Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 10 febbraio 2005 - Ricorso n. 10075/02 - ... contro l'Italia

CONSIGLIO D'EUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
TERZA SEZIONE

&&& c/ ITALIA (N. 2)

(Ricorso n. 10075/02)

SENTENZA
STRASBURGO
10 febbraio 2005

La presente sentenza diverrà definitiva ai sensi dell'articolo 44 par. 2 della Convenzione. Potrà subire delle variazioni di forma.

Nella causa &&& c. Italia (n. 2)


La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (Terza Sezione), costituita in una camera, composta da:
B.M. ZUPANCIC, presidente
J. HEDIGAN
L. CAFLISCH
C. BIRSAN
V. ZAGREBELSKY
A.GYULUMYAN
R.JAEGER, giudici,
e da V. BERGER, cancelliere di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 20 gennaio 2005,
Ha emesso la seguente sentenza, adottata in pari data:

PROCEDURA

  1. All'origine della causa vi è un ricorso (n° 10075/02) presentato contro l'Italia, con cui un cittadino di questo Stato, il sig. &&& ("il ricorrente"), il 5 gennaio 2002 ha adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
  2. Il ricorrente è rappresentato dall'avv. &&&, di &&&. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente I.M. Braguglia e dal suo co-agente F. Crisafulli.
  3. Invocando l'articolo 6 paragrafi 1 e 3 d) della Convenzione, il ricorrente ritiene, in particolare, che il procedimento a suo carico non è stato equo, tra l'altro, in ragione della sostituzione di uno degli otto giudici componenti la sezione della corte d'assise e del rigetto delle sue richieste tendenti ad ottenere una nuova convocazione dei testimoni.
  4. Il ricorso è stato assegnato alla prima sezione della Corte (articolo 52 1 del regolamento). La camera incaricata di esaminare il ricorso (articolo 27 par. 1 della Convenzione) è stata costituita conformemente all'articolo 26 par. 1 del regolamento.
  5. Con decisione del 4 dicembre 2003, la camera ha dichiarato il ricorso ricevibile.
  6. Il 1° novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni (articolo 25 par. 1 del regolamento). Il presente ricorso è stato assegnato alla terza sezione così rinnovata (articolo 52 par. 1).

    IN FATTO

    I - LE CIRCOSTANZE DEL CASO
     
  7. Il ricorrente è nato nel &&& e attualmente è detenuto nel carcere di &&&.
  8. Il 25 gennaio 1994, X, persona precedentemente condannata per associazione per delinquere di stampo mafioso, è stata assassinata a &&&.
  9. Nel corso delle indagini preliminari, una mafioso pentito, A, ha confessato e ha indicato i nominativi di molte altre persone coinvolte nell'omicidio. Ha precisato che il ricorrente, capo di un gruppo mafioso, aveva dato il suo consenso per l'esecuzione dell'omicidio. Sono state altresì ordinate molte perizie balistiche.
  10. Nei confronti del ricorrente è stato avviato un procedimento penale per omicidio e associazione di stampo mafioso. Con ordinanza del 1° aprile 1996, il giudice per le indagini preliminari di &&& ha rinviato a giudizio il ricorrente e altre dodici persone dinanzi alla corte d'assise della stessa città.
  11. Successivamente, un altro mafioso pentito, B, ha iniziato a cooperare con le autorità e ha confessato e precisato il ruolo del ricorrente nella preparazione dell'omicidio.
  12. Il dibattimento dinanzi alla corte d'assise è iniziato il 16 ottobre 1996. Molti testimoni, tra i quali A, B e molti altri mafiosi pentiti, sono stati interrogati in presenza del ricorrente e del suo avvocato, che ha avuto l'occasione di porre loro delle domande. La corte d'assise ha interrogato alcuni periti nominati d'ufficio.
  13. Successivamente, uno dei due giudici o consiglieri a latere, componente della sezione della corte d'assise è stato trasferito ad altre funzioni e sostituito da un giudice o consigliere a latere supplente.
  14. Con ordinanza del 1° ottobre 1998, la corte d'assise ha disposto il rinnovo del dibattimento ai sensi degli articoli 525 c. 2 e 492 e seguenti del codice di procedura penale (di seguito il "CPP ", vedere sotto il "diritto interno pertinente").
  15. Il 21 ottobre 1998, la procura ha chiesto di acquisire al fascicolo del dibattimento tutti i processi verbali degli interrogatori e altri atti compiuti durante il dibattimento prima della sostituzione del giudice. Il ricorrente si è opposto alla richiesta osservando che tutti gli elementi prodotti prima della sostituzione del giudice non potevano essere utilizzati e ha chiesto una nuova audizione dei testimoni precedentemente ascoltati.
  16. Con ordinanza del 3 novembre 1998, la corte d'assise ha accolto la richiesta della procura. La stessa ha ritenuto che le disposizioni interne pertinenti non impedivano di acquisire agli atti i processi verbali delle prove prodotte dinanzi ad una sezione diversamente composta (ai sensi delle disposizioni pertinenti del CPP, ossia gli articoli 511 c. 2 e 190 bis (vedere di seguito, sotto il "diritto interno pertinente"). La stessa ha ritenuto, altresì, che non vi erano dei motivi sufficienti per procedere all'audizione dei testimoni precedentemente interrogati e che il ricorrente non aveva indicato in che cosa, dei nuovi interrogatori, avrebbero potuto apportare elementi nuovi e pertinenti per la decisione della sua causa.
  17. Il 2 febbraio 1999, il ricorrente ha reiterato la sua opposizione, senza tuttavia ottenere alcun risultato.
  18. Con sentenza del 23 aprile 1999, la corte d'assise di Palermo ha condannato il ricorrente all'ergastolo.
  19. La decisione è stata presa sulla base delle dichiarazioni di A e B, ritenute precise, attendibili e corroborate da altri elementi, quali le affermazioni di altri testimoni e dei periti.
  20. Il ricorrente ha interposto appello, contestando l'attendibilità dei testimoni e chiedendo la riapertura del dibattimento.
  21. All'udienza del 16 ottobre 2000, il difensore di uno dei coimputati ha eccepito la nullità della sentenza della corte d'assise poiché i giudici della corte d'assise avevano utilizzato delle prove diverse da quelle acquisite durante il dibattimento. Il difensore del ricorrente ha aderito all'eccezione e ha chiesto di nuovo la riapertura del dibattimento.
  22. Con ordinanza del 20 ottobre 2000, la corte d'assise d'appello ha respinto le richieste. Ribadendo essenzialmente il ragionamento seguito dalla corte d'assise nell'ordinanza del 3 novembre 1998, la stessa ha rigettato in particolare la richiesta del ricorrente riguardante una nuova audizione dei testimoni.
  23. Con sentenza del 2 dicembre 2000, la corte d'assise d'appello di Palermo, confermando l'attendibilità dei pentiti, ha confermato la decisione di primo grado e la pena inflitta al ricorrente.
  24. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, ribadendo, essenzialmente, le eccezioni precedentemente formulate.
  25. Con sentenza del 12 giugno 2001, depositata in cancelleria il 27 luglio 2001, la Corte di cassazione, ritenendo che le giurisdizioni di primo e secondo grado avevano motivato in modo logico e corretto tutti i punti controversi, ha rigettato il ricorso del ricorrente. La Corte di cassazione ha ritenuto che per quanto riguardava la nuova audizione del testimoni e l'acquisizione dei processi verbali delle prove compiute durante il dibattimento prima della sostituzione del giudice, l'articolo 190 bis CPP, che prevede una eccezione al principio generale di acquisizione delle prove nei procedimenti connessi alle attività della mafia, era applicabile alla situazione controversa, anche se nel procedimento in oggetto non si trattava dell'acquisizione delle prove di un altro procedimento, disciplinato dall'articolo 238 CPP. La stessa ha sottolineato che gli elementi chiesti dal ricorrente non erano determinanti per decidere sul fondamento delle imputazioni a suo carico.

    II - IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI
     
  26. La corte d'assise è composta da un presidente, da un altro giudice o consigliere a latere e da sei giudici popolari. Dei giudici popolari supplenti assistono alle udienze e sostituiscono, in caso di necessità, i titolari. I voti dei due giudici o consiglieri a latere e dei giudici popolari sulle questioni di fatto o di diritto hanno lo stesso valore.
  27. Il C.P.P. contiene le seguenti disposizioni:
    Articolo 525
    1. La sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento.
    2. Alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Se alla deliberazione devono concorrere i giudici supplenti (&) i provvedimenti già emessi conservano efficacia se non sono espressamente revocati"
    Articolo 511
    1. Il giudice, anche d'ufficio, dispone che sia data lettura, integrale o parziale degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento.
    2. La lettura di verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo."
    Articolo 238
    1. È ammessa l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale se si tratta di prove assunte (&) nel dibattimento (&)
    1 bis. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati contro l'imputato soltanto se il suo difensore ha partecipato all'assunzione della prova (&)
    2. È comunque ammessa l'acquisizione della documentazione di atti che anche per cause sopravvenute non sono ripetibili.
    3. Al di fuori dei casi previste dai commi 1 (&) e 3, i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati nel dibattimento soltanto nei confronti dell'imputato che vi consenta; in mancanza di consenso, detti verbali possono essere utilizzati per le contestazioni previste dagli articoli 500 e 503 [queste due disposizioni prevedono la possibilità di contestare a un testimone delle differenze tra le dichiarazioni fatte all'udienza e quelle fatte precedentemente].
    4. Salvo quanto previsto dall'articolo 190 bis, resta fermo il diritto delle parti di ottenere a norma dell'art. 190 l'esame delle persone le cui dichiarazioni sono state acquisite a norma dei commi 1 (&) e 4 del presente articolo."
    Articolo 190 bis
    1. "Nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3 bis [reati connessi alle attività della mafia, al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e al sequestro di persone per fini di estorsione] quando è richiesto l'esame di un testimone, o di una delle persone indicate nell'articolo 210 [si tratta delle persone imputate in un procedimento connesso] e queste hanno già reso dichiarazione (&) i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario".

    IN DIRITTO

    SULLA PRETESA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 PARAGRAFI 1 E 3 DELLA CONVENZIONE
  28. Il ricorrente si lamenta del fatto che uno dei giudici componenti la sezione della corte d'assise è stato sostituito e si lamenta del rigetto delle sue richieste tendenti ad ottenere una nuova convocazione dei testimoni. Lo stesso sottolinea che i testimoni in questione non sono mai stati sentiti dal giudice supplente che ha preso parte alla deliberazione del procedimento a suo carico. Lo stesso sostiene che in tali condizioni, le deposizioni dei testimoni in questione non avrebbero dovuto essere utilizzate contro di lui. Invoca l'articolo 6 paragrafi 1 e 3 d) che, nelle parti pertinenti recita:
    "1. Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata imparzialmente, (&) da un tribunale (...) che deciderà (...) sul fondamento di ogni accusa in materia penale elevata contro di lei (...)."
    "3. Ogni accusato ha diritto soprattutto a:
    d) interrogare o fare interrogare i testimoni a carico ed ottenere la citazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni dei testimoni a carico;".

    Argomentazioni delle parti

    Il ricorrente
  29. Il ricorrente sostiene che la norma stabilita dall'articolo 190 bis CPP vigente all'epoca dei fatti, in base alla quale l'esame dei testimoni già interrogati è ammesso solo se il giudice lo ritiene "assolutamente necessario", fosse. troppo rigida. L'articolo in questione, anche dopo aver subito delle variazioni con la legge n. 63 del 2001, è incompatibile con il principio del processo equo. Sarebbe quindi un'eccezione al principio generale previsto dalle altre disposizioni del CPP citate dal Governo.
  30. Secondo il ricorrente, una volta che vi è stata una modifica nella composizione della sezione del tribunale, il procedimento deve ricominciare e per garantire il diritto ad un processo equo, gli elementi di prova dovrebbero essere raccolti di nuovo dinanzi alla sezione del tribunale diversamente composta.

    Il Governo
  31. Il Governo sottolinea innanzitutto che le disposizioni interne pertinenti, debitamente interpretate, non impedivano di acquisire nel fascicolo i processi verbali delle prove legittimamente prodotte dinanzi ad una sezione diversamente composta. Lo stesso osserva inoltre che in linea di massima, spetta alle giurisdizioni nazionali valutare gli elementi di prova raccolti da loro e che spetta ai giudici nazionali decidere sull'ammissibilità delle prove. Lo stesso ricorda, al riguardo, la giurisprudenza della Corte in materia e ritiene che il cambiamento di uno degli otto giudici componenti la sezione della corte d'assise non ha privato il ricorrente del diritto di interrogare i testimoni in questione, che erano stati sentiti durante il dibattimento pubblico in presenza del ricorrente e del suo difensore, che hanno avuto occasione di porre loro le domande che ritenevano utili per la difesa.
  32. Il Governo ritiene altresì che non vi erano motivi sufficienti per procedere ad una nuova audizione dei testimoni interrogati in precedenza e che il ricorrente non ha indicato in che cosa i nuovi interrogatori avrebbero potuto apportare degli elementi nuovi e pertinenti per la decisione della sua causa, né i motivi che rendevano tale operazione "assolutamente necessaria" come previsto dall'articolo 190 bis CPP.
  33. Inoltre, il Governo ricorda che nel caso in cui vi fosse una modifica nella composizione della sezione di un tribunale dopo l'inizio del dibattimento, occorrerebbe sempre tenerne conto e cercare di equilibrare diverse esigenze: il rispetto del principio del contraddittorio e del diritto alla difesa del ricorrente; garantire che tutti i giudici componenti la sezione abbiano conoscenza dei fatti in base ai quali dovranno da ultimo prendere una decisione; non disperdere gli elementi di prova già legittimamente raccolti durante il dibattimento pubblico e nel rispetto del diritto ad un processo equo; evitare la ripetizione che non farebbe altro che prolungare la durata globale del procedimento e che rischierebbe di determinare la prescrizione dei reati. D'altra parte, il Governo osserva che nel sistema penale italiano sono previsti diversi casi in cui possono essere sentiti dei testimoni in una diversa fase del procedimento e quindi senza la presenza dei giudici del dibattimento (per esempio, ciò si verifica nell'ambito del procedimento dinanzi al GIP "incidente probatorio" quando, se vi è motivo di temere che una testimonianza non possa più essere raccolta nel corso del dibattimento, è possibile assumerla in contraddittorio dinanzi al GIP o nell'ambito di una procedura diversa). Lo stesso ritiene che se l'imputato ha avuto la possibilità di interrogare i testimoni suddetti, l'uso delle dichiarazioni di questi ultimi da parte dei giudici del dibattimento che non erano presenti al momento della testimonianza è compatibile con l'articolo 6 della Convenzione.
  34. Peraltro il Governo sottolinea che il procedimento a carico del ricorrente riguardava dei reati connessi ad attività della criminalità di stampo mafioso; l'articolo 190 bis CPP era quindi applicabile.

    Valutazione della Corte
  35. Dato che le esigenze del paragrafo 3 rappresentano degli aspetti particolari del diritto ad un processo equo garantito dal paragrafo 1 dell'articolo 6, la Corte esaminerà la doglianza del ricorrente sotto il profilo di questi due testi combinati (vedi, tra l'altro, Van Geyseghem c. Belgio [GC], n. 26103/95, par. 27, CEDU 1999-I).
  36. La Corte ricorda, innanzitutto, che l'ammissibilità delle prove rientra essenzialmente nel campo delle norme di diritto interno, e che in linea di principio spetta agli organi giudiziari nazionali valutare gli elementi da loro raccolti. Il compito affidato alla Corte dalla Convenzione non consiste nel pronunciarsi sul punto di determinare se alcune deposizioni di testi siano state ammesse a giusto titolo come prove, ma a ricercare se il procedimento considerato nel suo insieme, ivi comprese le modalità di presentazione dei mezzi di prova, abbia rivestito un carattere equo (sentenza García Ruiz c.Spagna [GC], n. 30544/96, CEDU 1999-I, par. 28).
  37. Inoltre, gli elementi di prova devono in linea di principio essere prodotti dinanzi all'imputato in pubblica udienza, in vista di un dibattimento in contraddittorio. Tale principio non è tuttavia privo di eccezioni, che possono essere accettate solo con riserva dei diritti della difesa; di norma i paragrafi 1 e 3 d) dell'articolo 6 impongono di concedere all'imputato un'occasione adeguata e sufficiente per contestare una testimonianza a carico e di interrogarne l'autore, al momento della deposizione o successivamente (Van Mechelen e altri c. Paesi Bassi, sentenza del 23 aprile 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997 - III, p. 711, par. 51, e Lüdi c. Svizzera, sentenza del 15 giugno 1992, serie A n. 238, p. 21, par. 49). In particolare, i diritti della difesa sono limitati in modo incompatibile con le garanzie dell'articolo 6 quando una condanna si basa, unicamente o in misura determinante, sulle deposizioni di un testimone che l'imputato non ha avuto la possibilità di interrogare o di far interrogare né nella fase istruttoria né durante il dibattimento (A.M. c. Italia, n. 37019/97, par. 25, CEDU 1999-IX, par. 25, e Saïdi c. Francia, sentenza del 20 settembre 1993, serie A n. 261-C, pp. 56-57, paragrafi 43-44).
  38. Peraltro, la Corte ritiene che un elemento importante di un processo equo è anche la possibilità per l'imputato di confrontarsi con il testimone alla presenza del giudice che dovrebbe da ultimo, emettere una decisione; tale regola è una garanzia poiché le osservazioni dei giudici riguardo al comportamento e all'attendibilità di un testimone possono avere delle conseguenze per l'imputato. Pertanto, il cambiamento della composizione di un tribunale dopo l'audizione di un testimone decisivo comporta normalmente una nuova audizione di quest'ultimo (vedere P.K. c. Finlandia (dec.), n. 37442/97, 9 luglio 2002 e mutatis mutandis Pitkänen c. Finlandia n. 30508/96, par. 62-65, 9 marzo 2004 nonché Milan c. Italia (dec.), n. 32219/02, 4 dicembre 2003).
  39. Tuttavia, la Corte ritiene che, nella fattispecie, vi erano delle circostanze particolari che giustificano un'eccezione al principio dell'oralità del dibattimento e al principio dell'immutabilità del giudice del dibattimento. La stessa osserva che le prove controverse sulle quali si è basata la condanna del ricorrente erano le affermazioni di vari testimoni tra i quali un peso decisivo è stato attribuito alle dichiarazioni di due pentiti A e B. La stessa rileva che la sostituzione di uno degli otto giudici componenti la sezione della corte d'assise non ha privato il ricorrente del suo diritto di interrogare i testimoni in questione, poiché gli stessi sono stati sentiti in pubblico dibattimento, alla presenza del ricorrente e del suo avvocato, che hanno avuto modo di porre loro le domande che ritenevano utili per la difesa. Inoltre, come indicato dalla corte d'assise, nelle sue ordinanze del 3 novembre 1998 e 18 marzo 1999, il ricorrente non aveva indicato in che cosa gli interrogatori dei testimoni, da lui richiesti, avrebbero potuto apportare degli elementi nuovi e pertinenti. Peraltro, anche se uno degli otto giudici è stato sostituito, gli altri sette hanno potuto assistere alla produzione di tutte le prove. In tali circostanze, il fatto che il giudice supplente abbia avuto la possibilità di leggere i processi verbali delle udienze nelle quali i testimoni in questione (A, B ed altri) sono stati interrogati, compensa la sua assenza nelle udienze in cui hanno avuto luogo le audizioni dei testimoni in questione(vedere P.K. c. Finlandia citata).
  40. Considerato quanto precede, la Corte conclude che il rigetto delle domande del ricorrente tendenti ad ottenere una nuova audizione dei testimoni o l'utilizzo dei processi verbali di tali dichiarazioni non hanno violato i diritti della difesa e precisamente i paragrafi 1 e 3 d) dell'articolo 6.
  41. Non vi è stata, pertanto, violazione di tali disposizioni.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,

Dichiara che non vi è stata violazione dell'articolo 6 paragrafi 1 e 3 d) della Convenzione;
Fatto in francese e comunicato per iscritto il 10 febbraio 2005 in applicazione dell'articolo 77 par. 2 e 3 del regolamento.

Vincent BERGER
Cancelliere

Bostjan M. ZUPANCIC
Presidente