Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 16 dicembre 2014 - Ricorso n. 39386/10 - Giuseppe De Ciantis c.Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico, revisione a cura della dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 39386/10
Giuseppe DE CIANTIS
contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell'uomo (seconda sezione), riunita il 16 dicembre 2014 in una camera composta da
Işıl Karakaş, presidente,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Egidijus Kūris,
Robert Spano,
Jon Fridrik Kjølbro, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
visto il ricorso sopra menzionato presentato il 29 marzo 2010,
viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dal ricorrente,
Dopo aver deliberato, rende la seguente decisione:

IN FATTO

A. Le circostanze del caso di specie

  1. Il ricorrente, sig. Giuseppe de Ciantis, è un cittadino italiano nato nel 1934 e residente a Castelliri.
  2. Il governo italiano («il Governo») è rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo coagente, P. Accardo.
  3. Nel 1992 fu costruita una discarica denominata «CARTIER SR» a pochi metri dall'abitazione del ricorrente.
  4. La discarica, autorizzata per rifiuti non pericolosi, fu poi illegalmente utilizzata per eliminare rifiuti pericolosi, creando così il rischio di contaminare l'ambiente con un percolato tossico (acqua contaminata).
  5. Nel 2000, il comune di Castelliri presentò un ricorso alla Commissione europea e una denuncia penale. In seguito la discarica fu messa sotto sequestro.
  6. Una perizia effettuata nell'ambito dell'inchiesta penale rilevò un potenziale rischio di inquinamento delle acque sotterranee a causa delle perdite di liquidi contaminati provenienti dal sito.

    1. La procedura dinanzi alla Commissione europea
     
  7. Per quanto riguarda la procedura dinanzi alla Commissione, risulta dalla sentenza del 9 settembre 2004 della Corte di giustizia dell’Unione europea (di seguito la «CGUE») che:
    «Con lettere 28 luglio 1999 e 11 febbraio 2000 la Commissione chiedeva alla Repubblica italiana di fornirle informazioni su una discarica di rifiuti pericolosi situata nel Comune di Castelliri, posta sotto sequestro penale e segnalata come fonte di pericolo per l’ambiente e per la salute dell’uomo.
    Le autorità italiane, con lettere 19 luglio e 5 ottobre 2000, rispondevano che:
    il sito, posto in via Granciara a Castelliri, era stato autorizzato come discarica di rifiuti del tipo 2b;
    in passato vi erano stati depositati anche rifiuti di natura tossica;
    era in corso un procedimento penale e la discarica era ancora sotto sequestro;
    la situazione idrogeologica era stata controllata dal «Nucleo operativo di Polizia forestale» senza che fossero stati riscontrati problemi di percolato;
    il 3 luglio 2000 il sindaco di Castelliri aveva avviato la procedura per la bonifica del sito con l’ordinanza 29/2000, dando al detentore (privato) 60 giorni per presentare un progetto di smaltimento dei rifiuti e di ripristino dello stato dei luoghi.
    Nella lettera 5 ottobre 2000 il governo italiano precisava alcuni dettagli considerati rilevanti dalla Commissione, cioè che
    il 1° e il 27 marzo era stato accertato che la discarica funzionava in difformità alle prescrizioni date nell’autorizzazione;
    erano stati rinvenuti cumuli di rifiuti in area non autorizzata, all’aperto;
    dopo il sequestro del sito, il 24 luglio 1997, era stata riscontrata la presenza di metalli pesanti nel terreno;
    il 2 febbraio 1998 diversi tipi di rifiuti erano stati portati alla luce a seguito di scavi nell’area sottostante e adiacente alla discarica non autorizzata (plastica, fibre tessili, vilpelle, materiale cartaceo e ferroso);
    tali rifiuti erano stati classificati come non pericolosi;
    era stata riscontrata la presenza di un’abbondante falda acquifera che aveva assunto un colore nerastro ed un aspetto schiumoso a causa del percolato della discarica;
    il 4 maggio 1998 la Procura della Repubblica di Cassino aveva invitato il sindaco di Castelliri ad emettere un’ordinanza al fine di provvedere alla rimozione e al corretto smaltimento dei rifiuti.
    Nel corso di una riunione tenutasi a Roma con i servizi della Commissione il 18 e 19 ottobre 2000, le autorità italiane comunicavano che la decisione del sindaco di Castelliri non era ancora stata eseguita, impegnandosi tuttavia ad inviare una nuova comunicazione per chiarire ed aggiornare la situazione.
    Nel frattempo, il Comune di Castelliri, con lettera 26 settembre 2000, trasmetteva alla Commissione uno stralcio della consulenza disposta dalla Procura della Repubblica di Cassino dalla quale risultava che la discarica era stata adibita allo scarico di rifiuti tossici e nocivi, che il percolato presentava concentrazioni di metalli pesanti eccedenti i limiti ammessi dalla legge italiana e che la situazione risultava aggravata dall’assenza di protezione dalla pioggia.
    Con lettera 9 novembre 2000 la Commissione ricordava alla Repubblica italiana il suo impegno a fornire informazioni aggiornate.
    Nella sua risposta in data 14 novembre 2000 il governo italiano dava assicurazione che avrebbe comunicato tali informazioni entro 30 giorni.
    Non avendo ricevuto alcuna comunicazione che chiarisse la situazione della discarica di Castelliri, l’11 aprile 2001 la Commissione inviava alla Repubblica italiana una lettera di diffida per non corretta applicazione degli artt. 4 e 8 della direttiva in relazione alla discarica di Castelliri.
    In mancanza di risposta, il 24 ottobre 2001 la Commissione emetteva un parere motivato con cui invitava tale Stato membro ad adottare le misure necessarie a conformarvisi nel termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.
    Il 22 aprile 2002 la Commissione riceveva la risposta della Repubblica italiana, sotto forma di lettera, in data 6 novembre 2001. Ad essa era allegata una nota del Ministero dell’Ambiente del 24 settembre 2001 da cui risultava che:
    il proprietario della discarica era deceduto e i suoi eredi, non avendo accettato l’eredità, non avevano eseguito l’ordinanza del sindaco del Comune di Castelliri del 3 luglio 2000, la quale assegnava al detentore della summenzionata discarica un termine di 60 giorni per presentare un progetto di smaltimento dei rifiuti e di ripristino ambientale del sito;
    il sindaco di Castelliri non era stato quindi in grado di provvedere ai lavori urgenti di messa in sicurezza di emergenza del sito per la mancanza di risorse finanziarie;
    pur ricorrendo le condizioni per l’esecuzione d’ufficio dei detti interventi da parte della Regione Lazio, essa aveva dichiarato di non disporre dei fondi necessari per effettuarli;
    la Provincia di Frosinone era stata tuttavia inclusa nell’emanando «Programma nazionale di bonifica e di ripristino dei siti inquinati», e i fondi necessari dovevano essere trasferiti alle regioni competenti».

    2. Il ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE)

  8. Il 22 aprile 2002 la Commissione ricevette la risposta del Governo. Considerando che, nonostante le informazioni comunicate, l'Italia non aveva adottato le misure necessarie che avrebbero permesso di porre fine ai reati denunciati, essa decise di presentare un ricorso per inadempimento ex articolo 258 dinanzi alla Corte di giustizia della Unione europea (CGUE).
  9. Con sentenza del 9 settembre 2004, la CGUE concluse che:
    «Non avendo adottato le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti depositati nella discarica di Castelliri (Frosinone) fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e non avendo adottato le misure necessarie affinché il detentore dei rifiuti depositati in tale discarica li consegnasse ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, sui rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva»), oppure provvedesse egli stesso al loro recupero o smaltimento, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù degli artt. 4 e 8 di tale direttiva.»

    3. Le misure adottate dall'Italia per conformarsi alla sentenza della CGUE

  10. Il 7 aprile 2006 la Commissione inviò un ultimo avvertimento scritto al Governo, invitandolo a conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia, dal momento che soltanto una parte dei rifiuti era stata rimossa e che la conclusione dell'operazione dipendeva dai mezzi economici che ancora non erano stati messi a disposizione.
  11. Il 14 giugno 2006 fu accordato un finanziamento di 912.685,00 EUR che ha permesso di ritirare tutti i rifiuti che restavano in superficie. Le operazioni sono terminate nel febbraio 2007.
  12. Con lettera del 3 agosto 2007, la Commissione informò il comune di Castelliri che, tenuto conto del fatto che i lavori di bonifica della discarica erano stati eseguiti, la Commissione aveva deciso di non proseguire la procedura di infrazione.
  13. Secondo le informazioni fornite dal Governo, nel 2012 una parte dei rifiuti, che era all'interno di una cava di cemento, è stata trasportata in una discarica autorizzata, mentre il resto è stato ricoperto da teloni di plastica per evitare che l’infiltrazione di acqua piovana provocasse la dispersione dei rifiuti.
  14. Il 28 maggio 2014 il comune di Castelliri ha chiesto un nuovo finanziamento alla regione Lazio per completare la bonifica del terreno e in particolare per rimuovere e trasportare in un luogo idoneo i rifiuti pericolosi interrati.

    B. Il diritto e la prassi interni e internazionali pertinenti

    1. Il diritto interno pertinente

  15. L'articolo 844 del codice civile dispone che il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni nocive provenienti dal fondo del vicino se queste non superano la normale tollerabilità.
  16. L'articolo 2043 del codice civile enuncia il principio del neminem laedere, ossia il dovere generale di non cagionare ad altri un danno ingiusto. Chiunque sostenga di aver subito un danno in violazione di questo principio può esercitare l’azione di responsabilità.
  17. L'articolo 2050 del codice civile sancisce il principio generale della responsabilità derivante da «attività pericolose».
  18. Con molte sentenze i giudici interni hanno accolto delle azioni proposte contro i proprietari di alcune imprese, ivi comprese discariche pubbliche e altre discariche, quando le immissioni superavano i livelli accettabili, in particolare quando potevano costituire un pericolo per la salute e l'integrità delle persone o causare danni ai beni (si vedano in particolare, la sentenza della Corte di cassazione n. 10186 del 15 ottobre 1998 e anche le sentenze n. 2999 del 1989, n. 8300 del 1995, n. 9893 del 2000).

    2. Le fonti di diritto dell’Unione europea

     
  19. L'articolo 4 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio dell’Unione europea, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo 1991, recita quanto segue:
    «Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e in particolare:
    1. senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora;
    2. senza causare inconvenienti da rumori od odori;
    3. senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.

      Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti.»

      MOTIVI DI RICORSO
  20. Invocando gli articoli 2, 8, 5 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, il ricorrente lamenta che astenendosi dall'adottare le misure necessarie per assicurare che i rifiuti depositati nella discarica di Castelliri fossero eliminati e per bonificare il sito, le autorità pubbliche hanno messo in pericolo la sua vita, la sua salute e quella della sua famiglia.

    IN DIRITTO

  21. Invocando gli articoli 2, 8, 5 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, il ricorrente lamenta che astenendosi dall'adottare le misure necessarie per assicurare che i rifiuti depositati nella discarica di Castelliri fossero eliminati e per bonificare il sito, le autorità pubbliche hanno messo in pericolo la sua vita, la sua salute e quella della sua famiglia.
  22. Il Governo contesta questa tesi.
  23. Libera di qualificare giuridicamente i fatti della causa (Guerra e altri c. Italia, 19 febbraio 1998, § 44, Recueil des arrêts et décisions 1998 I), la Corte ritiene, vista la sua giurisprudenza in materia (López Ostra c. Spagna, 9 dicembre 1994, § 51, serie A n. 303 C; Guerra e altri, sopra citata, § 57; Hatton e altri c. Regno Unito [GC], n. 36022/97, § 96, CEDU 2003 VIII; Moreno Gómez c. Spagna, n. 4143/02, 16 novembre 2004; Di Sarno e altri c. Italia, n. 30765/08, § 96, 10 gennaio 2012), che i motivi di ricorso del ricorrente debbano essere esaminati secondo il punto di vista del diritto al rispetto della vita privata e del domicilio garantito dall'articolo 8 della Convenzione, le cui disposizioni pertinenti sono così formulate:
    «1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
    2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
  24. Il Governo eccepisce il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne visto che il ricorrente non ha fatto uso dei molti ricorsi esperibili nel diritto interno. In particolare, secondo il Governo, il ricorrente aveva la possibilità di agire:
    – dinanzi ai giudici civili, in base all'articolo 844 del codice civile, per far cessare le immissioni sgradevoli in questione, o in base agli articoli 2043 e 2050 del codice civile, per chiedere un risarcimento danni,
    – dinanzi ai giudici amministrativi, per far verificare se il proprietario della discarica rispettava gli obblighi impostigli dalla concessione amministrativa di cui era titolare.
  25. Il Governo rammenta che in applicazione dell'articolo 844 del codice civile, spesso i giudici hanno accolto azioni proposte contro i proprietari di imprese, ivi comprese discariche pubbliche e altre discariche quando le immissioni superavano i livelli tollerabili, in particolare quando potevano costituire un pericolo per la salute e l'integrità delle persone o ancora causare dei danni ai beni (si veda la sentenza della Corte di cassazione n. 10186 del 15 ottobre 1998).
  26. Inoltre, il Governo rammenta che il proprietario disponeva anche di un'azione di risarcimento danni ex articolo 2043 del codice civile con cui avrebbe potuto chiedere un risarcimento per la perdita di valore della sua abitazione. A tale proposito, il Governo sottolinea che un'azione di questo tipo era possibile in quanto l'installazione della discarica era successiva alla costruzione della sua abitazione.
  27. Il ricorrente ribatte che la CGUE ha già condannato l'Italia e che non era tenuto a presentare un ricorso dinanzi ai giudici nazionali. Il problema secondo lui risiede nella mancanza di fondi disponibili da destinare al ripristino dello stato dei luoghi.
  28. La Corte rammenta che ai sensi dell'articolo 35 § 1 della Convenzione, essa può essere adita solo dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne. La finalità di tale regola è quella di offrire agli Stati contraenti l’occasione di prevenire o riparare le violazioni denunciate nei loro confronti prima che la Corte ne sia investita (si vedano, fra altre, Mifsud c. Francia (dec.) [GC], n. 57220/00, § 15, CEDU 2002 VIII, e, più recentemente, Simons c. Belgio (dec.), n.71407/10 § 23, 28 agosto 2012).
  29. L’articolo 35 § 1 della Convenzione prescrive tuttavia l’esaurimento dei soli ricorsi che siano al tempo stesso relativi alle violazioni denunciate, disponibili e adeguati. Un ricorso è effettivo quando è disponibile tanto in teoria quanto in pratica all’epoca dei fatti, vale a dire quando è accessibile, può offrire al ricorrente la riparazione delle violazioni denunciate e presenta ragionevoli prospettive di successo. Al riguardo, il mero fatto di nutrire dubbi quanto alle prospettive di successo di un dato ricorso che non è secondo ogni evidenza destinato al fallimento non costituisce un motivo valido per giustificare il mancato utilizzo di ricorsi interni (Brusco c. Italia (dec.), n. 69789/01, CEDU 2001 IX; Sardinas Albo c. Italia (dec.), n. 56271/00, CEDU 2004 I (estratti); Sejdovic c. Italia [GC], n. 56581/00, § 46 CEDU 2006 II; e Alberto Eugenio da Conceicao c. Portogallo (dec.), n. 74044/11, 29 maggio 2012).
  30. La Corte nota che il presente ricorso riprende in larga parte i fatti già esposti dal comune di Castelliri alla Commissione dell’Unione europea.
  31. La Corte rammenta che la procedura di infrazione contro l’Italia ha avuto come unico obiettivo quello di ottenere che lo Stato membro si conformasse volontariamente a quanto richiesto dal diritto dell’Unione. Rammenta inoltre che per quanto riguarda il ricorso per inadempimento previsto dall’articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, se la Corte di giustizia pronuncia una sentenza di inadempimento, essa può «comminare allo Stato membro in questione il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità entro i limiti dell’importo indicato dalla Commissione» per costringerlo a conformarsi al diritto comunitario.
  32. La sentenza che constata un inadempimento pronunciata dalla Corte di giustizia non ha avuto effetto sui diritti del ricorrente perché non ha avuto come oggetto né prodotto l’effetto di regolare una situazione individuale.
  33. La Corte nota che il ricorrente non ha presentato alcun ricorso dinanzi ai giudici interni. A questo punto rammenta il suo ruolo sussidiario rispetto ai sistemi nazionali di garanzia dei diritti dell’uomo (Handyside c. Regno Unito, 7 dicembre 1976, § 48, serie A n. 24 e Vučković e altri c. Serbia [GC], n. 17153/11, § 69, 25 marzo 2014), e ritiene che il ricorrente avesse a sua disposizione più norme di legge che gli avrebbero permesso di dare ai giudici interni l’occasione di riparare a livello nazionale la presunta violazione dell’articolo 8.
  34. Come ha sottolineato il Governo, il ricorrente avrebbe potuto avviare un’azione legale dinanzi al giudice civile ai sensi dell’articolo 844 del codice civile (si veda la giurisprudenza della Corte di cassazione, così come riportata nelle sentenze n. 2999 del 1989, n. 8300 del 1995, n. 9893 del 2000). Il giudice nazionale avrebbe potuto quindi richiedere una perizia sull’esistenza di immissioni e sulla loro pericolosità, verificare dunque il pregiudizio per la salute del ricorrente e, eventualmente, chiedere la chiusura della discarica e mettere in atto un programma di bonifica.
  35. Il ricorrente avrebbe anche potuto agire contro il proprietario della discarica per chiedere un risarcimento danni (a contrario, Di Sarno e altri, sopra citata).
  36. Peraltro, la Corte non dispone di alcun elemento che le consentirebbe di dichiarare che il ricorso in questione non poteva apportare una riparazione appropriata alla doglianza del ricorrente basata sull'articolo 8 della Convenzione e non offriva prospettive ragionevoli di esito positivo (si veda, in questo senso e mutatis mutandis, Taron c. Germania (dec.), n. 53126/07, § 40, 29 maggio 2012). È opportuno a questo punto ricordare che quando esiste un dubbio sull'efficacia e sulle possibilità di successo di un ricorso interno, quest'ultimo deve essere tentato (Voisine c. Francia, n. 27362/95, decisione della Commissione del 14 gennaio 1998, e Gurcegiz c. Turchia, n. 11045/07, § 32, 15 novembre 2012).
  37. Rinunciando ad avvalersi di tale procedimento che aveva la possibilità di esperire, il ricorrente si è privato lui stesso della possibilità di tutelare i suoi diritti garantiti dall’articolo 8 della Convenzione a seguito delle immissioni denunciate.
  38. La Corte accoglie pertanto l’eccezione del Governo e rigetta il ricorso per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,
Dichiara il ricorso irricevibile.

Stanley Naismith
Cancelliere

Işıl Karakaş
Presidente