Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 3 novembre 2015 - Ricorso n. 43028/05 Adelina Parrillo c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata dal Rita Carnevali, assistente linguistico, e rivista con la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO


PRIMA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 43028/05

Adelina PARRILLO
contro l’Italia


La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita il 3 novembre 2015 in una camera composta da:
Mirjana Lazarova Trajkovska, presidente,
Päivi Hirvelä,
Guido Raimondi,
Ledi Bianku,
Kristina Pardalos,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Aleš Pejchal, giudici,
e da André Wampach, cancelliere aggiunto di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 17 novembre 2005,

Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dalla ricorrente,
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

  1. La ricorrente, sig.ra Adelina Parrillo, è una cittadina italiana nata nel 1954 e residente a Roma. Dinanzi alla Corte è stata rappresentata dagli avvocati N. Paoletti e A. Mari del foro di Roma.
  2. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente P. Accardo.

    A. Le circostanze del caso di specie
     
  3. I fatti di causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

    1. Il contesto della causa
     
  4. A partire dal 1997 la ricorrente convisse more uxorio con. S.R. Nel 2003, quest’ultimo, regista, si recò in Iraq per effettuare le riprese di un reportage di guerra. Questo viaggio fu autorizzato e finanziato dal Ministero della Difesa.
  5. Il 12 novembre 2003 S.R. morì assieme ad altri diciotto concittadini nell’attentato terroristico contro l’esercito italiano a Nassiriya.

    2. I fatti denunciati dalla ricorrente
     
  6. In occasione del secondo anniversario dell’attentato di Nassiriya, il 12 novembre 2005 venne organizzata una cerimonia in onore delle vittime, che si svolse alla presenza delle più alte cariche dello Stato.
  7. La ricorrente prese parte alla messa celebrata in una caserma militare. Tuttavia fu poi esclusa dalla partecipazione alla cerimonia per la consegna della Croce d’Onore alle famiglie delle vittime, prevista dalla legge n. 207 del 10 ottobre 2005 (si veda la parte «Diritto interno pertinente»), che si svolse all’Altare della Patria.
  8. La ricorrente, secondo quanto afferma, mentre stava per entrare all’Altare della Patria, venne fermata da tre ufficiali di polizia, trascinata per qualche metro e poi allontanata con la forza allo scopo di essere esclusa dall’evento. La ricorrente indica di aver avuto un attacco di panico e di essere svenuta.
  9. La Croce d’Onore fu consegnata alla figlia di S.R.
  10. La ricorrente espone di essere stata trattenuta per più di un’ora dagli stessi agenti allo scopo di evitare che rilasciasse interviste ai giornalisti che si trovavano sul posto. Ha prodotto numerosi articoli di giornale riguardanti le interviste che concesse in seguito e che contenevano la sua versione dei fatti di causa come sopra descritta.
  11. Il 15 novembre un gruppo di cinquantanove membri del Parlamento presentò un’interrogazione parlamentare ai ministri della Difesa e dell’Interno criticando il trattamento riservato alla ricorrente e chiedendo che il nome di quest’ultima venisse incluso nell’elenco dei parenti delle vittime di Nassiriya per consentirle di beneficiare dello stesso trattamento riservato alle vedove delle vittime.
  12. Il 17 novembre 2005 il rappresentante del Ministro della Difesa, rispondendo all’interrogazione, indicò che la ricorrente in ogni caso era stata autorizzata ad assistere alla messa con le altre famiglie delle vittime e che, per quanto riguardava la cerimonia per la consegna della Croce d’Onore, ne era stata esclusa in applicazione della legge n. 207 del 10 ottobre 2005. Questa legge indicava i familiari ai quali poter consegnare la Croce d’Onore. Il rappresentante del ministro notò che soltanto le persone contemplate dalla legge erano invitate a partecipare all’evento. Inoltre rilevò che i familiari di S.R. avevano espresso delle riserve in merito alla presenza della ricorrente alla cerimonia in causa.
  13. Nell’ambito delle sue osservazioni in risposta a quelle del Governo, la ricorrente ha anche indicato che, in occasione del secondo anniversario dell’attentato di Nassiriya, il 12 novembre 2013, la Medaglia del riconoscimento, decorazione istituita dal Ministero della Difesa per tale circostanza, non le è stata consegnata.

    3. I procedimenti avviati dalla ricorrente per il risarcimento del danno subito in seguito al decesso del suo compagno e quelli volti ad ottenere i benefici economici destinati alle vittime

    a) Il procedimento di risarcimento danni avviato dinanzi al tribunale di Roma

     
  14. Il 14 gennaio 2005 la ricorrente avviò un ricorso dinanzi al tribunale di Roma al fine di ottenere il risarcimento del danno che sosteneva di avere subito in conseguenza della morte del suo compagno. La ricorrente ritenne, in particolare, che il Ministero della Difesa avesse omesso di adottare tutte le misure che la situazione richiedeva per garantire la sicurezza di S.R. durante le riprese.
  15. Con sentenza depositata il 30 maggio 2013 il tribunale accolse la richiesta della ricorrente e riconobbe a quest’ultima una somma a titolo di risarcimento danni, il cui ammontare avrebbe dovuto essere quantificato nell’ambito di un procedimento successivo.
  16. Il Ministero della Difesa interpose appello. Secondo le informazioni fornite dalla ricorrente il 30 marzo 2015, questo procedimento era ancora pendente.
  17. Nel frattempo, il 5 settembre 2014, la ricorrente aveva avviato un procedimento dinanzi al tribunale di Roma affinché fosse quantificato il risarcimento che le era stato riconosciuto.

    b) Il procedimento avviato dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio
     
  18. L’11 novembre 2005 la ricorrente avviò un ricorso contro il Ministero della Difesa e i figli di S.R. dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio. La ricorrente lamentava soprattutto il fatto che il Ministero della Difesa avesse rifiutato di considerarla tra i beneficiari delle elargizioni liberali offerte da parte di terzi alle vittime di Nassiriya, visto che i destinatari di queste donazioni erano in effetti soltanto gli eredi legittimi delle vittime.
  19. La ricorrente considerò anche che questa esclusione, motivata dal fatto che aveva convissuto more uxorio con il signor S.R., era in conflitto con i diritti inviolabili, il principio di uguaglianza e i diritti della famiglia sanciti rispettivamente dagli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione.
  20. Con sentenza del 21 settembre 2012, il tribunale rigettò la richiesta della ricorrente ritenendo, in particolare, che la scelta di non includere le persone conviventi fra i beneficiari delle donazioni in causa era motivata dalla circostanza che i rapporti familiari legali beneficiavano di una maggiore considerazione giuridica e sociale rispetto ad una unione de facto. Poiché le elargizioni in causa non avevano carattere di risarcimento pecuniario, la scelta dei beneficiari rientrava nel potere discrezionale dell’amministrazione.
  21. La ricorrente interpose appello dinanzi al Consiglio di Stato. Secondo le informazioni fornite da quest’ultima il 30 marzo 2015, questo procedimento era ancora pendente.

    c) Il procedimento avviato dinanzi al tribunale civile di Roma al fine di ottenere l’elargizione e l’assegno vitalizio previsti dalla legge n. 206 del 3 agosto 2004
     
  22. Il 12 novembre 2010 la ricorrente avviò un procedimento dinanzi al tribunale civile di Roma contro il Ministero dell’Interno contestando il rigetto della sua istanza volta ad ottenere l’elargizione e l’assegno vitalizio previsti dalla legge n. 206 del 3 agosto 2004 in favore delle vittime del terrorismo (si veda la parte «Diritto interno pertinente»).
  23. La ricorrente lamentò che, in quanto persona convivente more uxorio con S.R., aveva subito un trattamento sfavorevole rispetto agli altri destinatari di benefici economici in causa. Sollevò nuovamente le questioni di costituzionalità evocate nell’ambito del procedimento avviato dinanzi al tribunale amministrativo regionale (si veda il paragrafo 19 supra).
  24. Con sentenza del 19 luglio 2013, il tribunale di Roma rigettò la domanda della ricorrente considerando che l’ordine di priorità di accesso ai benefici di cui si tratta era chiaramente stabilito dalla legge. Per cui, la persona convivente more uxorio era posta alla fine dell’elenco dei beneficiari e, nel caso di specie, l’elargizione era già stata effettuata in favore dei figli di S.R., nati dalla sua unione con la sig.ra P.E., deceduta in una data anteriore a quella dell’attentato.
  25. Inoltre il tribunale sottolineò che la legge contestata non era in conflitto con i diritti sanciti dalla Costituzione cui si era appellata la ricorrente, in quanto la Corte Costituzionale aveva già indicato in più sentenze (n. 404 del 1988, n. 140 del 2009 e n. 86 del 2009) che la posizione della persona convivente more uxorio non può essere assimilata a quella della persona che ha contratto matrimonio, soprattutto quando si tratta, come nel caso di specie, di attribuire benefici economici che non hanno carattere di risarcimento pecuniario, ma unicamente di indennità di solidarietà.
  26. Il 7 marzo 2014 la ricorrente interpose appello. Secondo le informazioni fornite da quest’ultima il 30 marzo 2015, questo procedimento era ancora pendente.

    B. Il diritto interno pertinente

    1. La legge n. 207 del 10 ottobre 2005 – Conferimento della Croce d’Onore

     
  27. Questa legge prevede il conferimento della Croce d’Onore alle vittime di atti di terrorismo impegnate in operazioni militari o civili all’estero. L’articolo 1, comma 6, dispone
    «Nel caso di conferimento alla memoria, la Croce d’onore è attribuita al coniuge superstite o, in mancanza, ai figli, ai genitori, ai fratelli e alle sorelle, ovvero, in assenza dei parenti sopra indicati, al comune di residenza dell’insignito.»

    2. Le leggi che regolano le elargizioni e gli assegni vitalizi destinati alle vittime di atti di terrorismo
     
  28. La legge n. 206 del 3 agosto 2004 riconosce alle vittime degli atti di terrorismo il diritto di ricevere una elargizione e un assegno vitalizio.
  29. In caso di decesso della vittima, l’ordine dei destinatari di questi benefici è stabilito dalla legge n. 302 del 20 ottobre 1990 la quale, a sua volta, rinvia all’articolo 6 della legge n. 466 del 13 agosto 1980, sostituito dall’articolo 2 della legge n. 720 del 4 dicembre 1981.
  30. Il primo comma di quest’ultimo articolo dispone che l’ordine dei destinatari in causa è il seguente: (i) il coniuge superstite e i figli se a carico, (ii) i figli, in mancanza del coniuge superstite o se lo stesso non abbia diritto a pensione, (iii) i genitori, (iv) i fratelli e le sorelle se conviventi a carico.
  31. Ai sensi del secondo comma dell’articolo 4 della legge n. 302 del 1990, i benefici in oggetto sono elargiti anche alle persone (che non sono parenti o affini, né legati da rapporto di coniugio) che risultino conviventi a carico della persona deceduta negli ultimi tre anni precedenti l’evento ed ai conviventi more uxorio.

    MOTIVI DI RICORSO
     
  32. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, la ricorrente lamenta la violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare deducendo di essere stata esclusa in maniera brutale dalla cerimonia di attribuzione della Croce d’Onore organizzata in memoria del suo compagno. Denuncia anche che questa onorificenza non le è stata attribuita in applicazione della legge n. 207 del 10 ottobre 2005.
  33. La ricorrente lamenta, inoltre, la violazione del principio di non discriminazione sancito dall’articolo 14 della Convenzione in ragione del fatto che, contrariamente ad altri membri della famiglia di S.R., è stata esclusa dalla partecipazione alla cerimonia in causa in quanto non legalmente sposata con quest’ultimo.

    IN DIRITTO
  34. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, la ricorrente lamenta la violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare. Questo articolo è così formulato nelle sue parti pertinenti:
    «1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (...).
    2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
  35. La ricorrente lamenta inoltre la violazione del principio di non discriminazione sancito dall’articolo 14 della Convenzione. Questo articolo recita:
    «Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella (…) Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.»

    A. Argomenti delle parti

    1. Il Governo

     
  36. Il Governo fa notare innanzitutto che il formulario di ricorso presentato dalla ricorrente non reca l’indicazione di alcun timbro postale idoneo ad attestare la data di presentazione e che la ricorrente non avrebbe firmato la procura per essere rappresentata dinanzi alla Corte.
  37. Poi eccepisce che la ricorrente ha omesso di esaurire tutte le vie di ricorso che aveva a disposizione nel diritto interno e sostiene che quest’ultima non ha provato l’assenza di ricorsi interni effettivi ed efficaci. La ricorrente avrebbe così scelto di seguire un percorso più rapido rivolgendosi direttamente alla Corte, in violazione del principio di sussidiarietà. Inoltre, il Governo sostiene che i procedimenti avviati dalla ricorrente dinanzi ai giudici nazionali sono ancora pendenti rispettivamente dinanzi al Consiglio di Stato e alla corte d’appello di Roma.
  38. Infine il Governo afferma che la ricorrente non ha fornito prove a sostegno dei fatti denunciati e osserva che l’ordine di attribuzione della Croce d’Onore è previsto dalla legge n. 207/2005. Pertanto il ricorso sarebbe in ogni caso irricevibile in quanto manifestamente infondato.

    2. La ricorrente
  39. La ricorrente contesta di disporre di un ricorso effettivo nel diritto interno, in quanto la legge le vieta esplicitamente di prendere parte alla cerimonia di attribuzione della Croce d’Onore. La persona convivente more uxorio non figura fra le persone citate dal comma 6 dell’articolo 1 della legge n. 207/2005.
  40. Infine, essa rileva di aver dimostrato i fatti che denuncia attraverso i molti articoli di stampa che ha prodotto.

    B. La valutazione della Corte

    1. In merito alla data di presentazione del presente ricorso

     
  41. La Corte constata che il formulario relativo al presente ricorso è stato inviato per posta alla Corte il 17 novembre 2005 e che la busta, che reca un timbro postale, è stata inserita nel fascicolo. Peraltro, la procura della ricorrente ad essere rappresentata dai suoi avvocati è stata firmata da quest’ultima il 16 novembre 2005 ed è allegata al fascicolo. Pertanto, le obiezioni del Governo che vi fanno riferimento non possono essere prese in considerazione.

    2. In merito all’eccezione del Governo relativa al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne
     
  42. Innanzitutto la Corte rammenta che il meccanismo di salvaguardia instaurato dalla Convenzione assume, ed è fondamentale, un carattere sussidiario rispetto ai sistemi nazionali di garanzia dei diritti dell’uomo. La Corte ha il compito di vigilare affinché gli Stati contraenti adempiano gli obblighi che derivano loro dalla Convenzione. Essa non deve sostituirsi agli Sati contraenti, ai quali spetta vigilare affinché i diritti e le libertà fondamentali sanciti dalla Convenzione siano rispettati e tutelati a livello interno. La regola dell’esaurimento dei ricorsi interni si basa sull’ipotesi, riflessa nell’articolo 13 della Convenzione, con il quale essa presenta strette affinità, che l’ordinamento interno offra un ricorso effettivo per la violazione dedotta. Essa è dunque una parte indispensabile del funzionamento di questo meccanismo di protezione (Vučković e altri c. Serbia [GC], n. 17153/11, § 69, 25 marzo 2014 e Gherghina c. Romania (dec.) [GC], n. 42219/07, §§ 83-89, 9 luglio 2015).
  43. La Corte rammenta anche che un ricorrente deve avvalersi dei ricorsi normalmente disponibili e sufficienti per consentirgli di ottenere riparazione delle violazioni che deduce. Questi ricorsi devono esistere con un grado sufficiente di certezza, in pratica come in teoria, altrimenti mancano l’effettività e l’accessibilità volute (Akdivar e altri c. Turchia, 16 settembre 1996, § 66, Recueil des arrêts et décisions 1996 IV).
  44. Tuttavia il semplice fatto di nutrire dubbi in merito alle prospettive che un dato ricorso si concluda positivamente, non essendo evidente che sia votato all’insuccesso, non costituisce una ragione valida per giustificare il mancato utilizzo di ricorsi interni (Akdivar e altri, sopra citata, § 71; Milošević c. Paesi Bassi (dec.), n. 77631/01, 19 marzo 2002 e, mutatis mutandis, Delijorgji c. Albania, n. 6858/11, § 58, 28 aprile 2015).
  45. Tornando al caso di specie, la Corte rileva che, secondo il Governo, la ricorrente ha omesso di esaurire tutte le vie di ricorso che aveva a disposizione nel diritto interno e sostiene che la stessa non ha provato la mancanza di ricorsi interni effettivi ed efficaci.
  46. La Corte osserva che il Governo non ha indicato quale tipo di ricorso interno la ricorrente avrebbe potuto utilizzare per denunciare i fatti di causa. Rimane comunque il fatto che, come si evince dal fascicolo del ricorso, la ricorrente ha avviato più procedimenti interni in seguito al decesso del suo compagno. Uno di questi, avviato dinanzi al tribunale civile di Roma, ha ad oggetto l’ordine di priorità di accesso ai benefici (elargizione e assegno vitalizio a carico dello Stato) previsti in favore delle vittime di atti di terrorismo, come stabilito dalla legge n. 206 del 3 agosto 2004.
  47. Nell’ambito di questo procedimento, la ricorrente in particolare ha denunciato il fatto che, in quanto persona convivente more uxorio con S.R., aveva subito un trattamento sfavorevole rispetto agli altri destinatari dei benefici economici in causa e che la sua la sua esclusione era in conflitto con i diritti inviolabili, il principio di uguaglianza e i diritti della famiglia, sanciti rispettivamente dagli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione.
  48. La Corte osserva che, nel presente ricorso, la ricorrente lamenta la sua esclusione da una cerimonia commemorativa e la mancata attribuzione di un simbolo onorifico in ragione del suo status di persona convivente more uxorio con il suo ex compagno.
  49. La Corte rileva che la ricorrente non ha fornito spiegazioni di natura tale da giustificare la scelta di non sottoporre questa doglianza all’attenzione delle autorità giudiziarie interne. In effetti si è limitata ad affermare che poiché l’esclusione dall’attribuzione della Croce d’Onore derivava direttamente dalla legge, non aveva a disposizione alcun ricorso effettivo.
  50. Ora, la Corte non può che constatare che anche la presunta discriminazione subita dalla ricorrente nell’accesso ad una elargizione e ad un assegno vitalizio deriva dalla legge (legge n. 206 del 3 agosto 2004) e che quest’ultima è oggetto di un ricorso dinanzi al tribunale di Roma nell’ambito del quale la ricorrente ha denunciato, tra l’altro, una lesione dei suoi diritti inviolabili, del principio di uguaglianza e dei diritti della famiglia, come sanciti dalla Costituzione.
  51. La ricorrente aveva pertanto la possibilità di avviare un procedimento civile per denunciare la sua esclusione dalla cerimonia di commemorazione di S.R. e la mancata attribuzione della Croce d’Onore e di sollevare, nell’ambito di questo procedimento, la questione del diritto al rispetto della sua vita privata che sottopone ora all’esame della Corte. Le circostanze del caso di specie permettono pertanto di concludere che il ricorso a disposizione della ricorrente esisteva con un grado sufficiente di certezza, in pratica come in teoria (Akdivar e altri c. Turchia, sopra citata, § 66).
  52. La Corte rileva poi che, a differenza della presente causa, i procedimenti attualmente pendenti dinanzi ai giudici interni non hanno ad oggetto la legge n. 207/2005. Di conseguenza il ricorso non può essere rigettato in quanto prematuro, come il Governo sembra suggerire.
  53. Ad ogni modo, per le ragioni esposte sopra, la Corte ritiene che la ricorrente non abbia utilizzato le vie di ricorso che aveva a disposizione nel diritto interno per lamentare i motivi che ora solleva dinanzi alla Corte.
  54. Peraltro essa rileva che la ricorrente non ha avviato alcun procedimento penale per denunciare le modalità che definisce brutali per escluderla dalla cerimonia di attribuzione della Croce d’Onore.
  55. Per quanto esposto sopra, la Corte ritiene che l’eccezione del Governo relativa al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne debba essere accolta e pertanto il ricorso deve essere rigettato ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,
Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese poi comunicata per iscritto il 26 novembre 2015.
André Wampach
Cancelliere aggiunto

Presidente
Mirjana Lazarova Trajkovska