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Scheda sul manuale in tema di radicalizzazione (luglio 2015)

  • pubblicato nel 2009
  • autore: Commissione internazionale Austria - Francia - Germania
  • scheda
  • Ufficio Studi, ricerche, legislazione e rapporti internazionali
  • licenza di utilizzo: CC BY-NC-ND

 

Austria – Francia - Germania
RADICALIZZAZIONE VIOLENTA
RICONOSCIMENTO DEL FENOMENO DA PARTE DI GRUPPI PROFESSIONALI COINVOLTI E RISPOSTE A TALE FENOMENO

MANUALE

con il supporto finanziario del programma di prevenzione della radicalizzazione violenta e di risposta alla stessa
Commissione Europea – Direzione Generale della Giustizia, Libertà e Sicurezza

 

Il gruppo che ha curato il progetto ringrazia gli Stati Membri dell’Unione Europea per tutti i contributi al manuale di buone prassi, che ha come oggetto la formazione dei lavoratori che affrontano il fenomeno della radicalizzazione.


CHE COS’E’ LA RADICALIZZAZIONE (VIOLENTA)?
Definire la radicalizzazione non è facile perché è un processo complicato e con molteplici aspetti che presenta una certa complessità relativamente alle varie fasi e ai vari fattori condizionanti. Per iniziare, questo manuale spiega il processo di radicalizzazione, determina gli indicatori e raccoglie le conoscenze attuali in materia di buone prassi per contrastare la radicalizzazione.


COMPRENDERE IL PROCESSO DI RADICALIZZAZIONE
La radicalizzazione può aver luogo attraverso un certo numero di diverse correnti di pensiero (dai partiti destra/sinistra, ai separatisti). E’ importante notare che la radicalizzazione non sfocia necessariamente in un sostegno al terrorismo o ad atti di violenza.

Qualche definizione
l manuale offre una definizione della radicalizzazione abbastanza rigida, anche se esistono altre descrizioni di tale fenomeno.
La radicalizzazione può essere definita come:
Una volontà crescente di sostenere cambiamenti difficili da raggiungere nella società, che possono avere come scopo l’abolizione dell’ordine democratico stabilito e che può implicare l’uso di metodi non democratici.
Un processo che induce un individuo o un gruppo ad accettare, sostenere o incoraggiare l’uso della violenza come mezzo politico.
Un processo di evoluzione personale per la quale un individuo adotta idee ed obiettivi politici o politico-religiosi sempre più estremi, con la convinzione che il raggiungimento di tali obiettivi giustifichi metodi estremi.
Un processo di adozione di una convinzione estremista e la volontà di utilizzare, sostenere o incoraggiare la violenza e la paura, come metodi per cambiare la società. Questo processo rappresenta il passaggio dalle idee alle azioni.

Le fasi della radicalizzazione

  1. “Pre-radicalizzazione” – meccanismi personali scatenanti
  2. “Identificazione” – scelte (religiose) ideologiche attive
  3. "Indottrinamento” – la convinzione che la società deve cambiare
  4. “Manifestazione” – impegno personale secondo l’abilità o la capacità (con il possibile uso della violenza)

Il processo di radicalizzazione non è necessariamente lineare. Può essere rapido ed in alcuni casi, può essere intaccato da influenze esterne: un leader carismatico – che si comporta come un guru – o dinamica di gruppo. Può anche aver luogo come processo interno: un’“autoradicalizzazione” scatenata da fattori come Internet, CD o video insieme a circostanze personali individuali.


CHI È VULNERABILE ALLA RADICALIZZAZIONE?
Mentre un ampio numero di studi è stato intrapreso, non è possibile delineare un profilo standard per le persone radicalizzate a sostegno della violenza o per partecipare ad attività terroriste. L’osservazione di atti terroristi recenti mostra chiare differenze nel background e nella personalità dei perpetratori. Abbastanza spesso, questi individui giustificano i loro atti sulla base del loro background sociale e delle loro frustrazioni. Il tema predominante, tuttavia, è che c’è una chiara minaccia che deriva dalle persone che si qualificano non correttamene come “persone che agiscono in nome dell’Islam”.

Radicalizzazione nel contesto dell’ideologia islamica
I membri del personale d’istituto, di polizia o dei servizi di sicurezza devono ricordare che tale forma di radicalizzazione su basa su una errata rappresentazione di un’ideologia religiosa che è di natura settaria, e non l’espressione di una tradizione islamica culturale o religiosa. Non si tratta in nessun caso di un messaggio spirituale.
Perciò, è essenziale spiegare che c’è una chiara differenza tra la radicalizzazione che porta all’estremismo e la violenza e la pratica dell’Islam. La principale difficoltà consiste nell’identificare la linea di demarcazione tra la religione e l’estremismo. L’Islam non è un’ideologia estremista!

I seguenti aspetti potrebbero aiutare a distinguere tra i due:

  • E’ abbastanza certo che, gli estremisti strumentalizzano il discorso religioso e re interpretano la storia dell’Islam per le loro attività di propaganda e di reclutamento. Tuttavia, il loro scopo si collega ad una particolare visione che essi sostengono possa essere realizzata solo attraverso la violenza: ristabilire il Califfato delle prime conquiste islamiche. Lo scopo è di cambiare radicalmente le nostre società.
  • In nome della loro interpretazione dell’Islam, gli estremisti rifiutano e rigettano le norme, i regolamenti – in realtà la Legge democratica – dei paesi dove vivono. Essi considerano che la loro percezione dell’insieme delle prescrizioni dei testi dell’Islam (Corano, Sharia,….) deve essere l’unica norma da rispettare, escluso ogni altra norma.
  • Persino se gli estremisti pretendono di usare gli obiettivi politici per cambiare la società, dal momento in cui essi autorizzano, raccomandano, incoraggiano, o accettano il ricorso a mezzi illegali (come lotte di potere con tutti i tipi di autorità; impiego o accettazione dell’uso della violenza) il processo di radicalizzazione è intrapreso. Essi sono così in violazione delle normative nazionali ed europee, dei valori multiculturali e dei principi democratici.
  • Il discorso dei radicali è una presentazione monolitica e distorta degli eventi attuali e della storia. Essi pretendono di avere l’unica interpretazione corretta dell’Islam e utilizzano percezioni di vittimizzazione inclusi i sentimenti di fallimento individuale o collettivo, di discriminazione reale o finta, il sentimento di ingiustizia, e infine, l’idea semplicistica di una “cospirazione” contro l’Islam. Nell’istituto come nella vita normale, questo fenomeno è anche caratterizzato da una polarizzazione sui conflitti armati in tutto il mondo ( per es. Afghanistan, Iraq, Israele, e Palestina).
  • L’esperienza dei cappellani musulmani, ci insegna che i radicali utilizzano l’odio verso la società dei detenuti psicologicamente fragili per portarli a considerare che sono tenuti a rispettare le leggi ed i regolamenti nazionali.
    L’uso selettivo di un vocabolario religioso consente ai radicali di nascondere la natura settaria e violenta della loro ideologia.

    I radicali carismatici e manipolatori sono in grado di imporre i loro punti di vista ed influenzare il modo di vita degli individui vulnerabili. Non dimenticare mai che i Musulmani sono il primo obiettivo degli islamici radicali che si auto-proclamano “veri e propri” Musulmani, negli istituti, nelle loro famiglie, nel loro quartiere o nel loro gruppo sociale. Per tale ragione, la prevenzione della radicalizzazione consiste nell’identificare tali pratiche e non nel discutere la loro natura religiosa.

Comprendere la strada per la radicalizzazione violenta
La radicalizzazione islamica è un processo settario: essa impone una separazione tra i radicali e gli altri componenti della società, persino tra gli stessi Musulmani, e porta ad una emarginazione sociale, una rottura con la famiglia, le origini nazionali o culturali e la comunità d’origine, ma anche con gli amici, la scuola, il luogo di culto, ed infine la società nel suo insieme.
Un individuo può avere un’ ideologia politica estrema rispettando le leggi del paese in cui vive. In tal caso, la separazione settaria si limita ad un antagonismo verso i valori culturali e sociali ( come i diritti individuali degli omosessuali, la diversità e l’anti-Semitismo aggressivo) e può essere espressa da segni esterni di adesione ad un’ideologia settaria: vestirsi con abiti tradizionali, confermando politicamente i diritti individuali e collettivi.
Ma infine, la radicalizzazione può portare all’uso della violenza. Ciò può sfociare in un impegno politico, un sostegno logistico a favore della violenza, ed in ultima istanza sul terrorismo o la partecipazione ad un conflitto armato nel mondo.

Istituti come zone sensibili della radicalizzazione: sfide ed opportunità
Gli Stati Membri dell’Unione Europea sono colpiti dal fenomeno della radicalizzazione e del reclutamento negli istituti in modi diversi e a vari livelli. Questo è il motivo per cui la percezione del problema non è la stessa da un paese all’altro.
L’esperienza ha mostrato che gli istituti hanno avuto un ruolo significativo nella radicalizzazione di alcuni più importanti violenti estremisti ideologi fuori Europa, ma ci sono anche esempi in Europa. Perciò, l’opinione generale è che gli istituti sono in ogni caso aree sensibili che possono essere terreno fertile per tale fenomeno.

Le sfide nell’ambiente carcerario
Gli istituti possono essere considerati un ambiente idoneo per il reclutamento dei terroristi o di estremisti violenti per la loro struttura particolare e per le condizioni specifiche esistenti. Gli istituti esercitano chiaramente un doppio stato di coazione: i detenuti sono isolati dalla società, dalla loro famiglia e dagli amici e, inoltre devono rispettare un regime strettamente controllato.
L’istituto concentra un certo numero di fattori che possono portare ad un aumento della radicalizzazione, come la durezza dell’ambiente conseguente alla privazione della libertà, l’emarginazione sociale, la violenza (psicologica o fisica) e la pressione del gruppo. Ulteriori fattori che contribuiscono al processo di radicalizzazione negli istituti può essere la promiscuità inevitabile degli estremisti, l’insoddisfazione nei confronti del sistema giuridico, l’influenza dei visitatori, la corrispondenza illecita con gli estremisti, la disponibilità dei materiali radicali, la presenza di consiglieri (religiosi), ecc.
Per molti detenuti, la detenzione è l’ultima manifestazione del loro profondo sentimento di isolamento e di emarginazione, poiché li colloca fisicamente, socialmente e psicologicamente fuori dalla società.
La detenzione li taglia fuori dalla famiglia e dalla comunità, che costituiscono per molti di loro i pochi aspetti gratificanti che gli restano e che danno un significato alla loro vita. Il loro status e i collegamenti sociali vengono meno e l’identificazione del gruppo è rimessa in questione. Gli istituti costituiscono dunque ambenti di crisi che creano che generano un desiderio di appartenenza, di identità di gruppo, di tutela e – per alcuni detenuti – di guida religiosa.
Inoltre, gli istituti, per fini propri, sono di natura repressiva dato che privano i detenuti della libertà di movimento. Per essi, la cultura penitenziaria è alienante, burocratica, orientata, gerarchizzata, disciplinare e rigorosa. Tale esperienza estrema di confronto con le autorità dello Stato può avere un’influenza significativa su alcuni processi di radicalizzazione. D’altronde, i regolamenti nell’ambito degli istituti, incluse le regole che impediscono o limitano la vita (religiosa) dei detenuti, come le misure che limitano la preghiera negli spazi comuni o il tempo limitato per le preghiere collettive, possono essere una fonte di frustrazione e quindi dar inizio o intensificare la percezione del detenuto di essere emarginato a causa della religione, rafforzando il processo di radicalizzazione in corso.

La popolazione detenuta nel contesto della radicalizzazione
Quando si parla di emergenza delle tendenze alla radicalizzazione negli istituti, è necessario distinguere i seguenti gruppi nell’ambito della popolazione detenuta:

  • I detenuti condannati per reati minori, reati violenti e ed altri reati,
  • I detenuti per reati non estremisti come per esempio reati minori, reati violenti ed altri reati, ma che hanno già legami con gli ambienti estremisti, e

I detenuti per reati di terrorismo o estremismo di natura politica-religiosa (di estrema destra, di estrema sinistra, nazionalisti o Islamici).

La differenza tra tali categorie consiste nel fatto che le ultime due hanno già legami con l’estremismo, la radicalizzazione violenta o gli atti di terrorismo.
La vita negli istituti, con la sua inevitabile promiscuità e con celle a volte sovraffollate, di conseguenza comporta il rischio che i detenuti della prima categoria possano essere radicalizzati e vulnerabili alle pressioni dei detenuti e dei gruppi estremisti.
Secondo le teorie criminologiche, - per esempio il concetto di anomia ( Cenni di Lanier, M.M. e Henry, S. “Criminologia essenziale”, Westview Press, Oxford 1998, p. 208 e seguenti) o le teorie del conflitto e le teorie radicali del reato (stessa opera, p. 235 e seguenti) – la criminalità è un mezzo, certamente non accettato dalla società, per affrontare la complessità della vita e dei conflitti sociali. I messaggi radicali sembrano quindi attrarre i delinquenti comuni perché (come regola generale) riducono la complessità sociale ad immagini semplificate del bene e del male/nero e bianco. Dalle osservazioni dell’amministrazione penitenziaria francese, emerge una percentuale elevata del fenomeno di radicalizzazione che riguarda i detenuti comuni che in precedenza non hanno mai avuto collegamenti con alcuna forma di estremismo. Di conseguenza, si può ritenere che i detenuti hanno avuto contatti con le ideologie in istituto e traggono le loro motivazioni. E’ necessario osservare, tuttavia, che i detenuti che esprimono apertamente le loro idee raramente fanno riferimento ad una scuola di pensiero specifica o a una dottrina particolare.
I detenuti della seconda o terza categoria potrebbero essere una fonte di radicalizzazione, e costituire gruppi di seguaci, come i leader del crimine organizzato. Essi possono attrarre detenuti nuovi e vulnerabili, aiutandoli ad adattarsi all’ambiente carcerario offrendo sostegno. Nello stesso tempo, il militante si presenterà come dotato di cognizioni profonde religiose/ideologiche. Egli si imporrà come capo carismatico e si autoproclamerà predicatore o Imam.
Inoltre, egli troverà dei modi per giustificare la percezione “Il mondo occidentale è contro di noi” provocando i rappresentanti delle autorità, intensificando così il sentimento di ingiustizia ai fini della manipolazione. Le persone la cui carriera criminale è il risultato di una mancanza di riferimenti, sembrano essere ricettivi a sistemi di convinzioni e valori che possono essere di supporto ideologico e guidarli in tali situazioni di vita.
Dal punto di vista dei “ radicalizzatori”, i gruppi designati possono essere divisi in tre categorie:

  • I musulmani non praticanti, che sono più facilmente influenzabili a causa della loro paura di una pressione forte e permanente esercitata dai loro compagni detenuti radicali;
  • Detenuti vulnerabili e/o nuovi arrivati;
  • Personale amministrativo penitenziario che è posto sotto pressione per accettare queste pratiche radicali come “normali e accettabili”.

La conversione non è la radicalizzazione
Deve essere sottolineato che non tutte le conversioni all’Islam devono essere equiparate alla radicalizzazione. Le motivazioni della conversione possono essere “secolari” nel senso dei benefici sociali percepiti (per es. più opportunità per socializzare con i detenuti compagni durante le preghiere del Venerdì, sollievo dalla noia in istituto o tutela nell’ambito di una società carceraria spesso violenta); o piuttosto di ordine “religioso”, come il conforto che deriva dalla religione, o più spontaneamente recuperando la fede o avendo accesso alla fede.

Le opportunità dell’ambiente carcerario
Fin qui, il testo si è concentrato sulle sfide che derivano dall’interazione tra le strutture carcerarie da una parte e i detenuti dall’altra. E’ esattamente tale interazione, comunque, che offre punti di partenza per mezzi di prevenzione della radicalizzazione. Se si presume che i detenuti possano essere attratti dall’estremismo violento in istituto, bisogna anche supporre che gli istituti possano essere il luogo ideale per essi per apprendere di più sulla democrazia e la cittadinanza attiva. Uno degli scopi della detenzione è la riabilitazione, e in una fase successiva il reinserimento dei detenuti nella società.
Come esempio, l’influenza dei consiglieri (religiosi) potrebbe essere un’opportunità ed una sfida. Gli Imam e /o i ministri della religione nominati ufficialmente e i detenuti estremisti carismatici e i predicatori auto-proclamati, possono avere un ruolo significativo, poiché hanno la possibilità di influenzare la mentalità e le credenze di altri detenuti parlando da una posizione di autorità. Gli Imam degli istituti possono avere anche un’influenza positiva sui detenuti estremisti discutendo e sfidando i punti di vista radicali e fornendo una guida spirituale. Un fenomeno comune in molti istituti è la mancanza di consiglieri qualificati e/o di cappellani musulmani. La loro assenza è spesso compensata dagli stessi detenuti, che potrebbero trasmettere un’immagine deformata dell’Islam. In assenza di consiglieri religiosi, l’accesso a opere religiose moderate potrebbe costituire una misura adeguata per prevenire la radicalizzazione.
Negli istituti la radicalizzazione può essere agevolata dal fatto che le sale della preghiera sono un luogo utilizzato volentieri per trasmettere messaggi, e sono tra le poche aree in cui i gruppi di detenuti possono incontrarsi, spesso senza la supervisione di una guardia. E anche se tale sorveglianza è assicurata, le barriere linguistiche e la mancanza di conoscenze culturali potrebbero impedire al personale penitenziario di individuare comportamenti sospetti.
In tal senso, potrebbero essere investite più risorse per le attività destinate ad ottimizzare le possibilità offerte dall’ambiente carcerario nel suo insieme.

Gli indicatori della radicalizzazione
Al principio si dovrebbe notare che è difficile per le persone senza una formazione specifica distinguere tra la pratica religiosa legittima dei musulmani e la radicalizzazione islamica che porta alla violenza. E’ spesso difficile stabilire chiaramente che un dato comportamento è semplicemente l’espressione di un’affiliazione religiosa o l’indice di una radicalizzazione che avanza e che richiede un intervento mirato.
Secondo la definizione del Capitolo 1, la radicalizzazione può essere un processo lento e graduale, o può aver luogo improvvisamente ed in modo esplosivo. Di regola, la radicalizzazione diventa evidente quando gli individui iniziano ad agire in modo diverso. Tuttavia, l’adozione di ideologie o orientamenti radicali è prima di tutto e anzitutto un processo psicologico interno che prende la forma di un cambiamento di mentalità, e non comporta necessariamente cambiamenti visibili nell’apparenza o nelle azioni dell’interessato. In alcuni casi individuali i processi di radicalizzazione sono quindi davvero difficili da individuare. Se, tuttavia, i cambiamenti di mentalità vanno di pari passo con i cambiamenti nel comportamento, è possibile riconoscere la radicalizzazione con l’aiuto di un certo numero di criteri concreti. Tali criteri riguardano l’apparenza esterna dell’individuo e/o gli schemi di (comunicazione e) comportamento.
E’ importante sottolineare che non ci sono indicatori che possano inequivocabilmente essere interpretati come segno di radicalizzazione. Il personale penitenziario dovrebbe osservare da vicino i cambiamenti nel comportamento dei detenuti ed in particolare, nel caso di cambiamenti in vari settori, parlarne al detenuto.
Se il detenuto rifiuta di fornire spiegazioni in risposta alle domande del personale penitenziario, è necessaria la prudenza.
I detenuti, che hanno un modo meno serio e piuttosto ostentato di trattare le idee e i simboli islamici, per esempio appendendo le foto di Osama Bin Laden nello loro celle, non sono necessariamente radicalizzati. Queste manifestazioni evidenti di supporto possono anche essere interpretate come un modo di attrarre l’attenzione, di assicurarsi un certo prestigio o semplicemente di provocare. In questa fase è improbabile che queste persone costituiscano una minaccia diretta, anche se c’è certamente il rischio che essi si radicalizzino gradualmente e si rivolgano a strutture islamiche. Inoltre, dovrebbe essere sottolineato che un cambiamento nel comportamento o un comportamento sospetto non è un indicatore attendibile per una possibile radicalizzazione. In generale, ci sarà un’intera serie di elementi diversi che indicano la radicalizzazione, e per questo motivo è necessaria un’osservazione attenta e differenziata.
Di norma, tutto ciò che sembra incomprensibile al personale penitenziario richiede un’osservazione continua e costituisce una ragione sufficiente per contattare i servizi di sicurezza.
I cambiamenti comportamentali possono manifestarsi in vari settori della vita quotidiana in istituto. Al fine di fornire linee guida in questo settore complesso, il seguente testo descrive le aree che secondo recenti scoperte sono importanti e fornisce esempi per possibili cambiamenti.


Attenzione: Nessuno dei seguenti indicatori può servire come prova che una radicalizzazione abbia effettivamente avuto luogo; nello stesso tempo, la loro presenza deve indurre alla vigilanza e alla sorveglianza e, se necessario, ad agire di conseguenza.

Pratica della religione
I detenuti musulmani possono professare la loro religione in carcere. In alcuni istituti, si fa appello a Imam esterni per formare gruppi di preghiera o per le preghiere del venerdì. I detenuti musulmani utilizzano questa offerta in quanto vogliono professare la loro religione e/o perché cercano un cambiamento alla monotonia della vita carceraria. Il desiderio di trarre profitto da questa opportunità non è, di norma, un indicatore di una radicalizzazione potenziale. Al contrario: i detenuti che rinunciano a tali offerte e professano sempre di più la loro religione dovrebbero isolatamente attrarre l’attenzione del personale penitenziario. Importanti tentativi da parte dei detenuti di poter selezionare il loro Imam, o il rifiuto di accettare un Imam di loro gradimento per un’atra ragione che non sia la lingua, può anche indicare un’imminente radicalizzazione. Inoltre, bisogna stare attenti se gli individui intensificano improvvisamente la loro pratica religiosa in modo percettibile. In alcune circostanze, un aumento notevole del numero di partecipanti ad un gruppo di preghiera dopo un cambiamento di Imam può indicare un processo di radicalizzazione.

Routine quotidiana
La vita come Musulmano praticante ha un impatto sulla routine quotidiana. Le circostanze dell’istituto non consentono sempre ai musulmani di vivere secondo le regole dell’Islam. La rivendicazione insistente delle routine quotidiane compatibili con tali regole non dovrebbero necessariamente essere considerate come un indicatore di radicalizzazione; forse il detenuto vuole solo affermare il proprio diritto personale a professare la propria religione. Tuttavia, è più grave se un individuo esige ciò da altri musulmani, qualifica il loro comportamento come non-islamico ed inizia a fare del proselitismo per portarli a diventare veri/fedeli Musulmani.
I detenuti che durante il tempo trascorso in istituto iniziano a rifiutare di farsi la doccia, di mangiare o di utilizzare la biancheria dell’istituto, etc., con detenuti non musulmani e/o che s’isolano sempre di più, hanno forse iniziato a radicalizzarsi. L’insistenza sull’identità religiosa può far parte di un processo di radicalizzazione, ma non è necessariamente un indicatore di radicalizzazione. Il personale penitenziario deve controllare la situazione e verificare la presenza di altri indicatori.
Il rifiuto di partecipare alla routine giornaliera con altri detenuti di un’altra fede religiosa può indicare tendenze isolazioniste. In generale, i leader radicali non partecipano ai meccanismi di gruppo. Anche se sono membri di un gruppo religioso, non fanno parte della gerarchia di gruppo. Tuttavia essi godono di un alto grado di autorità tra i compagni musulmani. Essi non condividono la vita e le attività quotidiane del gruppo, ma in caso di conflitto, ci si rivolge a loro per arbitraggio e consiglio.E’ questa una delle ragioni per cui sembra che le persone radicalizzate non pongano problemi agli occhi del personale penitenziario; esse rispettano sempre le regole d’istituto ed evitano i conflitti con altri, mentre in realtà mascherano le loro attività.

Organizzazione della cella, vita privata
La decorazione della cella con tappeti di preghiera e calligrafie islamiche ed il possesso di una copia del Corano può semplicemente essere una semplice espressione di religiosità, ma di nuovo, è necessaria la prudenza. La manifestazione ostentata di un supporto alla violenza, per esempio affiggendo foto di Bin Laden o delle Torri Gemelle distrutte etc., spesso significa che il detenuto sta utilizzando questi simboli per provocare il personale penitenziario o altri detenuti, senza necessariamente identificarsi con l’ideologia e gli obiettivi degli estremisti violenti.
I detenuti che sono contro la televisione e che non desiderano avere un apparecchio televisivo nella loro cella possono essere persone molto religiose o puritane che rifiutano gli intrattenimenti televisivi per ragioni puramente professionali. Le persone radicalizzate preferirebbero piuttosto avere un televisore nella cella al fine di essere al corrente dei ciò che succede nel mondo.

Apparenza esterna
Un segno chiaramente visibile, ma non sempre inequivocabile di imminente radicalizzazione è il cambiamento dell’apparenza della persona. Durante il processo di radicalizzazione alcune persone possono iniziare ad indossare abiti più tradizionali o farsi crescere la barba, per esempio.
Tuttavia, anche il contrario può vero, cioè che più il processo di radicalizzazione è avanzato, più la persona può cercare di farsi notare il meno possibile, cosicché in uno stadio più avanzato la persona tenterà di avere una presentazione occidentale.

Comunicazione con le persone dentro e fuori l’istituto/Comportamento sociale
In base allo stadio di radicalizzazione del detenuto, si possono osservare vari schemi di comunicazione e di comportamento sociale. Le persone già radicalizzate prima della detenzione e le cui convinzioni sono fermamente ancorate possono avere la tendenza ad essere piuttosto discrete. In generale, la comunicazione con i compagni detenuti e il personale penitenziario è corretta, e tali persone non sembrano porre problemi a prima vista. Esse stanno attente e cercano di evitare conflitti aperti con le autorità. Tuttavia, dietro le scene cercano di esercitare l’influenza su altri detenuti al fine di imporre le proprie idee. A tal riguardo, esse non fanno differenza tra musulmani e non musulmani.
Coloro che sono all’inizio del processo di radicalizzazione cambiano comportamento in modo visibile in particolare verso gli altri. All’interno dell’istituto iniziano a comportarsi in modo diverso gli uni verso gli altri, prendendo forse le distanze in relazione ad altri detenuti musulmani. Ciò si manifesta con il loro rifiuto di essere toccati da essi, di interagire con essi, o con un sentimento di superiorità che essi sviluppano e che dimostrano. I Musulmani più religiosamente moderati sono attaccati verbalmente e a volte anche fisicamente da questi. Spesso si constata anche un cambiamento che colpisce il loro comportamento verso le donne: essi non ubbidiscono alle istruzioni impartite dal personale penitenziario femminile, rifiutano di comunicare con le donne o di toccarle per esempio di stringere loro le mani.
Il loro comportamento verso gli assistenti sociali e gli psicologi può anche cambiare (per esempio i detenuti non parlano più di questioni private). Essi possono rifiutare un avvocato non musulmano o qualsiasi avvocato perché ciò significherebbe accettare le regole sociali occidentali. Di nuovo, questi indicatori non necessariamente significano che si tratta di un individuo radicalizzato. Un comportamento ostentato di tale tipo può anche essere compreso come un tentativo di provocazione o come una dimostrazione di dissociazione.
Per contro, la rottura visibile di contatti esterni con i membri della famiglia costituisce un indicatore pertinente. Se il detenuto inizia a chiedere visite particolari come per esempio di insegnanti di religione, di guide spirituali o di altri individui estremisti al posto dei membri della famiglia, ciò può essere un segno di radicalizzazione.

Centri di interessi/Consumo dei media
I cambi di interesse e di consumo mediatico devono essere considerati come indicatori importanti dei primi stadi della radicalizzazione. Il consumo o l’utilizzo di certi libri (per es. sulla fabbricazione di bombe, sulla storia e le ideologie radicali), i siti web (se i detenuti hanno accesso a Internet), film, cassette audio, ecc., possono indicare un inizio di radicalizzazione. E’ altrettanto vero se l’interessato si dedica sempre di più allo studio del terrorismo in generale.

Commenti sugli eventi politici
I commenti sugli sviluppi politici giornalieri possono essere considerati come un segnale che suggerisce che una persona sta per essere radicalizzata o è radicalizzata. Come descritto nella definizione del Capitolo 1, il rifiuto dei sistemi democratici e delle loro costituzioni è un aspetto caratteristico dell’estremismo. Ciò può manifestarsi con un rifiuto dei sistemi di valori democratici o “occidentali” e con alcuni commenti o atteggiamenti verso vari settori politici. Spesso i detenuti radicali sono molto aggressivi nel loro rifiuto di interventi occidentali nei paesi musulmani, sottolineando che i Musulmani sono diventati le vittime di una cospirazione zionista ed imperialistica internazionale. L’esistenza dello stato di Israele e la situazione dei Palestinesi sono anche argomenti molto dibattuti e criticati tra gli estremisti. La democrazia come sistema politico, i suoi valori, fondamenti e le costituzioni sono molto criticati; come per le altre religioni. Anche la degradazione morale e la decadenza dell’Occidente devono essere sottolineati.
Come con gli altri indicatori già menzionati, le persone sospettate di radicalizzazione dovrebbero essere osservate attentamente per individuare eventuali cambiamenti. Se, per esempio, i detenuti iniziano a commentare, da un punto di vista estremista, gli eventi politici ed adotta un atteggiamento sempre più aggressivo nei confronti dei sistemi democratici del mondo occidentale, questo è uno dei pochi indicatori potenti di una radicalizzazione imminente.

Comportamento verso le autorità
Il rifiuto della democrazia come sistema politico è spesso associato al rigetto delle persone che rappresentano tale sistema agli occhi dei detenuti – il personale penitenziario, i lavoratori sociali, gli psicologi, gli avvocati. Un comportamento ostile, o aggressivo verso il personale penitenziario, se accompagnato da altri elementi, può essere un indicatore della radicalizzazione; tuttavia, proprio come la decorazione della cella, tale atteggiamento può essere inteso come un’altra forma di provocazione. Il rifiuto dell’autorità dello Stato può esprimersi con la disobbedienza, un comportamento deviante o anche criminale, di confronti intenzionali con il personale penitenziario, o una mancanza quasi totale di reazione alle sanzioni imposte dalle autorità penitenziarie.

Altre forme sospette di comportamento
Ci sono anche altre forme di cambiamenti comportamentali:
I detenuti che non sono in carcere per reati connessi al terrorismo possono qualificarsi detenuti politici, sottolineare tale qualità nei confronti degli altri detenuti e del personale e chiedere di essere trattati di conseguenza. Anche lo sciopero della fame può essere utilizzato per ottenere la soddisfazione di rivendicazioni speciali.

Raccomandazioni / Buone prassi applicate negli Stati membri
Il processo di radicalizzazione nelle strutture detentive non si allinea ad uno schema particolare. Ecco perché non esiste nessuna istruzione universale sul modo di gestire questo fenomeno. Le misure di seguito descritte devono, in ogni caso, essere studiate e messe in atto in funzione della singola situazione. Di norma, di fronte a circostanze spesso diverse, si potrà operare una scelta tra un ventaglio a volte molto ampio di proposte che, prese singolarmente, possono persino sembrare contraddittorie.
I metodi descritti si intendono pertanto come suggerimenti, destinati ad ispirare idee sulla maniera di trattare il problema della radicalizzazione negli istituti penitenziari. Poiché questa raccolta di buone prassi è stata elaborata in collaborazione con diversi Stati membri, ognuna di queste misure non sarà necessariamente realizzabile ovunque o adeguata ad ognuno dei Paesi europei.

Attenzione: queste buone prassi non devono essere percepite come un peso supplementare per il personale penitenziario, ma come raccomandazioni aventi l’obiettivo di aiutarli ad affrontare meglio il fenomeno della radicalizzazione.

Formazione del personale penitenziario

Informazioni Generali:
Il personale penitenziario subisce una pressione non trascurabile, poiché deve fare in modo che le pene detentive siano scontate senza incidenti. La comprensione dell’estremismo violento legato ad un’interpretazione deviata dell’Islam costituisce una sfida supplementare, e coloro che lavorano nelle carceri (polizia penitenziaria, assistenti sociali, operatori del probation, psicologi, ecc.) devono essere formati sul modo migliore per raccogliere tale sfida. Occorre altresì tenere presente che anche il personale penitenziario può essere oggetto di un tentativo di radicalizzazione.

Azione possibile:

Formazione permanente e continua
Per tale motivo, i programmi di formazione dovrebbero comprendere materiale su questo argomento (ad esempio: come scoprire caratteristiche di radicalizzazione, come sostenere le persone vulnerabili). Nell’ambito di futuri cicli di formazione, membri specializzati del personale potrebbero beneficiare di una formazione speciale sulla maniera di gestire questioni legate all’estremismo (ad esempio sul simbolismo e le analisi ragionate). Queste persone potrebbero in seguito svolgere la funzione di formatori o di tutor, ed essere a disposizione dei loro colleghi per aiutarli in qualità di primo interlocutore da contattare. Esse potrebbero inoltre consigliare i direttori degli istituti penitenziari sulla messa in atto di misure di prevenzione (quali le sedute anti-aggressività, il follow-up psicologico, l’assistenza-consiglio), o sull’accesso ai media da concedere eventualmente ai detenuti (letterature, accessi ad Internet).

Sostegno centrale in casi particolari
Si potrebbe prevedere un contatto telefonico permanente per il personale penitenziario, consultabile – anche su base anonima – per ogni questione legata all’islamismo. Questo numero telefonico dovrebbe essere accessibile in ogni momento, animato da personale specializzato ed organizzato ad un livello adeguato in funzione delle disposizioni particolari di ogni Stato membro.

Selezione del personale
A causa della demografia sociale sempre più varia della popolazione penitenziaria, l’amministrazione penitenziaria dovrebbe adottare misure adeguate per tenere conto delle necessità quali le conoscenze linguistiche, religiose o culturali e la diversità all’interno del personale penitenziario. Al momento del reclutamento del personale e della selezione di operatori esterni, si raccomanda agli istituti di prestare attenzione ai segnali di intenzioni estremiste dei candidati, e, all’occorrenza, di procedere a controlli di sicurezza per assicurarsi che essi non cerchino di accedere agli istituti per radicalizzare i detenuti.

Selezione dell’istituto (se si sa che il delinquente ha precedenti islamisti)

 

Informazioni generali:
Un’accurata selezione dell’istituto in cui un condannato con precedenti islamisti sconterà la sua condanna può eventualmente permettere la prevenzione di un’ulteriore radicalizzazione e la messa in atto completa di misure per stroncare il processo. Il dilemma, in questo caso, per ogni paese è decidere se i detenuti islamisti devono essere raggruppati in un numero ristretto di istituti, o se devono essere dispersi in un massimo di istituti.

Azione possibile:

Centralizzare i detenuti islamisti
Se, in certi paesi, si trovano solo pochi detenuti islamisti e, perciò, la questione di una collocazione centralizzata non si pone affatto, in altri Stati i delinquenti islamisti sono raggruppati in un piccolo numero di istituti, se non addirittura in uno solo. Tale centralizzazione permette di concentrare le misure di sicurezza (misure generali di sorveglianza, prevenzione dei tentativi di evasione e separazione dai detenuti non estremisti) solo in un piccolo numero di istituti, e di realizzare un lavoro mirato di formazione e sensibilizzazione del personale che vi lavora.
Inoltre, un accentramento può contrastare i tentativi di detenuti islamici di influenzare i loro compagni di detenzione e di acquisire un sostegno per le loro idee estremiste. La centralizzazione dei detenuti islamici può aver luogo non soltanto in particolari istituti, ma anche all’interno di uno stesso istituto (raggruppandoli in reparti separati).
L’assegnazione centralizzata dei detenuti islamisti si sforza di contribuire in primo luogo alla prevenzione dei rischi. Tuttavia, questo approccio può giungere al risultato contrario se esiste, all’interno della subcultura carceraria, un terreno fertile per l’estremismo, basato su proprie gerarchie e norme, con ruoli assegnati ad ognuno. È difficile per le persone esterne (personale penitenziario, assistenti sociali) penetrare in queste strutture. In tali circostanze, il comportamento dei detenuti può essere controllato dal gruppo e creare problemi di sicurezza. Separando gli islamisti dagli altri detenuti, si impedisce loro ogni possibilità di relazioni sociali con le persone esterne al loro gruppo, rendendo impossibile ogni interazione con un ambiente e con punti di vista non estremisti. Diventa, inoltre, molto difficile strapparli a questo ambiente islamista.

Collocamento decentrato dei detenuti islamisti
Certi Stati hanno ottenuto risultati positivi in seguito al collocamento decentrato dei delinquenti islamisti. L’esperienza ha dimostrato che la ripartizione poteva prevenire la costituzione di gruppi islamisti informali, per il semplice fatto che singoli estremisti isolati o un piccolo numero di estremisti scontano la loro pena in uno stesso carcere. L’esperienza ha dimostrato che le condizioni della vita in carcere e la riduzione massiccia di relazioni esterne potevano incoraggiare alcuni detenuti ad unirsi ad un gruppo informale esistente. Dato che, nel caso di un collocamento decentrato, questi gruppi possono essere uniti da altri denominatori comuni (quali la nazionalità, il luogo di residenza, l’età, i passatempi), gli atteggiamenti islamisti perdono inevitabilmente importanza nella vita quotidiana in carcere, poiché non possono essere messi in pratica nell’ambito della subcultura. Attraverso il contatto con altri detenuti, questi estremisti possono anche acquisire un’esperienza del confronto con altri atteggiamenti. Di conseguenza, potrebbero essere più aperti a misure mirate di uscita dalla radicalizzazione. Il collocamento decentrato di alcuni detenuti islamisti può così contribuire alla loro riabilitazione.

Trasferimento di detenuti islamisti
In certi paesi, i detenuti islamisti sono trasferiti in altri istituti, sia per una ragione specifica, sia nell’ambito di una procedura regolare (principio di rotazione). Si intende così stroncare la loro influenza a lungo termine su altri detenuti. Tuttavia, anche ciò può promuovere la diffusione delle loro idee estremiste.
Il contatto tra i detenuti islamisti e le loro famiglie moderate diventa più difficile, se queste possono svolgere colloqui solo raramente, oppure non possono svolgerne affatto. Per tutta la durata della reclusione, i familiari rappresentano spesso i soli contatti dei detenuti col mondo esterno e possono avere su essi un effetto moderatore. In tali circostanze, questo contatto deve essere incoraggiato quanto più possibile.
Un altro metodo di prevenire la radicalizzazione islamista consiste, nonostante il suo costo elevato, ad assicurare la rotazione non soltanto dei protagonisti (radicalizzatori), ma anche dei loro discepoli (coloro che sono stati radicalizzati).

La pratica della religione in istituto

Informazioni generali:
In Europa, la libertà di culto è un diritto fondamentale. I detenuti devono poter avere accesso all’assistenza religiosa di un consigliere religioso della loro confessione. Inoltre, è opportuno aiutarli ad entrare in contatto con lui. I detenuti musulmani devono quindi essere autorizzati a ricevere la visita di un imam ed a partecipare alla preghiera del venerdì. Tuttavia, occorre fare attenzione che la preghiera non sia guidata da un adepto delle idee estremiste.
In molti casi, l’insegnamento dei valori religiosi da parte di imam qualificati ha un effetto di risocializzazione che sostiene i detenuti nello sviluppo della loro personalità. Una personalità più forte è meglio in grado di resistere alla pressione degli estremisti violenti. A tal riguardo, l’insegnamento religioso e la pratica della religione possono essere anch’essi considerati come misure appropriate di lotta contro la radicalizzazione. La conversione di detenuti all’Islam non deve essere necessariamente interpretata come una deriva verso l’estremismo. La stabilità che la conversione religiosa porta può, al contrario, aiutarli a prendere le distanze dalle tendenze alla radicalizzazione ed alla polarizzazione.

Azione possibile:

Evitare le tendenze islamiste
L’islamismo è frequentemente considerato non solo come una forma estremista di pratica religiosa, ma anche come un movimento in favore delle persone socialmente svantaggiate. Al fine di superare questa percezione in ambito penitenziario, l’Islam deve essere trattato allo stesso modo delle altre religioni. Occorre dunque prevedere sale di preghiera e tener conto dei bisogni speciali dei musulmani in termini di regime alimentare, ad esempio, per evitare ogni discriminazione. Una tale parità di trattamento evita che gli interessati si sentano umiliati, e non lascia presa alle tendenze islamiste.

Selezione degli Imam
È possibile ottenere un elenco degli imam presso alcune ONG, presso le comunità musulmane nazionali o presso le federazioni o i rappresentanti di queste – se esistono. Si possono fare controlli di sicurezza su queste liste, in collaborazione con i servizi di polizia e di informazione, al fine di scoprire eventuali precedenti penali o estremisti. I risultati di tali verifiche possono essere messi a disposizione degli istituti penitenziari, sotto forma di un elenco o di uno schedario centrale.
La cooperazione con le comunità musulmane o con i loro rappresentanti locali permette di assicurarsi che gli imam siano accettati dai detenuti. Così si evita che abbiano l’impressione che il loro consigliere religioso sia stato nominato dallo Stato.

Formazione degli Imam
Prima di essere impiegati nelle carceri, gli imam dovrebbero essere preparati a gestire situazioni nelle quali saranno chiamati a discutere teorie islamiste.

Assistenza religiosa
Per quanto possibile, l’assistenza religiosa deve essere prestata nella lingua del paese di detenzione, al fine di facilitare l’individuazione di teorie estremiste.

Prospettive
È opportuno organizzare, sulla base del volontariato, contatti tra le autorità penitenziarie e gli imam, allo scopo di scambiare informazioni sul sostegno da offrire ai detenuti musulmani, e di conoscere i loro bisogni specifici, al fine di rispondervi preventivamente.

Visite

Informazioni generali:
In linea di principio, ogni detenuto ha il diritto di ricevere visite. Il contatto col mondo esterno riveste particolare importanza in termini di reinserimento sociale. Tuttavia, è opportuno evitare che i visitatori abbiano un’influenza radicalizzatrice sul detenuto, o che gli forniscano supporti suscettibili di accrescere il rischio di radicalizzazione.

Azione possibile:

Controllo dei visitatori
I visitatori devono essere perquisiti prima di avvicinarsi al detenuto. Questa perquisizione può essere effettuata tramite un metal-detector o con una perquisizione personale. In taluni paesi, si usano unità cinofile per rintracciare sostanze proibite.

Registrazione e controllo dei visitatori
I visitatori devono essere designati nominativamente in anticipo dal detenuto. Ciò permette di svolgere controlli preventivi. In cooperazione con la giustizia, la polizia ed i servizi di informazione, è possibile verificare le condanne passate, le azioni giudiziarie in corso o l’attività islamista del visitatore. Inoltre, i visitatori possono essere interrogati dalle autorità nazionali. Infine, il visitatore deve dimostrare la sua identità conformemente alle informazioni fornite.

Rifiuto di autorizzare una visita
Se la sicurezza dell’istituto o del detenuto sembra compromessa, è possibile rifiutare un visitatore, oppure abbreviare i tempi della visita.

Lista di visitatori indesiderabili
Occorre porre un’attenzione particolare ai visitatori, ed il controllo di essi può essere un buon mezzo per identificare eventuali estremisti. Se alcuni sembrano sospetti, o se hanno precedenti estremisti o terroristi, è opportuno inserirli in una lista gestita in maniera centralizzata. È opportuno, in particolare, registrare i visitatori appartenenti ad un gruppo islamista o terrorista, o che si sono fatti notare per attività o espressioni estremiste o terroriste. Questa lista, messa a disposizione di tutti gli istituti penitenziari, dovrà essere tenuta aggiornata, e ciò eviterà i doppioni o i controlli multipli da parte di persone diverse.

Sorveglianza dei colloqui
Se un visitatore sembra sospetto, ma non è possibile rifiutare il colloquio, l’incontro può essere sorvegliato. Si può specificare, in questo caso, che il colloquio deve avvenire in una lingua che il sorvegliante comprende. D’altra parte, occorre tenere conto del fatto che l’imposizione della lingua nazionale sarà considerata come una forma di discriminazione e può quindi contribuire a favorire la radicalizzazione. Come alternativa, può essere usato personale che ha adeguate conoscenze linguistiche.

Giorni di visita
Al fine di semplificare le misure di controllo, i giorni di visita possono essere stabiliti in anticipo, per prevedere un numero di effettivi sufficienti per tale occasione.

Accesso dei detenuti ai media

 

Letteratura e mezzi di comunicazione digitali

 

Informazioni generali
I detenuti dispongono, fra l’altro, di libri, riviste e giornali per il loro svago, la loro formazione ed i loro bisogni religiosi. Questi mezzi di comunicazione, ed altri, possono anche essere forniti loro da terzi (editori, visitatori, ecc.). è importante, in questo contesto, che questi supporti non siano usati a scopi di radicalizzazione. Si raccomanda di procedere ad un’ispezione di questi mezzi di comunicazione già disponibili, ad esempio nelle biblioteche, e dei nuovi materiali acquisiti dai detenuti.

Azione possibile:

Lista bianca
Se i supporti sono dotati di un codice di identificazione (come il codice ISBN – International Standard Book Number – per i libri, composta da 13 cifre che permettono la loro identificazione formale in tutto il mondo), si può creare un catalogo centrale del materiale che può essere messo senza pericolo a disposizione dei detenuti.

Lista nera
Al contrario della lista bianca, la lista nera conterrà i mezzi di comunicazione ai quali i detenuti non devono accedere.

Ispezione
Per scoprire i contenuti estremisti o terroristi, un’opzione consiste nel nominare dei punti di contatto per gli istituti penitenziari. Punti di contatto qualificati potrebbero essere, in particolare, i servizi di informazione, i servizi di polizia incaricati della sicurezza nazionale, o imam moderati degni di fiducia.

Accesso ad Internet

 

Informazioni generali:
In alcuni paesi, i detenuti hanno accesso anche ad Internet.
Internet è una fonte significativa di informazioni, in particolare per la formazione continua, poiché può essere un complemento per i supporti esistenti della formazione. Esso alleggerisce così il peso che grava sul personale penitenziario, incoraggiando al contempo lo spirito di indipendenza dei detenuti, dando loro l’opportunità di svolgere da soli le loro ricerche. Tuttavia, allo stesso tempo, Internet può anche essere un supporto per la pubblicazione di messaggi che incitano all’estremismo e trasformarsi così in strumento di radicalizzazione.

Azione possibile:

Rifiuto dell’accesso
I detenuti non hanno accesso ad Internet, e non possono quindi consultare i contenuti indesiderabili.

Sorveglianza
L’accesso ad Internet è completamente seguito e sorvegliato. Tale controllo permette di sapere quali sono i siti visitati ed il contenuto di essi. Un’informazione chiara sul controllo dell’accesso ad Internet permette di dissuadere i detenuti dal consultare siti con contenuto terrorista o estremista per il fatto che essi sanno di essere sotto sorveglianza permanente.
In questo caso, non è indispensabile stabilire o mantenere filtri speciali. Tuttavia, una sorveglianza di questo tipo è costosa e non è possibile se non a posteriori.
I siti problematici possono inoltre sembrare inoffensivi a prima vista. Inoltre, la conoscenza di lingue straniere è necessaria per la valutazione del rischio potenziale.

Lista bianca
Solo determinati siti Internet sono autorizzati. Oltre quelli il cui contenuto è generalmente accettabile (ad esempio i portali di attualità), gli utenti possono avere accesso a siti specifici, in particolare nell’ambito della loro formazione, dopo avere composto una password. Se il detenuto sollecita l’accesso ad un altro sito, deve farne richiesta fornendo l’URL (Uniform Resource Locator; indirizzo che permette di identificare chiaramente ogni contenuto su Internet, ad esempio: www.google.it). Previa verifica, si può concedere un’autorizzazione di consultazione. Tale procedura permette di assicurarsi che, pur avendo accesso alle informazioni di cui hanno bisogno, i detenuti possano accedere solo ai siti Internet moderati. Questo metodo comporta tuttavia un carico di lavoro per l’Amministrazione.

Lista nera
I siti Internet indesiderabili sono bloccati.
L’accesso ad Internet non è controllato. Solo alcuni siti sono resi inaccessibili. Il problema che si pone in questo caso è che, a causa del loro gran numero e della velocità alla quale si sviluppano, è impossibile individuare e bloccare in tempo utile tutti i siti estremisti e terroristi. Inoltre, è spesso difficile valutare il rischio potenziale, in particolare per i siti in lingua straniera.

Accesso dei detenuti al telefono

Informazioni generali:
Così come le visite, le telefonate possono essere usate per influenzare i detenuti. Per evitare la radicalizzazione, anche in questo caso una sorveglianza può costituire una misura di prevenzione.

Azione possibile:

Registrazione dei dati telefonici
Tutti i dati di connessione (ad esempio numero di telefono, persona contattata, durata delle chiamate) delle comunicazioni in ingresso o in uscita potrebbero essere registrati.

Registrazione ed ispezione dei corrispondenti
L’identità delle persone che chiamano il detenuto potrebbe essere registrata preventivamente e controllata, così come per i visitatori (cfr. 4.4.)

Rifiuto di chiamate
Così come è stato descritto per le visite (cfr. 4.4.), è possibile rifiutare telefonate o di limitarne la durata.

Sala telefoni
Per facilitare le misure di sorveglianza, si può mettere a disposizione una sala centrale per tutte le telefonate.

Sorveglianza sul contenuto
Le telefonate di persone sospette possono essere controllate dal personale penitenziario. Come nel caso precedentemente citato (cfr. 4.4.), occorrono allora dei sorveglianti che abbiano le conoscenze linguistiche necessarie, o, in mancanza di questi, dovrà essere usata una lingua che il sorvegliante comprende.

Proibizione dei telefoni cellulari
La proibizione di usare telefoni cellulari negli istituti penitenziari può evitare le comunicazioni o il trasferimento di dati non controllati. Si può usare un IMSI (International Mobile Subscriber Identity – intercettore del numero di identificazione internazionale unico), che simula una cella di telefonia mobile, per impedire ai detenuti di usare telefoni cellulari introdotti clandestinamente. I telefoni cellulari registrati da questa cella possono essere identificati per mezzo del numero di apparecchio, e ciò permette allora l’ascolto delle comunicazioni. L’annuncio che è attivo un tale dispositivo può, da solo, avere un sufficiente effetto di dissuasione.

Scambio di informazioni tra gli istituti penitenziari ed i servizi di sicurezza

Informazioni generali:
Accade che i detenuti islamisti sfuggano all’attenzione dei servizi di sicurezza durante il periodo della loro detenzione – una delle ragioni di ciò è che in certi paesi, il Ministero della Giustizia è responsabile delle carceri, mentre i servizi di sicurezza dipendono dal Ministero dell’Interno. D’altra parte, in linea generale, gli estremisti violenti non costituiscono un pericolo per la sicurezza pubblica fintantoché sono in carcere, e ciò permette – in una certa maniera – di concentrare le risorse disponibili su altri casi.

Azione possibile:

Scambio di informazioni tra gli istituti penitenziari ed i servizi di sicurezza
Negli stati membri in cui le attività dei servizi di sicurezza non si iscrivono nell’ambito di responsabilità delle autorità giudiziarie, e in cui una stretta collaborazione non è quindi garantita necessariamente, si raccomanda di adottare misure per assicurare una comunicazione permanente tra questi servizi e gli istituti penitenziari. A tal fine, si possono creare forum o piattaforme che riuniscono rappresentanti dei servizi di informazione, della polizia e degli istituti penitenziari, che permettano uno scambio regolare di informazioni sui detenuti estremisti, avendo cura del rispetto della tutela dei dati.
Di norma, i servizi di sicurezza dovrebbero informare gli istituti penitenziari di tendenze radicali di delinquenti appena condannati, in particolare se queste ultime non erano oggetto dell’azione penale. Prima dell’arrivo di un estremista violento nel carcere, si raccomanda di fornire al personale penitenziario informazioni complete sulla sua persona ed i rischi che questi rappresenta. In maniera generale, i fascicoli dei detenuti dovrebbero anche contenere informazioni su eventuali indici di tendenze islamiste, ed anche una valutazione del loro potenziale in materia di radicalizzazione e di reclutamento. In alcuni casi particolari, i servizi di sicurezza dovrebbero anche sensibilizzare direttamente il personale penitenziario.

Personale con formazione specializzata negli istituti penitenziari
Si può anche istituire, negli istituti penitenziari, una rete di persone con formazione specializzata. Il loro ruolo consiste nel rilevare i segnali di radicalizzazione ad uno stadio precoce, e nel trasmettere conseguentemente le informazioni. Allo stesso tempo, esse sono a disposizione di ogni altra persona che lavora nell’istituto penitenziario per ogni domanda riguardante l’islamismo. Tuttavia, se si crea una rete di questo genere, occorre determinare in quale misura queste persone sono autorizzate a raccogliere le informazioni richieste ed a trasmetterle direttamente ai servizi di informazione o alla polizia, ad esempio usando un numero di telefono centrale.

Personale dei servizi di sicurezza negli istituti penitenziari
Per non sovraccaricare il personale penitenziario, i servizi di informazione o di polizia possono mettere agenti propri negli istituti. Questi cercano in permanenza di rilevare i segnali di radicalizzazione o di agitazione, e consigliano la direzione dell’istituto in materia di prevenzione e di lotta contro tali fenomeni. Essi svolgono, nello stesso tempo, anche la funzione di interfaccia tra il carcere ed il loro servizio di origine. Per gli altri membri del personale, così come per i detenuti, essi sono riconoscibili come rappresentanti dei servizi di sicurezza, e si tengono a disposizione per colloqui riservati.

Ricorso ai confidenti negli istituti penitenziari
Il ricorso alle fonti umane negli istituti penitenziari può essere di aiuto per raccogliere informazioni questo genere di procedura permette di ottenere informazioni sul posto ed alla fonte. Tuttavia, in certi paesi, questa procedura è proibita dalla legge.

Possono insorgere problemi anche nella pratica. L’inserimento di un detenuto in strutture subculturali può avere un impatto sfavorevole sulla sua affidabilità ed influire sul valore dell’informazione fornita. Di fatto, in carcere egli dipende dalla sicurezza che può dargli soltanto il gruppo di cui fa parte. Ora, proprio su quello gli sarà in genere chiesto di fornire informazioni. Inoltre, è inevitabile che il personale penitenziario sia coinvolto nella procedura. Non vi sono garanzie che l’attività di confidente del detenuto non finirà per essere rivelata. I colloqui regolari che ciò comporta possono far nascere sospetti tra gli altri detenuti, e la sicurezza dell’informatore sarà a quel punto compromessa.

Creazione di un ufficio informazioni all’interno dell’Amministrazione penitenziaria
Si può prevedere di creare, all’interno dell’Amministrazione penitenziaria, un ufficio informazioni che condivida le proprie informazioni con i punti di contatto stabiliti in ogni istituto. L’ufficio informazioni svolgerebbe anche la funzione di interfaccia con i servizi di sicurezza. In tale contesto, i direttori di istituto sarebbero incaricati di effettuare un’indagine statistica degli eventi critici legati alla radicalizzazione, e di presentare un rapporto corrispondente alle loro autorità. Tali statistiche locali potrebbero servire da base ad analisi ulteriori. Potrebbero allora essere messi in atto dei protocolli di reazione dell’amministrazione, in funzione degli eventi constatati (cfr. allegato 6.3).

Preparazione all’uscita dal carcere

 

Informazioni generali:
L’obiettivo principale di una condanna alla reclusione è evitare la recidiva ed assicurare il reinserimento sociale del detenuto. Perciò, è necessario preparare i detenuti islamisti al periodo successivo alla loro uscita. A tal proposito, la durata della detenzione offre un’opportunità di vederli redimersi e seguire un’evoluzione positiva per l’avvenire.

Azione possibile:

Programma di uscita dalla radicalizzazione: rientro nella società
I programmi di uscita dalla radicalizzazione preparano i detenuti alla scarcerazione, su base individuale. Essi comprendono misure interne ed esterne: attività di formazione che mirano a promuovere la tolleranza verso altre culture e religioni ed a far comprendere i principi dello Stato democratico; un lavoro sociale per mettere i detenuti in grado di raccogliere certe sfide sociali, ad esempio vivere una vita autonoma; e misure di terapia comportamentale, quali sessioni anti-aggressività, che mirano a prevenire l’uso futuro della violenza. Mettendo tali misure in relazione tra loro, si può mettere fine alla radicalizzazione violenta e sviluppare la personalità del detenuto in una direzione favorevole.

Preparazione dell’ambiente sociale di accoglienza
Inoltre, è importante preparare l’ambiente sociale che accoglierà il detenuto nel periodo successivo alla sua liberazione. Questo processo comprende, ad esempio, la ricerca di un luogo di residenza adeguato, al di fuori della sfera d’influenza della propaganda islamista, l’aiuto alla ricerca di un impiego o di un corso di formazione, e la designazione di un assistente sociale.
Nella maggior parte dei casi, la preparazione di questo ambiente sociale non può essere assicurata dall’istituto penitenziario stesso. Ecco perché è necessario un intervento esterno precoce. Al fine di abbassare la soglia di stress psicologico dovuto all’uscita dal carcere (avvenire incerto), i detenuti dovrebbero fare la conoscenza di questi assistenti esterni prima della loro scarcerazione (nell’ambito di uscite autorizzate ad esempio dei permessi, semilibertà con lavoro all’esterno) e definire i loro progetti di avvenire congiuntamente ad essi.

Preparazione dell’ambiente religioso di accoglienza
Per i detenuti islamisti, è opportuno trovare un ambiente religioso di accoglienza che non tolleri la diffusione di teorie estremiste e che possa portare aiuto e consiglio in materia religiosa. Così come per gli aiuti esterni, il contatto con un rappresentante dell’ambiente di accoglienza dovrebbe essere stabilito gia durante la detenzione. L’imam che lavora nell’istituto può facilitare questo processo o svolgere un ruolo di intermediario.
Se le opinioni islamiste del detenuto non sono cambiate durante la sua permanenza in carcere, è opportuno informare il futuro ambiente del detenuto della sua prossima uscita, e segnalare ad esso il pericolo potenziale che quegli rappresenta. Ciò può essere fatto dai servizi di polizia locale.

Istruzione dei detenuti
L’istruzione in carcere può portare a cambiamenti significativi e durevoli dell’ideologia e dell’orientamento estremista di un detenuto. Se non si dà agli individui la sensazione di essere parte della società, se non li si incoraggia ad essere cittadini attivi, ed a sapere al contempo esercitare i loro diritti e assumersi le responsabilità, essi rifiuteranno la società ed i suoi valori. L’istruzione in ambito carcerario può contrastare questo rischio in due maniere: innanzitutto, le scuole delle carceri possono essere esempi viventi di democrazia; in secondo luogo, è possibile, in questo contesto, insegnare e praticare le conoscenze e gli atteggiamenti necessari ad un’attitudine civile.

Misure dopo la scarcerazione

 

Informazioni generali:
Parallelamente alla gioia che questa crea, la liberazione può scatenare anche una seria crisi nel detenuto: dopo la routine strettamente regolamentata dell’istituto penitenziario, egli deve ora assumersi la responsabilità della sua vita quotidiana. Possono allora accrescersi alcune tendenze alla radicalizzazione già esistenti, se la situazione è sfruttata da militanti radicali che integrano il detenuto scarcerato nella loro rete e lo mettono in situazione di dipendenza offrendogli aiuto. Tale rischio è particolarmente elevato se queste reti hanno già potuto, durante la detenzione, stabilire rapporti di fiducia e fargli offerte che ispirano fiducia per il periodo di transizione. Vi è anche un rischio che detenuti liberati non radicalizzati si rivolgano alla radicalizzazione, se falliscono i loro tentativi di integrarsi nella vita normale. D’altra parte, detenuti radicalizzati non seguiranno necessariamente la via radicale una volta usciti dal carcere. Ciò si applica innanzitutto ai detenuti la cui radicalizzazione era motivata da un bisogno di protezione durante la reclusione.

Azione possibile:

Osservazione dei detenuti a rischio prima della scarcerazione
Come prima misura di prevenzione, i detenuti a rischio devono essere oggetto di un’osservazione quanto più completa e professionale possibile, prima della loro scarcerazione. Tale osservazione dovrà comprendere tutte le informazioni disponibili. Il personale penitenziario, che possiede i dati più completi e dettagliati, solleciterà un punto di contatto al quale trasmettere queste informazioni. Gli psicologi ed educatori del carcere possono osservare l’evoluzione dei detenuti. Ai visitatori, in particolare ai familiari, possono essere chieste le loro impressioni. Infine, il detenuto stesso può essere coinvolto nella procedura, chiedendogli di descrivere i suoi progetti dopo la scarcerazione. Analisi così ampie sono necessarie per tutti i detenuti che manifestano già tendenze alla radicalizzazione in carcere, o che sono in contatto particolarmente stretto con delinquenti radicalizzati.

Gestione della transizione
Le misure di gestione della transizione dovrebbero cominciare molto presto durante la detenzione, in maniera tale da garantire una continuità durante il periodo di crisi post-scarcerazione. È importante non solo che le misure stesse siano durature e affidabili, ma soprattutto che i rapporti umani, inerenti a tali misure, siano stabili. È altresì essenziale che il personale penitenziario cooperi alla messa in atto delle misure di gestione della transizione. Le qualifiche richieste al personale devono essere sviluppate e favorite sistematicamente nell’ambito di programmi di formazione permanente e continua.

Rete di assistenza professionale dopo la liberazione
L’ideale sarebbe la costituzione di una rete professionale di assistenza sociale – destinata all’insieme dei detenuti e non solo agli individui radicalizzati – per il periodo precedente e successivo alla scarcerazione. Nei casi in cui una tale rete esista già, le persone coinvolte devono essere sensibilizzate alle questioni particolari riguardanti la radicalizzazione. La rete non deve servire solo da mezzo di prevenzione della radicalizzazione, ma deve essere professionalmente preparata a tale fenomeno, che rappresenta un rischio potenziale.
In alternativa, anche delle misure di probation possono costituire uno strumento appropriato per un tale follow-up generale.
Tuttavia, rimane un problema: la probation, pronunciata da tribunali come parte della sentenza, è considerata dai condannati come facente parte integrante del sistema repressivo. Ciò non lascia nessuno spazio ad una collaborazione volontaria e costruttiva. Tale opzione esclude, d’altronde, i detenuti che non sono oggetto di liberazione condizionale.

Ufficio centrale di coordinamento
Si raccomanda di istituire, in ogni istituto penitenziario, un ufficio centrale di coordinamento, che raggruppi le informazioni pertinenti sui detenuti in uscita, le misure di gestione della transizione ed i contatti con una rete professionale di assistenza dopo la scarcerazione.

Prospettive – Uscire dalla radicalizzazione
Attenzione: in materia di prevenzione, occorre porre un’attenzione particolare agli schemi di separazione e di rifiuto espressi o messi in atto da individui radicalizzati nei confronti della società, anche se queste persone non sostengono (ancora) il ricorso alla violenza.
Una politica globale di prevenzione della lotta contro la radicalizzazione si definisce come un progetto a medio e lungo termine. Tuttavia, è necessario intraprendere azioni da subito e già ora appare vitale trovare dei mezzi che permettano agli individui di uscire dalla radicalizzazione.
L’uscita dalla radicalizzazione consiste nell’impedire ad un individuo di reiterare un’azione violenta o di sostenerne il principio. Le misure destinate a far uscire un individuo dalla radicalizzazione hanno lo scopo di fargli riconoscere che la “violenza” non è mai giustificata.
Queste misure di uscita dalla radicalizzazione possono applicarsi ad ogni individuo radicalizzato (che sia violento, terrorista o altro).
Non è mai troppo tardi per interrompere o invertire un processo di radicalizzazione. A tale scopo, appare necessario seguire un approccio olistico e pluridisciplinare.
In certi paesi, la lotta contro la radicalizzazione consiste nel combattere le derive verso le ideologie pericolose, che strumentalizzano le religioni e sono suscettibili di generare azioni terroristiche contro i governi locali: messaggi moderati dell’Islam sono portati da personalità religiose; si instaura un dialogo preventivo con i soggetti a rischio; le persone radicalizzate sono accompagnate individualmente al momento della scarcerazione.
In Europa, un “discorso di uscita dalla radicalizzazione” potrebbe essere tenuto dalle autorità governative, in collaborazione con rappresentanti delle principali correnti dell’Islam moderato. Questi potrebbero contrastare le argomentazioni religiose evocate dai radicali – e ciò con lo scopo di far comprendere agli adepti, se non addirittura ai terroristi reclutati sul territorio nazionale (c.d. “homegrown terrorists”), l’utilizzo sviato dell’Islam da parte degli islamisti ed il processo di indottrinamento sviluppato sulla base del loro discorso riduttivo e della loro presentazione monolitica degli eventi.
Oltre alla formazione adeguata dei gruppi professionali suddetti, che possono avere a che fare con il fenomeno della radicalizzazione, potrebbero essere applicate anche altre misure già messe in atto da alcuni stati membri. È così anche per la creazione dei Poli Regionali, incaricati di sorvegliare e di smantellare i nuclei di radicalizzazione violenta. Raggruppando le competenze e le prerogative degli esperti di varia provenienza, questi poli regionali, a partire da misure di prevenzione che rientrano nell’ambito amministrativo, ottimizzano le loro capacità al fine di una migliore efficacia nella rilevazione e nella neutralizzazione di sacche di radicalizzazione emergenti.
Come ogni detenuto ordinario, le persone condannate per fatti di terrorismo hanno diritto ad un programma di trattamento da parte delle autorità dello Stato. La definizione di un programma specifico di reinserimento sociale ed economico per gli individui radicalizzati ed i terroristi potrebbe essere utilmente prevista, soprattutto se si considera che il tasso di recidiva in materia di terrorismo è elevato. L’investimento in favore della prevenzione, al fine di ridurre la minaccia terrorista in Europa, fa parte di una strategia a medio e lungo termine di politiche globali di prevenzione e di lotta contro le radici della radicalizzazione. In tale contesto, le strategie nazionali esistenti, ed anche la strategia europea ed il piano d’azione europeo di lotta contro la radicalizzazione ed il reclutamento, offrono una vasta gamma di misure preventive, dimostrando che il compito di far uscire gli individui dalla radicalizzazione resta un compito pluridisciplinare che coinvolge un ampio ventaglio di esperti.

La lotta contro la radicalizzazione deve cominciare fin dall’apparizione dei primi segnali di essa. Dato che i detenuti radicalizzati erano già forse già radicali o estremisti prima della loro incarcerazione, la sorveglianza precoce del processo di radicalizzazione suppone un investimento più esteso da parte degli Stati membri.

giugno 2009


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