Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 6 ottobre 2015 - Ricorso n. 50825/06 - Pellitteri e Lupo c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con Rita Carnevali, assistente linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

CAUSA PELLITTERI E LUPO c. ITALIA

(Ricorso n. 50825/06)

SENTENZA

STRASBURGO

6 ottobre 2015
 

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Pellitteri e Lupo c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita in un comitato composto da:
Ledi Bianku, presidente,
Nona Tsotsoria,
Paul Mahoney, giudici,
e da Fatoş Aracı, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 15 settembre 2015,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 50825/06) presentato contro la Repubblica italiana con il quale sei cittadini di tale Stato, i sigg. Salvatore, Luigi, Pietro, Massimo Pellitteri e le sigg.re Erina Pellitteri e Rita Lupo («i ricorrenti»), hanno adito la Corte il 5 dicembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. I ricorrenti sono stati rappresentati dall’avv. M. Pellitteri, del foro di Agrigento. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, dal suo ex co-agente F. Crisafulli, e dal suo co-agente P. Accardo.

3. Il 10 ottobre 2007 il ricorso è stato comunicato al Governo.

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4. I ricorrenti sono nati rispettivamente nel 1925, 1961, 1959, 1967, 1964 e 1935 e sono residenti a San Giovanni Gemini.

5. I fatti di causa, così come esposti dai ricorrenti, si possono riassumere come segue.

6. Il primo ricorrente e il sig. Pellitteri Francesco, de cujus degli ultimi cinque ricorrenti, erano proprietari di un terreno di 155 m² situato a San Giovanni Gemini e registrato al catasto al foglio 9, particella 89/C3.

7. Con un decreto del 24 aprile 1997, il comune di San Giovanni Gemini autorizzò l’occupazione d’urgenza di una parte del terreno, ossia 75,092 m², ai fini dell’esproprio dello stesso, da destinare a spazio pubblico.

8. Il terreno fu occupato il 13 febbraio 1998.

9. Nel frattempo, il 5 gennaio 1998, il sig. Pellitteri Francesco decedette e gli ultimi cinque ricorrenti ereditarono la sua quota di terreno.

10. Con un atto del 20 ottobre 1999 i ricorrenti presentarono un’azione di risarcimento dinanzi al tribunale di Agrigento. Essi affermarono che l’occupazione del loro terreno era illegittima ab initio, a causa dell’irregolarità del decreto del 24 aprile 1997 e chiesero un risarcimento pari al valore di mercato del terreno.

11. Il 27 novembre 2001 il tribunale dispose una perizia tecnica. Nel suo rapporto, depositato il 31 gennaio 2003, il perito osservò che nel 1999, alla data di presentazione del ricorso dinanzi al tribunale, i lavori di costruzione si erano conclusi. Inoltre, il perito considerò che il valore venale del terreno al momento dell’occupazione, nel febbraio 1998, era di 200.000 ITL/m², ossia circa 103 EUR/m².

12. Con una sentenza resa il 20 aprile 2005, depositata il 30 aprile 2005, il tribunale dichiarò che l’occupazione del terreno doveva essere considerata illegale ab initio, in quanto il decreto del comune non fissava un termine per l’occupazione d’urgenza. Nonostante l’illegalità commessa, il tribunale considerò che la proprietà del terreno era passata all’amministrazione a seguito della costruzione dell’opera pubblica, e decise che l’amministrazione doveva pagare ai ricorrenti una somma corrispondente al valore di mercato del terreno al momento della perdita della proprietà.

13. Il tribunale considerò che il valore del terreno controverso nel 1998 fosse di 52 EUR/m², riducendo pertanto l’importo fissato dal perito, e condannò in tal modo l’amministrazione a pagare la somma di 3.900 EUR a titolo di risarcimento e la somma di 515 EUR per la rivalutazione. Tali somme dovevano essere maggiorate degli interessi legali.

14. La sentenza del tribunale non fu impugnata e passò in giudicato il 15 giugno 2006.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

15. Il diritto interno pertinente in materia di espropriazione indiretta è riportato nella sentenza Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009.

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1

16. I ricorrenti sostengono di essere stati privati del loro terreno in maniera incompatibile con l’articolo 1 del Protocollo n 1, che recita:

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

A.  Sulla ricevibilità

17. Il Governo sostiene che i ricorrenti non sono più «vittime» della violazione dedotta in quanto hanno ottenuto dal tribunale di Agrigento un risarcimento corrispondente al valore venale del terreno espropriato, rivalutato e maggiorato di interessi.

18. I ricorrenti chiedono che questa eccezione venga rigettata.

19. La Corte ritiene, alla luce di tutti gli argomenti delle parti, che questa eccezione sia strettamente legata al merito del ricorso e decide di unirla al merito. Essa constata che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e rileva peraltro che esso non incorre in altri motivi di irricevibilità.

B. Sul merito

20. I ricorrenti affermano di essere stati privati del loro terreno in virtù di un meccanismo che permette all’autorità pubblica di acquisire un bene in maniera assolutamente illegale, il che non è ammissibile in uno Stato di diritto.

21. Il Governo si oppone a questa tesi, facendo notare che, nel caso di specie, i ricorrenti hanno ottenuto dal tribunale un risarcimento pari al valore venale del terreno al momento della perdita della proprietà, rivalutato e maggiorato di interessi.

22. La Corte rammenta anzitutto che ha unito al merito l’eccezione del Governo relativa alla perdita della qualità di vittima dei ricorrenti.

23. Inoltre, la Corte osserva che le parti sono concordi nell’affermare che vi è stata «privazione della proprietà».

24. La Corte rinvia alla propria giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (si vedano, tra le altre, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, n. 31524/96, CEDU 2000-VI; Scordino c. Italia (n. 3), n. 43662/98, 17 maggio 2005; Velocci c. Italia, n. 1717/03, 18 marzo 2008) per un riepilogo dei principi pertinenti e per una rassegna della sua giurisprudenza in materia.

25. Nella presente causa, la Corte osserva che i giudici nazionali hanno considerato che i ricorrenti erano stati privati del loro bene a decorrere dalla data della trasformazione irreversibile del terreno. Ora, in assenza di un atto formale di espropriazione, la Corte ritiene che tale situazione non possa essere considerata «prevedibile», poiché solo con la decisione giudiziaria definitiva si può considerare che i ricorrenti hanno perduto la proprietà del terreno in favore delle autorità pubbliche. Di conseguenza, i ricorrenti hanno avuto la «certezza giuridica» con riguardo alla privazione del terreno solo il 15 giugno 2006, data in cui la sentenza del tribunale di Agrigento è divenuta definitiva.

26. La Corte ritiene che l’ingerenza in questione non sia compatibile con il principio di legalità e abbia pertanto violato il diritto al rispetto dei beni dei ricorrenti comportando la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

27.; Pertanto, l’eccezione relativa alla mancanza della qualità di vittima dei ricorrenti non può essere accolta e vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

28. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno materiale

29. I ricorrenti chiedono un risarcimento di 11.700 EUR, più interessi e rivalutazione.

30. Il Governo si oppone e sostiene che i ricorrenti hanno ottenuto un risarcimento corrispondente al valore venale del terreno, conformemente ai criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte.

31. La Corte rammenta che una sentenza che constata una violazione comporta per lo Stato convenuto l’obbligo di porre fine alla violazione e di eliminarne le conseguenze in modo tale da ripristinare, per quanto possibile, la situazione anteriore a quest’ultima (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 32, CEDU 2000-XI).

32. Essa rammenta che nella causa Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009, la Grande Camera ha modificato la giurisprudenza della Corte riguardante i criteri di indennizzo nelle cause in materia di espropriazione indiretta. In particolare, ha deciso di respingere le richieste dei ricorrenti nella misura in cui si basano sul valore dei terreni alla data della sentenza della Corte e di non tenere più conto, ai fini della valutazione del danno materiale, del costo di costruzione degli immobili costruiti dallo Stato sui terreni.

33. L’indennizzo deve dunque corrispondere al valore pieno e intero del terreno al momento della perdita della proprietà, stabilito dalla perizia disposta dal giudice competente nel corso del procedimento interno. Una volta detratta la somma eventualmente accordata a livello nazionale, tale importo deve poi essere attualizzato per compensare gli effetti dell’inflazione. Conviene altresì maggiorarlo degli interessi che possano compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spossessamento dei terreni.

34. La Corte osserva che i ricorrenti hanno ricevuto a livello nazionale una somma corrispondente al valore venale del loro terreno, rivalutata e maggiorata di interessi a decorrere dalla data della perdita della proprietà (si vedano i paragrafi 12 e 13 supra). A suo parere, dunque, gli interessati hanno già ottenuto una somma sufficiente a soddisfare i criteri di indennizzo sopra citati.

B. Danno morale

35. I ricorrenti chiedono la somma di 180.000 EUR per il danno morale.

36. Il Governo si oppone a tale richiesta.

37. La Corte ritiene che il senso di impotenza e frustrazione di fronte allo spossessamento illegale del loro bene abbia causato ai ricorrenti un danno morale che deve essere riparato in maniera adeguata.

38. Deliberando in via equitativa, la Corte accorda ai ricorrenti la somma di 6.000 EUR per il danno morale.

C.  Spese

39. Producendo le relative parcelle, i ricorrenti chiedono anche il rimborso delle spese sostenute dinanzi alla Corte per l’importo di 16.063,54 EUR.

40. Il Governo si oppone e sostiene che le somme richieste sono eccessive e ingiustificate.

41. La Corte rammenta che, secondo la propria giurisprudenza, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese a titolo dell’articolo 41 solo nella misura in cui ne vengano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole (Can e altri c. Turchia, n. 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008).

42. La Corte non dubita della necessità di sostenere delle spese, ma considera eccessivo l’importo totale degli onorari richiesto a questo titolo. Essa ritiene dunque opportuno rimborsarle solo in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte ritiene ragionevole accordare un importo di 5.000 EUR per le spese complessivamente sostenute.

D.  Interessi moratori

43. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Unisce al merito l’eccezione del Governo e la rigetta;
  2. Dichiara il ricorso ricevibile;
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione;
  4. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare congiuntamente ai ricorrenti, entro tre mesi, le somme seguenti:
      1. 6.000 EUR (seimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
      2. 5.000 EUR (cinquemila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dai ricorrenti, per le spese;
    2. che a decorrere dallo scadere di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 6 ottobre 2015, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte.

 

Ledi Bianku
Presidente

Fatoş Aracı
Cancelliere aggiunto