Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 aprile 2005 - Ricorso n. 42056/02 - ... contro l'Italia

La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (terza sezione), riunita il 28 aprile 2005 in una camera composta da:

B.M. Zupančič, presidente,
J. Hedigan,
L. Caflisch,
C. Bîrsan,
M. Tsatsa-Nikolovska,
V. Zagrebelsky,
A. Gyulumyan, giudici,

e da V. Berger, cancelliere,

Visto il ricorso sopra indicato, presentato il . aprile &.,
Viste le osservazioni presentate dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dal ricorrente,
Dopo aver deliberato pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO
Il ricorrente, il sig. &&. &&., è un cittadino italiano, nato nel &. e residente a &.. (&&.). Il Governo convenuto era rappresentato dal suo agente, I.M. Braguglia e dal suo co-agente, F. Crisafulli.

  1. Le circostanze della causa
    I fatti di causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.
    Il .. febbraio &., il ricorrente citò la madre e i fratelli dinanzi al tribunale di &&. per ottenere in particolare la ripartizione dei beni detenuti in comproprietà a seguito del decesso del padre del ricorrente e il resoconto della gestione dei beni.
    L'istruzione della causa iniziò il . aprile 1987. Delle trentacinque udienze fissate tra il . luglio 1987 e il .. maggio 2002, otto furono rinviate su richiesta delle parti per giungere ad una composizione amichevole, due a causa dell'assenza di una delle parti, quattro d'ufficio, dieci riguardarono le tre perizie che furono ordinate allo scopo di ripartire i lotti tra gli eredi - ripartizione che ha dovuto essere ripetuta a causa del decesso della madre del ricorrente - e di ottenere il resoconto della gestione dei beni, sette furono rinviati poiché il perito non aveva depositato in cancelleria una delle sue relazioni peritali, tre poiché il perito aveva chiesto una proroga del termine e una per la fissazione dell'udienza di presentazione delle conclusioni. La presentazione delle conclusioni ebbe luogo il . luglio 2002 e l'udienza di discussione fu fissata per il .. ottobre 2002.
    Nel frattempo, il . ottobre 2002 le parti giunsero ad una composizione amichevole.
    Il ricorrente non ha adito la corte d'appello competente con un ricorso "Pinto".
  2. Il diritto e la prassi interni pertinenti
    Le disposizioni della legge Pinto, entrata in vigore il 18 aprile 2001, e la prassi interna pertinente, sono descritte nella decisione Di Sante c/Italia (n. 56079/00, 24 giugno 2004).

MOTIVI

Invocando l'articolo 6 § 1 della Convenzione, il ricorrente si lamenta per la durata del procedimento. Egli vede anche nello svolgimento del procedimento, e in particolare nei ritardi del perito, l'ausiliare del giudice, una violazione del suo diritto ad una buona amministrazione della giustizia derivante dal diritto ad un procedimento equo.

Egli sostiene anche che la durata del procedimento ha comportato una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 nella misura in cui vi sarebbe stata una privazione di proprietà de facto poiché egli non poteva disporre dei beni che aveva ereditato né trarne profitto.

Il ricorrente ritiene infine che la durata del procedimento gli ha impedito di formare una famiglia in violazione dell'articolo 8 della Convenzione.

IN DIRITTO

  1. Il ricorrente si lamenta per l'iniquità e per la durata del procedimento civile. Egli invoca l'articolo 6 § 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, recita: "Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (&) entro un termine ragionevole, da un tribunale (&) il quale sia chiamato a pronunciarsi (&) sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (&)".
    1. Il Governo eccepisce anzitutto il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in quanto il ricorrente non si è avvalso del rimedio previsto dalla legge Pinto.
      Il ricorrente contesta l'applicazione retroattiva delle legge basandosi sui principi "tempus regit actum?" e "perpetuatio jurisdictionis", il che spiega il suo rifiuto di adire la corte d'appello. Egli ritiene anche che il ricorso Pinto non sia un rimedio effettivo e cita la decisione Scordino c/Italia (n. 36813/97 del 27 marzo 2003).
      La Corte osserva che, ai sensi della Legge del 24 marzo 2001 n. 89 (detta "legge Pinto"), le persone che hanno subito un danno patrimoniale o non patrimoniale possono adire la corte d'appello competente allo scopo di far constatare la violazione della Convenzione relativamente al rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6 § 1, e chiedere che sia concessa una somma a titolo di equa soddisfazione.
      La Corte ricorda di avere già constatato in varie decisioni sull'ammissibilità (v., tra gli altri, i ricorsi n. 69789/01, Brusco c/Italia, 6 settembre 2001, CEDU 2001-IX, e n. 34969/97, Giacometti c/Italia, 8 novembre 2001, CEDU 2001-XII) che il rimedio introdotto dalla legge Pinto è un ricorso che il ricorrente deve tentare prima che la Corte si pronunci sull'ammissibilità del ricorso indipendentemente dalla data di presentazione del ricorso dinanzi alla Corte.
      Poiché non risultano circostanze tali da far decidere diversamente nella presente causa, la Corte considera che l'eccezione del Governo debba essere accolta e che questa parte del ricorso debba essere rigettata per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in applicazione dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
    2. Il ricorrente si lamenta per il comportamento del perito che ha impiegato anni per redigere una relazione peritale. Ciò avrebbe comportato una violazione del suo diritto ad una buona amministrazione della giustizia derivante dal diritto ad un processo equo.
      La Corte ritiene che, nella misura in cui riguarda la lunghezza del procedimento imputabile al comportamento del perito, tale motivo è conglobato nel motivo precedente.
      Nella misura in cui tale motivo verterebbe sull'equità del procedimento, la Corte rileva da una parte che il procedimento si è concluso con una composizione amichevole, e dall'altra che il ricorrente non ha dato alcuna spiegazione sul motivo per cui il comportamento del perito, in quanto ausiliare del giudice, avrebbe influenzato l'equità del procedimento. Ne consegue che questo motivo, che non è stato chiarito, è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  2. Il ricorrente sostiene anche che la durata del procedimento ha comportato una privazione di proprietà de facto poiché egli non poteva disporre dei beni che aveva ereditato né trarne profitto. Egli vede in ciò una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, che recita: "Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
    Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende."
    Il Governo eccepisce ancora una volta il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in quanto il ricorrente non si è avvalso del rimedio previsto dalla legge Pinto. Egli osserva che la presunta violazione del diritto di proprietà del ricorrente dipende unicamente dalla durata del procedimento civile da lui intentato e che si è concluso con una composizione amichevole. Non vi sarebbero motivi per non applicare mutatis mutandis il principio affermato dalla Corte di cassazione nella sua sentenza del 18 giugno 2002 in materia di espulsione dei locatari. L'eventuale lesione indiretta del diritto di proprietà costituisce un elemento del danno materiale che l'interessato può far valere dinanzi alla corte d'appello in sede di valutazione dell'equa soddisfazione che può essere accordata conformemente alla legge. La violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 sarebbe dunque assorbita da quella dell'articolo 6.
    La Corte ricorda che le ripercussioni patrimoniali negative eventualmente provocate dalla durata eccessiva del procedimento si analizzano in quanto conseguenza della violazione del diritto sancito dall'articolo 6 § 1 della Convenzione e possono essere prese in considerazione solo a titolo dell'equa soddisfazione che il ricorrente potrebbe ottenere a seguito della constatazione di tale violazione (v. Capestrani c/Italia(dec.), n. 46617/99, 27 gennaio 2005, e, mutatis mutandis, Varipati c/Grecia, n. 38459/97, § 32, 26 ottobre 1999).
    Inoltre, la Corte ha ritenuto che, nella misura in cui la violazione del diritto di proprietà è strettamente legata alla durata del procedimento costituendo una conseguenza indiretta di quest'ultima, la "legge Pinto" permette di richiedere una decisione che può rientrare nella logica della giurisprudenza della Corte per quanto riguarda l'articolo 1 del Protocollo n. 1 (v. Capestrani c/Italia, decisione già cit., mutatis mutandis, Provvedi c/Italia (dec.), n. 66644/01, 2 dicembre 2004, e Recupero c/Italia (dec.), n. 77713/01, 17 marzo 2005).
    Il ricorrente, tuttavia, non si è avvalso del rimedio "Pinto".
    Di conseguenza, è opportuno accogliere l'eccezione del Governo e rigettare questo motivo per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in applicazione dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
  3. Il ricorrente ritiene infine che la durata del procedimento gli ha impedito di formare una famiglia in violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
    Tuttavia la Corte osserva che il ricorrente non ha spiegato il suo motivo di ricorso, né ha dimostrato che aveva realmente la possibilità di sposarsi e di formare una famiglia (v. Lucarelli c/Italia, n. 20038/92, decisione della Commissione del 5 luglio 1994, non pubblicata).

    Di conseguenza tale motivo è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità,

Dichiara il ricorso inammissibile.

Vincent Berger
Cancelliere
firma illeggibile

Boatjan M. Zupančič
Presidente
firma illeggibile