Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 3 giugno 2014 - Ricorsi nn. 1635/03, 22395/03, 22399/03, 22400/03, 22402/03 e 22406/03 - Salvatore e altri contro Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita da Rita Carnevali, funzionario linguistico e rivista con Martina Scantamburlo, assistente linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

causa Salvatore e altri c. ITALIA

(Ricorsi nn. 1635/03, 22395/03, 22399/03, 22400/03, 22402/03 e 22406/03)

SENTENZA

STRASBURGO

3 giugno 2014

 

Questa sentenza è definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Salvatore e altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in un comitato composto da:
András Sajó, presidente,
Helen Keller,
Robert Spano, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 13 maggio 2014,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi sono sei ricorsi (nn. 1635/03, 22395/03, 22399/03, 22400/03, 22402/03 e 22406/03) proposti contro la Repubblica italiana con i quali cinque cittadini di questo Stato («i ricorrenti», si veda tabella allegata), hanno adito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2.  I ricorrenti sono stati rappresentati dall’avvocato S. Ferrara, del foro di Napoli. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo ex agente, I.M. Braguglia, e dal suo ex co-agente, N. Lettieri.
3.  Il 29 agosto 2006 i ricorsi sono stati comunicati al Governo. In applicazione del Protocollo n. 14, i ricorsi sono stati assegnati ad un Comitato.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4.  I ricorrenti, parti in alcuni procedimenti giudiziari, hanno adito le autorità giudiziarie competenti ai sensi della legge «Pinto» per contestare l'eccessiva durata di tali procedimenti.
5.  I fatti essenziali dei ricorsi risultano dalle informazioni contenute nella tabella allegata alla presente sentenza

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

6.  Il diritto e la prassi interni pertinenti sono riportati nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], n. 64886/01, §§ 23-31, CEDU 2006-V)

IN DIRITTO

I.  SULLA RIUNIONE DEI RICORSI

7.  Tenuto conto della similitudine dei ricorsi relativamente ai fatti e al problema di merito che essi pongono, la Corte ritiene necessario riunirli e decide di esaminarli congiuntamente in un’unica sentenza.

II.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

8.  Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i ricorrenti denunciano l’eccessiva durata dei procedimenti principali e l’assenza di risarcimenti nell’ambito delle procedure «Pinto» (tutti i ricorsi), nonché l'eccessiva durata degli stessi (ricorsi nn. 22395/03, 22399/03, 22400/03 e 22402/03).
9.  Il Governo contesta tale tesi.
10.  L’articolo 6 § 1 della Convenzione è così formulato nelle sue parti pertinenti:
«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…)».
A.  Sulla durata dei procedimenti principali e l’assenza di risarcimento nell’ambito delle procedure «Pinto»
11.  La Corte rileva che i ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 6 della Convenzione per non aver ottenuto nessun indennizzo relativamente ad alcuni procedimenti che hanno avuto una durata compresa tra quattro anni e undici mesi e tredici anni e tre mesi per uno o due gradi di giudizio.

1.  Sulla ricevibilità

a.  Tardività dei ricorsi

12.  Il Governo eccepisce la tardività dei ricorsi in quanto i ricorrenti non hanno contestato l’esito delle procedure «Pinto» entro il termine di sei mesi dalla conclusione delle stesse. In via sussidiaria il Governo sostiene che essi avrebbero dovuto informare la Corte nel corso dell’anno successivo al deposito delle decisioni «Pinto» in applicazione di un principio generale che imporrebbe ai ricorrenti di fornire informazioni sui loro ricorsi entro il termine di un anno a decorrere dalla sospensione.
13.  La Corte rammenta innanzitutto che i ricorsi sono stati presentati prima dell’entrata in vigore della legge «Pinto». Poiché i ricorrenti hanno deciso di mantenere i loro ricorsi dinanzi alla Corte dopo aver adito le corti d’appello «Pinto» competenti, la data di presentazione da considerare è quella dei loro ricorsi iniziali (si veda tabella allegata). Essa constata anche che dai fascicoli non risulta che i ricorrenti abbiano mai interrotto la loro corrispondenza con la Corte per periodi che possano denotare una mancanza di interesse a mantenere i loro ricorsi. Di conseguenza, essa ritiene che l’eccezione del governo vada rigettata.

b.  Conclusione

14.  La Corte constata che tali doglianze non incorrono in altri motivi di irricevibilità ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione e le dichiara dunque ricevibili.

2.  Sul merito

15.  La Corte constata che i procedimenti contestati sono durati rispettivamente:

  1. n. 1635/03: 10 anni e 7 mesi per due gradi di giudizio (8 anni e 7 mesi alla data di deposito della decisione della corte d’appello «Pinto»);
  2. n. 22395/03: 13 anni e 3 mesi per un grado di giudizio;
  3. n. 22399/03: 4 anni e 11 mesi per un grado di giudizio;
  4. n. 22400/03 e 22402/03: 7 anni e 1 mese per un grado di giudizio;
  5. n. 22406/03: 6 anni e 4 mesi per un grado di giudizio (5 anni e 1 mese alla data di deposito della decisione della corte d’appello «Pinto»).

16.  La Corte ha trattato più volte ricorsi che sollevavano questioni simili a quelle dei casi di specie e ha constatato una inosservanza dell'esigenza del «termine ragionevole», tenuto conto dei criteri stabiliti dalla sua consolidata giurisprudenza in materia (si veda, in primo luogo, Cocchiarella sopra citata). In assenza di elementi che possano condurre ad una conclusione diversa nella presente causa, la Corte ritiene di dover constatare, in ogni ricorso, anche una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione per gli stessi motivi

B.  Sulla durata delle procedure «Pinto»

17.  La Corte osserva che alcuni dei ricorrenti lamentano la durata delle procedure «Pinto», ritenuta eccessiva.
18.  Il Governo non ha formulato osservazioni su questo punto.

1.  I principi applicabili

19.  Per quanto riguarda il termine che può essere considerato ragionevole ai sensi dell’articolo 6 § 1, la Corte rammenta che i criteri applicabili non possono essere quelli adottati per valutare la durata dei procedimenti ordinari, tenuto conto della natura del ricorso «Pinto» e del fatto che queste cause normalmente non presentano alcuna complessità. Nell’ambito di un ricorso indennitario volto a riparare le conseguenze della eccessiva durata dei procedimenti, si richiede agli Stati una particolare diligenza affinché la violazione venga constatata e riparata nel più breve tempo possibile (Belperio e Ciarmoli c. Italia, n. 7932/04, § 42, 21 dicembre 2010).
20.  Nella causa Cocchiarella (sopra citata, § 99), la Corte ha indicato che il termine di quattro mesi previsto dalla legge «Pinto» rispetta l’esigenza di celerità richiesta per un ricorso effettivo. Tuttavia essa ha accettato che una durata di nove mesi per un grado di giudizio e di quattordici mesi per due gradi di giudizio potessero essere considerate ragionevoli, anche se oltrepassavano il tempo previsto dalla legge «Pinto» (Riccardi Pizzati c. Italia [GC], n. 62361/00, § 98, 29 marzo 2006, Giuseppe Mostacciuolo c. Italia (n. 2) [GC], n. 65102/01, § 97, 29 marzo 2006).
21.  Più recentemente, nella causa Belperio e Ciarmoli (sopra citata, § 46), la Corte ha ritenuto che per soddisfare le esigenze del «termine ragionevole» ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la durata di una procedura «Pinto» dinanzi alla corte d’appello competente, inclusa la fase di esecuzione della decisione, in linea di principio e salvo circostanze eccezionali, non dovrebbe oltrepassare un anno e sei mesi.
22.  Alla luce di quanto è stato esposto sopra, la Corte ritiene che per soddisfare le esigenze del «termine ragionevole» ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la durata di una procedura «Pinto» dinanzi alla corte d’appello competente e dinanzi alla Corte di cassazione, compresa la fase di esecuzione della decisione, non dovrebbe, in linea di principio e salvo circostanze eccezionali, oltrepassare due anni e sei mesi (CE.DI.SA. Fortore S.N.C. Diagnostica Medica Chirurgica c. Italia, nn. 41107/02 e 22405/03, § 39, 27 settembre 2011; Gagliano Giorgi c. Italia (dec.), n. 23563/07, § 73, CEDU 2012).

2.  L’applicazione al caso di specie

23.  La Corte nota che le procedure «Pinto» hanno avuto durate comprese tra un anno e otto mesi (ricorsi nn. 22395/03 e 22400/03) e un anno e nove mesi (ricorsi nn. 22399/03 e 22402/03) per due gradi di giudizio (si veda tabella allegata), ossia ben al di sotto dei due anni e sei mesi sopra menzionati.
24.  Pertanto, la Corte ritiene che, in tali circostanze, la durata delle procedure «Pinto» contestate non possa essere considerata irragionevole e che pertanto questi motivi di ricorso debbano essere dichiarati manifestamente infondati.

III.  SULLE ALTRE VIOLAZIONI DENUNCIATE

25.   Invocando gli articoli 13, 19 e 53 della Convenzione, i ricorrenti lamentano la non effettività del rimedio «Pinto».
26.  Tenuto conto della giurisprudenza espressa nelle sentenze Delle Cave e Corrado c. Italia (sopra citata, §§ 43-46) e Simaldone c. Italia (sopra citata, §§ 71-72), la Corte ritiene che nella fattispecie l’insufficienza o la mancanza dell’indennizzo «Pinto» non rimetta in discussione l’effettività di questa via di ricorso. Pertanto questo motivo di ricorso deve essere dichiarato irricevibile perché manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

IV.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

27.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno

28.  I ricorrenti richiedono le seguenti somme per il danno morale che avrebbero subito.

N. ricorso e   Richieste per danno morale
1635/03 - 10.000 EUR
22395/03 - 30.000 EUR
22399/03 - 10.000 EUR
22400/03 e 22402/03 - 40.000 EUR, complessivamente per i due ricorsi
22406/03 - 20.000 EUR

29.  Il Governo contesta tali pretese.
30. Tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella (sopra citata, §§ 139-142 e 146) e decidendo in via equitativa, la Corte accorda ai ricorrenti le somme indicate nella tabella che segue, equiparate agli importi che essa avrebbe riconosciuto in assenza di una via di ricorso interna, considerato l’oggetto di ciascuna lite, il valore dei procedimenti e l’esistenza di ritardi ascrivibili ai ricorrenti nonché, per i ricorsi nn. 22400/03 e 22402/03, le connessioni tra i procedimenti principali (CE.DI.SA. Fortore S.N.C. Diagnostica Medica Chirurgica, sopra citata, § 48).

 

Importi che la Corte avrebbe riconosciuto in assenza di una via di ricorso interna, considerato l’oggetto di ciascuna lite, il valore dei procedimenti e l’esistenza di ritardi ascrivibili ai ricorrenti
N. Ricorso Somma che la Corte avrebbe accordato in assenza di vie di ricorso interne Percentuale assegnata dalla giurisdizione «Pinto» Somma accordata per danno morale
1635/03 12.000 EUR - 5.400 EUR
22395/03 20.000 EUR - 9.000 EUR
22399/03 3.500 EUR - 1.575 EUR
22400/03 e 22402/03 5.600 EUR - 2.600 EUR
22406/03 6.000 EUR - 2.700 EUR

 

B. Spese

31. Le parti ricorrenti chiedono anche la somma di 7.438,65 EUR in ciascuno dei ricorsi per le spese affrontate nel corso della procedura «Pinto» e dinanzi alla Corte. Inoltre, alcuni dei ricorrenti (ricorsi nn. 22395/03, 22400/03 e 22402/03) chiedono ulteriori somme comprese tra 1.490 EUR e 2.354 EUR a titolo di risarcimento per la condanna alle spese da parte delle autorità giudiziarie competenti per la «Pinto» (si veda tabella allegata).
32. Il Governo contesta tali pretese.
33. La Corte rammenta che, secondo la sua giurisprudenza, l’assegnazione di somme a titolo dell’articolo 41 presuppone che siano accertate la realtà e la necessità delle spese, e che il loro importo sia ragionevole (Can e altri c. Turchia, n. 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008). Inoltre, le spese di giustizia sono recuperabili soltanto nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (si veda, ad esempio, Beyeler c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 105, CEDU 2003 VIII).
34.  Nel caso di specie, tenuto conto dei documenti a sua disposizione e dei criteri sopra menzionati, la Corte ritiene ragionevole accordare le somme di 3.000 EUR (complessivamente, per i due ricorsi nn. 22400/03 e 22402/03), 2.500 EUR (per ciascuno dei ricorsi nn. 22395/03 e 22406/03) nonché 1.500 EUR (per ciascuno dei ricorsi nn.1635/03 e 22399/03) per spese.

C. Interessi moratori

35. La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÁ,

  1. Decide di riunire i ricorsi;
  2. Dichiara i ricorsi ricevibili per quanto riguarda il motivo relativo alla eccessiva durata dei procedimenti principali e irricevibili per il resto;
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  4. Dichiara che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi,
  5. a)  le seguenti somme, più l’importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta, per il danno morale:

    1. n. 1635/03: 5.400 EUR (cinquemilaquattrocento euro);
    2. n. 22395/03: 9.000 EUR (novemila euro);
    3. n. 22399/03: 1.575 EUR (millecinquecentosettantacinque euro);
    4. nn. 22400/03 e 22402/03: 2.600 EUR (duemilaseicento euro) complessivamente per entrambi i ricorsi;
    5. n. 22406/03: 2.700 EUR (duemilasettecento euro).

    b)  le seguenti somme, più l’importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta dai ricorrenti, per le spese:

    1. n. 1635/03: 1.500 EUR (millecinquecento euro);
    2. n. 22395/03: 2.500 EUR (duemilacinquecento euro);
    3. n. 22399/03: 1.500 EUR (millecinquecento euro) ;
    4. nn. 22400/03 e 22402/03: 3.000 EUR (tremila euro) complessivamente per entrambi i ricorsi;
    5. n. 22406/03: 2.500 EUR (duemilacinquecento euro).

    c)  che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;

  6. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 3 giugno 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Abel Campos 
Cancelliere aggiunto

Presidente
András Sajó

ALLEGATO

Numero di ricorso e data di presentazione - Dettagli ricorrenti - Procedimento principale e relativa procedura «Pinto»

  1. n. 1635/03 presentato il 19 ottobre 1998
    Filomena SALVATORE Cittadina italiana, nata nel 1939
    Procedimento principale Oggetto: Interventi in favore delle popolazioni che furono colpite da violenti eventi sismici.
    Primo grado: tribunale di Benevento (n. R.G. 1939/93), dal 10 giugno 1993 al 31 dicembre 2002.
    Secondo grado: corte d’appello di Napoli (n. R.G. 1367/03), dal 13 marzo 2003 al 23 gennaio 2004. 
    Procedura «Pinto» Corte d’appello di Roma, ricorso presentato il 26 novembre 2001 (R.G. n. 5215/01).
    Decisione del 29 gennaio 2002: nessun indennizzo non essendo stato provato il danno asseritamente subìto.
    Corte di cassazione, sentenza n. 3958 del 18 marzo 2003: ricorso dichiarato inammissibile.
     
  2. n. 22395/03 presentato il 15 febbraio 2000
    Dora VESSICCHELLI Cittadina italiana, nata nel 1930
    Procedimento principale Oggetto: annullamento di una variante del piano urbanistico generale.
    Primo grado: tribunale amministrativo regionale («TAR») della Campania (RG n. 4168/86), dal 4 agosto 1986 al 10 novembre 1999.
    Procedura «Pinto» Corte d’appello di Roma, ricorso presentato il 24 agosto 2001 (R.G. n. 5208/01).
    Decisione dell’8 febbraio 2002: nessun indennizzo non essendo stato provato il danno asseritamente subìto.
    Ricorrente condannata a pagare 1.084,56 EUR per spese.
    Corte di cassazione, decisione n. 6519 del 24 aprile 2003: rigetto del ricorso.
     
  3. n. 22399/03 presentato il 20 maggio 1999
    Giovanni CEGLIA, Cittadino italiano, nato nel 1953
    Procedimento principale Oggetto: annullamento di un provvedimento amministrativo avente ad oggetto un permesso a costruire
    Primo grado: tribunale amministrativo regionale («TAR») della Campania (RG n. 3211/94), dal 25 febbraio 1994 al 9 marzo 1999.
    Ritardi ascrivibili al ricorrente: nessuna istanza di fissazione urgente dell’udienza prima del 1998.
    Procedura «Pinto» Corte d’appello di Roma, ricorso presentato il 4 settembre 2001 (R.G. n. 5243/01). Decisione del 18 gennaio 2002: durata della procedura controversa considerata irragionevole.
    Corte di cassazione, sentenza n. 6313 del 18 aprile 2003: rigetto del ricorso.
     
  4. nn. 22400/03 e 22402/03 presentati il 18 e il 26 novembre 1999
    Antonio ZOLLO S.A.S., Società italiana con sede a Benevento
    Procedimento principale Oggetto: annullamento dei provvedimenti amministrativi riguardanti la demolizione dello stesso immobile.
    Primo grado: Tribunale amministrativo regionale («TAR») della Campania, riunione dei procedimenti R.G. nn. 87/92 e 8961/92; 
    Inizio del procedimento: 12 settembre 1992 (per il ricorso n. 22400/03) e 17 settembre 1992 (per il ricorso n. 22402/03);
    Fine del procedimento: 4 novembre 1999.
    Ritardi ascrivibili alla ricorrente: nessuna istanza di fissazione urgente dell’udienza prima del 1999.
    Procedura «Pinto» Ricorso n. 22400/03
    Corte d’appello di Roma, ricorso presentato il 25 settembre 2001 (R.G. n. 5824/01).
    Decisione del 4 marzo 2002: nessun indennizzo in quanto una persona giuridica non può subire alcun danno non patrimoniale.
    Ricorrente condannata a pagare 600 EUR per spese.
    Corte di cassazione, sentenza n. 6178 del 17 aprile 2003: rigetto del ricorso.
    Ricorrente condannata a pagare 1.000 EUR per spese.
    Ricorso n. 22402/03 Corte d’appello di Roma, ricorso presentato il 24 agosto 2001 (R.G. n. 5211/01).
    Decisione del 5 dicembre 2001, depositata il 15 gennaio 2002: nessun indennizzo in quanto una persona giuridica non può subire alcun danno non patrimoniale.
    Ricorrente condannata a pagare 1.007,09 EUR per spese.
    Corte di cassazione, sentenza n. 5664/03 del 10 aprile 2003: rigetto del ricorso.
     
  5. n. 22406/02 presentato il 9 febbraio 2000
    Ennio RUSSO, Cittadino italiano, nato nel 1942
    Procedimento principale Oggetto: annullamento di un provvedimento amministrativo del Tesoro.
    Primo grado: tribunale amministrativo regionale («TAR») della Campania (RG n. 9650/96), dal 12 dicembre 1996 al 15 aprile 2003.
    Procedura «Pinto» Corte d’appello di Roma, ricorso presentato il 25 settembre 2001 (R.G. n. 5213/01).
    Decisione del 3 dicembre 2001, depositata il 23 gennaio 2002: nessun indennizzo non essendo provato il danno asseritamente subito.
    Ricorrente condannato a pagare 1.950 EUR per spese.
    Corte di cassazione, sentenza n. 6180/03 del 17 aprile 2003: rigetto del ricorso.