Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 23 marzo 2017 - Ricorso n. 71660/14 - Causa Endrizzi c. Italia

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA ENDRIZZI c. ITALIA

(Ricorso n. 71660/14)

SENTENZA

STRASBURGO

23 marzo 2017

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
 
Nella causa Endrizzi c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una camera composta da:
Linos-Alexandre Sicilianos, presidente,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi,
Aleš Pejchal,
Robert Spano,
Armen Harutyunyan,
Tim Eicke, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 28 febbraio 2017,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 71660/14) presentato contro la Repubblica italiana con cui un cittadino di questo Stato, il sig. Pierpaolo Endrizzi («il ricorrente»), ha adito la Corte il 5 novembre 2014 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. Il ricorrente è stato rappresentato dall’avv. V. Moscatelli del foro di Cesena. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora.

3. Il 18 maggio 2016 il ricorso è stato comunicato al Governo.

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4. Il ricorrente è nato nel 1968 ed è residente a Caldes.

5. I fatti di causa, così come esposti dal ricorrente, si possono riassumere come segue.

6. Dal matrimonio tra il ricorrente e T.L.G. nacque un figlio, G., l’11 gennaio 2005. Nel luglio 2005 T.L.G. lasciò il domicilio famigliare con il figlio e andò a vivere presso la sua famiglia, in Sicilia, a mille chilometri d distanza.

7. Il 19 luglio 2007 il giudice di Trento pronunciò la separazione legale dei coniugi. L’accordo concluso tra le parti affidava la custodia di G. ai due genitori, fissava la residenza principale del minore presso la madre, in Sicilia, e accordava al ricorrente un diritto di visita e di alloggio molto ampio.

8. A partire dalla sia separazione dal ricorrente, T.L.G. manifestò una forte opposizione avverso ogni tipo di rapporto tra quest’ultimo e G., che all’epoca aveva due anni.

9. Nel novembre 2007 T.L.G. presentò denuncia contro il ricorrente dinanzi alla procura di Trento per violenze sessuali sul minore. Fu avviata un’indagine e fu condotta una perizia psicofisica sul minore.

10. Il 10 marzo 2008, in assenza di prove a dimostrazione del fatto che il ricorrente avesse commesso molestie sessuali sul minore, la denuncia fu archiviata. Secondo il perito, T.L.G. era angosciata dall’idea che il ricorrente potesse vedere il minore. Il perito ritenne, per questo motivo, che il minore dovesse passare lunghi periodi con il padre per allacciare una relazione con lui.

11. Il 3 marzo 2008 T.L.G. depositò un’altra denuncia penale a Catania contro il ricorrente per violenze sessuali sul minore.

12. Tre anni dopo, il 10 maggio 2011, la denuncia fu archiviata. La decisione di archiviazione sottolineava la difficoltà della madre di separarsi dal minore per permettere a quest’ultimo di allacciare una relazione con il ricorrente.

13. Nel frattempo, mentre era incorso l’indagine penale successiva al deposito della seconda denuncia, il tribunale per i minorenni di Catania («il tribunale») aveva avviato un procedimento per ottenere la decadenza del ricorrente dalla potestà genitoriale.

14. Il 22 maggio 2008 il tribunale ordinò che gli incontri tra il ricorrente e il figlio avessero luogo in ambiente protetto.

15. Il 9 agosto 2008 gli incontri tra G. e il ricorrente erano stati sospesi a causa dello stato psicologico confuso del minore.

16. L’11 maggio 2009 il perito stabilì che il ricorrente e T.L.G. erano in grado di esercitare il loro ruolo genitoriale.

17. Il 10 giugno 2009 la procura espresse il proprio parere favorevole agli incontri tra il ricorrente e il minore.

18. Il 16 luglio 2009 il tribunale aveva chiesto ai servizi sociali di osservare il minore e di fare un rapporto sulla relazione tra quest’ultimo e il ricorrente.

19. Il 1° ottobre 2009 il tribunale aveva incaricato i servizi sociali di aiutare T.L.G. a esercitare il suo ruolo di genitore e a migliorare le sue competenze genitoriali. Tra novembre 2009 e ottobre 2010 il ricorrente aveva depositato dinanzi a questo tribunale cinque ricorsi urgenti allo scopo di poter incontrare suo figlio.

20. Nel gennaio 2010 era stato organizzato un incontro tra il ricorrente e il minore, che era durato soltanto pochi minuti in quanto il minore era molto agitato.

21. Il 26 ottobre 2011 il tribunale emise una decisione nella quale osservava che i periti avevano escluso che il minore avesse subito violenze sessuali, ma avevano concluso che soffriva della situazione conflittuale esistente tra i genitori ed era vittima di una forma di abuso psicologico. Il tribunale riteneva che, tenuto conto dell’archiviazione della denuncia penale, i contatti tra il ricorrente e il figlio non dovessero più essere vietati.

22. Il tribunale rilevava inoltre che gli psichiatri avevano sottolineato la situazione difficile in cui si trovava il minore, dovuta al fatto che sua madre gli aveva trasmesso il proprio stress e le proprie ansie legate ai suoi contatti con il ricorrente.

23. Il tribunale decise infine che il minore doveva seguire un percorso terapeutico presso il servizio di neuropsichiatria del comune di Acireale e che il ricorrente avrebbe potuto incontrarlo secondo le modalità fissate da tale servizio.

24. Il ricorrente interpose appello avverso tale decisione chiedendo, in particolare, di sospendere la potestà genitoriale di T.L.G.. Il 5 aprile 2012 fu nominato uno psichiatra.

25. Con una decisione emessa in data 2 gennaio 2013 la corte d’appello, dopo avere sottolineato che il minore subiva la tensione emotiva della madre e per questo motivo si era rifiutato di vedere il ricorrente, rigettò il ricorso di quest’ultimo, sottolineando anche che era necessario adottare provvedimenti per ricostruire una relazione, a suo parere ormai compromessa, tra il ricorrente e suo figlio, e incaricò il servizio di neuropsichiatria di monitorare attentamente la situazione.

26. Con un provvedimento emesso il 10 dicembre 2015 il tribunale di Catania, incaricato di pronunciarsi sul divorzio del ricorrente e di T.L.G., dopo avere osservato che il minore si trovava in una situazione estremamente difficile in quanto non aveva contatti con suo padre da parecchi anni, chiese al servizio di neuropsichiatria di Acireale di informarlo dei provvedimenti che erano stati adottati in esecuzione del provvedimento del tribunale del 26 ottobre 2011, e lo incaricò di valutare la situazione della famiglia, di pronunciarsi sulle capacità genitoriali del ricorrente e di T.L.G., di precisare per quali motivi G. non volesse più vedere il padre e di indicare quale fosse la migliore soluzione per quanto riguarda l’affidamento del minore.

27. Il 13 gennaio 2016 fu depositato in cancelleria un rapporto sullo stato del minore. Secondo il perito, sebbene le due denunce penali presentate da T.L.G. fossero state archiviate, il minore era convinto di avere subito molestie sessuali. Inoltre, nel rapporto era indicato che la mancanza di collaborazione tra i genitori, il fatto che nessuno dei due avesse seguito una procedura di mediazione o un percorso psicologico, nonché il fatto che il padre viveva a mille chilometri di distanza, erano fattori che rendevano molto difficile la ripresa dei contatti tra quest’ultimo e il minore. Il perito suggeriva tuttavia una ripresa degli incontri tra il ricorrente e il figlio e il proseguimento del percorso terapeutico per il minore.

28. L’8 aprile 2016 T.L.G. si rivolse al tribunale per i minorenni allo scopo di chiedere l’interruzione di qualsiasi eventuale contatto tra il ricorrente e il figlio a causa di nuovi sospetti, da parte sua, di molestie sessuali.

29. Con un provvedimento emesso il 20 aprile 2016 il tribunale per i minorenni ordinò ai servizi sociali di condurre un’inchiesta sulla famiglia, sul minore e sul ricorrente. Il rapporto fu depositato in cancelleria il 7 giugno 2016. Ne risultava che il ricorrente non aveva avuto alcun contatto con il minore dal 2008, ad eccezione di pochi incontri sporadici, e che l’ultimo incontro si era svolto dinanzi al giudice del tribunale, l’8 giugno 2016, durante un’udienza.

30. In data non precisata il tribunale per i minorenni si dichiarò incompetente a causa del procedimento pendente dinanzi al tribunale civile di Catania.

31. Con un provvedimento emesso il 16 giugno 2016 lo stesso tribunale, dopo aver sottolineato che G. si era rifiutato di vedere il padre come convenuto e che le difficoltà espresse dal minore non erano legate alle accuse di abusi sessuali ma derivavano dalle difficili relazioni tra il ricorrente e T.L.G., come aveva osservato anche il giudice penale al momento dell’assoluzione del ricorrente dall’accusa di violenze sessuali, incaricò i servizi sociali e il servizio di neuropsichiatria di tenere il minore sotto osservazione, di sostenerlo nella realizzazione della sua relazione con il padre e di riferire in merito all’osservanza da parte di T.L.G. delle prescrizioni del tribunale. Il tribunale ordinò anche che T.L.G. fosse presa in carico dai servizi sociali per recuperare pienamente le proprie capacità genitoriali, e fissò una nuova udienza per il 12 luglio 2016.

32. Dagli elementi del fascicolo risulta che, nel novembre 2016, si è tenuta un’altra udienza. Tuttavia, le parti non hanno informato la Corte del seguito del procedimento.

II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE

33. Il diritto interno pertinente è descritto nella sentenza Strumia c. Italia (n. 53377/13, §§ 73-78, 23 giugno 2016).

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

34. Il ricorrente deduce una violazione, a suo carico, del diritto al rispetto della vita famigliare. In effetti, lamenta di non aver potuto esercitare il proprio diritto di visita dal 2007, sebbene esistessero numerosi provvedimenti del tribunale che ne fissavano le condizioni. Egli contesta ai servizi sociali di aver disposto di una eccessiva autonomia nel mettere in atto i provvedimenti del tribunale e a quest’ultimo di non aver esercitato un continuo controllo del lavoro degli stessi servizi sociali. L’articolo 8 della Convenzione recita:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (...)
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

35. Il Governo contesta la tesi del ricorrente.

A. Sulla ricevibilità

36. Constatando che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte lo dichiara ricevibile.

B. Sul merito

1. Tesi delle parti

37. Il ricorrente indica che, nonostante i provvedimenti del tribunale che ordinavano la ripresa degli incontri tra lui e il figlio, inizialmente nel 2008, poi nel 2011 e nel 2013, e sebbene la sua potestà genitoriale non fosse mai stata sospesa, dal 2010 egli non ha più alcun contatto, nemmeno telefonico, con il figlio. Il ricorrente afferma che i servizi sociali non lo hanno mai convocato per organizzare un percorso di ravvicinamento con il figlio, né l’hanno informato dei percorsi di sostegno psicologico seguiti dal figlio.

38. Il ricorrente ritiene che l’interesse superiore del minore fosse costruire una relazione con entrambi i genitori, ma che ciò non è stato possibile, a suo parere a causa di un comportamento patologico di T.L.G., che avrebbe sempre aizzato il figlio contro di lui. Egli dichiara che è stato tenuto lontano da tutto ciò che riguardava la psicologia del minore. A suo parere, il comportamento delle autorità è contrario al principio della co-genitorialità.

39. Il ricorrente afferma che i servizi sociali interessati non hanno adottato in tutti questi anni alcun provvedimento al fine di aiutare suo figlio a superare le proprie difficoltà relazionali con lui, difficoltà derivanti, a suo parere, dalle accuse di molestie sessuali ingiustamente mosse contro di lui.

40. Inoltre, il ricorrente afferma che, allo scopo di impedire i contatti tra lui e suo figlio, contatti che sarebbero stato raccomandati dal perito nominato dal tribunale adito per pronunciarsi sul divorzio, T.L.G., nel 2016, ha nuovamente depositato un ricorso dinanzi al tribunale per ostacolare gli incontri in questione, e avrebbe ancora una volta espresso sospetti circa l’esistenza di molestie sessuali da parte del ricorrente.

41. Il ricorrente si basa sul rapporto depositato in occasione dell’ultimo procedimento dinanzi al tribunale civile di Catania per dimostrare che il figlio non cresce serenamente e non accetta la figura paterna, e afferma che questa situazione è una conseguenza del comportamento di T.L.G., che sarebbe volto a escluderlo dalla vita del minore. A suo parere, i servizi sociali non sono stati in grado di condurre a buon fine la missione di cui erano stati incaricati dal tribunale nel 2011 e dalla corte d’appello nel 2013, ossia sostenere il minore e operare un ravvicinamento tra lui e il figlio. Il ricorrente aggiunge che le autorità non hanno adottato con rapidità i provvedimenti necessari per permettere di ricostruire la relazione tra lui e suo figlio.

42. Il Governo ritiene che le autorità abbiano agito nell’interesse del minore affermando che quest’ultimo doveva beneficiare di un ravvicinamento con il ricorrente nonostante l’opposizione della madre a questo riguardo. In proposito, rinvia alle decisioni del tribunale di Catania del 26 ottobre 2011 e della corte d’appello di Catania del 2 gennaio 2013 (paragrafi 21 e 25 supra).

43. In particolare, secondo il Governo le autorità italiane hanno adottato tutte le misure necessarie affinché il minore potesse riallacciare la relazione con il padre. Il Governo assicura che le autorità hanno valutato tutti gli elementi della causa basandosi sulle perizie che avrebbero già sottolineato, nel 2011, che gli incontri tra il ricorrente e suo figlio non erano nell’interesse esclusivo del minore a causa della reazione negativa di quest’ultimo. Non si tratta, secondo il Governo, di decisioni stereotipate o automatiche.

44. Il Governo indica che, nel suo rapporto del 2016, il perito ha evidenziato che le difficoltà incontrate nello svolgimento degli incontri sarebbero dovute ai rifiuti del minore, al fatto che il ricorrente viveva a mille chilometri di distanza e alla mancanza di collaborazione da parte di quest’ultimo.

45. Secondo il Governo, le decisioni delle autorità giudiziarie non hanno oltrepassato il margine di apprezzamento dello Stato e le autorità in questione hanno fatto tutto quanto ci si poteva ragionevolmente attendere da parte loro per assicurare il legame tra il ricorrente e suo figlio. A questo proposito, il Governo afferma che, secondo la giurisprudenza della Corte, quest’ultima non può sostituire la propria valutazione a quella delle autorità nazionali. Inoltre, il Governo ribadisce che, secondo la giurisprudenza della Corte, il fatto che gli sforzi delle autorità siano stati vani non porta automaticamente alla conclusione che lo Stato si sia sottratto agli obblighi positivi derivanti per esso dall’articolo 8 della Convenzione (Nicolò Santilli c. Italia, n. 51930/10, § 674, 17 dicembre 2013).

2. Valutazione della Corte

a) Principi generali

46. La Corte rammenta che, per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita famigliare (Kutzner c. Germania, n. 46544/99, § 58, CEDU 2002) e che delle misure interne che lo impediscano costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’articolo 8 della Convenzione (K. e T. c. Finlandia [GC], n. 25702/94, § 151, CEDU 2001 VII).

47. La Corte rammenta che l’articolo 8 della Convenzione tende sostanzialmente a premunire l’individuo dalle ingerenze arbitrarie delle pubbliche autorità e può anche generare obblighi positivi inerenti a un «rispetto» effettivo della vita famigliare. Il confine tra gli obblighi positivi e negativi derivanti per lo Stato da questa disposizione non si presta a una definizione precisa; i principi applicabili sono comunque comparabili. In entrambi i casi, si deve avere riguardo al giusto equilibrio da garantire tra gli interessi concomitanti dell’individuo e della società nel suo insieme, tenendo conto in ogni caso che l’interesse superiore del minore deve costituire la considerazione determinante (Gnahoré c. Francia, n. 40031/98, § 59 CEDU 2000 IX) e, a seconda della propria natura e gravità, può prevalere su quello dei genitori (Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 66, CEDU 2003 VIII).

48. La Corte rammenta anche che l’obbligo delle autorità nazionali di adottare misure per agevolare degli incontri tra un genitore e un figlio non è assoluto. La questione decisiva è stabilire se le autorità nazionali, per agevolare le visite, abbiano adottato tutte le misure necessarie che si potevano esigere dalle stesse nella fattispecie (idem, § 58). In questo genere di cause, l’adeguatezza di una misura si valuta in base alla rapidità della sua attuazione, in quanto il passare del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il figlio e il genitore non convivente (Maumousseau e Washington c. Francia, n. 39388/05 § 83, 6 dicembre 2007; Zhou c. Italia, n. 33773/11, § 48, 21 gennaio 2014; Kuppinger c. Germania, n. 62198/11, § 102, 15 gennaio 2015). Il fattore tempo assume dunque un’importanza particolare, in quanto ogni ritardo procedurale rischia di fatto di mettere fine alla questione in contestazione (H. c. Regno Unito, sentenza dell’8 luglio 1987, serie A n. 120, pp. 63-64, §§ 89-90; P.F. c. Polonia, n. 2210/12, § 56, 16 settembre 2014).

49. Peraltro, poiché le autorità nazionali beneficiano di rapporti diretti con tutti gli interessati, la Corte ripete che non ha il compito di regolamentare le questioni in materia di affidamento e di diritto di visita. Tuttavia, ha il dovere di valutare dal punto di vista della Convenzione i provvedimenti emessi da tali autorità nell’esercizio del loro potere discrezionale. Il margine di apprezzamento lasciato alle autorità nazionali competenti varia a seconda della natura delle questioni in contestazione e dell’importanza degli interessi in gioco.

50. La Corte riconosce che le autorità godono di un’ampia libertà in particolare in materia di diritto di affidamento. Occorre invece esercitare un controllo più rigoroso sulle restrizioni supplementari, come quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita famigliare. Tali restrizioni supplementari comportano il rischio di troncare le relazioni famigliari tra un figlio in tenera età e uno dei genitori o entrambi (Sommerfeld c. Germania [GC], n. 31871/96, §§ 62-63, CEDU 2003-VIII).

51. La Corte rammenta anche che il fatto che gli sforzi delle autorità siano stati vani non porta automaticamente a concludere che lo Stato si è sottratto agli obblighi positivi derivanti per lui dall’articolo 8 della Convenzione (si veda, mutatis mutandis, Mihailova c. Bulgaria, n. 35978/02, § 82, 12 gennaio 2006). In effetti, l’obbligo per le autorità nazionali di adottare misure per riunire il figlio e il genitore con cui non convive non è assoluto, e la comprensione e la cooperazione di tutte le persone interessate costituiscono sempre un fattore importante. Se le autorità nazionali devono sforzarsi di agevolare una simile collaborazione, un obbligo per le stesse di ricorrere alla coercizione in materia non può che essere limitato: esse devono tenere conto degli interessi e dei diritti e delle libertà di queste stesse persone, in particolare degli interessi superiori del minore e dei diritti conferiti allo stesso dall’articolo 8 della Convenzione (Voleský c. Repubblica ceca, n. 63267/00, § 118, 29 giugno 2004). Come la giurisprudenza della Corte riconosce costantemente, quando si tratta di ricorrere alla coercizione in questo ambito delicato è necessaria la massima prudenza (Reigado Ramos c. Portogallo, n. 73229/01, § 53, 22 novembre 2005, e Mitrova e Savik c. l’ex-Repubblica jugoslava di Macedonia, n. 42534/09, § 77, 11 febbraio 2016) e l’articolo 8 della Convenzione non può autorizzare un genitore a far adottare misure pregiudizievoli per la salute e lo sviluppo del figlio (Elsholz c. Germania [GC], n. 25735/94, §§ 49 50, CEDU 2000 VIII).

b) Applicazione di questi principi al caso di specie

52. Passando ad esaminare i fatti della presente causa, la Corte osserva anzitutto che non viene messo in discussione che il legame tra il ricorrente e suo figlio rientri nella vita famigliare ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione.

53. Nella presente causa, la Corte osserva anzitutto che, al momento della separazione della coppia, T.L.G. è andata a vivere con il figlio di sei mesi a mille chilometri di distanza dal luogo di residenza del ricorrente, e rileva che, secondo l’accordo concluso tra le parti, l’affidamento era condiviso tra i due genitori, la residenza principale del minore era fissata presso la madre, in Sicilia, e il ricorrente beneficiava di un diritto di visita e di alloggio molto ampio. Essa osserva che T.L.G. si è immediatamente opposta al diritto di visita del ricorrente e a qualsiasi relazione tra quest’ultimo e il minore.

54. La Corte ha constatato che, nel 2007, T.L.G. ha depositato una prima denuncia contro il ricorrente per violenze sessuali sul minore. Questa prima denuncia è stata archiviata nel 2008. La Corte osserva che, successivamente, sempre nel 2008, T.L.G. ha depositato una seconda denuncia dinanzi al procuratore di Catania, e rileva che la procura di Catania ha emesso la propria decisione di archiviazione della denuncia solo tre anni dopo e che, nel frattempo, era stato avviato un procedimento volto a far decadere il ricorrente dalla sua potestà genitoriale, e gli incontri tra quest’ultimo e suo figlio erano stati interrotti.

55. La Corte osserva che, nel 2011, i periti hanno escluso che il minore avesse subito violenze sessuali e sottolineato, nella stessa occasione, che quest’ultimo risentiva del conflitto esistente tra i genitori e soffriva di un abuso psicologico. La Corte osserva che, di conseguenza, il tribunale di Catania, tenuto conto dell’archiviazione della denuncia penale, ha deciso che non dovessero più essere vietati i contatti tra il ricorrente e suo figlio. A questo proposito, la Corte osserva che, tra agosto 2011 e aprile 2015, non ha avuto luogo alcun incontro e non è stata adottata alcuna misura per ristabilire il legame tra il ricorrente e suo figlio, e ritiene che una reazione rapida di fronte a questa situazione sarebbe stata necessaria vista l’incidenza del passare del tempo in questo genere di cause, che può compromettere la possibilità, per il genitore interessato, di riallacciare la relazione con il figlio.

56. La Corte constata che successivamente, nel 2015, il tribunale incaricato di pronunciarsi sul divorzio, dopo aver osservato che il minore si trovava in una situazione molto difficile poiché non vedeva suo padre da vari anni, ha chiesto al servizio di neuropsichiatria di Acireale di produrre un rapporto sull’esecuzione della decisione del tribunale del 26 ottobre 2011. La Corte osserva che, per di più, il perito nominato dal tribunale ha suggerito una ripresa degli incontri tra il ricorrente e la continuazione del percorso psicologico del minore.

57. La Corte nota anche che, nel 2016, allo scopo di impedire qualsiasi incontro tra il ricorrente e suo figlio, T.L.G. ha nuovamente adito il tribunale per far sospendere gli incontri organizzati dal tribunale civile di Catania a causa di nuovi sospetti di molestie sessuali, e constata che, dopo aver ordinato ai servizi sociali di indagare sulla situazione della famiglia , il tribunale si è dichiarato incompetente.

58. La Corte osserva che la situazione perdura e che, a tutt’oggi, il ricorrente non può ancora avere contatti con il figlio.

59. Certamente, non spetta alla Corte sostituire la propria valutazione a quella delle autorità nazionali competenti per quanto riguarda le misure che avrebbero dovuto essere adottate, in quanto tali autorità si trovano in linea di principio in una posizione migliore per procedere ad una valutazione di questo tipo, in particolare perché sono in contatto diretto con il contesto della causa e con le parti coinvolte (Reigado Ramos, sopra citata, § 53). Tuttavia, nel caso di specie, essa non può ignorare i fatti precedentemente esposti (paragrafi 51-58 supra) e osserva in effetti che il ricorrente ha cercato di stabilire dei contatti con il figlio dal 2007 e che, nonostante i provvedimenti del tribunale e della corte d’appello con cui gli veniva riconosciuto un diritto di visita, egli non ha potuto esercitarlo a causa dell’opposizione della madre del minore e delle denunce penali per violenze sessuali depositate da quest’ultima.

60. La Corte riconosce che le autorità, nel caso di specie, si trovavano di fronte ad una situazione molto difficile, dovuta specificamente alle tensioni fra il ricorrente e la ex-moglie. Essa ritiene tuttavia che una mancanza di collaborazione fra genitori separati non possa dispensare le autorità competenti dall’adottare ogni mezzo idoneo a mantenere il legame familiare (si veda Lombardo c. Italia, n. 25704/11, § 91, 29 gennaio 2013; Fourkiotis c. Grecia, n. 74758/11, § 72, 16 giugno 2016, e, mutatis mutandis, Reigado Ramos, sopra citata, § 55, e ZavÅ™el c. Repubblica ceca, n. 14044/05, § 52, 18 gennaio 2007).

61. La Corte considera che le autorità non abbiano dato prova della diligenza che il caso di specie richiedeva e siano rimaste al di sotto di quello che si poteva ragionevolmente attendersi da loro. In particolare, i giudici interni non hanno adottato le misure adeguate per creare le condizioni necessarie alla piena realizzazione del diritto di visita del padre del minore (§ 81, Macready c. Repubblica ceca, nn. 4824/06 e 15512/08, § 66, 22 aprile 2010, e Piazzi c. Italia, n. 36168/09, § 61, 2 novembre 2010 e Bondavalli c. Italia, n. 35532/12, § 90, 17 novembre 2015) e non hanno adottato, sin dall’inizio della separazione, misure utili ai fini dell’instaurazione di contatti effettivi, tenuto conto della distanza che separa il luogo in cui risiede il ricorrente da quello in cui risiede il figlio. Essa constata che, dopo una prima denuncia penale archiviata entro un termine di un anno dalla procura di Trento, ci sono voluti tre anni prima che la procura di Catania archiviasse la seconda denuncia.

62. La Corte constata che dal fascicolo risulta che, tra maggio 2009 e ottobre 2011, data in cui il tribunale ha emesso il suo provvedimento, i servizi sociali non si sono attivati per riallacciare il legame tra il ricorrente e suo figlio, sebbene fossero state richieste delle perizie e dovesse essere messo in atto un progetto di sostegno per aiutare entrambi i genitori a migliorare le loro competenze genitoriali (paragrafi 16-19 supra). Essa osserva a questo proposito che, tra novembre 2009 e ottobre 2010, il ricorrente aveva depositato dinanzi a tale tribunale cinque ricorsi urgenti per poter incontrare suo figlio sebbene, il 10 giugno 2009, la procura avesse espresso parere favorevole agli incontri tra lui e il minore.
La Corte osserva che le autorità nazionali hanno poi tollerato per circa sette anni che la madre, con il suo comportamento, impedisse l’instaurarsi di una vera e propria relazione tra il ricorrente e suo figlio.

63. La Corte osserva che lo svolgimento del procedimento dinanzi al tribunale evidenzia piuttosto una serie di misure automatiche e stereotipate, come continue richieste di informazioni e una delega del monitoraggio della famiglia ai servizi sociali, (Piazzi, sopra citata, § 61 e Lombardo, sopra citata, § 92). Perciò essa ritiene che le autorità abbiano lasciato che si consolidasse una situazione di fatto generata dall’inosservanza delle decisioni giudiziarie (Fourkiotis, sopra citata, § 70).

64. Considerato quanto sopra esposto e nonostante lo Stato convenuto goda di un margine di apprezzamento in materia, la Corte considera che le autorità nazionali non si siano adoperate in maniera adeguata e sufficiente per far rispettare il diritto di visita del ricorrente e abbiano violato il diritto dell’interessato al rispetto della sua vita famigliare.

65. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

66. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno

67. Il ricorrente chiede la somma di 50.000 euro (EUR) per il danno morale che avrebbe subito per essersi trovato nell’impossibilità di stabilire una relazione con il figlio.

68. Il Governo contesta questa richiesta.

69. La Corte considera doversi accordare al ricorrente la somma di 15.000 EUR per il danno morale.

B. Spese

70. Il ricorrente chiede inoltre la somma di 2.266,81 EUR per le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte.

71. Il Governo contesta l’importo richiesto.

72. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti di cui dispone e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole accordare al ricorrente l’intero importo richiesto.

C. Interessi moratori

73. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara:
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti:
      1. 15.000 EUR (quindicimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
      2. 2.266,81 EUR (duemiladuecentosessantasei euro e ottantuno centesimi), più l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 23 marzo 2017, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

 

Linos-Alexandre Sicilianos
Presidente

Abel Campos
Cancelliere