Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 19 maggio 2015 - Ricorso n. 23563/04 - Markowicz c. Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con Rita Carnevali, assistente linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 23563/04

Monica MARKOWICZ

contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita il 19 maggio 2015 in un comitato composto da:

Ledi Bianku, presidente,
Paul Mahoney,
Krzysztof Wojtyczek, giudici,
e da Fatoş Aracı, cancelliere aggiunto di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato, presentato il 22 giugno 2004;
Vista la dichiarazione depositata dal governo convenuto il 6 novembre 2014 con la quale quest’ultimo invitava la Corte a cancellare il ricorso dal ruolo, e la risposta della parte ricorrente a tale dichiarazione;
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

FATTI E PROCEDURA

La ricorrente, sig.ra Monica Markowicz, è una cittadina polacca nata nel 1966 e residente a Wrocław. Dinanzi alla Corte è stata rappresentata dall’avv. B. Słupska-Uczkiewicz del foro di Wrocław.

Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, dai suoi ex co-agenti, N. Lettieri e F. Crisafulli e dal suo co-agente P. Accardo.

Il 29 agosto 2006 il ricorso, che aveva ad oggetto la durata della mancata esecuzione di una sentenza polacca che accordava una somma a titolo di assegno alimentare, era stato comunicato al Governo.

Il 3 luglio 2008 la Corte ha ritenuto necessario comunicare d’ufficio al governo convenuto le questioni relative alla eventuale violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione (diritto a un tribunale) e 1 del Protocollo n. 1, a causa dell’impossibilità per la ricorrente di riscuotere l’assegno alimentare.

A.  Le circostanze del caso di specie

I fatti di causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

La ricorrente e il sig. F., un cittadino italiano residente in Italia, hanno un figlio nato fuori dal matrimonio nel 1989.

Nel 1994, in una data non precisata, la ricorrente intentò un’azione nei confronti del sig. F. dinanzi al tribunale distrettuale di Varsavia. La stessa chiese il versamento di un assegno alimentare per il figlio minorenne.

Il 10 dicembre 1997 il tribunale distrettuale condannò il convenuto a versare mensilmente una determinata somma a titolo di assegno alimentare.

Non avendo ricevuto alcun pagamento, la ricorrente cercò di avvalersi della Convenzione di New York del 20 giugno 1956 sul recupero all’estero degli alimenti destinati ai figli e ad altri famigliari. A tal fine adì il tribunale regionale di Varsavia (facente funzione di Autorità speditrice).

Il 3 marzo 1998 il tribunale regionale di Varsavia trasmise la richiesta della ricorrente al ministero italiano dell’Interno.

L’11 maggio 1998 il ministero confermò di avere ricevuto la richiesta dell’interessata e dichiarò di avere comunicato il fascicolo alla prefettura di Parma.

Con lettere inviate in data 29 giugno 2000, 5 aprile 2001 e 15 novembre 2001, la ricorrente chiese informazioni sullo stato del procedimento.

Il 29 gennaio 2002 il ministero comunicò di avere interpellato le autorità competenti.

Con lettere inviate in data 17 luglio 2002, 28 maggio 2003, 19 settembre 2003 e 1° marzo 2004, la ricorrente chiese informazioni sullo stato del procedimento.

Il 15 aprile 2004 il ministero rispose che il procedimento era pendente dinanzi alle autorità competenti.

Il 17 marzo 2008 il Governo informò la Corte che, il 6 febbraio 2008, il ministero dell’Interno «aveva incaricato la prefettura di Parma di informarsi presso il debitore circa la sua disponibilità a versare la somma dovuta.»

Il 26 marzo 2008 la ricorrente comunicò che le autorità italiane non avevano risposto alla richiesta di informazioni sullo stato del procedimento da lei inviata per il tramite della corte regionale di Wroclaw.

Il 9 dicembre 2014 il ministero dell’Interno ha informato le autorità polacche che la causa era stata archiviata. Le autorità italiane hanno considerato che la procedura polacca relativa all’assegno alimentare era contraria all’articolo 6 della Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973 concernente il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni relative alle obbligazioni alimentari.

B.  Il diritto e la prassi interni pertinenti

Il diritto internazionale e il diritto interno pertinenti sono descritti nella sentenza K. c. Italia, n. 38805/97, §§ 18-20, 20 luglio 2004.

La Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973 concernente il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni relative alle obbligazioni alimentari, nel suo articolo 6, prevede che:

«Ferme restando le disposizioni dell'articolo 5, una decisione pronunziata in contumacia è riconosciuta o dichiarata esecutiva solo se l'atto introduttivo del giudizio contenente gli elementi essenziali della domanda è stato notificato alla parte contumace secondo la legislazione dello Stato d'origine e se, tenuto conto delle circostanze, tale parte ha avuto a disposizione un tempo sufficiente per presentare la sua difesa.»

MOTIVI DI RICORSO

Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, la ricorrente lamentava nel suo ricorso la durata della mancata esecuzione di una sentenza polacca con cui le veniva accordata una somma a titolo di assegno alimentare.

IN DIRITTO

La Corte, in aggiunta al motivo di ricorso sollevato dalla ricorrente, ha ritenuto necessario comunicare d’ufficio al Governo i motivi di ricorso relativi al diritto a un tribunale, sotto il profilo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, e all’impossibilità di riscuotere l’assegno alimentare, sotto il profilo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

Dopo il fallimento dei tentativi di definizione amichevole, con lettera in data 6 novembre 2014, il Governo ha informato la Corte che intendeva formulare una dichiarazione unilaterale allo scopo di risolvere le questioni sollevate dal ricorso. Il Governo ha inoltre invitato la Corte a cancellare il ricorso dal ruolo in applicazione dell’articolo 37 della Convenzione.

Ai sensi della dichiarazione in questione:

«Il Governo riconosce che la ricorrente ha subito la violazione dell’articolo 6 § 1 a causa della durata eccessiva della procedura di recupero del credito alimentare nei confronti del sig. F. in esecuzione della sentenza emessa dal tribunale di Varsavia il 10 dicembre 1997 e a causa delle difficoltà di accesso a un rimedio giudiziario efficace e degli altri aspetti correlati.

Il Governo italiano offre, ai sensi dell’articolo 62 A del regolamento della Corte, la somma complessiva di 18.000 EUR (diciottomila euro) a titolo di riparazione adeguata per le violazioni subite.

Tale somma sarà versata entro i tre mesi successivi alla data della notifica della decisione della Corte pronunciata conformemente all’articolo 37 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Se il pagamento non avvenisse entro tale termine, il Governo si impegna a versare, a decorrere dalla scadenza dello stesso e fino al versamento effettivo della somma in questione, un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali. Il versamento concluderà definitivamente la causa.

Il Governo ritiene che tale somma costituisca una riparazione adeguata della violazione conformemente alla giurisprudenza della Corte in materia.

Il Governo chiede rispettosamente alla Corte di dichiarare che la prosecuzione dell’esame del ricorso non è più giustificata e di cancellarlo dal ruolo conformemente all’articolo 37 della Convenzione, in quanto le condizioni previste dall’articolo 62 A del regolamento della Corte sono soddisfatte.»

Con due lettere inviate in data 20 dicembre 2014 e 21 gennaio 2015, la parte ricorrente ha comunicato che non era soddisfatta dei termini della dichiarazione unilaterale.

La Corte rammenta che, in virtù dell’articolo 37 della Convenzione, in qualsiasi momento della procedura essa può decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze la portano a una delle conclusioni di cui ai commi a), b) o c) del paragrafo 1 dello stesso articolo.

L’articolo 37 § 1 c) le permette in particolare di cancellare una causa dal ruolo se: «per ogni altro motivo di cui la Corte accerta l’esistenza, la prosecuzione dell’esame del ricorso non sia più giustificata».

La Corte rammenta anche che, in alcune circostanze, può essere indicato cancellare un ricorso dal ruolo in virtù dell’articolo 37 § 1 c) sulla base di una dichiarazione unilaterale del Governo convenuto anche se il ricorrente desidera che l’esame della causa prosegua.

A tale scopo, la Corte esamina da vicino la dichiarazione alla luce dei principi sanciti dalla propria giurisprudenza, in particolare dalla sentenza Tahsin Acar (c. Turchia (questione preliminare) [GC], n. 26307/95, §§ 75-77, CEDU 2003 VI; WAZA Spółka z.o.o. c. Polonia (dec.) n. 11602/02, 26 giugno 2007; Sulwińska c. Polonia (dec.) n. 28953/03, 18 settembre 2007).

La Corte ha stabilito in un certo numero di cause, tra cui quelle presentate contro l’Italia, la sua prassi per quanto riguarda i motivi di ricorso sollevati (si vedano K. c. Italia, n. 38805/97, CEDU 2004 VIII; Panetta c. Italia, n. 38624/07, 15 luglio 2014; Romańczyk c. Francia, n. 7618/05, § 50-67, 18 novembre 2010).

Considerata la natura delle concessioni contenute nella dichiarazione del Governo, nonché l’importo dell’indennizzo proposto – che è conforme alle somme accordate in cause simili –, la Corte ritiene che la prosecuzione dell’esame del ricorso non sia più giustificata (articolo 37 § 1 c)).

Inoltre, alla luce delle considerazioni sopra esposte, e vista in particolare la propria giurisprudenza chiara e copiosa a questo proposito, la Corte ritiene che il rispetto dei diritti dell’uomo sanciti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non esiga che essa prosegua l’esame del ricorso (articolo 37 § 1 in fine).

Per di più, la Corte ha accordato alla ricorrente l’assistenza giudiziaria gratuita, con decisione del 9 marzo 2009. La somma di 850 EUR è stata versata il 1° luglio 2009 al suo difensore.

Infine la Corte sottolinea che, qualora il Governo non rispetti i termini della sua dichiarazione unilaterale, il ricorso potrebbe essere nuovamente iscritto al ruolo ai sensi dell’articolo 37 § 2 della Convenzione (Josipović c. Serbia (dec.), n. 18369/07, 4 marzo 2008).

Per questi motivi la Corte, all’unanimità,

Prende atto dei termini della dichiarazione del Governo convenuto riguardanti gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1 nonché delle modalità previste per garantire il rispetto degli impegni presi;

Decide di cancellare il ricorso dal ruolo in applicazione dell’articolo 37 § 1 c) della Convenzione.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto l’11 giugno 2015.

Ledi Bianku
Presidente

Fatoş Aracı
Cancelliere aggiunto