Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 31 marzo 2015 - Ricorso n. 41266/04 - Cosimo, Domenico e Claudio De Nigris c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico e rivista con la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 41266/04
Cosimo, Domenico e Claudio DE NIGRIS
contro l’Italia

 

La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita il 31 marzo 2015 in un comitato composto da:

  • George Nicolaou, presidente,
  • Ledi Bianku,
  • Faris Vehabović, giudici,
  • e da Fatoş Aracı, cancelliere aggiunto di sezione,

Visto il ricorso sopra menzionato, presentato il 17 novembre 2004,
Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dai ricorrenti,
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

1. I ricorrenti, sigg. Cosimo De Nigris, Domenico De Nigris e Claudio De Nigris, sono cittadini italiani, nati rispettivamente nel 1945, 1944 e 1949 e residenti a Benevento. Dinanzi alla Corte sono rappresentati dagli avvocati A. Ferrara e S. Ferrara, del foro di Benevento.

2. Il governo italiano («il Governo») è rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, M. Pellegrini.

A. Le circostanze del caso di specie

3. I fatti di causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

4. Con atto di citazione notificato il 10 giugno 1986, il padre dei ricorrenti avviò un’azione di risarcimento danni nei confronti del comune di Benevento dinanzi al tribunale di questa stessa città.

5. Nel corso del processo, il padre dei ricorrenti decedette e questi ultimi si costituirono parti nella procedura.

6. Con sentenza depositata il 27 settembre 2004, il tribunale di Benevento condannò il comune a versare ai ricorrenti la somma di 541.517,66 EUR, più interessi e rivalutazione a decorrere dal 1° aprile 1990.

7. A causa delle difficoltà economiche in cui versava il comune di Benevento dal 1993, vennero applicate le leggi sugli enti locali dissestati. Fra queste leggi figurava la legge n. 267 del 18 agosto 2000, il cui articolo 248, comma 2, prevedeva che, a partire dalla dichiarazione di dissesto e fino all’approvazione del rendiconto, non poteva essere avviata o proseguita nessuna procedura esecutiva per i debiti che rientravano nella competenza dell’organo liquidatore. Ai sensi del comma 4 di questa stessa disposizione, nel periodo in questione, da parte dell’amministrazione in dissesto non era dovuta alcuna somma a titolo di rivalutazione monetaria o di interessi legali.

8. Secondo la giurisprudenza interna (si veda la sentenza del Consiglio di Stato n. 5778 del 30 ottobre 2001) la legge n. 267 del 18 agosto 2000 non si applicava ai crediti certi ed esigibili in virtù di sentenza pronunciata dopo la dichiarazione di dissesto. Pertanto, era possibile avviare una procedura esecutiva per questi crediti.

9. Il 13 giugno 2004 entrò in vigore la legge n. 140 del 28 maggio 2004. L’articolo 5, comma 2, di quest’ultima prevede l’applicazione delle disposizioni sugli enti locali in dissesto anche per i crediti relativi a fatti verificatisi prima del 31 dicembre dell’anno precedente l’anno del bilancio riequilibrato e ciò anche quando questi crediti sono stati accertati da una decisione giudiziaria successiva a tale data. In applicazione di tale disposizione, non era possibile avviare alcuna procedura esecutiva nei confronti del comune di Benevento per ottenere il pagamento del credito, come stabilito dalla sentenza del 23 settembre 2004.

10. Con lettera del 9 gennaio 2015, il Governo ha informato la Corte del fatto che il 6 febbraio 2006, l’organo straordinario di liquidazione («l’OSL») aveva proposto ai ricorrenti una composizione amichevole della causa offrendo loro il versamento di una somma corrispondente all’80 % del loro credito.
Il 6 aprile 2006 i ricorrenti accettarono tale offerta. Il 19 maggio 2006 detta somma fu versata ai ricorrenti, i quali rinunciarono al diritto sulla restante parte del loro credito e ad avviare procedimenti in merito.

B. Il diritto e la prassi interni pertinenti

11. Il diritto e la prassi interni pertinenti sono descritti nelle sentenze De Luca c. Italia (n. 43870/04, §§ 14-23, 24 settembre 2013), e Pennino c. Italia (n. 43892/04, §§ 17-26, 24 settembre 2013).

MOTIVI DI RICORSO

12. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, i ricorrenti lamentano in sostanza la violazione del diritto di accesso a un tribunale in quanto, in ragione dell’applicazione della legge n. 140 del 28 maggio 2004 alla loro causa, il loro credito è stato assoggettato alla legislazione in materia di fallimento del comune, fatto che impedisce loro di avviare un’azione esecutiva.

13. Invocando l’articolo 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti lamentano il fatto che l’applicazione della legislazione in materia di fallimento del comune alla loro causa costituisce una violazione del diritto al rispetto dei loro beni.

IN DIRITTO

14. I ricorrenti considerano che l’applicazione delle disposizioni sugli enti locali in dissesto ai crediti accertati con decisione giudiziaria successiva al 31 dicembre dell’anno che precede l’anno del bilancio riequilibrato costituisce una violazione del diritto garantito dagli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1. Inoltre, in contrasto con l’articolo 13 della Convenzione, essi non disponevano di un ricorso effettivo a livello nazionale. Nelle loro parti pertinenti, le disposizioni invocate dai ricorrenti recitano:

Articolo 6 § 1 della Convenzione

«Ogni persona ha diritto a che al sua causa sia esaminata da un tribunale (...), il quale sia chiamato a pronunciarsi (...) sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...).»

Articolo 1 del Protocollo n. 1

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

Articolo 13 della Convenzione

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (…) Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»

15. Il Governo fa osservare la perdita della qualità di vittima dei ricorrenti in quanto questi ultimi hanno accettato una composizione amichevole della causa e hanno ottenuto l’80% del loro credito, somma cui si sono aggiunti gli interessi legali e una somma a titolo di rivalutazione monetaria. I ricorrenti erano liberi di rifiutare l’offerta dell’OSL e di esigere il pagamento del loro credito secondo le disposizioni sulla liquidazione dei debiti degli enti locali in dissesto economico.

16. I ricorrenti ammettono che il comune ha versato loro circa l’80% del credito e che, di conseguenza, essi hanno rinunciato a far valere le loro pretese dinanzi ai giudici interni.

17. La Corte rammenta che la questione di stabilire se un ricorrente possa ritenersi «vittima» della violazione denunciata si pone in tutte le fasi della procedura che si svolge dinanzi ad essa (Scordino c. Italia (n. 1) [GC], n. 36813/97, § 179, CEDU 2006-V).

18. Inoltre, la Corte rileva che l’accordo tra i ricorrenti e l’OSL, accettato da questi ultimi il 6 aprile 2006, mentre la procedura di liquidazione dei debiti del comune di Benevento era ancora pendente, comportava, da parte dei ricorrenti l’accettazione della somma proposta dall’OSL e la rinuncia a qualsiasi altra procedura che riguardasse la parte del loro credito non contemplata dall’accordo in questione.

19. Secondo la Corte si tratta di una transazione che ha l’effetto di soddisfare in ampia misura le rivendicazioni formulate dai ricorrenti ai sensi della Convenzione. Nulla permette di pensare che i ricorrenti non fossero consapevoli delle conseguenze che la loro scelta avrebbe comportato o che quest’ultima non sia stata libera e volontaria. Da ciò deriva che i ricorrenti hanno risolto la controversia amichevolmente e non possono più considerarsi vittime delle violazioni denunciate ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione (Condominio di Porta Ruffina c. Italia (dec.), n. 17528/05; mutatis mutandis, Angelo Caruso c. Italia, n. 24817/03, § 28, 2 aprile 2013, e La Rosa e Alba c. Italia (cancellazione), n. 58274/00, § 25, 28 giugno 2005).

20. Di conseguenza, il ricorso è incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere rigettato in virtù dell’articolo 35 § 4.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese poi comunicata per iscritto il 23 aprile 2015.

Fatoş Aracı
Cancelliere aggiunto

George Nicolaou
Presidente