carico del sig. ......................... e che il riferimento alle indagini relative al sig. ...................................... non appariva pertinente, in quanto non era ravvisabile alcun collegamento tra le condotte dei due magistrati, poste in essere in momenti ed in contesti del tutto differenti.
    Il 25 marzo 1997 il Procuratore della Repubblica di chiedeva l'archiviazione della querela del sig. ... Per quanto riguardava il dibattimento ed il voto in camera di consiglio, il Procuratore della Repubblica aveva raccolto "testimonianze inquietanti" da parte di alcuni giurati (X, Y e Z), i quali avevano riferito di alcuni comportamenti del sig. .., che potevano essere qualificati come abusi tendenti a danneggiare i ricorrenti. Tuttavia tali dichiarazioni non erano state confermate né dagli altri giurati, né dal sig. .......................... Il Procuratore sottolineava di non ritenere che X e Y avessero mentito e ricordava che X non poteva agire per motivi politici, in quanto in passato aveva militato nell'estrema destra; semplicemente, la tensione di un processo così complesso e delicato aveva indotto i due giurati a mal interpretare alcune "frasi inopportune" del sig. .., considerandole come tentativi di influenzare i giurati. Si poteva ugualmente escludere che il sig. ..i avesse sporto querela al solo scopo di interferire nello svolgimento del procedimento in cassazione, avendo egli denunciato dei fatti gravi, che avrebbero potuto influenzare la posizione degli imputati nel processo ..
    Il sig. .. si opponeva alla richiesta di archiviazione della sua querela. Tenuto conto delle differenti versioni fornite dai giurati, egli sollecitava ulteriori indagini finalizzate a verificare in che modo si fosse pervenuti al voto in camera di consiglio e chiedeva altresì un confronto tra il sig. ., X e la sig.ra D..
    Dinanzi al giudice per le indagini preliminari aveva luogo una udienza in camera di consiglio.
    Il 26 giugno 1997, il giudice per le indagini preliminari di .. archiviava la querela del sig. .. Il giudice osservava anzitutto che secondo la dottrina il giudice riceve direttamente dal popolo il potere di pronunciare una sentenza e che, di conseguenza, nell'esercizio di tale funzione, egli non può commettere un abuso d'ufficio. Era inoltre assente qualsiasi riscontro di uno "scopo egoistico" da parte del sig. e non risultava dal fascicolo che questi avesse agito allo scopo di arrecare pregiudizio agli imputati o per conseguire obiettivi illegittimi. D'altronde, il Procuratore della Repubblica non avrebbe dovuto ordinare ai giudici della Corte d'Assise d'Appello di rispondere alle sue domande. Il segreto sui voti e sulle opinioni espressi in camera di consiglio è finalizzato a garantire l'indipendenza del potere giudiziario ed è conforme agli interessi di una buona amministrazione della giustizia. La discussione in camera di consiglio può essere animata senza essere illegale ed il modo in cui una autorità giudiziaria guinge ad emettere una decisione non deve costituire l'oggetto di un'inchiesta. Le testimonianze dei componenti della Corte d'Assise d'Appello erano state dunque ottenute illegalmente e non potevano essere utilizzate. La querela avrebbe dovuto essere archiviata per assenza di elementi a carico e non per assenza di fatti delittuosi. Infine, sulla base della giurisprudenza in materia di abuso d'ufficio, il sig. non avrebbe potuto dichiararsi vittima dei fatti denunciati; di conseguenza, la sua opposizione alla richiesta di archiviazione non poteva essere presa in considerazione. In ogni caso, le testimonianze richieste dal sig. .. erano illegali per quanto concerneva l'oggetto della discussione in camera di consiglio e non pertinenti per gli ulteriori punti. Il giudice per le indagini preliminari riteneva tuttavia utile "per esigenze di precisione e vista la natura delicata della questione" analizzare le prove raccolte dalla Procura. Egli riteneva poco credibili le dichiarazioni di X e Y e dichiarava che avrebbero potuto essere sollevati numerosi dubbi sulla loro spontaneità. In particolare, le loro versioni divergevano in relazione a numerosi dettagli, i quali non venivano in alcun modo confermati dalle dichiarazioni degli altri giurati e del sig. ., avendo questi ultimi escluso qualsiasi tentativo di pressione illegittima da parte del sig. . . Inoltre X e Y avevano riferito le loro versioni dapprima ai giornali ed a singole persone e non alle autorità ed inoltre non avevano manifestato il loro dissenso come previsto dall'art. 125 c. 5 del c.p.p..
    Il giudice per le indagini preliminari prendeva altresì in considerazione le dichiarazioni della sig.ra ., ritenute dal rappresentante della Procura precise e credibili, ma non sufficienti a dimostrare una responsabilità penale da parte del sig. ., trattandosi di fatti da valutare sotto il profilo morale e deontologico. Il giudice per le indagini preliminari osservava, invece, che era poco verosimile che un magistrato esperto come il sig. ...................................... avesse espresso la sua personale convinzione sulla colpevolezza degli imputati ad una persona appena incontrata, la quale era una "cara amica" del sig. ... D'altronde, anche volendo supporre che il sig. ......................... avesse espresso la sua opinione, tale condotta non costituirebbe reato, bensì un motivo di ricusazione. I ricorrenti, nonostante fossero stati informati di quanto dichiarato dalla sig.ra ..., non avevano scelto questa possibilità di ricorso.
    Il sig. ...................................... proponeva ricorso per cassazione.
    Con sentenza del 16 dicembre 1997, il cui testo veniva depositato in cancelleria il 12 gennaio 1998, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso. Essa rilevava che la decisione di archiviare i procedimenti poteva essere impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione solo qualora il querelante non avesse avuto la possibilità di opporsi alla richiesta di archiviazione e di ottenere una udienza in camera di consiglio, ovvero qualora l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari non contenesse le motivazioni che l'avevano indotto a dichiarare irricevibile l'opposizione. Nella fattispecie, non era ravvisabile alcuna violazione dei diritti procedurali del querelante e le affermazioni del sig. . riguardavano esclusivamente il merito della decisione del giudice di ........................., una questione per la quale non è competente la Corte di Cassazione.
     
  9. Il processo di revisione
    Il 15 dicembre 1997 i ricorrenti proponevano richiesta di revisione alla Corte d'Appello di ......................................, dichiarando che erano emersi nuovi fatti, sulla base dei quali i suddetti avrebbero dovuto essere rilasciati. Essi si riferivano specificatamente agli elementi seguenti:
    1. alcuni documenti, nella fattispecie articoli di giornale, una elaborazione informatica della dinamica dell'omicidio, una ricostruzione dell'incidente d'auto con un testimone e il diario della sig.ra ., compagna del sig. , al quale si allegavano due perizie, una grafologica ed una psicologica;
    2. una elaborazione informatica delle fotografie di un proiettile e di un frammento di proiettile;
    3. una perizia balistica sulla citata elaborazione informatica;
    4. le dichiarazioni di alcuni testimoni.
    Secondo i ricorrenti, tali elementi avrebbero dimostrato che il sig. . non era credibile.
    In particolare, .. testimone oculare, aveva dichiarato che, due giorni dopo l'omicidio, due agenti di polizia gli avevano mostrato delle fotografie, dalle quali egli aveva creduto di riconoscere l'assassino. Successivamente egli avrebbe riferito il suddetto episodio alla Prefettura, ma l'indifferenza dei funzionari l'avrebbe profondamente turbato, inducendolo a passare sotto silenzio tale circostanza.
    M.T. dichiarava di aver visto il sig. .., la mattina del giorno in cui veniva commesso l'omicidio, in un bar di ......................................., a parecchi chilometri da .........................
    L'avv. .. dichiarava di aver esposto al sig. ., negli anni 1980-81, i vantaggi previsti dalla legge per i collaboranti di giustizia e precisava che il sig. e la compagna avevano bisogno di denaro.
    Infine la perizia psicologica ed alcuni passaggi del diario della sig.ra ....................................... avrebbero dimostrato che quest'ultima soffriva di una forma di schizofrenia e che né la medesima, né ...................................... erano mai stati al corrente delle modalità di esecuzione dell'omicidio del commissario ....................................... ed altresì che, contrariamente a quanto era stato affermato, la sig.ra ...................................... sapeva che il sig. ....................................... aveva intenzione di confessare. I ricorrenti producevano copia dei citati estratti del diario.
    I ricorrenti chiedevano altresì che le memorie presentate dalle parti civili fossero dichiarate inammissibili.
    Con ordinanza del 10 marzo 1998 la Corte d'Appello di . rigettava quest'ultima richiesta, ritenendo che le parti civili avessero il diritto di far valere il loro punto di vista nella fase preliminare del processo di revisione.
    Con ordinanza del 18 marzo 1998 la Corte d'Appello rigettava anche la richiesta di revisione in quanto manifestamente infondata. Essa osservava che alcuni degli elementi indicati dai ricorrenti non erano "nuovi", in quanto già esaminati nel corso dei processi di primo e secondo grado. Quanto agli altri elementi, essi non intaccavano minimamente la colpevolezza dei condannati.
    I suddetti presentavano ricorso per cassazione avverso le ordinanze del 10 e del 18 marzo 1998. Essi sostenevano che la sentenza del 21 ottobre 1992 aveva comportato l'annullamento dei processi di primo e secondo grado e quindi le prove prodotte prima della citata sentenza dovevano essere considerate nuove. I ricorrenti contestavano inoltre il fatto che la Corte d'Appello avesse esaminato la pertinenza e non esclusivamente l'ammissibilità degli elementi di prova sui quali si basava la loro richiesta.
    Il 17 giugno 1998 il Procuratore Generale della Repubblica, basandosi essenzialmente sui motivi di ricorso dei richiedenti, domandava l'annullamento delle ordinanze del 10 e del 18 marzo 1998.
    Il 18 agosto 1998 al sig. .i veniva concessa la detenzione domiciliare per ragioni di salute. Ciononostante il medesimo veniva nuovamente incarcerato in un secondo tempo.
    Con sentenza del 6 ottobre 1998, depositata in cancelleria il 28 ottobre 1998, la Corte di Cassazione cassava le ordinanze contestate e rinviava il processo ad un'altra sezione della Corte d'Appello di ... Essa riteneva, innanzi tutto, che le parti civili non potessero prendere parte alla fase preliminare del processo di revisione. La Corte di cassazione considerava inoltre che ogni elemento presentato ma non esaminato nel corso di un processo deve essere ritenuto "nuovo"; essa sottolineava al tempo stesso che un processo di revisione deve tener conto delle perizie eseguite con nuovi metodi e tecniche. In particolare, l'elaborazione informatica delle fotografie dei proiettili era significativa, tenuto conto del fatto che i proiettili originali erano stati indebitamente distrutti prima dell'inizio del dibattimento di primo grado e che le perizie balistiche erano state dunque effettuate su fotografie. D'altronde la Corte d'Appello di ......................................., che avrebbe dovuto limitarsi ad un esame preventivo dell'ammissibilità della richiesta, aveva in realtà esaminato approfonditamente la pertinenza di ogni elemento presentato dai ricorrenti, anticipando in tal modo il giudizio di merito.
    In virtù di una nuova legge entrata frattanto in vigore, la Corte d'Appello di ....................................... acquistava la competenza di esaminare la richiesta di revisione.
    Con ordinanza del 23 febbraio 1999 la Corte d'Appello di . rigettava la richiesta di revisione. Essa considerava che gli elementi "nuovi" presentati dai ricorrenti risultavano o incoerenti e contraddittori, o manifestamente infondati e non avrebbero quindi potuto modificare l'esito del processo. Detti elementi non erano di natura tale da confermare la tesi, sostenuta dai ricorrenti, dell'esistenza di un "complotto" organizzato da alcuni agenti dello Stato ai danni di Lotta continua.
    I ricorrenti proponevano ricorso per cassazione.
    Il 28 aprile 1999 il Procuratore Generale della Repubblica chiedeva l'annullamento dell'ordinanza del 23 febbraio 1999 in quanto la Corte d'Appello di .. aveva esaminato gli elementi "nuovi" separatamente anziché nel loro insieme, come avrebbe dovuto fare.
    Con sentenza del 27 maggio 1999, il cui testo veniva depositato in cancelleria il 30 giugno 1999, la Corte di Cassazione cassava l'ordinanza contestata e disponeva il rinvio alla Corte d'Appello di Venezia. Essa osservava che la Corte d'Appello di aveva esaminato gli elementi prodotti dai ricorrenti principalmente nell'ottica di negare l'esistenza di un "complotto" ai danni di Lotta continua, omettendo così di valutare la loro capacità di rimettere in discussione le affermazioni contenute nelle decisioni di condanna definitiva degli imputati. D'altronde alcune note critiche sui nuovi elementi erano illogiche ed anticipavano de facto il giudizio di merito. Inoltre tali elementi non erano stati considerati nel loro insieme. La Corte di Cassazione precisava altresì che i ricorrenti avevano il diritto di produrre copie del diario della sig.ra ......................................, la cui autenticità sarebbe stata accertata dal giudice di merito.
    Con ordinanza del 24 agosto 1999 la Corte d'Appello di ......................... dichiarava ammissibile la richiesta di revisione, ordinando di conseguenza l'apertura del processo di revisione e sospendendo provvisoriamente l'esecuzione della pena inflitta ai ricorrenti. Nei loro confronti venivano disposte le misure coercitive dell'obbligo di dimora nel territorio di un comune e del divieto di espatrio. Dette misure coercitive venivano annullate con ordinanza del 23 novembre 1999.
    La Corte d'Appello precisava inoltre che il sig. ......................................., il quale non aveva presentato richiesta di revisione, doveva essere considerato come imputato, in quanto un'eventuale assoluzione dei ricorrenti avrebbe potuto comportare l'annullamento della sua condanna.
    Il dibattimento aveva inizio il 20 ottobre 1999. Dopo tre udienze, in data 2 novembre 1999, degli esperti precedentemente nominati dalla Corte d'Appello prestavano giuramento. In seguito, la Corte d'Appello esaminava il sig. .., i ricorrenti, numerosi altri testimoni e gli esperti nominati d'ufficio e dalla difesa. Questi ultimi sostenevano in particolare che l'analisi delle fotografie dei proiettili e della loro elaborazione informatica permetteva di concludere che essi non erano stati esplosi dalla stessa arma, circostanza che avrebbe smentito le affermazioni del sig. ..
    Nel corso del dibattimento, i ricorrenti chiedevano l'audizione della sig.ra ..i, la quale avrebbe dovuto testimoniare al fine di chiarire alcuni passaggi del suo diario. Tuttavia la suddetta si avvaleva della facoltà di non deporre, riconosciutale ai sensi dell'art. 199 del c.p.p. in virtù della sua qualità di convivente di uno degli imputati, il sig. ....................................... La Corte d'Appello riteneva che tale facoltà potesse essere esercitata anche da una persona che, come la sig.ra ., avesse deciso di non avvalersene durante le fasi del procedimento che avevano preceduto il processo di revisione, nel corso delle quali la suddetta era stata interrogata. D'altronde, nell'ambito del processo di revisione la sig.ra ...................................... avrebbe dovuto fornire spiegazioni sul contenuto del suo diario, prodotto dalla difesa solo dopo la conclusione del processo, ed avrebbe dunque dovuto testimoniare su fatti diversi da quelli oggetto delle sue precedenti dichiarazioni. La Corte d'Appello precisava altresì che la finalità dell'art. 199 c.p.p. era la risoluzione del conflitto esistente tra l'interesse generale, secondo il quale ogni persona informata sui fatti in causa deve essere ascoltata, e l'interesse privato legato ai sentimenti familiari, i quali potrebbero indurre i testimoni a mentire per non pregiudicare la posizione dei loro congiunti, rendendosi in tal modo colpevoli di falsa testimonianza. Nella fattispecie, il legislatore e la Corte Costituzionale hanno ritenuto che il secondo interesse dovesse essere prevalente.
    Il 18 gennaio 2000 la Corte d'Appello dichiarava concluso il dibattimento.
    Con sentenza del 24 gennaio 2000, emessa dopo sei giorni di camera di consiglio, la Corte d'Appello rigettava la richiesta di revisione e revocava la sospensione dell'esecuzione della pena inflitta ai ricorrenti. Essa esaminava i nuovi elementi prodotti dai ricorrenti, nonché gli elementi che non erano stati presi in considerazione nel corso della procedura di merito, concludendo che essi non giustificavano l'assoluzione degli interessati. Quanto alla distruzione dei proiettili, la Corte d'Appello giudicava incresciosa la circostanza, ma riteneva altresì che essa non potessa essere imputata al giudice per le indagini preliminari o al rappresentante della Procura, i quali non erano stati nemmeno consultati al riguardo. D'altro canto, le perizie presentate dai ricorrenti, aventi per oggetto le fotografie dei proiettili e dell'automobile non erano tali da provare le tesi dei condannati e non fornivano elementi atti a confermare le loro affermazioni.
    Secondo la Corte d'Appello, la circostanza che la sig.ra . si fosse avvalsa, nel processo di revisione, della facoltà di non deporre non inficiava la credibilità della medesima in relazione alle dichiarazioni rese nelle precedenti fasi del processo, dichiarazioni che comunque confermavano semplicemente la confessione di e senza le quali i ricorrenti sarebbero stati in ogni caso condannati. La Corte d'Appello riteneva, in particolare, che la scelta della sig.ra .......................................i non era stata dettata dal "capriccio", ma dal desiderio di non svelare pubblicamente dettagli di natura strettamente privata contenuti nel diario.
    Le copie di quest'ultimo, prodotte dai ricorrenti, erano da ritenersi autentiche. La Corte d'Appello osservava tuttavia che il diario in questione conteneva delle note manoscritte, di cui era difficile (o impossibile) comprendere l'esatto significato. I ricorrenti avevano in particolare segnalato il seguente passaggio, senza data:

"VII purificazione del bastone e dell'utero.
Sono in automobile con .
Egli si ferma davanti al comune e mi dice 'adesso il commissario ha un posto in comune'.
Un uomo (..?) va all'interno.
Egli si fa sentire; lo prende sotto braccio ed escono insieme.
Si incamminano lungo un sentiero contornato da erbe selvatiche.
Tra l'erba c'è una cicogna giocattolo con un bambolotto nel becco.
Penso: 'è il testimone oculare'.
....................................... (?) e il commissario vanno verso la fine del sentiero - il lago -
Tornando indietro prendo il bambolotto
perché la cicogna giocattolo è troppo grande."

Le parti avevano menzionato altresì le seguenti frasi:
".... sistemerà da solo le sue cose?
Scriverò a ....................................... PER ..?"
"L'anno scorso, il 3 giugno (non sapevo
né che fosse il tuo compleanno
né che stavano per accadermi
delle cose abiette) sul treno
mi sono seduta al posto 38 e sentivo
NON MI TRASCURARE".

La Corte d'Appello osservava che la sig.ra ...................................... non aveva testimoniato al dibattimento e non aveva dunque fornito un'interpretazione personale dei passaggi in questione. Del resto l'analisi dei citati passaggi non permetteva di affermare con certezza che la compagna del sig. avesse voluto riferirsi, seppur in modo allusivo e onirico, all'omicidio del commissario ....................................... Al riguardo, la Corte d'Appello rilevava specificamente che da alcune testimonianze risultava che almeno una parte delle affermazioni contenute nel diario della sig.ra ...................................... erano frutto di fantasia e non avevano alcun legame con la realtà. A parere della Corte d'Appello, né gli estratti del diario, né gli altri elementi forniti dai ricorrenti erano atti a provare che la sig.ra ......................... fosse al corrente che il sig. .. intendesse confessare, né che la confessione fosse stata preparata in seno alla coppia. Inoltre, anche volendo supporre tale circostanza, il fatto che il sig. ..avesse potuto mentire sulle circostanze nelle quali era maturata la sua confessione non inficiava automaticamente la veridicità dei fatti riferiti, confermati da molti altri elementi.

La motivazione della sentenza del 24 gennaio 2000 (487 pagine) veniva depositata in cancelleria il 31 marzo 2000.

I sigg. . e ....................................... proponevano ricorso per cassazione.

Con sentenza del 5 ottobre 2000, il cui testo veniva depositato in cancelleria il 23 novembre 2000, la Corte di Cassazione, ritenendo che la Corte d'Appello avesse motivato in modo logico e corretto i punti controversi, rigettava il ricorso proposto dai sigg.. e ........................................

B. Il diritto e la pratica interni pertinenti

La corte d'assise e la corte d'assise d'appello sono composte da un presidente, da un altro giudice professionista (giudice o consigliere a latere) e da sei giurati (giudici popolari). Assistono alle udienze dei giurati supplenti che sostituiscono, se necessario, i titolari. I voti dei due giudici professionisti e dei giurati su qualsiasi questione di fatto o di diritto hanno lo stesso valore.

La legge italiana non obbliga a scegliere il giudice che deve redigere la motivazione di una sentenza tra i membri della maggioranza; anche un giudice dissidente può quindi essere incaricato di scrivere la motivazione di una decisione che non condivide. Nella pratica, è normalmente il giudice a latere (giudice professionista che non presiede la corte d'assise) ad essere incaricato di redigere la motivazione della sentenza.

Ai sensi dell'articolo 125 § 3 (Si tratta in realtà del comma 5 [N.d.T.].)del nuovo CPP,

"Nel caso di provvedimenti collegiali, se lo richiede un componente del collegio che non ha espresso voto conforme alla decisione, è compilato sommario verbale contenente l'indicazione del dissenziente, della questione o delle questioni alle quali si riferisce il dissenso e i motivi dello stesso, succintamente esposti".

L'articolo 587 § 1 del nuovo CPP (che riprende l'articolo 203 del vecchio CPP) è così formulato:

"Nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l'impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati".

Ai sensi dell'articolo 527 § 3 in fine del nuovo CPP (che riprende l'articolo 473 del vecchio CPP), se vi è parità di voti, prevale la soluzione più favorevole all'imputato.

Secondo l'articolo 199 § 1 del CPP, i prossimi congiunti dell'imputato non sono obbligati a deporre. Tale norma si applica altresì a chi conviva con l'imputato, ma solo limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza coniugale (vedi comma 3 del suddetto articolo 199).

Ai sensi dell'articolo 201 del CPP,

"Salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria, i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti".

L'articolo 630 del CPP indica i casi in cui una persona condannata può chiedere la revisione del suo processo. In particolare, il comma d) (Si tratta in realtà del comma c) [N.d.T.])di tale norma è così formulato:

"La revisione può essere richiesta () se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto ()".

MOTIVI DI RICORSO

  1. Appellandosi all'articolo 6 §§ 1, 2 e 3 a), b) e d) della Convenzione, i tre ricorrenti denunciano l'ingiustizia del procedimento penale avviato nei loro confronti.
  2. Sempre ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione, i ricorrenti denunciano una non imparzialità da parte delle giurisdizioni nazionali.
  3. Appellandosi all'articolo 6 §§ 1 e 3 d) della Convenzione, i ricorrenti denunciano l'ingiustizia del procedimento di revisione e l'impossibilità di esaminare la sig.ra ....................................... dinanzi alla corte d'appello di ...
  4. Appellandosi all'articolo 5 § 2 della Convenzione, il sig. .. denuncia il fatto di non essere stato informato nel più breve tempo dei motivi del suo arresto.

IN DIRITTO

  1. I ricorrenti denunciano, da diversi punti di vista, l'ingiustizia del procedimento penale avviato nei loro confronti e il disconoscimento del principio della presunzione di innocenza. I ricorrenti si appellano all'articolo 6 §§ 1, 2 e 3 a), b) e d) della Convenzione. Nelle sue parti pertinenti, tale norma è così formulata:
    1. "Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata imparzialmente () da parte di un tribunale indipendente ed imparziale() che deciderà () sul fondamento di ogni accusa in materia penale elevata contro di lei ().
    2. Ogni persona accusata di un reato si presume innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.
    3. Ogni imputato ha diritto soprattutto a:
      a.essere informato, nel più breve tempo, in una lingua che comprende ed in maniera dettagliata, del contenuto dell'accusa elevata contro di lui;
      b. disporre del tempo e della possibilità necessari a preparare la difesa; (.....) d. interrogare o fare interrogare i testimoni a carico ed ottenere la citazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni dei testimoni a carico.

1. Le eccezioni del Governo

In una lettera del 27 settembre 1999, il Governo eccepisce il mancato esaurimento delle vie di ricorso interno in quanto il procedimento di revisione avviato dai ricorrenti era, all'epoca, ancora pendente dinanzi alla corte d'appello di ....................................... Il Governo eccepisce altresì il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne per quanto riguarda il sig. ......................................, in quanto questi non ha presentato appello nei confronti della sentenza della corte di assise di ...................................... del 2 maggio 1990 e la sua posizione è stata esaminata nel corso dei procedimenti successivi solo in virtù dell'estensione dell'appello dei suoi coimputati.
I ricorrenti si oppongono a tali tesi, osservando che la revisione è un mezzo di ricorso eccezionale rivolto contro una sentenza che ha acquisito l'autorità dell'irrevocabilità.
La Corte ricorda anzitutto che, secondo una giurisprudenza consolidata degli organi della Convenzione, le richieste per la riapertura di un procedimento concluso con una decisione che è passata in giudicato non rappresentano, in generale, un ricorso efficace ai sensi dell'articolo 35 § 1 della Convenzione (vedi K.S. e K.S. AG. c/Svizzera, n° 19117/91, decisione della Commissione del 12 gennaio 1994, Decisioni e Rapporti (DR) 76-B, pp. 70, 74). In ogni caso, essa fa osservare che il procedimento di revisione avviato dai ricorrenti si è concluso definitivamente il 5 ottobre 2000 quando la Corte di cassazione ha respinto i ricorsi dei sigg. e .. avverso la sentenza della corte d'appello di . del 24 gennaio 2000.
Per quanto riguarda il fatto che il sig. abbia omesso di proporre appello avverso la sentenza della corte d'assise di . del 2 maggio 1990, la Corte ricorda che l'obbligo di esaurire i mezzi di impugnazione interni si limita a quello di fare un uso normale dei ricorsi verosimilmente efficaci, sufficienti e accessibili (vedi Iruretagoyena c/Francia, n° 32829/96, decisione della Commissione del 12 gennaio 1998, DR 92, p. 99, 105). Tale norma ha lo scopo di lasciare agli Stati contraenti la possibilità di prevenire o di riparare le violazioni a loro contestate prima che tali accuse non siano sottoposte agli organi della Convenzione (vedi, tra molte altre, Selmouni c/Francia [GC], n° 25803/94, CEDH 1999-V).
Ora, la Corte fa osservare che nel loro appello contro la sentenza incriminata, i due coimputati del sig. . avevano contestato soprattutto la credibilità del sig. .., principale testimone a carico. Tale ricorso non si fondava perciò su "ragioni esclusivamente personali" dei sigg. e ., e il sig. poteva quindi legittimamente aspettarsi di poterne approfittare e di vedere la sua posizione esaminata dalla corte d'assise d'appello di .ai sensi dell'articolo 587 § 1 del nuovo CPP. Tra l'altro, la Corte nota che il sig. ha proposto ricorso in cassazione avverso la decisione che lo aveva condannato e che è poi diventata definitiva, ossia la sentenza della corte d'assise d'appello di .. dell'11 novembre 1995.
In queste circostanze, non si può concludere che il sig...... . non abbia fatto un uso normale dei ricorsi a sua disposizione o che non abbia dato alle giurisdizioni interne la possibilità di riparare le inadempienze al principio del giusto processo che denuncia dinanzi alla Corte.
Di conseguenza, le eccezioni di mancato esaurimento sollevate dal Governo non possono essere accolte.

2. Le diverse accuse dei ricorrenti

  1. Per quanto riguarda il procedimento di primo grado, i ricorrenti affermano anzitutto di non aver avuto il tempo necessario per la preparazione della loro difesa, sottolineando che i loro avvocati hanno potuto accedere ai fascicoli della procura includenti le prove a loro carico (si trattava di 12.000 pagine) soltanto nel luglio 1989, e che hanno dovuto preparare la loro difesa in un tempo di ventisei giorni. I ricorrenti denunciano altresì una non imparzialità da parte della corte d'assise di ., in quanto la motivazione della sentenza del 2 maggio 1990, depositata in cancelleria l'11 gennaio 1991, è stata redatta dal dott. ......................................, un giudice facente parte della procura dall'11 ottobre 1990. Il sig. ...................................... denuncia inoltre il fatto di non essere stato informato relativamente alle accuse rivolte nei suoi confronti, nonché il fatto che i quattro testimoni di cui aveva chiesto l'escussione nel corso dell'istruttoria sono stati ascoltati soltanto durante il dibattimento di primo grado.
    La Corte non è chiamata a pronunciarsi sul punto di sapere se i fatti sostenuti dai ricorrenti rivelino una parvenza di violazione della Convenzione, ed osserva che gli interessati hanno già ottenuto una riparazione dei loro motivi di ricorso a livello interno. Infatti, il 21 ottobre 1992, la Corte di cassazione ha annullato la sentenza della corte d'assise d'appello di . del 12 luglio 1991 che aveva confermato la sentenza di condanna emessa dalla corte d'assise di ....................................... il 2 maggio 1990.
    Di conseguenza i ricorrenti non possono sostenere di essere vittime, ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione, dei fatti che vogliono denunciare.
    Ne deriva che tale motivo di ricorso è incompatibile rationae personae con le norme della Convenzione ai sensi dell'articolo 35 § 3 e deve essere respinto in applicazione dell'articolo 35 § 4.
  2. I ricorrenti sostengono un disconoscimento del loro diritto ad un giusto processo, in particolare dal punto di vista dell'uguaglianza delle armi: essi fanno notare che il sig. ..ha avuto contatti con i carabinieri almeno diciannove giorni prima della data della sua deposizione ufficiale (20 luglio 1988), e che non è stata conservata alcuna traccia delle conversazioni che, senza la presenza di un avvocato, hanno avuto luogo in tale periodo di tempo. Di conseguenza, la difesa non ha mai avuto a disposizione i verbali relativi alle prime versioni della confessione del sig. .. Tra l'altro, le dichiarazioni del pentito sono state considerate attendibili nonostante le numerose bugie e contraddizioni svelate dalla difesa. I ricorrenti denunciano altresì il fatto che tutti i testimoni a discarico sono stati ritenuti inattendibili, quando nessuno di loro è stato indagato per falsa testimonianza. Essi ritengono che sarebbero dovuti essere assolti, e affermano che le sentenze che li hanno condannati sono lo specchio dell'opinione della loro colpevolezza prima di ogni accertamento legale di quest'ultima.
    Il Governo sottolinea che sono state emesse nove sentenze sulla causa dei ricorrenti, e che i giudici italiani hanno accuratamente esaminato le argomentazioni presentate dalla difesa, il che dimostrerebbe che gli imputati hanno potuto usufruire di un giusto processo. Tra l'altro non spetta alla Corte di Strasburgo pronunciarsi sulla pertinenza degli elementi di prova o sull'innocenza degli imputati. Secondo il Governo, questi ultimi hanno avuto tutta la possibilità di contestare gli elementi contro di loro addotti.
    La Corte ricorda che il suo compito non è quello di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Spetta anzitutto alle autorità nazionali, e in particolare alle corti e ai tribunali, interpretare la legislazione interna e valutare i fatti (vedi, tra molte altre, Brulla GO'mez de la Torre c/Spagna, sentenza del 19 dicembre 1997, Recueil des arrêts et décisions 1997-VIII, p. 2955, § 31, e Edificaciones March Gallego S.A. c/Spagna, sentenza del 19 febbraio 1998, Recueil 1998-I, p. 290, § 33). La Corte quindi non è chiamata a pronunciarsi sul punto di sapere se le dichiarazioni del sig. .. dovessero essere scartate o fossero abbastanza precise e credibili o se, in ultima istanza, i ricorrenti fossero colpevoli o meno (vedi P.G. e J.H. c/Regno Unito, n° 44787/98, § 76, 25 settembre 2001). Il compito che la Convenzione gli ha conferito non consiste, infatti, nel pronunciarsi sul punto di sapere se delle deposizioni di testimoni siano state giustamente ammesse in quanto prove, o se fossero sufficienti per avvalorare una condanna, ma nel giudicare se il procedimento considerato nel suo insieme, compreso il modo di presentazione dei mezzi di prova, sia stato equo (vedi, tra le altre, Doorson c/Paesi Bassi, sentenza del 26 marzo 1996, Recueil 1996-II, p. 470, § 67, e Van Mechelen e altri c./Paesi Bassi, sentenza del 23 aprile 1997, Recueil 1997-III, p. 711, § 50).
    Nella fattispecie, la Corte osserva che la condanna dei ricorrenti ha avuto luogo in seguito a un procedimento in contraddittorio e sulla base di prove dibattute in udienza, considerate sufficienti dai tribunali interni per accertare la loro colpevolezza. Occorre soprattutto notare che gli interessati hanno avuto la possibilità di interrogare il sig. . nel corso del dibattimento pubblico e di porgli le questioni che essi ritenevano necessarie per confutare la versione dei fatti presentata dai loro accusatori. La circostanza che quest'ultimo abbia avuto dei contatti con i carabinieri prima di fare la sua deposizione, non può, di per sé, costituire una violazione dei principi del giusto processo e dell'uguaglianza delle armi.
    Tra l'altro, nella misura in cui i ricorrenti sostengono la violazione della presunzione d'innocenza proclamata dal comma 2 dell'articolo 6, la Corte ricorda che quest'ultima è disconosciuta se una decisione di un giudice o di un'altra autorità pubblica relativa ad un imputato riflette la sensazione che questi sia colpevole benché la sua colpevolezza non sia stata preventivamente accertata legalmente. Basta, anche in mancanza di accertamento formale, una motivazione che faccia pensare che l'autorità in questione consideri l'interessato colpevole (Allenet de Ribemont c/Francia, sentenza del 10 febbraio 1995, serie A n° 308, p. 16, §§ 35-36).
    Nella fattispecie, i ricorrenti non hanno indicato alcuna decisione emessa prima della loro condanna che contenga tale constatazione di colpevolezza. Il fatto che questa sia contenuta nelle sentenze che terminano con la loro responsabilità nell'omicidio del commissario ........................................ non può assolutamente costituire una violazione del principio della presunzione di innocenza.
    Ne segue che tale motivo di ricorso deve essere respinto in quanto palesemente infondato, ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  3. I ricorrenti sottolineano che importanti elementi di prova, quali gli abiti del commissario ....., la macchina usata dagli assassini e i proiettili ritrovati nel cadavere o sul luogo dell'omicidio non sono mai stati messi a disposizione della difesa, in quanto o persi, o distrutti. I ricorrenti sostengono che se avessero avuto a disposizione delle prove originali, delle perizie effettuate sulla macchina e sui proiettili avrebbero potuto chiarire la dinamica dell'incidente stradale che ebbe luogo dopo l'omicidio e la sequenza dei colpi d'arma da fuoco. Nessun tentativo di desumere tali elementi dalle fotografie ha permesso di ottenere i risultati sperati, come dimostrato dal fatto che la corte d'appello di . ha ritenuto che le perizie sulle fotografie dei proiettili e della macchina non fornissero sufficienti elementi a sostegno della tesi della difesa. I ricorrenti considerano quindi di essere stati privati della possibilità di smentire alcune parti della versione del sig. . e di contestarne l'attendibilità. Questo avrebbe altresì violato il loro "diritto di difendersi provando (In italiano nel testo [N.d.T.])".
    Il Governo osserva che la mancanza di prove distrutte o perse non ha alcuna conseguenza rilevante ai fini dell'accertamento dei fatti: infatti, la macchina utilizzata dagli assassini e i proiettili ritrovati nel corpo del commissario . erano stati descritti, esaminati e fotografati prima di essere distrutti. Grazie a questi elementi, i ricorrenti e la corte d'appello di .. hanno potuto far eseguire delle perizie e un'elaborazione informatica delle foto dei proiettili.
    Il Governo rileva che secondo gli stessi ricorrenti, tale elaborazione permetteva di giungere alla conclusione che, contrariamente a quanto aveva affermato , i proiettili non erano stati tirati dalla stessa arma. Tali perizie sono state poi accuratamente studiate dalle competenti giurisdizioni. Tra l'altro, gli abiti della vittima non avevano alcuna utilità ai fini della ricostruzione delle circostanze dell'omicidio.
    La Corte osserva che il fascicolo non permette di accertare le circostanze della perdita dei vestiti del commissario ......................................, che a prima vista erano spariti immediatamente dopo l'omicidio. Di contro, dai documenti disponibili risulta che la distruzione della macchina e dei proiettili avrebbe avuto luogo rispettivamente il 31 dicembre 1988 e dopo il 15 febbraio 1989, ossia dopo l'arresto dei ricorrenti (28 luglio 1988).
    Secondo il parere della Corte, e come accertato più volte dalle giurisdizioni nazionali, è un grosso peccato che elementi di prova relativi ad un processo per omicidio siano distrutti poco dopo l'informazione di garanzia dei presunti responsabili del reato. La responsabilità di tale distruzione, dovuta probabilmente a un disfunzionamento amministrativo avvenuto in seno al tribunale di ., è delle autorità italiane.
    Non si può però per questo giungere alla conclusione dell'esistenza di una violazione dell'articolo 6 della Convenzione. Bisogna ancora accertare che le conseguenze del disfunzionamento in questione abbiano messo i ricorrenti in una situazione sfavorevole rispetto alla procura (vedi, tra molte altre, Nideröst-Huber c/Svizzera, sentenza del 18 febbraio 1997, Recueil 1997-I, p. 107, § 23, e Frette c/Francia, n° 36515/97, § 47, CEDH 2002-I).
    In proposito la Corte osserva che i ricorrenti non hanno indicato in cosa gli abiti del commissario avrebbero potuto giocare un ruolo a favore delle tesi della difesa, mentre delle perizie effettuate sulla macchina e sui proiettili avrebbero potuto chiarire la dinamica e la sequenza dei corpi d'arma da fuoco. Nell'ipotesi in cui i risultati di tali perizie siano stati completamente o in parte in contraddizione con la versione del sig. ......................................, la credibilità di quest'ultimo avrebbe potuto esserne parzialmente intaccata.
    La Corte osserva però che la procura si è trovata in una situazione paragonabile a quella dei ricorrenti, visto che l'impossibilità di effettuare le perizie in questione ha privato anche il pubblico ministero di un'occasione per usare gli elementi di prova persi o distrutti. In tale contesto, le parti del processo si sono trovate su un piano di uguaglianza.
    Inoltre, occorre osservare che la macchina e i proiettili erano stati descritti, esaminati e fotografati prima di essere distrutti, il che ha permesso ai ricorrenti di esercitare i diritti della difesa in rapporto a tali elementi di prova. In particolare, è stato per loro agevole far effettuare delle perizie e un'elaborazione informatica delle foto, il che tra l'altro ha contribuito all'ammissibilità del loro procedimento di revisione. Infine, i ricorrenti hanno avuto la possibilità di contestare, nelle diverse fasi di un procedimento giudiziario in contraddittorio, molti altri aspetti della versione del loro accusatore.
    In tali circostanze, la Corte non può concludere che la distruzione o la perdita dei succitati elementi abbia leso l'equità del procedimento (vedi, mutatis mutandis, Sangiorgi c/Italia (dec.), n° 70981/01, 5 settembre 2002, inedita, e Carlotto c/Italia, n° 22420/93, decisione della Commissione del 20 maggio 1997, DR 89, pp. 17, 29).
    Ne segue che tale motivo di ricorso è palesemente infondato e deve essere respinto ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

2. Appellandosi all'articolo 6 della Convenzione, i ricorrenti sostengono che sia stato disconosciuto il loro diritto ad essere giudicati da un tribunale indipendente ed imparziale, in quanto la magistratura italiana aveva un'idea preconcetta sulla loro colpevolezza. Questo li avrebbe privati del loro "diritto ad un tribunale", tenuto conto soprattutto del fatto che non avrebbero avuto alcuna vera possibilità di ottenere, dinanzi alle giurisdizioni nazionali, una riparazione effettiva dei loro motivi di ricorso.

  1. I ricorrenti sottolineano anzitutto che la sentenza del 21 dicembre 1993 è stata redatta dal dott......., giudice da essi considerato dissidente, il quale avrebbe motivato la loro assoluzione in modo palesemente illogico e contraddittorio al fine di ottenerne l'annullamento da parte della Corte di cassazione. Il Governo sottolinea che l'affermazione dei ricorrenti, secondo cui il dott. era "un giudice dissidente" che avrebbe scritto una "sentenza suicida", non è stata debitamente provata. In proposito, osserva che al termine delle delibere della corte d'assise di .., composta anche dal dott. ......................................, il presidente di quest'ultima avrebbe depositato in cancelleria il plico sigillato e firmato di cui all'articolo 125 § 5 del CPP. Ora, la stessa esistenza di tale plico prova che almeno uno dei membri della corte d'assise d'appello di . era dissidente rispetto al verdetto di assoluzione. Il nome o i nomi del o dei dissidente/i può/possono tuttavia essere conosciuti solo aprendo il plico sigillato, ma il Governo ha ritenuto che quest'ultimo non potesse essere trasmesso alla Corte in quanto la sua apertura ha lo scopo di proteggere il giudice dissidente da un'eventuale azione giudiziaria per colpa professionale. Infatti, l'articolo 16 § 5 della legge n° 117 del 1988 (legge sulla responsabilità civile dei magistrati) prevede che il plico sia trasmesso al tribunale innanzi al quale il Primo ministro avrebbe assegnato (Leggasi "citato" [N.d.T.])i giudici che hanno pronunciato la decisione per ottenere il rimborso della somma versata a titolo di indennizzo alla parte lesa (Poiché il testo francese è oscuro, si riporta il testo italiano originale del comma: "Il tribunale innanzi al quale é proposta l'azione di rivalsa ai sensi dell'articolo 8 chiede la trasmissione del plico sigillato contenente la verbalizzazione della decisione alla quale si riferisce la dedotta responsabilità e ne ordina l'acquisizione agli atti del giudizio" [N.d.T.].). Secondo il Governo, le norme interne che prevedono la possibilità di violare il segreto di una camera di consiglio avrebbero una natura eccezionale e non possono essere interpretate in modo estensivo per analogia.
    Comunque, il Governo ricorda che ogni decisione giudiziaria può essere impugnata in appello o in cassazione, ed osserva che nella fattispecie gli elementi di prova esistenti a carico degli imputati non permettevano altra motivazione. Infatti, il giudice incaricato di redigere la motivazione di una sentenza deve esporre i motivi che hanno portato la maggioranza dei membri della corte d'assise ad esprimere un certo verdetto, anche se tale ragioni possono sembrare contraddittorie e non adatte a giustificare la decisione adottata.
    I ricorrenti ritengono auspicabile che il plico con la/le opinione/i dissidente/i sia aperto e trasmesso alla Corte, visto che si tratta di un mezzo per accertare se il dott. ......................... fosse dissidente. Tra l'altro, se tale questione dovesse avere una risposta affermativa, si potrebbero porre dei dubbi anche sull'imparzialità del dott. .., presidente della seconda sezione della corte d'assise d'appello di ,, responsabile di aver affidato la redazione della motivazione della sentenza ad un giudice che si era dimostrato dissidente rispetto al verdetto di assoluzione espresso dai suoi colleghi.
    Tra l'altro, il riferimento fatto dal Governo alle disposizioni relative alla responsabilità civile dei magistrati non sarebbe pertinente, in quanto la Corte costituzionale ha precisato che il segreto di una camera di consiglio non costituisce un valore di rilevanza costituzionale.
    La Corte ricorda che ai fini dell'articolo 6 § 1, l'imparzialità deve essere valutata secondo un'impostazione soggettiva, cercando di determinare la convinzione e il comportamento personali di tale giudice in tale occasione, ed anche secondo un'impostazione oggettiva che porti ad accertare che il giudice offrisse sufficienti garanzie per escludere in proposito ogni legittimo dubbio (vedi, tra le altre, Hauschildt c/Danimarca, sentenza del 24 maggio 1989, serie A n° 154, p. 21, § 46, e Thomann c/Svizzera, sentenza del 10 giugno 1996, Recueil 1996-III, p. 815, § 30).
    Per quanto riguarda la prima, si presume l'imparzialità personale dei magistrati finché non sia provato il contrario (Padovani c/Italia, sentenza del 26 febbraio 1993, serie A n° 257-B, p. 26, § 20; vedi anche Priebke c/Italia (dec.), n° 48799/99, 5 aprile 2001, inedita).
    Ora, la Corte ha esaminato gli elementi indicati dai ricorrenti, soprattutto l'estensione della parte della motivazione della sentenza del 21 dicembre 1993 dedicata all'accertamento della sincerità, spontaneità e credibilità della testimonianza del sig. ., e l'esposizione relativamente sintetica dei "punti oscuri" che inficiano la versione del pentito, senza tuttavia individuare alcun indizio di parzialità.
    In proposito, occorre ricordare che se l'articolo 6 § 1 della Convenzione obbliga i tribunali a motivare le decisioni, la Corte non è per questo chiamata ad esaminare se gli argomenti siano stati trattati in modo adeguato (Van de Hurk c/Paesi Bassi, sentenza del 19 aprile 1994, serie A n° 288, p. 20, § 61; Société anonime Immeuble Groupe Kosser c/Francia (dec.), n° 38748/97, 9 marzo 1999). Spetta alle giurisdizioni rispondere ai mezzi essenziali, sapendo che l'ampiezza di tale compito varia secondo la natura della decisione e deve quindi essere vista alla luce delle circostanze della fattispecie (Hiro Balani c/Spagna, sentenza del 9 dicembre 1994, serie A n° 303-B, p. 29, § 27, e Burg c/Francia (dec.), n° 34763/02, 28 gennaio 2003).
    Nella fattispecie, la sentenza del 21 dicembre 1993 ha esposto nel dettaglio gli elementi prodotti nel corso di un processo lungo e complesso, che erano stati discussi durante il dibattimento, ed ha inoltre esaminato la pertinenza e la forza probatoria di ognuno di loro. In proposito, la Corte non può speculare sull'estensione che un giudice nazionale può concedere agli argomenti in favore o a scapito degli accusati nell'adempiere all'obbligo di motivare imposto dall'articolo 6 § 1 della Convenzione. Inoltre, il semplice fatto che una giurisdizione interna abbia commesso errori di fatto o di diritto e che la sua decisione sia stata annullata da un organo superiore non può, da solo, sollevare dei dubbi oggettivamente giustificati relativamente sulla sua imparzialità.
    La Corte non ha quindi rilevato alcun elemento capace di mettere in dubbio l'imparzialità personale del giudice .. (vedi, mutatis mutandis, M.D.U. c/Italia (dec.), n° 58540/00, 28 gennaio 2003, inedita, in cui la Corte ha escluso l'esistenza di una parvenza di parzialità a causa, tra l'altro, dell'estensione della motivazione di una sentenza della Corte di cassazione).
    Per quanto attiene alla seconda impostazione, essa porta a chiedersi se, indipendentemente dal comportamento del giudice, alcuni fatti verificabili autorizzino a dubitare dell'imparzialità di quest'ultimo, e in quest'ambito, anche le apparenze possono risultare importanti. Ne va della fiducia che i tribunali di una società democratica hanno il dovere di ispirare alla persona giudicabile. Se ne deduce che per pronunciarsi sull'esistenza, in un dato procedimento, di un motivo legittimo per temere una non imparzialità in un giudice, l'ottica dell'accusato entra in gioco ma non ha un ruolo determinante, che invece gioca il sapere se si possano considerare oggettivamente giustificate le preoccupazioni dell'interessato (vedi Ferrantelli e Santangelo c/Italia, sentenza del 7 agosto 1996, Recueil 1996-III, pp. 951-952, § 58, e Priebke c/Italia, sentenza succitata).
    La Corte osserva che nella fattispecie il timore di una non imparzialità dipende dal fatto che la redazione della motivazione sarebbe stata affidata, secondo la versione inizialmente dichiarata dai ricorrenti, ad un giudice dissidente.
    Agli occhi della Corte, tuttavia, il fatto che il giudice .. fosse d'accordo o meno con la sentenza di assoluzione non può, da solo, sollevare un problema dal punto di vista dell'articolo 6 della Convenzione, e inoltre nella fattispecie nulla prova che il giudice ...................................... fosse dissidente. Per quanto riguarda la tesi dei ricorrenti, secondo cui il plico di cui all'articolo 125 § 5 del CPP dovrebbe essere aperto e trasmesso a Strasburgo, la Corte ricorda che il principio dell'inviolabilità delle delibere in camera di consiglio di una giuria o di un tribunale nazionale non è stato considerato contrario alla Convenzione (vedi, mutatis mutandis, Pullar c/Regno Unito, sentenza del 10 giugno 1996, Recueil 1996-III, pp. 792-793, §§ 32-31, e Simsek c/Regno unito (dec.), n° 43471/98, 9 luglio 2002).
    Alla luce di quanto sopra, la Corte ritiene che la situazione denunciata dai ricorrenti non possa giustificare ad essa sola ( Leggasi "di per sé" [N.d.T.].) delle preoccupazioni sull'imparzialità del giudice ...
    Ne segue che tale motivo di ricorso deve essere respinto in quanto palesemente infondato, ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  2. I ricorrenti sostengono che il comportamento del dott. . , presidente della corte d'assise d'appello di .., nel corso delle delibere relative alla sentenza dell'11 novembre 1995 potrebbe mettere in discussione l'imparzialità di tale magistrato. Su questo punto, essi fanno riferimento alle dichiarazioni fatte dopo la pronuncia del dispositivo da parte dei giurati X, Y e Z. I ricorrenti sottolineano che la Corte non è chiamata a pronunciarsi sul punto di sapere se il dott. perseguisse un fine "egoista" o se potesse essere considerato responsabile di un reato penale, ma soltanto se il suo comportamento fosse compatibile con il principio secondo cui ogni imputato ha diritto ad essere giudicato da un "tribunale imparziale".
    Il Governo osserva che le competenti autorità hanno archiviato le denunce di ......................................., ritenendo che il denunciante non avesse addotto alcun elemento a dimostrazione che il magistrato in questione avesse commesso un abuso d'ufficio o volesse danneggiare gli imputati. Tra l'altro, nel corso di una discussione in camera di consiglio, ogni membro di una corte d'assise ha il diritto e l'obbligo di esprimere i motivi che stanno alla base della sua intima convinzione e di prendere le distanze dalle opinioni espresse dagli altri magistrati e giurati, ma ciò non impedisce che questi ultimi votino come lo desiderano.
    La Corte osserva che il giudice per le indagini preliminari di .. ha ritenuto che le affermazioni di X e Y fossero poco credibili e che si sarebbero potuti esprimere dei dubbi sulla loro spontaneità. Per giungere a tale conclusione, si è basato su argomentazioni logiche e specifiche, come la divergenza delle versioni fornite da questi due testimoni, il fatto che queste fossero smentite dalle deposizioni degli altri giurati e di ......................................., la circostanza che X e Y non avessero sottolineato il loro disaccordo con la sentenza e avessero riferito le loro esperienze anzitutto ai giornali. Niente nel fascicolo fa pensare che questa valutazione sia stata arbitraria.
    Di conseguenza, la Corte non può ritenere provato che il dott. ....................................... abbia esercitato pressioni illegittime sui giurati, od abbia avuto comportamenti che potessero far nascere dubbi oggettivamente giustificati sulla sua imparzialità.
    Ne segue che tale motivo di ricorso deve essere respinto in quanto palesemente infondato, ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  3. Nelle loro formule di ricorso, i ricorrenti contestavano l'imparzialità del giudice ......................... soltanto rispetto ai comportamenti di questo magistrato riportati dai giurati X, Y e Z. Tuttavia, nelle loro memorie del 19 febbraio 2002, essi si sono riferiti altresì alle affermazioni della sig.ra ......................................., da essi ritenute credibili, che dimostrerebbero come il dott. ....................................... non abbia rispettato il suo obbligo di osservare la maggior discrezione possibile relativamente ai fatti della causa che doveva giudicare, dando luogo così a dubbi oggettivamente giustificati sulla propria imparzialità. I ricorrenti sostengono in proposito che i verbali delle dichiarazioni della sig.ra .......................... non rappresentano una nuova prova, ma un elemento relativo ad un reclamo già esposto, principalmente quello relativo alla presunta non imparzialità del dott. .......................... In un fax del 21 giugno 2001, il rappresentante dei ricorrenti ha precisato che i sigg. .e ...................................... hanno saputo delle affermazioni fatte dalla sig.ra .. solo dopo la pronuncia della sentenza dell'11 novembre 1995.
    La Corte non ritiene necessario soffermarsi sul fatto di sapere se i ricorrenti abbiano rispettato, rispetto a tale motivo di ricorso, il termine di sei mesi di cui all'articolo 35 § 1 della Convenzione. Infatti, anche ammettendo che tale parte del ricorso non sia tardiva, essa è comunque irricevibile per le seguenti ragioni.
    La Corte ricorda che ai sensi dell'articolo 35 § 1 della Convenzione, essa può essere investita solo dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne, come interpretato secondo i principi di diritto internazionale generalmente ammessi. Tale norma impone di proporre dinanzi all'organo interno adeguato, almeno in sostanza e nelle forme e nei termini previsti dal diritto interno, i motivi di ricorso che si vuole formulare in seguito dinanzi alla Corte; inoltre, essa impone di usare i mezzi procedurali atti ad impedire una violazione della Convenzione (Cardot c/Francia, sentenza del 19 marzo 1991, serie A n° 200, p. 18, § 34, e Akdivar e altri c/Turchia, sentenza del 16 settembre 1996, Recueil 1996-IV, p. 1210, § 66).
    Ora, la Corte fa osservare che la sig.ra ... aveva, nel più breve tempo, comunicato le affermazioni del giudice ......................... al sig. .......................................il quale, come lo stesso sig. ..l'ha indicato nella sua richiesta alla procura di Brescia del 27 ottobre 1996, aveva in seguito informato i suoi coimputati e gli avvocati difensori. I ricorrenti avevano quindi la possibilità di presentare un ricorso per ricusazione nei confronti del giudice ........................., possibilità di cui non hanno voluto usufruire. Tale ricorso avrebbe potuto offrire allo Stato la possibilità di impedire la violazione della Convenzione denunciata dagli interessati a Strasburgo (vedi, mutatis mutandis, Barberà, Messegué e Jabardo c/Spagna, sentenza del 6 dicembre 1988, serie A n° 146, pp. 28-29, § 59; vedi altresì Sicuranza c/Italia (dec.), n° 52129/99, 14.3.2002, inedita).
    Ne segue che tale motivo di ricorso deve essere respinto per non esaurimento delle vie di ricorso interne, ai sensi dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
  4. Sempre nelle loro memorie del 19 febbraio 2002, i ricorrenti presentano per la prima volta un altro motivo di ricorso relativo al secondo rinvio ad altra giurisdizione. Osservano, soprattutto, che uno dei giurati era la figlia di un agente di polizia, ossia una persona che, stando alle loro parole, avrebbe avuto "interessi contrari a quelli di una delle parti" del processo, il che costituirebbe, di per sé, una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione. La Corte ricorda che ai sensi dell'articolo 35 § 1 della Convenzione, essa deve essere investita entro sei mesi dalla data della decisione interna definitiva. Ora, i ricorrenti hanno sollevato tale motivo di ricorso solo il 19 febbraio 2002, ossia più di sei mesi dopo le date del deposito in cancelleria delle sentenze che hanno messo un termine ai relativi procedimenti (rispettivamente il 12 gennaio 1998 per il procedimento sulla fondatezza delle accuse e il 23 novembre 2000 per il procedimento di revisione).
    Ne segue che tale motivo di ricorso deve essere respinto in quanto tardivo, ai sensi dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.

3. Nelle loro osservazioni di risposta del 20 dicembre 2000, i ricorrenti presentano motivi di ricorso relativi all'iniquità del procedimento di revisione.

  1. Le eccezioni del Governo
    Il Governo eccepisce anzitutto il mancato esaurimento delle vie di ricorso interno per quanto riguarda ........................................, in quanto quest'ultimo non ha presentato ricorso in cassazione contro la sentenza della corte d'appello di ......................................del 24 gennaio 2000 che respingeva la sua richiesta di revisione.
    La Corte osserva che il ricorso in cassazione dei sigg. e ........................................ mirava ad ottenere l'annullamento della sentenza della corte d'appello di ......................................e la riapertura del procedimento penale relativo all'omicidio del commissario ........................................ Visto che tale ricorso non si basava su "motivi esclusivamente personali" per i due imputati che l'avevano presentato, il sig. ... poteva giustamente aspettarsi di poterne usufruire ai sensi dell'articolo 587 § 1 del nuovo CPP.
    Di conseguenza, l'eccezione del mancato esaurimento del Governo deve essere respinta.
    Il Governo sostiene altresì che i motivi di ricorso relativi al procedimento di revisione, che non sono stati oggetto di questioni specifiche rivolte dalla Corte alle autorità italiane, non devono essere presi in considerazione nella decisione sulla ricevibilità del ricorso.
    La Corte osserva che con lettera del 10 ottobre 2001, il Governo è stato invitato a presentare le sue osservazioni scritte sulla ricevibilità e fondatezza dei motivi di ricorso relativi all'iniquità del procedimento di revisione ed a rispondere ad una specifica questione sul diritto dei ricorrenti di interrogare o di far interrogare i testimoni a carico. Il Governo ha inviato le sue osservazioni il 21 dicembre 2001, e queste sono state trasmesse ai ricorrenti che hanno in seguito presentato le loro osservazioni di risposta.
    In tali circostanze, la Corte ritiene che non si ponga alcun ostacolo a che il motivo di ricorso relativo all'iniquità del procedimento di revisione sia preso in considerazione nella decisione sulla ricevibilità del ricorso.
     
  2. Il merito dei motivi di ricorso dei ricorrenti
    I ricorrenti sostengono che la corte d'appello di . ha costantemente ritenuto inattendibili i testimoni a discarico, considerandoli o politicamente legati agli imputati, o imprecisi.
    I ricorrenti contestano, inoltre, il fatto che la sig.ra .. abbia potuto usufruire della facoltà di non rispondere ed affermano che la corte d'appello ha indebitamente privilegiato il diritto al rispetto della vita privata di tale testimone a scapito dei diritti della difesa. In proposito, essi sottolineano che nella sentenza dell'11 novembre 1995 la corte d'assise d'appello di . aveva ritenuto che le dichiarazioni della sig.ra ...................................... fossero un elemento importante (il principale riscontro in italiano nel testo, N.d.T.) a conferma della credibilità del sig. . In particolare, il fatto che quest'ultimo non avesse informato la sua compagna dell'omicidio e della sua intenzione di confessare avrebbe dimostrato la spontaneità della sua confessione. Secondo i giudici della corte d'assise d'appello, se il sig. ...................................... avesse avuto l'intenzione di calunniare i ricorrenti, sarebbe stato più facile per lui elaborare una versione comune con la sig.ra ; in particolare, quest'ultima avrebbe potuto affermare di aver già saputo nel 1972 i nomi dei responsabili dell'omicidio del commissario . Ora, secondo i ricorrenti, i succitati passaggi del diario personale nella parte "in fatto" potevano dimostrare proprio il contrario, ossia che la sig.ra ..aveva mentito quando aveva affermato di non sapere dell'intenzione del sig. .. di confessare. Riconoscendo però alla sig.ra .. il diritto di non rispondere, la corte d'appello di ha impedito agli imputati di chiedere spiegazioni alla persona che aveva redatto tale diario personale, spiegazioni che, visto che riguardavano un nuovo elemento, non erano mai state fornite nel corso del processo.
    I ricorrenti sostengono altresì che la decisione della corte d'appello si basi su errori di diritto. Infatti, il sig. ......................................., che nella sentenza dell'11 novembre 1995 aveva usufruito della prescrizione, non avrebbe dovuto essere considerato "imputato" nel procedimento di revisione, e la sig.ra .., dato che ha accettato di rispondere alle domande in fasi precedenti al procedimento, non avrebbe dovuto esercitare il suo diritto di non rispondere.
    Il Governo ritiene che non può essere individuata alcuna violazione del principio del giusto processo, visto che l'impossibilità di interrogare o di fare interrogare la sig.ra ...................................... era dovuta al fatto che quest'ultima si era legittimamente avvalsa del diritto di non rispondere riconosciutole dall'articolo 199 del CPP.
    La Corte ricorda che l'ammissibilità delle prove rientra essenzialmente nel campo delle norme del diritto interno (GarcI'a Ruiz c/Spagna [GC], n° 30544/96, CEDH 1999-I, § 28). La Corte non deve quindi pronunciarsi sul fatto di sapere se la facoltà di non rispondere riconosciuta alla sig.ra .. fosse conforme alle disposizioni pertinenti del diritto italiano, ma deve esaminare se l'impossibilità di interrogarla nel corso del procedimento di revisione abbia violato l'equità del procedimento.
    Gli elementi di prova devono in linea di principio essere prodotti dinanzi all'imputato in pubblica udienza, in vista di un dibattimento in contraddittorio. Tale principio può ammettere eccezioni, che vanno però accettate solo con riserva dei diritti della difesa; di norma, i commi 1 e 3 d) dell'articolo 6 impongono di concedere all'imputato un'occasione adeguata e sufficiente per contestare una testimonianza a carico ed interrogarne l'autore, al momento della deposizione o successivamente (Van Mechelen e altri c/Paesi Bassi, sentenza succitata, p. 711, § 51, e Lüdi c/Svizzera, sentenza del 15 giugno 1992, serie A n° 238, p. 21, § 49). In particolare, i diritti della difesa sono limitati in modo incompatibile con le garanzie dell'articolo 6 quando una condanna si basa, unicamente o in misura determinante, sulle deposizioni di un testimone che l'imputato non ha avuto la possibilità di interrogare o far interrogare né al momento dell'istruzione né durante il dibattimento (A.M. c/Italia, n° 37019/97, CEDH 1999-IX, § 25, e Saïdi c/Francia, sentenza del 20 settembre 1993, serie A n° 261-C, pp. 56-57, §§ 43-44).
    Ora, la Corte osserva che i ricorrenti hanno avuto la possibilità di interrogare la sig.ra . e di porle le domande da loro ritenute necessarie per la loro difesa durante le fasi del processo precedenti alla revisione.
    E' vero che all'epoca il contenuto del diario personale non era noto e che solo durante il procedimento di revisione avrebbero potuto essere chieste spiegazioni relativamente all'esatto significato di alcuni suoi passaggi. La Corte non può tuttavia ritenere che l'impossibilità di ottenere tali spiegazioni da parte dello stesso autore del diario personale abbia violato il diritto ad un giusto processo dei ricorrenti.
    In proposito, la Corte nota che gli interessati hanno potuto presentare alla corte d'appello di ....................................... la propria interpretazione dei passaggi controversi, cercando di sostenere che tali passaggi dimostravano che, al contrario di quanto da lei in precedenza affermato, la sig.ra ...................................... conosceva l'intenzione del sig. .. di confessare molto prima della data della sua confessione ufficiale. Il fatto che in seguito ad un'analisi del testo in questione le giurisdizioni interne abbiano scartato tale tesi, non può costituire, di per sé, una violazione dell'articolo 6 della Convenzione. Tra l'altro, il diritto cui un convivente di un imputato si appella per sottrarsi all'audizione non può avere come risultato quello di paralizzare un'azione penale la cui opportunità, del resto, sfugge al controllo della Corte (vedi, mutatis mutandis, Asch c/Austria, sentenza del 26 aprile 1991, serie A n° 203, pp. 10-11, § 28).
    Inoltre, occorre notare che le dichiarazioni della sig.ra .. non costituivano assolutamente l'unico elemento di prova su cui i giudici di merito hanno basato la condanna dei ricorrenti. Si trattava anzi di uno tra i tanti elementi che hanno corroborato la principale prova a carico, ossia la confessione del sig. ........................., testimone che i ricorrenti hanno potuto interrogare più volte.
    In tali condizioni, la Corte non può concludere che l'impossibilità di esaminare la sig.ra durante il procedimento di revisione abbia violato i diritti della difesa al punto di infrangere i commi 1 e 3 d) dell'articolo 6 (P.M. c/Italia (dec.), n° 43625/98, 8 marzo 2001, inedita; Raniolo c/Italia (dec.), n° 62676/00, 21 marzo 2002, inedita; Calabrò c/Italia (dec.), n° 59895/00, 21 marzo 2002, inedita; vedi altresì, mutatis mutandis, Artner c/Austria, sentenza del 28 agosto 1992, serie A n° 242-A, pp. 10-11, §§ 22-24).
    Infine, per quanto attiene al fatto che la corte d'appello di ha ritenuto inattendibili i testimoni a discarico, la Corte ricorda che, come già affermato, non è competente per sostituire la sua valutazione delle prove a quella delle giurisdizioni interne.
    Ne segue che tale motivo di ricorso deve essere respinto in quanto palesemente infondato, ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

4......................... denuncia il fatto di non essere stato informato nel più breve tempo dei motivi del suo arresto, e si appella all'articolo 5 § 2 della Convenzione, così formulato:
"Ogni persona arrestata deve essere informata, nel più breve tempo e in una lingua a lei comprensibile, dei motivi dell'arresto e degli addebiti contestati".

La Corte ricorda che ai sensi dell'articolo 35 § 1 della Convenzione, essa può essere investita solo entro sei mesi dalla data della decisione interna definitiva. Quando un ricorrente denuncia una situazione continua, quale uno stato di detenzione, questo termine inizia a decorre dalla fine di quest'ultima (vedi Uzeyir c/Italia (dec.), n° 60268/00, 16 novembre 2000, inedita).
Nella fattispecie, la detenzione che aveva fatto seguito all'arresto di ...................................... si è conclusa il 18 ottobre 1988, ossia più di sei mesi prima della data di presentazione del ricorso (21 luglio 1997).
Ne segue che tale motivo di ricorso deve essere respinto in quanto tardivo, ai sensi dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, a maggioranza,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Michael O'Boyle
[firma illeggibile]
Cancelliere

Nicolas Bratza
[firma illeggibile]
Presidente