Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 marzo 2014 - Ricorso n. 4930/09 - Società Industrie Olivieri S.p.a c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico. Revisione a cura della dott.ssa Martina Scantamburlo.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC.

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 4930/09

Società Industrie Olivieri S.p.a contro l’Italia

(Ricorso n. 39824/07)

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione) riunita il 4 marzo 2014 in una camera composta da:
Işıl Karakaş, presidente,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Egidijus Kūris, giudicici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 17 dicembre 2008,

Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dalla ricorrente,

Dopo aver deliberato, decide quanto segue:

IN FATTO

1.  La ricorrente, Società Industrie Olivieri S.p.a., è una società per azioni con sede a Roma. Dinanzi alla Corte è rappresentata dall’avvocato G. Beatrice, del foro di Roma.
2.  Il governo italiano («il Governo») è rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, M. Pellegrini.

A.  Le circostanze del caso di specie

3.  I fatti della causa, così come sono stati esposti dalle parti, possono riassumersi come segue.
4.  La società ricorrente afferma di essere titolare di diversi crediti nei confronti del Comune di Roma, che sarebbero stati riconosciuti con decisioni giudiziarie definitive ed esecutive adottate tra il 1992 e il 2007.
Il Governo considera non esatta questa affermazione: in realtà la società ricorrente non sarebbe creditrice nei confronti del Comune di Roma, ma di una società a responsabilità limitata, denominata Immobiliare Cometa s.r.l.
5.  Ai sensi dell'articolo 248, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 (legge sugli enti locali dissestati) a partire dalla dichiarazione di dissesto e fino all'approvazione del rendiconto, non poteva essere avviata o continuata alcuna azione esecutiva per i debiti che rientravano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione – (l’«OSL»). Quest'ultimo era incaricato di procedere alla selezione dei debiti che potevano essere rimborsati nell'ambito della procedura di liquidazione.
6.  Ai sensi del comma 4 dell'articolo 248 sopra citato, durante il periodo in questione, nessuna somma a titolo di interesse legale o di rivalutazione monetaria era dovuta dall'amministrazione in dissesto.
7.  La giurisprudenza interna (si veda la decisione del Consiglio di Stato n. 5778 del 30 ottobre 2001) aveva ritenuto che il decreto legislativo n. 267 del 2000 non si applicasse ai crediti vantati nei confronti di un'amministrazione locale che erano certi ed esigibili per effetto di una sentenza pronunciata dopo la dichiarazione di dissesto finanziario, anche se sorti anteriormente. Pertanto, relativamente a questi crediti era possibile avviare un'azione esecutiva.
8.  Il 13 giugno 2004 entrò in vigore la legge n. 140 del 28 maggio 2004. L'articolo 5, comma 2, di tale legge prevedeva che le disposizioni sull’ordinamento degli enti locali in dissesto si applicassero anche ai crediti sorti da fatti verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, e ciò anche quando questi crediti erano stati accertati soltanto da un provvedimento giurisdizionale successivamente a tale data.
9.  Nel 2007, secondo quanto da lei affermato, la società ricorrente avviò un’azione esecutiva a carico del Comune di Roma al fine di recuperare un certo numero di crediti che ammontavano complessivamente a 7.564.122,26 EUR.
Questa affermazione è contestata dal Governo il quale indica che tale azione non era diretta contro il Comune di Roma, ma contro la società Immobiliare Cometa: è soltanto quest'ultima che, da parte sua, si riteneva creditrice nei confronti del Comune di Roma e aveva effettivamente avviato una procedura esecutiva individuale contro quest'ultimo, iscritta a ruolo con il numero 16344/07.  La ricorrente avrebbe quindi chiesto che le fosse trasferito il credito della società Immobiliare Cometa nei confronti del Comune.
10.  Al fine di provare le sue affermazioni, il Governo produsse una sentenza emessa il 27 giugno 2008 dalla Corte di cassazione nell'ambito del procedimento civile tra il Comune di Roma e la società Immobiliare Cometa. In sostanza, questa sentenza dichiarava:

  • che il 29 agosto 2003 il tribunale di Roma aveva condannato il Comune a versare 683.424,04 EUR alla suddetta società, e che questa decisione era stata parzialmente confermata in appello;
  • che, tuttavia, la corte d'appello non aveva preso in considerazione un elemento decisivo, ossia il fatto che in esecuzione di una composizione amichevole, il Comune aveva versato alla società Immobiliare Cometa la somma corrispondente al risarcimento che le era dovuto;
  • e che, quindi, doveva essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

11.  Nel frattempo, il 25 giugno 2008 era entrato in vigore il decreto-legge n. 112 del 2008 (divenuto in seguito la legge n. 133 del 6 agosto 2008). Ai sensi dell'articolo 78 di quest'ultimo, il sindaco di Roma era nominato commissario straordinario del governo, incaricato di verificare la situazione economico-finanziaria del comune e di predisporre un piano di rientro dell’indebitamento pregresso. In tale qualità, era assimilato a un OSL. La gestione contabile del commissario era separata dalla gestione contabile ordinaria del Comune e comprendeva tutti gli attivi e i passivi esistenti alla data del 28 aprile 2008.
12.  Con ordinanza del 25 settembre 2008, su richiesta del Comune di Roma, il giudice incaricato dell'esecuzione dichiarò estinta la procedura esecutiva avviata dalla ricorrente in applicazione del decreto-legge n. 112 del 2008.
Per gli stessi motivi, il 10 ottobre 2008 fu dichiarata chiusa un'altra procedura esecutiva.

B.  Il diritto e la prassi interni pertinenti

13.  Il diritto e la prassi interni pertinenti sono descritti nella causa De Luca c. Italia, n. 43870/04, §§ 14-23, 24 settembre 2013.

MOTIVI DI RICORSO

14.  Invocando gli articoli 6 § 1 (accesso a un tribunale) e 13 della Convenzione, nonché l'articolo 1 del Protocollo n. 1, la ricorrente lamenta l'impossibilità di ottenere, nei confronti del comune di Roma, l'esecuzione forzata per il recupero dei suoi crediti, e ciò a causa dell'entrata in vigore della legge n. 140 del 2004 e del decreto-legge n. 112 del 2008.

IN DIRITTO

15.  La ricorrente ritiene che la legge n. 140 del 2004 e il decreto-legge n. 112 del 2008 abbiano violato il suo diritto di accesso a un tribunale, il suo diritto a un ricorso effettivo e il suo diritto al rispetto dei beni, come garantiti dagli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione e dall'articolo 1 del Protocollo n. 1.
16.  Il Governo contesta questa tesi.

A.  L'eccezione del Governo relativa alla tardività del ricorso

17.  Basandosi sulla decisione emessa dalla Corte il 28 maggio 2013 nell'ambito della causa Villani c. Italia (n. 13340/09), il Governo eccepisce innanzitutto la tardività del ricorso. Osserva che, secondo la tesi della ricorrente, la violazione dei suoi diritti deriva da una misura legislativa, ovvero il decreto-legge n. 112 del 2008, entrato in vigore il 25 giugno 2008, ossia più di sei mesi prima della data in cui è stato proposto il ricorso, che secondo il Governo sarebbe il 6 gennaio 2009.
18.  La ricorrente non ha presentato osservazioni su questo punto.
19.  La Corte osserva che il ricorso deve essere considerato proposto il 17 dicembre 2008, data in cui la ricorrente ha inviato alla cancelleria della Corte una copia del formulario di ricorso. Ne consegue che pur volendo adottare la tesi del Governo, secondo la quale la data di decorrenza del termine di sei mesi previsto dall'articolo 35 § 1 della Convenzione dovrebbe essere fissata al 25 giugno 2008, data dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 112 del 2008, questo termine sarebbe stato in ogni caso rispettato.
20.  Pertanto, l'eccezione del Governo relativa alla tardività del ricorso non può essere accolta.

B.  L'eccezione del Governo relativa alla mancata qualità di «vittima»

21.  Il Governo ritiene che la ricorrente non possa ritenersi «vittima» dei fatti che denuncia.
In primo luogo il Governo osserva che, secondo la sentenza della Corte di cassazione del 27 giugno 2008 (paragrafo 10 supra), la società Immobiliare Cometa, debitrice della ricorrente, aveva ingiustamente avviato una procedura esecutiva nei confronti del Comune di Roma perché, nel momento in cui era stata avviata l'azione, quest’ultimo aveva già pagato il suo debito.
Pertanto, il Governo deduce che, altrettanto ingiustamente, la ricorrente aveva a  sua volta avviato una procedura esecutiva a carico del Comune ed era intervenuta nella procedura esecutiva che la sua debitrice, la società Immobiliare Cometa, aveva avviato contro il Comune.
In effetti, il Governo spiega che, poiché il debito del Comune nei confronti della società Immobiliare Cometa era già stato pagato, tutti i ricorsi della ricorrente contro il Comune si sarebbero conclusi con un rigetto e sarebbero stati vani. Anche senza l'entrata in vigore del decreto-legge n. 112 del 2008, le cose non sarebbero state diverse; in effetti, al momento della dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva avviata dalla ricorrente (paragrafo 12 supra) il credito della società Immobiliare Cometa nei confronti del Comune era inesistente.
22.  In secondo luogo, il Governo osserva che la ricorrente ha potuto avviare delle procedure esecutive nei confronti della società Immobiliare Cometa e ottenere con ciò ingiunzioni di pagamento per crediti di un importo consistente (più di 3 milioni di EUR).
23.  La ricorrente non ha presentato osservazioni su questo punto.
24.  La Corte rammenta che, per poter presentare un ricorso in virtù dell'articolo 34 della Convenzione, una persona fisica, una organizzazione non governativa o un gruppo di privati cittadini deve potersi ritenere vittima di una violazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione. Per potersi ritenere vittima di tale violazione, un individuo deve avere subìto direttamente gli effetti della misura contestata (Tănase c. Moldavia [GC], n. 7/08, § 104, CEDU 2010). Di conseguenza, l'esistenza di una vittima personalmente interessata dalla dedotta violazione di un diritto garantito dalla Convenzione è una condizione indispensabile per la messa in atto del meccanismo di tutela della Convenzione, anche se questo criterio non deve essere applicato in maniera rigida e inflessibile (Bitenc c. Slovenia (dec.), n. 32963/02, 18 marzo 2008). La questione di stabilire se il ricorrente possa o no ritenersi vittima della dedotta violazione si pone in tutte le fasi della procedura avviata in virtù della Convenzione (Bourdov c. Russia, n. 59498/00, § 30, CEDU 2002 III).
25.  La Corte rammenta inoltre che essa interpreta il concetto di vittima in maniera autonoma, indipendentemente dalle nozioni interne quali quelle di interesse o di qualità per agire (Sanles Sanles c. Spagna (dec.), n. 48335/99, CEDU 2000-XI, e Occhetto c. Italia (dec.), n. 14507/07, 12 novembre 2013), anche se deve tener conto del fatto che il ricorrente è stato parte nella procedura interna (Micallef c. Malta [GC], n. 17056/06, § 48, CEDU 2009 e Aksu c. Turchia [GC], nn. 4149/04 41029/04, § 52, CEDU 2012).
26.  Nel caso di specie, la ricorrente non ha in alcun modo contestato le affermazioni del Governo secondo le quali il debito del Comune di Roma nei confronti della società Immobiliare Cometa, unica diretta debitrice della ricorrente, in realtà era già stato pagato quando, credendo che tale debito esistesse, la ricorrente, oltre al suo intervento di terzi a sostegno della suddetta società nella procedura che quest'ultima aveva avviato contro il Comune, si è ritenuta in diritto di avviare un’azione diretta contro lo stesso. Ne conseguirebbe, secondo il Governo, che la ricorrente non era creditrice nei confronti del Comune di Roma (paragrafo 21 supra).
27.  La Corte osserva che le affermazioni del Governo sono sostenute da documenti interni pertinenti, in particolare la sentenza della Corte di cassazione del 27 giugno 2008 (paragrafo 10 supra), dalla quale si evince che, in esecuzione di una composizione amichevole, il Comune aveva versato alla società Immobiliare Cometa la somma a titolo di risarcimento che le era dovuta e che di conseguenza la controversia era definita.
28.  In queste circostanze, non essendoci contestazione da parte della ricorrente su questi punti di fatto, la Corte non può che fare sua la ricostruzione dei fatti pertinenti operata dal Governo e dalla Corte di cassazione. Visto che la ricorrente non era - o non era più - creditrice nei confronti del Comune di Roma nel momento in esame, i suoi diritti non possono essere stati lesi dalle disposizioni del decreto legislativo n. 267  del 2000, dalla legge n. 140 del 2004 e dal decreto-legge n. 112 del 2008, relativi, in particolare, alle modalità di liquidazione dei debiti delle amministrazioni locali dichiarate in dissesto. La ricorrente non può dunque ritenersi «vittima», ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione, dei fatti che denuncia.
29.  Ne consegue che il ricorso è incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell'articolo 35 § 3 a) e deve dunque essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 § 4.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Stanley Naismith
Cancelliere

Işıl Karakaş
Presidente