Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 21 agosto 2004 - Ricorso n. 62357/00 - ... contro l'Italia

CONSIGLIO D'EUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
PRIMA SEZIONE

DECISIONE SULL'AMMISSIBILITA'del ricorso n° 62357/00 presentato da &&&&&.. contro l'Italia

La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (prima sezione), riunitasi il 21 agosto 2004 in camera alla presenza di
C. L. Rozakis, presidente,
P. Lorenzen,
G. Bonello,
F. Tulkens,
N. Vajic,
E. Steiner, giudici,
L. Ferrari Bravo, giudice ad hoc,
e di S. Nielsen, cancelliere della Sezione,

Visto il ricorso succitato presentato dinanzi alla Commissione europea dei Diritti dell'Uomo il 1° aprile 1998,
Visto l'articolo 5 § 2 del Protocollo n° 11 della Convenzione, che ha trasferito a questa Corte la competenza per esaminare il ricorso,
Viste le osservazioni presentate dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dalla ricorrente,
Dopo aver deliberato, pronunzia la seguente decisione:

IN FATTO

La ricorrente è una società italiana con sede sociale in &&&&, rappresentata dinanzi alla Corte dall'Avv. &&., del foro di &&..
Il Governo convenuto è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, U. Lenza e I.M. Braguglia, e dai loro successivi coagenti, V. Esposito e F. Crisafulli.

I - Le circostanze della fattispecie

I fatti della causa, così come sono stati esposti dalle parti, possono essere riassunti come segue.
 

Il procedimento nazionale interno
Il 12 settembre 1986, il sig. B. citò la ricorrente e il sig. S. dinanzi al tribunale di &&&. al fine di chiedere la rescissione di un contratto di vendita di un immobile che si trovava a &&.. e il risarcimento dei danni subiti.
L'istruzione della causa iniziò il 19 novembre 1986. Sulle tredici udienze fissate tra il 5 febbraio 1987 e il 6 maggio 1992, due lo furono su richiesta delle parti, una per permettere alle parti di presentare le proprie conclusioni, quattro furono dedicate all'escussione dei testimoni, tre alle richieste delle parti di ammettere i mezzi di prova e tre alla presentazione delle proprie conclusioni. L'udienza di discussione ebbe luogo il 22 novembre 1994.
Con sentenza dello stesso giorno, il cui testo fu depositato in cancelleria il 9 gennaio 1995, il tribunale respinse la richiesta del sig. B. e accolse la richiesta della ricorrente relativa al risarcimento dei danni subiti, il cui ammontare sarebbe stato fissato durante un altro procedimento, come richiesto dalla ricorrente.
Il 21 luglio 1995, il sig. B. presentò appello dinanzi alla corte d'appello di &&... L'istruzione della causa iniziò il 9 gennaio 1996 e il 12 marzo 1996 le parti presentarono le loro conclusioni. L'udienza di discussione ebbe luogo il 20 maggio 1998.
Con sentenza dello stesso giorno, il cui testo fu depositato in cancelleria il 17 luglio 1998, la corte d'appello di &&& accolse in parte la richiesta del sig. B. modificando la parte della sentenza relativa ai danni subiti dalla ricorrente.
 

Il ricorso Pinto

Il 12 settembre 2001, la ricorrente chiese alla corte d'appello di &&& di accertare la violazione dell'articolo 6 e di risarcire, in equità, i danni materiali e morali subiti a causa della durata del procedimento.
Con decisione del 31 ottobre 2001, il cui testo fu depositato in cancelleria il 19 novembre 2001, la corte d'appello di &&&& respinse la richiesta della ricorrente in quanto infondata. La corte ritenne che la ricorrente avesse contribuito alla durata del procedimento, che non avesse dimostrato un particolare interesse a una pronta risoluzione della causa e che la durata potesse essere ritenuta ragionevole. Tra l'altro, la corte d'appello affermò che i problemi dell'amministratore e dei soci non potevano essere direttamente trasposti alla società ricorrente, e quindi non erano risarcibili.
Secondo la corte d'appello, la ricorrente avrebbe dovuto provare sia la violazione del tempo ragionevole, sia l'esistenza di danni patrimoniali e non patrimoniali e il nesso di causalità tra la suddetta violazione e i danni subiti; il che non era stato fatto. La corte d'appello rilevò che la ricorrente non aveva esposto i suoi danni nel ricorso né tanto meno aveva dimostrato la loro esistenza né un nesso di causalità tra la durata del procedimento - presunta eccessiva - ed eventuali danni.
Il 4 febbraio 2002, la ricorrente informò la Corte che non aveva l'intenzione di ricorrere in cassazione contro la decisione della corte d'appello di &&&, in quanto non affermava che ci fossero state delle violazioni su questioni di diritto ma invece un'errata valutazione del merito della causa, che non poteva, secondo la ricorrente, essere oggetto di un ricorso in cassazione.

II - Il diritto interno pertinente
I principali elementi del diritto e della pratica interni pertinenti sono descritti nella decisione Scordino c. Italia (n° 36813/97, CEDH 2003-IV, e di Sante c. Italia (dec.), n° 56079/00, 24 giugno 2004).

MOTIVI DI RICORSO

Appellandosi all'articolo 6 § 1 della Convenzione, la ricorrente denuncia la durata del procedimento civile. Dopo aver tentato la procedura "Pinto", la ricorrente non è rimasta soddisfatta della decisione della corte d'appello.

IN DIRITTO

La società ricorrente denuncia la durata del procedimento civile avviato dinanzi al tribunale di &&., appellandosi all'articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato nelle sue parti pertinenti:

"Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata (&) in un tempo ragionevole,da parte di un tribunale (&) che deciderà (&) in ordine alle controversie sui suoi diritti ed obbligazioni di natura civile (&)".

Il Governo ritiene che la ricorrente non abbia esaurito, in conformità all'articolo 35 § 1 della Convenzione, le vie di ricorso interne vista l'entrata in vigore della legge n° 89 del 24 marzo 2001, chiamata "legge Pinto".
La ricorrente sostiene invece che le vie di ricorso interne siano state esaurite in quanto, in seguito all'entrata in vigore della legge Pinto, ha investito la corte d'appello di &&& Non soddisfatta del risultato, la ricorrente chiese alla Corte di riprendere l'esame della richiesta, ed affermò inoltre di non aver adito la cassazione contro la sentenza della corte d'appello in quanto secondo lei c'era stata un'errata valutazione del merito della causa.
La Corte ricorda che, per quanto riguarda il ricorso dinanzi alle corti d'appello, ha ritenuto che il rimedio introdotto dalla "legge Pinto" sia accessibile e che nulla permetteva di dubitare della sua efficacia. Inoltre, la Corte ha considerato che vista la natura della "legge Pinto" e il contesto in cui è stata inserita, era giustificata l'eccezione al principio generale secondo cui la condizione dell'esaurimento deve essere valutata al momento della presentazione del ricorso (Brusco c. Italia, (dec.), n° 69789/01, CEDH 2001-IX; Di Cola c. Italia (dec.), n° 44897/98, 11.10.2001).
In seguito, nella succitata causa Scordino, la Corte ha affermato che in caso i ricorrenti contestino l'ammontare fissato a titolo di equo soddisfacimento dalla corte d'appello, non sono tenuti a ricorrere in cassazione.
Nella fattispecie, la Corte osserva che la corte d'appello ha respinto la domanda della ricorrente in quanto non vi era superamento del tempo ragionevole e che la ricorrente non aveva fornito alcuna prova dei danni subiti.
La Corte ritiene quindi che vi sia stato un problema di valutazione da parte della corte d'appello degli elementi presentati dalla ricorrente relativamente alla durata del procedimento (vedi Giuseppe Mazzoni c. Italia (dec.), n° 62355/00, 25 marzo 2004).
Di conseguenza, la Corte ritiene che la ricorrente avrebbe dovuto ricorrere in cassazione per ottenere una valutazione della sua causa diversa da quella proposta dalla corte d'appello. Infatti, la ricorrente non ha fornito alcun elemento che possa far dubitare dell'efficacia del ricorso in cassazione e, soprattutto, quando ha ottenuto la decisione, il 31 ottobre 2001, non aveva alcun elemento che le permettesse di dubitare della sua efficacia (vedi, mutatis mutandis, Generoso c. Italia (dec.), n° 52157/99, 6 maggio 2004).
Tenuto conto di quanto sopra e alla luce delle circostanze del presente procedimento, la Corte ritiene che occorra accogliere l'obiezione del Governo e ritiene che la ricorrente fosse tenuta a ricorrere in cassazione contro la decisione della corte d'appello.
Ne deriva che il ricorso deve essere respinto per non esaurimento delle vie di ricorso interne, ai sensi dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
Di conseguenza, la Corte decide di porre fine all'applicazione dell'articolo 29 § 3 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità

Dichiara il ricorso inammissibile.

Søren Nielsen
Cancelliere

Christos Rozakis
Presidente