Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 30 giugno 2005 - Ricorso n. 30595/02 - Bove c/ Italia

TERZA SEZIONE
CAUSA BOVE c. ITALIA (Ricorso n. 30595/02)

SENTENZA
STRASBURGO, 30 giugno 2005

Nella causa Bove c. Italia,

La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (terza Sezione), riunita in una camera composta dai sigg.:

B.M. ZUPANCIC, presidente

J. HEDIGAN
L. CAFLISCH
M. TSATSA-NIKOLOVSKA
V. ZAGREBELSKY
E. MYJER
DAVID THÓR BJÖRGVINSSON, giudici,

e da V. BERGER, cancelliere di sezione, dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 18 novembre 2004 e 9 giugno 2005, emette la presente sentenza, pronunciata in quest'ultima data:

PROCEDURA

  1. La causa è stata promossa con ricorso (n. 30595/02) contro la Repubblica Italiana presentato alla Corte il 1º agosto 2002 da un cittadino del medesimo Stato, il sig. Luigi Bove ("il ricorrente"), in virtù dell'art. 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
  2. Il ricorrente, al quale è stato concesso il gratuito patrocinio, è rappresentato dall'avv. E. Tagle, del foro di Napoli. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, sig. I.M. Braguglia, e dai suoi coagenti, dapprima il sig. F. Crisafulli ed in seguito il sig. N. Lettieri.
  3. Il ricorrente adduceva la violazione dell'art. 8, nonché degli artt. 13 e 14 in connessione con l'articolo 8 della Convenzione e contestava la decisione con la quale le autorità italiane gli avevano negato l'affidamento della figlia, lamentando altresì le difficoltà incontrate nell'esercizio del diritto di visita.
  4. Il ricorso è stato assegnato alla prima sezione della Corte (art. 52 § 1 del regolamento). In seno a quest'ultima, la camera incaricata di esaminare la causa (art. 27 § 1 della Convenzione) era composta a norma dell'art. 26 § 1 del regolamento.
  5. In data 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni (art. 25 § 1 del regolamento). Il presente ricorso è stato assegnato alla terza sezione, la cui composizione era stata modificata (art. 52 § 1).
  6. Con decisione del 18 novembre 2004, la Corte ha dichiarato parzialmente ammissibile il ricorso.
  7. Sia il ricorrente, sia il governo hanno depositato osservazioni scritte sul merito della causa (art. 59 § 1 del regolamento).

    IN FATTO
     
  8. Il ricorrente è nato nel 1965 e risiede a Napoli.
  9. Dalla relazione tra il ricorrente e la sig.ra V. nasceva il 19 gennaio 1995 una figlia, C., riconosciuta da entrambi i genitori al momento della nascita. Conclusa la relazione, il ricorrente cercava di incontrare regolarmente la figlia.
  10. A seguito dei numerosi rifiuti opposti dalla madre a detti incontri, il ricorrente si rivolgeva il 27 marzo 1996 al tribunale per i minorenni di Napoli ("il tribunale"), al fine di ottenere la regolamentazione del suo diritto di visita.
  11. Il 22 settembre 1996 il tribunale decideva di affidare C. alla madre e stabiliva le modalità del diritto di visita del ricorrente, nella fattispecie due pomeriggi a settimana ed una domenica su due. Esso incaricava altresì i servizi sociali di Chiaia di vigilare sugli incontri tra il ricorrente e la madre della minore, al fine di risolvere la persistente situazione conflittuale.
  12. Con le decisioni del 23 luglio 1997, del 19 gennaio 1998 e del 26 aprile 1999, il tribunale estendeva il diritto di visita del ricorrente e gli consentiva di ospitare la figlia durante la notte un fine settimana su due e in occasione delle vacanze, conformemente al parere favorevole formulato dagli psicologi e dagli assistenti sociali.
  13. Il 23 maggio 2000, durante una riunione tra i genitori e la psicologa nominata dal tribunale, la madre di C. dichiarava che la figlia non desiderava più incontrare il nonno paterno e due amici di suo padre, in quanto questi ultimi l'avevano molestata commettendo atti sessuali.
  14. Il 22 giugno 2000 il tribunale adottava un provvedimento temporaneo ed urgente con il quale gli incontri tra il ricorrente e la figlia erano limitati a due volte la settimana e dovevano svolgersi nei locali del servizio sociale in presenza di un assistente sociale. Il tribunale osservava che C. correva il rischio di subire pressioni psicologiche da parte del padre e della famiglia di questi, volte a farle ritrattare le sue affermazioni.
  15. Il 20 luglio 2000, su richiesta del ricorrente, il tribunale modificava la decisione del 22 giugno 2000 ed estendeva il diritto di visita a due pomeriggi la settimana, da esercitarsi sempre nei locali del servizio sociale ed in presenza di un assistente sociale. Il tribunale disponeva altresì l'esecuzione di indagini volte a verificare se la minore avesse subito dei traumi.
  16. Il 2 ottobre 2000 il tribunale rigettava le richieste presentate dal ricorrente affinché fossero revocate le restrizioni al suo diritto di visita, in quanto esse non si basavano su nuovi fatti o motivi di diritto.
  17. In seguito il ricorrente tentava più volte di ottenere la modifica dei provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni di Napoli.
  18. Il 12 gennaio 2001 il pubblico ministero presso il tribunale chiedeva la trasmissione del fascicolo al procuratore della Repubblica, al fine di procedere ad alcune verifiche.
  19. Il 22 gennaio 2001 il tribunale riduceva il diritto di visita del ricorrente ad un pomeriggio a settimana, da esercitarsi in una situazione protetta, e pronunciava il divieto assoluto di contatti telefonici tra C. ed i nonni paterni.
  20. Il 2 aprile 2001 il giudice per le indagini preliminari del tribunale penale di Roma disponeva l'archiviazione del procedimento promosso contro i due amici del ricorrente.
  21. In seguito all'archiviazione del procedimento penale, il ricorrente presentava varie istanze al tribunale, chiedendo la decadenza della madre di C. dalla potestà genitoriale, l'affidamento della minore ovvero la possibilità di incontrare liberamente sua figlia.
  22. In data 6 settembre e 6 dicembre 2001 il procuratore della Repubblica presso il tribunale presentava le sue richieste, volte a rifiutare al ricorrente l'affidamento della figlia ed a riprendere invece gli incontri liberi tra il ricorrente e C., in assenza di altre persone, così come erano stati previsti prima dell'inchiesta penale.
  23. Il 28 dicembre 2001 il tribunale rigettava la richiesta di decadenza dalla potestà genitoriale nei confronti della madre e decideva di proseguire gli incontri protetti due volte a settimana, in quanto esso riteneva che i presunti abusi subiti dalla minore fossero stati compiuti al domicilio del ricorrente. Il tribunale disponeva altresì la trasmissione del fascicolo al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, al fine di accertare l'eventuale responsabilità penale del nonno paterno di C..
  24. Il 9 maggio 2002 il ricorrente proponeva appello avverso la decisione emessa dal tribunale il 28 dicembre 2001.
  25. Nel corso del mese di settembre 2002 aveva luogo l'ultimo incontro tra il ricorrente e la figlia, sempre in una situazione protetta ed in presenza della madre.
  26. Il 2 gennaio 2003 decedeva il nonno paterno di C..
  27. Con decisione del 30 gennaio 2003, depositata in cancelleria il 3 marzo 2003, la corte d'appello di Napoli ("la corte d'appello") confermava l'affidamento di C. alla madre e disponeva la graduale ripresa dei contatti tra il ricorrente e la figlia, da tenersi una volta alla settimana in una struttura protetta, alla presenza di una psicologa ed eventualmente della madre.
  28. Il 3 luglio 2003 la minore non aveva ancora ripreso i contatti con il ricorrente, in quanto la suddetta si rifiutava nettamente di incontrare la psicologa nei locali del servizio sociale, condizione necessaria alla ripresa degli incontri con il padre.
  29. Il 23 luglio 2003 il ricorrente presentava al tribunale un nuovo ricorso al fine di ottenere la decadenza della madre di C. dalla potestà genitoriale e l'affidamento della figlia.
  30. Il 30 luglio 2003 veniva disposto dal tribunale il rinvio di un'udienza a causa dell'assenza della madre della minore.
  31. In data 11 settembre 2003 si teneva una nuova udienza in tribunale, alla quale la madre di C. non si presentava. I giudici decidevano di rinviare la causa ad altra data, al fine di convocare ed ascoltare il perito nominato dal tribunale.
  32. Il 31 marzo 2004 il tribunale rigettava il ricorso presentato dal ricorrente il 23 luglio 2003. Il tribunale emetteva la decisione nonostante l'assenza della madre della minore in udienza e nonostante un parere favorevole all'accoglimento della richiesta formulato dal pubblico ministero in ragione della necessità di rinnovare i legami tra padre e figlia.
  33. Il 29 giugno 2004 si teneva un'udienza in corte d'appello a seguito del ricorso depositato dal ricorrente avverso la decisione del tribunale. I giudici chiedevano alla madre della minore di fare quanto necessario per facilitare un riavvicinamento tra il ricorrente e la figlia. La corte d'appello decideva infine di rinviare l'udienza al 27 ottobre 2004 al fine di ascoltare la psicologa nominata dal tribunale per i minorenni di Napoli.
  34. Nell'udienza tenuta dinanzi alla corte d'appello il 1º dicembre 2004, la psicologa dichiarava alla corte di non aver mai ripreso i contatti con la minore, in quanto quest'ultima si era nettamente rifiutata di incontrarla. La madre di C. confermava la posizione espressa dalla figlia ed aggiungeva di non averla voluta costringere ad incontrare il padre, consigliata in tal senso dalla psicologa.
  35. A seguito di detta udienza e dopo aver ascoltato le parti, la corte d'appello ordinava che si predisponesse un ultimo sostegno psicologico finalizzato ad organizzare gli incontri padre - figlia, incaricando la stessa psicologa di elaborare una strategia volta alla progressiva ripresa dei rapporti tra i due, nell'interesse della minore, che all'epoca aveva dieci anni. La corte riconosceva dunque che la figura paterna e la sua concreta presenza erano indispensabili al completo sviluppo fisico e psichico della minore.
  36. Nonostante tale decisione, il ricorrente non aveva occasione di vedere sua figlia, in quanto quest'ultima rifiutava di incontrarlo.
  37. In data 6 aprile 2005 veniva fissata un'udienza dinanzi alla corte d'appello per permettere alla psicologa di depositare la sua perizia, ma non si conosce l'esito di detta udienza.

    IN DIRITTO

    I - SULLA ADDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
  38. Il ricorrente contesta la decisione del tribunale per i minorenni di Napoli, che gli ha negato l'affidamento della figlia, e lamenta la difficoltà incontrata nell'esercizio del suo diritto di visita. Egli invoca l'art. 8 della Convenzione, di cui segue il testo: "1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita (&) familiare (&). 2. Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui."

    Argomenti delle parti
    Il ricorrente
  39. Il ricorrente rileva che i giudici del tribunale per i minorenni di Napoli hanno limitato il suo diritto di visita in modo tale da costituire un'ingerenza nel diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. Egli sottolinea che, in seguito alla decisione del 22 giugno 2000, il tribunale non è mai intervenuto per far rispettare i previsti incontri protetti. Il ricorrente osserva che, nella decisione del 22 gennaio 2001, il suo diritto di visita veniva ridotto ad un pomeriggio a settimana in luogo dei due incontri settimanali inizialmente previsti dalla decisione del 22 giugno 2000. In seguito, il 28 dicembre 2001, il tribunale autorizzava nuovamente due incontri sorvegliati a settimana, il mercoledì e la domenica, ma in effetti tali incontri sono stati difficilmente realizzabili, tenuto conto dell'impossibilità di trovare una struttura e del personale disponibile ad accogliere il ricorrente e la figlia nella giornata della domenica. Il ricorrente aggiunge che le modalità eccessivamente restrittive del diritto di visita hanno comportato la distruzione del forte legame affettivo che esisteva tra il medesimo e la figlia.
  40. Il ricorrente constata che gli incontri con la figlia sono rimasti rari, che le autorità non hanno prolungato il calendario degli incontri e non sono intervenute in alcun modo per assicurarne il rispetto. Egli insiste sul fatto che i giudici napoletani si sono disinteressati della gestione della sua delicata situazione familiare.
  41. Il ricorrente conclude che la separazione forzata dalla figlia, che perdura da cinque anni, ha causato la perdita della fiducia e della complicità reciproca, provocando nella minore una grave alterazione dell'immagine paterna.

    Il Governo
  42. Il Governo ritiene che le modalità del diritto di visita, inizialmente fissate dal tribunale per i minorenni di Napoli il 22 ottobre 1996, siano state modificate il 22 giugno 2000 nell'interesse della minore e non per privare il padre del suo diritto di vedere la figlia. In seguito, il diritto di visita è stato progressivamente esteso a partire dal mese di dicembre 2001. Secondo il Governo, la limitazione del diritto di visita, chiaramente espressa dal tribunale, sembra essere stata una logica conseguenza dei gravi fatti denunciati dalla minore alla madre ed alla maestra. Il Governo è del parere che tale restrizione sia stata imposta a scopo preventivo, dopo aver valutato tutti gli elementi confluiti nel fascicolo.
  43. Il Governo osserva che il diritto del ricorrente di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita della figlia non è mai stato negato dall'autorità giudiziaria e che sono state imposte restrizioni solo per un periodo limitato ad un anno e mezzo. Esso sottolinea la conflittualità del rapporto tra il ricorrente e la sua ex compagna e le difficoltà della minore a mantenere il rapporto con il padre, tanto è vero che si è reso necessario l'intervento dell'autorità giudiziaria per regolare il diritto di visita. Il Governo giunge alla conclusione che non vi sia stato alcun intervento arbitrario da parte dell'autorità pubblica.

    Valutazione della Corte
  44. La Corte ricorda che l'art. 8 della Convenzione è volto essenzialmente a tutelare l'individuo da ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici: esso comporta inoltre obblighi positivi inerenti al "rispetto" effettivo della vita familiare. In ogni caso, occorre raggiungere un giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti dell'individuo e della società nel suo complesso; inoltre, nelle due ipotesi, lo Stato dispone di un certo margine di valutazione (Keegan c. Irlanda, sentenza del 26 maggio 1994, serie A n. 290, p. 19, § 49).
  45. In riferimento all'obbligo per lo Stato di disporre misure positive, la Corte ribadisce che l'art. 8 comporta il diritto per il genitore di usufruire di provvedimenti idonei a riunirlo al minore e l'obbligo per le autorità nazionali di adottare tali provvedimenti (v., ad esempio, le sentenze Eriksson c. Svezia del 22 giugno 1989, serie A n. 156, pp. 26-27, § 71, Margareta e Roger Andersson c. Svezia del 25 febbraio 1992, serie A n. 226-A, p. 30, § 91, Olsson c. Svezia (n.2) del 27 novembre 1992, serie A n. 250, pp. 35-36, § 90 e Hokkanen c. Finlandia del 23 settembre 1994, serie A n. 299-A, p. 20, § 55).
  46. Tuttavia l'obbligo sussistente per le autorità nazionali di adottare delle misure al riguardo non è assoluto, in quanto può accadere che l'incontro di un genitore con i figli, i quali vivano da tempo con l'altro genitore, non possa aver luogo immediatamente e richieda dei preparativi. La natura e l'entità di questi ultimi dipende dalle circostanze di ciascun caso, ma la comprensione e la collaborazione di tutte le persone coinvolte rappresentano sempre un fattore importante. Se le autorità nazionali devono compiere ogni sforzo per facilitare tale collaborazione, l'obbligo per esse di ricorrere alla coercizione in questa materia non può che essere limitato: esse devono tener conto degli interessi, dei diritti e delle libertà delle persone interessate e soprattutto dell'interesse superiore del minore, nonché dei diritti riconosciutigli dall'art. 8 della Convenzione. Nel caso in cui i contatti con i genitori possano minacciare il suddetto interesse o pregiudicare i suddetti diritti, spetta alle autorità nazionali vigilare sul raggiungimento di un giusto equilibrio (Hokkanen, cit. p. 22, § 58 e Ignaccolo-Zenide c. Romania, n. 31679/76, § 94, CEDU 2000-I).
  47. La Corte rileva che il punto decisivo nel caso consiste nell'accertare se le autorità nazionali abbiano adottato ogni provvedimento ragionevolmente necessario al fine di far rispettare le decisioni emesse dal tribunale per i minorenni di Napoli.
  48. La Corte osserva che in seguito alla decisione del 22 giugno 2000 il tribunale per i minorenni di Napoli non è intervenuto nell'attuazione dei previsti incontri protetti. Il 22 gennaio 2001 il diritto di visita veniva ridotto ad un pomeriggio a settimana ed in seguito veniva nuovamente innalzato, a partire dal 28 dicembre 2001, a due incontri sorvegliati a settimana, il mercoledì e la domenica. Il ricorrente osserva che di fatto è stato difficile organizzare detti incontri, vista l'impossibilità di reperire una struttura e del personale disponibile ad accoglierlo con la figlia nella giornata della domenica.
  49. La Corte osserva che, nonostante l'archiviazione del procedimento penale promosso contro i due amici del ricorrente ed il decesso, sopravvenuto il 2 gennaio 2003, del nonno paterno di C., sospettato di aver commesso atti sessuali sulla minore, non vi è stata la ripresa dei contatti tra il ricorrente e la figlia. Il 30 gennaio 2003 la corte d'appello di Napoli autorizzava la graduale ripresa dei contatti tra il ricorrente e la figlia in seno ad una struttura protetta, ma a tale decisione non è stata data esecuzione. Il 3 luglio 2003 la minore non aveva ancora ripreso i contatti con il ricorrente, in quanto si rifiutava decisamente di incontrare il padre e la psicologa nei locali del servizio sociale. Il 23 luglio 2003 il ricorrente presentava un nuovo ricorso al tribunale per i minorenni di Napoli, chiedendo l'affidamento della figlia. Una prima udienza fissata per il 30 luglio 2003 veniva rinviata a causa dell'assenza della madre della minore e l'udienza prevista per l'11 settembre 2003 veniva a sua volta rinviata per la medesima ragione. All'udienza del 31 marzo 2004, nonostante un'ulteriore assenza della madre, il tribunale per i minorenni di Napoli rigettava il ricorso presentato dal ricorrente il 23 luglio 2003. A seguito dell'appello proposto dal ricorrente, la corte d'appello di Napoli rinviava l'udienza fissata il 29 giugno 2004 alla data del 27 ottobre 2004, al fine di ascoltare una psicologa. Infine, nonostante il mandato conferito, in seguito all'udienza del 1º dicembre 2004, ad una psicologa, affinché quest'ultima elaborasse nell'interesse della minore una strategia volta a consentire una progressiva ripresa dei rapporti tra padre e figlia, il ricorrente non ha mai potuto rivedere C..
  50. La Corte rileva che, a tutt'oggi, il ricorrente non ha rivisto la figlia dal settembre 2002 e che le autorità non fissano più un calendario degli incontri. Le difficoltà incontrate nell'organizzazione delle visite derivano certamente sia dall'animosità nei rapporti tra la madre di C. ed il ricorrente, sia dalla renitenza della minore agli incontri con il padre. La Corte non ritiene ammissibile che si attribuisca al ricorrente la responsabilità dell'inefficacia delle decisioni o dei provvedimenti volti ad instaurare dei contatti effettivi. La Corte osserva che il Governo non si è pronunciato sulla questione relativa all'assistenza prestata dalle autorità interne al fine di assicurare la regolarità degli incontri tra il ricorrente e la figlia in situazione protetta. Essa rileva infine che, nonostante le numerose istanze depositate al tribunale per i minorenni di Napoli ed i ricorsi presentati alla corte di appello di Napoli dal ricorrente, la situazione si è deteriorata al punto che i rapporti tra il medesimo e la figlia sono inesistenti.
  51. Tenuto conto degli interessi in gioco, quanto precede non permette di affermare che le autorità competenti abbiano compiuto ogni ragionevole sforzo per facilitare il ricongiungimento. La loro inerzia ha invece costretto il ricorrente a proporre incessantemente una serie di ricorsi di lunga durata ed in fin dei conti inefficaci allo scopo di far rispettare i suoi diritti.
  52. Di conseguenza, la Corte giunge alla conclusione che, nonostante il margine di valutazione spettante alle autorità competenti, l'inosservanza del diritto di visita del ricorrente a partire dal settembre 2002 costituisce un pregiudizio del suo diritto al rispetto della vita familiare garantito dall'art. 8 della Convenzione.
  53. Di conseguenza, vi è stata violazione dell'art. 8 della Convenzione per quanto attiene a questa parte del motivo di ricorso.
  54. Per quanto attiene alla seconda parte del motivo di ricorso, ossia il rifiuto delle autorità italiane di concedere al ricorrente l'affidamento della figlia, la Corte è del parere che le decisioni delle autorità nazionali siano state adottate nell'interesse della minore e si siano basate su motivazioni pertinenti. Negando al ricorrente l'affidamento della figlia, le autorità interne hanno rispettato il loro margine di valutazione.
  55. Dal momento che le autorità nazionali hanno rispettato il loro margine di valutazione, non si ravvisa una violazione dell'art. 8 della Convenzione nel rifiuto di concedere al ricorrente l'affidamento della minore.

    II - SULLA ADDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 13 E 14 DELLA CONVENZIONE IN CONNESSIONE CON L'ARTICOLO 8
  56. Il ricorrente denuncia altresì il fatto che le vie di ricorso finalizzate a far rispettare il suo diritto di visita non possiedono l'effettività richiesta e lamenta un trattamento discriminatorio nel suo diritto al rispetto della vita familiare. Egli invoca gli art. 13 e 14 della Convenzione in connessione con l'art. 8. Segue il testo dei citati articoli: Articolo13 "Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (&) Convenzione siano stati violati ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad una istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali." Articolo 14 "Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella (&) Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione."
  57. Tuttavia, alla luce delle considerazioni relative al motivo di ricorso basato sull'art. 8 (precedente paragrafo 52), la Corte non ritiene di dover esaminare la causa in riferimento agli artt. 13 e 14, poiché in base a tali disposizioni non si pone alcuna nuova questione.

    III - SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
  58. Ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione, "Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa".

    Danni
  59. Il ricorrente chiede il risarcimento del danno morale subito a causa della lunga separazione dalla figlia e della lunga durata della procedura interna, quantificandolo in 200.000 euro.
  60. Il Governo contesta tali richieste.
  61. La Corte ritiene che la constatazione di una violazione della Convenzione costituisca in sé una equa soddisfazione sufficiente e non riconosce alcuna somma a titolo di risarcimento del danno morale.

    Costi e spese
  62. Il ricorrente chiede 18.914,64 euro per le spese della procedura interna e 22.026,56 euro per le spese della procedura dinanzi alla Corte, producendo una nota degli onorari.
  63. Il Governo ritiene che gli importi richiesti siano troppo elevati e non corrispondano ai parametri comunemente vigenti in Italia.
  64. Secondo la giurisprudenza costante della Corte, costi e spese sostenuti da un ricorrente possono essere rimborsati solo qualora essi siano certi, risultino necessari ed il loro importo sia ragionevole (v., tra l'altro, Belziuk c/ Polonia, sentenza del 25 marzo 1998, Raccolta 1998-II, p. 573, § 49, e Craxi c/ Italia, n. 34896/97, § 115, 5 dicembre 2002).
  65. Nel caso di specie, il ricorrente ha senz'altro sostenuto delle spese per presentare e sostenere il ricorso a Strasburgo. Tuttavia, tenuto conto della natura della causa, la Corte ritiene che l'importo richiesto dall'interessato sia eccessivo. Alla luce degli elementi in suo possesso e della sua giurisprudenza in materia, la Corte ritiene ragionevole la somma di 3.000 euro a titolo di rimborso di tutte le spese e pertanto la concede al ricorrente.

    Interessi di mora
  66. La Corte ritiene appropriato determinare il tasso degli interessi di mora sulla base del tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca Centrale Europea, maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE

  1. dichiara, con sei voti contro uno, che vi è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
  2. dichiara, all'unanimità, che non sussistono motivi per esaminare la causa alla luce degli articoli 13 e 14 della Convenzione;
  3. dichiara, all'unanimità,
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi dal giorno in cui la presente sentenza diverrà definitiva ai sensi dell'art. 44 § 2 della Convenzione, 3.000 euro (tremila euro) per costi e spese;
    2. che a partire dalla scadenza del suddetto termine e fino al versamento, la predetta somma sarà maggiorata da un interesse semplice, il cui tasso sarà pari a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca Centrale Europea, applicato nel periodo in questione, aumentato di tre punti percentuali.
  4. Rigetta, all'unanimità, la domanda di equa soddisfazione per le restanti parti.

Fatto in francese, comunicato per iscritto in data 30 giugno 2005 in applicazione dell'articolo 77 § 2 e 3 del regolamento.

Vincent Berger
Cancelliere

Boatjan M. ZUPANCIC
Presidente

Conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 del regolamento, alla presente sentenza è allegata l'esposizione dell'opinione divergente del sig. Myjer.

OPINIONE DIVERGENTE DEL GIUDICE MYJER
(Traduzione)

  1. I miei colleghi sono giunti alla conclusione che vi sia stata violazione dell'art. 8 della Convenzione. Esprimo il mio dissenso da tale decisione per le seguenti ragioni.
  2. Certo, la Corte ha ribadito che l'art. 8 comporta per un genitore il diritto di ottenere provvedimenti idonei a ricongiungerlo al figlio e l'obbligo per le autorità nazionali di adottare tali provvedimenti. I paragrafi 44-46 contengono i riferimenti alla giurisprudenza pertinente.
  3. E'opportuno tuttavia rilevare che la Corte nella sua giurisprudenza afferma altresì quanto segue: "Senza dubbio l'esame di ciò che risulta più opportuno nell'interesse del minore riveste sempre un'importanza cruciale nelle cause di questo tipo. E' altresì opportuno ricordare che le autorità nazionali intrattengono rapporti diretti con tutti gli interessati. Compito della Corte non è dunque quello di sostituirsi alle autorità interne per regolamentare le questioni relative all'affidamento ed al diritto di visita, bensì essa deve esaminare alla luce della Convenzione le decisioni che le predette autorità hanno emesso nell'esercizio del loro potere di valutazione" (Sahin c. Germania, n. 30943/96, § 64, CEDU 2003-VIII).
  4. Nel presente caso si evince dai fatti che le difficoltà sono sorte a seguito degli abusi sessuali che il nonno della minore (il padre del ricorrente) e due amici del padre avrebbero commesso nel 2000. Tuttavia il padre ha potuto esercitare il diritto di visita alla minore fino al settembre 2002, sia pure in condizioni particolari ed in presenza della madre. Il 30 gennaio 2003 la corte d'appello di Napoli decideva che l'interessato avrebbe esercitato il suo diritto di visita in seno ad una struttura protetta ed in presenza di una psicologa e della madre. Risulta che in seguito la bimba (di otto anni all'epoca) abbia rifiutato di vedere la psicologa, sebbene questa fosse la condizione necessaria agli incontri con il padre. Il tribunale interno tentava più volte di fissare un'udienza finalizzata all'esame delle questioni sollevate dal padre. La madre però non si presentava. In grado di appello, i giudici invitavano, nel giugno 2004, la madre della minore a facilitare al padre l'esercizio del diritto di visita. Essi ascoltavano la psicologa, la quale avrebbe precisato che in effetti la minore rifiutava di incontrare la psicologa. Tale circostanza veniva confermata dalla madre, la quale aggiungeva che la psicologa le aveva consigliato di non costringere la minore a vedere il padre. La corte d'appello ordinava quindi alla psicologa di elaborare una strategia che consentisse di riprendere le visite del padre alla figlia. La psicologa avrebbe dovuto consegnare la sua relazione di perizia il 6 aprile 2005.
  5. Come molti casi di questo genere, è una storia triste. A mio parere, risulta chiaramente dai fatti che, per quanto attiene alle autorità nazionali, esse ritengono che si debba permettere al padre di esercitare il suo diritto di visita, sebbene secondo particolari modalità. Per quanto riguarda i motivi per i quali la minore rifiuta di incontrare la psicologa, si possono solo fare congetture. Ma dal momento che la bimba oppone un rifiuto e che - tenuto conto altresì degli abusi sessuali commessi sulla medesima dal nonno e da due amici del padre - la autorità giudiziarie nazionali ritengono che il padre possa esercitare il suo diritto di visita solo secondo modalità particolari, la nostra Corte può davvero rimproverare alle autorità nazionali di non essersi sufficientemente adoperate per consentire o ristabilire il diritto di visita? Quando un genitore ostacola l'esercizio del diritto di visita e del diritto alla compagnia del minore spettante all'altro genitore, le autorità nazionali possono essere tenute ad adottare provvedimenti giuridici contro il genitore. Ma quando è lo stesso minore che rifiuta di collaborare, cosa bisogna fare? La soluzione scelta dalle autorità nazionali è ovvia: chiedere ad una psicologa di elaborare una strategia volta a far riprendere le visite del padre.
  6. A mio parere, tenuto conto del ruolo di sussidiarietà conferitole dall'art. 19 della Convenzione, in cause di questo genere la Corte deve intervenire solo nel caso in cui essa sia in grado di indicare con sufficiente precisione in che modo le autorità giudiziarie nazionali non hanno manifestamente adempiuto agli obblighi positivi derivanti dalla Convenzione. A mio avviso, ai tribunali interni non può essere mosso alcun rimprovero di questo genere.