Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 19 maggio 2015 - Ricorso n. 44127/09 - Bolla e altri c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata dal Rita Carnevali, assistente linguistico, e rivista con la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 44127/09

Andrea BOLLA e altri

contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita il 19 maggio 2015 in una Camera composta da:
Päivi Hirvelä, presidente,
Guido Raimondi,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Paul Mahoney,
Faris Vehabović,
Yonko Grozev, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere di sezione,

Vista la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),

Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 31 luglio 2009,

Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

1. L'elenco delle parti ricorrenti è riportato nell'allegato. Dinanzi alla Corte esse sono rappresentate dagli avvocati F. Todarello e A. Colleoni, del foro di Milano.

A.  Le circostanze del caso di specie

2. I fatti di causa, come sono stati esposti dai ricorrenti, si possono riassumere come segue.

1. La struttura del gruppo Erogasmet

3. Il primo ricorrente, sig. Bruno Bolla, è il padre del secondo, terzo e quarto ricorrente (sigg. Andrea, Nicola e Stefano Bolla). Il quinto ricorrente, sig. Francesco Duse, è legato al primo ricorrente da un vincolo di parentela di quarto grado.

4. Il ricorso è presentato anche a nome della società Erogasmet Holding, società per azioni attiva nel settore del gas naturale attraverso il controllo che esercita sulle tre società del gruppo Erogasmet, A, B e C. I primi cinque ricorrenti lavorano all'interno del gruppo Erogasmet, in particolare fanno parte dei consigli di amministrazione delle società che lo compongono.

5. Il gruppo Erogasmet, che i ricorrenti descrivono come un'impresa familiare, era inizialmente costituito da un’unica società che gestiva le questioni relative all’approvvigionamento e alla vendita del gas.

6. L'articolo 21 del decreto legislativo n. 164 del 23 maggio 2000 ha imposto, nel mercato del gas naturale, la separazione delle attività di «distribuzione» (ossia, il trasporto del gas naturale tramite reti locali o regionali di gasdotti) e di «fornitura» (ossia, la vendita o la rivendita del gas ai clienti). Secondo i ricorrenti, è proprio in esecuzione di questa disposizione che l'impresa Erogasmet si è articolata in tre società, controllate dalla holding ricorrente: le società A e B si occupano dell'attività di distribuzione, e la società C dell'attività di fornitura.

7. Nonostante la scissione in entità distinte, Erogasmet rimane una «impresa verticalmente integrata » in quanto il gruppo controllato dalla holding ricorrente si occupa dell'attività di fornitura e al tempo stesso dell’attività di trasporto, distribuzione e stoccaggio del gas naturale.

8. Secondo il decreto legislativo n. 164 del 2000, la distribuzione è soggetta ad autorizzazioni statali, mentre il mercato della fornitura è libero.

2.  La direttiva europea 2003/55/CE e il TIU

9. Con la direttiva 2003/55/CE del Parlamento e del Consiglio del 26 giugno 2003, l'Unione Europea ha introdotto nuove «regole comuni per il mercato interno del gas naturale».
L’articolo 7 della direttiva indica: «Gli Stati membri designano o impongono alle imprese di gas naturale che possiedono impianti di trasporto, stoccaggio o GNL, per un periodo di tempo stabilito dagli Stati membri, e tenendo conto degli aspetti di efficienza e di equilibrio economico, uno o più gestori del sistema».

10. L'articolo 9 della direttiva introduce il principio della «Separazione dei gestori del sistema di trasporto».
Il suo primo paragrafo recita: «Il gestore del sistema di trasporto, qualora faccia parte di un'impresa verticalmente integrata, è indipendente, quantomeno sotto il profilo della forma giuridica, dell'organizzazione e del potere decisionale, dalle altre attività non connesse al trasporto. Tali norme non comportano l'obbligo di separare la proprietà dei mezzi del sistema di trasporto dall'impresa verticalmente integrata».
Il paragrafo 2 dell'articolo 9 indica i criteri minimi da applicare per garantire l'indipendenza del gestore del sistema di trasporto (si veda qui di seguito, sotto il titolo «il diritto europeo pertinente»).

11. Per recepire la direttiva 2003/55/CE nel diritto interno, con la delibera n. 11 del 18 gennaio 2007, l’Autorità per l'energia elettrica e gas (di seguito l’«AEEG») ha adottato diverse disposizioni raggruppate in uno strumento consolidato detto «Testo integrativo sull’Unbundling» (di seguito, il «TIU»).Il TIU ha introdotto per le attività sottoposte a separazione (stoccaggio, rigassificazione, trasporto e distribuzione del gas) la nozione di «gestori indipendenti», organismi che devono avere autonomia decisionale e organizzativa. Sono componenti del «gestore» tutti gli amministratori e il personale con funzioni dirigenziali apicali nelle società di distribuzione del gas. Il quarto ricorrente, amministratore delle società di distribuzione del gruppo Erogasmet, è dunque di pieno diritto componente del gestore indipendente.

12. Il TIU ha previsto alcune incompatibilità, dette oggettive o soggettive a seconda dei casi.
Il suo articolo 11 § 3 indica le incompatibilità dette «soggettive». Non possono essere componenti del gestore indipendente, in particolare, le persone che fanno parte di strutture societarie dell'impresa verticalmente integrata, ma anche le persone che hanno legami di parentela o affinità con le prime o ancora le persone che sono legate ad altre società dell'impresa verticalmente integrata da rapporti lavoro o da altri rapporti, anche di fatto, che ne possano compromettere l’indipendenza.

13. Secondo l'articolo 13 § 1 del TIU, che indica le incompatibilità dette «oggettive», «i componenti del gestore indipendente non possono detenere, neanche indirettamente, interessi economici in attività diverse, svolte dall’impresa verticalmente integrata, da quelle cui [il gestore] è preposto».

3. I ricorsi amministrativi proposti dai ricorrenti

14. I ricorrenti espongono che in conseguenza delle incompatibilità sopra indicate e dei loro rapporti di parentela con il quarto ricorrente, componente di diritto del gestore indipendente, alcuni di loro potrebbero dover rinunciare alle funzioni di amministratori nelle società del gruppo Erogasmet nonché alla possibilità di carriera all'interno dello stesso. Da parte sua, la ricorrente Erogasmet Holding non potrebbe più nominare, come amministratori delle società di cui possiede la maggioranza delle quote, i componenti del gestore indipendente o le persone legate a questi ultimi da vincoli di parentela o di parentela acquisita. Secondo la ricorrente il suo potere di controllo sarebbe dunque reso puramente illusorio. Potrebbe quindi vedersi costretta a vendere le sue quote, fatto che condurrebbe alla separazione della proprietà della società holding da quella delle società controllate.

15. Il 3 aprile 2007 la ricorrente e le società A, B e C presentarono un ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale (di seguito il «TAR») della Lombardia, chiedendo l'annullamento della delibera dell’AEEG n. 11 del 18 gennaio 2007 (paragrafo 11 supra). Le ricorrenti, tra l'altro, invocando la Costituzione e il codice civile, sostenevano:

  • che l’AEEG non aveva il potere di regolamentare le modalità della separazione funzionale;
  • che le incompatibilità previste dagli articoli 11 e 13 del TIU (paragrafi 12 e 13 supra) erano irragionevoli e costituivano un onere eccessivo per le imprese familiari del settore del gas.

16. Con la delibera n. 253 del 4 ottobre 2007, l’AEEG introdusse diverse deroghe al divieto, per gli amministratori di una società di distribuzione, di far parte del gestore indipendente (paragrafo 11 supra).

17. Nel corso del procedimento, la ricorrente e le società A, B e C inserirono anche quest'ultima delibera nella loro richiesta di annullamento e svilupparono i loro mezzi difensivi.

18. Il 18 dicembre 2007 il TAR emise la sentenza. Ritenendo, essenzialmente, che il regime di incompatibilità introdotto dagli articoli 11 e 13 del TIU fosse ragionevole e proporzionato e attuasse correttamente le indicazioni contenute nella direttiva 2003/55/CE, respinse la relativa domanda della ricorrente.

19. Tuttavia, il TAR annullò le disposizioni del TIU che includevano i dirigenti delle società di distribuzione tra i componenti di diritto del gestore indipendente o che facevano rientrare l'attività di misura dei consumi di gas fra le attività sottoposte a separazione funzionale. Le altre doglianze delle ricorrenti furono respinte.

20. La holding ricorrente e le società A, B e C interposero appello avverso questa sentenza. Anche l’AEEG propose appello.

21. Il Consiglio di Stato si pronunciò su questi appelli con la decisione del 16 dicembre 2008, depositata il 6 febbraio 2009.

L'appello delle quattro società fu rigettato. Il Consiglio di Stato ritenne che le incompatibilità introdotte dagli articoli 11 e 13 del TIU non potessero essere considerate eccessive. In effetti ritenne che, come voleva la direttiva europea, tali incompatibilità stabilissero le regole necessarie per garantire l'indipendenza del gestore, tentando di proteggere i suoi componenti da qualsiasi potenziale conflitto di interessi.
L'appello dell’AEEG fu accolto parzialmente. Il Consiglio di Stato ritenne legittimo includere i direttori generali tra i componenti del gestore indipendente.

22. Nel frattempo, il terzo, quarto e quinto ricorrente avevano impugnato a loro nome dinanzi al TAR le delibere dell’AEEG nn. 11 e 253 del 2007 (paragrafi 11 e 16 supra).

23. Con due sentenze emesse sempre il 18 dicembre 2007, il TAR della Lombardia dichiarò i loro ricorsi inammissibili, in quanto essi non avevano alcun locus standi per introdurli. In effetti considerò che soltanto le imprese di distribuzione e fornitura di gas, e non i loro amministratori o impiegati, avevano un interesse che conferiva loro la qualità per contestare le delibere dell’AEEG.

24. Il terzo, quarto e quinto ricorrente non interposero appello avverso queste sentenze.

25. Con delibera n. 132 del 23 settembre 2008, l’AEEG decretò anche una serie di obblighi a carico del «gestore indipendente» e del personale subordinato precisando che la verifica delle eventuali incompatibilità che potevano riguardare i componenti del gestore doveva essere eseguita entro il termine di sei mesi a decorrere dall'entrata in vigore della delibera.

26. La holding ricorrente e le società A, B e C impugnarono questa delibera.

27. Con sentenza del 13 marzo 2009, depositata il 5 giugno 2009, il TAR dichiarò che non era necessario decidere sul ricorso in quanto, nel frattempo, il Consiglio di Stato aveva precisato che l’AEEG non era competente per imporre linee guida al «gestore» in merito alle operazioni da compiere in vista della separazione funzionale.

B.  Il diritto europeo pertinente

28.  Il secondo paragrafo dell'articolo 9 della direttiva 2003/55/CE è così formulato:

«Per garantire l’indipendenza del gestore del sistema di trasporto di cui al paragrafo 1, si applicano i seguenti criteri minimi:

a) le persone responsabili dell'amministrazione del gestore del sistema di trasporto non possono far parte di strutture societarie dell'impresa di gas naturale integrata responsabili, direttamente o indirettamente, della gestione ordinaria delle attività di produzione, distribuzione o fornitura di gas naturale;

b) devono essere adottate misure idonee ad assicurare che gli interessi professionali delle persone responsabili dell'amministrazione del gestore del sistema di trasporto siano presi in considerazione in modo da consentire loro di agire in maniera indipendente;

c) il gestore del sistema di trasporto dispone di effettivi poteri decisionali, indipendenti dall'impresa di gas integrata, in relazione ai mezzi necessari alla gestione, alla manutenzione e allo sviluppo della rete. Ciò non dovrebbe ostare all'esistenza di appropriati meccanismi di coordinamento intesi a garantire la tutela dei diritti di vigilanza economica e amministrativa della società madre per quanto riguarda la redditività degli investimenti disciplinata indirettamente ai sensi dell'articolo 25, paragrafo 2, in una società controllata. In particolare ciò consente alla società madre di approvare il piano finanziario annuale, o qualsiasi strumento equivalente, del gestore della rete di trasporto e di fissare limiti globali ai livelli di indebitamento della sua società controllata. Non è consentito alla società madre di dare istruzioni né per quanto riguarda le operazioni giornaliere, né in relazione a singole decisioni concernenti la costruzione o il miglioramento delle linee di trasporto che non eccedono i termini del piano finanziario approvato o di qualsiasi strumento equivalente;

d) il gestore del sistema di trasporto predispone un programma di adempimenti, contenente le misure adottate per escludere comportamenti discriminatori, e garantisce che ne sia adeguatamente controllata l'osservanza. Il programma indica gli obblighi specifici dei dipendenti per raggiungere questo obiettivo. La persona o l'organo responsabile del controllo del programma di adempimenti presenta ogni anno all'autorità di regolamentazione di cui all'articolo 25, paragrafo 1, un rapporto sulle misure adottate; tale rapporto è pubblicato.»

MOTIVI DI RICORSO

29. Invocando l'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, i ricorrenti lamentano la violazione del diritto al rispetto dei loro beni.

30. Invocando l'articolo 14 della Convenzione, letto in combinato disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti sostengono di essere stati vittime di una discriminazione.

31. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, i primi cinque ricorrenti deducono una violazione del diritto al rispetto della loro vita privata e familiare.

IN DIRITTO

A. Motivo di ricorso relativo all'articolo 1 del Protocollo n. 1

32. I ricorrenti ritengono di essere stati vittime di una violazione ingiustificata del diritto al rispetto dei loro beni. Essi invocano l'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, così formulato:

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

33. I ricorrenti sostengono che le incompatibilità introdotte dagli articoli 11 e 13 del TIU hanno realizzato una espropriazione de facto delle azioni della società Erogasmet Holding e dei relativi diritti, in particolare del diritto di esercitare un controllo effettivo sulle società A, B e C. Queste norme potrebbero essere considerate quanto meno una regolamentazione dell'uso dei beni, in quanto impongono di escludere dai consigli di amministrazione delle società controllate le persone che hanno legami di parentela con il quarto ricorrente, amministratore delle società di distribuzione e a questo titolo componente di diritto del gestore indipendente. Questo obbligo non soltanto porterebbe i primi cinque ricorrenti a dover rinunciare alle loro funzioni all'interno del gruppo Erogasmet, ma comporterebbe anche delle difficoltà nella ricerca di nuovi amministratori sufficientemente competenti, con dei costi significativi.

34.  Secondo i ricorrenti, l'ingerenza denunciata non è ragionevole né proporzionata ed ha imposto loro un onere eccessivo. Essi sostengono che ai sensi della direttiva comunitaria 2003/55/CE, l'indipendenza del gestore non implicava necessariamente l'obbligo di separare la proprietà delle società integrate. Al contrario, la citata direttiva richiedeva secondo loro soltanto una separazione funzionale tra le attività di distribuzione e di fornitura. Lo Stato italiano sarebbe dunque andato oltre quello che era imposto dal diritto comunitario e avrebbe fatto pesare su alcune imprese familiari, quali il gruppo Erogasmet, degli obblighi eccessivi. Altri paesi (ad esempio la Germania) avrebbero peraltro adottato soluzioni meno invasive.

35. La Corte non ritiene necessario esaminare se un regime di incompatibilità applicabile ai componenti degli organi di controllo creati all'interno di una società possa costituire una ingerenza nel diritto della società in questione, o dei suoi amministratori e impiegati, al rispetto dei loro beni. In effetti, pur supponendo che sia così, e che dunque l'articolo 1 del Protocollo n. 1 sia applicabile al caso di specie, questo motivo di ricorso è comunque irricevibile per le ragioni esposte qui di seguito.

36. L'articolo 1 del Protocollo n. 1 richiede, prima di tutto e soprattutto, che qualsiasi ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale: la seconda frase del primo comma di tale articolo autorizza una privazione della proprietà soltanto «nelle condizioni previste dalla legge»; il secondo comma riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l'uso dei beni ponendo in vigore delle «leggi». Inoltre, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è insita in tutti gli articoli della Convenzione (Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, § 50, Recueil des arrêts et décisions 1996-III, e Iatridis, c. Grecia [GC], n. 31107/96, § 58, CEDU 1999-II).

37. Nel caso di specie, non viene contestato dai ricorrenti che il regime di incompatibilità in causa avesse una base legale sufficiente nel diritto italiano, ossia gli articoli 11 e 13 del TIU (paragrafi 12 e 13 supra).

38. Resta da stabilire se tale presunta ingerenza nel diritto dei ricorrenti al rispetto dei loro beni fosse giustificata, ossia se perseguisse un interesse pubblico legittimo e fosse proporzionata.

39. In merito al primo punto, la Corte rammenta che grazie ad una conoscenza diretta della loro società e delle sue necessità, le autorità nazionali si trovano per principio in una posizione migliore rispetto a quella del giudice internazionale per stabilire ciò che è di « pubblica utilità ». Di conseguenza, nel meccanismo di protezione creato dalla Convenzione, ese hanno il compito di pronunciarsi per prime sull'esistenza di un problema di interesse generale (Elia S.r.l. c. Italia, n. 37710/97, § 77, CEDU 2001-IX, e Terazzi S.r.l. c. Italia, n. 27265/95, § 85, 17 ottobre 2002). Pertanto, esse godono in questo caso di un certo margine di apprezzamento, come in altri campi ai quali si estendono le garanzie della Convenzione (Ex-re di Grecia e altri c. Grecia [GC], n. 25701/94, § 87, CEDU 2000-XII).

40. Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha indicato che le incompatibilità in causa erano volte a garantire, come vorrebbe la direttiva 2003/55/CE, l'indipendenza del gestore del sistema di trasporto (paragrafo 21 supra). Secondo la Corte, si tratta, senza dubbio, di uno scopo legittimo di interesse generale.

41. Per quanto riguarda la proporzionalità dell'ingerenza dedotta, è opportuno rammentare che qualsiasi ingerenza nel diritto di ciascuno al rispetto dei propri beni deve rispettare un «giusto equilibrio» tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo. In particolare, per ogni misura applicata dallo Stato, deve esistere un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito (Pressos Compania Naviera S.A. e altri c. Belgio, 20 novembre 1995, § 38, serie A n. 332, e Scordino c. Italia (n. 1) [GC], n. 36813/97, § 93, CEDU 2006-V).

42. Nel controllare il rispetto di tale esigenza, la Corte riconosce allo Stato un ampio margine di apprezzamento sia per scegliere le modalità di attuazione che per giudicare se le loro conseguenze sono legittimate, nell'interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l'obiettivo della legge in causa (Chassagnou e altri c. Francia [GC], nn. 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDU 1999-III). Pertanto essa non può rinunciare al suo potere di controllo, in virtù del quale ha il compito di verificare che l'equilibrio voluto sia stato mantenuto (Jahn e altri c. Germania [GC], nn. 46720/99, 72203/01 e 72552/01, § 93, CEDU 2005-VI). Non è così quando il ricorrente deve sopportare un onere particolare ed eccessivo (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, §§ 69-74, serie A n. 52, e Wieczorek c. Polonia, n. 18176/05, § 60, 8 dicembre 2009).

43. La Corte ha esaminato le incompatibilità «soggettive» e «oggettive» previste dagli articoli 11 e 13 del TIU (paragrafi 12 e 13 supra), senza trovare alcun segno di arbitrio o di evidente mancanza di giustificazione. Queste incompatibilità si prefiggono, essenzialmente, di evitare che un componente del gestore indipendente previsto dalla direttiva 2003/55/CE possa, in ragione dei suoi legami di parentela, della sua posizione nell'impresa verticalmente integrata o dei suoi interessi economici, trovarsi in una potenziale situazione di conflitto di interessi. La circostanza, evidenziata dai ricorrenti (paragrafo 34 supra), che l’Italia sia andata oltre ciò che era imposto dal diritto comunitario e che altri Stati abbiano previsto un regime meno severo non può, da sola, costituire una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.

44. Peraltro, per loro stessa natura, le incompatibilità introdotte possono richiedere, all'interno dell'impresa interessata, una modifica dell'organigramma. La Corte non può concludere che l'obbligo imposto a una parte degli amministratori di rinunciare ad occupare alcuni posti o a esercitare alcune funzioni costituisca un onere particolare ed eccessivo. Lo stesso discorso vale per l'esigenza che potrebbe presentarsi, per l'impresa, di nominare i nuovi amministratori e di affrontare i relativi costi.

45. Infine, la Corte rammenta che l'esistenza di obblighi positivi di natura procedurale sul terreno dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, nonostante il silenzio di questa disposizione su questo punto, è stata riconosciuta dalla sua giurisprudenza (si vedano, mutatis mutandis, Kotov c. Russia [GC], n. 54522/00, § 114, 3 aprile 2012, e Jokela c. Finlandia, n. 28856/95, § 45, CEDU 2002-IV). Nel caso di specie, tuttavia, la ricorrente ha avuto la possibilità di impugnare le delibere dell’AEEG dinanzi ai giudici amministrativi, che hanno esaminato la proporzionalità delle misure contestate e, in particolare, il regime di incompatibilità. Il TAR ha peraltro annullato alcune disposizioni del TIU (paragrafo 19 supra). Non vi sono elementi per poter dire che nell'ambito di questi procedimenti la ricorrente sia stata privata della possibilità di presentare le sue argomentazioni dinanzi ai giudici competenti (si veda, mutatis mutandis, Wieczorek, sopra citata, § 70).

46. In queste circostanze, pur supponendo che l'articolo 1 del Protocollo n. 1 sia applicabile al caso di specie, la Corte non rileva alcuna parvenza di violazione di tale disposizione.

47. Ne consegue che questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.

B.  Motivo di ricorso relativo all'articolo 14 della Convenzione

48. I ricorrenti ritengono di essere state vittime di una discriminazione.

Essi invocano l'articolo 14 della Convenzione, letto in combinato disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1.
L'articolo 14 è così formulato:
«Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella (…) Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.»

49. I ricorrenti osservano che le incompatibilità previste dagli articoli 11 e 13 del TIU (paragrafi 12 e 13 supra) si applicano unicamente alle imprese familiari verticalmente integrate, e non ad altri operatori del mercato del gas. Del resto, secondo loro, le incompatibilità in questione non garantiscono l'indipendenza del gestore.

50. Nella sua giurisprudenza, la Corte ha stabilito che la discriminazione consiste nel trattare in maniera differente, senza giustificazione oggettiva e ragionevole, persone che si trovano in situazioni simili rispetto alla materia in questione (Willis c. Regno Unito, n. 36042/97, § 48, CEDU 2002-IV). Qualsiasi disparità di trattamento non comporta automaticamente violazione di questo articolo. Occorre accertare che alcune persone che in un determinato ambito si trovano in situazioni analoghe o paragonabili godano di un trattamento preferenziale, e che questa differenza sia discriminatoria (Ünal Tekeli c. Turchia, n. 29865/96, § 49, CEDU 2004-X, e Cusan e Fazzo c. Italia, n. 77/07, § 58, 7 gennaio 2014).

51. La Corte nota che la nozione di «impresa verticalmente integrata » comprende per definizione le imprese che, come il gruppo Erogasmet, sono caratterizzate dal cumulo delle attività di distribuzione e di quella di fornitura del gas (paragrafi 6 e 7 supra). Per forza di cose, l'esigenza di creare un gestore del sistema di trasporto che sia indipendente rispetto alle altre attività non legate al trasporto (si veda, in particolare, l'articolo 9 della direttiva 2003/55/CE – paragrafo 10 supra), e di istituire un regime di incompatibilità per garantire che l'indipendenza in questione sia effettiva, si può applicare soltanto alle imprese di questo tipo. Le imprese verticalmente integrate non sono dunque in una situazione paragonabile a quella degli altri operatori del mercato del gas.

52. Infine, per quanto riguarda l'affermazione dei ricorrenti secondo la quale le incompatibilità controverse non garantirebbero l’indipendenza del gestore, la Corte non può che ribadire quanto osservato secondo il punto di vista dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 (paragrafo 43 supra).

53. Pertanto, anche supponendo che i fatti di causa ricadano nell'ambito dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 e che di conseguenza al caso di specie si applichi l’articolo 14 della Convenzione, non può essere rilevata alcuna parvenza di violazione di questa disposizione.

54. Ne consegue che questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.

C.  Motivo di ricorso relativo all'articolo 8 della Convenzione

55. I primi cinque ricorrenti considerano che vi è stata violazione del diritto al rispetto della loro vita privata e familiare. Essi invocano l'articolo 8 della Convenzione, così formulato:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

56. I primi cinque ricorrenti sostengono che le disposizioni del TIU sulle incompatibilità (paragrafi 12 e 13 supra) avranno ripercussioni negative sulle relazioni che essi hanno creato nel loro luogo di lavoro. Sostengono che l'obbligo loro imposto di rinunciare alle funzioni di amministratori nelle società del gruppo Erogasmet inevitabilmente si ripercuoterà sulla loro vita privata, e questa ingerenza, che penalizza le imprese familiari, non è proporzionata allo scopo perseguito, ossia il «benessere economico del paese».

57. La Corte prima di qualsiasi altro esame deve stabilire se il diritto invocato dai ricorrenti rientri nell'ambito della nozione di «rispetto» della «vita privata e familiare» secondo i termini dell'articolo 8 della Convenzione.

58. La Corte rammenta che la sfera della vita privata, così come essa la concepisce, comprende l'integrità fisica e morale di una persona; la garanzia offerta dall'articolo 8 della Convenzione è destinata principalmente ad assicurare lo sviluppo, senza ingerenze esterne, della personalità di ogni individuo nelle relazioni con i suoi simili (Botta c. Italia, 24 febbraio 1998, § 32, Recueil 1998-I). Secondo la giurisprudenza della Corte, non vi è alcuna ragione di principio per ritenere che la «vita privata» escluda le attività professionali (Bigaeva c. Grecia, n. 26713/05, § 23, 28 maggio 2009, e Oleksandr Volkov c. Ucraina, n. 21722/11, §§ 165-167, CEDU 2013). Alcune limitazioni apportate alla vita professionale possono ricadere nell'ambito dell'articolo 8 quando si ripercuotono sul modo in cui l'individuo forgia la sua identità sociale attraverso lo sviluppo delle relazioni con i suoi simili. Inoltre la vita professionale è spesso strettamente unita alla vita privata, più particolarmente se dei fattori legati alla vita privata, nel senso stretto del termine, sono considerati come dei criteri di qualificazione per una determinata professione (Özpɩnar c. Turchia, n. 20999/04, §§ 43-48, 19 ottobre 2010). In breve, la vita professionale fa parte di questa zona di interazione tra l'individuo e altri che, anche in un contesto pubblico, può rientrare nella «vita privata» (Mółka c. Polonia (dec.), n. 56550/00, CEDU 2006-IV, e Fernández Martínez c. Spagna [GC], n. 56030/07, § 110, CEDU 2014 (estratti)).

59. La Corte nota che, nel caso di specie, l'ingerenza che gli interessati denunciano è ipotetica e che si tratta di pura speculazione. In effetti i primi cinque ricorrenti non hanno sostenuto quanto affermato in merito alle «ripercussioni negative» che le disposizioni sulle incompatibilità potrebbero avere sulla loro vita privata e familiare. L'unica circostanza per la quale la loro posizione o la qualifica professionale che è loro riconosciuta all'interno del gruppo Erogasmet potrebbe cambiare non può, da sola, avere sullo sviluppo della loro personalità o sulla loro capacità di allacciare contatti con il mondo esterno delle ripercussioni tali da ledere la loro vita privata o familiare in una misura o ad un punto tale da poter stabilire un nesso diretto tra le misure controverse e i diritti garantiti dall'articolo 8 della Convenzione (si veda, mutatis mutandis, Briani c. Italia (dec.), n. 33756/09, 9 settembre 2014, dove la Corte ha ritenuto che l'impossibilità di ottenere una posizione non rientrasse nel campo di applicazione dell'articolo 8 della Convenzione; si veda anche, a contrario, Sidabras e Džiautas c. Lituania, nn. 55480/00 e 59330/00, §§ 46-50, CEDU 2004-VIII, dove la Corte ha ritenuto che il diritto di occupare un impiego nei vari rami del settore privato aveva leso al massimo la capacità dei ricorrenti ad allacciare dei rapporti con il mondo esterno e aveva causato loro gravi difficoltà per quanto riguarda la possibilità di guadagnarsi da vivere fatto che aveva avuto evidenti ripercussioni sulla loro vita privata e rischiava di nuocere alla capacità degli interessati di condurre una vita personale normale).

60. Ne consegue che il presente motivo di ricorso è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell'articolo 35 § 3 a) e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 § 4.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità

Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese poi comunicata per iscritto l'11 giugno 2015.

Päivi Hirvelä
Presidente

Françoise Elens-Passos
Cancelliere

ALLEGATO

  1. Bruno BOLLA è un cittadino italiano nato nel 1925, residente a Sirmione (Brescia)
  2. Andrea BOLLA è un cittadino italiano nato nel 1966, residente a Verona
  3. Nicola BOLLA è un cittadino italiano nato nel 1961, residente a Verona
  4. Stefano BOLLA è un cittadino italiano nato nel 1959 residente a Verona
  5. Francesco DUSE è un cittadino italiano nato nel 1967, residente a Crema (Cremona)
  6. EROGASMET HOLDING S.P.A. è una società per azioni italiana con sede a Milano.