Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 24 marzo 2015 - Ricorso n. 43961/09 - Smaltini c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico e rivista con la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC.
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 43961/09

Giuseppina SMALTINI
contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita il 24 marzo 2015 in una camera composta da:
Päivi Hirvelä, presidente,
Guido Raimondi,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Paul Mahoney,
Krzysztof Wojtyczek,
Faris Vehabović, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato proposto il 7 agosto 2009,
Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto,
Vista la decisione di accordare all’Unione forense per la Tutela dei Diritti Umani l’autorizzazione ad intervenire nella procedura scritta (articolo 36 § 2 della Convenzione e articolo 44 § 3 del regolamento),
Dopo aver deliberato, rende la seguente decisione:

IN FATTO

1.La ricorrente, sig.ra G. Smaltini, ha presentato ricorso il 7 agosto 2009. Il 21 dicembre 2012 è deceduta. Con lettera del 26 febbraio 2013, suo marito e i suoi due figli, sig. G. De Lillo, sig.ra E. De Lillo e sig. L. De Lillo, hanno espresso il desiderio di mantenere il ricorso. La ricorrente era una cittadina italiana, nata nel 1954. Anche i suoi eredi sono cittadini italiani e sono nati rispettivamente nel 1952, 1972 e 1974. La ricorrente è rappresentata dinanzi alla Corte dall’avvocato E. De Lillo, del foro di Parma.

2. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, nonché dal suo co-agente, P. Accardo.

A. Le circostanze del caso di specie

3. I fatti di causa, così come sono stati esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

1. Il contesto della causa

4. «Ilva» è una società per azioni la cui attività consiste nella produzione e nella trasformazione dell'acciaio. Lo stabilimento italiano più importante è situato a Taranto, nella regione Puglia, e costituisce il più grande complesso industriale per il trattamento dell'acciaio in Europa.

5. Da anni lo stabilimento dell’Ilva è al centro di una importante polemica riguardo l'impatto delle sue emissioni sulla salute e sull'ambiente. Nei confronti dei dirigenti della società sono stati avviati parecchi procedimenti giudiziari, alcuni dei quali si sono conclusi con delle condanne.

2. Il procedimento penale avviato dalla ricorrente

6. Il 12 settembre 2006, alla ricorrente, residente a Taranto, fu diagnosticata una leucemia mieloide acuta. Fu dunque ricoverata in ospedale e sottoposta a cicli di chemioterapia.

7. Il 13 novembre 2006 la ricorrente presentò denuncia al procuratore della Repubblica di Taranto nei confronti di E.R., un dirigente dell'Ilva, per lesioni personali derivanti dalla violazione delle norme in materia di controllo della qualità dell'aria, della tutela della salute e dell'ambiente (decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988). La ricorrente denunciò che l'aria inquinata proveniente dallo stabilimento dell’Ilva era la causa della sua patologia sostenendo che questo fatto era scientificamente provato.

8. La ricorrente fece anche notare che parecchi dirigenti dell’Ilva erano stati condannati in precedenza per aver autorizzato delle emissioni illegali che, nel corso degli anni, avevano causato un aumento significativo del numero dei decessi nella zona di Taranto dovuti a diverse forme di cancro.

9. Alla sua denuncia aggiunse il certificato di dimissioni dell'ospedale, un articolo di giornale riguardante la condanna dei dirigenti dell'Ilva e un rapporto senza data trovato su Internet riguardante le emissioni di sostanze cancerogene provenienti da questo stabilimento. Nel rapporto venivano riportati gli studi in corso condotti dall’Istituto Superiore di Sanità riguardo gli effetti delle emissioni inquinanti sullo sviluppo di alcune forme di cancro (si vedano i paragrafi 32-35 infra).

10. Il 10 settembre 2007 il procuratore della Repubblica osservò che, in base ai documenti prodotti dalla ricorrente, non era stato provato il nesso di causalità tra le emissioni in causa e la patologia da cui quest’ultima era affetta. Di conseguenza, il procuratore presentò al giudice per le indagini preliminari la richiesta di archiviazione.

11. La ricorrente propose opposizione sottolineando, in particolare, che il nesso di causalità tra le emissioni nocive provenienti dallo stabilimento e lo sviluppo del suo cancro era stato provato nell'ambito delle ricerche condotte dalla sezione di Taranto dell’Associazione italiana contro la leucemia, il linfoma e il melanoma («AIL») oltre che dai medici dell'ospedale San Giuseppe Moscati di Taranto. In particolare sostenne che P.M., dirigente del Dipartimento di ematologia di questo ospedale, aveva affermato pubblicamente e in più occasioni l'esistenza di un nesso diretto tra le emissioni dello stabilimento dell’Ilva e l’elevato numero di decessi per cancro e leucemia fra gli abitanti di Taranto. Pertanto, la ricorrente chiese che venissero sentiti P.M. e un medico dell'AIL e che fosse nominato un perito per verificare il nesso di causalità oggetto di controversia.

12. All'atto di opposizione non fu allegato alcun documento. La ricorrente indicò tuttavia che avrebbe prodotto un rapporto redatto da un perito, medico del Dipartimento di ematologia presso l'ospedale San Matteo di Pavia. Non risulta dal fascicolo se questo documento sia stato prodotto nel corso della procedura.

13. Il 26 marzo 2008 la ricorrente depositò una memoria nella quale indicò che era provato il nesso di causalità tra le sostanze prodotte dallo stabilimento dell'Ilva, come la diossina, i PM 10 [1] e i PCB [2] , e lo sviluppo di cancri e leucemie. A sostegno di tali affermazioni, citò un rapporto dell’Istituto americano per la protezione dell’ambiente del 1995 e un rapporto dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione del 1997. Questi documenti non furono inseriti nel fascicolo. La ricorrente allegò alla sua memoria alcuni DVD contenenti le riprese degli interventi di P.M. in alcune trasmissioni televisive.

14. Con decisione depositata il 23 aprile 2008, il giudice per le indagini preliminari rigettò la richiesta di archiviazione formulata dal procuratore e ordinò il deposito nel fascicolo dei documenti riguardanti il ricovero in ospedale della ricorrente e le ricerche realizzate dalla AIL di Taranto. Il giudice richiese inoltre una perizia medica di tipo ematologico per stabilire le cause della malattia della ricorrente e l'eventuale rapporto tra l'inquinamento e la sua patologia.

15. Il 21 maggio 2008 furono nominati due periti, un medico legale e un ematologo, i quali depositarono la loro perizia il 14 novembre 2008. Essi riferirono di aver preso in considerazione vari rapporti inviati da alcune associazioni al procuratore della Repubblica che attestavano le conseguenze per la salute provocate dall'inquinamento e un rapporto di P.M. riguardante lo sviluppo di tumori, soprattutto delle leucemie, nella città di Taranto. I periti indicarono anche che nei testi esaminati non erano state menzionate le fonti ufficiali.

16. Per quanto riguarda la leucemia mieloide acuta da cui era affetta la ricorrente, i periti indicarono che questa malattia poteva insorgere a qualsiasi età e in qualsiasi ambiente, senza distinzione di sesso, ed era contratta allo stesso modo in Italia e nel mondo. Indicarono anche che l'origine della malattia era ignota e che, in ogni caso, non era ereditaria. I periti notarono che nel mondo scientifico erano sorti dei sospetti sulla circostanza che alcune sostanze, quali le radiazioni ionizzanti, il benzene e alcuni medicinali utilizzati per la cura del cancro, soprattutto se associati ad una radioterapia, potessero provocare la malattia in causa. Tuttavia, queste informazioni non erano state provate scientificamente.

17. Al fine di rilevare l'incidenza della categoria dei tumori, fra cui quello di cui soffriva la ricorrente, nella regione Puglia, i periti fecero riferimento al rapporto regionale sullo stato di salute della popolazione (edizione 2006) e a quello relativo alle cause di decesso per gli anni 2000-2005, pubblicato dal gruppo di lavoro sulla mortalità dell’Osservatorio Epidemiologico della Regione Puglia (si vedano i paragrafi 30-31 infra).

18. Da questi documenti risulta che, tenuto conto del gruppo di età al quale apparteneva la ricorrente (ossia, donne di età compresa tra i 35 e i 59 anni) l’incidenza della leucemia nella regione di Taranto non era maggiore rispetto ad altre regioni italiane. Pur notando che le emissioni inquinanti dello stabilimento dell’Ilva non erano prive di conseguenze per la salute, sulla base dei dati scientifici disponibili, i periti esclusero l'esistenza di qualsiasi nesso di causalità tra le emissioni denunciate e la patologia contratta dalla ricorrente.

19. Il 20 novembre 2008 il procuratore della Repubblica chiese di nuovo l'archiviazione del procedimento.

20. Il 10 dicembre 2008 la ricorrente propose opposizione chiedendo che venisse nominato un perito ematologo e lamentando che la perizia era stata redatta senza che lei fosse stata visitata da un medico, reiterò quindi la domanda di audizione dei testimoni indicati nella sua prima opposizione (si veda il paragrafo 11 supra) e chiese di verificare la presenza di diossina nel sangue di due gruppi di persone, ossia, gli uni affetti dalla leucemia e, gli altri, sani, e di confrontare i risultati di questo esame.

21. Il 19 gennaio 2009 il giudice per le indagini preliminari archiviò la causa. Innanzitutto il GIP constatò che la perizia era stata redatta da due medici, uno dei quali era ematologo, e considerò che un esame medico sarebbe stato inutile perché non esisteva alcun dubbio sullo stato di salute della ricorrente. Per quanto riguardava l'analisi comparativa dei campioni di sangue, il giudice ritenne che non fosse necessaria, tenuto conto dei risultati della perizia. Inoltre, l'esecuzione di una ricerca di questo tipo rientrava piuttosto in uno studio epidemiologico, le cui modalità di esecuzione avrebbero dovuto essere stabilite. Infine l'audizione di P.M. non avrebbe potuto aggiungere elementi all'indagine. In effetti, in un rapporto il cui autore era proprio P.M., quest'ultimo indicava che il nesso di causalità tra la leucemia e le emissioni inquinanti avrebbe dovuto essere verificato nell'ambito di metodi di elaborazione statistici.

22. Il 21 dicembre 2012 la ricorrente decedette a seguito di una meningite incurabile a causa della immunodeficienza attribuibile al suo cancro.

B. Il diritto e la prassi interni ed europei pertinenti

1. L'approvazione del piano antinquinamento del territorio di Taranto

23. Con delibera del 30 novembre 1990, il Consiglio dei Ministri classificò il territorio della provincia di Taranto fra quelli «ad alto rischio ambientale» e chiese al ministero dell’Ambiente di istituire un piano antinquinamento per la sua bonifica.

24. Con decreto del 15 giugno 1995, il Ministero dell’Ambiente istituì una commissione composta da membri del Governo, della Regione Puglia e delle istituzioni locali per raccogliere i dati necessari per la realizzazione del suddetto piano. Il decreto faceva riferimento al rapporto del Centro europeo ambiente e salute, organismo della Organizzazione mondiale della Sanità («OMS»), pubblicato nel 1997 (si veda il paragrafo 26 infra). Il Ministero ordinò tra l'altro la realizzazione di studi epidemiologici e la creazione di un «registro dei tumori» volto a raccogliere dei dati statistici sullo sviluppo delle patologie tumorali nel territorio interessato.

25. Con il decreto n. 196 del 30 novembre 1998, il Presidente della Repubblica approvò il piano antinquinamento. Osservò tra l'altro che, nei siti industriali impiantati nella provincia di Taranto, le emissioni nell'aria e nelle acque dovevano essere ridotte.

2. I rapporti della Organizzazione mondiale della Sanità (OMS)

26. Il rapporto del Centro europeo ambiente e salute, organismo dalla OMS, pubblicato nel 1997, documentava la situazione di rischio per la salute della popolazione che viveva nella regione di Taranto derivante dalle condizioni ambientali relativamente al periodo 1980-1987.

27. Un altro rapporto dello stesso Centro fu pubblicato nel 2002. Quest'ultimo contiene un aggiornamento dei risultati del primo rapporto, fino al 1994, e attesta un tasso di mortalità per tumori negli uomini nella zona di Taranto superiore del 10,6% rispetto al tasso regionale. Per le donne, il rapporto indica un rischio di mortalità più elevato della media regionale, tra l'altro per cause tumorali. Il testo integrale di tale rapporto non è stato prodotto dalle parti. Non è stato possibile reperire alcun riferimento specifico sui diversi tipi di tumori in causa.

3. Gli studi epidemiologici

28. Nel 2009 fu pubblicato uno studio epidemiologico («Analisi statistica dell’incidenza di alcune patologie tumorali nella provincia di Taranto, 1999-2002» - EP 33 anno 33 (1-2) gennaio-aprile 2009).

29. Quest’ultimo mise in evidenza un aumento dei tumori del polmone, della vescica e della pleura per gli uomini. Quanto alla leucemia, lo studio indicava che non era stato registrato alcun elemento significativo, né per gli uomini né per le donne.

4. I rapporti della Regione Puglia

a) Il rapporto sullo stato di salute della popolazione della Regione Puglia (Edizione 2006)

30. Da questo rapporto risulta che, tenuto conto del gruppo di età al quale appartiene la ricorrente (ossia donne di età compresa tra 35 e 59 anni), per il periodo 1985-2005 non si riscontrava una maggiore incidenza della leucemia nella zona di Taranto rispetto ad altre regioni italiane.

b) Il rapporto sulle cause di decesso nella Regione Puglia per gli anni 2000-2005, pubblicato dal gruppo di lavoro sulla mortalità dell’Osservatorio Epidemiologico della Regione Puglia

31.  Questo rapporto indicava che i decessi per leucemia tra le donne riguardavano uniformemente tutta la Regione, ad eccezione di un aumento della media in alcune zone, fra le quali non figurava Taranto.

5. Il rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità «Ambiente e salute a Taranto: evidenze disponibili e indicazioni di sanità pubblica», 22 ottobre 2012

32.  La redazione di questo rapporto (chiamato anche rapporto SENTIERI – Studio Epidemiologico Nazionale del Territorio e degli Insediamenti Esposti a Rischio Inquinamento) è stata coordinata dall’Istituto Superiore della Sanità su richiesta del Ministero della Salute. Il suo obiettivo era quello di formulare le raccomandazioni sugli interventi necessari in materia di salute pubblica sulla base dei dati relativi alle cause di mortalità nella città di Taranto relativamente al periodo 1995-2009.

33. Questo rapporto documenta l’inquinamento ambientale esistente nell’area di Taranto e indica che la causa di tale inquinamento risiede, tra l’altro, nelle emissioni dello stabilimento dell’Ilva. Gli studi effettuati sostengono la tesi dell’esistenza di un nesso di causalità tra l’esposizione ambientale alle sostanze cancerogene inalabili e lo sviluppo di tumori dei polmoni e della pleura e di malattie cardiache in funzione della distanza dal luogo di residenza delle persone interessate rispetto ai siti delle emissioni nocive presi in considerazione.

34. Più in dettaglio, il rapporto mostra che le cause di decesso per gli uomini sono in eccesso rispetto alla media regionale e nazionale per quanto riguarda i tumori (polmoni e pleura), le forme di demenza, le malattie del sistema circolatorio e del sistema gastro-intestinale, il melanoma, il linfoma «non Hodgkin» e la leucemia mieloide.

35. Per quanto riguarda le donne, il rapporto mostra che le cause di decesso sono in eccesso rispetto alla media regionale e nazionale per le seguenti patologie: tumore del fegato, del polmone e della pleura, linfoma «non Hodgkin», malattie del sistema circolatorio e del sistema gastro-intestinale e mieloma multiplo.

6. Le misure dell’Unione europea

a) La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-50/10)

36. Con la sentenza del 31 marzo 2011, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea concluse che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento.

37. La Corte di Giustizia sottolineò che la Repubblica italiana non aveva adottato le misure necessarie affinché le autorità competenti controllassero che gli impianti esistenti funzionassero secondo un sistema di autorizzazioni previsto da questa stessa direttiva.

b) Il parere motivato della Commissione Europea del 16 ottobre 2014

38. Nell'ambito di una procedura di infrazione aperta contro l'Italia, il 16 ottobre 2014 la Commissione europea emise un parere motivato chiedendo all'Italia di rimediare ai gravi problemi di inquinamento riscontrati sul sito dell'Ilva di Taranto. Essa osservò che l'Italia aveva disatteso gli obblighi di garantire la conformità dell'acciaieria con la direttiva sulle emissioni industriali (direttiva n. 2010/75/UE, che ha sostituito la direttiva 2008/1/CE a partire dal 7 gennaio 2014).

39. La Commissione constatò che l’elevato livello delle emissioni risultante dal processo di produzione dell’acciaio non era diminuito e che fumate dense di particelle e di polveri industriali si sprigionavano dal sito, con gravi conseguenze per l’ambiente e la salute della popolazione locale. La Commissione rilevò anche che da alcuni test era stato riscontrato un forte inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque di superficie e sotterranee sul sito dell’Ilva oltre che nei dintorni della città di Taranto.

MOTIVI DI RICORSO

40. Invocando l’articolo 2 della Convenzione, la ricorrente lamenta la violazione del suo diritto alla vita sostenendo, in particolare, che era provato il nesso di causalità tra le emissioni nocive dello stabilimento dell’ILVA e lo sviluppo del suo tumore.

IN DIRITTO

41. Invocando l'articolo 2 della Convenzione, la ricorrente lamenta la violazione del suo diritto alla vita. Questo articolo è così formulato nelle sue parti pertinenti:

«1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. (...)»

42. La Corte rileva innanzitutto che la ricorrente è deceduta il 21 dicembre 2012, quando il suo ricorso era ancora pendente dinanzi alla Corte, e che suo marito e i suoi figli hanno espresso il desiderio di proseguirlo.

43. La Corte rammenta che, in molte cause nelle quali il ricorrente era deceduto nel corso della procedura, essa ha tenuto conto della volontà di proseguire la causa espressa dagli eredi o dai parenti prossimi (si vedano, ad esempio, Loukanov c. Bulgaria, 20 marzo 1997, § 35, Recueil 1997-II; Nikolaj Krempovskij c. Lituania (dec.), n. 37193/97, 20 aprile 1999; Jėčius c. Lituania, n. 34578/97, § 41, CEDU 2000 IX; Pisarkiewicz c. Polonia, n. 18967/02, § 31, 22 gennaio 2008; Todev c. Bulgaria, n. 31036/02, § 20, 22 maggio 2008, Gouloub Atanassov c. Bulgaria, n. 73281/01, § 42, 6 novembre 2008 e Vogt c. Svizzera (dec.), n. 45553/06, §§ 27-30, 3 giugno 2014).

44. Nel caso di specie, la Corte ritiene che, tenuto conto dell'oggetto della presente causa e di tutti gli elementi di cui essa dispone, il marito e i figli della ricorrente sono titolari di un interesse legittimo a mantenere il ricorso in nome della defunta e pertanto riconosce loro la qualità per sostituirsi ormai alla ricorrente. Per ragioni di ordine pratico, la presente decisione continuerà ad utilizzare il termine «ricorrente» per indicare la sig.ra G. Smaltini anche se oggi questa qualità dovrebbe essere attribuita ai suoi parenti, sig. G. De Lillo, sig.ra E. De Lillo e sig. L. De Lillo (si veda, ad esempio, Dalban c. Romania [GC], n. 28114/95, CEDU 1999 VI).

45. La Corte rileva poi che, il 18 giugno 2014, la rappresentante della ricorrente ha inviato le osservazioni sulla ricevibilità e sul merito della causa. Tuttavia il termine impartito per la presentazione di queste osservazioni era scaduto il 18 aprile 2014 e non era stata formulata alcuna domanda di proroga. Alla richiesta della Corte di fornire spiegazioni su tale ritardo, la rappresentante della ricorrente non ha indicato elementi che potessero giustificarlo. In tali condizioni, queste osservazioni non sono state inserite nel fascicolo.

46. Il Governo eccepisce prima di tutto che la ricorrente non ha esaurito le vie di ricorso che aveva a disposizione nel diritto interno. Sostiene, in particolare, che quest'ultima avrebbe potuto introdurre un'azione civile di risarcimento per ottenere una riparazione pecuniaria per il danno subito. Secondo il Governo, se la Corte dovesse concludere per la ricevibilità di questo ricorso risulterebbe violato il principio di sussidiarietà.

47. Inoltre il Governo osserva che le conoscenze scientifiche a disposizione delle autorità all'epoca in cui è stata trattata la causa presentata dalla ricorrente non attestavano un nesso di causalità tra le emissioni dello stabilimento dell’Ilva e il decesso di quest'ultima.

48. L’Unione forense per la Tutela dei Diritti Umani, terzo interveniente in questa procedura, rammenta l'obbligo positivo imposto agli Stati ai sensi dell'articolo 2 della Convenzione nell'ambito delle attività pericolose (Öneryıldız c. Turchia [GC], n. 48939/99, § 90, CEDU 2004 XII) e pone l'accento sugli sforzi che gli Stati membri dovrebbero fare per mantenere il giusto equilibrio tra il controllo della salute e dell'ambiente da un lato e la crescita economica dall'altro.

49. La Corte rileva subito di avere già esaminato in altre cause gli obblighi positivi imposti agli Stati dall'articolo 2 della Convenzione in materia di esercizio di attività industriali pericolose (Öneryıldız, sopra citata, Boudaïeva e altri c. Russia, nn. 15339/02, 21166/02, 20058/02, 11673/02 e 15343/02, CEDU 2008 (estratti), Kolyadenko e altri c. Russia, nn. 17423/05, 20534/05, 20678/05, 23263/05, 24283/05 e 35673/05, 28 febbraio 2012, Brincat e altri c. Malta, nn. 60908/11, 62110/11, 62129/11, 62312/11 e 62338/11, 24 luglio 2014 e, mutatis mutandis, Guerra e altri c. Italia, 19 febbraio 1998, §§ 56-60, Recueil des arrêts et décisions 1998 I).

50. Inoltre la Corte nota che, nella presente causa, la ricorrente non contesta che le autorità interne avrebbero omesso di prevedere misure legali o amministrative per proteggere la sua vita. La ricorrente non denuncia neanche il mancato rispetto della regolamentazione applicabile nel settore dell'esercizio delle attività pericolose. Da questo punto di vista, a differenza delle cause sopra citate, il motivo di ricorso, come formulato dalla ricorrente, non mette in discussione il profilo sostanziale dell'articolo 2 della Convenzione.

51. La doglianza della ricorrente verte sul fatto che le autorità giudiziarie interne avrebbero erroneamente omesso di constatare l'esistenza di un nesso di causalità tra le emissioni inquinanti dello stabilimento dell’Ilva e la malattia che aveva portato al suo decesso, con conseguente archiviazione della causa. Sono precisamente le ragioni di questa archiviazione che la ricorrente contesta. Visto da questa prospettiva, il presente ricorso deve dunque essere esaminato secondo il profilo procedurale del diritto alla vita della ricorrente.

52. In questo contesto, la Corte rammenta che «quando vi è stata la morte di una persona in circostanze che possono comportare la responsabilità dello Stato, l'articolo 2 della Convenzione implica per quest'ultimo il dovere di assicurare, con tutti i mezzi di cui dispone, una reazione adeguata - giudiziaria o altra - affinché il quadro legislativo e amministrativo instaurato ai fini della protezione della vita sia effettivamente attuato e affinché, eventualmente, le violazioni del diritto in causa siano represse e sanzionate» (si vedano, mutatis mutandis, Osman c. Regno Unito (sentenza del 28 ottobre 1998, Recueil 1998-VIII, p. 3159, § 115, e Paul e Audrey Edwards c. Regno Unito, n. 46477/99, CEDU 2002 II, § 54).

53. In materia di esercizio di attività industriali pericolose, la Corte osserva anche che «il sistema giudiziario richiesto dall’articolo 2 deve prevedere un meccanismo di inchiesta ufficiale, indipendente e imparziale, che risponda a certi criteri di effettività e di natura tale da assicurare la repressione penale delle offese alla vita provocate da una attività pericolosa, se e nella misura in cui i risultati delle indagini giustifichino tale repressione» (si veda Öneryıldız, sopra citata, § 94).

54. Il compito della Corte consiste dunque nel verificare «se e in quale misura si possa ritenere che i giudici (…) abbiano eseguito sul caso loro sottoposto l’esame scrupoloso che richiede l’articolo 2 della Convenzione, affinché la forza dissuasiva del sistema giudiziario istituito e l’importanza del ruolo che quest’ultimo deve svolgere nella prevenzione delle violazioni del diritto alla vita non vengano ridotte» (Öneryıldız, sopra citata, § 96, Boudaïeva, sopra citata, § 145, CEDH 2008 (estratti), Kolyadenko, sopra citata, § 193, 28 febbraio 2012 e Brincat, sopra citata, § 121, 24 luglio 2014).

55. Nel caso di specie, la Corte rileva che non è necessario esaminare se l’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal Governo debba essere accolta, perché il ricorso è comunque irricevibile per altre ragioni esposte qui di seguito.

56. Alla luce dei principi sviluppati dalla giurisprudenza sopra citata, la Corte considera che la questione sollevata nella presente causa è quella di stabilire se i giudici nazionali abbiano eseguito sul caso che era stato loro sottoposto l’esame scrupoloso che richiede l’articolo 2 della Convenzione. In altre parole, tenuto conto dell’oggetto della denuncia della ricorrente, è necessario valutare se, nell’ambito del procedimento instaurato da quest’ultima, le autorità giudiziarie abbiano debitamente motivato l’archiviazione della causa o se, al contrario, esse disponessero di elementi sufficienti per provare l’esistenza del nesso di causalità tra le emissioni nocive prodotte dall’Ilva e la patologia della ricorrente.

57. La Corte rileva che, secondo il rapporto sullo stato di salute della popolazione della Regione Puglia (Edizione 2006) e quello sulle cause di decesso nella stessa regione per gli anni 2000-2005, pubblicato dal gruppo di lavoro sulla mortalità dell’Osservatorio Epidemiologico della Regione Puglia (si vedano i paragrafi 30-31 supra), presi in considerazione dai giudici interni nell’esame della causa, nell’area di Taranto la leucemia non aveva una incidenza maggiore rispetto ad altre regioni italiane. Inoltre, il decesso a causa di questa patologia nelle donne riguardava uniformemente tutta la Regione, anche se con un rialzo della media in alcune zone, fra le quali non figurava la zona di Taranto.

58. Inoltre, la Corte considera che gli elementi che risultano da uno studio epidemiologico pubblicato nel 2009, dunque dopo i fatti di causa («Analisi statistica dell’incidenza di alcune patologie tumorali nella provincia di Taranto, 1999-2002», si vedano i paragrafi 28-29 supra), non provano l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto tra le emissioni inquinanti dell’Ilva e l’incidenza della leucemia nella provincia di Taranto. Il rapporto «Ambiente e salute a Taranto: evidenze disponibili e indicazioni di sanità pubblica», pubblicato nel 2012, non apporta alcuna novità a tale constatazione, in quanto la leucemia mieloide acuta di cui soffriva la ricorrente non figura tra le patologie in eccesso rispetto alla media regionale e nazionale (si vedano i paragrafi 32-35 supra). Peraltro, la Corte constata che la ricorrente non ha prodotto elementi che provino il contrario.

59. La Corte nota inoltre che la ricorrente ha beneficiato di un procedimento svoltosi in contraddittorio nel corso del quale sono state eseguite indagini supplementari su sua richiesta al fine di appurare l’esistenza del nesso di causalità, tuttavia senza successo. In questo contesto, la Corte ritiene che il rigetto del giudice per le indagini preliminari della istanza della ricorrente volta ad utilizzare altri mezzi di prova sia stato debitamente motivato (si veda il paragrafo 21 supra).

60. Tenuto conto di tali circostanze, e fatti salvi i risultati degli studi scientifici futuri, la Corte non può che constatare che la ricorrente non ha provato che alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili all’epoca dei fatti di causa, l’obbligo imposto al Governo di proteggere la sua vita, ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione, sotto il profilo procedurale sia stato violato.

61. Questo ricorso deve dunque essere rigettato per manifesta infondatezza ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 16 aprile 2015.

Päivi Hirvelä
Presidente

Françoise Elens-Passos
Cancelliere

NOTE

nota 1 Si tratta di «particolati» (particulate matters) che indicano le particelle sospese nell’atmosfera terrestre.

nota 2 Policlorobifenili: nome di una famiglia di composti alogenati di sintesi la cui decomposizione a caldo può dare origine a diossine. I PCB sono molto volatili e facilmente aerotrasportati. Le risposte tossiche provocate dalla ingestione di PCB sono, a lungo termine, le disfunzioni epatiche e tiroidee, un calo dell'attività immune e riproduttiva, le disfunzioni del sistema ormonale (alterazione del sistema endocrino), i parti prematuri, lo sviluppo del cancro e delle malformazioni (Larousse).