Linee guida regionali interistituzionali Provveditorato e Regione Umbria per la gestione integrata dei programmi alternativi alla pena detentiva in persone alcol e tossico-dipendenti (novembre 2014)

INDICE

  • Premessa
  • Le disposizioni di legge

A. PARTE INTRODUTTIVA

A.1. Finalità ed obiettivi delle linee guida
A.2. Principi informatori
A.3. Destinatari delle misure alternative
A.4. Enti attuatori

B. IL PERCORSO OPERATIVO

B.1. Procedure e criteri per l’attuazione del Protocollo d’intesa del 13/5/2014

  • artt. 2 e 3

B.2. Il Gruppo di lavoro integrato sul caso
B.3. Valutazione diagnostica e certificazione
B.4. Definizione del programma terapeutico e attestazione di idoneità
B.5. Monitoraggio e valutazione del programma
B.6. Conclusione del percorso

C. LE OPZIONI TERAPEUTICHE

C.1. Obiettivo: personalizzazione dei programmi
C.2. I programmi residenziali e semiresidenziali
C.3. I programmi territoriali
C.4. I percorsi riparatori

D. MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE LINEE GUIDA

ALLEGATI

  1. 1. Protocollo d’intesa 13 maggio 2014
  2. 2. Griglia per la segnalazione dei potenziali beneficiari del Protocollo
  3. 3. Il Gruppo di lavoro integrato sul caso
  4. 4. Modello di certificazione
  5. 5. Scheda di monitoraggio
  6. 6. Metodologia adottata per l’elaborazione delle linee guida

DOCUMENTO ISTRUTTORIO allegato alla delibera di approvazione della Regione Umbria del 28 novembre 2014

PREMESSA

Il contesto penitenziario intramurario risulta particolarmente inidoneo alla cura della condizione di dipendenza ed al reinserimento socio-lavorativo delle persone che ne sono affette. La pena detentiva, inoltre, non sembra costituire un deterrente dissuasivo efficace, si rileva infatti una tendenza alla recidiva nettamente superiore nelle persone che sono state in carcere senza fruire di misure alternative, rispetto a quelle che hanno beneficiato di percorsi alternativi alla detenzione [1].
Il nostro ordinamento ha quindi previsto specifiche norme per l’accesso delle persone alcol e tossico-dipendenti, in presenza di determinati requisiti, a misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale) che essenzialmente comportano l’esecuzione di un programma terapeutico.
L’applicazione di tali misure e gli esiti che esse producono, tuttavia, rischiano di essere eccessivamente disomogenei sul territorio nazionale, in mancanza di criteri univoci di scelta per la loro applicazione e conduzione.

Dalle analisi realizzate a livello nazionale [2], risultano da sviluppare in particolare i seguenti aspetti:
o l’individuazione di criteri univoci per l’accertamento e la certificazione dello stato di alcol/tossico-dipendenza, o il coordinamento e lo scambio di informazioni fra i soggetti che intervengono a diverso  titolo nella formulazione e attuazione del programma in misura alternativa (ser.t e altri servizi sanitari, servizi sociali comunali, UEPE, comunità terapeutiche, istituzioni penitenziarie, Magistratura di sorveglianza, ecc. ), o l’individualizzazione dei programmi in misura alternativa in funzione delle specifiche caratteristiche dei singoli beneficiari.
Anche in Umbria, sia pure in presenza di alcune specifiche iniziative locali e, in particolare, di protocolli operativi finalizzati a facilitare il superamento di queste difficoltà, la situazione è apparsa suscettibile di miglioramenti. Si è ritenuto opportuno, pertanto, intraprendere iniziative, sostenute da una cornice di stretta collaborazione interistituzionale, finalizzate ad incrementare l’accesso alle misure alternative e a migliorare le modalità della loro applicazione.
E’ stato siglato a questo scopo un Protocollo d’intesa tra il Ministero della Giustizia, la Regione Umbria, l’ANCI Umbria e la Magistratura di sorveglianza di Perugia, per l’ampliamento del numero di persone alcol e tossico-dipendenti detenute presso gli istituti penitenziari umbri ammesse a usufruire di misure alternative alla detenzione [3], anche allo scopo di contribuire a ridurre la grave situazione di sovraffollamento che affligge il sistema penitenziario.
Sono state quindi definite queste linee guida, di ambito regionale, condivise tra tutte le istituzioni coinvolte, inerenti le modalità di applicazione delle misure alternative laddove sia coinvolto un condannato alcol/tossico-dipendente residente nel territorio regionale, sia detenuto che libero, o un condannato alcol/tossico-dipendente detenuto presso un Istituto penitenziario collocato in Umbria per il quale si ipotizzi l’accesso ad una misura alternativa ai sensi del Protocollo sopra citato.

Questo documento recepisce le proposte emerse da un lungo percorso di formazione ed elaborazione avviato nel 2011 e concluso nel 2013, che ha coinvolto gli operatori impegnati quotidianamente in questo campo, afferenti ai diversi servizi ed istituzioni [4].
L’idea di fondo, che ha motivato le istituzioni, è che rendere più funzionali ed omogenee le procedure e maggiormente personalizzati i programmi terapeutici, attraverso un lavoro “di sistema” che coinvolge i diversi ambiti istituzionali ed operativi, si traduce in una maggiore accessibilità ed in una più estesa fruizione delle misure alternative, e ne migliora gli esiti.

LE DISPOSIZIONI DI LEGGE

L’accesso alle misure alternative alla detenzione è disciplinato per gli alcol e tossico-dipendenti attraverso norme specifiche, di seguito sinteticamente descritte nei profili fondamentali.
Art.90 legge 309/90 – Sospensione dell’esecuzione della pena Presuppone l’avvenuta conclusione del programma terapeutico da parte di un soggetto già
tossicodipendente (non sono inclusi gli alcoldipendenti).

E' decisa su istanza avanzata da condannati detenuti, oppure in libertà (con esecuzione della pena sospesa dalla competente Procura a seguito di procedimento ex art.656 C.p.p.), o agli arresti domiciliari ex art. 656 comma 10 (nell’ipotesi in cui tale misura cautelare perduri dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna). Anteriormente all’udienza del Tribunale, in via provvisoria e interinale e solo se il condannato sia detenuto, può essere concessa dal Magistrato di Sorveglianza.

Alla domanda è allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l’attività di diagnosi (comma 2, lettera d, dell’articolo 116 del DPR 309/1990) attestante lo stato di tossicodipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze, il tipo di programma terapeutico scelto e l’indicazione ove il programma è stato eseguito, le modalità di realizzazione e i risultati conseguiti dal programma stesso.

Può essere concessa una sola volta nella vita. La pena di riferimento non può superare anni sei nel residuo oppure anni 4 quando il titolo esecutivo include uno dei reati previsti dall’art. 4 bis dell’O.P.

Art.94 legge 309/1990 e art.99 Reg.Es. DPR 230/2000 – Affidamento in prova in casi particolari E’ fruibile da condannati tossicodipendenti o alcoldipendenti che intendano intraprendere o proseguire uno specifico programma terapeutico individuale.
 
Viene concesso dal Tribunale di Sorveglianza solo a persone condannate con sentenza definitiva, che ne abbiano fatto richiesta dalla detenzione, dalla libertà o dagli arresti domiciliari a seguito di condanna irrevocabile (ex art. 656 comma 10 c.p.p). In caso di intervenuta carcerazione, l’istanza, in via di urgenza, può essere anche presentata al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione, che potrà decidere in via interinale, sino ad udienza del Tribunale definitivamente statuente nel merito.

Alla domanda è allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l’attività di diagnosi (comma 2, lettera d, dell’articolo 116 del DPR 309/1990) attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcoldipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze, l’andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità ai fini del recupero del condannato.

Per l’Umbria, occorre precisare che la Legge regionale n. 1/2007 stabilisce che “l’accesso a trattamenti terapeutici appropriati per problematiche relative al consumo di sostanze psicoattive o allo stato di dipendenza avviene in presenza di accertato bisogno, diagnosticato e certificato esclusivamente da parte di servizi pubblici dedicati delle Aziende Unità sanitarie locali”.[5]

Prescrizioni terapeutiche in altre misure alternative e nelle misure di sicurezza E’ possibile che i servizi collaborino rispetto alla definizione di progettualità terapeuticorisocializzative per la concessione di altre misure alternative, non specifiche per alcol e tossicodipendenti, quali l’affidamento in prova ex art.47/O.P., la detenzione domiciliare, la semilibertà, ovvero anche nell’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata.

Può essere infatti ravvisata da parte della Magistratura di Sorveglianza, sulla base delle proprie fonti istruttorie, tra le quali l’indagine sociale elaborata dagli UEPE, la necessità di inserire nelle ordinanze di concessione delle misure alternative previsioni che prevedano il contatto con i servizi
per le dipendenze per accertamenti o monitoraggio o sostegno rispetto all’uso di sostanze stupefacenti o all’abuso di alcol.

In questi casi la Magistratura rappresenta un “soggetto inviante” al quale è dovuto un riscontro basato sull’osservazione e sulla diagnosi, al quale può conseguire, o meno, la definizione di un programma terapeutico con “presa in carico” congiunta tra servizi ASL per le dipendenze e UEPE.

Anche in questi casi le presenti linee guida costituiscono lo strumento di riferimento per la gestione congiunta dei programmi.

A. PARTE INTRODUTTIVA

A.1. FINALITA’ E OBIETTIVI DELLE LINEE GUIDA

Le presenti linee guida perseguono la finalità generale di incrementare l’utilizzazione delle misure alternative alla detenzione e contemporaneamente potenziare la loro efficacia. Nella visione condivisa tra tutte le istituzioni coinvolte, questa finalità implica un lavoro comune volto al raggiungimento dei seguenti obiettivi specifici:

  • Potenziare i rapporti di collaborazione tra i diversi soggetti istituzionali ed enti in una prospettiva trattamentale integrata e progettuale, promuovendo un approccio di sistema che faciliti la collaborazione tra le strutture coinvolte, creando équipe territoriali in grado di operare come agenti di rete ed integrando le risorse delle istituzioni con quelle della comunità territoriale.
  • Migliorare/ampliare il sistema territoriale di offerta, introducendo innovazioni rispetto alla polarizzazione tra trattamento territoriale e trattamento residenziale che caratterizza usualmente i programmi in misura alternativa, con l’obiettivo di una effettiva individualizzazione dei percorsi terapeutici, che debbono coniugare equità, appropriatezza, efficacia e sostenibilità.
  • Rendere più omogenei criteri e procedure di applicazione delle misure alternative in ambito regionale, con il supporto di strumenti procedurali comuni.

A.2. PRINCIPI INFORMATORI

Alla base delle linee guida vi è la condivisione dei seguenti principi generali:
o La persona, nella sua globalità, è al centro di ogni progetto riabilitativo e rieducativo, che deve contestualmente valorizzare sia le capacità di revisione critica dei comportamenti che sono stati alla base del reato, sia la responsabilizzazione nel progetto di recupero sociale e lavorativo.

  • Il percorso trattamentale/riabilitativo prevale sull’aspetto custodialistico e deve essere gestito nel pieno rispetto della dignità della persona.
  • Il programma terapeutico è inteso come processo evolutivo, nell’ambito del quale rivestono fondamentale importanza tanto gli aspetti sanitari quanto gli aspetti sociali e di rieducazione alla legalità.
  • Operatività integrata e buona comunicazione sono elementi fondanti di una gestione “di sistema”, fondata sulla reciprocità e sul rispetto delle differenze risultanti dai rispettivi mandati istituzionali e dai vigenti codici deontologici.
  • La valutazione diagnostica multidisciplinare, con idonea certificazione, è l’ineludibile base di partenza per l’appropriatezza e la personalizzazione dei programmi.


A.3. DESTINATARI DELLE MISURE ALTERNATIVE

Possono accedere alle misure alternative previste dalle norme i condannati alcol/tossicodipendenti italiani o stranieri, siano essi in condizione di detenzione ed in possesso dei requisiti richiesti per presentare istanza di misura alternativa alla detenzione, siano essi liberi con pena sospesa in attesa di concessione di misure alternative alla detenzione, o ammessi a fruire di misure alternative alla detenzione con programma terapeutico.
I destinatari di misure alternative includono condannati italiani e stranieri, anche irregolari [6], in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi, da valutare caso per caso sia riguardo al profilo giuridico che sul versante sociosanitario.
Gli interventi di ambito sanitario associati all’accesso e alla gestione dei programmi in misura alternativa, che attengono ai servizi ASL per le dipendenze, comprendono: la valutazione diagnostica e relativa certificazione di alcol/tossicodipendenza; la definizione e dichiarazione di idoneità del programma terapeutico; la realizzazione, il monitoraggio e la valutazione del programma stesso, sul versante clinico, in tutte le sue fasi; nonché, sotto il profilo economicoamministrativo, il pagamento della retta nel caso di programmi svolti presso servizi accreditati del privato sociale. Qualora la ASL di residenza del detenuto non coincida con quella competente per l’Istituto penitenziario, la competenza di tali interventi spetta alla ASL di residenza del detenuto,
con la stretta collaborazione dei servizi che intervengono all’interno dell’istituto penitenziario.
Questo criterio è motivato dalla necessità di basare la presa in carico sulla conoscenza della persona condannata, della sua storia di vita e del contesto familiare e sociale di cui fa parte,

nonché dalla consapevolezza che il programma in misura alternativa è orientato verso il reinserimento della persona nel proprio contesto di vita.
Nel caso di detenuti che abbiano acquisito la residenza presso il carcere secondo quanto previsto dalle normative vigenti, è da tenere presente che il responsabile della convivenza (ovvero il direttore dell’Istituto penitenziario) è tenuto a comunicare i “mutamenti intervenuti nella composizione della convivenza” [7]; pertanto, ai fini della gestione del programma in misura alternativa, assume rilievo il fatto che l’uscita dal carcere è seguita dall’immediata comunicazione agli uffici comunali competenti per la variazione della residenza.
A seguito del Protocollo d’intesa siglato il 13 maggio 2014 tra Ministero della Giustizia, Regione Umbria, ANCI Umbria e Tribunale di sorveglianza di Perugia, sono assunti in carico da parte dei servizi sanitari e sociali regionali anche detenuti ristretti presso gli istituti penitenziari umbri e non residenti in Umbria, avviati a misure alternative alla detenzione per alcol/tossico-dipendenza secondo i criteri, le modalità e i limiti definiti dal Protocollo stesso [8], in stretta collaborazione con i servizi della ASL ed i servizi sociali comunali del territorio di residenza del detenuto.
I condannati sprovvisti di residenza anagrafica (come gli immigrati irregolari ed i cittadini italiani senza fissa dimora) detenuti in Umbria, fatte salve eventuali diverse opportunità a disposizione, rientrano nelle fattispecie incluse tra i beneficiari del Protocollo indicato, entro i limiti e le previsioni ivi definite.
Infine, le indicazioni delle linee guida possono essere applicate anche nel caso di quegli utenti in carico ai servizi sociosanitari territoriali per i quali, nell’ambito della reciprocità della collaborazione, sia ritenuta opportuna una consulenza da parte dell’UEPE in relazione alla situazione giuridica dell’utente stesso, nonché nei casi in carico agli UEPE per i quali tali servizi ritengano di dover attivare una consulenza/collaborazione dei servizi sanitari e/o sociali territoriali.

A.4. ENTI ATTUATORI

Nel percorso di concessione e gestione delle misure alternative per alcol/tossico-dipendenti sono coinvolte molteplici istituzioni e servizi diversi, ciascuno con compiti specifici.

La Magistratura di Sorveglianza

E’ la Magistratura cui compete la decisione sulla concessione, prosecuzione, modifica e revoca delle misure alternative alla detenzione e, tra queste, quelle riferite in modo specifico a persone alcol/tossico-dipendenti. Nell’ambito delle sue funzioni collegiali (Tribunale di Sorveglianza) o monocratiche (Magistrato di Sorveglianza) tale Magistratura esercita la propria facoltà di decisione fondata sulla circostanziata conoscenza in merito ai presupposti sostanziali, oggettivi e soggettivi, per la concessione e il mantenimento dei benefici penitenziari, con particolare riferimento alla comprensione degli aspetti correlati alla peculiarità e problematicità dell’iter terapeutico di recupero del condannato, in congruo bilanciamento con il pericolo di commissione di altri reati.

Gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) dell’Amministrazione Penitenziaria

Gli Uffici per l’esecuzione penale esterna, oltre ad altri compiti indicati dall’art.72 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Ordinamento Penitenziario), ricoprono un ruolo importante nell’iter del processo di ammissione alle misure alternative alla detenzione (sia dal carcere che dalla libertà) ed in particolare:

  1. svolgono le indagini socio-familiari per l’applicazione delle misure alternative alla detenzione ai condannati; nel caso di persone detenute, collaborano con l’area trattamentale degli Istituti di Pena all’osservazione del detenuto e alla predisposizione del Programma di trattamento riportato nella relazione di sintesi che verrà trasmessa per l’udienza al Tribunale di Sorveglianza;
  2. propongono all’autorità giudiziaria il programma di trattamento da applicare ai condannati che chiedono di essere ammessi all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare;
  3. prendono in carico, con interventi di sostegno e controllo, i soggetti ammessi alle misure alternative e vigilano sull’esecuzione dei programmi da parte degli stessi, ne riferiscono all’autorità giudiziaria, proponendo eventuali interventi di modifica delle prescrizioni o di revoca delle misure.

Nell’esercitare i propri compiti, l’UEPE si coordina con le istituzioni e con i servizi sociali e sanitari operanti sul territorio: in particolare, per i soggetti con problematiche di dipendenza, l’UEPE collabora con i competenti servizi ASL per le dipendenze sia in fase istruttoria, su richiesta del Tribunale di Sorveglianza (condivisione del processo di definizione del programma terapeutico, secondo parametri di congruità e appropriatezza alla condizione personale e giuridica del soggetto interessato) sia nel corso dell’esecuzione della misura alternativa (collaborazione con i servizi ASL per le dipendenze, responsabili degli interventi terapeutici e riabilitativi, per la realizzazione dei programmi, anche al fine di promuovere l’adattamento della misura penale all’evoluzione del percorso terapeutico, attraverso l’interlocuzione costante con il Magistrato di Sorveglianza).
Modalità analoghe di collaborazione sono esperite nel caso di programmi territoriali con attivazione dei servizi sociali comunali territorialmente competenti.

Gli Istituti penitenziari

Le équipe di osservazione e trattamento degli Istituti penitenziari intervengono nel caso di misure alternative richieste da condannati che si trovino in stato di detenzione. Sono ordinariamente costituite dal personale dell’amministrazione penitenziaria incaricato del caso e, in particolare, dagli educatori, dagli assistenti sociali degli UEPE, da personale di polizia penitenziaria, da esperti psicologi/criminologi e dal Direttore dell’Istituto, che le presiede. Le équipe svolgono ai sensi dell’art. 13 L. 354/ 75 attività di osservazione della personalità e di elaborazione di un programma individualizzato di trattamento nei confronti di tutti i soggetti condannati presenti presso l’Istituto.
Nel caso di persone con problematiche di alcool/tossicodipendenza che intendano intraprendere programmi riabilitativi in misura alternativa alla detenzione, le équipe, integrate dagli operatori dei servizi ASL per le dipendenze presenti presso l’Istituto, rappresentano il primo livello di accoglienza, di valutazione della richiesta e di elaborazione di una proposta trattamentale extramuraria da presentare alla Magistratura di Sorveglianza.

I servizi delle Aziende USL

  • I servizi per le dipendenze delle ASL (Ser.t, Servizio di alcologia, altre unità operative), afferenti al Dipartimento per le dipendenze, ricevuta da parte del condannato la richiesta di accedere a misura alternativa specifica, provvedono alla valutazione della stessa sotto il profilo sociosanitario, alla valutazione diagnostica e relativi accertamenti, alla certificazione di alcol/tossico-dipendenza, alla definizione del programma terapeutico individualizzato, alla dichiarazione di idoneità dello stesso.
    In fase esecutiva delle misure alternative, provvedono agli interventi terapeutici e riabilitativi previsti dal programma, alla valutazione periodica dell’andamento del programma stesso per quanto concerne il versante sociosanitario, compresi i relativi accertamenti, collaborando nel corso di tutto il programma, in maniera concordata ed integrata, con l’UEPE e con gli altri servizi coinvolti.
  • I servizi di Salute mentale delle ASL, afferenti al Dipartimento di Salute mentale, collaborano alla definizione ed attuazione del programma terapeutico in tutti quei casi in cui si ravvisi la compresenza di condizioni di alcol o tossico-dipendenza e problemi di natura psichiatrica, lungo tutto il percorso che va dall’accesso alla conclusione del programma stesso, svolgendo gli interventi di competenza con modalità concordate e integrate. [9]
  • I Servizi accreditati gestiti dal privato sociale costituiscono una parte significativa delle risorse a disposizione delle Aziende USL, accanto ai propri servizi e risorse professionali, per la realizzazione degli interventi, in particolare di tipo residenziale e semiresidenziale, previsti dal programma terapeutico individualizzato associato alla misura alternativa; contribuiscono pertanto alla definizione, al monitoraggio e alla valutazione del programma stesso, svolgendo gli interventi di competenza in stretta collaborazione con l’UEPE e con gli altri servizi coinvolti, con modalità concordate e integrate.

I servizi sociali dei Comuni

I servizi sociali territoriali, afferenti all’area dei servizi sociali dei Comuni, svolgono un ruolo essenziale nell’applicazione dei programmi terapeutici in misura alternativa, per quanto concerne in particolare i percorsi territoriali e gli interventi di inserimento sociale e lavorativo: concorrono alla definizione del programma, nella logica della progettazione territoriale integrata e del coinvolgimento attivo della persona; svolgono funzioni di ascolto, di valutazione della domanda di aiuto e di presa in carico della persona stessa e, dove opportuno e possibile, della  famiglia; partecipano in particolare alla costruzione dei percorsi personalizzati di inclusione sociale e socio lavorativa.

In particolare, sviluppano le loro competenze in relazione ai seguenti aspetti:

  • Situazione abitativa: la ricognizione della situazione abitativa della persona costituisce parte integrante della valutazione sociale complessiva propria del servizio sociale territoriale; questi attiva, qualora ritenuto opportuno, le risorse disponibili nel territorio, e nello specifico il competente ufficio comunale per l’edilizia residenziale pubblica – ERS (per i residenti) e/o le risorse del privato sociale;
  • Marginalità socioculturale: attivazione di tutte le risorse territoriali utili a sostenere l’integrazione sociale e culturale, in particolare nei confronti di coloro che sviluppano un progetto di residenzialità nel territorio;
  • Disagio socioeconomico/povertà:
    1. Interventi a sostegno del percorso di reinserimento associato alla misura alternativa, a favore dell’interessato e/o della sua famiglia,
    2. Interventi economici post penitenziari;
  • Esclusione sociolavorativa/povertà: attivazione del SAL - servizio di avviamento al lavoro;
  • Disagio e disfunzionalità nelle relazioni familiari: attivazione di interventi da parte dei servizi di competenza, relativamente alle aree di problematicità riscontrate all’interno del nucleo familiare;
  • Marginalità e povertà della rete sociale di riferimento: interventi e progetti comunitari per l’attivazione di reti relazionali inclusive.

B. IL PERCORSO OPERATIVO

Il principio fondamentale che ispira tutto il percorso operativo è quello di un lavoro fortemente integrato, pur nel pieno rispetto dei diversi mandati istituzionali e delle specifiche responsabilità e competenze, tra tutti i servizi e le istituzioni in campo, non limitato allo sviluppo di collaborazioni
ma, in un’evoluzione ulteriore, orientato ad un “approccio di sistema”.
Risulta fondamentale, innanzitutto, la piena integrazione delle ragioni e del punto di vista del controllo e della sicurezza sociale con quelle della cura e della riabilitazione (nelle fasi di assessment e raccolta informativa, nelle comunicazioni fra servizi, nella composizione dei luoghi istituzionali di elaborazione dei programmi) per evitare cortocircuiti nei diversi passaggi del processo decisionale. In secondo luogo, l’integrazione operativa tra le diverse componenti che concorrono all’applicazione dei percorsi in misura alternativa consente una migliore personalizzazione dei programmi e l’utilizzazione ottimale delle risorse disponibili.
Il percorso individuale si avvale, al fine di razionalizzare e rendere omogenee le modalità di applicazione delle misure alternative, di strumenti procedurali e modelli prestabiliti, uniformi, a supporto dei passaggi operativi fondamentali.
Il Protocollo d’intesa tra Ministero della Giustizia, Regione Umbria, ANCI Umbria e Tribunale di sorveglianza di Perugia, siglato il 13 maggio 2014, ha introdotto elementi nuovi rispetto alle usuali procedure di accesso ai programmi in misura alternativa; si è ritenuto opportuno, pertanto, introdurre alcuni livelli organizzativi specifici per l’attuazione del Protocollo, riconducendo poi gli interventi attivati, nei passaggi successivi, nell’ambito del percorso complessivo, informato alla coerenza ed uniformità delle metodologie e dei processi in ambito regionale.

B.1. PROCEDURE E CRITERI PER L’ATTUAZIONE DEL PROTOCOLLO D’INTESA DEL 13 MAGGIO 2014 – artt. 2 e 3

Il Protocollo d’intesa siglato il 13 maggio 2014 tra Ministero della Giustizia, Regione Umbria, ANCI Umbria e Tribunale di Sorveglianza di Perugia [10] è finalizzato ad attuare azioni urgenti a sostegno dei programmi di reinserimento di persone condannate alla reclusione e, nello specifico, a potenziare i programmi terapeutici accessibili agli alcol/tossico-dipendenti in misura alternativa alla detenzione, svolti presso i servizi per le dipendenze delle Aziende USL e presso le strutture residenziali e semiresidenziali accreditate.
Il protocollo impegna le istituzioni firmatarie a incrementare nel triennio di vigenza, con finanziamento a carico della Regione Umbria, il numero di programmi terapeutici accessibili in misura alternativa alla detenzione, fino a un massimo di ulteriori quaranta percorsi riabilitativi (intesi come numero di programmi costantemente disponibili) rispetto al numero medio gestito ordinariamente [11], fatta salva la flessibilità necessaria alla loro sostenibilità ed efficacia. L’accesso a tali percorsi [12]è aperto ai detenuti presso gli istituti penitenziari umbri in possesso dei necessari requisiti, a prescindere dalla residenza anagrafica. Le istituzioni firmatarie, infatti, hanno inteso ampliare la fruizione delle misure alternative a quei detenuti che, pur in possesso dei requisiti di legge, rischiano di esserne esclusi o per insufficienza delle risorse economiche destinate in via ordinaria dalle Aziende USL a questo scopo o perché privi di radicamento territoriale.

Occorre precisare che a tutti coloro che beneficiano di misure alternative alla detenzione ai sensi del Protocollo d’intesa, viene garantita la prosecuzione del programma terapeutico intrapreso (e relativa copertura degli oneri economici) fino alla sua conclusione, a prescindere dalla durata della misura alternativa.
In ottemperanza a quanto stabilito all’art. 3 del Protocollo, i criteri e le procedure di applicazione, riportati di seguito, sono stati definiti congiuntamente tra tutte le istituzioni coinvolte [13].

Valutazione di primo livello dei casi potenzialmente idonei

Il primo livello di valutazione, ovvero il compito di individuare i detenuti con condanna definitiva potenzialmente idonei a beneficiare delle misure alternative oggetto del Protocollo, attiene agli Istituti penitenziari, ed in maniera specifica all’equipe di osservazione e trattamento integrata dagli operatori dei servizi ASL per le dipendenze presenti presso l’Istituto stesso.

  • Ciascun Istituto penitenziario, sulla base di una prima valutazione formulata in seno all’equipe sopra citata, trasmette al livello successivo di valutazione, il Nucleo regionale di valutazione, l’elenco dei potenziali beneficiari, ovvero i detenuti che risultino in possesso dei requisiti previsti dalle normative vigenti per la concessione delle misure alternative per tossico/alcol-dipendenza ed abbiano manifestato in prima istanza la propria volontà di accedere a tali misure.
  • Per ciascun detenuto in elenco, l’equipe redige una relazione e la trasmette al Nucleo di valutazione. La relazione contiene tutti gli elementi conoscitivi riassunti sinteticamente nella griglia riportata all’allegato n. 2, e, analogamente a quanto avviene nei percorsi ordinari, ogni altra informazione utile alla conoscenza del caso, compresa una prima valutazione dell’equipe stessa.

Il Nucleo di valutazione: composizione

Il successivo livello di valutazione dei beneficiari attiene al Nucleo di valutazione, un organismo tecnico di ambito regionale; la sua durata coincide con il periodo di validità del Protocollo (3 anni) e potrà poi essere parimenti rinnovato.

E’ composto da operatori con esperienza concreta nel campo delle misure alternative alla detenzione per alcol e tossico-dipendenti, nella misura di:

  • 2 componenti designati dal Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, di cui 1 Direttore UEPE ed 1 Direttore di Istituto penitenziario o loro delegati;
  • 2 componenti designati dalle Aziende USL dell’Umbria (1 per ciascuna ASL), entrambi afferenti ai Servizi per le dipendenze;
  • 1 componente indicato dall’insieme delle comunità terapeutiche accreditate presenti nel territorio regionale;
  • 1 componente designato dall’ANCI Umbria, afferente all’area dei Servizi sociali;
  • 2 componenti indicati dalla Direzione regionale Salute e Coesione sociale, di cui 1 di area sanitaria ed 1 di area sociale.

Il Nucleo di valutazione viene costituito formalmente dalla Regione Umbria, secondo le indicazioni nominative ricevute dalle istituzioni sopra indicate. Al suo primo insediamento stabilisce le disposizioni di funzionamento.

Il Nucleo di valutazione: finalità generali e compiti specifici

L’obiettivo generale del Nucleo di valutazione è garantire l’applicazione uniforme e coordinata in ambito regionale del Protocollo d’intesa, relativamente alla parte che riguarda l’accesso alle misure alternative. Nello specifico:

  • ricevuti gli elenchi dagli Istituti Penitenziari, predispone la lista di attesa unica (di livello regionale) per l’accesso ai programmi in misura alternativa attivati con il Protocollo;
  • definita la lista di attesa, restituisce ciascun caso selezionato all’equipe inviante per la successiva trasmissione dell’istanza al Tribunale di Sorveglianza.

I passaggi successivi vengono quindi ricondotti al percorso operativo ordinario, descritto nei successivi paragrafi delle presenti linee guida.
Al Nucleo di valutazione, integrato dal Garante dei detenuti, sono affidati i seguenti compiti ulteriori:

  • il monitoraggio generale dell’andamento e dei risultati dei singoli programmi attivati nell’ambito del Protocollo
  • la segnalazione alle istituzioni firmatarie del Protocollo di eventuali ostacoli e difficoltà rilevati durante il percorso di applicazione;
  • la proposta di iniziative volte a migliorare/facilitare l’applicazione del Protocollo e il raggiungimento delle sue finalità.

Requisiti fondamentali per l’accesso alle misure alternative attivate dal Protocollo

Sono potenziali beneficiari i detenuti negli Istituti penitenziari umbri in possesso dei requisiti previsti dalla legislazione vigente per l’accesso alle misure alternative per alcol/tossicodipendenza, a prescindere dalla residenza anagrafica.
Non sono ammissibili i detenuti con pena residua inferiore ad un (1) anno, vista l’impossibilità di attuare entro questo arco temporale un programma di trattamento sufficientemente incisivo.

Criteri per la costruzione della lista di attesa

I criteri per la costruzione della lista di attesa sono ispirati ai seguenti principi fondamentali:

  • Il principio dell’efficacia preventiva: dato atto che le misure alternative risultano maggiormente efficaci nel prevenire le recidive di reato, sono valutate come prioritarie quelle condizioni in cui tale principio può dispiegarsi in più ampia misura;
  • Il principio della tutela della salute: dato atto che la condizione detentiva risulta particolarmente gravosa e correlata a maggiori rischi per la salute in determinate condizioni, queste sono valutate come prioritarie.

La costruzione della lista di attesa viene effettuata quindi secondo criteri di priorità: si attribuisce un valore ponderale al possesso di una o più delle condizioni specifiche, individuate in coerenza con i principi sopra esposti, che vengono riportate nel seguente elenco in ordine di rilevanza decrescente:

  1. Possesso di un buon grado di motivazione, dimostrato da elementi oggettivi quali la partecipazione a gruppi di auto mutuo aiuto, colloqui di sostegno ed attività analoghe all’interno del percorso di osservazione e trattamento;
  2. Essere alla prima esperienza di detenzione quale condannato;
  3. Non avere avuto precedenti esperienze di misura alternativa;
  4. Essere portatore di comorbilità psichiatrica (si considerano inclusi in questa fattispecie esclusivamente quei casi che, secondo certificazione psichiatrica basata sul DSM IV TR - Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, presentino, associata alla diagnosi in asse I di disturbi correlati all’uso di sostanze, una diagnosi ulteriore del medesimo asse I) o di importanti patologie organiche concomitanti;
  5. Avere figli minori con conservazione della potestà genitoriale;
  6. Avere età inferiore a 30 anni.

B.2. IL GRUPPO DI LAVORO INTEGRATO SUL CASO

L’elemento centrale dell’approccio operativo a carattere interistituzionale è costituito dal Gruppo di lavoro integrato sul caso, ovvero un gruppo di livello tecnico-operativo, a carattere multiprofessionale e multiservizi, con composizione variabile e flessibile nel tempo, che costituisce il perno di funzionamento di ciascun progetto individuale (v. allegato n. 3).
Per coloro che richiedono l’accesso alle misure alternative dalla detenzione, il primo livello di accoglienza e valutazione di tale richiesta è costituito dall’equipe di osservazione e trattamento dell’Istituto penitenziario integrata dagli operatori dei servizi ASL per le dipendenze presenti presso l’Istituto stesso; è da questo ambito che trae origine il futuro Gruppo di lavoro integrato, che qualora sia concessa la misura alternativa seguirà il caso dalla scarcerazione lungo tutto il percorso di riabilitazione.
Per coloro che richiedono l’accesso alle misure alternative dalla libertà, il primo livello è costituito dall’UEPE che ha il compito di predisporre l’indagine sociofamiliare per il Tribunale di Sorveglianza definendo, in collaborazione con i servizi per le dipendenze della ASL di riferimento del richiedente, il programma di trattamento integrato con il programma terapeutico. In questo caso, il Gruppo di lavoro integrato si avvia da questa iniziale collaborazione tra l’operatore UEPE e il servizio ASL per le dipendenze.

Composizione del Gruppo

Il Gruppo è incentrato sul singolo caso e comprende tutti gli operatori che, a vario titolo, sono coinvolti nella definizione e gestione del programma terapeutico.
Oltre a operatori dell’UEPE ed operatori dei servizi ASL per le dipendenze (ser.t, alcologia e/o altri) nonché operatori delle équipe di osservazione e trattamento degli istituti di pena (nel caso di percorsi riabilitativi che si attivano dalla fase della detenzione), vi partecipano, secondo le
necessità del singolo caso, operatori di altri servizi ASL, dei servizi sociali comunali, delle comunità terapeutiche o altri servizi accreditati, di cooperative sociali, ecc.
La composizione del gruppo è quindi variabile sia in base alle specifiche caratteristiche del singolo programma terapeutico, sia in base all’evoluzione del programma stesso, che, ad esempio, può prevedere nel tempo l’aggiunta o la cessazione di uno specifico intervento.
Il Gruppo individua al suo interno il referente organizzativo.

Finalità generali e funzioni specifiche

La funzione primaria del Gruppo è quella di assicurare che le diverse risorse presenti nel territorio in capo a servizi, progetti e dispositivi diversi, possano concorrere - in una logica “modulare” e “di sistema” - alla individuazione degli interventi migliori e più utili per il progetto individuale della
persona, impedendo sovrapposizioni e duplicazioni di intervento o, al contrario, che siano lasciati inevasi bisogni fondamentali.
Il Gruppo nel suo insieme, nel rispetto delle competenze specifiche dei singoli operatori e servizi coinvolti, assolve ai seguenti compiti:

  • effettua la valutazione diagnostica multidimensionale del caso;
  • predispone, sulla base degli specifici bisogni della persona, il programma terapeutico individuale;
  • monitora l’andamento del programma nel tempo;
  • ne valuta gli esiti in itinere, in relazione agli obiettivi specifici, di breve e medio termine, definiti con l’utente, proponendo di conseguenza, se necessario, opportuni aggiustamenti e  modifiche del programma stesso;
  • valuta complessivamente il programma ed i suoi risultati.

Il referente organizzativo del Gruppo: individuazione e compiti
Il Gruppo individua un referente organizzativo, nella figura di uno degli operatori che fanno parte del Gruppo stesso; al referente organizzativo sono affidati i seguenti compiti:

  • tenere le fila, sul versante organizzativo/processuale, del percorso attinente la richiesta e la gestione del programma in misura alternativa, verificando la progressione delle tappe previste;
  • promuovere gli incontri del Gruppo secondo le modalità condivise al suo avvio, ed almeno in coincidenza con i passaggi cruciali del percorso;
  • favorire il passaggio delle comunicazioni tra tutti gli operatori coinvolti;
  • vigilare sull’assolvimento degli adempimenti necessari alla gestione del caso.

B.3. VALUTAZIONE DIAGNOSTICA E CERTIFICAZIONE

La valutazione diagnostica multidisciplinare, con idonea certificazione, è l’ineludibile base di partenza del percorso individuale. Attraverso questo passaggio si associa la redazione di una certificazione di tossico o alcol-dipendenza, conditio sine qua non per l’avvio del percorso di concessione della misura alternativa, ad una valutazione diagnostica approfondita, di carattere multidisciplinare, propedeutica alla individuazione del programma terapeutico personalizzato, appropriato in relazione al singolo caso.

La certificazione: il modello regionale

Preliminare alla concessione della misura è la valutazione diagnostica positiva rispetto alla tossico/alcoldipendenza; in base ad essa, viene redatta a cura del servizio ASL (ser.t o servizio di alcologia) la certificazione di tossico o di alcol-dipendenza. L’unico riferimento normativo a tale proposito è rappresentato, seppure ormai piuttosto datato, dal decreto del Ministero della Salute n.186/1990; per l’alcol, occorre fare riferimento a sistemi diagnostici esplicitabili.
Al fine di uniformare le prassi in ambito regionale, si adotta il modello regionale di certificazione riportato all’allegato n. 4.
La certificazione è un atto di stretta competenza del medico, possiede valore medico-legale e comporta una precisa assunzione di responsabilità: il modello viene pertanto compilato (e firmato) necessariamente dal medico del servizio ASL per le dipendenze responsabile per il caso, attraverso una valutazione diretta della persona interessata e delle documentazioni cliniche.
La certificazione si associa all’indicazione del criterio diagnostico utilizzato (ad es. DSM IV o ICD IX [14]) e delle procedure di accertamento dell’uso abituale di sostanze, che comprendono: segni e sintomi di assunzione abituale e/o di intossicazione in atto, sindrome da astinenza in atto, riscontro di sostanze stupefacenti o metaboliti in liquidi o tessuti organici, documentazioni di trattamenti sociosanitari attuali o pregressi e/o di carattere anamnestico (anche ottenute, con l’autorizzazione dell’interessato, da altri servizi) [15].
Il modello prevede inoltre la possibilità della contestuale compilazione e firma, per quanto di competenza, da parte degli altri operatori che hanno contribuito alla valutazione diagnostica complessiva sul versante psicologico, educativo e sociale.
Eventuali scostamenti da questa procedura devono essere espressamente e adeguatamente motivati.

Indicazioni per migliorare la procedura della certificazione

Considerata l’importanza cruciale di questo passaggio, si riporta di seguito un elenco di “buone prassi”, finalizzate a facilitare e migliorare la procedura di certificazione di alcol/tossicodipendenza.

  • per i detenuti presso gli istituti penitenziari

All’interno del contesto carcerario risulta prioritario, per la finalità generale di favorire l’accesso ai programmi alternativi alla detenzione, incoraggiare innanzitutto la precoce comunicazione tra i detenuti alcol/tossicodipendenti e gli operatori sanitari. Questo orientamento, di valore generale, assume un’utilità specifica rispetto alla certificazione di alcol/tossicodipendenza.
Si suggeriscono, in questa direzione, le seguenti buone prassi:

  • al momento dell’ingresso in carcere, informare ciascun detenuto delle opportunità specifiche previste per gli alcol e tossico-dipendenti, acquisire informazioni sull’eventuale uso di sostanze psicoattive, e, con il suo consenso, effettuare gli opportuni esami tossicologici (dei liquidi biologici o, se l’intervallo di tempo passato dall’ultima assunzione di sostanze lo rende più opportuno, dei tessuti cheratinici); in questa fase è inoltre opportuno eseguire gli screening per HIV, epatiti A, B e C e sifilide [16];
  • per i detenuti che abbiano segnalato, in fase di ingresso in carcere, l’uso di sostanze, facilitare la tempestiva presa di contatto con gli operatori dei servizi ASL per le dipendenze presenti presso l’istituto, anche al fine di completare e documentare il quadro diagnostico;
  • qualora non sia stato fatto al momento dell’ingresso, chiedere comunque a ciascun detenuto, da parte del medico di guardia, se abbia sviluppato condizioni di tossico/alcoldipendenza ed in caso affermativo favorire il suo accesso ai servizi specifici e verificare se siano stati eseguiti i controlli di laboratorio indicati al primo punto in elenco;
  • segnalare tempestivamente ai servizi ASL per le dipendenze presenti in carcere, da parte del medico di guardia, i soggetti per cui si ritenga possa sussistere una condizione di tossico o alcol-dipendenza;
  • per i detenuti che comunicano di essere seguiti presso un servizio per le dipendenze, con il consenso dell’interessato informare il servizio stesso dell’avvenuta presa in carico del detenuto da parte del servizio ASL per le dipendenze afferente al carcere, al fine di verificare l’iscrizione preesistente e stabilire un rapporto di collaborazione; con il suo consenso, inoltre, acquisire dai servizi di provenienza informazioni e documentazioni, quali relazioni storiche e anamnesi medica, trattamenti precedenti, ecc., utili a completare il quadro diagnostico;
  • documentare nella cartella clinica, da parte degli operatori sanitari presenti presso l’istituto, gli eventuali comportamenti tossicomanici del detenuto (inalazione di gas, abuso di psicofarmaci, etc.);
  • fornire ai detenuti informazioni rispetto alle misure alternative e alle procedure per accedervi;
  • tenere un registro di monitoraggio (informazioni/comunicazioni/consegne) ad uso dell’équipe sanitaria.
     
  • per i richiedenti le misure alternative dalla libertà

Al fine di facilitare e migliorare la procedura di certificazione di alcol/tossico-dipendenza per le persone richiedenti l’accesso alle misure alternative dalla libertà, accanto all’adozione del modello di certificazione, si suggeriscono le seguenti buone prassi:

  • Se la persona è già in carico al servizio, sono naturalmente già disponibili tutte le informazioni utili alla diagnosi; è necessario tuttavia integrare gli elementi necessari ad una valutazione diagnostica completa, multidimensionale, tale da fornire un quadro utile all’individuazione del programma terapeutico personalizzato più appropriato;
  • Se la persona non è in carico al servizio, ma residente nel territorio di competenza, occorre attivare le procedure di valutazione diagnostica ai fini della presa in carico a prescindere dalla richiesta di misure alternative;
  • Se proveniente da altro territorio, occorre instaurare un rapporto di collaborazione con i servizi di provenienza e, con il consenso dell’interessato, acquisire informazioni, relazioni storiche, anamnesi medica, notizie circa i trattamenti precedenti, ed ogni altra informazione utile a completare il quadro diagnostico.

B.4. DEFINIZIONE DEL PROGRAMMA TERAPEUTICO ED ATTESTAZIONE DI IDONEITA’

Effettuata la valutazione diagnostica e la certificazione, nell’ambito del Gruppo di lavoro integrato occorre pervenire alla definizione del programma terapeutico, tenendo conto che il percorso riabilitativo include, ed integra tra loro, le aree sanitaria, psicologica, sociale e che la costruzione della motivazione al cambiamento ne costituisce un elemento fondamentale.
Dovrà quindi essere prodotta l’attestazione di idoneità del programma, di competenza del servizio ASL per le dipendenze.
Questo passaggio richiede di:

  • considerare le caratteristiche specifiche del beneficiario (condizioni psicofisiche, storia tossicomanica, risorse personali e ambientali, storia penale) e le prospettive prevedibili a conclusione della pena (ad es. per gli stranieri) al fine di delineare obiettivi concretamente percorribili ed un programma ad essi adeguato;
  • condividere il programma con l’utente, che deve esplicitare il proprio consenso al programma stesso, definendo obiettivi effettivamente raggiungibili, in successione graduale, in funzione delle risorse possedute e tenendo conto della situazione giuridica concomitante;
  • dettagliare il programma terapeutico riabilitativo sia per quanto riguarda obiettivi di breve/medio/lungo termine e relativi indicatori di verifica, sia rispetto alle risorse individuate.

Criteri di indirizzo al programma terapeutico personalizzato

La definizione del programma terapeutico risponde a criteri di appropriatezza, fattibilità e sostenibilità; è necessario operare un’effettiva personalizzazione del programma, ai fini della sua efficacia, rifuggendo da ogni standardizzazione.

I criteri per la valutazione dell’idoneità del programma terapeutico rispetto al singolo utente, fanno riferimento in prima battuta al discrimine tra programma residenziale, ovvero svolto presso una struttura residenziale (in genere una comunità terapeutica) e programma territoriale, ovvero svolto rimanendo presso il proprio domicilio.
L’utente viene indirizzato prioritariamente verso un percorso terapeutico residenziale quando:

  • necessita di una disintossicazione dalle sostanze di abuso o di una stabilizzazione farmacologica, in ambiente controllato;
  • necessita di una approfondita valutazione psico-diagnostica in ambiente controllato;
  • non sussistono livelli di autonomia e risorse, personali e di contesto, sufficienti per la sostenibilità di un progetto territoriale; tale concetto di “autonomia” è da intendersi non solo come capacità di sostentamento e autogestione della vita quotidiana, ma anche come consapevolezza critica, di revisione dei propri comportamenti.

Viceversa, l’utente viene indirizzato prioritariamente verso un percorso terapeutico territoriale quando:

  • non necessita di disintossicazione o si reputa idoneo un intervento farmacologico praticato a livello ambulatoriale (trattamento farmacologico di disintossicazione o di stabilizzazione associato ad approfondimento psico-diagnostico),
  • sussistono sufficienti livelli di autonomia e risorse personali e di contesto adeguate a sostenere un programma terapeutico ambulatoriale,
  • è possibile integrare nell’ambito del programma individualizzato effettuato a livello ambulatoriale idonee forme di accompagnamento e di supporto, adeguate ai livelli di autonomia rilevati nel caso specifico (ad es. programmi in regime semiresidenziale, forme di tutoraggio ed accompagnamento, partecipazione a gruppi di auto mutuo aiuto o altro).

Nell’ambito del percorso terapeutico in misura alternativa, è possibile integrare fasi di intervento in regime residenziale con fasi di trattamento territoriale, anche prevedendone l’attivazione in corso di programma con la condivisione ed approvazione della Magistratura di Sorveglianza.

Sia i programmi territoriali che quelli residenziali andranno ispirati ai seguenti principi:

  • Valorizzazione delle risorse personali e familiari e delle reti informali

Ai fini dell’impostazione e realizzazione del programma terapeutico, la persona necessita di essere valutata non solo come “paziente” e “autore di reato”, ma anche come detentrice di competenze, capacità, capitale sociale, per attivare tutte le risorse disponibili, personali e di contesto, secondo i criteri dell’empowerment psicologico.
Nell’ambito del programma personalizzato, sia esso a carattere residenziale o territoriale, devono essere sostenute e valorizzate le relazioni familiari nonché le relazioni sociali positive.
Il coinvolgimento della famiglia, in ogni caso in cui sia possibile, costituisce un elemento fondamentale del progetto terapeutico ed una risorsa insostituibile.
Al pari, occorre valorizzare le reti informali in cui la persona sia inclusa e/o attivare le risorse partecipative, associative, e simili, presenti nel territorio.

  • Valorizzazione e sviluppo del capitale sociale individuale e delle competenze lavorative, attraverso interventi finalizzati al reinserimento sociale e lavorativo

Obiettivo finale del programma terapeutico associato alla misura alternativa è il reinserimento del condannato nel proprio contesto di vita, secondo le tappe e le modalità stabilite dal programma stesso. Rispetto a tale finalità assume un rilievo sostanziale l’area dell’intervento sociale, inclusa la rete di sostegno e collaborazione propria degli enti locali, con particolare riferimento al supporto economico nel periodo post-penitenziario, alle prestazioni assistenziali specifiche per soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, alle certificazioni per il riconoscimento dello svantaggio sociale [17], alla presa in carico da parte delle diverse articolazioni operative del servizio sociale comunale per valorizzare risorse, competenze ed esperienze in materia di formazione e lavoro (anche attraverso il collegamento con i Centri per l’impiego e/o le altre risorse messe a disposizione dalle Province).

Nei programmi di reinserimento sociale di condannati stranieri, assume particolare rilevanza la conoscenza della lingua italiana (almeno al livello base previsto per il rilascio dei permessi di soggiorno Europass A2), in quanto fattore determinante rispetto all’efficacia dei programmi stessi.
Per quanto riguarda i programmi in misura alternativa a favore di persone residenti in altre regioni, attivati ai sensi del Protocollo d’intesa del 13 maggio 2014 presso i servizi presenti in Umbria, diventa essenziale il raccordo con i servizi del territorio di residenza per la pianificazione del programma di reinserimento e la continuità degli interventi di supporto.

  • Revisione critica rispetto al reato e attività a carattere riparatorio.

Nell’ambito del progetto terapeutico, è opportuno sostenere la persona nel processo di revisione critica rispetto al reato e incoraggiare, ove possibile e opportuno, attività a carattere riparatorio, anche nelle forme di attività di riparazione sociale in favore della collettività, ivi compresa l’eventuale realizzazione di progetti di Lavoro di Pubblica Utilità nei casi previsti dalla normativa in vigore.[18]

  • Raccordo con la Magistratura di Sorveglianza

E’ necessario che la Magistratura di Sorveglianza sia informata e coinvolta in tutte le fasi del percorso terapeutico, anche al fine di promuovere e favorire l’adattamento del dettato prescrittivo alle fasi del processo riabilitativo, mantenendo il necessario equilibrio tra il fine riabilitativo e quello sanzionatorio della misura.

B.5. MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL PROGRAMMA

Il programma terapeutico, formulato in accordo con l’utente, prevede una modulazione per obiettivi specifici, secondo un percorso graduale per tappe (step by step), commisurato al quadro diagnostico multidimensionale, al grado di motivazione, ai bisogni e alle risorse (personali, familiari, di contesto) rilevati in ciascuna fase. Ciascun percorso, pertanto, è gestito come un processo di accompagnamento per obiettivi graduali, modulato secondo l’evolversi e il progredire del programma, e supportato da un accurato monitoraggio periodico.
La definizione per obiettivi sarà corredata da idonei strumenti e indicatori utili per la valutazione in termini di risultato e per l’analisi di eventuali eventi critici. E’ necessario che la valutazione dei percorsi tenga conto degli obiettivi raggiungibili dalla persona in funzione delle risorse possedute.
La tempistica dei momenti di valutazione da realizzare nell’ambito del Gruppo integrato sul caso viene stabilita sin dalla fase iniziale della misura alternativa, tenendo conto della complessità della situazione di partenza e dei tempi previsti per le relazioni periodiche alla Magistratura (trimestrale e conclusiva, salvo aggiornamenti su eventi critici o variazioni rilevanti).
Pertanto è opportuno che l’andamento del programma ed il raggiungimento dei risultati attesi, rispetto agli obiettivi codificati nel progetto individuale e i relativi indicatori, venga verificato periodicamente ed almeno ogni 3 mesi. Tale tempistica risulta coerente con il ruolo di raccordo svolto dagli UEPE nei confronti della Magistratura di sorveglianza (l’UEPE infatti relaziona al magistrato, di norma ogni tre mesi, sull’andamento della misura alternativa e può corredare le proprie osservazioni e valutazioni con la documentazione relativa allo stato di attuazione del programma terapeutico). L’attività di raccordo con la Magistratura di sorveglianza si rende necessaria durante tutto il percorso di attuazione del programma ed in particolare riguardo al suo monitoraggio, anche in funzione dei possibili adattamenti del dettato prescrittivo.
Per la valutazione, che è affidata al Gruppo integrato sul caso, si adotta la SCHEDA DI MONITORAGGIO (SMAT) – Scheda di monitoraggio per l’affidamento terapeutico (v. allegato n. 5).

La gestione degli eventi critici

E’ necessario che gli eventi critici che possono portare a una interruzione del percorso terapeutico (trasgressioni gravi alle regole previste dal programma, violazioni di prescrizioni o commissione di reati) vengano tempestivamente gestiti nell’ambito del Gruppo di lavoro integrato, con il supporto degli strumenti di monitoraggio e valutazione adottati, individuando se possibile correttivi di progetto o percorsi alternativi.

Tali eventi critici, sia quando riscontrati dagli operatori nell’ambito delle proprie funzioni, sia se acquisiti da altri soggetti (ad es. Forze dell’Ordine), dovranno essere oggetto di comunicazione tempestiva (da parte degli operatori che li accertino) e di valutazione “straordinaria” al di fuori dei momenti calendarizzati di verifica. Sarà poi compito dell’UEPE, ai fini delle determinazioni della Magistratura di sorveglianza, relazionare su quanto scaturito dalla valutazione del gruppo di lavoro, allegando eventuale documentazione utile alla migliore comprensione del caso ed eventuali proposte condivise di modifica del percorso riabilitativo.

B.6. CONCLUSIONE DEL PERCORSO IN MISURA ALTERNATIVA

La durata della misura alternativa non coincide necessariamente con quella del programma terapeutico; possono pertanto presentarsi le seguenti diverse condizioni:

  • Qualora il programma terapeutico si concluda in anticipo rispetto alla conclusione della misura alternativa, per il periodo rimanente si definisce, nell’ambito del Gruppo di lavoro e concordandolo con l’utente, un programma di follow up, finalizzato al monitoraggio della situazione. La valutazione conclusiva del programma integrerà la relazione dell’UEPE al Magistrato di sorveglianza ai fini della rideterminazione delle prescrizioni dell’affidamento (art.99 DPR 230/00).
  • Qualora, al contrario, la conclusione della misura alternativa avvenga a programma terapeutico ancora in corso, è pieno diritto della persona proseguire il proprio programma fino alla sua conclusione, con il supporto degli operatori dei servizi sanitari e sociali.

La valutazione conclusiva del programma

Nell’ambito del Gruppo di lavoro integrato, il percorso di monitoraggio del programma viene concluso con una valutazione complessiva, multidimensionale, rapportata agli obiettivi specifici di breve/medio/lungo termine che erano stati posti e ai risultati raggiunti, effettuata con il supporto degli strumenti e degli indicatori condivisi, effettuata tempestivamente alla conclusione del programma stesso.
Tale valutazione include anche il punto di vista della persona, ovvero la sua auto-valutazione, ed utilizza la stessa scheda di monitoraggio – SMAT già citata (v. allegato n. 5).

La relazione conclusiva

La redazione della relazione conclusiva alla Magistratura di sorveglianza è di competenza dell’UEPE. Sintetizza l’esito del percorso individualizzato svolto in misura alternativa, con la finalità di offrire alla Magistratura gli elementi necessari per la declaratoria di estinzione della pena.
Ai fini della stesura della relazione conclusiva, nei casi connotati da particolare complessità (ad es. laddove siano intervenuti eventi critici di particolare rilievo, pur recuperati in corso di misura e quindi non esitati in una revoca della misura alternativa), è opportuno acquisire dal servizio ASL
per le dipendenze una relazione scritta.
Viceversa, laddove non vi siano stati problemi di particolare rilievo, nella elaborazione della relazione conclusiva sarà possibile utilizzare gli elementi scaturiti dalla riunione del Gruppo di lavoro integrato finalizzata alla valutazione conclusiva del programma in misura alternativa.

C. LE OPZIONI TERAPEUTICHE

C.1. OBIETTIVO: PERSONALIZZAZIONE DEI PROGRAMMI

I percorsi alternativi alla detenzione debbono potersi avvalere di un ampio ventaglio di opportunità terapeutiche, educative e riabilitative, tali da consentire la definizione di programmi appropriati, diversificati, commisurati alle caratteristiche individuali di ciascun utente e al quadro dei bisogni e delle risorse presenti, personali e di contesto.
I programmi disponibili possono essere sinteticamente schematizzati in: territoriali, semiresidenziali, residenziali, misti.
Sono attuati dalle strutture preposte: Ser.t, Servizio di alcologia ed altri servizi ASL per le dipendenze; Comunità residenziali e semiresidenziali accreditate (a gestione pubblica o degli enti del privato sociale). Queste strutture si avvalgono del supporto dei diversi servizi e realtà operative che compongono il sistema regionale di intervento per le dipendenze.
Ove necessario, i programmi includono progetti volti all’inclusione sociale, quali inserimenti lavorativi, inserimenti socio-terapeutici, studio e formazione, progetti integrati per soggetti con disturbi mentali, gruppi AMA, sostegno alla genitorialità, ….

Azioni di valenza generale per ampliare la fruibilità delle misure alternative

La costruzione di percorsi personalizzati e l’incremento delle opportunità di programmi fra i quali poter scegliere quello più idoneo, richiedono alcuni requisiti trasversali, riferiti a tutti gli attori del territorio ed oggi da ritenersi non scontati, di seguito sintetizzati.

  • SENSIBILIZZAZIONE - la promozione da parte di tutti gli attori del valore della “misura alternativa”, l’informazione sulla sua efficacia e praticabilità, condividendo le azioni di sensibilizzazione già in atto e/o individuandone di nuove, appropriate a promuovere la diffusione dello strumento;
  • INFORMAZIONE - la garanzia di una conoscenza completa da parte di tutti (Magistratura, Ser.t, UEPE, Servizi sociali comunali) del sistema di offerta presente sul territorio regionale, e il suo aggiornamento periodico, in modo che proposte e decisioni possano avvenire valorizzando tutte le risorse esistenti;
  • TERRITORIO-OPPORTUNITA’ - lo sguardo verso il territorio come sistema di opportunità, come giacimento di possibilità (di relazione, di sostegno, di impegno sociale, di lavoro, di alleanza terapeutica, ecc.), in una logica di apertura, collaborazione, costruzione condivisa dei percorsi riabilitativi, secondo i criteri ispirati dalla psicologia di comunità;
  • PERSONA-RISORSE - lo sguardo verso la persona non solo come paziente e autore di reato ma anche come detentrice di competenze, capacità, capitale sociale, per attivare tutte le risorse disponibili, secondo i criteri dell’empowerment psicologico;
  • NORMALITÀ - la disponibilità a sperimentare programmi che si avvicinino alle “condizioni di vita normale”, ovvero verso attività, impieghi, luoghi, relazioni, tempi il più possibile prossimi allo scenario di vita quotidiana dopo la scadenza della pena, per dare efficacia e utilità ai programmi stessi e creare più continuità fra il programma e ciò che seguirà;
  • STRUMENTI - la traduzione in strumenti di queste sensibilità, ovvero la presenza e il riconoscimento istituzionale di incontri/tavoli di rete, di un’anagrafe (costantemente aggiornata) delle disponibilità semiresidenziali e residenziali come anche delle caratteristiche dei programmi terapeutici attivati;
  • ARMONIZZAZIONE - il raccordo fra le presenti linee guida con tutti gli altri momenti e documenti istituzionali, di programmazione e regolamentazione, in modo tale da garantirne e amplificarne la portata, uniformare i processi, semplificare le procedure, dare chiarezza e coerenza al funzionamento del sistema degli interventi.

C.2. I PROGRAMMI RESIDENZIALI E SEMIRESIDENZIALI

I servizi residenziali e semiresidenziali idonei allo svolgimento di programmi terapeutici in misura alternativa sono esclusivamente quelli in possesso dell’accreditamento istituzionale, di cui all’articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni.
È opportuno far riferimento alle strutture presenti nel territorio regionale, per valorizzare il rapporto con il contesto locale (istituzionale ed informale) e il sistema dei servizi e per facilitare e migliorare gli interventi volti al reinserimento del condannato nel proprio ambiente di vita.
È opportuno far riferimento alle specificità delle strutture al fine di garantire un percorso adeguato alle caratteristiche del beneficiario sulla base degli elementi caratterizzanti i programmi terapeutici attivati o attivabili. Pertanto le strutture residenziali nella dichiarazione di disponibilità ad accogliere il soggetto includeranno orari, giorni di accesso e durata di validità della proposta.
È importante che nella costruzione del programma terapeutico:

  • il trattamento residenziale/semiresidenziale individualizzato tenga conto e valorizzi anche le reti informali,
  • si consideri il programma residenziale come un segmento del percorso terapeutico complessivo, che necessariamente prevede fasi precedenti all’inserimento e fasi successive alla conclusione della residenzialità, altrettanto essenziali per il conseguimento degli obiettivi terapeutici;
  • si valorizzi, ove possibile, la sperimentazione di percorsi o fasi di semiresidenzialità;
  • si valorizzi, ove possibile, la sperimentazione di percorsi specifici per le persone in misura alternativa (lavoro motivazionale, ecc.).

Mappatura delle risorse residenziali disponibili

Si predispone un data base su base regionale, aggiornato costantemente, contenente le disponibilità di offerta semiresidenziale e residenziale messe a disposizione dai servizi accreditati.
Tale banca dati viene resa disponibile all’interno del sito istituzionale della Regione Umbria, nello spazio dedicato all’area tematica Dipendenze.

C.3. I PROGRAMMI TERRITORIALI

Per quanto attiene ai programmi territoriali, si ritiene necessario porre all’attenzione alcuni aspetti trasversali, riferiti a tutti gli attori del territorio, di seguito sintetizzati:

  • Il problema delle risorse, ovvero la destinazione di risorse specifiche all’adozione delle misure alternative, in particolare a supporto dei progetti di inserimento sociale e lavorativo.
  • L’adozione estensiva di appositi protocolli da parte dei soggetti coinvolti, da incentivare e promuovere, per superare l’attuale eterogeneità di prassi e far convergere tutto il territorio regionale verso buone prassi condivise riguardanti l’attivazione di progetti di inserimento sociale e lavorativo.
  • La sensibilizzazione degli attori della Comunità Locale al fine di promuovere la costruzione di un ventaglio di opzioni di trattamento e di supporto, costantemente aggiornato in relazione al mutare dei bisogni rilevati nell’utenza.
  • L’integrazione fra i vari servizi supportata da forme di coordinamento locale, che integrino collaborazioni inter-istituzionali e la partecipazione attiva della Comunità Locale.
  • La promozione delle attività di giustizia riparativa - ovvero attività utili alla comunità locale - prevedendo collaborazioni con associazioni di volontariato, istituzioni culturali, enti pubblici.

Il Protocollo d’intesa del 13 maggio 2014 si pone in linea con i punti citati all’elenco precedente, non solo nel valorizzare a livello generale  l’integrazione del sistema detentivo (sia come area penale interna che esterna) con il territorio e le comunità locali, ma soprattutto nel promuovere la realizzazione, da parte delle istituzioni firmatarie, di progetti ed interventi specifici a supporto del reinserimento sociale e lavorativo, attraverso il ricorso a fondi propri, finanziamenti europei, Cassa delle Ammende, ecc. [19]

E’ necessario che i programmi di tipo territoriale integrino l’intero spettro dei bisogni della persona, e non siano rivolti solo all’area della patologia. Il programma, infatti, mira al reintegro del soggetto nelle condizioni di “normalità”, e deve pertanto verificare l’esistenza di soluzioni nell’ambito delle opportunità presenti in ciascun territorio, ed eventualmente se necessario offrirne di nuove, a tutte le sfere d’esistenza in cui si declina la quotidianità, come ad esempio:

  • la soluzione abitativa,
  • il lavoro,
  • le relazioni,
  • la salute, globalmente intesa,
  • il tempo libero.

Questo implica che gli “alleati” del progetto individuale, impostato in considerazione dei bisogni specifici della persona, non sono solo i servizi di salute ma tutti gli attori della comunità locale che offrono soluzioni, impieghi, luoghi, opportunità ed esperienze in questi ambiti.
A titolo di esempio, secondo tale logica comunitaria rappresentano importanti reti di implementazione dei programmi territoriali le cooperative di lavoro, le aziende, le imprese artigiane e agricole (per l’area lavoro, anche in collegamento con i servizi di inserimento lavorativo), le realtà del volontariato, delle associazioni e dei servizi culturali (per il tempo libero e le relazioni), il sistema locale di offerta residenziale temporanea (se il soggetto non dispone di una casa su cui contare), ma anche le scuole, le diverse agenzie formative, le parrocchie, le biblioteche,…

Il Gruppo di lavoro sul caso promuove quindi l’attivazione di specifiche opportunità locali, per garantire risposte in particolare in tutte quelle aree in cui la persona non disponga di un proprio capitale di risorse (relazionali, di lavoro, ecc.).
Di qui la necessità di conoscere la mappa delle opportunità locali, ed aggiornarla, e di agire campagne di sensibilizzazione rivolte alle reti e alla comunità.

C.4. I PERCORSI RIPARATORI

L’attività riparatoria può costituire parte integrante del progetto terapeutico e come tale ne condivide i caratteri fondamentali di individualizzazione e di adattamento alle varie fasi del percorso. L’individuazione dei percorsi è fortemente legata al sistema di opportunità locali, al profilo della persona e del reato, quindi alla valenza riparativa del percorso. Si può comunque affermare che le opportunità e le risorse dei programmi territoriali rappresentano spesso il campionario entro il quale ipotizzare i percorsi riparatori.
Di seguito si riportano alcune indicazioni generale inerenti le attività riparatorie:

  1. A. È necessario che gli operatori maturino, attraverso iniziative di formazione/sensibilizzazione, la consapevolezza della rilevanza che i processi di revisione critica rispetto al reato commesso assumono nell’ambito del progetto della persona in esecuzione penale.
  2. B. Occorre implementare strategie idonee a sensibilizzare il territorio, per attivare risorse territoriali disponibili ad accogliere persone coinvolte in questo tipo di attività, costituendo nel tempo un’offerta differenziata, che consenta di rispondere alle caratteristiche specifiche degli interessati
  3. C. E’ opportuno predisporre una mappatura, aggiornata costantemente, delle opportunità disponibili a livello locale.

D. MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE LINEE GUIDA

La valutazione necessaria a verificare l’andamento del sistema verrà effettuata a livello regionale, da parte del Gruppo di lavoro interistituzionale che ha validato le presenti linee di indirizzo, comprendente rappresentanti della Regione Umbria, del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, del Tribunale di sorveglianza di Perugia, dell’ANCI Umbria, delle Aziende USL, del privato sociale accreditato, del Garante dei detenuti.

A tale scopo il Gruppo di lavoro definirà, nella fase di avvio dell’applicazione operativa delle linee guida, il proprio piano di lavoro ed i relativi strumenti.
Tenendo conto che le linee guida si configurano come uno strumento dinamico, finalizzato a migliorare i percorsi in misura alternativa e ad ottimizzare il lavoro degli operatori coinvolti nella loro gestione, il Gruppo redigerà un report periodico che affronterà in particolare le criticità rilevate e avanzerà proposte di miglioramento da proporre in sede regionale per le opportune modifiche.

NOTE

Nota 1 - Questo dato emerge, ad esempio, dalla ricerca di Fabrizio Leonardi, “Le misure alternative alla detenzione tra reinserimento sociale e abbattimento della recidiva”, in Rassegna penitenziaria e criminologica, n. 2, Ministero della Giustizia, 2007, e dalla ricerca di Emilio Santoro e Raffaella Tucci, “L’incidenza dell’affidamento sulla recidiva: prime indicazioni e problemi per una ricerca sistematica”, in Rassegna penitenziaria e criminologica, Ministero della Giustizia, n. 1, 2006.

Nota 2 - Tra gli altri, v. V. Marino, M. Tosi, A. Francia, “L’uomo colpevole e l’uomo tragico - Il tossicodipendente tra carcere e misure alternative”. Ed. McGraw-Hill, 2009.

Nota 3 - Il Protocollo d’intesa tra Ministero della Giustizia, Regione Umbria, ANCI Umbria e Tribunale di Sorveglianza di Perugia è stato siglato il 13 maggio 2014, e preventivamente approvato dalla Regione Umbria con DGR n. 470/2014. Il Protocollo è riportato integralmente all’allegato n. 1.

Nota 4 - V. allegato n. 6.

Nota 5 - Legge regionale n. 1 del 22 gennaio 2007, “Accesso ai trattamenti terapeutici per i cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza”, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria n. 5 del 31 gennaio 2007.

Nota 6 - Nel caso degli stranieri, la condizione di irregolarità non è in contrasto con la concessione della misura alternativa, come stabilito dalla Corte Costituzionale (sentenza n.78 del 16 marzo 2007).
Il decreto legislativo n. 230/2001, inoltre, stabilisce che “sono iscritti al Servizio sanitario nazionale gli stranieri, limitatamente al periodo in cui sono detenuti o internati negli istituti penitenziari. Tali soggetti hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai cittadini liberi, a prescindere dal regolare titolo di permesso di soggiorno in Italia. I detenuti e gli internati sono esclusi dal sistema di compartecipazione alla spesa delle prestazioni sanitarie erogate dal Servizio sanitario nazionale” (art. 1 del D. Lgs n. 230/1999). A questo proposito, l’Accordo Stato- Regioni del 20/12/2012 specifica in maniera ulteriore che l’iscrizione al SSR è obbligatoria per “i detenuti negli istituti penitenziari per adulti e minori e internati negli ospedali psichiatrici giudiziari; in semilibertà, sottoposti a misure alternative alla pena, con o senza permesso di soggiorno” (disposizioni contenute nell’Allegato – paragrafo 1.1.1).

Nota 7 - V. DPR 30 maggio 1989, n. 223, “Approvazione nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente”, art. 6 e art. 13.

Nota 8 - V. allegato n. 1.

Nota 9 - Per quanto attiene alla collaborazione tra i servizi per le dipendenze ed i servizi per la salute mentale delle Aziende sanitarie locali, v. le linee di indirizzo per l’assistenza sanitaria dei detenuti tossicodipendenti negli istituti penitenziari emanate dalla Regione Umbria con la DGR n. 1411 del 7/9/2005.

nota 10 - V. allegato n. 1.

nota 11 - Il numero di 40 percorsi riabilitativi va inteso, quindi, come numero “dinamico”, che indica il volume massimo dei programmi costantemente disponibili in aggiunta al volume ordinario, a prescindere dal numero dei singoli beneficiari:
rimanendo entro tale valore numerico complessivo, alla conclusione di un singolo programma terapeutico può subentrare quindi il programma di un altro beneficiario.

nota 12 - I percorsi riabilitativi attivati dal protocollo possono prevedere, come nei casi di accesso per vie ordinarie, programmi di tipo residenziale, semiresidenziale, ambulatoriale (definito anche “territoriale”).

nota 13 - A questo scopo, è stato costituito un gruppo di lavoro interistituzionale (al quale hanno partecipato referenti indicati dalla Regione Umbria, dal Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, dall’ANCI Umbria, dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, dalle Aziende USL) che ha definito  in pieno accordo i criteri e le procedure riportati di seguito.

nota 14 - E’ stato di recente pubblicato il DSM V, che tuttavia non è ancora utilizzato correntemente da tutti i professionisti; i sistemi di codifica diagnostica maggiormente utilizzati sono attualmente il DSM IV, l’ICD X (i due sistemi sono sovrapponibili) e l’ICD IX. Il quadro diagnostico definito dal DSM IV per le dipendenze risulta più completo rispetto a quello codificato dall’ICD IX ed è pertanto ritenuto, da parte dei professionisti del settore, maggiormente rispondente alle esigenze poste dalla certificazione per l’accesso alle misure alternative.

nota 15 - La concessione dell’affidamento è vincolata alla certificazione di uno stato di dipendenza attuale, ma la giurisprudenza ha stabilito che “l’interessato può non assumere più droghe, ma può necessitare di un ulteriore periodo di mantenimento terapeutico e di supporto psicologico” (sentenza Cass. Pen. Sez. I, 17 luglio 1995, n. 3293).  Peraltro l’OMS nel 1978 ha modificato la precedente definizione di tossicodipendenza del 1951 (che definiva la tossicodipendenza come “stato di intossicazione periodica prodotta dalle ripetute assunzioni di una sostanza naturale o sintetica…”) sottolineando il concetto di dipendenza come “stato psichico e talvolta fisico risultante dall’interazione tra un organismo vivente e una sostanza, e caratterizzato da modificazioni del comportamento o reazioni che determinano la compulsione ad assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, per sperimentare i suoi effetti psichici e per evitare gli effetti di privazione”.

nota 16 - Questa procedura è attualmente disposta da protocolli operativi in vigore in alcuni IP dell’Umbria. L’esecuzione di esami tossicologici all’ingresso in carcere risulta in molti casi essenziale ai fini della procedura di certificazione, e non è recuperabile in fasi successive: è quindi fondamentale spiegare ad ogni detenuto l’importanza di questo passaggio.

nota 17 - Riferimenti normativi rispetto alle prestazioni specifiche citate sono inclusi nel DPR n. 616/1977, nella Legge 328/2000, art.2 c.3 e art.19 c. 1 lettera e), ‘coordinamento dei comuni, nell’ambito dei piani di zona, con l’amministrazione penitenziaria e della giustizia’, nella legge n. 381/1991.

nota 18 - Il Lavoro di pubblica utilità è previsto in ambito penale dall’art.54 D. l.vo n.274/2000 di disciplina delle competenze del giudice di pace; dall’art. 73 c.5 bis DPR n. 309/90 nonché dagli artt. 186/187 T.U. Codice della strada e dagli artt. 3 e ss L.n.67/ 2014 in materia di messa alla prova di imputati adulti.

nota 19 - V. artt. 4 e 5 del Protocollo d’intesa, riportato all’allegato n. 1.

 

ALLEGATO 2

Valutazione dei potenziali beneficiari dei programmi in misura alternativa attivati ai sensi del Protocollo operativo Ministero della Giustizia/Regione /ANCI /Tribunale di Sorveglianza

Relazione dell’equipe di osservazione e trattamento dell’IP al Nucleo di valutazione: elementi conoscitivi essenziali

L’equipe di osservazione e trattamento dell’Istituto penitenziario redige una relazione, analogamente a quanto già viene attuato nei percorsi ordinari, per ciascun detenuto individuato quale potenziale beneficiario di un programma alternativo alla detenzione secondo quanto previsto dal Protocollo operativo del 13 maggio 2014, e la trasmette al Nucleo di valutazione.

La relazione contiene ogni informazione che l’equipe stessa ritenga utile alla conoscenza e valutazione del caso, ed include in particolare i seguenti elementi essenziali:

  • Dati socio anagrafici
  • Precedenti penali, ponendo in evidenza se quella in corso è la prima condanna
  • Pena effettiva da scontare (allo stato delle informazioni in possesso) con specificazione del residuo
  • Eventuali precedenti programmi in misura alternativa, con specificazione della tipologia di misura; inoltre, se conosciuti: programma effettuato, esito, ed ogni altra informazione in merito
  • Situazione familiare, presenza di figli minori con mantenimento della patria potestà
  • Eventuali contatti/programmi in atto con operatori/servizi (partecipazione a gruppi di auto mutuo aiuto, colloqui di sostegno e simili)
  • ...

ALLEGATO 6

METODOLOGIA ADOTTATA PER L’ELABORAZIONE DELLE LINEE GUIDA

Le linee guida sono il frutto di un processo che ha attraversato diverse fasi:

  • Un percorso di formazione-confronto-elaborazione, suddiviso in due corsi successivi, che ha prodotto una serie di proposte utili alla elaborazione delle linee guida;
  • Una fase di confronto tra le istituzioni coinvolte, che ha tradotto queste proposte in un documento di orientamento metodologico ed organizzativo;
  • Infine, per le parti relative agli artt. 2 e 3 del Protocollo d’intesa tra il Ministero della Salute, la Regione Umbria, l’ANCI Umbria e il Tribunale di sorveglianza di Perugia, la costituzione di un gruppo interistituzionale, che ha definito in maniera condivisa procedure e criteri di applicazione, inseriti all’interno del percorso complessivo definito dalle linee guida.

La metodologia adottata nel percorso formativo è stata una metodologia partecipativa che ha visto coinvolti operatori di tutto il territorio umbro, impegnati concretamente nel campo delle Misure Alternative, che hanno assunto, per il lavoro di elaborazione sopra indicato, il ruolo di referenti dei:

  • Dipartimenti per le Dipendenze e Dipartimenti di Salute Mentale delle ASL
  • Uffici di Esecuzione Penale Esterna
  • Privato sociale accreditato ( C.T , Unità.Strada )
  • Servizi sociali dei Comuni
  • Referenti della sanità penitenziaria delle ASL.

I predetti operatori hanno aderito al percorso formativo, organizzato congiuntamente dalla Direzione Salute, Coesione Sociale e Società della Conoscenza della Regione Umbria e dal PRAP per l’Umbria, articolato in “ laboratori tematici “ guidati da un Team formativo, che ha svolto compiti di facilitazione e supporto ai lavori.
I laboratori hanno elaborato, sperimentato e infine redatto, attraverso una scrittura partecipata, proposte condivise, pragmatiche e realistiche, utili alla redazione di linee di indirizzo regionali in materia di applicazione delle M.A. per le persone alcoltossicodipendenti.
In particolare i laboratori hanno proceduto dapprima a verificare e selezionare, in ordine di priorità, i nodi critici meritevoli di intervento e successivamente, a ricercare soluzioni operative migliorative.
Sono stati utilizzati strumenti di analisi quali:

  • la matrice SWOT : strumento ideato da Albert Humphrey, della Stanford University, fra gli anni ‘60 e ’70, per favorire la pianificazione strategica in ogni situazione in cui un'organizzazione deve prendere una decisione per raggiungere un obiettivo significativo.

La matrice consente di analizzare sia:

  • l’ambiente interno : punti di forza (Strengths) utili per l’obiettivo che punti di debolezza (Weaknesses) ,
  • che quello esterno: opportunità (Opportunities) e minacce (Threats) di un'organizzazione.

Nella SWOT, il fuoco dell’attenzione è stato posto in particolare sul superamento delle debolezze/criticità interne al sistema organizzativo, da affrontare valorizzando gli elementi di forza interni e le opportunità ambientali e minimizzando i rischi. Nello specifico dei laboratori , per situazione “interna” si è intesa quella relativa al sistema dei servizi presenti e rappresentati in aula.

  • La Scala delle priorità Obbligate : la SPO è una tecnica di valutazione in gruppo che consente di stabilire , in modo condiviso, delle priorità rispetto ad una lista di criticità.

E’ stato quindi chiesto ai partecipanti:

  1. dapprima di classificare le criticità, precedentemente individuate, secondo due differenti dimensioni:
    • importanza del problema
    • risolvibilità (fattibilità delle soluzioni)
  2. Successivamente di ordinare e gerarchizzare le singole criticità all’interno di ciascuna delle 2 categorie attribuendo loro un peso.
    Ciò ha consentito di ripartire le criticità fra 4 aree ( separazione alta/bassa fatta sul valore mediano):
    • Area 1: elevata importanza ma bassa fattibilità
    • Area 2: elevata importanza e elevata fattibilità
    • Area 3: bassa importanza e bassa fattibilità
    • Area 4: bassa importanza ed elevata fattibilità

L‘area 2 è stata individuata come la più strategica su cui concentrare gli sforzi dell’attività selezionando gli obiettivi più congruenti con gli obiettivi del laboratorio e realisticamente affrontabili nel perimetro del percorso formativo 

  • Altri strumenti utilizzati sono stati l’analisi di casi studio, brainstorming d’aula, questionari per i servizi dei partecipanti, interviste a testimoni privilegiati raccolta e analisi protocolli e strumenti in uso nei servizi

 

DOCUMENTO ISTRUTTORIO allegato alla delibera di approvazione della Regione Umbria del 28 novembre 2014

Oggetto: Approvazione del documento “Linee guida regionali interistituzionali per la gestione integrata dei programmi alternativi alla pena detentiva in persone alcol e tossico-dipendenti” La condizione di dipendenza, sia da sostanze psicoattive legali e ancor più frequentemente nel caso di sostanze illegali, si concretizza in percorsi di vita che sfociano spesso nella commissione di reati e nella conseguente condanna a pene detentive; il carcere, tuttavia, non costituisce un contesto idoneo ad affrontare i problemi sanitari e sociali che accompagnano e sostengono la condizione di dipendenza, né consente l’attuazione di programmi appropriati e completi di trattamento e di reinserimento socio lavorativo. Il legislatore, nel recepire tali considerazioni, ha previsto, nel caso in cui la persona sia in possesso di determinati requisiti, alcune forme specifiche di esecuzione della pena alternative alla detenzione, che implicano lo svolgimento di un programma terapeutico predefinito, volto al trattamento della dipendenza e dei problemi ad essa associati.
Questa scelta legislativa acquista un rilievo significativo se si tiene conto di alcune peculiarità che caratterizzano la popolazione detenuta dipendente:

  • sotto il profilo statistico, poiché i detenuti tossicodipendenti ed alcoldipendenti costituiscono una quota del tutto rilevante tra i detenuti sia in Italia che in Umbria;
  • sotto il profilo sanitario, considerato che tale popolazione risulta esposta a particolari rischi sia all’interno che all’esterno del carcere;
  • sotto il profilo penalistico e criminologico, posto che, come documentano diverse ricerche, se la pena detentiva non sembra costituire un deterrente dissuasivo efficace ai fini della prevenzione della recidiva, di converso la recidiva stessa tende a diminuire in presenza di applicazione di misure alternative alla detenzione.

Su un altro versante, il tema delle misure alternative risulta di primaria importanza in relazione alla condizione degli istituti penitenziari, che in Italia è gravata da una serie di complessità e problemi di natura diversa, tra i quali spicca in maniera particolare il livello di sovraffollamento, che ha richiamato negli ultimi anni l’attenzione dei più alti livelli istituzionali
nazionali ed europei ed ha richiesto l’implementazione di misure volte a riequilibrare la situazione.
Questa situazione generale si estende anche agli istituti penitenziari umbri; il rapporto “Carcere e salute in Umbria”, redatto nel 2012 dalla Direzione regionale salute e coesione sociale, pone in evidenza tra gli altri i seguenti dati, rilevati al 31 dicembre 2011:

  • un volume di presenze di 1.681 unità, pressoché doppio rispetto alla capienza regolamentare (960 detenuti), e comunque sovrastante di 100 unità rispetto a quella allora definita come “capienza tollerabile” (1.593 detenuti);
  • una crescita continua e importante delle presenze dal 2006 al 2010, seguita successivamente da una stabilizzazione del dato; nel periodo considerato si è avuto inoltre un tasso di incremento relativo delle presenze superiore a quello italiano e a quello di tutte le altre regioni;
  • un tasso di detenzione pari a 185 detenuti per 100.000 abitanti, contro un tasso nazionale di 110 per 100.000, con evidenti pesanti ricadute sui servizi sanitari e sociali territoriali;
  • una quota di stranieri superiore al 40%; la popolazione detenuta straniera è stata inoltre quella in cui è stato registrato un incremento maggiore delle presenze nel periodo considerato;
  • una percentuale di assuntori dichiarati di sostanze psicoattive e tossicodipendenti che a livello regionale si situa intorno al 24%, ma con tetti differenziati tra i diversi istituti; a questa quota occorre sommare tutti quei detenuti che, per motivi diversi, non dichiarano espressamente la loro condizione di dipendenza, attuale o pregressa;
  • una spesa sanitaria complessiva relativa agli Istituti Penitenziari che per l’anno 2011 supera abbondantemente i 3,5 milioni di euro (anche considerando solo le spese di personale e quelle farmaceutiche, che ammontano rispettivamente a € 3.150.000 ca. ed a € 370.000 ca.).

Per fronteggiare questa situazione, indubbiamente gravosa e complessa, la Regione è intervenuta ponendo la situazione carceraria tra le priorità della propria programmazione e, per quanto di propria competenza ed anche in collaborazione con altre istituzioni, ponendo in atto misure concretamente rivolte a migliorare la condizione degli Istituti penitenziari umbri.

Rientra in questa azione la definizione di accordi interistituzionali, di atti di indirizzo, di organismi permanenti di coordinamento intersettoriale, che ha supportato sia l’implementazione degli interventi sia la costruzione e il consolidamento di costanti rapporti di collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte.

All’interno di questa cornice, la Regione Umbria ed il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria hanno quindi realizzato, tra il 2012 e i primi mesi del 2014, un percorso congiunto, cui ha collaborato attivamente la Magistratura di sorveglianza e al quale hanno partecipato, nelle fasi di formazione e confronto, operatori afferenti a tutte le istituzioni coinvolte (compresi gli enti accreditati del privato sociale presenti nel territorio umbro). A conclusione del percorso, si è giunti alla definizione di linee guida regionali interistituzionali per la gestione integrata dei programmi in misura alternativa per persone alcol e tossico-dipendenti.

In piena coerenza con il percorso in atto in ambito regionale, si colloca la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra il Ministero della Giustizia, la Regione Umbria, l’ANCI Umbria e il Tribunale di Sorveglianza di Perugia, finalizzato ad attuare azioni urgenti a sostegno dei programmi di reinserimento di persone condannate alla reclusione. Obiettivo del protocollo è realizzare, in ambito regionale, interventi congiunti mirati in particolare a favorire percorsi rieducativi, di responsabilizzazione e di reinserimento sociale e lavorativo, con particolare riguardo ai soggetti appartenenti alla popolazione detenuta e dell’area penale esterna, quali ad esempio i soggetti con problematiche legate ad alcool e tossico-dipendenze che necessitano di specifici percorsi riabilitativi.

Oltre ad impegnare le istituzioni firmatarie a realizzare misure ed interventi migliorativi delle condizioni del sistema detentivo, sia dell’area penale interna che esterna, anche in vista di una più accurata integrazione con il territorio e la comunità di riferimento, il protocollo interviene ampliando le possibilità di accesso dei detenuti presso gli istituti umbri alle misure alternative alla detenzione specifiche per alcol e tossico-dipendenti, fino ad un massimo di 40 programmi ulteriori rispetto a quelli attivati ordinariamente (artt. 2 e 3).

Le istituzioni regionali coinvolte nella stipula del Protocollo hanno quindi convenuto sull’opportunità di inserire i passaggi specifici relativi alle modalità di applicazione degli artt. 2 e 3, inerenti i programmi in misura alternativa alla detenzione per alcol e tossicodipendenti, all’interno delle Linee guida regionali ed è quindi stato costituito un gruppo di lavoro interistituzionale che ha assolto, in un clima intensamente collaborativo, a questo compito.

Le Linee guida, pertanto, sono il frutto di un processo che ha attraversato diverse fasi:

  • Un percorso di formazione-confronto-elaborazione, suddiviso in due corsi successivi, che ha prodotto una serie di proposte utili alla elaborazione delle linee guida stesse;
  • Una fase di confronto tra le istituzioni coinvolte, che ha tradotto queste proposte in un documento di orientamento metodologico ed organizzativo;
  • Infine, per le parti relative agli artt. 2 e 3 del Protocollo d’intesa 13/5/2014 tra il Ministero della Salute, la Regione Umbria, l’ANCI Umbria e il Tribunale di sorveglianza di Perugia, la costituzione di un gruppo interistituzionale (al quale hanno partecipato, oltre ai funzionari della Regione, i rappresentanti indicati dal

Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, l’ANCI Umbria, il Tribunale di sorveglianza di Perugia, le Aziende USL Umbria 1 e 2), che ha definito in maniera condivisa procedure e criteri di applicazione, inseriti all’interno del percorso complessivo definito dalle linee guida.
In conclusione, si propone alla Giunta:

  • di approvare il documento “Linee guida regionali interistituzionali per la gestione integrata dei programmi alternativi alla pena detentiva in persone alcol e tossicodipendenti”, che viene integralmente allegato al presente atto quale parte integrante e sostanziale, a sua volta corredato dei propri allegati, come citati all’indice del documento stesso, anche essi parte integrante e sostanziale del presente atto;
  • di affidare al Servizio Programmazione sociosanitaria dell’assistenza distrettuale e ospedaliera della Direzione regionale salute e coesione sociale il coordinamento delle azioni necessarie a sostenere, per quanto di competenza della Regione Umbria, il percorso di applicazione delle “Linee guida interistituzionali per la gestione integrata dei programmi alternativi alla pena detentiva in persone alcol e tossico-dipendenti”, incluso quanto attiene agli artt. 2 e 3 del Protocollo d’intesa stipulato il 13 maggio 2014 tra Ministero della Giustizia, Regione Umbria, ANCI Umbria e Tribunale di Sorveglianza di Perugia, procedendo ove necessario con propri atti;
  • di demandare al Servizio programmazione sociosanitaria dell’assistenza distrettuale e ospedaliera della Direzione regionale salute e coesione sociale la costituzione dei gruppi di lavoro interistituzionali previsti dalle “Linee guida interistituzionali per la gestione integrata dei programmi alternativi alla pena detentiva in persone alcol e tossico-dipendenti”;
  • di prevedere la pubblicazione del presente atto nel BUR.

Perugia, lì 03/11/2014

L'istruttore
Gian Paolo Di Loreto