Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 ottobre 2004 - Ricorso ... - ... contro l'Italia

CONSIGLIO D'EUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
PRIMA SEZIONE

DECISIONE SULL'AMMISSIBILITÀ

del ricorso n. …………………………..
presentato da ………………………………
contro l'Italia

La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (prima sezione), riunita il 28 ottobre 2004 in una camera composta da:
C.L. Rozakis, presidente,
F. Tulkens,
N. VajiS. Botoucharova,
A. Kovler,
V. Zagrebelsky
E. Steiner, giudici,
e da S. Nielsen, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso sopra indicato, presentato il 26 giugno 2002,
Viste le osservazioni presentate dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dal ricorrente,
Dopo aver deliberato pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

Il ricorrente, il sig. ……….., è un cittadino italiano, nato nel 1953 e residente a …………. È rappresentato dinanzi alla Corte dall'Avv. ………………… del foro di …………………….

  1. Le circostanze della causa
    I fatti di causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.
    Il ricorrente si separò dalla moglie nel 1993 a causa di conflitti incessanti.
    Secondo un'indagine sociale effettuata il 14 luglio 1994 i loro tre figli minori, nati rispettivamente nel 1980, nel 1981 e nel 1989, furono segnati dalla situazione conflittuale che regnava da vari anni tra i genitori.
    Conformemente a un decreto pronunciato il 23 agosto 1994 dal tribunale per i minorenni di ………… essi furono affidati a una casa famigliare, in applicazione dell'articolo 333 del Codice Civile, e la loro custodia fu affidata al servizio sociale del comune di …………………………
    In applicazione di un decreto emesso il 10 gennaio 1995 dal tribunale per i minorenni di …………, i rapporti tra i tre figli minori e il padre furono sospesi.
    Il 23 giugno 1995 il tribunale per i minorenni di…………. decise che i tre minori potevano recarsi alternativamente da ciascuno dei genitori la domenica.
    Il 26 febbraio 1996 il tribunale per i minorenni di ……… decise di affidare il più giovane dei minori, A., che aveva allora circa 7 anni, alla madre a causa della sua necessità di riferimenti materni. Il tribunale propose una ripresa dei contatti tra gli altri due minori e il ricorrente, poiché questi ultimi erano molto attaccati al padre. Il tribunale rifiutò tuttavia di concedere qualsiasi contatto tra il ricorrente e il figlio più giovane, poiché il suo comportamento aggressivo avrebbe potuto compromettere l'ambientamento del bambino presso la madre.
    Il 12 giugno 1996 il tribunale per i minorenni di ………. autorizzò i due figli più grandi a trascorrere le vacanze estive con il ricorrente, poiché quest'ultimo aveva più volte manifestato la propria volontà in tal senso. Il tribunale negò tuttavia qualsiasi incontro tra il ricorrente e il figlio più giovane, poiché il ricorrente, desiderando ottenere la custodia di quest'ultimo, aveva fatto chiaramente capire che non avrebbe osservato le decisioni del tribunale per i minorenni.
    Il 19 novembre 1996 il tribunale per i minorenni di …………. decise di affidare i due figli più grandi al ricorrente. Esso ordinò al servizio sociale del comune di …………. di esaminare la possibilità di incontri tra ciascuno dei tre figli e il genitore con cui essi non vivevano.
    Il 14 aprile 1997 il tribunale per i minorenni di ……… confermò definitivamente l'affidamento dei due figli più grandi al ricorrente e l'affidamento del più giovane alla madre. A seguito dell'indagine del servizio sociale, il tribunale constatò un atteggiamento negativo manifestato dal ricorrente che, a varie riprese, dichiarò di non aver intenzione di rispettare la decisione del tribunale per i minorenni relativa al divieto di incontrare il figlio più giovane, poiché era convinto che la madre non fosse idonea ad occuparsene. Il tribunale decise di vietare ogni contatto tra il ricorrente e il figlio più giovane.
    In un rapporto del 26 maggio 1998 un assistente sociale del comune di ………. constatò che il ricorrente non desiderava intrattenere alcun rapporto con il servizio sociale o con la ex moglie.
    In base a tale rapporto il 17 dicembre 1999 il tribunale civile di …………, incaricato di deliberare sulle modalità della separazione del ricorrente e della moglie, decise di affidare il figlio più giovane alla madre con il divieto per il ricorrente di vederlo, tenuto conto della situazione conflittuale persistente e del rifiuto di quest'ultimo di riprendere contatto con il figlio finché quest'ultimo si trovava sotto la custodia della ex moglie.
    Contattato a più riprese dal ricorrente, il giudice tutelare del tribunale civile di ………… invitò il ricorrente a mettersi in contatto con il servizio sociale allo scopo di programmare un colloquio con il figlio minore.
    Con una richiesta congiunta depositata nel mese di luglio 2002 il ricorrente e la ex moglie chiesero al tribunale civile di ……………. di pronunciare gli effetti civili del matrimonio, anche in riferimento alla custodia di A., unico figlio ancora minorenne.
    Al termine dell'udienza del 27 settembre 2002 il giudice incaricato di regolare gli effetti civili del matrimonio constatò il fallimento del tentativo di conciliazione e rinviò le parti dinanzi a un collegio di giudici. Egli chiese il permesso di esaminare il fascicolo del procedimento pendente depositato presso il giudice tutelare riguardante la situazione del figlio minore.
    Il 15 ottobre 2002 il tribunale per i minorenni di ........................., adito dal ricorrente, si dichiarò incompetente ad emettere un provvedimento definitivo relativamente alle modalità di visita tra il ricorrente e A., provvedimento ormai riservato al tribunale civile adito per la procedura di divorzio.
    Durante un'udienza collegiale in data 22 novembre 2002 l'ex moglie del ricorrente dichiarò che il figlio più giovane aveva dichiarato nel corso di un colloquio con le assistenti sociali di non voler vedere il padre. Il ricorrente replicò: "Se mio figlio non vuole vedermi, poco importa".
    Il 2 dicembre 2002 il tribunale civile di ......................... emise un'ordinanza di rinvio a giudizio dinanzi al giudice istruttore in considerazione del fatto che le condizioni congiuntamente richieste dalle parti per regolare la custodia del figlio minore non erano soddisfatte e che l'esclusione totale e definitiva della presenza paterna era in contraddizione con l'interesse del minore.
    Dal 29 gennaio 2003 al 23 dicembre 2003 furono tenute varie udienze dinanzi al tribunale civile. Furono sentiti i quattro figli della coppia. Uno dei figli ormai maggiorenne dichiarò di aver lasciato la casa paterna a causa dei difficili rapporti tra il padre e la nuova compagna. Il figlio più giovane dichiarò di non comprendere perché suo padre non si fosse preoccupato di lui per otto anni mentre poi egli si era sentito continuamente assillato.
    Il 14 marzo 2003 una sentenza parziale resa dal tribunale civile di ......................... pronunciò la fine degli effetti civili del matrimonio e lasciò la causa in sospeso per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali e la custodia del figlio minore.
    Nel mese di aprile 2004 il giudice incaricato di regolare gli effetti civili del matrimonio pronunciò una decisione con la quale autorizzò la ripresa dei contatti tra il ricorrente e il figlio minore una volta a settimana in presenza di una persona che il minore conosceva bene allo scopo di permettere di ristabilire un rapporto di confidenza tra i due. Il processo fu rinviato per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 13 ottobre 2004.
  2. Il diritto interno pertinente
    L'articolo 333 del codice civile ("CC") prevede che quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza dalla potestà sui figli, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento del figlio dalla residenza famigliare.

MOTIVO

Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il ricorrente lamenta il fatto che i suoi figli sono stati separati e che egli non può vedere il figlio più giovane da più di sette anni.

IN DIRITTO

Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il ricorrente lamenta una violazione del suo diritto al rispetto della vita famigliare. Tale articolo recita:
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita (…) familiare (…).
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui."

 

  1. Eccezione preliminare del Governo
    1. Mancato esaurimento delle vie di ricorso interne
      Il Governo eccepisce il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne. Esso sostiene, da una parte, che le decisioni pronunciate dal tribunale di ......................... conformemente all'articolo 333 CC non sono definitive in quanto sono revocabili in qualsiasi momento, non solo per motivi sopraggiunti ex nunc, ma anche per motivi preesistenti (ex tunc). Il Governo sostiene, d'altra parte, che le misure pronunciate ai sensi dell'articolo 333 CC possono essere anche oggetto di un ricorso dinanzi alla corte d'appello. Poiché il ricorso dinanzi alla Corte è stato presentato prima di fare ricorso ai mezzi previsti dal sistema giuridico interno, esso deve essere dichiarato inammissibile.
      Il Governo giunge alla stessa conclusione esaminando i provvedimenti pronunciati dal tribunale civile. La sentenza che pronuncia la separazione tra i coniugi e l'attribuzione della custodia dei figli può essere oggetto di appello e di ricorso per cassazione, che invece il ricorrente ha omesso di presentare.
      Il ricorrente ritiene da parte sua che, tenuto conto della particolarità del procedimento relativo ai minori, non era possibile esaurire le vie di ricorso interne, come sostiene il Governo.
      Quanto all'eccezione del mancato esaurimento sollevata dal Governo convenuto, la Corte ricorda anzitutto che ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione la Corte può essere adita solo dopo che siano state esaurite le vie di ricorso interne. Al riguardo, essa ricorda poi che l'obbligo di esaurire le vie di ricorso interne si limita a quello di fare un uso normale dei ricorsi verosimilmente efficaci, sufficienti ed accessibili e non esige l'esercizio di un ricorso manifestamente privo di qualsiasi possibilità di successo. Inoltre, tale disposizione deve essere applicata con una certa flessibilità e senza eccessivo formalismo, tenuto conto del contesto. È opportuno ricordare infine che una parte ricorrente è sollevata dall'obbligo di esercitare un ricorso di carattere ripetitivo (v. Scozzari e Scozzari c/Italia (dec.), n. 39221/98 e n. 41963/98, 15 settembre 1998).
      La Corte ricorda che in materia di volontaria giurisdizione le decisioni dei tribunali per i minorenni possono essere revocate o modificate in ogni momento e che esse possono pertanto essere oggetto di un numero indefinito di ricorsi. Nella fattispecie il tribunale per i minorenni di ......................... ha modificato più volte le decisioni di affidamento dei tre figli del ricorrente. Il 14 aprile 1997 il tribunale ha confermato l'affidamento dei due figli più grandi al ricorrente e l'affidamento del figlio minore alla madre. Il vero mezzo di ricorso a disposizione del ricorrente era una domanda, indirizzata allo stesso tribunale, di riesaminare la situazione in vista di un'eventuale sospensione, modifica o revoca dell'ordinanza controversa.
      Il 15 ottobre 2002 il ricorrente si rivolse al tribunale per i minorenni di ......................... allo scopo di far modificare il diritto di visita. Tale domanda non ebbe seguito, in quanto il tribunale per i minorenni si dichiarò incompetente ad emettere una misura definitiva e rinviò la competenza al tribunale civile investito del procedimento di divorzio. Di conseguenza, nelle circostanze della presente causa, una domanda di riesaminare la situazione indirizzata allo stesso tribunale per i minorenni di ......................... sembrava destinata a fallire. Del resto, un ricorso dinanzi alla stessa autorità che ha adottato il provvedimento non può essere considerato un ricorso efficace, che soddisfa alle condizioni dell'articolo 35 della Convenzione.
      Per quanto riguarda il procedimento civile volto a far cessare gli effetti civili del matrimonio e a decidere sulla custodia dei figli, la Corte osserva che quest'ultimo non si era concluso al momento in cui è stato presentato il ricorso dinanzi alla Corte, e pertanto il ricorrente non poteva esaurire le vie di ricorso interne.
      Pertanto, l'eccezione del mancato esaurimento sollevata dal Governo non può essere accolta.
    2. Inosservanza del termine di sei mesi
      Il Governo osserva che il provvedimento del tribunale per i minorenni di ......................... è stato emesso il 14 aprile 1997 e che il ricorso dinanzi alla Corte è stato presentato il 26 giugno 2002. Il termine di sei mesi previsto dall'articolo 35 della Convenzione è dunque scaduto.
      Il ricorrente, da parte sua, insiste sulla complessità del procedimento in corso e sui vari provvedimenti contraddittori attuati nel corso del procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni. Egli precisa che l'ultimo documento depositato al momento della presentazione del ricorso è un verbale di udienza tenuta dinanzi al giudice tutelare di ......................... e datato 20 gennaio 2002, e che pertanto il termine di sei mesi è stato rispettato.
      La Corte ricorda la particolarità del procedimento dinanzi ai tribunali per i minorenni italiani secondo cui le decisioni possono essere revocate o modificate in qualsiasi momento. Poiché tali decisioni non hanno carattere definitivo e l'ultimo documento è datato 20 gennaio 2002, non si può rimproverare al ricorrente l'inosservanza del termine di sei mesi.
      Di conseguenza, l'eccezione dell'inosservanza del termine di sei mesi sollevata dal Governo non può essere accolta.
       
  2. Fondatezza del motivo
    Secondo il Governo, la limitazione del diritto di visita del minore, provvedimento adottato in applicazione dell'articolo 333 CC, è stata imposta allo scopo di tutelare la tranquillità personale e famigliare il minore, compromessa da molto tempo da conflitti incessanti tra i suoi genitori, benché questi fossero separati da molto tempo. Il Governo è del parere che il fallimento dei tentativi di riavvicinamento del minore con il padre deve essere attribuito all'atteggiamento del ricorrente, che ha dichiarato più volte che non intendeva garantire il rispetto dei provvedimenti disposti dal tribunale per i minorenni di ........................., poiché era convinto che la madre non fosse in grado di occuparsi del figlio. Il Governo osserva anche che il ricorrente ha dato prova di un comportamento irriverente nei confronti dell'autorità giudiziaria, che ha portato il tribunale per i minorenni ad osservare ragionevolmente che la separazione del figlio più giovane dal padre fosse necessaria per evitargli di essere implicato in questo contesto di conflittualità e di ostilità nei confronti della figura materna, soprattutto a causa della sua giovane età all'epoca dei fatti.
    Il Governo ritiene che il provvedimento sia stato adottato per tutelare la salute del minore, nozione che include anche l'equilibrio psichico e il diritto alla tranquillità personale e famigliare del minore. Inoltre, il provvedimento imposto dal tribunale per i minorenni è stato di seguito confermato dal giudice civile che ha pronunciato la separazione personale dei coniugi. Il tribunale civile ha motivato la sua decisione basandosi su un rapporto dei servizi sociali in cui si menzionava un rifiuto sostanziale opposto dal ricorrente alla ripresa dei contatti con il figlio.
    Il Governo rileva inoltre che il tribunale civile di ........................., non essendo d'accordo con l'esclusione totale e definitiva della presenza paterna per il minore decise, in un'ordinanza del 2 dicembre 2002, di rinviare le parti dinanzi al giudice. Il Governo osserva dunque che la situazione del minore e della sua famiglia è stata, nel corso degli anni, seguita attentamente dallo Stato per il tramite dei servizi preposti e dell'autorità giudiziaria. Il ricorrente ritiene da parte sua che la possibilità di mantenere dei rapporti con i due genitori è stata negata al minore A. a causa di valutazioni superficiali e di decisioni non motivate da parte delle autorità italiane. Il ricorrente ritiene che la situazione di conflitto che regnava tra gli ex coniugi sia stata esaminata in maniera unilaterale, unicamente a torto del ricorrente che fu considerato un soggetto pericoloso per il minore. Il ricorrente ricorda che da nessuna perizia è risultata una personalità così pericolosa da giustificare il rifiuto di qualsiasi rapporto padre-figlio. La conseguenza ancora più grave di questa situazione fu la separazione di A. e degli altri due fratelli, affidati al padre.
    Il ricorrente si oppone all'affermazione del Governo secondo cui egli avrebbe rinunciato a riprendere contatto con il figlio. Secondo lui, i fatti dimostrano il contrario: le ripetute domande al giudice tutelare, le memorie presentate alle autorità giudiziarie e alle più alte istanze istituzionali dimostrano che il ricorrente ha fatto di tutto per recuperare la custodia del figlio più giovane. Il ricorrente osserva infine che il figlio desidera anche mantenere un rapporto con il padre, come ha dichiarato a più riprese alle autorità giudiziarie.
    La Corte ricorda che, per un genitore e suo figlio, stare insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita famigliare e che delle misure che lo impediscono costituiscono una ingerenza nei diritti sanciti dall'articolo 8 (v., tra le altre, la sentenza Bronda c/Italia del 9 giugno 1998, Raccolta1998-IV, § 51, W.F. c/Italia, n. 33481/96, 3 ottobre 2002). I fatti di causa costituiscono una ingerenza nel diritto del ricorrente al rispetto della sua vita famigliare sancito dall'articolo 8 § 1 della Convenzione.
    Una simile ingerenza è contraria a tale articolo a meno che essa non sia "prevista dalla legge", non persegua uno o più scopi legittimi rispetto al paragrafo 2 dell'articolo 8 e non possa passare per una misura "necessaria" "in una società democratica".
    Nella fattispecie, l'affidamento di A. ad una casa famigliare, e poi l'attribuzione della sua custodia alla madre e la limitazione del diritto di visita del padre sono il risultato dell'applicazione dell'articolo 333 del codice civile ai sensi del quale il giudice può, quando il comportamento dei genitori di un minore reca pregiudizio a quest'ultimo, adottare tutte le misure pertinenti. La Corte considera che il testo di tale disposizione è abbastanza generale, il che lascia alle autorità nazionali un ampio margine discrezionale, in particolare per la determinazione delle misure necessarie a tutelare il minore (v. Bronda già cit., § 54). La Corte ritiene dunque che il provvedimento adottato nella fattispecie era previsto dalla legge ai sensi dell'articolo 8 § 2 (v. mutatis mutandis, la sentenza Olsson c/Svezia (n. 1) del 24 marzo 1988, serie A n. 130, pp. 30-31, §§ 60-63).
    La Corte osserva che le autorità nazionali sono intervenute allo scopo di tutelare il minore. Di conseguenza, l'ingerenza perseguiva uno scopo legittimo, ossia la tutela dei diritti e delle libertà altrui, conformemente al paragrafo 2 dell'articolo 8 della Convenzione.
    Resta da esaminare la questione della necessità dell'ingerenza nel diritto al rispetto della vita famigliare del ricorrente.
    Per farlo, la Corte ricorda che è opportuno esaminare, alla luce della causa nella sua globalità, se i motivi invocati per giustificare i provvedimenti controversi erano pertinenti e sufficienti ai fini del paragrafo 2 dell'articolo 8 (sentenza Olsson già cit., § 68; sentenza Scozzari e Giunta c/Italia [GC], nn. 39221/98 e 41963/98, Raccolta delle sentenze e decisioni 2000-VIII § 148). In questo contesto la Corte non ha il compito di sostituirsi alle autorità interne per disciplinare la presa in carico di minori da parte dell'amministrazione pubblica e i diritti dei genitori di tali minori, ma di valutare sotto il profilo della Convenzione le decisioni dalle stesse pronunciate nell'esercizio del loro potere discrezionale (sentenza Bronda già cit., § 59).
    La Corte ricorda poi che bisogna normalmente considerare la presa in carico di un minore come una misura temporanea da sospendere non appena la situazione lo consente e che ogni atto di esecuzione deve conformarsi ad uno scopo ultimo: riunire il genitore naturale e il minore. Al riguardo, si deve trovare un giusto equilibrio tra l'interesse del minore a restare in affidamento e quello del genitore a vivere con lui. Procedendo in tal senso, la Corte attribuisce un'importanza particolare all'interesse superiore del minore che, a seconda della sua natura e della sua gravità, può prevalere su quello del genitore. In particolare, l'articolo 8 non può autorizzare il genitore a veder adottare dei provvedimenti pregiudizievoli per la salute e lo sviluppo del minore (sentenza Johansen c/Norvegia del 7 agosto 1996, Raccolta 1996-III, § 78).
    La Corte osserva anzitutto che nella sua decisione del 23 agosto 1994 il tribunale per i minorenni di ......................... decise di affidare i tre figli minori presso una casa famigliare. Il tribunale si è basato su un'inchiesta sociale del 14 luglio 1994 che stabilisce che i minori erano stati segnati dalla situazione conflittuale che regnava tra i loro genitori da vari anni. Il 23 giugno 1995 il tribunale per i minorenni di ......................... permise tuttavia ai minori di riprendere i contatti alternativamente con ciascuno dei loro genitori la domenica. Il 26 febbraio 1996 il tribunale per i minorenni, avendo constatato la necessità di riferimenti materni del figlio più giovane, che aveva allora 7 anni, decise di affidarlo alla madre ed escluse qualsiasi contatto con il padre, considerato il comportamento aggressivo di quest'ultimo. Il tribunale ha tenuto conto del benessere del minore che avrebbe potuto essere segnato dall'aggressività del padre in un momento della sua vita in cui doveva ritrovare il proprio posto presso la madre.
    La Corte osserva anche che il ricorrente ha manifestato un comportamento ostile nei confronti dell'autorità giudiziaria e della ex moglie. Il 12 giugno 1996 il tribunale per i minorenni di ......................... rifiutò di autorizzare gli incontri del figlio minore con il ricorrente, poiché quest'ultimo aveva chiaramente fatto capire che non avrebbe osservato le decisioni del tribunale. A più riprese, tra il 19 novembre 1996 e il 14 aprile 1997 il ricorrente ha anche dichiarato al servizio sociale di ......................... che non aveva intenzione di rispettare la decisione del tribunale per i minorenni di ......................... che affidava la custodia del figlio alla madre, poiché era convinto che quest'ultima non fosse idonea ad occuparsene. Sulla base di un rapporto del 26 maggio 1998 il tribunale civile di ......................... constatò anche che il ricorrente aveva rifiutato di riprendere i contatti con il figlio finché questi si trovava sotto la custodia della ex moglie. Durante un'udienza dinanzi al tribunale civile in data 22 novembre 2002, il ricorrente manifestò nuovamente un distacco nei confronti del figlio minore poiché dichiarò che gli importava poco di sapere che il figlio non voleva vederlo.
    La Corte osserva infine che, malgrado la situazione di ostilità che regnava tra gli ex coniugi, il giudice civile tentò, nell'interesse del minore, un riavvicinamento del minore al padre. Il 2 dicembre 2002 egli rinviò le parti dinanzi al giudice istruttore allo scopo di regolare la questione della custodia del minore e di evitare un'esclusione totale e definitiva della presenza paterna. Il giudice incaricato di regolare gli effetti civili del matrimonio autorizzò, in una decisione dell'aprile 2004, la ripresa dei contatti tra il ricorrente e il figlio più giovane.

In conclusione, la Corte ritiene che le autorità italiane hanno adottato tutte le misure che si potevano ragionevolmente esigere dalle stesse e che le decisioni prese erano basate su motivi pertinenti e sufficienti ed esano giustificate dalla tutela degli interessi di A.
Tenuto conto di tutti questi elementi, la Corte considera che le autorità nazionali non sono andate oltre il loro margine discrezionale e che non vi è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
La Corte ritiene di conseguenza che questo motivo è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi la Corte, all'unanimità,
Dichiara il ricorso inammissibile.

Soren Nielsen
Cancelliere

Christos Rozakis
Presidente