Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 14 gennaio 2014 - Ricorso n.13139/08 - Stefanelli c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico, e rivista dalla dott.ssa Martina Scantamburlo.
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 13139/08

Francesco Stefanelli

contro l’Italia
 

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 14 gennaio 2014 in una camera composta da:
Işıl Karakaş, presidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato proposto il 4 marzo 2008,
Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dai ricorrenti,
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

1. Il ricorrente, sig. Francesco Stefanelli, è un cittadino italiano nato nel 1957 e residente a Cava de’ Tirreni (Salerno). Dinanzi alla Corte è stato rappresentato dall'avv. B. Mauro, del foro di Salerno.
2. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo.

A.  Le circostanze del caso di specie

3. I fatti della causa, così come sono stati esposti dalle parti, possono riassumersi come segue.

4. Il ricorrente è professore in un liceo di Sarno (Salerno). Nel 2003 furono avviate indagini nei suoi confronti e nei confronti di altre persone, accusate di far parte di una setta satanica responsabile di profanazioni di cimiteri e di oggetti sacri, di sacrifici di animali e di traffico di stupefacenti. Secondo gli inquirenti, il ricorrente era il presunto leader del gruppo. Era sospettato di avere istigato gli altri membri della setta a prostituirsi, di aver fornito loro droga e di avere istigato al suicidio un giovane uomo.

5. L’azione penale a carico del ricorrente era stata avviata, tra l’altro,  anche in base ad una nota dei servizi segreti che attestava l'esistenza di una setta satanica, di cui il ricorrente sarebbe stato il membro più carismatico.

; Il 15 marzo 2006 la procura di Nocera Inferiore (Salerno) dispose una perquisizione presso l’abitazione del ricorrente. In tale circostanza, gli inquirenti sequestrarono due videocassette e tre DVD.

7. Lo stesso giorno il procuratore della Repubblica organizzò una conferenza stampa alla quale erano presenti i principali giornali locali. Nei giorni successivi furono pubblicati molti articoli.

8. Nelle sue osservazioni del 10 maggio 2013, il Governo afferma di aver tentato senza successo di trovare la registrazione o la trascrizione di questa conferenza stampa.

9. Il 16 marzo 2006 il quotidiano Agro Nocerino pubblicò un articolo intitolato « Seguaci di Satana, Sarno sotto choc. L'indagine: il capo sarebbe un professore che reclutava gli adepti nel liceo nel quale insegnava». Questo articolo contiene il seguente passaggio:

«Secondo le informazioni diffuse nel corso della conferenza stampa (...), il capo carismatico di questo gruppo sarebbe un insegnante del liceo classico del comune di Sarno. »

10. Sempre il 16 marzo 2006, il giornale La Città pubblicò un articolo intitolato «Sette sataniche, coinvolte dieci persone. Il capo della setta era un professore. Due presunti suicidi sarebbero collegati alla vicenda». Questo articolo faceva riferimento alle dichiarazioni degli inquirenti in questo modo:

«Non vogliamo limitare la libertà di culto di nessuno», dichiara il magistrato che coordina l'indagine, «ma vogliamo verificare se sono stati commessi dei delitti, quali violenze sessuali o istigazione al suicidio. La libertà di culto è garantita, ma in questo caso, probabilmente vi è stato altro». (...)
Le indagini si sono concentrate sul presunto leader di questo gruppo, un'insegnante del liceo di Sarno, F.S. nato nel 1957, residente a Cava de’ Tirreni. Secondo gli investigatori, avrebbe iniziato i giovani al culto di Satana. La sua abitazione è stata perquisita. (...)

Accuse gravi che, allo stato, - secondo le indicazioni degli inquirenti - non sono corroborate da elementi di prova sufficienti. La visione delle videocassette sequestrate dovrebbe permettere di saperne di più.»

11. Il 17 marzo 2006 il quotidiano Il Mattino pubblicò alcuni articoli, accompagnati da una fotografia del ricorrente e  intitolati «Orgia in nome di Satana, il SISDE lo aveva segnalato» e «Dopo lo scandalo, il professore non torna in classe», nei cui passaggi pertinenti è scritto:

«Da ieri i militari (…) sono all’opera per visionare i filmati che inchioderebbero, secondo il procuratore Sessa, tutti i membri della setta. Una setta a capo della quale, secondo gli investigatori, ci sarebbe stato Francesco Stefanelli, ossia l'unico adulto tra le dieci persone iscritte nel registro degli indagati.»

«Ed ecco precisamente le gravi accuse che pesano su Stefanelli: corruzione di minori al fine di farli partecipare ai riti satanici, istigazione alla prostituzione, traffico di stupefacenti.»

«Certo, questa mattina la sorpresa (…) aumenterà quando si leggerà che il procedimento giudiziario legato all'insegnante di Cava de’ Tirreni parte anche da un avvertimento del SISDE, il servizio segreto civile, che aveva redatto una nota con una serie di dettagli molto precisi su questa setta attiva tra Sarno, Cava e Vietri sul Mare, fino ad allungare la sua ombra su un suicidio avvenuto a Sarno qualche anno fa. Non si sa perché sia intervenuto il SISDE che si muove soltanto quando è in pericolo la sicurezza democratica dello Stato.»

12. Il 17 marzo 2006 il quotidiano Il Salernitano pubblicò un articolo intitolato: «L’indagine: il capo sarebbe un insegnante che reclutava adepti nel liceo presso il quale insegnava», i cui passaggi pertinenti riportano:

«Secondo quanto emerge dalle notizie diffuse nel corso della conferenza stampa che si è tenuta mercoledì negli uffici della procura di Nocera Inferiore, il capo carismatico di questo gruppo sarebbe un insegnante del liceo classico del comune di Sarno, è lui che avrebbe avuto il ruolo di leader di questi giovani in difficoltà.»

13. Il 12 aprile 2006 il quotidiano La Città riportò il contenuto di alcuni atti del procedimento (in particolare la nota dei servizi segreti e la richiesta di perquisizione della casa del ricorrente). I passaggi pertinenti dell'articolo riportano:

«Si è appreso che in alcune zone dell'agro nocerino (…)  è attivo un gruppo composto essenzialmente da giovani che praticano i riti tipici del satanismo.»

«Nell'ambito della lotta al traffico di stupefacenti (…) vi sono fondate ragioni per ritenere che [il ricorrente] faccia abitualmente uso di sostanze stupefacenti, ma anche e soprattutto che distribuisca queste stesse sostanze tra i giovani alunni del liceo in cui insegna.»

«Dalle verifiche compiute risulta che [il ricorrente] è una persona piuttosto aggressiva e violenta e più volte è stato indagato per lesioni, abuso d’ufficio e violazione del codice della strada.»

14. Il quotidiano La Città riportò anche il contenuto di una nota dei carabinieri, da cui risultava che il ricorrente era una persona «dalla condotta morale e civile normale. Non risulta faccia uso di stupefacenti e gode di una stima e di una reputazione normale». Il quotidiano riferì infine che le indagini supplementari sul ricorrente non avevano apportato nulla di significativo.

15.; Il 26 marzo ed il 16 luglio 2007 il ricorrente chiese alla procura di Napoli, al Ministro della Giustizia e al Presidente della Repubblica di verificare se vi fossero state irregolarità nell'ambito dell'indagine svolta nei suoi confronti. L'esito di queste domande non è conosciuto.

16. Il 13 giugno 2008 la procura di Nocera Inferiore chiese l’archiviazione dell’azione penale a carico del ricorrente in quanto non era stato possibile raccogliere prove sufficienti per sostenere l'accusa nel corso del dibattimento. Sulla base della nota dei servizi segreti, la procura aveva effettuato perquisizioni, sequestri di oggetti in relazione con il satanismo, aveva sorvegliato persone e raccolto tabulati telefonici. Erano state scattate fotografie e risultava che alcuni indagati avessero una tendenza al libertinaggio e al consumo di sostanze stupefacenti. Alcuni testimoni avevano segnalato che i riti satanici si svolgevano in una chiesa abbandonata e i genitori del giovane che si era suicidato avevano affermato che il figlio aveva deliri a carattere religioso e sembrava «posseduto dal diavolo»; tuttavia, non vi erano elementi per dimostrare che egli facesse parte di una setta. Le testimonianze raccolte sul ricorrente inducono a credere che la sua condotta da insegnante non potesse essere messa in discussione. La procura osservò che l’adesione ad una setta satanica, ammesso che si potesse considerare provata, non era in quanto tale vietata dalla legge. Ora, mancava la prova dei reati detti «satelliti», nel caso di specie il traffico di droga, le violenze, l’appropriazione indebita e lo sfruttamento della prostituzione. Era dunque necessario archiviare le accuse.

17. Con ordinanza dell’11 maggio 2009, il cui testo fu depositato il 12 maggio 2009, il giudice per le indagini preliminari di Nocera Inferiore accolse la richiesta di archiviazione della procura osservando che le indagini avevano dimostrato l’infondatezza dell’accusa, in quanto non vi era alcun elemento che consentisse di rilevare un nesso tra il ricorrente e le sette sataniche o gli ambienti criminali. Nessuno degli indagati sembrava aver commesso reati, compresi quelli legati al traffico di sostanze stupefacenti; al massimo, si poteva formulare l’ipotesi che alcuni indagati facessero uso di droghe. Infine, non vi erano prove che gli indagati avessero istigato un giovane al suicidio.

18. Nel frattempo, nel 2007, il ricorrente aveva iniziato due cause civili per diffamazione contro i giornali Il Salernitano e Cronache del Mezzogiorno. Invocando la responsabilità professionale dei giornali in questione, chiedeva a ciascuno di loro un risarcimento di 52.000 euro (EUR).
Secondo le informazioni fornite dal ricorrente il 18 novembre 2013, queste due cause sono, a tale data, ancora pendenti; le prossime udienze sono state fissate al 12 giugno 2014 (per quanto riguarda la causa contro Il Salernitano) e al 18 febbraio 2015 (per quanto riguarda la causa contro Cronache del Mezzogiorno).

B.  Il diritto interno pertinente

19. Nelle sue parti pertinenti, l'articolo 114 del codice di procedura penale (il CPP) recita:

«1. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o (…) del loro contenuto.

2.  È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare 

(...).
7.  E sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.»

20. L’articolo 329 del CPP dispone:

«1. Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti da segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

2.  Quando è necessario per la costituzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall'art. 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parte di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero.

3.  Anche quando agli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini può disporre con decreto motivato:

a) l'obbligo del segreto per singoli atti, quando l'imputato lo consente o quando la conoscenza dell'atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone;

b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni.»

MOTIVI DI RICORSO

21. Invocando gli articoli 6 e 8 della Convenzione, nonché l'articolo 17 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, il ricorrente contesta la conferenza stampa del 15 marzo 2006 e i suoi echi mediatici.

IN DIRITTO

A.  Motivo di ricorso relativo all'articolo 6 § 2 della Convenzione

22. Il ricorrente considera che la conferenza stampa del 15 marzo 2006 e i suoi echi mediatici hanno violato l'articolo 17 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, nonché il suo diritto alla presunzione di innocenza, come garantito dall'articolo 6 § 2 della Convenzione
Tale disposizione recita:

«Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata .»

1. Argomenti delle parti

a)  Il ricorrente

23. Il ricorrente ritiene che non vi fosse alcuna necessità di tenere la conferenza stampa contestata nel corso della quale egli sarebbe stato presentato come colpevole di reati gravi in merito ai quali non era stata ottenuta alcuna prova concreta. Peraltro, tutte le accuse formulate nei suoi confronti sono state archiviate vista la totale infondatezza delle tesi della procura. Le indagini sono durate più di sei anni e, prima della nota del SISDE, tutte le informazioni raccolte sul ricorrente indicavano che costui non era stato segnalato come una persona che facesse uso di sostanze stupefacenti o inserita in ambienti criminali. La condotta di vita irreprensibile del ricorrente avrebbe potuto essere verificata in pochi giorni e senza ricorrere a lunghe indagini e intercettazioni telefoniche. Le accuse molto gravi formulate nei suoi confronti e riportate dai media hanno gravemente danneggiato la sua reputazione in un ambiente in cui, prima, godeva di una considerevole stima.

24. Il ricorrente ritiene che gli articoli della stampa che lo riguardano, corredati della sua foto e delle foto riprese durante la conferenza stampa, lo descrivevano come un satanista che istigava gli alunni alla prostituzione, al suicidio e all’uso di stupefacenti. I giornalisti avrebbero violato il loro dovere di obiettività e di riserbo, lasciandosi andare ad un attacco personale ingiustificato e volgare. Quanto alle voci che, secondo il Governo, circolavamo in merito ad una cerchia di satanisti, che avrebbero comportato la necessità, per le autorità, di rassicurare la popolazione locale, il ricorrente afferma che erano inesistenti e che la popolazione è venuta a conoscenza delle accuse in questione soltanto al momento della conferenza stampa. Quest’ultima sarebbe l’evento che avrebbe creato l’allarme sociale. La causa Karakaş e Yeşilirmark, citata dal Governo (paragrafo 25 infra), non sarebbe pertinente in quanto il ricorrente non è mai stato arrestato e rinviato a giudizio. Infine, la nota del SISDE non sarebbe all’origine dell’azione penale; del resto, questa nota sarebbe incompleta e non recherebbe la firma o il numero di registrazione per poterne verificare l’autenticità.

b)  Il Governo

25. Il Governo osserva che anche se non è stato possibile ritrovare la registrazione o la trascrizione della conferenza stampa del 16 marzo 2006 (paragrafo 8 supra), dagli articoli di stampa pubblicati sui giornali - nei quali era largamente utilizzato il condizionale – risulta che il ricorrente è stato semplicemente presentato come persona indagata, sottolineando che gli elementi in corso di acquisizione dovevano essere ancora coordinati e valutati. La conferenza contestata è stata dunque contrassegnata da prudenza e discrezione al fine di garantire la presunzione di innocenza, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte (si vedano, in particolare, Karakaş e Yeşilirmark c. Turchia, n. 43925/98, 28 giugno 2005; Bohmer c. Germania, n. 37568/97, 3 ottobre 2002; Nestak c. Slovacchia, n. 65559/01, 27 febbraio 2007; e Dovzhenko c. Ukraina, n. 36650/03, 12 gennaio 2012). I fatti sui quali le autorità stavano indagando allarmavano e inquietavano la popolazione e la conferenza stampa doveva informare quest'ultima e rassicurarla segnalando che erano in corso delle indagini.

2.  Valutazione della Corte

a)  Principi generali

26. La Corte rammenta i principi enunciati nella sua giurisprudenza, così riassunti nella causa Lizaso Azconobieta c. Spagna (n. 28834/08, §§ 37 39, 28 giugno 2011):

«37. La Corte rammenta che il principio della presunzione di innocenza sancito dal paragrafo 2 dell'articolo 6 figura fra gli elementi del processo equo richiesto dal paragrafo 1 della stessa disposizione (Kamasinski c. Austria, 19 dicembre 1989, § 62, serie A n. 168), ma esso non si limita a una semplice garanzia procedurale in materia penale. La sua portata è più ampia ed esige che nessun rappresentante dello Stato o di un’autorità pubblica dichiari che una persona è colpevole di un reato prima che la sua colpevolezza sia stata accertata da un tribunale (Allenet de Ribemont c. Francia, 10 febbraio 1995, §§ 35-36, serie A n. 308; Viorel Burzo c. Romania, nn. 75109/01 e 12639/02, § 156, 30 giugno 2009; Moullet c. Francia (dec.), n. 27521/04, 13 settembre 2007).

38. Inoltre, la Corte precisa che una violazione della presunzione di innocenza può provenire non soltanto da un giudice o da un tribunale, ma anche da altri agenti dello Stato (Allenet de Ribemont c. Francia, sentenza del 10 febbraio 1995, § 36, serie A n. 308; Daktaras c. Lituania, n. 42095/98, §§ 41-42, CEDU 2000-X) e da pubblici ufficiali («public officials»; Butkevičius c. Lituania, n. 48297/99, § 53, CEDU 2002 II (estratti)).

39. È vero che l'articolo 6 § 2 non può impedire, tenuto conto dell'articolo 10 della Convenzione, alle autorità pubbliche di informare il pubblico sulle inchieste penali in corso, ma richiede che esse lo facciano con tutta la discrezione e la riservatezza imposte dal principio della presunzione di innocenza (Allenet de Ribemont, sopra citata, § 38 e Y.B. e altri c. Turchia, nn. 48173/99 e 48319/99, § 47, 28 ottobre 2004). Se la Corte riconosce che la libertà di espressione e di comunicazione comporta il diritto di riferire sui procedimenti giudiziari, e pertanto, la possibilità per le autorità di rendere pubblici elementi oggettivi presi dal procedimento stesso, essa ritiene tuttavia che questi elementi debbano essere privi di qualsiasi valutazione o pregiudizio in merito alla colpevolezza (Y.B. e altri c. Turchia, sopra citata, § 49). La Corte sottolinea a tale proposito l’importanza della scelta dei termini da parte degli agenti dello Stato nelle dichiarazioni che essi rilasciano prima che una persona sia stata giudicata e riconosciuta colpevole di un reato. La Corte ritiene quindi che ciò che importa ai fini dell’applicazione della disposizione sopra citata, è il senso reale delle dichiarazioni in questione e non la loro forma letterale (Lavents c. Lettonia, n. 58442/00, § 126, 28 novembre 2002). Tuttavia, la questione di stabilire se la dichiarazione di un pubblico ufficiale costituisca una violazione del principio della presunzione di innocenza deve essere valutata nel contesto delle circostanze particolari nelle quali la dichiarazione controversa è stata rilasciata (si veda in particolare Adolf c. Austria, 26 marzo 1982, §§ 36 41, serie A n. 49). In effetti, deve essere fatta una distinzione tra le dichiarazioni che riflettono il sentimento che la persona interessata sia colpevole e quelle che si limitano a descrivere uno stato di sospetto. Le prime violano la presunzione di innocenza, mentre le seconde sono state più volte considerate conformi allo spirito dell'articolo 6 della Convenzione (Marziano c. Italia, n. 45313/99, § 31, 28 novembre 2002).»

b)  Applicazione di questi principi al caso di specie

27. Dal punto di vista dell'articolo 6 § 2 della Convenzione, è dunque essenziale determinare se le espressioni utilizzate nel corso della conferenza stampa si fossero limitate a descrivere uno stato di sospetto o se il ricorrente fosse stato presentato come colpevole.

28. Come indicato sopra (paragrafi 8 e 25 supra), la Corte non dispone del testo o della registrazione della conferenza contestata. Essa nota tuttavia che la stampa ha pubblicato gli articoli riguardanti le indagini avviate a carico del ricorrente basandosi, in particolare, sul contenuto delle informazioni divulgate dagli inquirenti nel corso della conferenza del 15 marzo 2006. La Corte ha esaminato questi articoli senza trovare alcuna affermazione che riflettesse il sentimento che il ricorrente fosse colpevole ed ha riscontrato diverse precauzioni d'uso, come il ricorso al modo condizionale. In particolare vi era scritto che il capo della setta «sarebbe» un professore di Sarno (paragrafo 9 supra), e il ricorrente era presentato come il «presunto» leader del gruppo (paragrafo 10 supra). Il giornale La Città ha anche riportato i discorsi del magistrato che coordinava le indagini il quale spiegava che ancora occorreva verificare se fossero stati commessi dei delitti e che allo stato le accuse non erano corroborate da elementi di prova sufficienti (paragrafo 10 supra). Il quotidiano Il Mattino si limitò ad indicare le accuse di cui il ricorrente era oggetto e i sospetti che pesavano sul suicidio di un giovane (paragrafo 11 supra). Infine, è vero che il quotidiano La Città del 12 aprile 2006 ha affermato che vi erano «fondate ragioni per ritenere che [il ricorrente] faccia uso abituale di sostanze stupefacenti, ma anche e soprattutto che distribuisca queste stesse sostanze tra i giovani alunni del liceo in cui insegna » (paragrafo 13 supra); tuttavia, questo stesso quotidiano riporta anche elementi a favore all’accusato, quali una nota dei carabinieri secondo la quale il ricorrente era una persona dalla condotta morale e civile normale che non faceva uso di stupefacenti, e i risultati delle ulteriori indagini sul ricorrente non avevano apportato alcun contributo significativo alle indagini (paragrafo 14 supra).

29. In queste circostanze, la Corte ritiene che le autorità si siano limitate a descrivere uno stato di sospetto nei confronti del ricorrente, e che nel caso di specie non sarebbe stata rilevata nessuna violazione del principio della presunzione di innocenza.

30. Infine, per quanto il ricorrente lamenti una violazione dell’articolo 17 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Corte rammenta che la sua missione si limita all’applicazione della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e che non è competente per far applicare o controllare che vengano rispettate altre convenzioni internazionali in quanto tali (si vedano, mutatis mutandis, Di Giovine c. Portogallo (dec.), n. 39912/98, 31 agosto 1999, e Hermida Paz c. Spagna (dec.), n. 4160/02, 28 gennaio 2003).

31. Ne consegue che questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 (a) e 4 della Convenzione.

B.  Motivo di ricorso relativo all’articolo 8 della Convenzione

32. Il ricorrente lamenta una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata, come garantito dall’articolo 8 della Convenzione, così formulato:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2.  Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

1.  Argomenti delle parti

a)  Il ricorrente

33. Il ricorrente sottolinea che il pubblico non era conoscenza dell’azione penale  a suo carico e che le indagini preliminari erano ancora in corso. Egli afferma che la divulgazione di atti investigativi a mezzo stampa costituisce una violazione del segreto istruttorio e dell’articolo 114 del CPP, e sostiene che il procedimento a suo carico non si sarebbe mai dovuto aprire. Anche se gli atti del procedimento non sono stati pubblicati integralmente, le informazioni divulgate dalla stampa erano sufficientemente precise per permettere che il ricorrente venisse individuato.

b)  Il Governo

34. Il Governo osserva innanzitutto che il ricorrente ha iniziato delle cause civili contro i giornali Cronache del Mezzogiorno e Il Salernitano e sostiene che si tratta di un «fatto pertinente» ai sensi dell’articolo 35 della Convenzione. Il Governo sostiene per di più che gli articoli pubblicati subito dopo la conferenza stampa si limitavano a dare informazioni sull’inchiesta riguardante gli adepti di una setta satanica e le loro pratiche e ad indicare che il presunto capo di questa setta era un professore di liceo di Sarno. Gli articoli pubblicati qualche giorno dopo erano, al contrario, più specifici; tuttavia, essi presentavano anche le repliche indignate del ricorrente.

35. Il Governo sottolinea che il comune di Sarno ha circa 31.000 abitanti. In questo ambiente ristretto, i fatti segnalati erano già oggetto di qualche diceria e dovevano essere chiariti. Era dunque necessario informare la popolazione che era in corso un’inchiesta. Alla luce di quanto sopra esposto, il Governo ritiene che ogni ingerenza nella vita privata del ricorrente fosse strettamente limitata ai fatti oggetto di indagine e necessaria alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione dei reati.

2.  Valutazione della Corte

36. La Corte deve innanzitutto stabilire se il ricorrente abbia esaurito i ricorsi che aveva a disposizione nel diritto italiano. Infatti, ai sensi dell'articolo 35 § 1 della Convenzione, un ricorrente può adire la Corte soltanto dopo aver esaurito le vie di ricorso interne. La finalità di questa norma è quella di consentire agli Stati contraenti l'opportunità di prevenire o correggere le violazioni lamentate contro di loro prima che la Corte ne venga investita (si veda, fra altre, Mifsud c. Francia (dec.) [GC], n. 57220/00, § 15, CEDU 2002 VIII, e Simons c. Belgio (dec.), n. 71407/10, § 23, 28 agosto 2012).

37. L’articolo 35 § 1 della Convenzione prescrive tuttavia soltanto l'esaurimento dei ricorsi che si riferiscono alle violazioni contestate e, al tempo stesso, sono disponibili e adeguati. Un ricorso è effettivo quando è disponibile sia in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, ossia quando è accessibile, può offrire al ricorrente la riparazione delle sue doglianze e presenta ragionevoli prospettive di concludersi positivamente. A tale riguardo, il semplice fatto di nutrire dubbi sulle prospettive di esito positivo di un ricorso che non è evidentemente destinato ad avere esito negativo non costituisce una ragione valida per giustificare la mancata utilizzazione dei ricorsi interni (Brusco c. Italia (dec.), n. 69789/01, CEDU 2001 IX; Sardinas Albo c. Italia (dec.), n. 56271/00, CEDU 2004 I; Sejdovic c. Italia [GC], n. 56581/00, § 46, CEDU 2006 II; e Alberto Eugénio da Conceicao c. Portogallo (dec.), n. 74044/11, 29 maggio 2012).

38. La Corte osserva che, nel caso di specie, il motivo di ricorso del ricorrente verte, essenzialmente, sulla pubblicazione a mezzo stampa di informazioni riguardanti le inchieste a suo carico, accompagnate dalla sua fotografia: considerando che ciò costituisce una ingerenza nel diritto al rispetto della sua vita privata, l’interessato ritiene che questa ingerenza non sia stata realizzata nel rispetto del diritto interno e che non fosse «necessaria in una società democratica».

39.; Ora, il ricorrente ha avviato delle cause civili per diffamazione contro i due giornali che riteneva responsabili della divulgazione di informazioni lesive della sua reputazione, ossia Il Salernitano e Cronache del Mezzogiorno. Nell'ambito di queste cause, l’interessato ha avuto e avrà ancora la possibilità di sostenere che gli articoli che lo riguardavano violavano il segreto istruttorio e coinvolgevano la responsabilità professionale dei giornalisti interessati, facendo valere motivi simili a quelli che ha esposto dinanzi alla Corte. In effetti, le cause in questione erano, alla data delle ultime informazioni (18 novembre 2013) ancora pendenti in primo grado, e le prossime udienze sono fissate, rispettivamente, al 12 giugno 2014 e al 18 febbraio 2015 (paragrafo 18 supra).

40. Ne consegue che la parte del motivo di ricorso riguardante la pubblicazione e la divulgazione a mezzo stampa di informazioni ritenute coperte dal segreto istruttorio e lesive dell'onorabilità del ricorrente è prematura.

41. Infine, dal momento che il ricorrente afferma che non avrebbe dovuto essere oggetto di accuse (paragrafo 33 supra), la Corte considera che la possibilità di avviare azioni penali non è sottoposta al suo controllo (si veda, mutatis mutandis, Asch c. Austria, 26 aprile 1991, § 28, serie A n. 203). Peraltro, l’avvio dell’azione penale comporta comunque una certa ingerenza nella vita privata e familiare dell’indagato. Il ricorrente non ha dimostrato di aver subìto, nel caso di specie, ripercussioni che sono andate al di là delle normali e inevitabili conseguenze dell’avvio dell’azione penale a suo carico (si veda, mutatis mutandis, Craxi c. Italia (n. 3) (dec.), n. 63226/00, 14 giugno 2001). In queste circostanze, la Corte non può rilevare nessuna violazione dei diritti garantiti dall’articolo 8 della Convenzione conseguente all’apertura dell’azione penale in causa.

42. Ne consegue che questo motivo di ricorso deve essere rigettato in parte per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne e, in parte, per manifesta infondatezza dell’articolo 35 §§ 1, 3 a) e 4 della Convenzione.
Per questi motivi, la Corte,

all’unanimità,

Dichiara il motivo relativo all’articolo 6 § 2 della Convenzione irricevibile

a maggioranza,

Dichiara irricevibile il ricorso per il resto.

Işıl Karakaş
Presidente

Stanley Naismith
Cancelliere