Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 16 settembre 2014 - Ricorso n.37262/03 - Pasquale Miele c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico. Revisione a cura della dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 37262/03

Pasquale MIELE contro l’Italia
 

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 16 settembre 2014 in un comitato composto da:
Helen Keller, presidente,
Egidijus Kūris,
Jon Fridrik Kjølbro, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere aggiunto di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 6 novembre 2003,
Vista la dichiarazione depositata dal governo convenuto il 27 maggio 2014 con cui si chiede alla Corte di cancellare il ricorso dal ruolo;
Dopo aver deliberato, rende la seguente decisione:

FATTI E PROCEDURA

Il ricorrente, sig. Pasquale Miele, è un cittadino italiano nato nel 1953 e residente a Roccarainola. Dinanzi alla Corte è stato rappresentato dall’avvocato M.G. Rescigno, con studio a Cicciano.

Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo, nonché dal suo ex co-agente, Nicola Lettieri.

Il ricorrente è stato parte in un procedimento civile di cui ha contestato l’eccessiva durata mediante il ricorso «Pinto» (13 anni e 4 mesi per un grado di giudizio, fino alla data di presentazione del ricorso «Pinto»).

Con decisione del 9 maggio 2003 (R.G. n. 3039/02), la corte d’appello di Roma constatò la violazione del termine ragionevole ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e accordò al ricorrente 2.250 EUR per danno morale, più le spese della procedura «Pinto». La decisione è stata eseguita il 20 maggio 2004.

Dinanzi alla Corte, il ricorrente lamenta la eccessiva durata del procedimento principale e l’insufficiente entità della somma ottenuta nell’ambito del rimedio «Pinto» (articolo 6 § 1 della Convenzione).
Inoltre, invocando l’articolo 6 § 1, egli contesta il ritardo nel pagamento della somma «Pinto» (ricorso n. 37262/03); basandosi sugli articoli 13 e 53, il ricorrente denuncia l’inefficacia del ricorso «Pinto» soprattutto in ragione dell’insufficiente importo ottenuto.

Il ricorso è stato comunicato al Governo convenuto.

IN DIRITTO

A. Sulla durata del procedimento principale e sul ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto»

Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il ricorrente lamenta la eccessiva durata del procedimento principale e il ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto».

Dopo il fallimento del tentativo di composizione amichevole, il 27 maggio 2014 il Governo ha fatto pervenire alla Corte una dichiarazione unilaterale al fine di risolvere la questione sollevata con questa parte del ricorso. Ha inoltre chiesto alla Corte di cancellare il ricorso dal ruolo in applicazione dell’articolo 37 della Convenzione.
La dichiarazione era così formulata:

«Il Governo italiano, tenuto conto della consolidata giurisprudenza della Corte in materia (Cocchiarella c. Italia [GC], n. 64886/01, CEDU 2006 V), riconosce la durata irragionevole del procedimento, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, e il ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto», sui quali verte il ricorso summenzionato.

Di conseguenza il governo italiano si offre di versare:

  • 6.200 EUR (seimiladuecento euro) a copertura di tutti i danni morali derivanti dalla durata irragionevole della procedura e dal ritardo nell’esecuzione della decisione [«Pinto»] più le somme eventualmente dovute a titolo di imposta dal ricorrente, e
  • 800 EUR (ottocento euro), a copertura di tutte le spese, più le somme eventualmente dovute a titolo di imposta dal ricorrente.

Tali somme saranno pagate entro i tre mesi successivi alla data di notifica della decisione della Corte resa conformemente all’articolo 37 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In caso di mancato pagamento entro tale termine, il Governo si impegna a versare, a decorrere dalla scadenza dello stesso e fino al versamento effettivo delle somme in questione, un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, aumentato di tre punti percentuali. Tale versamento concluderà definitivamente la causa.

Il governo ritiene che le somme sopra indicate costituiscano una riparazione adeguata della violazione alla luce della giurisprudenza della Corte in materia (Cocchiarella, sopra citata).

Il Governo chiede rispettosamente alla Corte di dichiarare che la prosecuzione dell’esame del ricorso non è più giustificata e di cancellare il ricorso dal ruolo conformemente all’articolo 37 della Convenzione.»

Il ricorrente non ha formulato alcun commento riguardo a questa dichiarazione unilaterale.

La Corte rammenta che, in virtù dell’articolo 37 della Convenzione, in qualsiasi fase della procedura essa può decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze le permettano di giungere a una delle conclusioni di cui ai commi a), b) o c) del paragrafo 1 di tale articolo. In particolare, l’articolo 37 § 1 c) le permette di cancellare un ricorso dal ruolo se:

«per ogni altro motivo di cui la Corte accerta l’esistenza, la prosecuzione dell’esame del ricorso non sia più giustificata.»

La Corte rammenta anche che, in alcune circostanze, può essere opportuno cancellare un ricorso dal ruolo ai sensi dell’articolo 37 § 1 c) sulla base di una dichiarazione unilaterale del governo convenuto (articolo 62A del regolamento).

A tal fine, la Corte deve esaminare in dettaglio la dichiarazione alla luce dei principi sanciti dalla sua giurisprudenza (Tahsin Acar c. Turchia (questione preliminare) [GC], n. 26307/95, §§ 75-77, CEDU 2003 VI; WAZA Spółka z o.o. c. Polonia (dec.) n. 11602/02, 26 giugno 2007).

La Corte ha fissato in un certo numero di cause, tra cui quelle proposte contro l’Italia, la sua prassi per quanto riguarda i motivi di ricorso relativi, sotto il profilo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, alla violazione del termine ragionevole e al ritardo nell’esecuzione delle decisioni «Pinto» (si vedano, ad esempio, Frydlender c. Francia [GC], n. 30979/96, § 43, CEDU 2000 VII; Cocchiarella c. Italia [GC], n. 64886/01, §§ 69-98, CEDU 2006 V; Gaglione e altri c. Italia, nn. 45867/07 e altri, §§ 32-40, 21 dicembre 2010).

Considerata la natura delle concessioni contenute nella dichiarazione del Governo e visto l’importo del risarcimento proposto – conforme agli importi accordati in cause simili –, la Corte ritiene non sia più giustificato proseguire l’esame di questa parte del ricorso (articolo 37 § 1 c)).

Inoltre, alla luce delle considerazioni sopra esposte e tenuto conto, in particolare, della sua copiosa e chiara giurisprudenza in materia, la Corte ritiene che il rispetto dei diritti dell’uomo sanciti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non esiga che essa prosegua l’esame di questa parte del ricorso (articolo 37 § 1 in fine).

Infine, la Corte sottolinea che, qualora il Governo non rispettasse i termini della sua dichiarazione unilaterale, il ricorso potrebbe essere nuovamente iscritto al ruolo in virtù dell’articolo 37 § 2 della Convenzione (Josipović c. Serbia (dec.), n. 18369/07, 4 marzo 2008).

B. Sulla non effettività del rimedio «Pinto»

Dal punto di vista degli articoli 13 e 53, il ricorrente denuncia la non effettività del ricorso «Pinto» soprattutto in ragione della somma ottenuta per il danno morale.

Questo motivo di ricorso deve essere esaminato sul terreno dell’articolo 13.

Tenuto conto della giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia, n. 14626/03, §§ 46-49, 5 giugno 2007, la Corte ritiene che la semplice esiguità della somma del risarcimento non costituisca di per sé un elemento sufficiente per rimettere in discussione l’effettività del ricorso «Pinto».

Ne consegue che questa parte del ricorso è manifestamente infondata e deve essere rigettata in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.
Per questi motivi la Corte, all’unanimità,

Decide di cancellare questa parte del ricorso dal ruolo in applicazione dell’articolo 37 § 1 c) della Convenzione;

Prende atto dei termini della dichiarazione del governo convenuto riguardanti l’articolo 6 § 1 della Convenzione e delle modalità previste per garantire il rispetto degli impegni in tal modo assunti;

Dichiara il resto del ricorso irricevibile.

Helen Keller
Presidente

Abel Campos
Cancelliere aggiunto