Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 13 maggio 2014 - Ricorso n.61273/10 - Caponnetto c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

CAUSA CAPONETTO c. ITALIA

(Ricorso n. 61273/10)

SENTENZA

STRASBURGO

13 maggio 2014

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

 
Nella causa Caponetto c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in un comitato composto da:
András Sajó, presidente,
Helen Keller,
Egidijus KÅ«ris, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 15 aprile 2014,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.All’origine della causa vi è un ricorso (n. 61273/10) presentato contro la Repubblica italiana con il quale una cittadina di tale Stato, sig.ra Rosa Caponetto («la ricorrente»), ha adito la Corte il 5 agosto 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2.La ricorrente è stata rappresentata dall’avv. M. Nunziante del foro di Napoli. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo.

3.Il 23 agosto 2011 il ricorso è stato comunicato al Governo.

IN FATTO

I.LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4.La ricorrente è nata nel 1944 ed è residente a Casoria.

5.Inizialmente, la ricorrente era impiegata della Provincia di Napoli ed esercitava le funzioni del personale scolastico (assistenti amministrativi, collaboratori, assistenti tecnici e responsabili amministrativi nelle scuole: il «personale ATA»). Aveva diritto al uno stipendio base, integrato da indennità accessorie.

6. In seguito al trasferimento del personale ATA degli enti locali nei ruoli del personale statale, previsto dalla legge n. 124 del 3 maggio 1999, a decorrere dal 31 dicembre 1999 la ricorrente divenne dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione. Gli impiegati già in servizio presso tale ministero che svolgevano le stesse mansioni della ricorrente avevano diritto a una progressione retributiva secondo l’anzianità di servizio.

7.Ai fini dell’articolo 8 della legge n. 124 del 3 maggio 1999, l’anzianità di servizio maturata dalla ricorrente presso l’ente locale di provenienza doveva essere riconosciuta ai fini giuridici ed economici. Tuttavia, il ministero attribuì alla ricorrente un’anzianità fittizia convertendo la retribuzione di base percepita presso gli enti locali alla data del 31 dicembre 1999 in anni di anzianità e, senza tenere conto del contratto collettivo nazionale del comparto Scuola, calcolò il loro trattamento economico non considerando l’anzianità di servizio reale, maturata fino a tale data. Inoltre, trasformando la retribuzione di base in anni di anzianità fittizia, il ministero eliminò dalle ultime buste paga della ricorrente tutte le voci accessorie dello stipendio da essi regolarmente percepite fino al 31 dicembre 1999.

8.In data non precisata, la ricorrente adì il tribunale di Napoli al fine di ottenere il riconoscimento giuridico ed economico dell’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza e, di conseguenza, il versamento della differenza retributiva venutasi a creare a partire del 1° gennaio 2000. Essi affermarono di percepire uno stipendio non corrispondente all’anzianità maturata, che risultava così inferiore a quello degli impiegati da sempre alle dipendenze del ministero.

9.Con sentenza resa il 20 luglio 2005 il tribunale del lavoro di Napoli accolse il ricorso della ricorrente e condannò il ministero a riconoscerle l’anzianità maturata presso l’ente locale.

10.Il ministero interpose appello avverso tale sentenza.

11.Mentre il procedimento era pendente, il Parlamento adottò la legge finanziaria per l’anno 2006 («la legge n. 266»). L’articolo 1, comma 218, di detta legge, intitolato «interpretazione autentica dell’articolo 8 della legge n. 124 del 1999», prevedeva che il personale ATA dovesse essere inquadrato nelle tabelle salariali della nuova amministrazione sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento.

12.Con sentenza resa il 6 febbraio 2010 la corte d’appello di Napoli, tenuto conto della nuova legge, accolse il ricorso del ministero e rigettò il ricorso della ricorrente.

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

13.Il diritto e la prassi interni pertinenti sono descritti nelle sentenze Agrati e altri c. Italia, (nn. 43549/08, 6107/09 e 5087/09, 7 giugno 2011) e De Rosa c. Italia,( nn. 52888/08, 58528/08, 59194/08, 60462/08, 60473/08, 60628/08, 61116/08, 61131/08, 61139/08, 61143/08, 610/09, 4995/09, 5068/09 e 5141/09, 11 dicembre 2012).

IN DIRITTO

II.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

14.La ricorrente lamenta l’intervento legislativo in pendenza del suo procedimento il quale, ritiene, ha recato pregiudizio al suo diritto ad un processo equo. La stessa sostiene che la giurisprudenza aveva già riconosciuto che gli ex dipendenti degli enti locali avevano diritto al riconoscimento dell’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza. Senza l’intervento legislativo, la ricorrente poteva quindi avere una legittima aspettativa, praticamente una certezza, di ottenere soddisfazione. La ricorrente ritiene che l’intervento legislativo in questione sia stato motivato unicamente dall’interesse finanziario dell’amministrazione, il quale non era sufficiente ad integrare un motivo imperativo d’interesse generale.
La ricorrente denuncia una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, ai sensi del quale:

«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) da un tribunale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...)»

A.  Sulla ricevibilità

15.La Corte constata che questo motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità. È dunque opportuno dichiarare il ricorso ricevibile.

B.  Sul merito

1.  Argomenti delle parti

a. La ricorrente

16.La ricorrente sostiene che la giurisprudenza aveva già riconosciuto che gli ex funzionari territoriali avevano diritto al riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza. Senza l’intervento legislativo in questione, la ricorrente poteva quindi avere una legittima aspettativa, praticamente una certezza, di ottenere soddisfazione.
Facendo riferimento alla causa Agrati e altri c. Italia (sopra citata), la ricorrente chiede alla Corte di concludere che vi è stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione.

b. Il Governo

17.Il Governo contesta la tesi della ricorrente. Esso sostiene che, dopo il trasferimento, la ricorrente avrebbe continuato a svolgere le stesse funzioni con la stessa retribuzione e che tutta l’anzianità maturata era stata riconosciuta ai fini pensionistici. L’unica differenza, secondo il Governo, era che l’anzianità maturata durante il servizio prestato presso l’ente locale non poteva comportare un aumento retributivo rispetto al trattamento economico percepito dall’interessata prima del trasferimento.

18.Inoltre, il Governo rammenta che questa interpretazione della legge n. 124 del 1999 è stata ratificata da uno degli accordi conclusi tra l’amministrazione (ARAN) e i rappresentanti sindacali degli impiegati, e poi ripresa nel decreto ministeriale del 5 aprile 2001.

19.Il Governo sostiene che, poiché i contenziosi si erano moltiplicati su tutto il territorio nazionale, il legislatore è intervenuto con una legge interpretativa al fine di colmare il vuoto giuridico creatosi, tenendo conto della difficoltà di regolare questa materia attraverso contratti collettivi o tramite il potere regolamentare: il fine era quello di evitare aumenti ingiustificati degli stipendi e disparità di trattamento tra diverse categorie di impiegati. Secondo il Governo, che a tale proposito fa riferimento a varie sentenze della Corte in materia di interventi legislativi, non si può parlare di reformatio in peius della posizione della ricorrente.

20.Nella presente causa la ricorrente, che non aveva ottenuto una sentenza definitiva ed esecutiva, ha cercato di approfittare di un colpo di fortuna e di un vuoto giuridico, così come dell’inadeguatezza degli accordi collettivi e dell’incapacità delle autorità pubbliche di disciplinare questa materia. L’intervento del legislatore era quindi perfettamente prevedibile e rispondeva ad un’evidente imperativa giustificazione di interesse generale (OGIS-Institut Stanislas e altri, sopra citata). Secondo il Governo, questa situazione è molto simile a quella del legislatore nella causa «Building Societies» c. Regno Unito, sopra citata. Esso ritiene inoltre che, nella presente causa, l’intervento del legislatore abbia permesso di prevenire l’instaurarsi di situazioni discriminatorie all’interno del personale ATA e ne conclude che sussisteva un motivo imperativo di interesse pubblico nel senso della giurisprudenza della Corte.

21.Il Governo rammenta che la Corte Costituzionale ha giudicato che l’intervento del legislatore non era contrario né alla Costituzione italiana né alla Convenzione e che la Corte di Cassazione, a seguito della sentenza della CGUE, ha rinviato la causa dinanzi alle corti d’appello affinché valutassero se, nel caso di specie, i ricorrenti avessero effettivamente subito una diminuzione di stipendio.

2. Valutazione della Corte

22.La Corte rammenta di avere concluso, in cause che sollevavano questioni simili a quelle del caso di specie, per la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (Agrati e altri c. Italia, nn. 43549/08, 6107/09 e 5087/09, 7 giugno 2011, De Rosa c. Italia, nn. 52888/08, 58528/08, 59194/08, 60462/08, 60473/08, 60628/08, 61116/08, 61131/08, 61139/08, 61143/08, 610/09, 4995/09, 5068/09 e 5141/09, 11 dicembre 2012). Dopo aver esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti nel caso di specie, essa considera che il Governo non abbia esposto fatti o argomenti che possano condurre a una conclusione diversa nella presente causa. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia essa ritiene che, nella fattispecie, l’intervento legislativo in questione, che era volto a regolare definitivamente e in maniera retroattiva il merito della controversia che oppone la ricorrente allo Stato dinanzi ai giudici nazionali, non fosse giustificato da motivi imperativi di interesse generale.

23.Pertanto, la Corte conclude che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

II.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

24.Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.Danno

25.Il ricorrente chiede un indennizzo forfettario di 10.000 EUR.

26.Il Governo sostiene che la ricorrente non ha indicato quale danno avrebbe subito a seguito dell’applicazione della legge contestata.

27.La Corte osserva che la ricorrente chiede una riparazione del danno materiale che ha subito ma non ha presentato alcun elemento che permetta di calcolarlo. Di conseguenza, essa ritiene che non sia opportuno accordare somme a questo titolo.

28.Per quanto riguarda il danno morale, la Corte ritiene che la constatazione di violazione alla quale è giunta costituisca di per sé un’equa soddisfazione per il danno morale subito dalla ricorrente.

B.Spese

29.La ricorrente chiede la somma di 3.000 EUR per le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte.

30.Il Governo contesta tale richiesta.

31.Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. La Corte ritiene ragionevole la somma di 1.000 EUR per le spese sostenute per il procedimento dinanzi ad essa e la accorda alla ricorrente.

C.Interessi moratori

32.La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;

  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;

  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi, 1.000 EUR (mille euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dalla ricorrente, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;

  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 13 maggio 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

András Sajó
Presidente

Abel Campos
Cancelliere aggiunto