Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 12 luglio 2018 - Ricorso n. 6360/13 - Causa D’Acunto e Pignataro contro Italia

© Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli affari di giustizia, traduzione eseguita e rivista da Rita Carnevali, assistente linguistico e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA D’ACUNTO E PIGNATARO c. ITALIA c. ITALIA
(Ricorso n. 6360/13)

SENTENZA

STRASBURGO
12 luglio 2018

 

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa D’Acunto e Pignataro c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un comitato composto da

Kristina Pardalos, presidente,
Ksenija Turković,
Pauliine Koskelo, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere di sezione,

Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 19 giugno 2018,

Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 6360/13) proposto contro la Repubblica italiana con cui due cittadine di questo Stato, le sigg.re Stefania D’Acunto (la prima ricorrente) e Virginia Pignataro (la seconda ricorrente), hanno adito la Corte il 23 gennaio 2013 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»). La prima ricorrente dichiara di agire anche in nome e per conto dei suoi figli, L. e S.
2.  Le ricorrenti sono state rappresentate dall'avvocato A.G. Lana, del foro di Roma. Esse sono state autorizzate a utilizzare la lingua italiana nella procedura scritta (articolo 34 § 3 del regolamento della Corte). Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo ex co-agente, G. Mauro Pellegrini.
3.  In particolare, le ricorrenti deducevano una violazione del loro diritto al rispetto della vita familiare, a causa della collocazione in istituto dei due figli della prima ricorrente e nipoti della seconda.
4.  Il 12 settembre 2013 il ricorso è stato comunicato al Governo. Il Governo non si è opposto all'esame del ricorso da parte di un comitato.

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

5.  La prima ricorrente è nata nel 1963; la seconda ricorrente, madre della prima, è nata nel 1931. La prima ricorrente ha due figli, L. e S., nati rispettivamente il 9 agosto 2000 e il 18 maggio 2005. Le ricorrenti risiedono a Roma.
6.  I fatti di causa, così come sono stati esposti dalle ricorrenti, si possono riassumere come segue.

A. L'affidamento dei minori

7.  L'8 luglio 2007 una veterinaria effettuò una visita sanitaria a due piccoli bufali che erano nella proprietà della prima ricorrente. In questa circostanza, notò che i figli di quest'ultima vivevano in mezzo a un gran numero di cani, gatti e altri animali e che le condizioni igieniche sembravano precarie. Il giorno successivo segnalò alle autorità competenti la mancanza di un'area giochi per i bambini, i rischi per la sicurezza di questi ultimi e gli eccessi di collera della prima ricorrente nei confronti di L.
8.  Il 13 luglio 2007, in occasione dell'ispezione delle forze dell'ordine e dei servizi sanitari e sociali del comune di Grottaferrata, fu constatato che la casa non era abitabile. I bambini furono quindi portati al reparto pediatrico dell'ospedale di Marino per un controllo del loro stato di salute. I risultati mostrarono che erano in buona salute e che il rapporto affettivo con la loro madre era positivo. Al termine della visita medica, i servizi sociali e la prima ricorrente concordarono l'affidamento volontario dei bambini alla signora P., una parente alla quale la prima ricorrente aveva in precedenza affidato L., in particolare al momento della nascita di S. I servizi sociali informarono la prima ricorrente che l'affidamento era provvisorio e veniva effettuato in assenza di qualsiasi forma di coercizione. Contemporaneamente, il sindaco di Grottaferrata ordinò la bonifica della abitazione di famiglia entro un termine di dieci giorni, in modo da poter garantire condizioni igienico-sanitarie favorevoli all'accoglienza dei bambini.
9.  Il 30 luglio 2007, a seguito di un disaccordo con la signora P. sul desiderio di L. di farsi tagliare i capelli (che gli arrivavano fino alla schiena), la prima ricorrente riprese i bambini dalla casa di quest'ultima.
10.  Il 31 luglio 2007 la responsabile dei servizi sociali di Grottaferrata informò il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Roma della violazione dell'accordo di affidamento volontario. Inoltre, segnalò alla procura che la prima ricorrente non aveva informato i servizi sociali del luogo in cui si trovavano i suoi figli e non aveva eseguito la bonifica della sua abitazione. Peraltro, richiese una valutazione delle capacità genitoriali dell'interessata.
11.  Con decreto del 7 settembre 2007, il tribunale per i minorenni di Roma («il tribunale dei minori») dispose la presa in carico dei minori e il loro collocamento in via provvisoria in una idonea struttura. Motivò la sua decisione tenendo conto della violazione dell'accordo di affidamento volontario da parte della prima ricorrente e delle condizioni sanitarie della abitazione familiare. Il 18 settembre 2007 i bambini furono condotti nella casa famiglia della Congregazione delle Suore Carmelitane del Divin Cuore di Gesù («la casa famiglia di Rocca di Papa»), vicino a Roma. Il tribunale dei minori fissò la convocazione della prima ricorrente all'udienza dell'8 novembre 2007.
12.  In questa udienza, la prima ricorrente dichiarò che i figli non erano stati riconosciuti dai loro rispettivi padri e che questi ultimi non partecipavano al mantenimento e non erano in contatto con loro.
13.  Sentita il 9 aprile 2008, la seconda ricorrente indicò che i rapporti con sua figlia erano complessi. Dichiarò anche che quest'ultima impediva al padre di L. di occuparsi di suo figlio.
14.  Il 14 luglio 2008 il tribunale dei minori confermò il provvedimento del 7 settembre 2007, ritenendo che il ritorno dei bambini presso la prima ricorrente non fosse auspicabile e che l'affidamento alla seconda ricorrente non fosse possibile a causa della profonda conflittualità esistente tra quest'ultima e sua figlia.
15.  In una data non precisata, la seconda ricorrente chiese al tribunale dei minori di collocare i bambini a casa sua, denunciando gli effetti del soggiorno in una casa di accoglienza, che qualificava come destabilizzanti. All'udienza del 30 giugno 2009 le ricorrenti chiesero una perizia sullo stato di salute della prima di loro affinché fossero dimostrate le sue capacità genitoriali.
16.  Il 5 luglio 2009 il tribunale dei minori constatò, da un lato, la persistenza del conflitto tra le ricorrenti e, dall'altro, l'atteggiamento ostile della prima ricorrente nei confronti del personale della casa famiglia (espressioni ingiuriose, comportamenti aggressivi, numerosi accessi non autorizzati nell'istituto), che l'interessata giustificava come risposta alle asserite vessazioni subite da L. da parte degli altri bambini accolti nella struttura.
17.  Il tribunale considerò anche che lo stato delle relazioni tra le ricorrenti era conflittuale e pregiudizievole per i bambini e che lo stato psicologico della prima ricorrente non consentisse di decidere la collocazione dei minori presso di lei. Pertanto ordinò:
di mantenere l'affidamento dei minori ai servizi sociali e il collocamento presso la casa famiglia «Rocca di Papa», considerando che qualsiasi trasferimento potesse turbare i minori;
l'organizzazione di incontri in ambito protetto, alternativamente con la prima ricorrente e la seconda ricorrente, all'interno dello «spazio neutro» di Frascati (senza precisazioni sulla frequenza degli incontri), vietando alla prima ricorrente di accedere alla casa famiglia e ingiungendole di non comportarsi in modo pregiudizievole per i bambini durante gli incontri;
la realizzazione di una perizia sullo stato psicologico e sulle capacità genitoriali della prima ricorrente, incaricando il perito del tribunale di individuare, in particolare, la migliore soluzione per i minori per quanto riguardava il loro benessere psichico e fisico.
18.  La perizia venne svolta in più fasi: il 23 novembre 2009, il perito sentì la prima ricorrente; il 1° marzo 2010, si incontrò con la seconda ricorrente e, il 14 aprile 2010, incontrò i bambini, dapprima soli, poi in presenza delle ricorrenti. Il 19 maggio 2010, il perito consegnò le sue conclusioni al tribunale dei minori. Nella sua relazione, il perito indicava in particolare che la prima ricorrente soffriva di disturbi psicologici di tipo «borderline», presentando una personalità fragile, caratterizzata da reazioni emotive contrastanti e una tendenza alla depressione, che pensava più ai suoi animali che ai suoi figli e che un trattamento psicoterapeutico sarebbe stato in linea di principio inutile, data la sua difficoltà a fidarsi degli altri e a stabilire relazioni personali. Indicava anche che la seconda ricorrente aveva un atteggiamento ostile nei confronti degli altri ed era incapace di assumersi la sua parte di responsabilità nella situazione di contrasto con sua figlia. Precisava che il rapporto delle ricorrenti era altamente conflittuale, fatto che aveva delle ripercussioni sul benessere dei bambini, in particolare su quello di L.
Il perito indicava inoltre che i minori tentavano di placare le liti tra le ricorrenti: in particolare, sottolineava che L. svolgeva un ruolo di mediatore, cercando di convincere sua madre e sua nonna a riconciliarsi, e che, di fronte al suo fallimento, si verificavano crisi di aggressività. Il perito concludeva che la L. aveva dei bisogni che né la prima né la seconda ricorrente riuscivano a soddisfare e che S. poteva riuscire ad adattarsi in una famiglia affidataria o adottiva.
19.  Il 7 giugno 2010 un perito di fiducia della prima ricorrente presentò le sue conclusioni. Questo perito confermò l'esistenza del conflitto tra le ricorrenti e aggiunse che queste ultime avevano intessuto, individualmente, un rapporto profondo e di complicità con i bambini. Ritenne che i bambini fossero lucidi circa il conflitto tra le due adulte e concluse che la loro separazione dalla famiglia era estremamente pregiudizievole per il loro benessere.
20.  Il 24 luglio 2010, il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni chiese, alla luce della perizia del 19 maggio 2010, la prosecuzione dell'attività di sostegno alla prima ricorrente al fine di un riavvicinamento tra quest'ultima e i figli sulla base di un'alternanza di periodi di collocamento in casa famiglia e soggiorni con la prima ricorrente.
21.  Il 7 ottobre 2010 la psicoterapeuta dello «Spazio neutro» di Frascati informò il Comune della sua intenzione di sospendere gli incontri fino a quando non fosse stato messo in atto un supporto neuropsichiatrico a beneficio dei bambini.
22.  Il 14 giugno 2011 il tribunale dei minori sentì L., che rispose favorevolmente alla proposta di affidamento ad una famiglia.
23.  Il 17 novembre 2011, l’equipe dello «Spazio neutro» di Frascati scrisse una relazione sugli incontri organizzati tra la prima ricorrente e i bambini. Questa relazione rilevava un cambiamento nell'atteggiamento della prima ricorrente, che si mostrava più conciliante e incline a seguire le regole che disciplinavano gli incontri e le proposte volte a placare il conflitto con sua madre. Secondo la relazione, questa «alleanza positiva» tra i membri dell'equipe «Spazio Neutro» e la prima ricorrente aveva permesso a quest'ultima di prendere coscienza delle sue difficoltà a prendersi cura dei bambini e dello stato di degrado della sua casa. Sempre secondo questo rapporto, la relazione con i bambini era valutata positivamente, sottolineando l'esistenza di legami affettivi forti e autentici tra madre e figli.
24.  Il 20 gennaio 2012, L. scrisse al tribunale dei minori per sollecitare un affidamento familiare.
25.  Con decreto dell'8 febbraio 2012, il tribunale dei minori incaricò i servizi sociali di trovare con urgenza una famiglia affidataria. In effetti, il tribunale considerò che il collocamento dei minori in casa famiglia non rispondesse più ai bisogni di questi ultimi e che, per quanto riguardava le ricorrenti, non vi era alcun cambiamento significativo che permettesse di pronunciarsi in favore del ritorno dei bambini presso la prima ricorrente o del loro collocamento presso la seconda ricorrente.
26.  Il 3 marzo 2012 le ricorrenti proponevano reclamo dinanzi alla corte d'appello di Roma, chiedendo la sospensione urgente di tale decisione e l'affidamento dei minori alla prima ricorrente o, in subordine, il loro collocamento presso la seconda ricorrente. Tra gli altri motivi di ricorso, esse criticavano la constatazione del tribunale dei minori in merito a un presunto squilibrio psichico della prima ricorrente, ritenendo che tale squilibrio non potesse essere dedotto dalla perizia del tribunale e aggiungendo che tale constatazione era contraddetta dalle conclusioni del perito di fiducia dell'interessata. Secondo le ricorrenti, le capacità genitoriali della prima ricorrente erano dimostrate dal rapporto instaurato con l'equipe dello «Spazio neutro» (paragrafo 23 supra) e da tre decisioni del procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minori, datate 14 febbraio 2009, 24 luglio 2010 e 13 maggio 2011, che negavano l'avvio di un procedimento volto a verificare l'esistenza di uno stato di abbandono dei minori.
Il curatore nominato dalla corte d'appello per rappresentare i bambini emise un parere che indicava la sua opposizione alla richiesta delle ricorrenti.
27.   Il 10 luglio 2012 la corte d'appello di Roma (sezione minorenni) respinse il reclamo. Giustificò l'urgenza della decisione impugnata rilevando che i bambini stessi avevano sollecitato un cambiamento della loro situazione al fine di trovare un contesto più stabile. Osservò anche che, sebbene la prima ricorrente avesse un atteggiamento meno ostile nei confronti del personale della casa famiglia e nonostante avesse recentemente cambiato abitazione, aveva bisogno di tempo per stabilizzare la sua situazione personale. A questo proposito, la corte d'appello sottolineò che la soluzione adottata era di natura provvisoria e che poteva consentire, in futuro, il ritorno dei figli nella casa di famiglia.
28.  In una data non precisata, i minori furono affidati ad una famiglia selezionata.
29.  Il 17 settembre 2012 i bambini ritornarono nella casa famiglia «Rocca di Papa», in quanto l'inserimento nella famiglia affidataria non aveva avuto successo. Secondo il padre affidatario, che era un pediatra, S. aveva bisogno di una valutazione neuropsichiatrica, dato il suo comportamento violento e ingestibile, e L. mostrava una profonda tristezza in risposta al comportamento di sua sorella e al fallimento del progetto di inserimento.
30.  Nelle audizioni del 25 settembre e dell'11 ottobre 2012, la psicologa dello «Spazio neutro» attribuì la responsabilità del fallimento dell'inserimento in una famiglia affidataria alla prima ricorrente. Secondo lei, quest'ultima aveva denigrato la famiglia affidataria e dato ai bambini informazioni contraddittorie e negative.
31.  Il 9 novembre 2012 il tribunale dei minori respinse una nuova domanda della prima ricorrente volta ad ottenere l'affidamento dei figli. Il tribunale non accolse i motivi su cui si basava la domanda - tra altri la disponibilità di un nuovo appartamento a Roma e l'acquisto di un'autovettura - e ritenne, al contrario, che questi elementi provassero che la prima ricorrente non aveva compreso che il motivo dell'allontanamento dei minori era legato alla sua incapacità genitoriale. Inoltre, il tribunale rilevò che la prima ricorrente aveva creato un blog e pubblicato foto dei minori, l'indirizzo della casa famiglia e alcuni estratti delle decisioni giudiziarie.
Il tribunale osservò altresì che, secondo i servizi sociali, l'interessata continuava a comportarsi in maniera pregiudizievole per il benessere dei suoi figli, fatto che, a suo parere, dimostrava la mancanza di progressi nelle sue capacità genitoriali. A tale riguardo, il tribunale faceva riferimento alla perizia del 19 maggio 2010. Di conseguenza, ordinò la sospensione della potestà genitoriale della prima ricorrente nominando un tutore provvisorio per i minori, nonché il compimento di una valutazione psicologica di questi ultimi e la loro presa in carico terapeutica. Infine, incaricò i servizi sociali di trovare una nuova struttura di accoglienza, il cui indirizzo non doveva essere comunicato alla prima ricorrente per evitare le interferenze come quelle precedentemente commesse da quest'ultima. Il tribunale ordinò anche di continuare gli incontri in ambiente protetto, una volta al mese.
32.  Il 15 gennaio 2013 la prima ricorrente propose reclamo avverso il provvedimento del 9 novembre 2012 dinanzi alla corte d'appello di Roma contestando, tra l’altro, la sospensione della sua potestà genitoriale, fondata sulla perizia del 19 maggio 2010, e chiedendo una nuova valutazione del suo stato psicologico al fine di rendere possibile il ricongiungimento familiare.
33.  A partire dal mese di marzo 2013, i bambini furono collocati in due strutture di accoglienza separate. Secondo le autorità, questi istituti erano abbastanza vicini da consentire il mantenimento del legame affettivo tra loro. Nello stesso periodo, i minori cominciarono a seguire un percorso psicoterapeutico adattato alle loro rispettive età ed esigenze.
34.  Il 3 aprile 2013 la corte d'appello di Roma respinse il ricorso della prima ricorrente, ritenendo che la decisione presa fosse volta a garantire lo svolgimento di un percorso terapeutico adatto a ciascuno dei bambini. Inoltre, constatò che gli incontri continuavano a svolgersi.
35.  Il 18 marzo 2014 il tribunale dei minori convocò le ricorrenti, il tutore e la curatrice dei minori nonché i servizi sociali di Grottaferrata per valutare la sospensione della potestà genitoriale. Al termine dell'udienza, il tribunale rilevò che i rapporti tra la prima e la seconda ricorrente erano cambiati radicalmente e che da qualche tempo la prima ricorrente abitava con la seconda ricorrente. Constatò anche che la prima ricorrente aveva un atteggiamento costruttivo nei confronti del personale delle strutture di accoglienza dei bambini e che prestava molta attenzione al benessere di questi ultimi e al loro sviluppo nell'ambiente scolastico.
36.  Il 10 aprile 2014 il tribunale dei minori ordinò una perizia sui progressi compiuti dalla prima ricorrente, sullo stato delle relazioni tra le ricorrenti e sui rapporti tra queste ultime e i minori. Inoltre, autorizzò gli incontri negli istituti in cui erano collocati i bambini, ritenendo che le esigenze che giustificavano lo svolgimento degli incontri in ambiente protetto fossero scomparse.
37.  In data 17 novembre 2014 il perito del tribunale depositò la sua relazione. Confermò la diagnosi di personalità «borderline» della prima ricorrente, rilevando un buon livello di compensazione funzionale grazie al percorso psicoterapeutico seguito. Indicò che la relazione tra le ricorrenti era equilibrata, ma che il declino intellettuale della seconda ricorrente, dovuto all'invecchiamento, poteva rappresentare un nuovo parametro da prendere in considerazione al fine di evitare qualsiasi rischio di nuove tensioni. Per quanto riguarda i bambini, il perito suggerì per L. un controllo molto scrupoloso e ritenne che per S. i rischi di uno sviluppo della personalità in senso oppositivo fossero molto marcati. Infine, per quanto riguardava il legame tra la prima ricorrente e i minori, il perito menzionò l'esistenza di un affetto sincero, pur rilevando che le modalità relazionali erano disordinate e che le capacità della prima ricorrente di far fronte alle esigenze dei bambini, che richiedevano notevoli sforzi, poteva mancare a quest'ultima, in particolare in situazioni di stress. La Corte non è stata informata del seguito dato a questa relazione peritale.
Il perito di fiducia della prima ricorrente condivideva le conclusioni del perito del tribunale in merito ai progressi compiuti da quest'ultima e alla relazione madre-figli. In particolare, nelle sue conclusioni affermò che la prima ricorrente seguiva un percorso di psicoterapia e che ciò si era rivelato salutare, soprattutto dopo un allentamento delle tensioni tra l'interessata e i servizi sociali, coincidente con il trasferimento dei figli nei nuovi istituti.
38.  Il 18 aprile 2015, L., che allora aveva 14 anni e 8 mesi, lasciò improvvisamente la struttura di accoglienza che lo ospitava per recarsi a casa della seconda ricorrente, dove abitava la prima ricorrente.
39.  Il 24 aprile 2015 il tribunale dei minori ordinò alle forze dell'ordine di prelevare il minore dall'abitazione della seconda ricorrente e di ricondurlo nella struttura di accoglienza. Inoltre, elaborò un piano per il graduale reinserimento dei minori nel nucleo familiare, che prevedeva la convivenza per ogni fine settimana a casa della seconda ricorrente, sotto la supervisione dei servizi sociali. Ingiunse alla prima ricorrente di conformarsi alle istruzioni dei servizi sociali e di stabilire la sua residenza presso la seconda ricorrente.
40.  Il 20 maggio 2015, la struttura di accoglienza di L. informò il tribunale dei minori che, dal giorno prima, L. aveva nuovamente lasciato l'istituto per recarsi presso la seconda ricorrente. Nella loro comunicazione, i responsabili della struttura indicavano che il collocamento forzato del minore nell'istituto non era auspicabile.
41.  Il 25 maggio 2015 il tribunale ordinò il collocamento dei figli nell'abitazione della seconda ricorrente, che conviveva con la prima ricorrente. Mantenne la sospensione della potestà genitoriale di quest'ultima e ordinò ai diversi attori coinvolti (tutore, curatore, servizi sociali) di mettere in atto un percorso di assistenza educativa a domicilio e di proseguire le terapie psicologiche in corso. Infine, ingiunse alla prima ricorrente di iniziare un percorso di sostegno alla genitorialità.

B. Le denunce depositate dalla prima ricorrente

42.  A partire dal 2010, la prima ricorrente presentò diverse denunce relative ad alcuni maltrattamenti di cui i suoi figli sarebbero rimasti vittime. In particolare, denunciava le violenze fisiche che L. avrebbe subito tra il 2 maggio 2008 e il 24 dicembre 2012 da parte di altri minori alloggiati nella casa famiglia «Rocca di Papa». Inoltre, affermava che il 15 luglio 2008, S. era caduta dalla cuccetta superiore del suo letto a castello, riportando un ematoma sul lato sinistro della bocca.
43.  Il commissariato di polizia di Frascati eseguì delle indagini in merito a tali denunce, nell’ambito delle quali sentì il personale dei servizi sociali e della casa famiglia «Rocca di Papa». In questa occasione, un ex educatore della casa famiglia denunciò la severità mostrata dalle religiose nei confronti dei bambini ospitati in questa struttura, affermando che questi ultimi erano obbligati, prima di andare a scuola, a riordinare la loro stanza e a spazzare e pulire completamente i locali della casa famiglia, e che un bambino affetto da enuresi notturna era stato costretto a dormire per più di un mese senza coperte, nonostante le rigide temperature invernali. Peraltro, due operatori dello «Spazio neutro» riferirono che inizialmente L. e S. si presentavano agli incontri vestiti male e in cattive condizioni igieniche, e che la loro situazione era poi migliorata.
Gli agenti della polizia ispezionarono la casa famiglia e rilevarono delle irregolarità in merito alla presenza del personale e alla tenuta del registro dell'istituto.
44.  Il 9 giugno 2011 il commissariato trasmise i risultati delle indagini al procuratore della Repubblica di Velletri, che avviò un'indagine preliminare, e al tribunale per i minorenni.
45.  Il presidente del tribunale per i minorenni si recò presso la casa famiglia «Rocca di Papa». Incontrò tutti i minori che vi erano accolti, compresi L. e S., in assenza del personale della struttura, al fine di ottenere un resoconto spontaneo da parte dei minori. Non rilevò alcuna prova che fossero state commesse violenze o che facesse sorgere il sospetto che i minori ospitati rischiassero di subire maltrattamenti.
46.  La Corte non è stata informata del seguito dato all'indagine.

II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE

47.  Il diritto interno pertinente nel caso di specie è descritto nella sentenza Errico c. Italia (n. 29768/05, §§ 23-26, 24 febbraio 2009).

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

48.  Le ricorrenti lamentano che la loro separazione dai minori L. e S. e l’affidamento di questi ultimi per sette anni e mezzo hanno leso il loro diritto al rispetto della vita famigliare sancito dall’articolo 8 della Convenzione, che recita:
«1.  Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2.  Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
49.  Il Governo contesta questa tesi.

A. Obiezione preliminare

50.  Il Governo contesta la natura dell’atto con cui è stata adita la Corte depositato dalle ricorrenti, in quanto considera che queste ultime hanno presentato soltanto una domanda di misure provvisorie, ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della Corte, e non hanno presentato un ricorso sul merito relativo alle lamentate violazioni degli articoli 3 e 8 della Convenzione. Di conseguenza, invita la Corte a limitare il suo controllo alla sola domanda di misure provvisorie, in nome del rispetto del principio del contraddittorio.
51.  Le ricorrenti affermano che il loro ricorso sul merito, che solleva doglianze relative agli articoli 3 e 8 della Convenzione, era accompagnato da una richiesta di misure provvisorie ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della Corte. A questo proposito, esse indicano che, dopo avere respinto la loro domanda di misure provvisorie, la Corte le ha invitate, con una lettera del 19 febbraio 2013, a indicare se desiderassero mantenere il ricorso. Una volta ricevuta la risposta affermativa da parte loro, la Corte ha proceduto alla comunicazione della causa al governo convenuto. Secondo le ricorrenti, questo dimostra che la Corte ha sempre considerato che la domanda sul merito è stata presentata contestualmente alla domanda di misure provvisorie.
52.  Anzitutto la Corte rammenta che le condizioni più rigorose per la presentazione di un ricorso sono previste solo a partire dal 1° gennaio 2014 dal nuovo articolo 47 del suo regolamento. Ora, poiché il presente ricorso è stato presentato il 23 gennaio 2013, le ricorrenti non erano tenute a presentare il loro ricorso sul formulario fornito dalla cancelleria della Corte (Strumia c. Italia, n. 53377/13, § 84, 23 giugno 2016).
53.  Inoltre, per quanto riguarda il contenuto del ricorso, la Corte osserva che quest’ultimo comprendeva tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per l’esame delle doglianze relative agli articoli 3 e 8 della Convenzione, e osserva anche che, nello stesso formulario, le ricorrenti chiedevano l’applicazione di misure provvisorie ai sensi dell’articolo 39 del suo regolamento. Dopo aver respinto questa domanda di misure provvisorie, la Corte ha invitato le ricorrenti a indicare, senza altre formalità, se desiderassero mantenere il loro ricorso. Con lettera datata 5 marzo 2013, conformemente a una prassi consolidata seguita dinanzi alla Corte, gli avvocati delle ricorrenti hanno confermato che le stesse intendevano mantenere il ricorso. Quest’ultimo è stato quindi comunicato al governo convenuto, il che ha permesso di stabilire il contraddittorio tra le parti.
54.  Per questi motivi, la Corte ritiene opportuno respingere l’eccezione preliminare del Governo per quanto riguarda la natura dell’atto con il quale è stata adita e la sua dedotta contrarietà al principio del contradditorio.

B. Sulla ricevibilità

1. Sull’eccezione del governo convenuto per quanto riguarda la qualità della prima ricorrente per agire in nome e per conto dei figli

55.  Il Governo contesta l’interesse legittimo della prima ricorrente ad agire in nome e per conto dei suoi figli, e chiede alla Corte di dichiarare il ricorso irricevibile per quanto riguarda i due minori. Il Governo afferma che, in seguito alla decisione del tribunale per i minorenni di sospendere la potestà genitoriale della prima ricorrente, la sola persona che ha la qualità per agire in nome e per conto dei minori è il tutore nominato dal tribunale.
56.  Quanto alla possibilità di rappresentare un minore dinanzi alla Corte in caso di mancata detenzione della potestà genitoriale o sospensione di quest’ultima, il Governo ritiene che essa sia ammessa dalla Corte nella sola ipotesi di una controversia esistente tra il genitore e il tutore nominato dalle autorità giudiziarie e che, invece, in caso di conflitto esistente tra il genitore e le autorità giudiziarie, venga meno la legittimità del genitore ad agire. Pertanto, il Governo conclude che, nel caso di specie, la prima ricorrente avrebbe dovuto chiedere al tutore di presentare un ricorso in nome e per conto dei figli dinanzi alla Corte.
57.  Le ricorrenti affermano, basandosi in particolare sulla sentenza Scozzari e Giunta c. Italia ([GC], nn. 39221/98 e 41963/98, CEDU 2000 VII), che, anche se il tribunale nazionale ha sospeso la potestà genitoriale della prima ricorrente, madre biologica dei minori, viene mantenuta la legittimità di quest’ultima ad agire in nome e per conto dei figli.
58.  Rammentando il principio enunciato in materia nella sentenza Scozzari e Giunta (sopra citata, § 138), la Corte indica di avere riconosciuto in generale la legittimità ad agire del genitore biologico privato della potestà genitoriale, basandosi sulla considerazione fondamentale che ogni potenziale violazione dei diritti del minore dovrebbe essere da essa esaminata allo scopo di evitare il rischio che alcuni interessi dei minori vengano portati alla sua attenzione e che questi ultimi siano privati di una tutela effettiva dei diritti che riserva loro la Convenzione (N.Ts. e altri c. Georgia, n. 71776/12, §§ 52-54, 2 febbraio 2016, e A.K. e L. c. Croazia, n. 37956/11, §§ 46-50, 8 gennaio 2013). Pertanto, in questo ambito dovrebbe essere evitato qualsiasi approccio restrittivo o puramente tecnico (T. c. Repubblica ceca, n. 19315/11, §§ 90-91, 17 luglio 2014).
59.  La Corte osserva che, nella presente causa, si afferma, in nome dei minori, che le decisioni adottate dalle autorità giudiziarie, di cui sono contestate la necessità e proporzionalità, hanno avuto degli effetti negativi sul benessere dei minori e sul loro rapporto con la prima ricorrente. Pertanto, anche se la prima ricorrente è stata oggetto di una sospensione della potestà genitoriale – misura che costituisce del resto uno dei fatti che hanno determinato la controversia che essa ha portato dinanzi alla Corte –, la sua qualità di madre biologica permette di riconoscerle il potere di stare in giudizio dinanzi alla Corte anche a nome dei suoi figli (Scozzari e Giunta, sopra citata, § 138). Per di più, nella presente causa la Corte rileva che gli interessi della prima ricorrente sono in linea con quelli dei minori per quanto riguarda le affermazioni relative agli obblighi derivati dal diritto al rispetto della vita famigliare. Pertanto, la Corte considera che la prima ricorrente possa agire anche in nome e per conto dei suoi figli al fine di tutelare i loro interessi.
60.  La Corte considera pertanto doversi respingere l’eccezione preliminare del Governo per quanto riguarda il locus standi della prima ricorrente per rappresentare i suoi figli nella procedura dinanzi ad essa.

2. Conclusione sulla ricevibilità

61.  Constatando che la doglianza relativa all’articolo 8 della Convenzione non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte la dichiara ricevibile.

C. Sul merito

1. Tesi delle parti

62.  Le ricorrenti ritengono che l’allontanamento dei minori dal domicilio famigliare, la loro presa in carico da parte dei servizi sociali e il loro collocamento in una casa famiglia, la restrizione del diritto di visita a un incontro in ambiente protetto al mese, nonché la sospensione della potestà genitoriale della prima ricorrente costituiscano delle misure contrarie all’articolo 8 della Convenzione. Esse lamentano che le autorità non abbiano fornito ragioni adeguate e sufficienti per giustificare la dedotta ingerenza nel loro diritto al rispetto della vita famigliare che, per di più, secondo loro, non era motivata dall’esigenza di proteggere l’interesse superiore dei minori. Per quanto riguarda i disturbi della personalità della prima ricorrente, esse denunciano le decisioni del tribunale per i minorenni, basate principalmente sulla relazione presentata dal perito nel maggio 2010 (paragrafo 18 supra), in quanto sarebbero state superficiali e stereotipate. Esse criticano inoltre la decisione di sospensione della potestà genitoriale (paragrafo 31 supra), che non avrebbe tenuto conto dei progressi compiuti dalla prima ricorrente per quanto riguarda la sua personalità e le sue condizioni di vita. Infine, esse considerano che il collocamento dei minori in un istituto di accoglienza, di cui denunciano il carattere de facto permanente, non è stato seguito dalla messa in atto di misure alternative volte a favorire il ricongiungimento famigliare.
63.  Il Governo non contesta il fatto che il collocamento dei minori abbia costituito una ingerenza nel diritto delle ricorrenti al rispetto della loro vita famigliare, ma indica tuttavia che le autorità nazionali si trovano in una posizione migliore per tenere conto dei vari interessi in gioco, in quanto sono in contatto diretto con le persone implicate, e godono pertanto di un ampio margine di apprezzamento.
64.  Il Governo afferma che il disturbo «borderline» presentato dalla prima ricorrente e alcuni degli aspetti della personalità di quest’ultima – ossia, a suo parere, la sua fragilità, la sua immaturità e la sua instabilità emotiva – hanno avuto un impatto negativo sullo sviluppo dei figli, come sarebbe stato del resto indicato nelle perizie del 2010 e del 2014. Pertanto, secondo il Governo, le autorità nazionali hanno adottato le misure necessarie per la tutela dell’interesse superiore dei minori, allo scopo di rimuovere le cause all’origine della difficile situazione di abbandono materiale e morale nella quale si sarebbero trovati e, nel contempo, di instaurare un percorso terapeutico per un corretto sviluppo delle loro personalità fragili. In questo contesto, la riduzione progressiva del diritto di visita delle ricorrenti sarebbe stata dunque giustificata. A questo proposito, il Governo contesta la versione dei fatti delle ricorrenti e indica che il legame tra queste ultime e i minori non è mai stato interrotto. Aggiunge che, a differenza della causa Zhou c. Italia (n. 33773/11, 21 gennaio 2014), la presente causa si caratterizza per il fatto che i giudici nazionali hanno garantito una revisione frequente della decisione di affidamento dei minori.
65.  Quanto alla sospensione della potestà genitoriale, il Governo afferma che è stata disposta solo dopo il fallimento degli altri tentativi intrapresi per convincere la prima ricorrente a cooperare con le autorità. Inoltre, per quanto riguarda i motivi che spiegano il lasso di tempo rilevato tra la perizia del 19 maggio 2010 e quella del 17 novembre 2014, esso indica che la diagnosi di personalità «borderline» comporta una prognosi negativa circa le possibilità per l’individuo di ottenere progressi significativi a breve termine; il Governo aggiunge che per questo motivo la seconda perizia è stata disposta soltanto nel marzo 2014, dopo la segnalazione dei servizi sociali relativa a un miglioramento complessivo della situazione della prima ricorrente.
66.  In conclusione, il Governo ritiene che le misure adottate nella presente causa siano state adeguate e proporzionate, nonché pienamente necessarie alla tutela dell’interesse superiore dei minori.

2. Valutazione della Corte

67.  La Corte rinvia ai principi generali applicabili in materia, recentemente richiamati nelle sentenze Soares de Melo c. Portogallo (n. 72850/14, §§ 88-94, 16 febbraio 2016), R.M.S. c. Spagna (n. 28775/12, §§ 69-72, 18 giugno 2013), e Y.C. c. Regno Unito (n. 4547/10, §§ 133-139, 13 marzo 2012).
68.  Tornando alla presente causa, la Corte osserva che non viene contestato che le decisioni con cui è stato disposto l’affidamento dei minori e inquadrato il diritto di visita hanno costituito una ingerenza nel diritto delle ricorrenti. La Corte rileva inoltre che queste ultime non hanno sostenuto che tali decisioni non erano fondate su una disposizione di legge o non perseguivano uno scopo legittimo. Essa osserva a questo proposito che la prima di tali esigenze, come definita dalla sua giurisprudenza, è stata rispettata e che, per quanto riguarda la seconda, relativa allo scopo legittimo perseguito, le misure adottate miravano alla tutela della integrità fisica e psichica dei minori.
69.  Per quanto riguarda la «necessità» delle misure adottate dalle autorità, la Corte osserva che l’affidamento contestato, avvenuto in esecuzione di una decisione provvisoria adottata d’urgenza, è divenuto efficace il 18 settembre 2007, data in cui L. e S., che all’epoca avevano rispettivamente 7 e 2 anni, sono stati collocati nella casa famiglia «Rocca di Papa». La decisione in questione è stata confermata il 14 luglio 2008. La Corte constata che la decisione del tribunale per i minorenni era basata, da una parte sulla insalubrità del domicilio famigliare e sull’inosservanza dell’ordine di bonifica dello stato dei luoghi e, dall’altra, sulla violazione dell’accordo di affidamento volontario dei minori (paragrafo 10 supra) e sull’impossibilità di dare i minori in custodia alla seconda ricorrente a causa della relazione conflittuale esistente tra quest’ultima e la prima ricorrente. In seguito, il rapporto di perizia sullo stato psichico e le capacità educative della prima ricorrente ha confermato le difficoltà di quest’ultima a provvedere ai bisogni dei suoi figli (paragrafo 18 supra).
70.  Per quanto riguarda il diritto di visita, la Corte osserva che il tribunale per i minorenni ha deciso di limitare e inquadrare gli incontri allo scopo di preservare il benessere dei minori, soprattutto a causa dell’atteggiamento della prima ricorrente (paragrafo 17 supra), e che, successivamente, nel novembre 2012, il regime delle visite è stato limitato a una visita al mese.
71.  La Corte constata poi che, dopo aver deciso la limitazione e l’inquadramento degli incontri, il tribunale per i minorenni ha disposto la collocazione dei minori presso una famiglia di accoglienza, tenuto conto dell’esigenza elementare di assicurare il loro sviluppo (paragrafo 25 supra). Essa osserva anche che, in seguito al fallimento di tale provvedimento, i minori sono tornati nella precedente casa famiglia prima di essere trasferiti in due strutture diverse a partire dal mese di marzo 2013 (paragrafo 33 supra).
72.  La Corte ammette che, in una causa come questa, i tribunali spesso si trovano ad affrontare interessi diversi, difficilmente conciliabili. Nella ricerca dell’equilibrio tra questi ultimi, l’interesse superiore del minore deve essere una considerazione fondamentale (P.F. c. Polonia, n. 2210/12, § 54, 16 settembre 2014).
73.  Considerata la situazione materiale dell’abitazione della prima ricorrente, l’atteggiamento ostile, se non addirittura aggressivo, di quest’ultima nei riguardi del personale dei servizi sociali, il deteriorarsi dei rapporti tra la prima e la seconda ricorrente e il fatto che il legame famigliare non è mai stato interrotto, la Corte ritiene che le autorità giudiziarie abbiano adottato le misure necessarie, giustificate da ragioni adeguate e sufficienti, alla tutela del benessere dei minori nel decidere di dare gli stessi in affidamento e nel disporre l’inquadramento del regime delle visite.
74.  Per quanto riguarda il processo decisionale, è opportuno esaminare se le conclusioni delle autorità nazionali fossero basate su elementi di prova sufficienti (ivi comprese, all’occorrenza, dichiarazioni di testimoni, relazioni delle autorità competenti, perizie psicologiche e di altro tipo, e note mediche) e se le parti interessate, in particolare i genitori, abbiano avuto in misura sufficiente l’opportunità di partecipare alla procedura in questione (N.P. c. Repubblica di Moldavia, n. 58455/13, § 69, 6 ottobre 2015, e Saviny c. Ucraina, n. 39948/06, § 51, 18 dicembre 2008).
75.  A questo proposito, la Corte osserva che, adottando il provvedimento di sospensione della potestà genitoriale in data 9 novembre 2012, il tribunale per i minorenni si è basato sul rapporto di perizia redatto il 19 maggio 2010 (paragrafo 31 supra).
76.  Se è vero che, come afferma il Governo, un disturbo della personalità di tipo «borderline» non richiede di rinnovare periodicamente la perizia a causa di una impossibilità di valutare le prospettive di evoluzione a breve termine (paragrafo 65 supra), la Corte, senza voler prendere posizione sulla validità scientifica di tale asserzione, considera che da alcuni elementi della causa risulti non un cambiamento della situazione controversa che giustifichi il ritorno dei minori e il ricongiungimento famigliare ma, almeno, una evoluzione positiva delle condizioni descritte nel primo rapporto di perizia.
77.  In particolare, anzitutto, la Corte osserva che i minori sono stati esaminati dal personale medico dell’ospedale di Marino, che ha constatato che erano in buone condizioni di salute e che il rapporto madre-figli era positivo (paragrafo 8 supra). A differenza di altre cause che la Corte ha avuto occasione di esaminare, nella presente causa i minori non sono stati separati dalla madre né a causa di una situazione di violenza o di maltrattamento fisico o psichico, né a causa di condizioni di salute inquietanti (si veda, per la giurisprudenza ivi menzionata, Barnea e Caldararu c. Italia, n. 37931/15, §§ 73-74, 20 giugno 2017).
78.  Inoltre, la Corte osserva che, contrariamente al perito del tribunale, il perito scelto nel 2010 dalla prima ricorrente ha ritenuto che la separazione dei minori dalla famiglia fosse estremamente nociva per il loro sviluppo (paragrafo 19 supra).
79.  La Corte osserva anche che il rapporto relativo agli incontri organizzati in ambiente protetto (paragrafo 23 supra) riportava un miglioramento complessivo del comportamento della prima ricorrente nonché una evoluzione positiva delle relazioni tra quest’ultima e i figli, in quanto l’equipe dello «Spazio neutro» aveva osservato l’esistenza di legami affettivi forti e autentici tra l’interessata e i minori.
80.  Inoltre, si deve osservare che il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, alla luce del rapporto di perizia redatto nel maggio 2010, ha chiesto al tribunale il proseguimento dell’attività di sostegno alla prima ricorrente ai fini di un riavvicinamento tra quest’ultima e i figli (paragrafo 20 supra). Si deve altresì notare che la procura ha respinto la domanda di avvio della procedura di accertamento dello stato di abbandono, che precede la dichiarazione di adottabilità, a causa del forte legame affettivo esistente tra la prima ricorrente e i minori (paragrafo 26 supra).
81.  Infine, la Corte osserva che la corte d’appello di Roma, pur confermando il provvedimento con cui è stata disposta la collocazione dei minori in casa famiglia, ha constatato che le condizioni di vita della prima ricorrente nel complesso erano migliorate (paragrafo 27 supra).
82.  La Corte rammenta di avere già dichiarato, in alcune circostanze, che sono contrari all’articolo 8 della Convenzione i provvedimenti delle autorità giudiziarie pronunciati sulla base dei risultati di un vecchio rapporto di perizia senza aver preso in considerazione l’evoluzione della situazione concreta e senza avere chiesto l’aggiornamento del rapporto in questione al fine di verificare alcuni elementi che caratterizzano la situazione del caso di specie (Improta c. Italia, n. 66396/14, §§ 56, 4 maggio 2017, Cincimino c. Italia, n. 68884/13, §§ 73-74, 28 aprile 2016, e R.M.S., sopra citata, § 89; si veda, a contrario, Vautier c. Francia, n. 28499/05, §§ 71, 74 e 75, 26 novembre 2009).
83.  Nella fattispecie, la Corte osserva che il tribunale per i minorenni si è limitato a riprendere le considerazioni contenute nei provvedimenti precedenti, senza tenere conto dell’evoluzione della situazione controversa sopra descritta, e che si è basato su un rapporto di perizia redatto ventinove mesi prima, parzialmente contestato dal perito nominato dalla prima ricorrente, redatto sulla base delle sedute che avevano avuto luogo il 23 novembre 2009 e il 1° marzo e il 14 aprile 2010. La Corte osserva che la misura in questione, sicuramente provvisoria, riguardava comunque i diritti del genitore interessato, nella fattispecie la madre, e comportava di fatto la perdita della potestà genitoriale di quest’ultima sui figli. Per questo motivo, essa ritiene che sarebbe stato necessario rinnovare il rapporto di perizia prima di prendere una decisione relativa all’esercizio dei diritti genitoriali.
84.  Per quanto riguarda la durata del procedimento complessivamente considerata, la Corte rammenta che, dal punto di vista dell’articolo 8 della Convenzione, un ritardo nel procedimento rischia sempre di risolvere la controversia con un fatto compiuto (W. c. Regno Unito, 8 luglio 1987, §§ 64 65, serie A n. 121, D’Alconzo c. Italia, n. 64297/12, § 64, 23 febbraio 2017, Solarino c. Italia, n. 76171/13, § 39, 9 febbraio 2017, e Covezzi e Morselli c. Italia, n. 52763/99, § 136, 9 maggio 2003).
85.  Nella fattispecie, la Corte constata che il provvedimento provvisorio del 7 settembre 2007 è stato confermato soltanto dieci mesi dopo la sua adozione (paragrafo 14 supra). Dieci mesi sono intercorsi anche tra il provvedimento che ha disposto la prima perizia di tribunale e la presentazione del relativo rapporto al tribunale per i minorenni. Peraltro, la Corte ritiene che il lasso di tempo trascorso tra le due perizie dei tribunale, di circa quattro anni e sei mesi, non possa essere giustificato, in particolare se si tiene conto dei cambiamenti della situazione controversa evocati supra. Più in generale, la Corte considera che il tribunale per i minorenni si sia a volte limitato a reagire alle richieste dei minori invece di dare esso stesso un proprio impulso alla procedura. In effetti, tale tribunale non ha proceduto con la celerità necessaria al collocamento dei minori in casa famiglia, ma ha piuttosto reagito all’insistenza, se non addirittura alla tenacia, di L., che ha ottenuto da tale giurisdizione una decisione rapida nello spazio di qualche settimana (paragrafo 24 supra). Nello stesso senso, invece di tenere conto delle conclusioni del secondo rapporto di perizia e di adottare le eventuali misure che si rendevano necessarie (paragrafo 37 supra), il tribunale per i minorenni ha solo preso atto della scelta del minore di ritrovare la sua famiglia quando quest’ultimo, allora adolescente, è scappato due volte dalla struttura di accoglienza per recarsi al domicilio della seconda ricorrente, dove abitava la prima ricorrente (paragrafi 38 e 40 supra).
86.  Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, la Corte considera che il processo decisionale non abbia soddisfatto le esigenze procedurali inerenti all’articolo 8 della Convenzione.
87.  La Corte conclude di conseguenza che lo Stato ha contravvenuto nei confronti delle ricorrenti agli obblighi positivi posti a suo carico dall’articolo 8 della Convenzione. Pertanto, vi è stata violazione di tale disposizione.

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE

88.  Le ricorrenti denunciano una violazione del diritto di L. e S. a non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. Esse invocano l’articolo 3 della Convenzione, che recita:
«Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.»
89.  Il Governo ritiene che questa doglianza sia manifestamente infondata, e sostiene che non è stata fornita alcuna prova per quanto riguarda i denunciati maltrattamenti di cui i minori sarebbero stati vittime all’interno della casa famiglia «Rocca di Papa» e che neanche la ferita di L., suturata all’ospedale, possa essere considerata una prova dell’esistenza di un maltrattamento, in quanto sarebbe semplicemente la conseguenza di un evento aleatorio e frequente nell’esistenza di un bambino. Il Governo aggiunge, senza fornire precisazioni di ordine temporale, che il procuratore della Repubblica di Velletri ha avviato un’inchiesta preliminare al termine delle indagini condotte dal commissariato di polizia di Frascati sulle denunce presentate dalla prima ricorrente, che il presidente del tribunale per i minorenni ha visitato la casa famiglia e ha incontrato i minori che vi erano ospitati e che, in ogni caso, nessuno dei minori si è lamentato di essere stato oggetto di maltrattamenti in quella struttura.
90.  Le ricorrenti rispondono che un obbligo positivo di protezione e di prevenzione delle persone vulnerabili, tra cui i minori, incombe sugli Stati e che tale obbligo può arrivare al punto di diventare un obbligo di assistenza nel caso in cui tali persone siano sottoposte al controllo delle autorità nazionali. Esse affermano che L. e S. sono state vittime di negligenze e di violenze durante la loro permanenza nella casa famiglia «Rocca di Papa», il che sarebbe confermato dalle dichiarazioni del personale della struttura.
91.  La Corte rammenta che le denunce di maltrattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione devono essere suffragate da elementi di prova adeguati (Klaas c. Germania, 22 settembre 1993, § 30, serie A n. 269, Erdagöz c. Turchia, 22 ottobre 1997, § 40, Recueil des arrêts et décisions 1997 VI, e Jalloh c. Germania [GC], n. 54810/00, § 67, CEDU 2006 IX).
92.  A questo proposito, la Corte ritiene che, nel caso di specie, le autorità incaricate delle indagini abbiano reagito rapidamente alle denunce della prima ricorrente per accertare i fatti denunciati (paragrafo 43 supra). Secondo le ultime informazioni di cui dispone la Corte, il presidente del tribunale per i minorenni, che ha visitato la casa famiglia e ha incontrato i minori che vi erano ospitati, non ha rilevato alcun elemento che possa confermare le deduzioni delle ricorrenti (paragrafo 45 supra). Peraltro, queste ultime non hanno informato la Corte delle conclusioni e dell’eventuale seguito dell’indagine preliminare, limitandosi a presentare un articolo di stampa che riferiva la chiusura di un procedimento penale relativo a altri fatti che si sarebbero verificati all’interno della casa famiglia «Rocca di Papa».
93.  Pertanto, la Corte considera che questo motivo di ricorso sia manifestamente infondato e debba essere rigettato, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

94.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno

95.  Le ricorrenti richiedono le somme di 50.000 euro (EUR) per la prima ricorrente, di 30.000 EUR per la seconda ricorrente e di 30.000 EUR per ciascuno dei figli per i danni materiale e morale subiti secondo loro a causa della dedotta violazione degli articoli 3 e 8 della Convenzione.
96.  Il Governo ritiene che le somme richieste siano eccessive e considera che, se la Corte dovesse giungere a una constatazione di violazione della Convenzione, una tale constatazione costituirebbe una importante misura compensatoria per le ricorrenti in quanto, a suo parere, il ricorso offerto dall’articolo 34 della Convenzione non è stato sicuramente proposto a fini economici. Inoltre, per quanto riguarda le somme richieste per i figli, il Governo le considera infondate in quanto le ricorrenti non hanno la qualità per agire in nome dei minori.
97.  La Corte considera doversi accordare congiuntamente alle ricorrenti la somma di 12.000 EUR per il danno morale.

B. Spese

98.  Le ricorrenti chiedono anche la somma di 9.464 EUR per le spese sostenute dinanzi ai giudici nazionali e la somma di 30.831,84 EUR per quelle sostenute dinanzi alla Corte.
99.  Il Governo contesta queste pretese.
100.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole la somma complessiva di 12.000 EUR per tutte le spese e la accorda alle ricorrenti.

C. Interessi moratori

101.  La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile per quanto riguarda la doglianza relativa all’articolo 8 della Convenzione e irricevibile per il resto;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare alle ricorrenti, entro tre mesi, le somme seguenti:
      1. 12.000 EUR (dodicimila euro) più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
      2. 12.000 EUR (dodicimila euro) più l’importo eventualmente dovuto dalle ricorrenti a titolo di imposta per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  4. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 12 luglio 2018, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte.

Abel Campos
Cancelliere

Kristina Pardalos
Presidente