Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 24 marzo 2015 - Ricorso n. 39824/07 - Causa Antonio Messina c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con Rita Carnevali, assistente linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUARTA SEZIONE

CAUSA Antonio Messina c. ITALIA

(Ricorso n. 39824/07)

SENTENZA

STRASBURGO

24 marzo 2015

 

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni stabilite dall’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Antonio Messina c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione), riunita in una camera composta da:
Päivi Hirvelä, presidente,
Guido Raimondi,
George Nicolaou,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Paul Mahoney,
Krzysztof Wojtyczek, giudici,
e da Fatoş Aracı, cancelliere aggiunto di sezione, Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 3 marzo 2015,

Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 39824/07) presentato contro la Repubblica italiana e con cui un cittadino di tale Stato, il sig. Antonio Messina («il ricorrente»), ha adito la Corte il 28 agosto 2007 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2.  Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo.
3.  Invocando l’articolo 5 §§ 1 a) e 5 della Convenzione, il ricorrente affermava, tra l’altro, di avere espiato una pena superiore a quella che avrebbe scontato se gli fosse stata concessa più rapidamente una liberazione anticipata.
4.  Il 6 dicembre 2010 i motivi di ricorso relativi all’articolo 5 §§ 1 a) e 5 della Convenzione sono stati comunicati al Governo.
5.  Nelle sue prime osservazioni sul merito, depositate il 18 aprile 2011, il Governo indicava che la procura aveva chiesto la revoca della decisione con cui era stata concessa la liberazione anticipata. Aggiungeva che il procedimento era pendente dinanzi al tribunale di sorveglianza, e dunque non era in grado di rispondere ai quesiti posti dalla Corte in sede di comunicazione del ricorso.
6.  Il 14 settembre 2011 il Governo ha richiamato l’attenzione della Corte sul fatto che avrebbe dovuto attendere l’esito dell’udienza del 4 ottobre 2011 prima di inviare le proprie osservazioni.
7.  Il 22 novembre 2011 il ricorrente ha informato la Corte che, il 4 ottobre 2011, il tribunale aveva deciso di rigettare la domanda di revoca della procura.
8.  Poiché il Governo non ha fatto seguito alla sua lettera del 14 settembre 2011, la Corte lo ha informato il 14 novembre 2012 che avrebbe deliberato sulla causa che era istruita.
9.  Con lettera dell’11 dicembre 2012 il Governo trasmise una copia della decisione del tribunale di sorveglianza e chiese alla Corte «di voler prendere in considerazione questa circostanza che [suffragava] le conclusioni che aveva sottoposto nelle sue osservazioni del 18 aprile 2011».

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

10.  I fatti di causa, come presentati dalle parti, si possono riassumere come segue.
11.  Il ricorrente è nato nel 1946 ed è residente a Bologna.
12.  È stato condannato a varie pene per reati gravi. Dal fascicolo risulta che la sua ultima condanna è stata pronunciata dalla corte d’assise d’appello di Palermo per associazione per delinquere di tipo mafioso (articolo 416bis del codice penale) con una sentenza del 31 gennaio 2001 divenuta definitiva il 17 febbraio 2003.
13.  Il ricorrente afferma di essere stato detenuto nei periodi seguenti: dal 12 gennaio 1976 al 9 giugno 1978; dal 18 ottobre 1985 al 25 maggio 1987; dal 21 febbraio al 26 giugno 1990; dal 13 agosto 1993 all’8 ottobre 2007.
14.  Con decisione resa il 25 ottobre 1999 (n. 8390/99), il tribunale di sorveglianza di Napoli concesse al ricorrente una liberazione anticipata di novanta giorni in riferimento al periodo di detenzione compreso tra il 23 maggio 1998 e il 23 maggio 1999.
15.  L’11 giugno 2003 il tribunale di sorveglianza di Bologna concesse al ricorrente una liberazione anticipata di trecentosessanta giorni in riferimento a otto semestri per il periodo compreso tra il 1998 e il 2003.
16.  In data non precisata il ricorrente chiese una nuova liberazione anticipata in riferimento al periodo di detenzione compreso tra il 12 gennaio 1976 e il 23 maggio 1998.
Con una decisione resa il 17 giugno 2004 (n. R.G. 1627/03), tenuto conto del fatto che il ricorrente aveva partecipato attivamente ai programmi di reinserimento sociale, il magistrato di sorveglianza di Bologna, R.R., concesse una liberazione anticipata di novanta giorni calcolata sul periodo compreso tra il 23 maggio 2003 e il 23 maggio 2004. Il magistrato rigettò la domanda per il periodo di detenzione anteriore a maggio 1998 poiché, per il periodo compreso tra il 12 gennaio 1976 e il 23 maggio 1998, il ricorrente era stato condannato dalla corte d’assise d’appello di Palermo per un reato commesso dopo il 23 maggio 1998 (associazione per delinquere di tipo mafioso).
17.  Il 3 settembre 2004 il ricorrente adì il tribunale di sorveglianza di Bologna, argomentando che il rigetto della sua domanda da parte del magistrato di sorveglianza sarebbe stato fondato su una constatazione erronea, ossia la perpetrazione di un reato dopo il 1998.
18.  Con una decisione resa il 21 ottobre 2004 (n. R.T.S. 3531/04), il tribunale, prendendo in considerazione soltanto il periodo compreso tra il 12 gennaio 1976 e il 9 giugno 1978, rigettò la domanda in quanto il ricorrente avrebbe commesso altri reati.
19.  Il 6 novembre 2004 il ricorrente presentò ricorso per cassazione e, con una sentenza depositata il 25 maggio 2005 (n. 19864/05), ottenne la cassazione della decisione del tribunale a causa: a)  dell’assenza di motivazione per quanto riguarda l’individuazione dei reati commessi; b)  dell’assenza di valutazione dell’eventuale impatto di tali reati sulla decisione di concedere la liberazione anticipata; c)  del fatto che il giudice non ha tenuto conto della partecipazione del ricorrente ai programmi di reinserimento sociale. La causa fu rinviata dinanzi al tribunale di sorveglianza di Bologna per un nuovo esame.
20.  Con un provvedimento emesso il 9 dicembre 2005, la procura ricalcolò la durata della detenzione che il ricorrente doveva ancora scontare. Da questo documento risulta che i reati per i quali il ricorrente era stato condannato dalla corte d’assise d’appello di Palermo erano stati commessi fino al mese di settembre 1989 e non 1998.
21.  Con sentenza resa il 28 settembre 2006 (n. R.T.S. 3199/05), il tribunale di sorveglianza di Bologna, presieduto dal giudice R.R., confermò la decisione del 21 ottobre 2004 in quanto, secondo il casellario giudiziale del ricorrente, il reato per il quale quest’ultimo era stato condannato dalla corte d’assise di Palermo era stato commesso fino al mese di settembre 1998.
22.  Il 3 ottobre 2006 il ricorrente presentò ricorso per cassazione. Da una parte, egli affermava di avere diritto alla liberazione anticipata rispetto ai semestri successivi al 1993 e, dall’altra, denunciava l’esistenza di un errore per quanto riguarda la data da considerare relativamente alla perpetrazione del reato in questione (settembre 1989 e non settembre 1998). Egli indicava che quest’ultima circostanza era dimostrata da vari documenti: la sentenza della corte d’assise d’appello di Palermo del 31 gennaio 2001, il provvedimento emesso il 9 dicembre 2005 dalla procura relativo alla determinazione della pena residua e i dati annotati nel registro matricola. Infine, il ricorrente attribuì al tribunale una mancanza di imparzialità derivante, secondo lui, dalla presenza, nella sua composizione, del giudice R.R.
23.  Con una decisione depositata il 6 luglio 2007 (n. 26132/07) l’alta giurisdizione, senza alcuna motivazione relativa alla doglianza riguardante la dedotta imparzialità, respinse il ricorso, ritenendo che la perpetrazione del reato di associazione di tipo mafioso sarebbe potuta continuare ben oltre il 1993, in quanto lo stato di detenzione non esclude, in linea di principio, la possibilità di commettere un reato di questo tipo.
24.  Il 4 giugno 2007 il ricorrente presentò una nuova domanda di liberazione anticipata.
25.  Il 12 luglio 2007 il casellario giudiziale del ricorrente fu modificato: da tale documento risulta che i reati per i quali il ricorrente era stato condannato dalla corte d’assise d’appello di Palermo erano stati commessi fino al mese di settembre 1989.
26.  Con una decisione depositata l’8 ottobre 2007 (n. 807/07, n. SIUS 2900/07), il magistrato di sorveglianza di Bologna, R.L.R., concesse al ricorrente una liberazione anticipata di quattrocentocinque giorni per buona condotta, ai sensi dell’articolo 54 della legge n. 354/1975, per il periodo compreso tra il 23 novembre 1993 e il 23 maggio 1998. Il ricorrente afferma di essere stato liberato l’8 ottobre 2007. Secondo lui, il giudice non avrebbe preso in considerazione il periodo compreso tra il 23 novembre 2006 e l’8 ottobre 2007 per calcolare la totalità dei giorni di liberazione anticipata alla quale aveva diritto. Il ricorrente non adì il tribunale di sorveglianza.
27.  Secondo le informazioni fornite dal ricorrente e confermate dal Governo (osservazioni del 18 aprile 2011), poiché la fine della pena era inizialmente prevista per il 28 febbraio 2008, l’applicazione di tale liberazione anticipata avrebbe permesso la scarcerazione del ricorrente il 19 gennaio 2007.
28.  Dai documenti inviati dal Governo a sostegno delle sue osservazioni del 18 aprile 2011 risulta che, con una nota in data 31 marzo 2011, il Ministero della Giustizia aveva espresso il parere che la decisione del magistrato di sorveglianza di Bologna dell’8 ottobre 2007 era «illegittima» in quanto la decisione del tribunale di sorveglianza di Bologna del 28 settembre 2006, che aveva negato la liberazione anticipata, era divenuta definitiva.
29.  Con una decisione resa il 4 ottobre 2011, depositata il 18 novembre 2011, il tribunale di sorveglianza di Bologna respinse la domanda presentata dalla procura ai fini della revoca della decisione di liberazione anticipata. Il tribunale constatava che, come avrebbe giustamente affermato il ricorrente, il certificato del casellario giudiziale del 7 marzo 2005, sulla base del quale erano state rese le decisioni di rigetto della domanda di liberazione anticipata, era viziato da un errore materiale, ossia l’indicazione secondo la quale il ricorrente aveva continuato a violare la legge fino a settembre 1998 invece di settembre 1989.

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

30.  L’articolo 54 (intitolato «Liberazione anticipata») della legge sull’ordinamento penitenziario (n. 354/1975) recita:
«(...) al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata (...)».
31.  Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, i giudici godono di un margine di apprezzamento nella loro valutazione delle condizioni richieste per la concessione della liberazione anticipata. Essi devono anche verificare che la partecipazione ai programmi di rieducazione non sia puramente fittizia o non abbia esclusivamente lo scopo di ottenere benefici come la liberazione anticipata, e rappresenti una reale volontà di reinserimento sociale (Corte di cassazione, n. 29779 del 3 luglio 2012, depositata il 20 luglio 2012). Tuttavia, questo margine di apprezzamento non è illimitato e le decisioni sulla liberazione anticipata devono essere debitamente motivate (si vedano, tra le altre, Corte di cassazione, n. 10756 del 7 febbraio 2013, depositata il 7 marzo 2013, e n. 32985 del 5 luglio 2011, depositata il 1° settembre 2011). A titolo esemplificativo, la perpetrazione di un reato o di una infrazione disciplinare non basta, di per sé, per privare l’interessato del beneficio di una liberazione anticipata; spetta ai giudici dimostrare in che modo la perpetrazione di un tale reato è indicativa della mancanza di implicazione dell’interessato nel percorso di rieducazione (Corte di cassazione, n. 14359 del 13 febbraio 2013 e depositata il 26 marzo 2013). Perciò, pur essendo liberi di valutare se sussistano le condizioni richieste per ottenere la liberazione anticipata, i giudici nazionali non possono, quando le condizioni sono soddisfatte, negare la concessione della misura richiesta.
32.  Secondo l’articolo 69bis della legge n. 354/1975, introdotto dall’articolo 1 c. 4 della legge n. 277/2002, il comma 5 dell’articolo 30bis della legge penitenziaria è applicabile alla procedura riguardante le domande di liberazione anticipata:
«Il magistrato di sorveglianza (…), non fa parte del collegio che decide sul reclamo avverso il provvedimento da lui emesso.»
33.  Per quanto riguarda il diritto a riparazione per una custodia cautelare «ingiusta» (ingiustizia sostanziale), l’articolo 314 del codice di procedura penale (CPP) prevede un diritto a riparazione in due casi distinti: quando, all’esito del procedimento penale sul merito, l’imputato viene prosciolto (riparazione per ingiustizia detta «sostanziale») o quando risulta accertato che la persona sospettata è stata posta o mantenuta in custodia cautelare senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280 CPP (riparazione per ingiustizia detta «formale»).
L’articolo 314 cc. 1 e 2 CPP recita:
«1.  Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave.
2.  Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280.»
34.  L’articolo 273 c. 1 CPP dispone:
«Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza.»
35.  L’articolo 280 CPP prevede che le misure cautelari possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

IN DIRITTO

I.  SULLA DOGLIANZA RELATIVA ALL’ARTICOLO 5 § 1 a) DELLA CONVENZIONE

36.  Il ricorrente sostiene che la tardività nella concessione della liberazione anticipata ha prodotto l’effetto di allungare la durata dell’esecuzione della sua pena. Egli invoca l’articolo 5 § 1 a) della Convenzione, che recita:
Articolo 5
«1.  Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge:
a)  se è detenuto regolarmente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente;
(...) »

A.  Sulla ricevibilità

37.  Constatando che il motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte lo dichiara ricevibile.

B.  Sul merito

38.  Il ricorrente afferma che, a decorrere dal 19 gennaio 2007, la sua detenzione era divenuta irregolare in quanto non più derivante da una condanna nel senso dell’articolo 5 § 1 a) della Convenzione, ma da una concessione tardiva della liberazione anticipata. In effetti, secondo lui, il suo casellario giudiziale del 7 marzo 2005, sulla base del quale sarebbero state rese le decisioni con cui è stata negata la liberazione anticipata, era viziato da un errore materiale, ossia l’indicazione secondo la quale egli aveva continuato a infrangere la legge fino a settembre 1998 invece di settembre 1989.
39.  Il Governo non si pronuncia sul merito di questa doglianza (paragrafi 5-9 supra).
40.  La Corte rileva che il ricorrente è stato arrestato e posto in detenzione in esecuzione, tra le altre, di una condanna da parte della corte d’assise d’appello di Palermo. La privazione della libertà alla quale il ricorrente è stato sottoposto si traduce dunque in una detenzione regolare di una persona a seguito di condanna da parte di un tribunale competente ai sensi dell’articolo 5 § 1 a) della Convenzione.
41.  Basandosi sull’articolo 54 della legge sull’amministrazione penitenziaria («la legge n. 354/1975»), il ricorrente ha chiesto una liberazione anticipata di quarantacinque giorni per semestre, in particolare per il periodo compreso tra il 12 gennaio 1976 e il 23 maggio 1998 (paragrafo 16 supra). Tale disposizione enuncia che la liberazione anticipata viene concessa solo se l’interessato ha dato prova di buona condotta e ha partecipato ai programmi di reinserimento sociale.
42.  Con una decisione resa il 17 giugno 2004 il magistrato di sorveglianza di Bologna ha respinto la domanda riguardante un periodo anteriore al mese di maggio 1998, principalmente poiché l’interessato aveva continuato a commettere reati fino a tale data. Soltanto l’8 ottobre 2007 il magistrato di sorveglianza ha accordato la liberazione anticipata richiesta per il periodo compreso tra il 23 novembre 1993 e il 23 maggio 1998, a causa della partecipazione del ricorrente ai programmi di reinserimento sociale (paragrafi 16 e 26 supra).
43.  Il ricorrente è stato scarcerato l’8 ottobre 2007, quattro mesi e venti giorni prima della fine della sua pena, mentre la liberazione accordata era equivalente a un anno, un mese e tredici giorni. Poiché la fine della pena era inizialmente prevista per il 28 febbraio 2008, la concessione di tale liberazione gli avrebbe permesso di essere scarcerato il 19 gennaio 2007.
44.  In queste circostanze, la Corte constata che il ricorrente ha scontato una pena più lunga di otto mesi e venti giorni rispetto a quella risultante dalla condanna pronunciata nei suoi confronti previa detrazione della liberazione in questione. Resta dunque da determinare se la detenzione supplementare abbia comportato una violazione dell’articolo 5 della Convenzione.
45.  La Corte rammenta anzitutto che l’articolo 5 § 1 a) della Convenzione non sancisce, in quanto tale, il diritto per un condannato, ad esempio, di beneficiare di una legge di amnistia o di una liberazione anticipata condizionale o definitiva (Mouesca c. Francia (dec.), n. 52189/99, 18 ottobre 2001, e İrfan Kalan c. Turchia (dec.), n. 73561/01, 2 ottobre 2001). Tuttavia, potrebbe essere diverso quando i giudici nazionali sono tenuti, in assenza di un qualsiasi potere discrezionale, ad applicare una tale misura a chiunque soddisfi le condizioni stabilite dalla legge per beneficiarne (Grava c. Italia, n. 43522/98, § 43, 10 luglio 2003, Pilla c. Italia, n. 64088/00, § 41, 2 marzo 2006, Şahin Karataş c. Turchia, n. 16110/03, § 35, 17 giugno 2008, e Del Rio Prada c. Spagna [GC], n. 42750/09, 21 ottobre 2013).
46.  La Corte osserva che, ai sensi dell’articolo 54 della legge n. 354/1975 sull’ordinamento penitenziario e conformemente alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia (paragrafi 30 e 31 supra), le autorità competenti godono di un margine di apprezzamento al fine di stabilire se un detenuto abbia soddisfatto i criteri di buona condotta e di partecipazione ai programmi di reinserimento e se la sua adesione a tali programmi non sia puramente fittizia o non miri esclusivamente alla concessione di benefici come la liberazione anticipata. Tuttavia, questa libertà di valutazione non è priva di limiti e ciascuna decisione deve essere debitamente motivata in diritto e in fatto. Quando le condizioni sono soddisfatte, le autorità giudiziarie devono perciò accordare la liberazione anticipata nella misura stabilita dalla legge (paragrafo 31 supra).
47.  Nel caso di specie, i giudici hanno in un primo momento negato la liberazione anticipata per il periodo compreso tra il 12 gennaio 1976 e il 23 maggio 1998 in quanto, secondo il casellario giudiziale del ricorrente (paragrafi 21 e 25 supra), l’attività criminale in questione si era conclusa nel settembre 1998.
48.  Successivamente, i giudici hanno accolto la domanda per il periodo compreso tra il 1993 e il 1998 sottolineando la buona condotta del ricorrente e la sua partecipazione ai programmi di reinserimento sociale durante il periodo in questione. In effetti, come ha precisato il tribunale di sorveglianza il 4 ottobre 2011, il casellario giudiziale al quale i giudici avevano fatto riferimento era viziato da un errore materiale, in quanto indicava che il ricorrente aveva continuato a commettere il reato in questione fino al settembre 1998, mentre la corte d’assise di appello lo aveva condannato per un reato commesso fino al mese di settembre 1989 (paragrafo 29 supra).
49.  In conclusione, la Corte constata che il ricorrente ha espiato una pena di una durata superiore a quella che avrebbe dovuto scontare secondo il sistema giuridico nazionale, tenuto conto delle liberazioni anticipate alle quali aveva diritto (si veda, mutatis mutandis, Grava, sopra citata, § 45). Essa ritiene che la detenzione supplementare in questione, pari a otto mesi e venti giorni, non possa tradursi in una detenzione regolare ai sensi dell’articolo 5 § 1 a) della Convenzione.
50.  Di conseguenza, vi è stata violazione di tale disposizione.

II.  SUL MOTIVO DI RICOSO RELATIVO ALL’ARTICOLO 5 § 5 DELLA CONVENZIONE

51.  Il ricorrente lamenta di non essere stato risarcito per la detenzione ingiustamente scontata. Egli invoca l’articolo 5 § 5 della Convenzione, che recita:
«Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge:
(...)
5. Ogni persona vittima di arresto o di detenzione in violazione di una delle disposizioni del presente articolo ha diritto a una riparazione».
52.  Nelle sue osservazioni, il Governo non si esprime a questo proposito (paragrafi 5-9 supra).

A.  Sulla ricevibilità

53.  Constatando che questa doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte la dichiara ricevibile.

B.  Sul merito

54.  La Corte rammenta che il diritto alla riparazione di cui al paragrafo 5 dell’articolo 5 della Convenzione presuppone che una violazione di uno degli altri paragrafi di questa disposizione sia stata accertata da una autorità nazionale o dalla Corte (N.C. c. Italia [GC], n. 24952/94, § 49, CEDU 2002 X). Nel caso di specie, poiché la Corte ha concluso che vi è stata violazione dell’articolo 5 § 1 a), resta da determinare se il ricorrente disponesse, al momento della presentazione del ricorso dinanzi ad essa, della possibilità di chiedere riparazione per il pregiudizio subito.
55.  La Corte rammenta che, in virtù della sua giurisprudenza consolidata, spetta ai giudici nazionali interpretare ed applicare le disposizioni del diritto interno (Van Mechelen e altri c. Paesi Bassi, 23 aprile 1997, § 50, Recueil des arrêts et décisions 1997-III, e De Lorenzo c. Italia (dec.), n. 69264/01, 12 febbraio 2004). Perciò, nella fattispecie, la Corte non può sostituirsi ai giudici nazionali per determinare la base giuridica sulla quale il risarcimento poteva essere accordato.
56.  Di conseguenza, spettava al Governo indicare con sufficiente chiarezza quali ricorsi utili avrebbe dovuto presentare l’interessato in materia. La Corte non deve sopperire d’ufficio all’imprecisione o alle lacune delle tesi dello Stato convenuto (si veda, mutatis mutandis, Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 35, serie A n. 301 B).
57.  La Corte constata che il Governo non si pronuncia sul merito della doglianza (paragrafi 5-9 supra).
58.  Pertanto, in assenza di indicazioni da parte del Governo sul rimedio che il ricorrente avrebbe dovuto esperire per ottenere un indennizzo, la Corte conclude che vi è stata violazione  dell’articolo 5 § 5 della Convenzione.

III.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 5 § 1 RELATIVA AL RIFIUTO DI CONCEDERE LA LIBERAZIONE ANTICIPATA PER IL PERIODO COMPRESO TRA IL 23 NOVEMBRE 2006 E L’8 OTTOBRE 2007

59.  Il ricorrente contesta al magistrato di sorveglianza di Bologna di non avergli concesso, violando in tal modo, secondo lui, il diritto interno, la liberazione anticipata relativa al periodo compreso tra il 23 novembre 2006 e l’8 ottobre 2007 (paragrafo 26 supra), il che lo avrebbe obbligato a scontare una pena più lunga.
60.  La Corte rileva che non emerge dal fascicolo che il ricorrente abbia adito il tribunale di sorveglianza per opporsi alla decisione emessa l’8 ottobre 2007 dal magistrato di sorveglianza.
61.  Di conseguenza questo motivo di ricorso deve essere rigettato per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.

IV.  SUL MOTIVO DI RICORSO RELATIVO ALL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

62.  Il ricorrente sostiene che l’articolo 6 della Convenzione è stato violato a causa della mancanza di imparzialità che avrebbe inficiato la procedura dinanzi al tribunale di sorveglianza di Bologna (decisione del 28 settembre 2006, n. R.T.S. 3199/05). In particolare, egli afferma che il presidente del collegio ha esaminato in precedenza, nell’ambito dello stesso procedimento, lo stesso tipo di domanda in qualità di magistrato di sorveglianza (decisione del 17 giugno 2004, n. R.G. 1627/03).
63.  La Corte ha esaminato questo motivo di ricorso come presentato dal ricorrente. Tenuto conto di tutti gli elementi di cui dispone, e nella misura in cui è competente per esaminare le deduzioni formulate, la Corte non rileva alcuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà sanciti dalla Convenzione.
64.  Di conseguenza questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

V.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

65.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»
66.  In sede di presentazione del ricorso, il ricorrente ha chiesto la somma di 10.000.000 euro (EUR) per il danno morale. Tuttavia, nelle sue osservazioni, egli non chiede alcun importo per il danno morale o per il danno materiale e non chiede il rimborso delle spese.
67.  Secondo la propria giurisprudenza consolidata (si vedano, in particolare, Andrea Corsi c. Italia, n. 42210/98, 4 luglio 2002, Andrea Corsi c. Italia (revisione), n. 42210/98, 2 ottobre 2003, Willekens c. Belgio, n. 50859/99, 24 aprile 2003, e Mancini c. Italia, n. 44955/98, CEDU 2001-IX), la Corte non accorda alcuna somma a titolo di equa soddisfazione quando le richieste quantificate e i relativi documenti giustificativi necessari non sono stati prodotti entro il termine fissato a tale scopo nell’articolo 60 § 1 del regolamento, anche qualora la parte ricorrente abbia indicato le proprie richieste in una fase anteriore della procedura (Fadıl Yılmaz c. Turchia, n. 28171/02, § 26, 21 luglio 2005, e Kravchenko e altri (alloggi militari) c. Russia, nn. 11609/05, 12516/05, 17393/05, 20214/05, 25724/05, 32953/05, 1953/06, 10908/06, 16101/06, 26696/06, 40417/06, 44437/06, 44977/06, 46544/06, 50835/06, 22635/07, 36662/07, 36951/07, 38501/07, 54307/07, 22723/08, 36406/08 e 55990/08, § 51, 16 settembre 2010).
68.  Pertanto, poiché il ricorrente non ha adempiuto agli obblighi derivanti per lui dall’articolo 60 del regolamento, la Corte considera che sia opportuno non accordare alcuna somma a titolo di equa soddisfazione.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile per quanto riguarda i motivi di ricorso relativi all’articolo 5 §§ 1 a) e 5 della Convenzione, e irricevibile per il resto; 
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 5 § 1 a) della Convenzione; 
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 5 § 5 della Convenzione; 
  4. Dichiara non doversi accordare alcuna somma a titolo di equa soddisfazione nella presente causa.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 24 marzo 2015, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Fatoş Aracı
Cancelliere aggiunto

Päivi Hirvelä
Presidente