Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 20 ottobre 2015 - Ricorso n. 41984/04 - Virgilio S.p.a. c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con Rita Carnevali, assistente linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC.
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 41984/04
VIRGILIO S.P.A.
contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita il 20 ottobre 2015 in una camera composta da:

  • Päivi Hirvelä, presidente,
  • Guido Raimondi,
  • Ledi Bianku,
  • Nona Tsotsoria,
  • Paul Mahoney,
  • Krzysztof Wojtyczek,
  • Faris Vehabović, giudici,
  • e da Françoise Elens-Passos, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso sopra menzionato, presentato il 23 novembre 2004,
Viste le osservazioni presentate dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dalla società ricorrente,
Dopo avere deliberato, emette la seguente decisione:

IN FATTO

  1. La ricorrente, Virgilio S.p.A., è una società per azioni italiana con sede sociale a Brescia. È rappresentata dinanzi alla Corte dall’avv. E. Senini del foro di Brescia.
  2. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dai suoi co-agenti, P. Accardo e G.M. Pellegrini.

    A.  Le circostanze del caso di specie
     
  3. I fatti di causa, come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.
  4. La ricorrente ha regolarmente versato allo Stato degli acconti sull’imposta sul reddito. Tuttavia, per gli anni 1989, 1992, 1993, 1994, 1996, 1997, 1998 e 2001, essa ha constatato che il suo reddito reale era inferiore alle stime dell’amministrazione fiscale. Nelle sue dichiarazioni dei redditi per gli anni in questione, essa ha pertanto richiesto le seguenti somme a titolo di rimborso per i suoi crediti di imposta:
    • 89.580.000 lire (ITL – circa 46.264 euro (EUR)) per il 1989;
    • 83.531.000 ITL (circa 43.140 EUR) per il 1992;
    • 89.837.000 ITL (circa 46.396 EUR) per il 1993;
    • 86.044.000 ITL (circa 44.438 EUR) per il 1994;
    • 79.731.000 ITL (circa 41.177 EUR) per il 1996;
    • 91.079.000 ITL (circa 47.038 EUR) per il 1997;
    • 90.000.000 ITL (circa 46.481 EUR) per il 1998;
    • 55.000 EUR per il 2001.
  5. Su richiesta della ricorrente, l’8 marzo 2000 fu versato un importo pari all’80% delle somme dovute per il 1989 e il 1992 in obbligazioni di Stato. Pertanto, le somme ancora dovute ammontavano a 24.357.000 ITL (circa 12.579 EUR) per il 1989 e a 20.546.000 ITL (circa 10.611 EUR) per il 1992.
  6. Il 30 novembre 2000 la ricorrente chiese alle autorità fiscali regionali il versamento delle somme dovute a titolo di crediti di imposta per gli anni 1989, 1992, 1993, 1994 e 1996.
  7. Non avendo ricevuto alcun pagamento, il 13 settembre 2004 la ricorrente presentò un ricorso alla commissione tributaria provinciale di Brescia. Essa affermò che i suoi crediti di imposta non compensati con la concessione di obbligazioni di Stato ammontavano ormai a 303.722,10 EUR, somma alla quale si aggiungevano gli interessi legali, e ne chiese il pagamento.
  8. In una memoria del 24 dicembre 2004 l’amministrazione fiscale indicò che le somme ancora dovute per il 1989 e il 1992 non erano state versate in mancanza di specifiche istruzioni del ministero delle Finanze. L’amministrazione si impegnava a rimborsare alla ricorrente i crediti di imposta richiesti per gli anni 1993, 1994, 1996, 1997, 1998 e 2001.
  9. Con decisione in data 4 febbraio 2005, depositata il 4 marzo 2005, la commissione tributaria provinciale accolse il ricorso della ricorrente, sottolineando che l’assenza di istruzioni specifiche non dispensava l’amministrazione dal suo dovere di versare all’interessata le somme alle quali aveva diritto.
  10. La decisione della commissione tributaria fu notificata all’amministrazione il 15 luglio 2005. Dopo aver atteso che scadesse il termine di 120 giorni previsto dalla legge, il 1° febbraio 2006 la ricorrente notificò all’amministrazione l’atto di precetto con cui veniva avviata la procedura di esecuzione forzata.
  11. Secondo le informazioni fornite dalla ricorrente il 18 dicembre 2014, l’amministrazione fiscale effettuò in seguito vari versamenti in suo favore. Le somme riconosciute alla ricorrente con la decisione del 4 febbraio 2005 furono integralmente rimborsate nel giugno 2006.

    B.  Il diritto e la prassi interni pertinenti

  12. In Italia, le società sono tenute a versare allo Stato degli acconti sull’imposta sul reddito. Ogni anno, al momento di presentare la propria dichiarazione di imposta, il contribuente calcola l’importo imponibile dei redditi effettivi dell’anno precedente. È possibile che le somme prelevate dall’amministrazione a titolo di acconto siano superiori all’importo dell’imposta dovuta e che il contribuente diventi così titolare di un credito di imposta verso lo Stato.
  13. Quando si tratta di un credito di imposta sul reddito, l’amministrazione è tenuta a procedere d’ufficio al rimborso, in quanto la dichiarazione dei redditi ha valore di domanda di rimborso (articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica (DPR) n. 602 del 1973).
  14. Per maggiori chiarimenti sul diritto e la prassi interni pertinenti, si veda Buffalo S.r.l. in liquidazione c. Italia, n. 38746/97, §§ 16-23, 3 luglio 2003.

    MOTIVO DI RICORSO
     
  15. Invocando l’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, la ricorrente lamenta una violazione del suo diritto al rispetto dei propri beni.

    IN DIRITTO

  16. La ricorrente ritiene che il ritardo con cui l’amministrazione ha rimborsato i suoi crediti di imposta abbia violato il suo diritto al rispetto dei propri beni, sancito dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
    Tale disposizione recita:
    «Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
    Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»
  17. Il Governo contesta questa tesi.

    A.  Argomenti delle parti

    1.  La ricorrente

  18. La ricorrente afferma che il ritardo nel rimborso dei crediti di imposta è un problema sistemico in Italia. Essa aggiunge che il rimborso parziale attraverso la concessione di obbligazioni di Stato non sarebbe un mezzo efficace in quanto creerebbe un’ulteriore dilazione nel pagamento del debito dello Stato. Questo nuocerebbe al contribuente non solo quando quest’ultimo si trova in una situazione di dissesto finanziario, ma anche quando l’impresa creditrice è finanziariamente sana. In effetti, la indisponibilità immediata di somme importanti ha ridotto le possibilità per la ricorrente di investire e di avere accesso a prestiti bancari. Alla luce di quanto sopra, l’interessata ritiene che vi sia stata rottura del «giusto equilibrio» che deve regnare in materia.
  19. La ricorrente contesta l’affermazione del Governo secondo la quale essa avrebbe presentato le sue domande di rimborso tardivamente. Ai sensi del DPR n. 602 del 1973, essa ha formulato tali domande nelle sue dichiarazioni dei redditi relative agli anni 1989, 1992, 1993, 1994, 1996, 1997 e 2001. Essa aveva dunque una aspettativa legittima di ricevere i rimborsi entro breve termine. Malgrado ciò, non le è stato accordato automaticamente alcun rimborso per gli anni 1993, 1994, 1996, 1997, 1998 e 2001, e per gli anni 1989 e 1992 le è stato pagato in obbligazioni di Stato soltanto l’80% del credito di imposta. L’inerzia dell’amministrazione ha costretto la ricorrente ad adire la commissione tributaria provinciale. Anche dopo la decisione favorevole di quest’ultima, lo Stato non ha adempiuto ai propri obblighi ed è stato necessario intentare una procedura di esecuzione nei suoi confronti (paragrafo 10 supra).
  20. Considerato quanto sopra esposto, la ricorrente ritiene che la sua causa sia simile alla causa Buffalo S.r.l. in liquidazione, sopra citata. Essa sottolinea che, dinanzi alla commissione tributaria, l’amministrazione ha ammesso che le somme ancora dovute per il 1989 e il 1992 non erano state versate in assenza di specifiche indicazioni del ministero delle Finanze (paragrafo 8 supra), e dunque a causa di una negligenza dello Stato.

    2.  Il Governo

  21. Il Governo considera che la ricorrente disponesse di un ricorso per accelerare la procedura di rimborso dei suoi crediti di imposta. In effetti, ai sensi degli articoli 37 e 38 del DPR n. 602 del 1973, il contribuente può chiedere il rimborso all’agenzia delle entrate. Quest’ultima deve rispondere entro un termine di 90 giorni, e l’assenza di risposta ha valore di rigetto della domanda. Il contribuente può impugnare la decisione di rigetto dinanzi alla commissione tributaria provinciale. Peraltro, secondo una circolare dell’agenzia delle entrate datata 1° ottobre 2010, i rimborsi dei crediti di imposta dovuti in esecuzione di una decisione giudiziaria o riconosciuti dall’amministrazione tributaria devono essere pagati in via prioritaria.
  22. Il Governo osserva che, nel caso di specie, la ricorrente ha chiesto i rimborsi il 30 novembre 2000 (paragrafo 6 supra), ed ha adito la commissione tributaria il 22 settembre 2004 (paragrafo 7 supra), ossia da tre a quindici anni dopo la fine degli anni fiscali di riferimento. La commissione tributaria ha fissato l’udienza al 4 febbraio 2005, e lo stesso giorno ha pronunciato la sua decisione, dando vittoria di causa alla ricorrente. L’amministrazione fiscale non ha contestato le richieste di quest’ultima e il rimborso, effettuato progressivamente, è stato completato nel giugno 2006. Secondo il Governo la ricorrente avrebbe potuto rivolgersi prima alle autorità fiscali e alla commissione tributaria, riducendo così in maniera considerevole il termine per il rimborso.
  23. Il Governo osserva che, nella causa Buffalo S.r.l. in liquidazione, sopra citata, in cui la Corte ha concluso che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, non era stato dimostrato che il contribuente avesse a sua disposizione dei rimedi efficaci per ottenere un rimborso più rapido. Lo stesso non può dirsi nella fattispecie, e questo elemento permetterebbe di distinguere la presente causa dalla causa Buffalo S.r.l. in liquidazione.
  24. Secondo il Governo la ricorrente, che non si è avvalsa in tempo utile dei ricorsi esistenti, che ha ottenuto il rimborso integrale nel giugno 2006 e le cui pretese non sono state contestate dall’amministrazione, non può sostenere di essere «vittima» dei fatti che denuncia. Peraltro la ricorrente stessa ha chiesto il pagamento di una parte del suo credito in obbligazioni di Stato; tali obbligazioni possono essere facilmente vendute in qualsiasi momento. Pertanto, la circostanza in questione non avrebbe causato alcun danno all’interessata.
  25. Considerato quanto sopra esposto, il Governo ritiene che sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra l’interesse generale ad assicurare il pagamento delle imposte e le esigenze del diritto al rispetto dei beni della ricorrente.

    B.  Valutazione della Corte
     
  26. Nelle circostanze particolari della presente causa, la Corte non ritiene necessario stabilire se, come sostiene il Governo (paragrafo 24 supra), la ricorrente non possa dirsi «vittima», ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione, dei fatti che essa denuncia, in quanto il ricorso è in ogni caso irricevibile per i seguenti motivi.
  27. La Corte osserva che, nel diritto italiano, l’amministrazione è tenuta a procedere d’ufficio al rimborso dei crediti d’imposta sul reddito, dopo aver ricevuto la dichiarazione dei redditi, che ha valore di domanda di rimborso (paragrafo 13 supra). Anche se non è previsto alcun termine di rigore per il rimborso, nella causa Buffalo S.r.l. in liquidazione (sopra citata, §§ 28-29), questa circostanza ha condotto la Corte a ritenere che per tutto il periodo di attesa del rimborso del credito d’imposta il contribuente fosse titolare di un interesse patrimoniale riconosciuto nel diritto italiano, e dunque di un «bene» ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione. Pertanto, essendo questa disposizione applicabile, la Corte ha considerato che l’ingerenza costituita dal ritardo nel rimborso in questione rientrasse nelle previsioni della prima frase del primo comma dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, che enuncia, in maniera generale, il principio del rispetto dei beni (Buffalo S.r.l. in liquidazione, sopra citata, §§ 30-31). La Corte non vede alcun motivo per discostarsi da queste constatazioni nella presente causa.
  28. La Corte rammenta inoltre che l’imposizione fiscale costituisce in linea di principio una ingerenza nel diritto riconosciuto dal primo comma dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, e che tale ingerenza si giustifica conformemente al secondo comma di tale articolo, che prevede espressamente una eccezione per quanto riguarda il pagamento delle imposte o di altri contributi (Di Belmonte c. Italia (n. 2) (dec.), n. 72665/01, 3 giugno 2004). La materia fiscale non sfugge in ogni caso a qualsiasi controllo della Corte, in quanto quest’ultima deve verificare se l’articolo1 del Protocollo n. 1 sia stato oggetto di una applicazione corretta (Di Belmonte c. Italia (n. 1), n. 72638/01, § 39, 16 marzo 2010). Ciò è particolarmente vero quando si tratta, come nel caso di specie, del rimborso di crediti da parte dello Stato (Buffalo S.r.l. in liquidazione, sopra citata, § 32).
  29. In particolare, la Corte deve determinare se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Air Canada c. Regno Unito, 5 maggio 1995, § 36, serie A n. 316-A; Beyeler c. Italia [GC], n. 33202/96, § 107, CEDU 2000 I; e Contessa e altri c. Italia (dec.), n. 11004/05, § 28, 17 settembre 2013). Questo giusto equilibrio viene rotto se la persona interessata deve sostenere un onere eccessivo e sproporzionato (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, §§ 69-74, serie A n. 52; Maggio e altri c. Italia, nn. 46286/09, 52851/08, 53727/08, 54486/08 e 56001/08, § 57, 31 maggio 2011; e Grande Stevens e altri c. Italia, nn. 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10, § 196, 4 marzo 2014). In particolare, l’obbligo finanziario nato dal prelievo di imposte o di contributi non deve nuocere in sostanza alla situazione finanziaria della persona o dell’ente in questione (Di Belmonte (n. 1), sopra citata, § 40, e Buffalo S.r.l. in liquidazione, sopra citata, § 32). A questo riguardo, si deve tenere conto delle modalità di rimborso previste dalla legislazione nazionale e del modo in cui queste sono state applicate nel caso della ricorrente (Buffalo S.r.l. in liquidazione, sopra citata, § 36; si veda anche, mutatis mutandis, Aka c. Turchia, 23 settembre 1998, § 45, Recueil des arrêts et décisions 1998-VI).
  30. La Corte ribadisce che il sistema dell’acconto di imposta si basa principalmente sull’intento di combattere in maniera efficace il fenomeno dell’evasione fiscale (Buffalo S.r.l. in liquidazione, sopra citata, § 35). Esso persegue dunque uno scopo di interesse generale. Peraltro, gli Stati dispongono in materia di imposte o di contributi di un ampio margine di apprezzamento (Gasus Dosier e Fördertechnik Gmbh c. Paesi Bassi, 23 febbraio 1995, § 60, serie A n. 306 B, e The National & Provincial Building Society, the Leeds Permanent Building Society and the Yorkshire Building Society c. Regno Unito, 23 ottobre 1997, §§ 80-82, Recueil 1997-VII), e la Corte ritiene che il fatto di esigere, in alcune circostanze, degli acconti di imposta rientri in tale margine di apprezzamento. Di conseguenza, esso non può essere considerato arbitrario in quanto tale.
  31. Rimane comunque il fatto che nella causa Buffalo S.r.l. in liquidazione (sopra citata, §§ 36-40), gli effetti di questo sistema sono stati ritenuti contrari all’articolo 1 del Protocollo n. 1, in considerazione soprattutto della durata dei rimborsi (da cinque a dieci anni), del fatto che erano stati accordati degli interessi semplici, e non degli interessi composti, per compensare questi ritardi, dell’impatto considerevole che l’indisponibilità prolungata delle somme controverse aveva avuto sulla situazione finanziaria della società Buffalo, e del fatto che quest’ultima non disponeva di alcun ricorso efficace che potesse porre rimedio alla eccessiva durata della sua attesa e alla conseguente incertezza circa il momento in cui i suoi crediti sarebbero stati pagati.
  32. Nel caso di specie, la maggior parte dei ritardi denunciati dalla ricorrente risultano più importanti di quelli che la Corte ha constatato nella causa Buffalo S.r.l. in liquidazione. In effetti, le prime domande di rimborso di crediti di imposta sono state formulate dalla ricorrente nella sua dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1989 (paragrafo 4 supra), mentre la soddisfazione integrale di tutte le sue pretese a questo titolo ha avuto luogo solo nel giugno del 2006 (paragrafo 11 supra). Tuttavia, secondo la Corte esistono delle differenze significative tra la presente causa e la causa Buffalo S.r.l. in liquidazione. In primo luogo, la ricorrente non ha dimostrato che i ritardi nel rimborso dei suoi crediti d’imposta abbiano avuto ripercussioni negative sulla sua situazione finanziaria. In effetti, l’interessata si è limitata ad affermare che i ritardi denunciati sono pregiudizievoli anche per le imprese finanziariamente sane, e che le sue possibilità di investire e di avere accesso a prestiti bancari risultano compromesse (paragrafo 18 supra). Tuttavia, essa non ha fornito alcuna precisazione per quanto riguarda gli investimenti e i prestiti in questione o il danno che avrebbe subito in concreto.
  33. In secondo luogo, l’8 dicembre 2014 la ricorrente ha informato la Corte che le somme riconosciute dalla commissione tributaria provinciale erano state pagate, senza tuttavia contestare che il tasso degli interessi che le sono stati accordati sulle somme dovute fosse insufficiente.
  34. Per di più, le circostanze particolari del caso di specie dimostrano che la ricorrente disponeva di un ricorso efficace per rivendicare il proprio diritto al rimborso dei suoi crediti d’imposta, ricorso di cui si è avvalsa con successo.
  35. A questo riguardo, la Corte osserva che, il 13 settembre 2004, la ricorrente ha presentato alla commissione tributaria provinciale di Brescia una richiesta di pagamento (paragrafo 7 supra). La commissione tributaria ha definito la controversia meno di cinque mesi dopo, il 4 febbraio 2005, accogliendo in toto le richieste dell’interessata (paragrafo 9 supra). Inoltre, la ricorrente ha atteso fino al 1° febbraio 2006 prima di intentare una procedura di esecuzione nei confronti dell’amministrazione (paragrafo 10 supra). Il rimborso integrale dei crediti d’imposta in questione è avvenuto cinque mesi dopo, nel giugno 2006 (paragrafo 11 supra).
  36. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia di esecuzione di decisioni giudiziarie definitive (si vedano, ad esempio e tra molte altre, Stoyanova c. Bulgaria (dec.), n. 25716/05, § 24, 10 maggio 2012; Grishchenko c. Russia (dec.), n. 75907/01, 8 luglio 2004; Presnyakov c. Russia (dec.), n. 41145/02, 10 novembre 2005; Inozmtsev c. Russia (dec.), n. 874/03, 31 agosto 2006; e Fedorov e altri c. Russia (dec.), n. 33382/04, 17 gennaio 2008), la Corte considera che, di per sé, il termine per l’esecuzione della decisione della commissione tributaria provinciale non possa essere ritenuto eccessivo.
  37. Valutate nel complesso le circostanze della presente causa, in particolare gli elementi che permettono di distinguerla dalla causa Buffalo S.r.l. in liquidazione e il fatto che il ricorso intentato dalla ricorrente le ha permesso di ottenere piena soddisfazione in maniera relativamente rapida, la Corte ritiene che l’interessata non sia stata costretta a sopportare un onere eccessivo o sproporzionato. Pertanto, essa non rileva alcuna apparenza di violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.
  38. Di conseguenza, il ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.

Per questi motivi la Corte, all’unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.
Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 12 novembre 2015.

Françoise Elens-Passos
Cancelliere

Presidente
Päivi Hirvelä