Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 23 febbraio 2016 - Ricorso n. 30851/06 - Domenico Cento e altri c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con Rita Carnevali, assistente linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 30851/06

Domenico CENTO e altri
contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita il 23 febbraio 2016 in un comitato composto da:
Kristina Pardalos, presidente,
Robert Spano,
Pauliine Koskelo, giudici,
e da André Wampach, cancelliere aggiunto di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato, presentato il 26 luglio 2006,
Viste le osservazioni presentate dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dalla ricorrente,
Dopo avere deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 30851/06) presentato contro la Repubblica italiana e con cui tre cittadini di tale Stato, il sig. Domenico Cento, il sig. Aldo De Martino e la sig.ra Pilar Zamparelli («i ricorrenti»), hanno adito la Corte il 26 luglio 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. I ricorrenti sono stati rappresentati dall’avv. M. Corigliano di Villa San Giovanni. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, dal suo ex co-agente F. Crisafulli, e dal suo co-agente, P. Accardo.

3. Il 9 ottobre 2007 il ricorso è stato comunicato al Governo.

A.  Le circostanze del caso di specie

4. I ricorrenti sono dei cittadini italiani, nati rispettivamente nel 1949 e nel 1947 e residenti a Messina.

5. Il sig. Domenico Cento e la sig.ra Pilar Zamparelli erano comproprietari, con il sig. Michelangelo Zamparelli e altre persone, di un terreno situato a Gioiosa Jonica e registrato al catasto ai fogli 25, 26 e 31.

6. Il sig. Aldo De Martino agisce per conto degli eredi del sig. Michelangelo Zamparelli, deceduto il 9 novembre 2005.

7. Con sentenze rese il 6 novembre 1979 e il 4 novembre 1980 il prefetto di Reggio Calabria autorizzò l’amministrazione provinciale a occupare d’urgenza una parte del suddetto terreno, ossia 57.177 m², per un periodo massimo di cinque anni allo scopo di costruirvi una strada.

8. Il 27 marzo 1986 i proprietari del terreno intentarono dinanzi al tribunale di Locri un’azione di risarcimento contro l’amministrazione provinciale. Essi affermavano che l’occupazione del terreno era illegale in quanto si era protratta oltre il periodo autorizzato, senza che si fosse proceduto all’esproprio formale e al pagamento di una indennità. Essi chiedevano un risarcimento per la perdita del terreno, nonché una indennità di occupazione.

9. Il tribunale ordinò che fosse effettuata una perizia tecnica. Nel suo rapporto il perito osservò che la porzione di terreno trasformata dall’opera era di 37.915 m² e stabilì poi che la data della fine dei lavori era l’8 agosto 1982 calcolando che, in tale data, il valore venale della porzione suddetta era di 877.029.500 ITL, ossia 452.947,94 EUR.

10. Con una sentenza resa il 27 giugno 1991 il tribunale di Locri dichiarò che la proprietà della porzione di terreno trasformata dall’opera, ossia 37.195 m², era passata all’amministrazione in applicazione del principio dell’espropriazione indiretta. Esso condannò l’amministrazione provinciale a pagare alla parte ricorrente una somma pari al valore venale di questa parte del terreno, ossia 877.029.500 ITL (452.947,94 EUR), nonché 7.704.800 ITL (3.979,2 EUR) per la perdita di valore della restante parte di terreno. Tali importi dovevano essere rivalutati e maggiorati di interessi a partire dall’8 agosto 1982.

11. L’amministrazione interpose appello. Con una sentenza del 13 ottobre 1995, la corte d’appello di Reggio Calabria rigettò l’appello e confermò la sentenza di primo grado.

12. Il 10 luglio 1997 l’amministrazione provinciale pagò agli espropriati la somma stabilita dal tribunale, rivalutata e maggiorata di interessi.

13. L’amministrazione presentò ricorso per cassazione. Con una sentenza resa il 14 maggio 1998, depositata il 21 novembre 1998, la Corte di cassazione, accogliendo uno dei motivi dell’amministrazione, cassò la sentenza e rinviò la causa dinanzi alla corte d’appello di Messina, allo scopo di applicare la legge n. 662 del 1996, entrata in vigore nel frattempo.

14. La corte d’appello ordinò un supplemento di perizia che fu depositato il 14 ottobre 2004.

15. Con una sentenza resa l’11 novembre 2004 la corte d’appello affermò che il risarcimento per la perdita di proprietà del terreno controverso, calcolato alla data della sua trasformazione irreversibile ai sensi della legge n. 662, era di 306.177,77 EUR. Essa ordinò anche ai ricorrenti di rimborsare all’amministrazione la differenza tra l’importo percepito in virtù della sentenza della corte di appello di Reggio Calabria e la somma di cui erano creditori ai sensi della legge n. 662.

16. La sentenza della corte d’appello di Messina passò in giudicato il 29 gennaio 2006.

17. Con una lettera datata 23 ottobre 2014 il Governo informò la Corte del fatto che l’amministrazione aveva rinunciato all’esecuzione della sentenza della corte d’appello di Messina, e trasmise inoltre un documento contenente la rinuncia della Provincia di Reggio Calabria alle sue pretese nei confronti dei ricorrenti. In tale documento, la Provincia comunicava al co-agente del Governo dinanzi alla Corte che la rinuncia si basava «sulle sentenze della Corte costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo in materia di espropriazione». Tale documento era stato firmato dall’avvocato dei ricorrenti il 29 settembre 2014. Inoltre i ricorrenti, in una lettera del 4 maggio 2015, informarono la Corte che la Provincia di Reggio Calabria aveva rinunciato alle sue pretese nella lettera sopra citata del 23 ottobre 2014.

B.  Il diritto e la prassi interni pertinenti

18. Il diritto interno pertinente è riportato nella sentenza Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009 (§§ 16-48).

19. In particolare, per quanto riguarda gli ultimi sviluppi intervenuti nel diritto interno la Corte osserva che, con le sentenze nn. 348 e 349 del 22 ottobre 2007, la Corte costituzionale ha dichiarato che la legge interna deve essere compatibile con la Convenzione nell’interpretazione data dalla giurisprudenza della Corte e, di conseguenza, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 5 bis del decreto-legge n. 333 dell’11 luglio 1992, come modificato dalla legge n. 662 del 1996.

20. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 349, ha rilevato che l’insufficiente entità dell’indennizzo previsto dalla legge del 1996 era contraria all’articolo 1 del Protocollo n. 1 e, di conseguenza, all’articolo 117 della Costituzione italiana, il quale prevede il rispetto degli obblighi internazionali. Da quando è intervenuta questa sentenza, tale disposizione di legge non può più essere applicata nell’ambito dei procedimenti nazionali ancora pendenti.

21. In seguito alle sentenze della Corte costituzionale, sono intervenute alcune modifiche legislative nel diritto interno. L’articolo 2/89 e) della legge finanziaria n. 244 del 2007 ha stabilito che, in caso di espropriazione indiretta, il risarcimento deve corrispondere al valore venale dei beni, non essendo ammessa alcuna riduzione.

22. Tale disposizione si applica a tutti i procedimenti pendenti al 1° gennaio 2008, ad eccezione di quelli in cui la decisione sull’indennità di espropriazione o sul risarcimento sia stata accettata o sia divenuta definitiva.

MOTIVI DI RICORSO

23. Invocando l’articolo 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti lamentano di essere stati privati del loro terreno in maniera incompatibile con il loro diritto al rispetto dei beni.

24. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i ricorrenti lamentano l’applicazione alla loro causa della legge n. 662 del 1996, entrata in vigore nel corso del procedimento controverso, e le ripercussioni della stessa sul risarcimento.

IN DIRITTO

25. I ricorrenti sostengono di essere stati privati del loro terreno in maniera incompatibile con l’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, che recita:

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

26. Il Governo si oppone a questa tesi.

27. Con una lettera datata 23 ottobre 2014 il Governo informò la Corte che l’amministrazione aveva rinunciato all’esecuzione della sentenza della corte d’appello di Messina, e trasmise inoltre un documento contenente la rinuncia della Provincia di Reggio Calabria alle sue pretese nei confronti dei ricorrenti. Da tale documento risulta che la rinuncia si basava «sulle sentenze della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di espropriazione».

28. Tenuto conto di questi eventi, la Corte ritiene necessario esaminare la questione della qualità di vittima dei ricorrenti e rammenta, peraltro, che la questione di stabilire se un ricorrente possa affermare di essere «vittima» della violazione dedotta si pone in tutte le fasi del procedimento dinanzi alla Corte.

29. La Corte ritiene di dover esaminare la qualità di vittima del ricorrente alla luce del cambiamento legislativo intervenuto a seguito delle sentenze della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 22 ottobre 2007. Essa rammenta che spetta in primo luogo alle autorità nazionali correggere una asserita violazione della Convenzione. A tale proposito, la questione di stabilire se il ricorrente possa ritenersi vittima della violazione lamentata si pone in qualsiasi fase della procedura e implica essenzialmente per la Corte di esaminare ex post facto la situazione della persona interessata (Cocchiarella c. Italia [GC], n. 64886/01, §§ 70-72, CEDU 2006 V).

30. La Corte ribadisce che ha il compito innanzitutto di verificare se da parte delle autorità vi sia stato un riconoscimento, almeno in sostanza, della violazione di un diritto tutelato dalla Convenzione (Cocchiarella c. Italia sopra citata, § 84).

31. Essa rileva che, con le sentenze nn. 348 e 349, la Corte costituzionale italiana ha dichiarato la non conformità costituzionale dell'articolo 5bis del decreto-legge n. 333 dell’11 luglio 1992, come modificato dalla legge n. 662 del 1996, in quanto contrario all'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione come interpretato dalla giurisprudenza della Corte. In seguito, la legge finanziaria n. 244 del 2007 ha stabilito che i proprietari espropriati devono ottenere un risarcimento corrispondente all’intero valore del bene, non essendo più ammessa alcuna riduzione

32. Basandosi su questa giurisprudenza, la Provincia di Reggio Calabria ha rinunciato alle proprie pretese nei confronti dei ricorrenti. Essa ha sostanzialmente ritenuto che l'espropriazione indiretta fosse contraria all'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte, e comportasse una violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti e l’obbligo, per l'amministrazione, di porre rimedio alla violazione.

33. La Corte ritiene che, in questo modo, i giudici interni abbiano sostanzialmente constatato la violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti basandosi «sulle sentenze della Corte costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo in materia di espropriazione» (paragrafo 17 supra). Inoltre, essa considera che la riparazione accordata alla fine, corrispondente alla somma totale accordata dal tribunale di Locri (paragrafo 10 supra) fosse conforme ai criteri di calcolo stabiliti dalla Corte nella sentenza Guiso Gallisay (sopra citata, § 105) e costituisca una riparazione adeguata e sufficiente. La Corte constata perciò che i ricorrenti hanno potuto conservare per tutto il tempo tale somma totale nel loro patrimonio.

34. Alla luce di queste considerazioni, i ricorrenti non possono più ritenersi vittime della asserita violazione ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione (si vedano, mutatis mutandis, Armando Iannelli c. Italia, n. 24818/03, 12 febbraio 2013; e Giardiello c. Italia (dec.) [comitato], n. 23066/07, 4 novembre 2014).

35. Di conseguenza, questo motivo di ricorso è incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere rigettato in virtù dell’articolo 35 § 4.

36. I ricorrenti lamentano anche l’applicazione alla loro causa della legge n. 662 del 1996, entrata in vigore nel corso del procedimento, e le sue ripercussioni sul risarcimento dal punto di vista dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, che, nelle sue parti pertinenti, recita:
«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...).»

37. Per quanto riguarda la dedotta violazione dell’articolo 6 § 1, la Corte constata che questo motivo di ricorso è strettamente collegato a quello relativo all’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, sopra esaminato.

Basandosi sulle considerazioni svolte nel corso dell’esame del motivo di ricorso relativo a tale disposizione, essa ritiene che anche il presente motivo di ricorso debba essere dichiarato irricevibile in quanto incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3.

Per questi motivi la Corte, all’unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 17 marzo 2016.

Kristina Pardalos
Presidente

André Wampach
Cancelliere aggiunto