Sentenza della Corte europea dei Diritti dell'Uomo del 10 luglio 2007 - Ricorso n. 28139/06 - Giugliano c/Italia

DECISIONE SULLA RICEVIBILITA' del ricorso n. 28139/06 presentato da Carmine GIUGLIANO contro l'Italia

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (seconda sezione), riunita il 10 luglio 2007 in una camera composta da:

F. TULKENS, presidente,

A.B. BAKA,
I. CABRAL BARRETO,
R. TÜRMEN,
V. ZAGREBELSKY,
A. MULARONI,
D. POPOVIC, giudici

e da F. ELENS-PASSOS, cancelliere aggiunto di sezione,

Visto il ricorso sopra citato presentato il 4 luglio 2006,
Vista la decisione della Corte di avvalersi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione e di esaminare congiuntamente la ricevibilità e il merito della causa,
Viste le osservazioni presentate dal governo convenuto e quelle di replica presentate dal ricorrente,
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

Il ricorrente, sig. Carmine Giugliano, è un cittadino italiano, nato nel 1975 e residente a Napoli. E' rappresentato dinanzi alla Corte dall'avv. V. Senatore, del foro di Salerno. Il governo italiano («il Governo») è rappresentato dal suo Agente, sig. I.M. Braguglia, e dal suo Co-Agente, sig. F. Crisafulli.

  1. Le circostanze del caso
    I fatti della causa, così come esposti dalle parti, possono riassumersi come segue.
    Il 3 gennaio 2006, verso le ore 20.50, la polizia di Napoli perquisì l'abitazione del ricorrente. Dal verbale della perquisizione emerge che le autorità avevano ricevuto da fonte riservata informazioni precise e ritenute attendibili che facevano ritenere che nell'abitazione del ricorrente si trovassero armi detenute illegalmente.
    La perquisizione in questione fu eseguita ai sensi dell'articolo 41 del TULPS (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza - si veda di seguito, nel capitolo «il diritto interno pertinente»).
    Il ricorrente fu informato che poteva farsi assistere da un avvocato o da un'altra persona di sua scelta; egli dichiarò tuttavia di non volersi avvalere di tale facoltà. Nell'abitazione del ricorrente non fu rinvenuto niente d'illegale. La perquisizione terminò alle ore 21.30.
    Secondo il ricorrente, il verbale della perquisizione, redatto dalla polizia, non fu convalidato da un rappresentante della procura. Tuttavia, da una nota della procura di Napoli, prodotta dal Governo dinanzi alla Corte, risulta che detto verbale fu depositato nella cancelleria della procura il 4 gennaio 2006, alle ore 18.30. Il Governo afferma che, il 5 gennaio 2006, un magistrato della procura ha convalidato la perquisizione e firmato una nota dalla quale risulta che il procedimento doveva essere archiviato. Infatti, sul verbale della perquisizione è stato apposto un timbro, seguito dalla firma di un rappresentante della procura, con la seguente menzione:

    «Visto si convalida la perquisizione ricorrendone i presupposti di legge».
    Dinanzi alla Corte, il Governo ha prodotto anche un documento promanante dalla procura di Napoli ed intitolato «atti non costituenti notizia di reato», che si riferisce alla perquisizione eseguita nell'abitazione del ricorrente. Nelle parti pertinenti, il documento recita:

    Versione originale in lingua italiana:
    «Il P.M.
    Letti gli atti
    Rilevato che in quanto riferito non è ravvisabile segnalazione di fatti penalmente rilevanti
    Dispone
    L'archiviazione agli atti di questo ufficio.»

    Il 5 gennaio 2006, questa dichiarazione fu firmata da un sostituto del procuratore della Repubblica e, il 11 gennaio 2006, il procuratore aggiunto della Repubblica vi appose il suo visto.
    Nei confronti del ricorrente non fu avviato alcun procedimento a seguito della perquisizione sopra descritta.
     
  2. Il diritto interno pertinente
    L'articolo 41 del TULPS (regio decreto del 18 giugno 1931 n. 773) prevede che la polizia debba procedere immediatamente ad un controllo ed eventualmente ad un sequestro quando abbia notizia dell'esistenza, in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni, materie esplodenti non denunciate o abusivamente detenute.
    Secondo l'articolo 225 delle norme di attuazione del codice di procedura penale («CPP»), «continuano ad osservarsi le disposizioni dell'articolo 41 [del TULPS]».
    Ai sensi dell'articolo 352 § 4 del CPP, il verbale di perquisizione deve essere trasmesso, entro le 48 ore, al pubblico ministero, il quale, nelle 48 ore successive, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida.
    Nelle parti pertinenti, l'articolo 251 del CPP recita:
    «1. La perquisizione in un'abitazione (&) non può essere iniziata prima delle ore 7 e dopo le ore 20. 2. Tuttavia, nei casi urgenti, l'autorità giudiziaria può disporre per iscritto che la perquisizione sia eseguita fuori dei suddetti limiti temporali.»

MOTIVI DI RICORSO

  1. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il ricorrente lamenta la perquisizione di cui è stato oggetto.
  2. Invocando l'articolo 13 della Convenzione, il ricorrente lamenta di non disporre di alcun ricorso interno effettivo.

IN DIRITTO

  1. Il ricorrente afferma che la perquisizione della sua abitazione non è avvenuta «secondo le vie legali». Afferma che il pubblico ministero non ha convalidato il verbale della perquisizione nel termine previsto dall'articolo 352 § 4 del CPP. Egli invoca l'articolo 8 della Convenzione, così redatto:

    «1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
    2. Non può aversi interferenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto a meno che questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la sicurezza pubblica, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

    Il Governo si oppone a questa tesi.

    1. Argomentazioni delle parti
      1. Il Governo
        Il Governo osserva che le perquisizioni previste all'articolo 41 del TULPS costituiscono una premessa per l'eventuale avvio di azioni giudiziarie quando esistono fondati sospetti che sia stato commesso o che sarà commesso un reato. Più precisamente, queste perquisizioni mirano alla repressione del delitto, particolarmente grave, di detenzione abusiva di armi o di esplosivi, nonché alla prevenzione o alla repressione degli ulteriori reati che possono essere commessi utilizzando tali oggetti. Esse perseguono pertanto un fine legittimo, e ciò indipendentemente dal loro risultato. Una perquisizione non cessa di essere conforme alla Convenzione solo perché non ha consentito di raccogliere prove a carico. Giungere ad una conclusione diversa significherebbe impedire alle autorità giudiziarie di assolvere il loro compito di prevenzione del reato e pretendere che sappiano, prima ancora di iniziare la ricerca delle prove, se ne esistono e se ne troveranno.
        Secondo il Governo, il presente caso si differenzia dal caso L.M. c/Italia (n. 60033/00, sentenza del 8 febbraio 2005), in quanto la procura ha convalidato la perquisizione effettuata nell'abitazione del ricorrente ed ha disposto l'archiviazione del fascicolo per mancanza di prove a carico. Infatti, nella causa L.M. succitata, la violazione dell'articolo 8 della Convenzione constatata dalla Corte risultava dall'assenza di una base legale dovuta all'omissione di convalidare il verbale di perquisizione.
        Quanto alla presunta violazione dell'articolo 251 del CPP, il Governo afferma che, poiché le perquisizioni ai sensi dell'articolo 41 del TULPS sono urgenti, la loro esecuzione fuori dei limiti temporali fissati nel comma 1 è coperta dall'eccezione prevista nel secondo comma della disposizione controversa.
      2. Il ricorrente
        Il ricorrente osserva che la perquisizione controversa era prevista dall'articolo 41 del TULPS. Tuttavia, il diritto interno prevede anche che il verbale di perquisizione debba essere convalidato e che debbano essere indicati i motivi della convalida, stabilendo così un controllo da parte della procura sulla legalità della condotta della polizia.
        Ora, nel presente caso di specie, sebbene trasmesso regolarmente alla procura, il verbale di perquisizione non sarebbe stato convalidato ai sensi dell'articolo 352 del CPP. I documenti prodotti dal Governo non conterrebbero la data della convalida, la base legale di questa e i motivi che la giustificano. Il ricorrente non è mai stato informato dell'avvenuta convalida del verbale. Inoltre, essendo iniziata alle ore 20.50, la perquisizione controversa ha violato l'articolo 251 § 1 del CPP.
        Il ricorrente sostiene anche che l'articolo 41 del TULPS non costituisce una base legale sufficientemente precisa: autorizzando la polizia a basarsi su fonti anonime o riservate, o su semplici sospetti, tale disposizione non consentirebbe un controllo attento delle condizioni che giustificano l'intervento statale. Si tratterebbe di una norma fondata sull'ideologia antidemocratica e antiliberale dell'epoca fascista, fonte di abusi e di ingerenze sproporzionate nei diritti individuali. Ciò sarebbe aggravato dal fatto che l'eventuale convalida della perquisizione è di competenza del pubblico ministero e non del giudice.
        Il ricorrente ritiene che il fatto che a casa sua non è stato rinvenuto niente d'illegale e che, di conseguenza, non è stata pronunciata nessuna condanna penale nei suoi confronti non basti a privarlo della qualità di vittima. Il danno consisterebbe infatti nel semplice fatto di avere subito un'ingerenza nei diritti garantiti dall'articolo 8 della Convenzione. Il ricorrente precisa di ritenere che l'assenza di azioni giudiziarie o di sequestri costituisca una circostanza suscettibile di aggravare la violazione dei suoi diritti.
    2. Valutazione della Corte
      La Corte osserva che la perquisizione dell'abitazione del ricorrente costituiva indubbiamente un'«ingerenza dell'autorità pubblica» nell'esercizio del diritto dell'interessato al rispetto del suo «domicilio» e della sua «vita privata». Il Governo non lo contesta. Una tale ingerenza viola l'articolo 8 salvo che, «prevista dalla legge», persegua uno o più degli scopi legittimi di cui al comma 2 e, inoltre, sia «necessaria, in una società democratica», per raggiungerli.
      Quanto alla prima delle condizioni sopra elencate, la Corte ricorda che le parole «prevista dalla legge», ai sensi dell'articolo 8 § 2, vogliono innanzitutto che la misura sotto accusa abbia una base nel diritto interno (Kruslin c/Francia, sentenza del 24 aprile 1990, serie A n. 176-A, p. 20, § 27). Anche se spetta in primo luogo alle autorità nazionali, e singolarmente ai tribunali, interpretare ed applicare il diritto interno (Amann c/Svizzera [GC], n. 27798/95, § 52, CEDU 2000-II), la Corte può e deve esercitare un certo controllo per verificare se la legge nazionale sia stata rispettata (Craxi c/Italia (n. 2), n. 25337/94, § 78, 17 luglio 2003).
      La Corte osserva che la perquisizione del domicilio del ricorrente è stata eseguita in applicazione dell'articolo 41 del TULPS, una disposizione che autorizza la polizia a controllare qualsiasi abitazione in cui potrebbero essere nascoste armi, munizioni o materie esplodenti non denunciate o abusivamente detenute. Nel momento in cui si è verificata, l'ingerenza controversa aveva quindi una base legale nel diritto italiano (L.M. c/Italia succitata, § 30).
      La Corte osserva inoltre che, ai sensi dell'articolo 352 § 4 del CPP, il verbale di perquisizione deve essere trasmesso, entro 48 ore, al pubblico ministero, il quale, nelle 48 ore successive, se ne ricorrono i presupposti, deve convalidarlo. Nel caso L.M. c/Italia (si veda la sentenza succitata, §§ 31-33), la Corte ha ritenuto che la convalida del verbale di perquisizione, prevista specificamente dalla legge, consista in un controllo da parte del pubblico ministero sulla legalità della condotta della polizia. Pertanto, l'assenza di una tale convalida dimostra che gli organi competenti non hanno vigilato sulla conformità della perquisizione alle procedure prescritte dalla legge.
      La Corte osserva tuttavia che, a differenza del caso L.M. succitato, nel presente caso di specie, il verbale di perquisizione è stato convalidato da un rappresentante della procura il 5 gennaio 2006, vale a dire due giorni dopo l'ingerenza nel diritto del ricorrente al rispetto del suo domicilio. Tale circostanza, contestata dal ricorrente, emerge dai documenti prodotti dal Governo. Niente fa ritenere che questi ultimi non siano autentici o contengano informazioni imprecise.
      E' vero che la perquisizione ha avuto luogo dalle ore 20.50 alle ore 21.30, vale a dire fuori dei limiti temporali fissati dall'articolo 251 § 1 del CPP (si veda sopra nel capitolo «il diritto interno pertinente»). Tuttavia, la Corte osserva che, al momento della perquisizione, il ricorrente non ha eccepito il mancato rispetto della disposizione in questione ed ha rinunciato, spontaneamente, a farsi assistere da un avvocato. Del resto, è opportuno rilevare che la perquisizione lamentata dal ricorrente è stata eseguita sulla base dell'articolo 41 del TULPS, una disposizione ai sensi della quale quando la polizia ha notizia dell'esistenza, in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni, materie esplodenti non denunciate o abusivamente detenute, deve procedere «immediatamente» ad un controllo. L'articolo 41 succitato, disposizione speciale mantenuta in vigore anche nel CPP del 1989, non rinvia ad alcun limite temporale.
      Alla luce di quanto precede, la Corte conclude che la perquisizione controversa era «prevista dalla legge» ai sensi del secondo comma dell'articolo 8 della Convenzione. Rimane da stabilire se essa perseguisse uno o più scopi legittimi e se fosse «necessaria in una società democratica».
      La Corte nota che, agendo ai sensi dell'articolo 41 del TULPS, la polizia mirava a trovare a casa del ricorrente armi, munizioni, materie esplodenti non denunciate o abusivamente detenute. L'ingerenza perseguiva pertanto gli scopi di prevenire i reati e di tutelare i diritti e le libertà altrui. Niente lascia ritenere che la perquisizione in sé o le modalità della sua esecuzione non siano state proporzionate al perseguimento di tali scopi.
      Secondo la Corte, la circostanza che, ai sensi dell'articolo 41 del TULPS, la polizia possa agire senza previa autorizzazione di un magistrato non può essere indice di arbitrio. Quando fonti considerate attendibili indicano la presenza in un dato luogo di armi, munizioni o materie esplodenti, le forze dell'ordine possono intervenire con urgenza e tempestività al fine di evitare che alcuni oggetti possano essere utilizzati per fini illegali. Come notato in precedenza, l'esigenza di una convalida a posteriori da parte di un magistrato della procura garantisce un controllo sulla legalità della condotta della polizia.
      Pertanto, nel caso di specie non si ravvisa alcuna parvenza di violazione dell'articolo 8 della Convenzione. Ne consegue che tale motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere respinto in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  2. Il ricorrente ritiene di non disporre, nel diritto italiano, di alcun mezzo d'impugnazione effettivo per fare valere, a livello interno, il motivo di ricorso che propone relativamente all'articolo 8 della Convenzione.
    Invoca l'articolo 13 della Convenzione, il quale recita:
    «Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella (&) Convenzione siano stati violati, ha diritto di presentare un ricorso avanti ad una magistratura nazionale, anche quando la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio di funzioni ufficiali.»

    Il Governo si oppone a questa tesi.
  1. Argomentazioni delle parti
    1. Il Governo
      Il Governo sostiene in primo luogo che, poiché le accuse del ricorrente sotto il profilo dell'articolo 8 della Convenzione sono manifestamente infondate, l'interessato non può sostenere di essere titolare di una «doglianza difendibile». Pertanto, l'articolo 13 non troverebbe applicazione.
      Ad ogni modo, una perquisizione che non abbia avuto esito presenta analogie con una privazione di libertà di cui non si sia potuto verificare la legalità a causa della sua breve durata. Una tale situazione è stata ritenuta legittima dalla Corte (si vedano Brogan e altri c/Regno Unito, sentenza del 29 novembre 1988, serie A n. 145-B, e Margaret Murray c/Regno Unito, sentenza del 28 ottobre 1994, serie A n. 300-A), e l'articolo 13 non si spingerebbe fino ad esigere che qualsiasi azione dell'autorità possa formare oggetto di ricorso. Se durante la perquisizione, si trovano prove che consentono di confermare degli indizi, l'imputato potrà sostenere che l'ingerenza nei suoi diritti era illegale, il che potrebbe portare al non utilizzo delle prove in questione. Se, invece, la perquisizione non ha esito, l'interessato non disporrà di alcun ricorso ad hoc.
      Del resto, la convalida prevista dall'articolo 352 del CPP è una garanzia della legalità dell'azione di polizia e del rispetto di un giusto equilibrio tra le esigenze della giustizia penale e i diritti individuali. Non sarebbe necessario alcun controllo ulteriore, eventualmente sotto forma di ricorso.
      D'altra parte, il Governo osserva che una perquisizione illegale consiste in una violazione di domicilio, reato punito dall'articolo 615 del codice penale, e costituisce un fatto illecito ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile. Il ricorrente avrebbe potuto quindi sporgere querela o presentare un'azione civile di risarcimento.
    2. Il ricorrente
      Il ricorrente afferma che, ai sensi della giurisprudenza della Corte di cassazione (sentenza della prima sezione n. 299 del 19 gennaio 1994), nel diritto italiano, non esiste alcun ricorso contro una perquisizione in quanto tale o contro la sua eventuale convalida. Ai sensi della giurisprudenza interna, un ricorso è possibile solo quando, contrariamente a quanto è successo nel presente caso di specie, al termine della perquisizione, vi sia stato sequestro di beni. Il ricorrente invoca, sul punto, i principi enunciati dalla Corte nella sentenza L.M. c/Italia, succitata (§§ 41-43).
      L'interessato osserva inoltre di non essere stato informato dell'iscrizione del suo nome nel registro degli indagati, dell'eventuale convalida del verbale di perquisizione né dell'archiviazione del procedimento nei suoi confronti. Ad ogni modo, nell'ambito di tale procedimento, non sarebbe stato possibile presentare ricorso contro l'illegalità della perquisizione controversa.
  2. Valutazione della Corte
    La Corte ricorda che l'articolo 13 non può essere interpretato come se richiedesse un ricorso interno per ogni doglianza, per quanto ingiustificata, che un individuo può presentare relativamente alla Convenzione: deve trattarsi di una doglianza difendibile rispetto ad essa (Boyle e Rice c/Regno Unito, sentenza del 24 aprile 1988, serie A n. 131, p. 23, § 52). Nel presente caso, la Corte ha appena concluso che le doglianze del ricorrente relative alla clausola «normativa» dell'articolo 8 della Convenzione sono manifestamente infondate.
    Ora, le considerazioni sugli elementi di fatto che hanno portato la Corte a respingere le accuse del ricorrente sotto il profilo della clausola normativa invocata la portano a concludere, sotto il profilo dell'articolo 13, che non si era in presenza di una doglianza difendibile (si vedano, ad esempio e tra molte altre, Walter c/Italia (dec.), n. 18059/06, 11 luglio 2006, e Al-Shari ed altri c/Italia (dec.), n. 57/03, 5 luglio 2005). L'articolo 13 non trova pertanto applicazione.
    Ne consegue che questo motivo di ricorso è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell'articolo 35 § 3 e deve essere respinto in applicazione dell'articolo 35 § 4.
    Di conseguenza, è opportuno mettere fine all'applicazione dell'articolo 29 § 3 della Convenzione e dichiarare il ricorso irricevibile nel suo complesso.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità,
Dichiara il ricorso irricevibile.

F. ELENS-PASSOS
Cancelliere aggiunto

F. TULKENS
Presidente