Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 7 luglio 2015 - Ricorso n. 24876/07 - Luca Lorenzetti c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con Rita Carnevali, assistente linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 24876/07

Luca LORENZETTI
contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita il 7 luglio 2015 in una camera composta da:
Päivi Hirvelä, presidente,
Guido Raimondi,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Paul Mahoney,
Faris Vehabović,
Yonko Grozev, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato, presentato il 6 giugno 2007,
Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dal ricorrente,
Dopo avere deliberato, emette la seguente decisione:

IN FATTO

  1. Il ricorrente, sig. Luca Lorenzetti, è un cittadino italiano nato nel 1964 e residente a Siracusa. È stato rappresentato dinanzi alla Corte dall’avv. E.P. Reale del foro di Siracusa.
  2. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, G.M. Pellegrini.

    A.  Le circostanze del caso di specie
     
  3. I fatti di causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.
  4. Il ricorrente è un giudice che, all’epoca dei fatti, era assegnato al tribunale di Modica (Ragusa).

    1. Il procedimento penale contro il ricorrente
  5. Il 7 aprile 2003 il presidente del tribunale di Modica, dott. C., apportò una modifica alle tabelle riguardanti la composizione delle sezioni del tribunale.
  6. Con una nota datata 16 aprile 2003, il ricorrente segnalò al Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Catania che, contrariamente a quanto previsto da una circolare, la decisione di C. non gli era stata comunicata per osservazioni. Egli chiese pertanto la trasmissione del fascicolo al Consiglio Superiore della Magistratura (di seguito il «CSM»).
  7. Con una nota datata 29 aprile 2003, indirizzata al presidente della corte d’appello di Catania, C. indicò che le affermazioni del ricorrente erano diffamatorie e chiese che questi fosse sottoposto a un procedimento disciplinare.
  8. Dopo aver sentito il ricorrente e C., il Consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Catania convalidò la modifica delle tabelle, osservando che tale modifica non incideva in alcun modo sul lavoro del ricorrente, il quale non aveva dunque interesse a contestarla. La nota del ricorrente e le repliche di C. furono poi trasmesse al CSM.
  9. Il 15 ottobre 2003 l’Assemblea plenaria del CSM convalidò la modifica delle tabelle voluta da C. (di seguito, questa procedura di convalida viene indicata come «la procedura amministrativa» o «la procedura dinanzi all’Assemblea plenaria del CSM»).
  10. Il ricorrente fu iscritto nel registro degli indagati per calunnia. Il 13 novembre 2003 quest’ultimo fu interrogato. Il 18 marzo 2004 il P.M. di Messina chiese l’archiviazione del procedimento a carico del ricorrente, osservando che non era provato che l’interessato era consapevole di avere accusato persone innocenti. In effetti, era molto probabile che il ricorrente non si fosse reso conto che la procedura seguita da C. era quella di una modifica urgente delle tabelle, per la quale la previa consultazione di tutti i magistrati in servizio nel tribunale in questione non era obbligatoria.
  11. Con ordinanza del 31 marzo 2004, depositata lo stesso giorno, il giudice per le indagini preliminari di Messina dispose l’archiviazione del procedimento a carico del ricorrente.

    2. Il procedimento disciplinare contro il ricorrente
     
  12. Nel frattempo, il 14 aprile 2003, il ricorrente aveva segnalato al CSM delle irregolarità presumibilmente commesse da un altro giudice del tribunale di Modica, la dott.ssa A. Secondo il ricorrente, quest’ultima aveva pronunciato una sentenza in una causa assegnata al ricorrente ed esercitava la professione di avvocato nell’ufficio giudiziario dove era stata nominata giudice onorario.
  13. Il 24 giugno 2003 C. informò il presidente della corte d’appello di Catania che, secondo i risultati di un’inchiesta interna, il comportamento di A. era stato corretto. C. riteneva che la condotta del ricorrente dovesse essere valutata dal punto di vista disciplinare.
  14. Il 19 settembre 2003 il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione avviò un’azione disciplinare nei confronti del ricorrente.
  15. Il 30 ottobre 2003 il ricorrente fu informato che gli veniva contestato di avere formulato delle accuse prive di fondamento contro C. e A., di avere profferito delle frasi minacciose nei confronti di un cancelliere, G., che gli aveva chiesto il versamento di una somma per fare delle fotocopie e di avere chiesto l’intervento dei carabinieri per dirimere la controversia con G.
  16. Con una decisione emessa il 16 settembre 2005, depositata l’8 febbraio 2006, la sezione disciplinare del CSM inflisse al ricorrente la sanzione disciplinare della censura.
  17. La sezione disciplinare osservò che il 12 aprile 2003 il ricorrente aveva avuto un comportamento minaccioso nei confronti di G. e aveva chiamato i carabinieri per dirimere una controversia banale relativa all’interpretazione di una circolare amministrativa. Inoltre, aveva accusato C. e A. di comportamenti irregolari senza procedere alle necessarie verifiche preliminari, e aveva utilizzato un tono eccessivo e polemico. Egli aveva così violato i suoi doveri di buona condotta e di collaborazione con i colleghi. La sezione disciplinare osservò infine che, nel periodo in cui è stato assegnato al tribunale di Modica, il ricorrente aveva dato prova di zelo e di impegno professionale. Pertanto, malgrado la gravità della sua condotta sul piano disciplinare, la sanzione da infliggere poteva essere una semplice censura.
  18. Il ricorrente propose ricorso per cassazione.
  19. Con una sentenza resa il 30 novembre 2006, depositata il 20 dicembre 2006, le sezioni unite civili della Corte di cassazione, ritenendo che la sezione disciplinare del CSM avesse motivato in maniera logica e corretta tutti i punti controversi, respinsero il ricorso del ricorrente.
  20. La Corte di cassazione non condivise la tesi del ricorrente, secondo la quale i membri della sezione disciplinare avrebbero dovuto astenersi in quanto si erano già pronunciati sulle questioni oggetto del procedimento disciplinare in seno all’Assemblea plenaria del CSM che aveva convalidato la modifica delle tabelle voluta da C. (paragrafo 9 supra). La stessa Corte osservò che non si era verificata alcuna incompatibilità nel caso di specie, tenuto conto «della natura giurisdizionale, e non amministrativa, della sezione [disciplinare], e della sua composizione secondo criteri fissati direttamente dalla legge ». Nel caso di specie, la convalida della modifica delle tabelle aveva finalità meramente organizzatorie.
  21. La Corte di cassazione rammentò inoltre che non era competente per riesaminare i fatti, ma semplicemente per assicurarsi che la decisione impugnata fosse motivata in maniera logica e adeguata. Spettava al giudice di merito valutare la gravità della condotta del ricorrente e fissare la misura della sanzione disciplinare da infliggere.

    B. Il diritto interno pertinente
     
  22. Ai sensi dell’articolo 18 del decreto legislativo n. 511 del 31 maggio 1946, in vigore all’epoca dei fatti, il magistrato che «manchi ai suoi doveri, o tenga in ufficio o fuori una condotta tale, che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dell'ordine giudiziario» è soggetto a sanzioni disciplinari (si veda anche l’esposizione del diritto interno pertinente nella sentenza Maestri c. Italia, n. 39748/98, §§ 18-19, CEDU 2004-I).
  23. Le funzioni del CSM e la composizione della sezione disciplinare sono descritte nella sentenza Di Giovanni c. Italia, n. 51160/06, §§ 19 e 21-26, 9 luglio 2013.

    MOTIVO DI RICORSO
     
  24. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il ricorrente lamenta una mancanza di indipendenza e imparzialità da parte della sezione disciplinare del CSM e della Corte di cassazione.

    IN DIRITTO
     
  25. Il ricorrente considera che la sezione disciplinare del CSM e la Corte di cassazione non fossero tribunali indipendenti e imparziali ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
    Nelle sue parti pertinenti, tale disposizione recita:
    «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi (…) sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...).»
  26. Il Governo si oppone alla tesi del ricorrente.

    A. Argomenti delle parti

    1. Il ricorrente
  27. Il ricorrente osserva che il CSM è composto da membri di diritto (tra i quali il Primo Presidente della Corte di cassazione e il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione) e da membri eletti dal Parlamento e dai magistrati. Le liste per tale elezione rispecchierebbero le correnti politiche dell’Associazione Nazionale dei Magistrati.
  28. Nel suo ricorso, il ricorrente aveva inoltre affermato che i giudici della sezione disciplinare venivano eletti su proposta del Comitato di presidenza, di cui fanno parte il Primo Presidente della Corte di cassazione e il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione. Tuttavia, nelle sue osservazioni di replica il ricorrente ha rettificato tale affermazione, e ha ammesso che i membri della sezione disciplinare vengono eletti tra i membri del CSM (si vedano le precisazioni fatte a tale riguardo dal Governo – paragrafo 37 supra). Il ricorrente sottolinea tuttavia che il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, soggetto titolare dell’azione disciplinare verso i magistrati, ha il diritto di voto in tali elezioni. Secondo il ricorrente, questa circostanza pregiudica, di per se stessa, l’imparzialità e l’indipendenza della sezione disciplinare, in quanto chi ha il potere di avviare un’azione disciplinare non dovrebbe contribuire a eleggere i soggetti chiamati a esaminare la fondatezza di tale azione.
  29. Inoltre, il 15 ottobre 2003 l’Assemblea plenaria del CSM, di cui facevano parte anche i membri della sezione disciplinare, aveva convalidato la modifica delle tabelle voluta da C. (paragrafo 9 supra). Secondo il ricorrente, tutti i membri della sezione disciplinare si erano in tal modo già pronunciati sulle questioni che erano oggetto degli addebiti disciplinari a suo carico.
  30. A questo riguardo, il ricorrente osserva che uno di tali addebiti riguardava le critiche da lui formulate relativamente alle tabelle controverse. In particolare, si era lamentato del fatto che le modifiche volute da C. non gli erano state prima comunicate, il che non era conforme, secondo lui, alla procedure prevista dalla legge. Secondo il ricorrente le due procedure (quella dinanzi all’Assemblea plenaria e quella dinanzi alla sezione disciplinare) riguardavano la stessa questione fondamentale, ossia se egli avesse o meno mentito a proposito della comunicazione preliminare.
  31. Quanto alla posizione di A, il ricorrente osserva che il CSM ha trasmesso il fascicolo a C., presidente del tribunale di Modica, e dunque autorità competente per avviare un’eventuale azione disciplinare nei confronti di questo giudice onorario. Se viene avviata un’azione di questo tipo, essa deve essere esaminata dal Consiglio giudiziario regionale che, a sua volta, può decidere di deferire la questione al CSM. Il ricorrente, tuttavia, non dispone di informazioni sul seguito del procedimento. Egli si limita ad osservare che C., che aveva un pregiudizio e una inimicizia nei suoi confronti, era il padre del marito di A. Il ricorrente considera che la sua condanna per avere denunciato la condotta di A. è stata influenzata da questi fattori.
  32. Peraltro, la Corte di cassazione non sarebbe un organo di piena giurisdizione, in quanto non è competente per riesaminare né i fatti accertati né la proporzionalità della sanzione inflitta. Inoltre, essa è soggetta alle decisioni del CSM, rispetto al quale si troverebbe in posizione di subordinazione gerarchica e di mancanza di indipendenza.
  33. Infine, nel suo ricorso il ricorrente aveva affermato che un giudice della Corte di cassazione era «in rapporti di affinità» con un giudice del tribunale di Modica che avrebbe compiuto delle indagini su richiesta di C. Tuttavia, nelle sue osservazioni di replica il ricorrente ha indicato che, non disponendo di informazioni più precise al riguardo, non intendeva insistere su questo punto.

    2. Il Governo
     
  34. Il Governo considera che le doglianze del ricorrente si basino su due elementi erronei, ossia: – che i fatti esaminati dal CSM nell’ambito del procedimento amministrativo erano gli stessi di quelli che sono stati oggetto del procedimento disciplinare; e – che i membri della sezione disciplinare avevano già espresso la loro opinione per quanto riguarda i fatti all’origine degli addebiti mossi al ricorrente.
  35. Il Governo osserva in particolare che, nell’ambito del procedimento amministrativo, l’Assemblea plenaria del CSM era chiamata soltanto a convalidare delle tabelle riguardanti l’organigramma del tribunale di Modica, e questo sulla base di un giudizio di natura tecnica per quanto riguarda la loro conformità a una «circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudiziari». L’Assemblea plenaria non ha dunque proceduto ad alcuna valutazione delle qualità professionali dei giudici o del loro comportamento. Invece, nel corso del procedimento disciplinare, la sezione del CSM doveva stabilire se la condotta del ricorrente nei confronti del cancelliere, di un altro giudice e del presidente del tribunale fosse costitutiva di infrazioni disciplinari. Al ricorrente non è stato contestato di avere criticato la modifica delle tabelle controverse, ma di avere avuto una condotta professionalmente non corretta nei confronti di C. La sezione disciplinare doveva valutare la condotta del ricorrente, mentre l’Assemblea plenaria doveva esaminare la validità di un atto amministrativo (la modifica delle tabelle). Si trattava dunque di giudizi su questioni e fatti completamente diversi. L’Assemblea plenaria non ha espresso alcuna opinione sulle circostanze fattuali che sono state oggetto del procedimento disciplinare, e la sezione disciplinare non ha esaminato la questione della validità della modifica delle tabelle.
  36. Il Governo osserva anche che il ricorrente menziona dei «rapporti di affinità» tra un giudice del tribunale di Modica e un giudice della Corte di cassazione senza precisare né il nome di quest’ultimo né la natura di tali rapporti. Ad abundantiam, il Governo osserva che questo preteso rapporto di affinità non può minare l’imparzialità della sezione disciplinare del CSM, che la Corte di cassazione era composta da nove giudici e che il ricorrente non ha presentato un ricorso in ricusazione.
  37. Il Governo osserva che la Corte ha già affermato che la sezione disciplinare del CSM era un «tribunale indipendente e imparziale» nel senso dell’articolo 6 § 1 della Convenzione nella causa Di Giovanni, sopra citata. Peraltro, ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 195 del 24 marzo 1958, la sezione disciplinare è composta dal vice-presidente del CSM e da altre cinque persone elette dal CSM tra i suoi membri. Per evitare qualsiasi interferenza tra l’accusa e la decisione sulla fondatezza delle infrazioni disciplinari, il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione non può essere membro della sezione disciplinare. Il ricorrente lamenta che il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione abbia diritto di voto alle elezioni dei membri della sezione disciplinare (paragrafo 28 supra), ma il Governo osserva che lo stesso procuratore è solo una delle 27 persone che hanno diritto di voto e che la lista dei candidati viene stabilita dalla legge.
  38. Del resto, il Governo osserva che nulla prova che l’Assemblea plenaria del CSM abbia esaminato la denuncia del ricorrente con riguardo alla condotta di A. (paragrafo 12 supra). Tale denuncia è stata esaminata solo dalla VIIIa commissione del CSM, che ha trasmesso il fascicolo al presidente del tribunale di Modica, autorità competente per eventuali azioni disciplinari nei confronti dei giudici onorari.

    B. Valutazione della Corte
     
  39. La Corte osserva anzitutto che la parte civile dell’articolo 6 trova applicazione nel procedimento disciplinare in causa (Di Giovanni, sopra citata, §§ 35 39). Essa rileva inoltre che il ricorrente ha rinunciato al suo motivo di ricorso relativo ad eventuali «rapporti di affinità» tra un giudice del tribunale di Modica e un giudice della Corte di cassazione (paragrafo 33 supra). Pertanto, essa non è chiamata a pronunciarsi su questo punto. Inoltre, per quanto riguarda l’affermazione del ricorrente secondo cui la Corte di cassazione è soggetta alle decisioni del CSM (paragrafo 32 supra), la Corte ritiene che questa circostanza non riveli alcuna apparenza di violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. In effetti, nel sistema giudiziario italiano tutti i giudici sono soggetti al potere disciplinare del CSM. La loro indipendenza e imparzialità non possono comunque risultare compromesse da questo.
  40. Di conseguenza l’unica questione che rimane da esaminare è quella di stabilire se la sezione disciplinare del CSM che ha inflitto una censura al ricorrente potesse essere considerata un «tribunale indipendente e imparziale» ai sensi dell’articolo 6 § 1.
  41. Il ricorrente risponde negativamente affermando, anzitutto, che le liste per l’elezione dei membri del CSM rispecchiano le correnti politiche dell’Associazione Nazionale dei Magistrati e che il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, soggetto titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati, ha il diritto di voto alle elezioni dei membri della sezione disciplinare (paragrafi 27-28 supra).
  42. La Corte rammenta che, nella sentenza Di Giovanni (sopra citata, §§ 51-59), ha ritenuto che la sezione disciplinare del CSM fosse un «organo giudiziario di piena giurisdizione» costituito dalla legge. Essa ha affermato inoltre: a) che il semplice fatto che i membri della sezione disciplinare appartenessero al corpo giudiziario non pregiudicava il principio di indipendenza; b) che il diritto interno presentava garanzie sufficienti per quanto riguarda l’indipendenza dei membri della sezione disciplinare nell’esercizio delle loro funzioni; c) che l’eventuale appartenenza a questa o quella corrente ideologica esistente all’interno del corpo giudiziario non poteva essere confusa con una forma di dipendenza gerarchica; d) che, pertanto, i timori della ricorrente nella causa Di Giovanni derivanti dal sistema di nomina dei membri della sezione disciplinare non erano oggettivamente giustificati.
  43. La Corte non vede alcun motivo per discostarsi da queste constatazioni. Essa osserva per di più che, nella causa Di Giovanni, non aveva specificamente esaminato la questione del diritto di voto del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione alle elezioni dei membri della sezione disciplinare. Essa ritiene tuttavia che questa circostanza non comprometta l’indipendenza di detta sezione, tenuto conto in particolare del fatto, sottolineato giustamente dal Governo (paragrafo 37 supra), che il Procuratore Generale è solo uno dei 27 elettori dei giudici della sezione e che la lista dei candidati è stabilita dalla legge.
  44. La Corte giunge dunque alla conclusione che la sezione disciplinare del CSM era un «tribunale indipendente». Quanto alla questione di stabilire se essa fosse anche imparziale, i principi generali riguardanti i criteri che permettono di valutare l’imparzialità di un tribunale sono esposti, tra altre, nelle seguenti sentenze: Kyprianou c. Cipro [GC], n. 73797/01, §§ 118-121, CEDU 2005-XIII; Lindon, Otchakovsky-Laurens e July c. Francia [GC], nn. 21279/02 e 36448/02, §§ 75-77, CEDU 2007-IV; Micallef c. Malta [GC], n. 17056/06, §§ 93-99, CEDU 2009; e Marguš c. Croazia [GC], n. 4455/10, § 84, CEDU 2014. La Corte rammenta in particolare che, per pronunciarsi sull’esistenza, in una determinata causa, di un motivo legittimo per ritenere che un giudice manchi di imparzialità, il punto di vista dell’interessato deve essere tenuto in considerazione, ma non svolge un ruolo decisivo. L’elemento determinante consiste nello stabilire se le preoccupazioni dell’interessato possano essere considerate oggettivamente giustificate (si vedano, tra molte altre, Hauschildt c. Danimarca, 24 maggio 1989, § 48, serie A n. 154, e Ferrantelli e Santangelo c. Italia, 7 agosto 1996, § 58, Recueil des arrêts et décisions 1996-III).
  45. Nella presente causa, la Corte non ha rilevato alcun elemento che possa dimostrare la parzialità o mettere in dubbio l’imparzialità soggettiva dei giudici della sezione disciplinare. Essa si porrà dunque sul piano dell’imparzialità oggettiva di questi ultimi.
  46. Nel caso di specie, i timori del ricorrente si basano, essenzialmente, sulla circostanza che i giudici della sezione disciplinare del CSM sarebbero venuti a conoscenza dei fatti di causa nell’ambito di altri procedimenti, riguardanti in particolare le critiche e le accuse mosse dall’interessato nei confronti di C., presidente del tribunale di Modica, e di A., giudice onorario presso lo stesso tribunale.
  47. Per quanto riguarda A., la Corte osserva che non vi sono elementi nel fascicolo che indichino che alla sezione disciplinare è stata sottoposta la questione di stabilire se le affermazioni del ricorrente per quanto riguarda la condotta di tale giudice fossero vere. In effetti, come ha indicato il Governo, la denuncia del ricorrente è stata esaminata dalla VIIIa commissione del CSM, che l’ha trasmessa al presidente del tribunale di Modica, autorità competente per eventuali azioni disciplinari nei confronti dei giudici onorari (paragrafo 38 supra). Il ricorrente, del resto, non lo contesta (paragrafo 31 supra). Le sue affermazioni relative al fatto che vi sia un partito preso al riguardo risultano pertanto prive di fondamento.
  48. Per quanto riguarda le critiche che il ricorrente aveva formulato nei confronti di C., la Corte osserva che esse riguardavano la procedura seguita per modificare le tabelle giudiziarie del tribunale di Modica (paragrafo 6 supra). Ora, il 15 ottobre 2003 l’Assemblea plenaria del CSM ha convalidato le modifiche in questione (paragrafo 9 supra). Successivamente, il 16 settembre 2005, la sezione disciplinare, i cui membri si erano tutti riuniti in Assemblea plenaria, ha inflitto una censura al ricorrente per, tra l’altro, aver accusato C. di comportamenti irregolari senza procedere alle verifiche preliminari necessarie e avere utilizzato un tono eccessivo e polemico (paragrafi 16-17 supra). Il ricorrente ne deduce che i procedimenti amministrativo e disciplinare riguardavano la stessa questione fondamentale, ossia se egli avesse o meno mentito riguardo alla comunicazione preliminare.
  49. La Corte non può aderire a questa tesi. Essa rammenta che può sembrare a giusto titolo che alcuni magistrati abbiano dato prova di un partito preso per quanto riguarda la decisione da pronunciare sul merito se le questioni che devono successivamente trattare sono state analoghe, o almeno se il divario tra tali questioni è stato minimo (si veda, in particolare, Fazli Aslaner c. Turchia, n. 36073/04, § 32, 4 marzo 2014, con altri riferimenti).
  50. Tuttavia, così non è stato nel caso di specie. In effetti il ricorrente non ha smentito l’affermazione del Governo secondo la quale l’Assemblea plenaria del CSM è stata chiamata a verificare unicamente se la modifica delle tabelle voluta da C. soddisfacesse i criteri indicati in una «circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudiziari» (paragrafo 35 supra). Secondo la Corte, si trattava di un controllo di natura tecnica inerente alla validità formale di un atto amministrativo. Nulla dimostra che in tale occasione l’Assemblea plenaria abbia esaminato le questioni di stabilire se il ricorrente fosse stato o meno previamente informato del progetto di modifica e se la sua reazione di fronte a un eventuale mancata comunicazione fosse stata appropriata. A tale riguardo, la Corte si limita a osservare che, come ha indicato la procura di Messina, nell’ambito della procedura di modifica urgente delle tabelle seguita da C., la previa consultazione dei magistrati del tribunale interessato non era obbligatoria (paragrafo 10 supra).
  51. In queste circostanze, la Corte ritiene che la questione esaminata dalla sezione disciplinare, ossia se la reazione del ricorrente di fronte al comportamento di C. fosse conforme ai principi dell’etica professionale di un magistrato, era diversa rispetto a quella esaminata dall’Assemblea plenaria del CSM. Pertanto, non si può concludere che esista, da parte dei giudici della sezione disciplinare, un partito preso per quanto riguarda la decisione da pronunciare sul merito.
  52. Infine, per quanto riguarda l’affermazione del ricorrente secondo la quale la sua inimicizia nei confronti di C. ha influenzato le sue vicende disciplinari (paragrafo 31 supra), la Corte rammenta di avere dichiarato che i giudici devono essere liberi da qualsiasi pressione che possa essere esercitata dai loro colleghi o da coloro che, come il presidente di un tribunale o di una delle sue sezioni, hanno delle responsabilità amministrative nel settore della giustizia (si veda, in particolare, Parlov-Tkalčić c. Croazia, n. 24810/06, § 86, 22 dicembre 2009). Tuttavia, nel caso di specie nulla permette di pensare che, in virtù della sua qualità di presidente del tribunale di Modica, C. fosse in grado di influenzare in qualsiasi modo i giudici della sezione disciplinare (si veda, mutatis mutandis e a fortiori, Parlov-Tkalčić, sopra citata, §§ 87-95, in cui la Corte ha concluso che i giudici di un tribunale che avevano esaminato l’appello del ricorrente erano sufficientemente indipendenti rispetto al presidente dello stesso tribunale).
  53. Secondo la Corte, da tutte le circostanze sopra esposte consegue che i dubbi del ricorrente circa la indipendenza e imparzialità della Corte di cassazione e della sezione disciplinare del CSM non possono essere considerati oggettivamente giustificati. Pertanto, nel caso di specie non è ravvisabile alcuna apparenza di violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
  54. Di conseguenza questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.

Per questi motivi la Corte, all’unanimità,
Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 30 luglio 2015.

Françoise Elens-Passos
Cancelliere

Päivi Hirvelä
Presidente