Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 24 settembre 2013 - Ricorso n. 43892/04 Pennino c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Pucci, funzionario linguistico. Revisione a cura di Martina Scantamburlo.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

CAUSA PENNINO c. ITALIA

(Ricorso n. 43892/04)

STRASBURGO

24 settembre 2013

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
 
Nella causa Pennino c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in una camera composta da:
Danutė Jočienė, presidente,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
Işıl Karakaş,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto de Albuquerque, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 3 settembre 2013,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 43892/04) proposto contro la Repubblica italiana con il quale un cittadino di tale Stato, il sig. Ciro Pennino («il ricorrente»), ha adito la Corte il 29 novembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2.  Il ricorrente è stato rappresentato dagli avv. G. Romano e A. Ferrara, del foro di Benevento. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, N. Lettieri.

3.  Il ricorrente sostiene che lo stato di dissesto finanziario dichiarato dal suo debitore, il comune di Benevento, impedisce il recupero del suo credito.

4.  Il 29 agosto 2006, il ricorso è stato comunicato al Governo. Come consente l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito della causa.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

5.  Il ricorrente è nato nel 1935 e risiede a Benevento.

6.  Nel dicembre 1993, il comune di Benevento dichiarò lo stato di dissesto conformemente al decreto legislativo n. 66 del 1989 (in seguito modificato dalla legge n. 68 del 19 marzo 1993, poi dai decreti legislativi n. 77 del 25 febbraio 1995 e n. 267 del 18 agosto 2000). Il 19 gennaio 1994, la gestione finanziaria del comune fu quindi affidata ad un organo straordinario di liquidazione («l’OSL»), incaricato di stilare l’elenco dei crediti che potevano essere dichiarati ammessi nell’ambito della procedura di liquidazione del passivo.

7.  L’articolo 248 c. 2 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 (legge sugli enti locali dissestati) prevedeva che, dalla dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto, non potesse essere intrapresa o proseguita alcuna azione esecutiva relativamente ai crediti riportati nell’elenco stilato dall’OSL. Ai sensi del paragrafo 4 di quella stessa disposizione, nel periodo in questione, all’ente dissestato non potevano essere richiesti su tali crediti interessi legali o una rivalutazione monetaria.

8.  La giurisprudenza interna (si veda la decisione del Consiglio di Stato n. 5778 del 30 ottobre 2001) aveva ritenuto che il decreto legislativo n. 267 del 2000 non si applicasse ai crediti nei confronti di un ente locale ritenuti certi ed esigibili per effetto di una sentenza pronunciata dopo la dichiarazione di dissesto finanziario, e ciò anche se tali crediti erano sorti anteriormente. Pertanto, relativamente a tali crediti era possibile intraprendere un’azione esecutiva.

9.  Il 13 giugno 2004 entrò in vigore la legge n. 140 del 28 maggio 2004. L’articolo 5 c. 2 di  tale legge prevede che le disposizioni relative agli enti locali in dissesto si applichino d’ora in avanti anche ai crediti sorti prima del 31 dicembre dell’anno precedente a quello del bilancio riequilibrato, e ciò anche quando tali crediti siano stati accertati con provvedimento giurisdizionale successivo a tale data. Il Consiglio di Stato ha applicato questa disposizione nelle sue decisioni n. 3715 del 30 luglio 2004 e n. 6438 del 21 novembre 2005.

10.  Il 15 gennaio 1987 il ricorrente aveva promosso un’azione di risarcimento danni contro il comune di Benevento. Egli sosteneva che quest’ultimo, in quanto locatario del suo appartamento, era responsabile di danni che sarebbero stati causati al suo bene.

11.  Con sentenza del 21 luglio 2002, il cui testo fu depositato in cancelleria il 17 dicembre 2002, il tribunale di Benevento aveva accolto il ricorso del ricorrente e condannato il comune a versargli un risarcimento ammontante a 6.197,48 euro (EUR), ai quali si aggiungevano gli interessi legali ed una somma a titolo di rivalutazione monetaria, calcolati a decorrere dall’aprile 1986. La sentenza, notificata al comune il 20 febbraio 2003, divenne definitiva il 22 marzo 2003.

12.  Il 21 luglio 2003 il ricorrente chiese il pignoramento di beni appartenenti al comune. Il 23 gennaio 2004 il comune promosse opposizione a tale azione. In seguito, il ricorrente rinunciò al pignoramento.

13. Il 29 luglio 2004 il ricorrente propose dinanzi al tribunale amministrativo regionale (TAR) della Campania un ricorso di ottemperanza relativo alla sentenza del 21 luglio 2002.

14. Con sentenza del 28 gennaio 2005, il TAR dichiarò il ricorso inammissibile in applicazione dell’articolo 5 della legge n. 140 del 2004 (paragrafo 9 supra).

15. Con deliberazione n. 4023 del 19 maggio 2005, l’OSL, seguendo una procedura semplificata adottata sin dal 1998, riconobbe l’esistenza di un debito del comune nei confronti del ricorrente per 24.261,46 EUR.

16.  Il 7 febbraio 2006, l’OSL propose al ricorrente una composizione amichevole della causa, offrendogli il versamento di una somma corrispondente all’80% del suo credito (ossia 19.409 EUR). Il ricorrente rifiutò l’offerta.

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

17.  Nelle sue osservazioni, il Governo ha descritto come segue la procedura di risanamento di un ente locale. Il ricorrente ha comunicato che il quadro fatto dal Governo era fondamentalmente corretto.

18.  La dichiarazione di stato di dissesto di un ente locale e la procedura di risanamento che ne consegue corrispondono fondamentalmente ad una procedura di fallimento ordinaria e mirano al soddisfacimento proporzionale e a parità di condizioni dei diritti dei creditori (par condicio creditorum), così come al risanamento finanziario dell’ente interessato. Tuttavia, a differenza di un’azienda privata, l’ente locale dissestato non cessa di esistere e deve continuare ad assumere i compiti istituzionali. Esso deve quindi disporre delle risorse necessarie. L’OSL coesiste con gli organi ordinari dell’ente. La sua competenza è limitata al periodo antecedente alla dichiarazione di dissesto (in altre parole, ai crediti antecedenti al 31 dicembre dell’anno precedente alla dichiarazione di dissesto) e non si estende alle operazioni finanziarie successive.

19.  L’OSL ha il compito di accertare il complesso dei debiti dell’ente locale relativi a quel periodo e di determinare l’attivo disponibile per procedere al loro pagamento. L’accertamento dei debiti dell’ente locale avviene per via amministrativa. I creditori devono, entro il termine di sessanta giorni, dichiarare il loro credito e fornire elementi che provino la sua esistenza e dimostrino che esso è certo, liquido ed esigibile. In genere, solo i debiti «fuori bilancio» – in altre parole i debiti riguardanti operazioni non iscritte nel bilancio dell’ente – richiedono verifiche approfondite. Essi si dividono in due categorie: a) i debiti per i quali non sono state rispettate le procedure contabili o che sono stati contratti al di fuori di ogni legittimità amministrativa; b) i debiti risultanti da una decisione giudiziaria e quindi non prevedibili al momento dell’accertamento del bilancio. Le verifiche sono molto più semplici nei casi di cui al punto b).

20.  L’OSL deve operare una netta distinzione tra i debiti dell’ente che hanno portato allo stato di dissesto e le obbligazioni rientranti nella nuova gestione. Al fine di garantire il principio par condicio creditorum, è vietato, dopo la dichiarazione di dissesto, intraprendere o proseguire ogni azione esecutiva volta al recupero di crediti sorti prima dell’inizio della procedura di risanamento. Tuttavia, il divieto in questione non riguarda le azioni esecutive relative a crediti sorti al di fuori del periodo di competenza dell’OSL. L’esecuzione forzata per via giudiziaria ridiventa possibile non appena la domanda di ammissione di un credito al passivo sia stata definitivamente rigettata (ad esempio perché l’OSL ha accertato che si trattava di un debito non legato al funzionamento dell’ente). Quando, in applicazione del divieto sopra descritto, l’OSL dichiara l’estinzione di una procedura esecutiva, il giudice comunica gli importi del credito, degli interessi, della somma a titolo di rivalutazione monetaria e delle spese di giustizia, affinché tali importi siano iscritti al passivo dell’ente.

21.  Stando a quanto precede, deve essere tracciato un limite temporale tra i debiti «passati» (che rientrano nella competenza dell’OSL), e i debiti «presenti» o «futuri» (che rientrano nella gestione ordinaria). Ora, secondo il Governo, tale limite può essere stabilito soltanto rispetto alla data in cui è sorto il credito, indipendentemente dal momento in cui esso è stato certificato da un provvedimento giurisdizionale. Tutti i crediti sorti durante il periodo di competenza dell’OSL sono quindi trattati da quest’ultimo. Se un provvedimento giurisdizionale ha riconosciuto l’esistenza di un credito nei confronti dell’ente, l’OSL non può ignorare un tale provvedimento e deve ammettere il credito al passivo della gestione straordinaria.

22.  Avverso la decisione dell’OSL il creditore può proporre un ricorso gerarchico al ministero dell’Interno. La decisione di quest’ultimo può essere impugnata dinanzi ai giudici amministrativi (TAR e Consiglio di Stato) per, tra l’altro, vizio di motivazione e abuso o sviamento di potere.

23.  La Corte costituzionale (sentenza n. 155 del 21 aprile 1994) aveva rigettato alcune eccezioni di incostituzionalità dell’analoga disciplina antecedente, ritenendo che, durante lo svolgimento di una procedura di risanamento, non fosse necessario offrire ai creditori le garanzie di un procedimento giurisdizionale sotto il controllo di un giudice, potendo il legislatore prevedere che i debiti dell’ente dissestato potessero essere pagati nell’ambito di un procedimento amministrativo. A suo giudizio, ciò era vero tanto più quando, come nel caso di specie, erano coinvolti interessi pubblici e le disposizioni legislative erano volte ad impedire un ulteriore aggravamento della situazione finanziaria dell’ente. Inoltre, sempre a suo giudizio, una volta avviata la procedura di risanamento, non si poteva imputare al debitore il mancato adempimento delle sue obbligazioni, il che giustificava il «blocco» degli interessi legali e della somma a titolo di rivalutazione monetaria. La Corte costituzionale ha inoltre precisato che gli atti dell’OSL non erano sottratti alla verifica da parte dei giudici ordinari in caso di lesione di diritti soggettivi.

24.  L’OSL deve depositare presso il ministero dell’Interno l’elenco dei crediti ammessi al passivo. Dopo una verifica ministeriale, l’OSL può chiedere un prestito alla Cassa dei depositi e prestiti. L’importo del prestito va ad aggiungersi alle altre risorse già versate all’attivo da parte dell’OSL. L’OSL procede poi al pagamento di rate ai creditori le cui rivendicazioni siano state iscritte al passivo; a mano a mano che si rendono disponibili nuove risorse, l’OSL paga nuove rate, se possibile sino alla completa estinzione dei debiti iscritti al passivo. La procedura termina con il deposito di un piano di estinzione dei debiti da approvarsi da parte del ministero su parere di una commissione specializzata. Il ministero esamina nel merito le scelte operate dall’OSL e può chiedergli spiegazioni e ulteriori verifiche. Può anche rifiutare di approvare il piano di estinzione.

25.  Al fine di accelerare la procedura, l’OSL può proporre ai creditori una composizione amichevole in cambio di una diminuzione dell’importo del loro credito. In caso di accettazione della proposta, la somma risultante dalla transazione è corrisposta immediatamente al creditore che, contestualmente, rinuncia ad ogni ulteriore pretesa a tale titolo. Se la proposta viene rifiutata, l’OSL procederà ad un pagamento proporzionale nel rispetto del principio par condicio creditorum.

26.  Durante la procedura di risanamento, l’applicazione del tasso degli interessi e della rivalutazione monetaria è sospesa relativamente ai crediti ammessi al passivo. Gli interessi e la rivalutazione monetaria possono essere richiesti dalla data di chiusura della procedura di risanamento.

III.  IL DIRITTO COMPARATO

27.  Stando alle informazioni di diritto comparato a disposizione della Corte, venticinque Stati membri del Consiglio d’Europa (Azerbaigian, Belgio, Bulgaria, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lussemburgo, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Moldavia, Montenegro, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Regno Unito, Russia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia e Ucraina) non sembrano ammettere che un’amministrazione locale possa essere dichiarata in dissesto finanziario (in Romania era stata adottata una regolamentazione al riguardo, ma la sua applicazione è stata sospesa). In compenso, in Austria, un comune può formare oggetto di una procedura di fallimento e, in Ungheria, la legislazione prevede sei casi in cui un comune dissestato possa essere sottoposto a una «procedura di alleggerimento del debito comunale». Pur senza riconoscere lo stato di dissesto del comune, otto Stati (Belgio, Estonia, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Lettonia, Montenegro, Russia, Slovacchia e Svizzera) prevedono che quest’ultimo possa essere dichiarato in situazione di difficoltà finanziaria, il che, in genere, implica la predisposizione di un piano di risanamento. In Svizzera, i creditori del comune possono essere coinvolti nella procedura tramite un concordato negoziato con il comune

28.  Negli Stati in cui non vi è una dichiarazione di dissesto o una procedura di difficoltà finanziaria, il pagamento dei crediti sembra dover passare attraverso l’esecuzione di una decisione giudiziaria che accerti l’esistenza di una somma dovuta ed esigibile (Azerbaigian, Bulgaria, Germania, Grecia, Moldavia, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Serbia, Slovenia, Spagna, Turchia e Ucraina). Garanzie procedurali a favore dei creditori dei comuni sono previste in Grecia, Regno Unito, Romania, Spagna e Francia. Alcuni Stati (Bulgaria, Germania, Montenegro, Regno Unito, Serbia, Slovenia e Svezia) prevedono la possibilità di pignorare i beni comunali, sebbene esistano restrizioni al riguardo quali l’impignorabilità dei beni necessari alla continuità dei servizi pubblici.

29.  I due Stati (Austria e Ungheria) che ammettono il fallimento di un ente locale hanno creato alcune garanzie a favore dei creditori. In Austria, gli impiegati del comune possono essere ritenuti personalmente responsabili in caso di negligenza o colpa e i beni del comune non necessari al mantenimento degli interessi pubblici possono essere pignorati ai fini del pagamento dei crediti. In Ungheria, il tribunale regionale può procedere a una ripartizione dei beni comunali rispettando un ordine di priorità dei creditori previsto dalla legge.

30.  Quanto alla possibilità che lo Stato intervenga per pagare i creditori di un comune, essa è completamente esclusa in undici Stati (Austria, Azerbaigian, Belgio, Lussemburgo, Polonia, Repubblica ceca, Spagna, Svizzera, Turchia, Ucraina e Ungheria) e ammessa soltanto in casi particolarissimi (ad esempio, se lo Stato si è fatto garante) in altri tre (Bulgaria, Moldavia e Russia). Lo Stato centrale può aiutare finanziariamente un comune in Estonia, Germania, ex Repubblica iugoslava di Macedonia e Serbia.

31.  Per quanto riguarda gli Stati non europei, in Sudafrica un comune con problemi finanziari può formare oggetto di un piano di risanamento e, se non è in grado di pagare i debiti, può chiedere all’Alta Corte di disporre, per un periodo non superiore a novanta giorni, la sospensione della totalità o di una parte dei suoi obblighi finanziari. Se l’Alta Corte accoglie la domanda, viene stilato un piano di pagamento parziale dei crediti. In Cile, quando un creditore avvia un procedimento civile contro un comune, i beni di quest’ultimo non necessari al suo funzionamento possono essere pignorati.

32.  Infine, negli Stati Uniti d’America, se un’amministrazione locale è insolvente e se lo Stato federato lo autorizza, essa può predisporre un piano per far fronte ai propri debiti e chiedere di beneficiare della tutela della legge sul fallimento, tutela che generalmente consiste nella proroga delle scadenze, nella riduzione dell’importo del debito o dei suoi interessi e nell’ottenimento di prestiti. Una commissione ha competenza ad esaminare il piano di risanamento, che deve essere non discriminatorio, giusto ed equo. Secondo le norme sulla priorità, alcuni creditori devono essere pagati per intero, altri possono non riscuotere niente. Per ottenere il pagamento della somma che gli è dovuta, un creditore privilegiato beneficia di una garanzia che gli assicura una priorità di pagamento in caso di difficoltà del debitore. Egli evita così la concorrenza con i creditori chirografari (creditori semplici, sprovvisti di una tale garanzia). I pagamenti devono essere stati effettuati per intero per ogni livello di priorità affinché i creditori del livello successivo possano iniziare ad essere pagati.

IN DIRITTO

I.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE

33. Il ricorrente afferma che gli è impossibile ottenere l’esecuzione della sentenza del tribunale di Benevento del 21 luglio 2002. Egli invoca l’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, così redatto:

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

34.  Il Governo si oppone a questa tesi.

A.  Sulla ricevibilità

1.  Le eccezioni del Governo relative al carattere abusivo del ricorso e all’assenza della qualità di vittima del ricorrente.

35.  Il Governo fa presente che il comune di Benevento ha dichiarato lo stato di dissesto nel dicembre 1993 e che la gestione finanziaria del comune è stata affidata all’OSL il 19 gennaio 1994. Nel 1998, l’OSL avrebbe optato per la procedura semplificata, permettendo la conclusione di accordi in via amichevole con i creditori. Alla data delle osservazioni del Governo (dicembre 2006), la procedura di risanamento sarebbe stata ancora pendente. Essa si sarebbe protratta a causa di modifiche legislative intervenute nel tempo e dell’ammissione al passivo di nuovi crediti. Il 15 e il 23 novembre 2005, il comune di Benevento avrebbe deciso di sottoscrivere un prestito al fine di adempiere le sue obbligazioni nei confronti di alcuni creditori, cosa che gli avrebbe permesso di proporre il versamento di somme che arrivavano fino all’80% dei crediti.

36.  Secondo il Governo, non si può tenere conto del periodo precedente al riconoscimento del credito del ricorrente da parte di una sentenza divenuta definitiva. Infatti, a suo parere, solo da tale data l’interessato poteva vantare un diritto nei confronti dell’OSL e/o del comune.

37.  Il Governo fa presente che il provvedimento giurisdizionale che riconosce il credito del ricorrente è divenuto definitivo solo il 22 marzo 2003 (paragrafo 11 supra). Tra tale data e la data della proposta di composizione amichevole, il 7 febbraio 2006 (paragrafo 16 supra), sono trascorsi circa due anni e dieci mesi. Ora, secondo il Governo, il ricorrente non ha informato la Corte degli sviluppi del procedimento ed ha quindi tentato di abusare della fiducia di questa. Il Governo ritiene pertanto che il ricorso dell’interessato sia abusivo. In via sussidiaria, esso invita la Corte a rifiutare al ricorrente la qualità di vittima e a dichiarare che il ricorso dello stesso costituisce un’actio popularis che prende di mira la legislazione italiana in quanto tale.

2.  Valutazione della Corte

38.  La Corte rammenta che, ai sensi dell’articolo 47 § 6 del suo regolamento, i ricorrenti devono informarla di qualsiasi fatto pertinente per l’esame del loro ricorso, e che un ricorso può essere rigettato come abusivo se è stato fondato scientemente su fatti interamente inventati (Řehàk c. Repubblica ceca (dec.), n. 67208/01, 18 maggio 2004, e Keretchashvili c. Georgia (dec.), n. 5667/02, 2 maggio 2006) o se il ricorrente ha sottaciuto informazioni fondamentali riguardanti i fatti della causa al fine di indurre in errore la Corte (si vedano, tra le altre, Hüttner c. Germania (dec.), n. 23130/04, 19 giugno 2006, e Basileo e altri c. Italia (dec.), n. 11303/02, 23 agosto 2011). Essa rammenta poi che, parimenti, se nel corso del procedimento dinanzi alla Corte intervengono sviluppi importanti e se il ricorrente non ne informa la Corte, impedendole così di pronunciarsi con piena cognizione di causa, il suo ricorso può essere rigettato come abusivo (Bekauri c. Georgia (dec.), n. 14102/02, §§ 21-23, 10 aprile 2012, e Simonetti c. Italia (dec.), nn. 50914/11 e 58323/11, § 19, 10 luglio 2012).

39.  La Corte rammenta inoltre di avere già affermato che, «in linea di principio, ogni comportamento del ricorrente manifestamente contrario alla vocazione del diritto di ricorso e suscettibile di ostacolare il buon funzionamento della Corte o il buono svolgimento del procedimento dinanzi ad essa può essere definito abusivo» (Miroļubovs e altri c. Lettonia, n. 798/05, § 65, 15 settembre 2009). Il concetto di abuso, ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione, deve infatti essere inteso nel significato ordinario prevalente nella teoria generale del diritto – ossia come il fatto di esercitare un diritto in maniera pregiudizievole e contraria alla finalità dello stesso (Miroļubovs e altri, sopra citata, § 62, e Petrović c. Serbia (dec.), nn. 56551/11 e altri dieci, 18 ottobre 2011).

40.  Nel caso di specie, la Corte constata che il Governo contesta al ricorrente di non avere informato la Corte della proposta di composizione amichevole formulata dall’OSL il 7 febbraio 2006.

41.  Essa osserva che il ricorso è stato presentato dinanzi ad essa il 29 novembre 2004, quando l’OSL non aveva ancora formulato la sua offerta, e che il ricorrente ha menzionato la proposta di composizione amichevole dell’OSL nelle sue osservazioni di replica presentate nel febbraio 2007. Non si può quindi contestare all’interessato di avere tentato di sottacere l’offerta controversa. Inoltre, ammesso che egli sia responsabile di un certo ritardo nella comunicazione dell’informazione in questione, la Corte non può concludere che tale mancanza di diligenza sia tale da conferire al ricorso un carattere abusivo o che tale ricorso fosse fondato scientemente su fatti totalmente inventati.

42.  La Corte rammenta anche che la Convenzione non prende in considerazione la possibilità di avviare un’actio popularis ai fini dell’interpretazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione; né essa autorizza i privati a denunciare una disposizione di diritto interno semplicemente perché ritengono, pur senza averne subito direttamente le conseguenze, che essa violi la Convenzione (Tănase c. Moldavia, [GC], n. 7/08, § 104, CEDU 2010-...). I ricorsi devono quindi essere proposti dalle persone o in nome delle persone che sostengono di essere vittime della violazione di una o più disposizioni della Convenzione. Il concetto di vittima deve, in linea di principio, essere interpretato in modo autonomo e indipendentemente da concetti interni quali quelli riguardanti l’interesse o la qualità per agire. Per potere sostenere di essere vittima di una violazione della Convenzione, un ricorrente deve potere dimostrare di essere stato interessato direttamente dalla misura contestata (Sanles Sanles c. Spagna (dec.), n. 48335/99, CEDU 2000-XI, e L.Z. c. Slovacchia (dec.), n. 27753/06, § 71, 27 settembre 2011).

43.  La Corte rileva che, nel caso di specie, il ricorrente, creditore del comune di Benevento, non ha potuto ottenere la riscossione integrale del suo credito o intraprendere un’azione esecutiva, e ciò a causa delle disposizioni in materia di dissesto finanziario applicabili agli enti locali. Il ricorrente è stato quindi interessato personalmente e direttamente dalla situazione che denuncia.

44.  Ne consegue che le eccezioni del Governo relative al carattere abusivo del ricorso e all’assenza della qualità di vittima del ricorrente devono essere rigettate.

45.  Constatando che questa doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e che non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte la dichiara ricevibile.

B.  Sul merito

1.  Argomenti delle parti

a)  Il ricorrente

46.  Il ricorrente eccepisce innanzitutto la tardività delle osservazioni del Governo, che sarebbero pervenute in cancelleria il 5 dicembre 2006, dopo la scadenza del termine (29 novembre 2006) fissato a tal fine.

47.  Egli sostiene poi che l’entrata in vigore della legge n. 140 del 2004, che prevedeva, a suo avviso, che le disposizioni relative agli enti locali in dissesto finanziario si applicassero ormai anche ai crediti accertati con sentenza pronunciata dopo la dichiarazione di dissesto, lo ha privato della possibilità di ottenere la riscossione del suo credito. Egli precisa di non contestare la compatibilità con la Convenzione delle disposizioni generali sugli enti locali in dissesto finanziario e che la sua doglianza riguarda la legge n. 140 del 2004, che avrebbe reso de facto non eseguibile la sentenza del tribunale di Benevento del 21 luglio 2002 e modificato la giurisprudenza precedente (paragrafi 8 e 9 supra).

48.  Il ricorrente afferma poi che vi è stata ingerenza nell’esercizio del suo diritto al rispetto dei suoi beni, in quanto la legge in questione ha avuto come effetto, a suo giudizio, di rinviare sine die la possibilità di riscuotere il suo credito. Aggiunge che tale ingerenza non era «legittima» ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, in quanto avrebbe creato una situazione di incertezza e lo avrebbe privato della possibilità di una tutela giurisdizionale. Fa inoltre presente che la somma da lui reclamata è stata iscritta al passivo e che pertanto egli non potrà beneficiare né degli interessi legali né della rivalutazione monetaria, e ciò fino alla chiusura della procedura di liquidazione.

49.  Egli riconosce, come peraltro avrebbe sottolineato il Governo, di avere la possibilità di contestare gli atti dell’OSL dinanzi ai giudici ordinari o amministrativi. Aggiunge di non potere tuttavia né controllare l’attività dell’OSL né sollecitare la riscossione del suo credito, e che soltanto la decisione di ammettere o di non ammettere un credito al passivo è soggetta a impugnazione. Alla luce di quanto precede, egli afferma di avere dovuto sostenere un onere eccessivo ed esorbitante e che lo Stato non ha saputo garantire un giusto equilibrio tra interessi pubblici e privati contrapposti.

b)  Il Governo

50.  Il Governo afferma cha la procedura di risanamento conseguente allo stato di dissesto di un comune ha proprio lo scopo di liberare le liquidità necessarie al pagamento (totale o parziale) dei crediti. Nel caso di specie, non si può quindi parlare di impossibilità di recuperare un credito o di misconoscimento dell’autorità della cosa giudicata.

51.  Il Governo argomenta poi che se ad ogni creditore fosse consentito di agire individualmente per recuperare il proprio credito l’ente locale in dissesto finanziario sarebbe condannato inesorabilmente alla paralisi e ad una situazione di caos in cui solo i creditori più potenti o meglio assistiti potrebbero recuperare il loro credito. Secondo il Governo, la difficoltà di recuperare i crediti non sarebbe dovuta all’azione delle autorità, ma ad una situazione puramente fattuale, indipendente dalla volontà dello Stato e risultante dal tracollo finanziario dell’ente locale. L’intervento dello Stato attraverso la procedura di risanamento sarebbe volto a garantire a tutti i creditori parità di trattamento nel recupero dei loro crediti e quindi ad assicurare l’adempimento degli obblighi positivi dello Stato.

52.  Il Governo precisa poi che il ricorrente ha rifiutato una proposta di composizione amichevole consistente nel versamento di una somma corrispondente all’80% del credito (paragrafo 16 supra). Ne deduce che è il ricorrente stesso ad avere scelto di non recuperare il credito, mentre lo Stato, di fronte ad una situazione eccezionale di dissesto del comune, si sarebbe sforzato di tutelare prontamente i diritti dei creditori. Esso rinvia alla causa Bäck c. Finlandia (n. 37598/97, CEDU 2004-VII), in cui la Corte avrebbe concluso per la non violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 malgrado l’annullamento, senza indennizzo né compensazione, con legge retroattiva, di un credito del ricorrente nei confronti di un privato nell’ambito di una politica sociale. Esso ritiene che, nel caso di specie, la legge sugli enti locali in dissesto non riguardasse una controversia particolare, ma si imponesse per motivi di natura finanziaria e di politica economica e sociale, e che, siccome avrebbe riguardato un comune e non un privato, essa rispondesse all’interesse generale. È del parere che vi sia stato non pregiudizio alla sostanza stessa del diritto del ricorrente, bensì lieve riduzione dell’ammontare del credito di questi.

2.  Valutazione della Corte

53.  La Corte ritiene di non doversi pronunciare sulla questione di stabilire se le osservazioni del Governo le siano pervenute tempestivamente o meno (paragrafo 46 supra), dal momento che i fatti della causa fanno emergere, comunque, una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, per i motivi esposti qui di seguito.

54.  La Corte rammenta innanzitutto che un «credito» può costituire un «bene» ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 se è sufficientemente accertato per essere esigibile (Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 59, serie A n. 301-B, e Bourdov c. Russia, n. 59498/00, § 40, CEDU 2002-III).

55.  Nel caso di specie, essa osserva che il ricorrente era titolare di un credito accertato, liquido ed esigibile per effetto della sentenza del tribunale di Benevento del 21 luglio 2002, che aveva condannato il comune a versargli un risarcimento nella misura di 6.197,48 EUR, al quale si aggiungevano gli interessi legali e una somma a titolo di rivalutazione monetaria. Tale sentenza è divenuta definitiva il 22 marzo 2003 (paragrafo 11 supra).

56.  In seguito alla dichiarazione di dissesto finanziario del comune di Benevento, intervenuta nel dicembre 1993 (paragrafo 6 supra), nonché all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 (paragrafo 7 supra) e della legge n. 140 del 28 maggio 2004 (paragrafo 9 supra), il ricorrente si è trovato nell’impossibilità di intraprendere un’azione esecutiva contro il comune di Benevento. Peraltro, quest’ultimo non ha pagato il suo debito, ledendo il diritto del ricorrente al rispetto dei suoi beni, quale enunciato nella prima frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (si veda, mutatis mutandis, Bourdov, sopra citata, idem).

57.  Inoltre, non eseguendo la sentenza del tribunale di Benevento, le autorità nazionali hanno impedito al ricorrente di riscuotere il denaro che questi poteva ragionevolmente aspettarsi di ottenere. È vero che l’OSL ha proposto al ricorrente una composizione amichevole, grazie alla quale l’interessato avrebbe potuto ottenere una somma equivalente all’80% del suo credito (paragrafo 16 supra); ciò non toglie che accettando l’offerta – cosa che non ha fatto – il ricorrente avrebbe perso il 20% del suo credito, e avrebbe dovuto rinunciare agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria sulla somma che gli era dovuta, e ciò dalla data della dichiarazione di dissesto del comune (paragrafo 7 supra).

58.  Il Governo ha giustificato tale ingerenza nel godimento da parte del ricorrente del suo diritto al rispetto dei suoi beni con il dissesto finanziario del comune e con la volontà di garantire a tutti i creditori parità di trattamento per la riscossione dei loro crediti (paragrafi 51 e 52 supra). La Corte ritiene che la mancanza di risorse di un comune non possa giustificare che questo ometta di onorare gli obblighi derivanti da una sentenza definitiva pronunciata a suo sfavore (si vedano, mutatis mutandis, Ambruosi c. Italia, n. 31227/96, §§ 28-34, 19 ottobre 2000, e Bourdov, sopra citata, § 41).

59.  La Corte tiene a sottolineare che, nel caso di specie, si ha a che fare con il debito di un ente locale, quindi di un organo dello Stato, risultante dalla condanna di questo al pagamento di un risarcimento con provvedimento giurisdizionale. Ciò permette di distinguere la presente causa dalla causa Bäck c. Finlandia, cui ha fatto riferimento anche il Governo (paragrafo 52 supra), che riguardava il riscadenzamento di un credito nei confronti di un privato, e dalla causa Koufari e Adedy c. Grecia ((dec.), nn. 57665/12 e 57657/12, §§ 31 50, 7 maggio 2013), in cui si parlava di una politica sociale volta a ridurre, in futuro, le remunerazioni e le pensioni dei funzionari.

60.  Le precedenti considerazioni bastano alla Corte per concludere che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.

II.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE

61.  Il ricorrente sostiene che l’assenza di un ricorso che consenta di rimediare all’impossibilità da lui lamentata di ottenere l’esecuzione della sentenza del tribunale di Benevento del 21 luglio 2002 ha importato violazione degli articoli 6 e 13 della Convenzione. Egli lamenta inoltre che la gestione del fallimento del comune sia stata affidata ad un organo amministrativo. Infine denuncia l’assenza di vie di ricorso che permettano di chiedere un controllo dell’attività dell’OSL e della procedura di risanamento.
Nelle parti pertinenti nel caso di specie, gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione recitano come segue:

Articolo 6 § 1

«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) da un tribunale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…).»

Articolo 13

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (…) Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»

62.  Il Governo si oppone alle tesi del ricorrente.

63.  La Corte rileva che questo motivo di ricorso è legato a quello esaminato sopra e che quindi deve essere dichiarato anch’esso ricevibile.

A.  Argomenti delle parti

1.  Il ricorrente

64.  Il ricorrente sostiene che l’articolo 248 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e l’articolo 5 della legge n. 140 del 2004 impediscono ai creditori di un ente locale in dissesto finanziario di proporre un’azione esecutiva per ottenere la riscossione dei loro crediti. Nel caso di specie, a suo dire, lo Stato non ha regolamentato l’accesso alla giustizia, ma ha escluso la possibilità di agire ai fini dell’esecuzione, persino davanti al giudice amministrativo. Tale divieto permarrebbe fino al risanamento della situazione finanziaria del comune, e quindi fino ad una data imprevedibile. Si tratterebbe, di conseguenza, di un limite temporale vago.

65.  Il ricorrente sostiene infine che il suo motivo di ricorso era «difendibile» sotto il profilo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, e che, di conseguenza, ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione, egli aveva diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un organo nazionale. Ora, egli sarebbe stato privato di tale diritto dalla legge n. 140 del 2004. Fa sapere al riguardo che la sentenza del tribunale di Benevento del 21 luglio 2002 è stata pronunciata oltre quindici anni dopo la proposizione, il 15 gennaio 1987, della sua azione di risarcimento danni.

2.  Il Governo

66.  Il Governo sostiene che l’articolo 13 della Convenzione non può obbligare lo Stato a prevedere meccanismi di controllo, da parte di un privato, di ogni tappa intermedia di una procedura complessa, in quanto, a suo giudizio, ciò impedirebbe il buono svolgimento della procedura e darebbe luogo a ritardi. A suo dire, tale disposizione non si applica di conseguenza alle fasi della procedura che precedono l’eventuale esclusione di un credito dalla massa passiva. D’altra parte, dal momento che il credito del ricorrente sarebbe stato iscritto al passivo, questi non avrebbe un motivo di ricorso difendibile sotto il profilo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. Quanto al diritto di accesso ad un tribunale, tutelato dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, si tratterebbe di un diritto non materiale bensì procedurale, che non potrebbe sovrapporsi a quello sancito dall’articolo 13.

67.  Il Governo fa poi riferimento alla sua esposizione del diritto e della prassi interni pertinenti (paragrafi 22-23 supra) e ribadisce che avverso gli atti dell’OSL può essere proposto ricorso sia dinanzi al ministero dell’Interno sia dinanzi ai giudici amministrativi od ordinari. Fa inoltre sapere che, nel caso di specie, il ricorrente, il cui credito sarebbe stato iscritto al passivo, non aveva alcun motivo di ricorso contro l’OSL e che la sua doglianza relativa all’articolo 13 è quindi puramente teorica e costituisce un’actio popularis.

68.  Infine, il Governo spiega che in effetti  il ricorrente non poteva avviare o proseguire una qualsiasi azione individuale di esecuzione. Aggiunge tuttavia che la possibilità di agire individualmente ai fini della riscossione di un credito al di fuori della procedura di risanamento sarebbe per definizione incompatibile con la finalità di quest’ultima e avrebbe compromesso, come spiegato sopra, il principio par condicio creditorum.

B.  Valutazione della Corte

69.  La Corte esaminerà le doglianze del ricorrente innanzitutto sotto il profilo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

70.  Essa rammenta che il «diritto ad un tribunale», di cui il diritto di accesso – vale a dire il diritto di adire un tribunale in materia civile – costituisce un aspetto, sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico interno di uno Stato contraente permettesse che una decisione giudiziaria definitiva ed obbligatoria restasse inefficace a scapito di una parte. L’esecuzione di una sentenza, di qualsiasi giudice, deve quindi essere considerata facente parte integrante del «processo» ai sensi dell’articolo 6 (Hornsby c. Grecia, 19 marzo 1997, § 40, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997 II, e Bourdov c. Russia (n. 2), n. 33509/04, § 65, 15 gennaio 2009).

71.  Nel caso di specie, la Corte osserva che, ai sensi dell’articolo 248 c. 2 del decreto legislativo n. 267 del 2000, dalla data della dichiarazione di dissesto e fino all’approvazione del rendiconto, non potevano essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti del comune per i crediti che rientravano nella competenza dell’OSL (paragrafo 7 supra). L’articolo 5 c. 2 della legge n. 140 del 2004 ha esteso questa regola anche ai crediti che, come quello del ricorrente, erano stati accertati con provvedimento giurisdizionale successivo alla dichiarazione di dissesto. Il Consiglio di Stato ha applicato questa disposizione nelle sue decisioni n. 3715 del 30 luglio 2004 e n. 6438 del 21 novembre 2005 (paragrafo 9 supra).

72.  Il ricorrente ha quindi subito un’ingerenza nell’esercizio del suo diritto di accesso ad un tribunale.

73.  La Corte rammenta che tale diritto non è assoluto, ma può dare luogo a limitazioni implicitamente ammesse. Tuttavia, tali limitazioni non possono restringere l’accesso offerto all’individuo in maniera o ad un punto tali che il diritto ne risulti leso nella sua stessa sostanza. Inoltre, esse si conciliano con l’articolo 6 § 1 solo se perseguono un interesse legittimo e se esiste un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo prefisso (si vedano, tra molte altre, Khalfaoui c. Francia, n. 34791/97, §§ 35-36, CEDU 1999-IX, e Papon c. Francia, n. 54210/00, § 90, 25 luglio 2002; si veda anche il richiamo dei principi pertinenti in Fayed c. Regno Unito, 21 settembre 1994, § 65, serie A n. 294-B).

74.  Nel caso di specie, la Corte ritiene che la limitazione controversa perseguisse lo scopo legittimo di assicurare la parità di trattamento tra i creditori, cosa che il Governo sottolinea a giusto titolo (paragrafo 68 supra).

75.  Quanto alla proporzionalità dell’ingerenza, la Corte rileva che il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell’ente rimane in vigore fino all’approvazione del rendiconto da parte dell’OSL, quindi fino ad una data futura che dipende dall’attività di una commissione amministrativa indipendente. La celerità della procedura dinanzi a tale organo sfugge quindi completamente al controllo del ricorrente.

76.  Il comune di Benevento ha dichiarato lo stato di dissesto nel dicembre 1993 (paragrafo 6 supra) e, a tutt’oggi, la Corte non è stata informata di un’approvazione del rendiconto da parte dell’OSL. Il ricorrente, che ha ottenuto il riconoscimento del suo credito con sentenza pronunciata nel luglio 2002 e divenuta definitiva il 22 marzo 2003 (paragrafo 11 supra), è stato quindi privato del suo diritto di accesso ad un tribunale per un periodo eccessivamente lungo. A giudizio della Corte, ciò ha comportato il venire meno del ragionevole rapporto di proporzionalità che deve esistere, in materia, tra i mezzi impiegati e lo scopo prefisso.

77.  Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

78.  Tenuto conto delle constatazioni relative all’articolo 1 del Protocollo n. 1 e all’articolo 6 § 1 della Convenzione (paragrafi 60 e 77 supra), la Corte ritiene che non sia opportuno accertare se vi sia stata, nel caso di specie, violazione dell’articolo 13 della Convenzione.

III.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

79.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danni

80.  Il ricorrente chiede 34.042,93 EUR per danni materiali. Precisa che la somma rappresenta l’ammontare del credito riconosciuto dall’OSL (24.261,46 EUR), maggiorato degli interessi legali e di una somma a titolo di rivalutazione monetaria. Il ricorrente chiede inoltre 20.000 EUR per danni morali.

81.  Il Governo sostiene che i diritti patrimoniali del ricorrente non sono stati lesi e che l’interessato non ha subito sentimenti di angoscia né altri danni morali. Pertanto, a suo avviso, all’interessato non deve essere accordata nessuna equa soddisfazione. Aggiunge che la somma reclamata per i danni materiali è superiore all’ammontare del credito, e che quella chiesta per i danni morali è quasi equivalente a quest’ultima.

82.  La Corte rammenta di avere concluso per la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 e dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a causa dell’impossibilità per il ricorrente di ottenere la riscossione del credito da lui vantato nei confronti del comune di Benevento e dell’impossibilità di intraprendere un’azione esecutiva contro questo.

83.  Sotto il profilo dell’articolo 41 della Convenzione, la Corte osserva che il ricorrente ha subito un danno materiale derivante dalla mancata riscossione dell’importo del risarcimento al quale aveva diritto. Come da essa più volte affermato, una sentenza che constati una violazione comporta per lo Stato convenuto l’obbligo giuridico di porre fine alla violazione e di rimuoverne le conseguenze in modo da ripristinare per quanto possibile la situazione ad essa precedente (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 32, CEDU 2000-XI). Essa ritiene che, nel caso di specie, il riconoscimento di una somma equivalente al danno subito porrebbe il ricorrente nella situazione in cui si sarebbe trovato se la violazione non si fosse verificata (Plalam S.p.a. c. Italia (equa soddisfazione), n. 16021/02, § 23, 8 febbraio 2011).

84.  La Corte osserva che, secondo la sentenza del tribunale di Benevento del 21 luglio 2002, il comune doveva versare al ricorrente 6.187,48 EUR a titolo di risarcimento. A tale somma si aggiungevano gli interessi legali ed una somma a titolo di rivalutazione monetaria calcolati a decorrere dall’aprile 1986 (paragrafo 11 supra). Il 19 maggio 2005, l’OSL aveva calcolato che la somma dovuta al ricorrente ammontava a 24.261,46 EUR (paragrafo 15 supra).

85.  Poiché un risarcimento rischierebbe di divenire meno adeguato se il pagamento dello stesso prescindesse da elementi suscettibili di ridurne il valore, quali il trascorrere di un lasso di tempo considerevole (Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis, sopra citata, § 82), tale importo dovrà essere aggiornato per compensare gli effetti dell’inflazione. Sarà inoltre necessario maggiorarlo di interessi tali da compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dal maggio 2005. A giudizio della Corte, tali interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato al capitale progressivamente rivalutato (Guiso-Gallisay c. Italia [GC], n. 58858/00, § 105, 22 dicembre 2009, e Plalam S.p.a. (equa soddisfazione), sopra citata, § 24).

86.  Inoltre, nel caso di specie, la violazione dei diritti del ricorrente sanciti dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 e dall’articolo 6 § 1 della Convenzione deve avere suscitato nell’interessato sensazioni di impotenza e frustrazione. La Corte ritiene che questo danno morale debba essere riparato in maniera adeguata (si vedano, mutatis mutandis, Bourdov (n. 2), sopra citata, §§ 151-157, Epiphaniou e altri c. Turchia (equa soddisfazione), n. 19900/92, § 45, 26 ottobre 2010, e Di Marco c. Italia (equa soddisfazione), n. 32521/05, § 20, 10 gennaio 2012).

87.  Tenuto conto della totalità di questi elementi e deliberando in via equitativa, la Corte ritiene ragionevole riconoscere al ricorrente una somma complessiva di 30.000 EUR, per tutti i danni, più l’importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta su tale somma.

B.  Spese

88.  Basandosi su una nota relativa alle spese dei suoi avvocati, il ricorrente chiede anche 11.618,60 EUR per le spese sostenute dinanzi alla Corte.

89.  Il Governo afferma che un ricorso abusivo o infondato non comporta alcun pagamento di spese e che, ad ogni modo, la somma richiesta dal ricorrente è eccessiva.

90.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, tenuto conto dei documenti a sua disposizione e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole la somma di 5.000 EUR per il procedimento dinanzi ad essa e la accorda al ricorrente.

C.  Interessi moratori

91.  La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione;
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  4. Dichiara che non è opportuno esaminare il motivo di ricorso relativo all’articolo 13 della Convenzione;
  5. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
      1. 30.000 EUR (trentamila euro), per il danno materiale e morale, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta;
      2. 5.000 EUR (cinquemila euro), per le spese, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dal ricorrente;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  6. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 24 settembre 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Danutė Jočienė
Presidente

Stanley Naismith   
Cancelliere