Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 23 ottobre 2003 - Ricorso n. 39758/98 - ... contro l'Italia

Traduzione non ufficiale

CONSIGLIO D'EUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
PRIMA SEZIONE

Decisione sull'ammissibilità
del ricorso n. 39758/98
presentato da Y contro l'Italia

La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (prima sezione), riunita il 23 ottobre 2003 in una camera composta da:
C.L. ROZAKIS,presidente,
P. LORENZEN,
G. BONELLO,
A. KOVLER,
V. ZAGREBELSKY,
E. STEINER,
K. HAJIYEV, giudici,
e daS. NIELSEN, cancelliere aggiunto di sezione,

Visto il ricorso sopra indicato, presentato dinanzi alla Commissione europea dei Diritti dell'Uomo il 7 ottobre 1997,
Visto l'articolo 5 § 2 del Protocollo n. 11 alla Convenzione, che ha trasferito alla Corte la competenza per esaminare il ricorso,
Viste le osservazioni presentate dal Governo convenuto e quelle presentate in risposta dal ricorrente,

Dopo aver deliberato pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

Il ricorrente, il sig. Y un cittadino italiano, nato nel &..residente a ..............
È rappresentato dinanzi alla Corte dall'avv................ del foro di...................
Il governo convenuto è rappresentato dal suo agente, U. Leanza, e dal suo co-agente, V. Esposito.

  1. Le circostanze della causa

    I fatti di causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue:
    Il 12 aprile 1991 il sig. X presentò una denuncia contro un omonimo del ricorrente. Il 3 maggio 1994 la Procura chiese il rinvio a giudizio del ricorrente.
    Il 7 settembre 1994, il ricorrente fu informato che era stata fissata un'udienza per il 29 settembre 1994 dinanzi al giudice per l'udienza preliminare di . In tale occasione, egli fu informato che era accusato di bancarotta fraudolenta, contraffazione di sigilli, falso e uso di falso, reati che aveva commesso in qualità di amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata.
    L'udienza fu rinviata inizialmente all'11 novembre 1994, poi al 22 febbraio 1995 e infine al 19 maggio 1995, poiché la notifica ad altri coimputati non era stata eseguita regolarmente.
    In tale data il giudice dell'udienza preliminare rinviò l'udienza prima al 21 giugno 1995 e poi al 2 novembre 1995, a causa di scioperi degli avvocati. In quest'ultima data, il giudice rinviò l'udienza al 23 gennaio 1996, poiché il mandato del difensore di alcuni coimputati non era regolare. Il giudice rinviò poi la causa per acquisire alcuni documenti.
    Il 19 aprile 1996, il procedimento fu rinviato d'ufficio al 7 giugno 1996, data in cui fu rinviato poiché la notifica della fissazione della data dell'udienza al ricorrente non era stata eseguita regolarmente.
    L'11 ottobre e il 13 dicembre 1996 la causa fu rinviata, poiché la procura non aveva prodotto alcuni documenti.
    Il 14 marzo 1997 il ricorrente chiese di produrre degli elementi di prova. La richiesta fu respinta. Il giudice accettò tuttavia di sentire il denunciante. Il 7 aprile 1997 X fu interrogato. Egli dichiarò che il ricorrente non era la persona contro la quale egli aveva sporto denuncia.
    Con sentenza del 17 aprile 1997 il giudice pronunciò un non luogo a procedere nei confronti del ricorrente. Tale decisione passò in giudicato il 22 maggio 1997.
    Il 15 ottobre 2001 il ricorrente adì la corte d'appello di ai sensi della legge n. 89 del 24 marzo 2001, detta "legge Pinto" lamentando la durata eccessiva del procedimento sopra descritto. Egli chiese alla corte di affermare che vi era stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare il governo italiano al risarcimento dei danni materiali e morali subiti.
    Con decisione dell'11 febbraio 2002 la corte d'appello respinse la domanda di risarcimento del ricorrente poiché, tenuto conto della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la durata del procedimento in questione non risultava irragionevole.
    Con lettera del 9 aprile 2002, il ricorrente informò la Corte dell'esito del procedimento nazionale e chiese alla Corte di riesaminare il suo ricorso.
     
  2. Il diritto interno pertinente

    Il diritto interno pertinente viene descritto nella decisione Brusco c/Italia, n. 69789/01, CEDU 2001-IX.

MOTIVO

Invocando l'articolo 6 § 1 della Convenzione, il ricorrente lamenta la durata del procedimento.

IN DIRITTO

Il ricorrente ritiene di essere vittima di una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, che recita:
"Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (&) entro un termine ragionevole, da un tribunale (&) il quale sia chiamato a pronunciarsi (&) sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti (&)".
Il Governo si oppone a questa tesi. Poiché la durata complessiva del procedimento non è stata eccessiva, il ricorso deve, secondo lo stesso, essere respinto.
La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si valuta a seconda delle circostanze di causa e con riguardo ai criteri confermati dalla giurisprudenza della Corte, in particolare alla complessità della causa, al comportamento del ricorrente e a quello delle autorità competenti (v., tra molte altre, la sentenza Pélissier e Sassi c/Francia [GC], n. 25444/94, § 67, CEDU 1999-II).
La Corte nota che il procedimento in questione è iniziato il 7 settembre 1994, data in cui il ricorrente è stato informato delle accuse mosse nei suoi confronti, e si è concluso il 22 maggio 1997, quando la decisione del giudice per le indagini preliminari di è passata in giudicato.
Pertanto esso è durato circa due anni e otto mesi per un grado di giurisdizione.
La Corte rileva che la causa non era particolarmente complessa. Tuttavia, essa osserva che il 19 maggio 1995, il 21 giugno 1995 e il 2 novembre 1995 la causa fu rinviata a causa di uno sciopero degli avvocati che ha causato un ritardo di circa cinque mesi. Inoltre, la Corte osserva che l'udienza del 2 novembre 1995 è stata rinviata per questioni formali relative al mandato del difensore di alcuni coimputati. La Corte rileva in tal caso un ritardo di circa tre mesi. Questi eventi, che hanno causato un ritardo complessivo di circa otto mesi, costituiscono dei fatti oggettivi, non imputabili allo Stato e da tenere in considerazione per stabilire se il procedimento abbia o meno superato il termine ragionevole di cui all'articolo 6 § 1 (v. sentenza Maurano c/Italia, n. 43350/98, del 26 aprile 2001). Inoltre, non si può imputare allo Stato il periodo di circa un mese trascorso tra la data in cui è stata pronunciata la sentenza (17 aprile 1997) e il momento in cui questa passata in giudicato (22 maggio 1997) (v., mutatis mutandis, la sentenza Scopelliti c/Italia, sentenza del 23 novembre 1993, serie A n. 278, p. 9, § 22).
Alla luce di quanto sopra esposto e tenuto conto delle circostanze particolari della fattispecie la Corte ritiene, conformemente alla propria giurisprudenza in materia, che una durata complessiva di due anni e otto mesi per un grado di giurisdizione non possa essere considerata irragionevole (v. Brizi c/Italia (dec.), n. 39743/98 e 39746/98, 29 febbraio 2001). Pertanto, la Corte ritiene che la decisione della corte d'appello di Perugia sia conforme alla giurisprudenza europea.
Ne consegue che il ricorso è manifestamente infondato e deve essere respinto in applicazione dell'articolo 35, §§ 3 e 4.

Per questi motivi la Corte, all'unanimità,

Dichiara il ricorso inammissibile.

Cancelliere aggiunto
firma illeggibile

Presidente
firma illeggibile