Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 6 maggio 2014 - Ricorso n. 62804/13 Nivio Durisotto contro l’Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita da Rita Carnevali, funzionario linguistico e rivista con Martina Scantamburlo, assistente linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 62804/13

Nivio DURISOTTO contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione) riunita il 6 maggio 2014 in una camera composta da:
Işıl Karakaş, presidente,
Guido Raimondi,
Nebojša Vučinić,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Egidijus Kūris,
Robert Spano, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere aggiunto di sezione,

Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 28 settembre 2013,

Vista la decisione di trattare con priorità il ricorso ai sensi dell’articolo 41 del regolamento della Corte,

Dopo aver deliberato, decide quanto segue:

IN FATTO

1.  Il ricorrente, sig. Nivio Durisotto, è un cittadino italiano nato nel 1950 e residente a Udine. Il ricorrente presenta il suo ricorso in qualità di tutore legale della figlia, sig.ra M.D., nata nel 1975. Dinanzi alla Corte è rappresentato dall'avvocato A. Battistutta, del foro di Udine.

A.  Le circostanze del caso di specie

2.  I fatti della causa, così come sono stati esposti dal ricorrente, possono riassumersi come segue.

1. Il procedimento giudiziario avviato dal ricorrente

3.  M.D., figlia del ricorrente, è affetta fin dall’adolescenza da una patologia cerebrale degenerativa (leucodistrofia metacromatica).
4.  L'8 aprile 2013 il ricorrente avviò un’azione cautelare dinanzi al tribunale di Udine affinché quest’ultimo ordinasse all'ospedale di Brescia di somministrare a sua figlia cellule staminali secondo il metodo «Stamina», introdotto nel 2009 da D.V., professore presso l'Università di Udine.
5.  In effetti il decreto del 5 dicembre 2006 consentiva l’impiego di tale metodo, in mancanza di valide alternative terapeutiche, in casi di urgenza tali da mettere in pericolo la vita dei pazienti o di grave danno alla salute e in caso di grave patologia a rapida progressione (si veda anche la parte «Diritto interno pertinente»).
6.  Con decisione del 10 aprile 2013, il tribunale accolse provvisoriamente la richiesta del ricorrente. Considerò che la patologia da cui era affetta la figlia del ricorrente comportava, tra altre, un’atrofia cerebrale progressiva, che quest'ultima si era aggravata nel corso dell'anno precedente e che, poiché la figlia del ricorrente correva il rischio di subire danni irreversibili, era necessario non ritardare la somministrazione della terapia in causa. Il tribunale fissò un'udienza al 6 maggio 2013 per far comparire le parti e decidere poi sulla conferma, la modifica o la revoca della misura adottata. In questo intervallo la terapia non fu dunque iniziata.
7.  Il 3 maggio 2013 l'ospedale di Brescia si costituì parte nel procedimento e chiese il rigetto della domanda del ricorrente, ritenendo non soddisfatte nella fattispecie le condizioni previste dal decreto-legge n. 24 del 25 marzo 2013 (qui di seguito «decreto-legge n. 24/2013»), entrato in vigore il 27 marzo 2013, che regolamentava l'accesso dei pazienti al metodo in questione. In particolare esso esponeva che la figlia del ricorrente non aveva iniziato tale trattamento alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legge, come quest'ultimo richiedeva.
8.  Con provvedimento dell'11 luglio 2013, il tribunale revocò la sua decisione del 10 aprile 2013 rigettando la domanda del ricorrente.
9.  Quest'ultimo propose reclamo. Il 30 agosto 2013 il tribunale rigettò tale reclamo osservando, in particolare, che il decreto-legge n. 24/2013 aveva previsto una sperimentazione clinica del metodo «Stamina» per una durata di diciotto mesi a decorrere dal 1° luglio 2013 e rammentando che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione (sentenza n. 23671/11), il servizio sanitario nazionale garantiva l'accesso a cure o terapie soltanto nel caso in cui la loro validità e la loro efficacia terapeutiche fossero state testate ed approvate dagli organismi medico-scientifici, ai sensi delle normative nazionali applicabili.
10.  Inoltre, il tribunale notò che il decreto-legge n. 24/2013 aveva permesso alle strutture pubbliche nelle quali questo metodo era già stato impiegato di portare a termine i trattamenti avviati. Per «trattamenti avviati», rilevava il tribunale, occorreva intendere quelli in relazione ai quali il prelievo di cellule destinate all'uso terapeutico era stato praticato alla data di entrata in vigore del decreto o per i quali a tale data era stata emessa una autorizzazione giudiziaria di accedere alla terapia. Ora, secondo il tribunale, la situazione di M.D. non rientrava in nessuno di questi due casi e, d'altra parte, il trattamento controverso era in fase di sperimentazione. Così, concludeva il tribunale, l'accesso alla terapia in questione non le poteva essere autorizzato.

2. Il valore scientifico del metodo «Stamina»

11.  Attualmente non è provato il valore scientifico del metodo «Stamina».
12.  Il 29 agosto 2013 un comitato scientifico istituito dal Ministero della Salute ha emesso un parere negativo sulla sperimentazione di questo metodo, ritenendolo privo di base scientifica.
13.  Questa decisione è stata oggetto di ricorso da parte della «Fondazione Stamina», di cui D.V. è presidente, per quanto riguarda la presunta illegittimità della composizione del comitato. Il procedimento è attualmente pendente.

B.  Il diritto interno pertinente

1. Il decreto del Ministero della Salute del 5 dicembre 2006

14.  Secondo tale decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 9 marzo 2007, l'utilizzo della terapia genica e della terapia cellulare somatica è autorizzato in assenza di alternative terapeutiche nei casi urgenti in cui esiste un pericolo per la vita del paziente o un rischio di grave danno per la sua salute, nonché nei casi di gravi patologie a rapida progressione.
15.  Per l’impiego delle terapie in causa sono richieste alcune condizioni, fra cui la disponibilità di dati scientifici che ne giustifichino l’uso, l’acquisizione del consenso informato del paziente nonché il parere favorevole del comitato etico.

2. Il decreto-legge n. 24 del 25 marzo 2013

16.  Il decreto-legge n. 24 del 5 marzo 2013, entrato in vigore il 27 marzo 2013 e convertito nella legge n. 57 del 23 maggio 2013, costituisce una base legale per un sistema di regolamentazione di alcune terapie avanzate. A titolo di misura transitoria, esso prevede che i trattamenti a base di cellule staminali avviati prima della sua entrata in vigore possono essere portati a termine sotto la responsabilità del medico prescrittore.
17.  Ai sensi di questo decreto-legge, si considerano «avviati» i trattamenti in relazione ai quali i prelievi dal paziente o da un donatore di cellule destinate all'uso terapeutico siano già stati effettuati alla data della sua entrata in vigore, e i trattamenti che siano già stati autorizzati dall'autorità giudiziaria prima di questa stessa data.
18. L'articolo 2 bis di tale decreto, inserito al momento della conversione in legge di quest'ultimo, prevede che il Ministero della Salute, attraverso l’Agenzia italiana del farmaco e in collaborazione con l’Istituto Superiore della Sanità, «promuove lo svolgimento di una sperimentazione clinica concernente l’impiego di medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali da completarsi entro diciotto mesi a decorrere dal 1° luglio 2013».

3. Le decisioni giudiziarie riguardanti l'autorizzazione ad accedere alla terapia «Stamina»

19.  Il ricorrente allega al suo ricorso una serie di provvedimenti con le quali i giudici nazionali hanno autorizzato i richiedenti ad accedere al metodo «Stamina» (ad esempio, le ordinanze dei tribunali di Cosenza del 18 giugno 2013, di Pordenone del 5 agosto 2013, di Trieste del 9 agosto 2013, di Ancona del 20 agosto 2013, di Monza del 27 agosto 2013, di Modena del 28 agosto 2013, di Venezia del 18 settembre 2013 e di Vicenza del 23 settembre 2013).
20.  Queste ordinanze hanno in effetti autorizzato l'accesso alle cure compassionevoli previste dalla terapia in causa a persone affette da patologie simili a quella da cui era affetta la figlia del ricorrente.
21.  Alcune di tali ordinanze riguardano tuttavia situazioni diverse da quella di M.D. in quanto, contrariamente al caso di quest'ultima, le terapie in questione erano iniziate prima dell’entrata in vigore del decreto-legge numero 24/2013 (si vedano, ad esempio, l'ordinanza del tribunale di Cosenza del 18 giugno 2013 o quella del tribunale di Venezia del 18 settembre 2013).
22. In altri casi (si vedano, ad esempio, le ordinanze dei tribunali di Pordenone e di Trieste rispettivamente del 5 e 9 agosto 2013) i giudici hanno autorizzato l'accesso dei pazienti alla terapia controversa anche se questi ultimi non rientravano in nessuno dei due casi previsti dal decreto-legge n. 24/2013 (ossia il fatto di aver iniziato o di essere stati autorizzati ad iniziare la terapia «Stamina» in epoca precedente alla data di entrata in vigore di questo decreto).
23.  In particolare, il giudice di Pordenone ha sollevato dubbi sotto il profilo della costituzionalità del decreto-legge n. 24/2013 nella misura in cui quest'ultimo stabiliva un criterio puramente temporale (ossia, il fatto di aver iniziato il trattamento in questione in una certa data) e non medico, fatto che appariva discriminatorio. Così, il giudice ha ritenuto che il decreto del Ministero della Salute del 5 dicembre 2006 dovesse essere applicato nel caso di specie ed ha autorizzato il richiedente ad accedere alla terapia «Stamina».
24.  Da parte sua, il tribunale di Trieste ha osservato, tra l’altro, che il valore scientifico del metodo «Stamina», già utilizzato presso l’ospedale pubblico di Brescia, era provato.

4. L’articolo 669 terdecies del codice di procedura civile

25.  Ai sensi del comma V di tale articolo, la risposta data da un organo collegiale al reclamo presentato avverso una decisione emessa nell’ambito di un’azione cautelare non può essere impugnata.

MOTIVI DI RICORSO

26.  Invocando gli articoli 2, 8 e 14 della Convenzione, il ricorrente lamenta la violazione del diritto alla vita e alla salute di sua figlia in ragione dell'impossibilità per quest'ultima di accedere ad una terapia compassionevole utilizzando cellule staminali secondo il metodo «Stamina».
Egli sostiene che, con il decreto-legge n. 24/2013, il Governo ha introdotto una discriminazione nell'accesso alle cure tra le persone che avevano già iniziato la terapia controversa prima dell’entrata in vigore di tale decreto e quelle che, come sua figlia, non si trovavano nella stessa situazione.
27.  Inoltre, sotto il profilo dell'articolo 14 della Convenzione, il ricorrente sostiene che, nonostante l'entrata in vigore del decreto-legge n. 24/2013, alcuni pazienti avrebbero comunque ottenuto l'autorizzazione giudiziaria per accedere al metodo «Stamina» (il ricorrente fa riferimento ad una serie di decisioni menzionate nella parte «Diritto interno pertinente»). Così, i giudici deterrebbero il potere di decidere caso per caso sull'accesso alla terapia in questione.
28.  Invocando gli articoli 6 § 1 e 14 della Convenzione, il ricorrente lamenta il fatto che in materia di accesso ad alcune terapie urgenti, il sistema legislativo italiano prevede certamente la possibilità di avviare un’azione cautelare e di impugnare la decisione emessa all'esito di quest'ultima tramite reclamo, ma non autorizza la presentazione di un ulteriore ricorso dopo l'eventuale rigetto del reclamo, secondo l'articolo 669 terdecies, comma V, del codice di procedura civile.

IN DIRITTO

29.  Invocando gli articoli 2, 8 e 14 della Convenzione, il ricorrente lamenta l'impossibilità per sua figlia di accedere a una terapia che utilizza cellule staminali secondo il metodo «Stamina», al contrario di altre persone che si trovano in condizioni di salute simili alle sue.
30.  La Corte, libera di qualificare giuridicamente i fatti della causa (Guerra e altri c. Italia, 19 febbraio 1998, § 44, Recueil des arrêts et décisions 1998 I), ritiene che questa parte del ricorso debba essere esaminata sotto il profilo dell'articolo 8 della Convenzione e quello dell'articolo 14 della Convenzione, in combinato disposto con l'articolo 8 della Convenzione. Questi articoli, nelle loro parti pertinenti, dispongono:

Articolo 8 della Convenzione

«1.  Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2.  Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

Articolo 14 della Convenzione

«Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.»
31.  La Corte osserva innanzitutto che il ricorrente non lamenta la mancanza di fondi pubblici per finanziare il trattamento in causa (al contrario dei ricorrenti nelle cause Penticova c. Moldavia (dec.), n. 14462/03, 30 aprile 2003 e Sentges c. Paesi Bassi (dec.), n. 27677/02), in quanto il suo motivo di ricorso verte specificamente sulla mancanza di accesso per sua figlia alla terapia in causa.
32.  La Corte rileva poi che l'impossibilità per la figlia del ricorrente di accedere alla terapia «Stamina» richiede chiaramente un esame sotto il profilo dell’articolo 8 della Convenzione, la cui interpretazione, per quanto riguarda la nozione di «vita privata», trae ispirazione dalle nozioni di autonomia personale e di qualità di vita (si vedano Hristozov e altri c. Bulgaria, nn. 47039/11 e 358/12, CEDU 2012 (estratti) e, mutatis mutandis, Pretty c. Regno Unito, n. 2346/02, §§ 61 in fine e 65, CEDU 2002 III e Costa e Pavan c. Italia, n. 54270/10, §§ 52-57, 28 agosto 2012).
33.  Nel caso di specie, la Corte ritiene che la decisione del tribunale di Udine di rifiutare l'accesso della figlia del ricorrente alla terapia medica in causa costituisca un'ingerenza nel diritto di quest'ultima al rispetto della sua vita privata.
34.  Tale ingerenza era prevista dalla legge, ossia il decreto-legge n. 24 del 25 marzo 2013, e perseguiva lo scopo legittimo di tutela della salute.
35.  Per quanto riguarda la proporzionalità di tale misura con l'obiettivo perseguito, la questione che si pone è quella di stabilire se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti dell’individuo e della collettività (Hristozov e altri c. Bulgaria, sopra citata, § 117).
36.  In questo contesto, la Corte rammenta che in caso di divieto di accesso a cure compassionevoli opposto a persone affette da patologie gravi, il margine di discrezionalità degli Stati membri è ampio (si vedano Hristozov e altri c. Bulgaria, sopra citata, § 124 e anche, mutatis mutandis, Evans c. Regno Unito [GC], n. 6339/05, § 91, CEDU 2007 I e S.H. e altri c. Austria [GC], n. 57813/00, § 106, CEDU 2011).
37.  Nella presente causa, secondo il decreto-legge n. 24/2013, soltanto i trattamenti a base di cellule staminali avviati nonché quelli autorizzati dall'autorità giudiziaria prima della data di entrata in vigore del decreto stesso, ossia il 27 marzo 2013, potevano essere essere portati a termine.
38.  È in base a questa legge che, il 30 agosto 2013, il tribunale di Udine ha rigettato la domanda presentata dal ricorrente volta ad ottenere per sua figlia la possibilità di accedere alla terapia desiderata. Nei suoi motivi, il tribunale ha rilevato, da una parte, che la terapia in causa era in fase di sperimentazione e che, dall'altra parte, la figlia del ricorrente non soddisfaceva le condizioni necessarie, in quanto non aveva iniziato il trattamento in questione prima della data di entrata in vigore del suddetto decreto e, a tal fine, non aveva ottenuto un’autorizzazione giudiziaria prima di tale data.
39.  La Corte rileva peraltro che il 29 agosto 2013, un comitato scientifico istituito dal Ministero della Salute ha emesso un parere negativo sulla sperimentazione del metodo «Stamina». Questa decisione è stata impugnata da D.V., ma il relativo procedimento giudiziario è tuttora pendente e il valore scientifico della terapia in causa non è dunque provato.
40.  Inoltre, la Corte rammenta che, in ogni caso, non spetta al giudice internazionale sostituirsi alle autorità nazionali competenti per determinare il livello di rischio accettabile dai pazienti che intendano accedere alle cure compassionevoli nell'ambito di una terapia sperimentale (Hristozov e altri c. Bulgaria, sopra citata § 125).
41.  L'ingerenza nel diritto della figlia del ricorrente al rispetto della sua vita privata può dunque essere considerata necessaria in una società democratica. Il motivo di ricorso relativo alla compatibilità del diniego opposto alla figlia del ricorrente di accedere alla terapia compassionevole in causa con l'articolo 8 della Convenzione deve pertanto essere rigettato in quanto manifestamente infondato, ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
42.  Per quanto riguarda il rispetto del principio del divieto di discriminazione garantito dall'articolo 14 della Convenzione, in combinato disposto con l'articolo 8 della Convenzione, la Corte rammenta innanzitutto che l'articolo 14 non fa che completare le altre clausole materiali della Convenzione e dei suoi Protocolli. Esso non ha dunque una esistenza propria, in quanto vale unicamente per «il godimento dei diritti e delle libertà» che le suddette clausole garantiscono (si veda, fra molte altre, Şahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 85, CEDU 2003-VIII). L'applicazione dell'articolo 14 non presuppone necessariamente la violazione di uno dei diritti materiali garantiti dalla Convenzione. Occorre, ma è sufficiente, che i fatti della causa rientrino «nell’ambito» di almeno uno degli articoli della Convenzione (Abdulaziz, Cabales e Balkandali c. Regno Unito, sentenza del 28 maggio 1985, § 71, serie A n. 94, e Karlheinz Schmidt c. Germania, sentenza del 18 luglio 1994, § 22, serie A n. 291-B).
43.  Viste le considerazioni riguardanti l’applicabilità dell’articolo 8 della Convenzione ai fatti di causa, la Corte ritiene dunque che l’articolo 14 della Convenzione, in combinato disposto con l’articolo 8, trovi applicazione nel caso di specie (si veda, mutatis mutandis, E.B. c. Francia [GC], n. 43546/02, § 51, 22 gennaio 2008).
44.  Ora, per quanto riguarda le decisioni giudiziarie citate dal ricorrente che hanno autorizzato l’accesso alla terapia in questione per alcune persone che erano in uno stato di salute simile a quello di sua figlia, la Corte constata innanzitutto che molte delle ordinanze menzionate dal ricorrente riguardano situazioni diverse da quelle di M.D. dal momento che, in alcune cause, le terapie in questione erano state avviate prima dell’entrara in vigore del decreto-legge n. 24/2013 (così, in particolare, nell’ordinanza del tribunale di Cosenza del 18 giugno 2013 o in quella del tribunale di Venezia del 18 settembre 2013).
45. In altri casi (ad esempio nelle ordinanze dei tribunali di Pordenone e di Trieste, rispettivamente del 5 e 9 agosto 2013) di certo i giudici hanno autorizzato l’accesso dei pazienti alla terapia in causa anche se costoro non rientravano in nessuno dei due casi previsti dal decreto-legge n. 24/2013 (ossia il fatto di aver iniziato o di essere stato autorizzato ad iniziare la terapia «Stamina» prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto).
46.  A tale riguardo, la Corte tuttavia rammenta che, perché si ponga un problema rispetto all’articolo 14, non è sufficiente che venga rilevato una diversità nel trattamento di persone poste in situazioni simili (D.H. e altri c. Repubblica ceca [GC], n. 57325/00, § 175, CEDU 2007 IV), ma è necessario che la distinzione in causa sia discriminatoria. Secondo la giurispudenza, una distinzione è discriminatoria rispetto all’articolo 14 se non ha una giustificazione obiettiva e ragionevole, ossia se non persegue uno scopo legittimo o se non vi è un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (Rasmussen c. Danimarca, 28 novembre 1984, § 38, serie A n. 87; Burden c. Regno Unito [GC], n. 13378/05, § 60, CEDU 2008).
47.  Nel caso di specie, anche ammettendo che la figlia del ricorrente si trovi in una situazione analoga a quella delle persone interessate dalle decisioni giudiziarie in causa, la Corte non può concludere che il rifiuto di autorizzare l’accesso di quest’ultima alla terapia «Stamina» sia stato discriminatorio nel senso sopra descritto.
48.  In questo contesto, la Corte si riporta alle conclusioni alle quale è giunta nel quadro dell’articolo 8 della Convenzione, ossia che il divieto per la figlia del ricorrente di accedere al metodo «Stamina», previsto dal tribunale di Udine con decisione del 30 agosto 2013 in applicazione del decreto-legge n. 24/2013, perseguiva lo scopo legittimo della tutela della salute ed era proporzionato a quest’ultimo. In effetti, la decisione in causa è stata debitamente motivata e non era arbitraria (si veda il paragrafo 39 supra). Inoltre, ad oggi il valore scientifico del metodo in questione non è provato essendo tuttora pendente il procedimento giudiziario avviato da D.V. che ha ad oggetto la sperimentazione del metodo «Stamina».
49.  Così, il fatto che alcuni tribunali interni abbiano autorizzato l’accesso a questa terapia ad altre persone che si trovano in uno stato di salute presumibilmente simile a quello della figlia del ricorrente non è da solo sufficiente per individuare una violazione dell’articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 8 della Convenzione.
50.  Di conseguenza, alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, questa parte del ricorso deve essere rigettata in quanto manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
51.  Il ricorrente contesta infine il sistema legislativo italiano dal momento che, secondo l’articolo 669 terdecies, comma V, del codice di procedura civile, avverso la decisione resa nell’ambito di un’azione cautelare è consentito presentare soltano un semplice reclamo dinanzi ad un organo collegiale. A tale proposito egli invoca gli articoli 6 § 1 e 14 della Convenzione. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è così formulato nelle sue parti pertinenti:
«Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversi sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...)».
52.  La Corte ritiene a titolo preliminare che questo motivo debba essere esaminato unicamente sotto il profilo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
53.  Essa rammenta poi che la Convenzione non garantisce in quanto tale un diritto a un doppio grado di giudizio in materia civile (Iorga c. Romania, n. 4227/02, § 44, 25 gennaio 2007 e Associazione delle persone vittime del sistema S.C. Rompetrol S.A. e S.C. Geomin S.A. e altri c. Romania, n. 24133/03, § 68, 25 giugno 2013).
54.  Pertanto, questa parte del ricorso deve essere dichiarata irricevibile per incompatibilità ratione materiae con le disposizioni della Convenzione, ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4.

Per questi motivi, la Corte, a maggioranza,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Işıl Karakaş
Presidente

Abel Campos
Cancelliere aggiunto