Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 9 settembre 2014 - Ricorso n. 25731/09 - Emilia Moldoveanu c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata e rivista dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico e da Rita Carnevali, assistente linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 25731/09
Emilia MOLDOVEANU
contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 9 settembre 2014 in una Camera composta da:
Işıl Karakaş, presidente,
Guido Raimondi,
Nebojša Vučinić,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Egidijus Kūris,
Robert Spano, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato, presentato l’11 maggio 2009,
Dopo aver deliberato, emette la seguente decisione:

IN FATTO

  1. La ricorrente, sig.ra Emilia Moldoveanu, è una cittadina rumena nata nel 1933 e residente a Magurele.
    A.  Le circostanze del caso di specie
  2. I fatti di causa, così come esposti dalla ricorrente, si possono riassumere come segue.
  3. La ricorrente è la madre della sig.ra Carmen Liliana Moldoveanu.
  4. La figlia della ricorrente era sposata con il signor X, un cittadino italiano. Il 3 giugno 2006, allertati dai vicini, i carabinieri penetrarono nell’appartamento della coppia, situato a Pisa. Vi trovarono X, insanguinato, che impugnava un martello mentre la figlia della ricorrente era agonizzante a terra. La stessa fu condotta d’urgenza in ospedale.
  5. La madre di X, che era presente al momento dell’aggressione, dichiarò che il figlio aveva colpito la vittima con un martello e che lei stessa era rimasta ferita mentre cercava di fermarlo. X confessò di avere colpito varie volte la moglie che, al momento dell’aggressione, dormiva.
  6. Il 5 giugno 2006 il giudice per le indagini preliminari («il GIP») di Pisa dispose la custodia cautelare nei confronti di X. In quell’occasione, X dichiarò di aver aggredito la moglie perché sospettava che questa volesse avvelenarlo e avesse intenzione di ucciderlo e di uccidere sua madre per ereditarne i beni. X, professore universitario, era stato oggetto di internamenti psichiatrici in passato.
  7. L’11 giugno 2006 la figlia della ricorrente decedette. Secondo una perizia medico-legale disposta dalla procura, il decesso era stato causato dalle lesioni craniche subite durate l’aggressione del 3 giugno. La ricorrente fu informata del fatto che poteva nominare un esperto di medicina legale di sua fiducia.
  8. Il 14 giugno 2006 i carabinieri di Pisa procedettero a dei rilievi tecnici urgenti nell’appartamento di X, dove aveva avuto luogo l’aggressione. Il 15 giugno 2006 furono raccolti gli oggetti personali della vittima ai fini della restituzione alla ricorrente.
  9. Il 20 giugno 2006 la ricorrente nominò l’avvocato B. e gli diede mandato per costituirsi parte civile nel procedimento contro il sig. X.
  10. Il 4 luglio 2006 si tenne un’udienza in camera di consiglio dinanzi al GIP di Pisa. La ricorrente e l’avv. B. erano assenti. In tale occasione il GIP nominò un perito psichiatrico e lo incaricò di determinare se, al momento dell’aggressione, X fosse capace di comprendere il significato delle sue azioni, potesse partecipare coscientemente al processo e fosse socialmente pericoloso. La procura e il difensore di X nominarono dei periti di fiducia.
  11. Il 30 settembre 2006 il perito nominato dal GIP depositò la sua relazione, che conteneva le conclusioni seguenti: a) al momento dell’aggressione del 3 giugno X era totalmente incapace di comprendere il significato delle sue azioni; b) X era in grado di partecipare al processo e di fare le relative scelte procedurali; c) a causa delle sue patologie psichiche, X doveva essere considerato socialmente pericoloso.
  12. Il 6 ottobre 2006 il GIP di Pisa ordinò che X fosse internato in un ospedale psichiatrico.
  13. Nel frattempo, il 28 giugno 2006 il tribunale di Pisa aveva ricevuto una lettera manoscritta, nella quale l’autore dichiarava di avere sposato una certa «Carmen» e di essere detenuto al penitenziario di Pisa. Descriveva poi la sua vita famigliare e le sue preoccupazioni e confessava l’omicidio della moglie. Secondo una perizia grafologica in data 18 settembre 2006, effettuata dal reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri di Roma, la lettera era stata scritta da X.
  14. Il 22 marzo 2007 la procura di Pisa chiese il rinvio a giudizio di X dinanzi alla corte d’assise della stessa città.
  15. Il 30 maggio 2007 il GIP di Pisa fissò l’udienza preliminare per l’11 luglio 2007. Una copia dell’avviso di fissazione di udienza fu notificata all’avv. B., legale della ricorrente. Nell’avviso veniva precisato che la parte lesa aveva la facoltà, ma non l’obbligo, di partecipare all’udienza preliminare e che, nel corso di quest’ultima, essa avrebbe potuto costituirsi parte civile.
  16. La ricorrente nominò un altro legale, l’avv. C. In una memoria del 10 luglio 2007, quest’ultimo eccepì la nullità della relazione di perizia psichiatrica del 30 settembre 2006 (paragrafo 11 supra), in quanto la ricorrente, parte lesa, non era stata informata della data dell’udienza del 4 luglio 2006, durante la quale il perito in psichiatria aveva ricevuto il suo mandato. Egli affermò per di più che tale relazione era incompleta e in ogni caso doveva essere rinnovata. L’avv. C. osservò infine che, nella lettera trovata il 28 giugno 2006 (paragrafo 13 supra), X indicava, tra l’altro, che prima dell’omicidio, aveva depositato una somma di denaro importante (830.000 euro) sul conto bancario di un terzo; poiché tale operazione sembrava avere lo scopo di sottrarre denaro alla vittima e alla sua famiglia, l’avv. C. chiese il sequestro conservativo di tutti i beni di X.
  17. All’udienza preliminare dell’11 luglio 2007, l’avv. C. si costituì parte civile in nome della ricorrente. Quest’ultima era assente.
  18. Il giudice dell’udienza preliminare («GUP») rigettò le eccezioni della ricorrente relative alla nullità della relazione di perizia psichiatrica. Esso osservò che l’interrogatorio del perito non era indispensabile, che la relazione di perizia non era incompleta e che il legale della ricorrente di allora, l’avv. B., aveva ricevuto un avviso di fissazione dell’udienza del 4 luglio 2006.
  19. X chiese di essere giudicato secondo il rito abbreviato, procedura che comportava in caso di condanna una riduzione di pena. Nell’ambito di tale procedimento, che si svolge in camera di consiglio, le parti devono, in linea di principio, basarsi sui documenti versati agli atti del fascicolo della procura. Tuttavia, in via eccezionale, possono essere ammesse prove orali. X precisò che la sua domanda era subordinata alla produzione di una nuova relazione di perizia riguardante la sua pericolosità sociale. L’avv. C. chiese, a nome della ricorrente, che la relazione fosse estesa anche alla questione di stabilire se, al momento dell’aggressione, X fosse capace di comprendere il significato delle sue azioni.
  20. Il GUP accolse la richiesta di giudizio abbreviato di X e nominò un perito per stabilire se egli fosse ancora socialmente pericoloso. Il giudice precisò che la parte civile non poteva formulare richieste di acquisizione di prove all’udienza preliminare o nell’ambito del rito abbreviato; in ogni caso, se fossero risultate necessarie ulteriori prove, il GUP avrebbe potuto disporne l’acquisizione d’ufficio.
  21. La ricorrente, X e la procura si riservarono la possibilità di nominare un perito di fiducia. L’avv. C. dichiarò di non accettare l’adozione del rito abbreviato.
    In virtù dell’articolo 441 c. 4 del CPP, una tale dichiarazione toglieva a tutti i procedimenti civili di risarcimento l’effetto sospensivo normalmente inerente al procedimento penale (principio secondo il quale «il processo civile è sospeso in pendenza del processo penale», posto dall’articolo 75 c. 3 dello stesso codice; si veda paragrafo 29 infra).
  22. Nella sua relazione, il perito nominato dal GUP giunse alla conclusione che X era ancora socialmente pericoloso. Un perito nominato dalla difesa suggerì che X fosse posto in una struttura diversa da un ospedale psichiatrico, e più adatta alle sue necessità terapeutiche.
  23. Una nuova udienza preliminare fu fissata per il 12 ottobre 2007. La ricorrente era assente, ma il suo legale, l’avv. C., e suo fratello, Y, erano presenti.
  24. In tale occasione, il GUP dichiarò che la parte civile, dal momento che aveva affermato di non accettare il rito abbreviato, non aveva locus standi nell’ambito di quest’ultimo, considerando che essa avesse in tal modo chiaramente manifestato la propria intenzione di portare le sue richieste dinanzi al giudice civile. Tuttavia, dato che la legge permetteva alla parte lesa di partecipare all’udienza preliminare e di presentare delle memorie, il GUP autorizzò l’avv. C. ad assistere all’udienza del 12 ottobre 2007.
  25. Successivamente, il perito nominato l’11 luglio 2007 fu interrogato. Alla fine dell’interrogatorio si presentò l’avv. I., il legale rumeno della ricorrente, che fu ammesso nella sala di udienza. Il rappresentante della procura e gli avvocati di X presentarono le loro conclusioni.
  26. Con sentenza del 12 ottobre 2007, depositata il 5 novembre 2007, il GUP di Pisa assolse X in quanto all’epoca dei fatti era affetto da una malattia mentale che lo rendeva incapace di comprendere il significato delle sue azioni. Esso dispose, a titolo di misura di sicurezza e tenuto conto della pericolosità sociale dell’imputato, il suo internamento in un ospedale psichiatrico per una durata non inferiore a cinque anni. Tale sentenza divenne definitiva il 26 gennaio 2008, in quanto né X né la procura interposero appello.
  27. La ricorrente ha comunicato che desiderava interporre appello, ma che il suo avvocato l’aveva informata che non ne aveva la facoltà.
    B.  Il diritto interno pertinente
  28. Le disposizioni che regolano il rito abbreviato sono sintetizzate nelle cause Hermi c. Italia ([GC], n. 18114/02, §§ 27-28, CEDU 2006-XII), e Fera c. Italia (n. 45057/98, §§ 30-34, 21 aprile 2005).
  29. Uno dei principi del diritto processuale italiano si esprime con la massima «il processo civile è sospeso in pendenza del processo penale». Ai sensi dell’articolo 75 c. 3 del CPP, «se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge».
    Una delle eccezioni in questione è prevista dall’articolo 441 c. 4 del CPP, se la parte civile non accetta il rito abbreviato. In tal caso, il processo civile può dunque essere condotto a termine senza attendere l’esito dell’azione penale.
  30. Ai sensi dell’articolo 651 del CPP,
    «1.  La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale.
    2.  La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell'articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.»
    Una disposizione analoga è prevista per la sentenza penale irrevocabile di assoluzione. Si tratta dell’articolo 652 del CPP, che recita:
    «1.  La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato nell'interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'articolo 75 comma 2.
    2.  La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dell'articolo 442, se la parte civile ha accettato il rito abbreviato.»
  31. Nell’ambito del rito ordinario, dopo il rinvio a giudizio, «l’udienza è pubblica a pena di nullità» (articolo 471 c. 1 del CPP). La procura e i rappresentanti della parte civile, del responsabile civile, del civilmente responsabile per le pene pecuniarie e dell’imputato indicano all’udienza i fatti che desiderano provare e chiedono l’acquisizione delle relative prove (articolo 493 c. 1 del CPP).

    MOTIVI DI RICORSO
     
  32. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, la ricorrente lamenta una mancanza di equità nel procedimento penale a carico del marito di sua figlia.

    IN DIRITTO
     
  33. La ricorrente considera che il procedimento penale contro il sig. X non sia stato equo e invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, recita:
    «1.  Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole, da un tribunale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...).»
  34. La ricorrente sottolinea di non avere accettato l’adozione del rito abbreviato e afferma di non essere stata né convocata né sentita dai tribunali italiani. Inoltre, la stessa osserva che aveva dato mandato al fratello Y per l’udienza del 12 ottobre 2007 ma che, poiché Y non capisce l’italiano e si era presentato con un interprete, quest’ultimo non è stato ammesso nell’aula di udienza.
    La ricorrente considera perciò che il procedimento penale non sia stato effettivo, e lamenta di non aver potuto interporre appello avverso la sentenza del 12 ottobre 2007.
  35. La Corte osserva anzitutto che la ricorrente, madre della vittima di un omicidio, si è costituita parte civile nel procedimento penale a carico del sig. X (paragrafo 17 supra) per far valere, nell’ambito del processo penale, il proprio diritto a ottenere una riparazione del danno derivante dal reato. È pertanto applicabile l’elemento civile dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (si veda, in particolare, Perez c. Francia [GC], n. 47287/99, §§ 57-72, CEDU 2004-I).
  36. La Corte rileva inoltre che il CPP italiano riconosce alla parte lesa un certo numero di diritti di natura procedurale, sia prima (Sottani c. Italia (dec.), n. 26775/02, CEDU 2005-III) che dopo la costituzione di parte civile. In particolare, se l’interessato viene rinviato a giudizio, la parte lesa potrà perorare la sua causa nel corso di un processo pubblico e chiedere l’acquisizione degli elementi che possono provare i fatti a sostegno delle sue richieste (paragrafo 31 supra).
  37. Tuttavia, quando, come nel caso di specie, l’imputato viene giudicato secondo il rito abbreviato, l’udienza si svolge in camera di consiglio ed è dedicata alle requisitorie delle parti. In linea di principio, e ad eccezione del caso in cui l’imputato richiede l’integrazione probatoria, le parti devono basarsi sui documenti presenti nel fascicolo della procura. La sentenza viene resa in camera di consiglio (Hermi, sopra citata, § 27).
  38. La Corte osserva che, nel diritto italiano, la parte civile non può opporsi all’adozione del rito abbreviato, che pure comporta una riduzione delle garanzie e delle facoltà di cui essa beneficia nell’ambito del rito ordinario. La Corte deve determinare se l’applicazione di questa regola nel caso di specie abbia violato il diritto della ricorrente a un processo equo per la determinazione dei suoi diritti e doveri di carattere civile.
  39. A questo riguardo, è opportuno notare che la parte civile è libera di dichiarare che non accetta il rito abbreviato. In questo caso, il principio secondo il quale «il processo civile è sospeso in pendenza del processo penale» (si veda Perez, sopra citata, § 60) non si applica, e la parte lesa può immediatamente presentare ai giudici civili una richiesta di risarcimento (paragrafi 21 e 29 supra).
  40. Nel caso di specie, la ricorrente ha esercitato, per il tramite del suo avvocato, la sua facoltà di rifiutare l’adozione del rito abbreviato (paragrafo 21 supra). Ciò ha comportato la perdita di qualsiasi locus standi nell’ambito del procedimento penale, ma non ha impedito agli avvocati italiano e rumeno della ricorrente di assistere all’udienza preliminare (paragrafi 24 e 25 supra).
  41. La Corte è del parere che l’elemento civile dell’articolo 6 non imponga agli Stati di conferire alla parte civile un diritto di veto sull’adozione di procedure speciali che comportano dei vantaggi per l’imputato, come il rito abbreviato nel diritto italiano. Essa rammenta a questo riguardo che la Convenzione non garantisce il diritto alla «vendetta privata» e che il diritto di far perseguire o condannare penalmente dei terzi non può essere di per sé ammesso (Perez, sopra citata, § 70).
  42. Inoltre, la perdita di locus standi subita dalla ricorrente non può tradursi in un diniego di giustizia. In effetti, poiché la non accettazione del rito abbreviato privava il procedimento penale di qualsiasi effetto sospensivo su un’eventuale azione civile risarcitoria (paragrafo 39 supra), l’interessata avrebbe potuto immediatamente rivolgersi a un tribunale civile per far valere le proprie richieste di riparazione dei danni subiti. La Corte ritiene che questa possibilità sia sufficiente ai fini dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
  43. Del resto, la Corte osserva che, avendo cessato di essere parte al procedimento penale in conseguenza di una scelta libera e volontaria, la ricorrente non può validamente lamentare né l’impossibilità di interporre appello avverso la sentenza del 12 ottobre 2007 né il rifiuto di permettere all’interprete di suo fratello Y di accedere alla sala in cui si svolgeva l’udienza preliminare. In ogni caso, gli avvocati italiano e rumeno dell’interessata hanno potuto partecipare a tale udienza (paragrafo 40 supra), e dal fascicolo risulta che gli avvocati della ricorrente sono stati debitamente informati delle udienze preliminari (paragrafi 15 e 17 supra). Infine, nulla dimostra che il procedimento penale nei confronti del sig. X non sia stato effettivo o sia stato in altro modo contrario alla Convenzione.
  44. Di conseguenza il ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.

Per questi motivi la Corte, all’unanimità,
Dichiara il ricorso irricevibile.

Stanley Naismith   
Cancelliere

Işıl Karakaş
Presidente