Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 6 ottobre 2015 - Ricorso n. 9167/05 - Quintiliani c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con Rita Carnevali, assistente linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

CAUSA QUINTILIANI c. ITALIA

(Ricorso n. 9167/05)

SENTENZA

STRASBURGO

6 ottobre 2015
 

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Quintiliani c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita in un comitato composto da:
Ledi Bianku, presidente,
Nona Tsotsoria,
Paul Mahoney, juges,
e da Fatoş Aracı, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 15 settembre 2015,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 9167/05) presentato contro la Repubblica italiana con il quale due cittadine di tale Stato, le sigg.re Rita Quintiliani e Piera Quintiliani («le ricorrenti»), hanno adito la Corte il 25 febbraio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. Le ricorrenti sono state rappresentate dall’avv. R. Baldassini, con studio a Sora. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, dal suo ex co-agente N. Lettieri, e dal suo co-agente P. Accardo.

3. Il 6 gennaio 2009 il ricorso è stato comunicato al Governo.

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4. Le ricorrenti sono nate rispettivamente nel 1950 e nel 1955 e sono residenti a Ciampino.

5. Le stesse erano proprietarie di un terreno edificabile situato a Ciampino e registrato al catasto al foglio 7, particella 1528.

6. Con una delibera emessa il 4 novembre 1988 il consiglio comunale di Ciampino approvò il progetto di costruzione di una strada sul terreno delle ricorrenti.

7. Con un decreto emesso il 5 aprile 1989 il sindaco di Ciampino dispose l’occupazione d’urgenza di una parte del terreno delle ricorrenti, ossia 512 metri quadrati, ai fini dell’espropriazione dello stesso, per procedere alla costruzione della strada.

8. L’occupazione materiale ebbe luogo il 16 maggio 1989.

9. Il 27 febbraio 1996 le ricorrenti presentarono dinanzi al tribunale di Velletri un’azione di risarcimento nei confronti del comune. Le stesse affermavano che l’occupazione del terreno era illegale, dato che si era protratta oltre il periodo autorizzato, senza che fosse stata avviata una procedura di espropriazione e senza versamento di un indennizzo, e chiedevano un risarcimento per la perdita del terreno.

10. Il tribunale dispose una perizia tecnica. Secondo il perito, il valore venale del terreno nel 1998 era di 256.220.000 ITL (circa 132.000 EUR).

11. Con una sentenza resa il 19 settembre 2003 il tribunale affermò che il terreno era passato all’amministrazione per effetto dell’espropriazione indiretta. Secondo il tribunale il valore venale del terreno era di 281.842.000 ITL; tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno era gravato da una servitù d’uso e, più in particolare, da una «servitù di pascolo», il valore venale era di 277.490.000 ITL (143.311,62 EUR).

12. Il tribunale condannò l’amministrazione a pagare alle ricorrenti una indennità di espropriazione corrispondente al valore di mercato del terreno nel 1992, ossia 143.311,62 EUR, più 31.626,71 EUR per indennità di occupazione. Tali somme dovevano essere rivalutate e maggiorate di interessi.

13. Dal fascicolo risulta che tale sentenza passò in giudicato il 1° ottobre 2004.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

14. Il diritto interno pertinente in materia di espropriazione indiretta è riportato nella sentenza Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009.

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1

15. Le ricorrenti sostengono di essere state private del loro terreno in maniera incompatibile con l’articolo 1 del Protocollo n 1, che recita:

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

A.  Sulla ricevibilità

16. Il Governo sostiene che le ricorrenti non sono più «vittime» della violazione dedotta in quanto hanno ottenuto dal tribunale di Velletri un risarcimento corrispondente al valore venale del terreno espropriato.

17. Le ricorrenti chiedono che questa eccezione venga rigettata.

18. La Corte ritiene, alla luce di tutti gli argomenti delle parti, che questa eccezione sia strettamente legata al merito del ricorso e decide di unirla al merito. Essa constata che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e rileva peraltro che esso non incorre in altri motivi di irricevibilità.

B.  Sul merito

19. Le ricorrenti rammentano di essere state private del loro bene in virtù del principio dell’espropriazione indiretta, un meccanismo che permette all’autorità pubblica di acquisire un bene in maniera assolutamente illegale, il che non è ammissibile in uno Stato di diritto.

20. Secondo il Governo, malgrado l’assenza di un decreto legittimo di espropriazione e benché il terreno sia stato trasformato in maniera irreversibile mediante la costruzione di un’opera di utilità pubblica, il che ne rendeva impossibile la restituzione, l’occupazione contestata è avvenuta nell’ambito di una procedura amministrativa basata su una dichiarazione di pubblica utilità. Nel caso di specie, il Governo fa notare che le ricorrenti hanno ottenuto dal tribunale un risarcimento pari al valore venale del terreno al momento della sua trasformazione irreversibile.

21. La Corte rammenta anzitutto che ha unito al merito l’eccezione del Governo relativa alla perdita della qualità di vittima delle ricorrenti.

22. Inoltre, la Corte osserva che le parti sono concordi nell’affermare che vi è stata «privazione della proprietà».

23. La Corte rinvia alla propria giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (si vedano, tra le altre, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, n. 31524/96, CEDU 2000-VI; Scordino c. Italia (n. 3), n. 43662/98, 17 maggio 2005; Velocci c. Italia, n. 1717/03, 18 marzo 2008) per un riepilogo dei principi pertinenti e per una rassegna della sua giurisprudenza in materia.

24. Nella presente causa la Corte osserva che, applicando i principi dell’espropriazione indiretta, i giudici nazionali hanno considerato che le ricorrenti erano state private del loro bene a decorrere dalla data della realizzazione dell’opera pubblica. Ora, in assenza di un atto formale di espropriazione, la Corte ritiene che tale situazione non possa essere considerata «prevedibile», poiché solo con la decisione giudiziaria definitiva si può ritenere che il principio dell’espropriazione indiretta sia stato effettivamente applicato e che sia stata sancita l’acquisizione del terreno da parte delle pubbliche autorità. Di conseguenza, le ricorrenti hanno avuto la «certezza giuridica» con riguardo alla privazione del terreno solo il 1° ottobre 2004, data in cui la sentenza del tribunale di Velletri è divenuta definitiva.

25. La Corte ritiene che l’ingerenza in questione non sia compatibile con il principio di legalità e abbia pertanto violato il diritto al rispetto dei beni delle ricorrenti comportando la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

26. Pertanto, l’eccezione relativa alla mancanza della qualità di vittima delle ricorrenti non può essere accolta e vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

Sulla ricevibilità

27. Le ricorrenti lamentano la mancanza di equità della procedura. Esse affermano che non hanno potuto ottenere un risarcimento equivalente al valore venale del terreno, a causa dell’applicazione della legge n. 662 del 1996, entrata in vigore nel corso del procedimento.

28. Esse invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, dispone:

«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi (…) sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...) »

29. Il Governo contesta questa tesi, osservando che l’indennità non era stata calcolata ai sensi della legge n. 662 del 1996.

30. La Corte constata che, nel caso di specie, la somma riconosciuta alle ricorrenti dal tribunale di Velletri, non è stata sottoposta alla riduzione prevista dalla legge n. 662 del 1996.

31. Di conseguenza, questo motivo di ricorso è incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere rigettato in virtù dell’articolo 35 § 4, in quanto le ricorrenti non possono avvalersi della qualità di vittima.

III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

32. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno materiale

33. Le ricorrenti chiedono un risarcimento di 421.906,20 EUR corrispondente al valore degli edifici che avrebbero potuto costruire sul terreno, più una somma di 98.016,61 EUR, più interessi e rivalutazione.

34. Il Governo si oppone e sostiene che le ricorrenti hanno ottenuto un risarcimento corrispondente al valore venale del terreno, conformemente ai criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte.

35. La Corte rammenta che una sentenza che constata una violazione comporta per lo Stato convenuto l’obbligo di porre fine alla violazione e di eliminarne le conseguenze in modo tale da ripristinare, per quanto possibile, la situazione anteriore a quest’ultima (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 32, CEDU 2000-XI).

36. Essa rammenta che nella causa Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009, la Grande Camera ha modificato la giurisprudenza della Corte riguardante i criteri di indennizzo nelle cause in materia di espropriazione indiretta. In particolare, ha deciso di respingere le richieste dei ricorrenti nella misura in cui si basano sul valore dei terreni alla data della sentenza della Corte e di non tenere più conto, ai fini della valutazione del danno materiale, del costo di costruzione degli immobili costruiti dallo Stato sui terreni.

37. L’indennizzo deve dunque corrispondere al valore pieno e intero del terreno al momento della perdita della proprietà, stabilito dalla perizia disposta dal giudice competente nel corso del procedimento interno. Una volta detratta la somma eventualmente accordata a livello nazionale, tale importo deve poi essere attualizzato per compensare gli effetti dell’inflazione. Conviene altresì maggiorarlo degli interessi che possano compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spossessamento dei terreni.

38. La Corte osserva che le ricorrenti hanno ricevuto a livello nazionale una somma corrispondente al valore venale del loro terreno, rivalutata e maggiorata di interessi a decorrere dalla data della perdita della proprietà (si veda il paragrafo 11 supra). A suo parere, dunque, le interessate hanno già ottenuto una somma sufficiente a soddisfare i criteri di indennizzo sopra citati.

B.  Danno morale

39. Le ricorrenti chiedono la somma di 28.000 EUR ciascuna per il danno morale.

40. Il Governo si oppone a tale richiesta.

41. La Corte ritiene che il senso di impotenza e frustrazione di fronte allo spossessamento illegale del loro bene abbia causato alle ricorrenti un danno morale che deve essere riparato in maniera adeguata.

42. Deliberando in via equitativa, la Corte accorda congiuntamente alle ricorrenti la somma di 5.000 EUR per il danno morale.

C. Spese

43. Le ricorrenti chiedono il rimborso delle spese sostenute dinanzi ai giudici nazionali e di quelle sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte, ma senza quantificarle.

44. Il Governo ritiene che questa richiesta non sia sufficientemente documentata.

45. La Corte rammenta che, per ottenere il rimborso delle spese ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione, la parte lesa deve averle realmente e necessariamente sostenute. In particolare, l’articolo 60 § 2 del regolamento prevede che le richieste presentate a titolo dell’articolo 41 della Convenzione debbano essere quantificate, suddivise per voci e accompagnate dai necessari documenti giustificativi e che, in caso contrario la Corte può rigettare in tutto o in parte la domanda (si veda Vistiņš e Perepjolkins c. Lettonia (equa soddisfazione) [GC], n. 71243/01, § 50, CEDU 2014).

46. Nel caso di specie, osservando che le ricorrenti non hanno fornito documenti giustificativi a sostegno della loro domanda, la Corte decide di non accordare loro alcuna somma a questo titolo.

D.  Interessi moratori

47. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Unisce al merito l’eccezione del Governo e la rigetta;
  2. Dichiara il ricorso ricevibile;
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione;
  4. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare alle ricorrenti, entro tre mesi, la somma di 5.000 EUR (cinquemila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
    2. che a decorrere dallo scadere di detto termine e fino al versamento tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 6 ottobre 2015, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte.

Ledi Bianku
Presidente

Fatoş Aracı
Cancelliere aggiunto