Molestie e bullismo sul lavoro (2012)

Notizie e suggestioni liberamente ispirate ai risultati delle ricerche italiane e del britannico Chartered Institute of Personnel Development

a cura di Pasquale Napolitano
 

Un antidoto al mobbing?

Ne sveliamo subito la formula: “mantenimento del benessere organizzativo attraverso il raggiungimento del livello d’auto-sviluppo della formazione”.
La giusta reazione che consente di dar luogo a questo composto miracoloso si ottiene in presenza di un terzo elemento che si chiama etica, un elemento antico quanto l’uomo di cui purtroppo oggi troviamo una scarsa disponibilità, ma non in natura.
Tuttavia due agenti patogeni dell’ambiente di lavoro – molestie e bullismi – contrastano l’incontro dei tre elementi e sono proprio i fattori che le ricerche di settore ci indicano in aumento, soprattutto nel pubblico impiego.
La loro azione distrugge, fino all’esaurimento, il primo elemento della nostra formula: il benessere organizzativo.
Il secondo elemento che ci occorre afferisce purtroppo a un livello abbastanza alto dell’impegno formativo: presuppone processi d’autovalutazione e una precisa volontà di sviluppo relazionale dell’individuo nell’organizzazione, nell’indirizzo preciso dell’incontro col terzo elemento.
Il terzo è davvero in natura il più nobile degli elementi.
Nella speranza che i tre elementi si possano sempre più facilmente in futuro ritrovare nell’organizzazione della P.A. procediamo di seguito a meglio identificare i due agenti parassitari che possono nell’immediato, con la loro azione di contrasto, ostacolare il combinarsi naturale delle tre sostanze, il loro incontro imprescindibile.
 

Come far fronte a molestie e bullismi sul lavoro

Chi potrebbe mai sospettare che all’interno dei nostri contesti lavorativi possa oggi risultare potenzialmente più alto il rischio di subire comportamenti indesiderati da parte dei nostri colleghi?
Spesso si tratta di commenti sgradevoli, pettegolezzi, ma anche di veri e propri attacchi indirizzati al “modo di fare” di una persona o a fattori quali età, abbigliamento, aspetto.
Assistiamo insomma a situazioni relazionali a dir poco imbarazzanti. Insinuazioni, forme d’aggressività buttate là quasi per caso, tuttavia a ben guardare organizzate e capillari nel loro procedere, tese a screditare quanto di noi in qualche modo accreditiamo come protetto, consolidato, accettato o condiviso dagli altri.
Gli effetti possono essere sconvolgenti anche per chi si trova a dover semplicemente assistere a tali episodi, ma per chi si trova a essere sottoposto a tutto questo le conseguenze sono a dir poco esplosive, dirompenti nella sfera psicologica e sociale individuale.
Le persone che hanno subito o anche solo ravvisato esperienze di mobbing sul posto di lavoro hanno maggiori probabilità di essere depresse e ansiose, sono meno soddisfatte del proprio lavoro, manifestano o celano una bassa opinione dei loro dirigenti e nutrono intenzioni di voler lasciare la loro organizzazione.

È davvero insopportabile dover assistere sul lavoro a comportamenti che possono avere l'effetto di violare la nostra dignità o la dignità di un’altra persona, di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo per noi come per qualcun altro.
Sorprende dunque che la frequenza di questi comportamenti è oggi in aumento soprattutto nel pubblico impiego. Indagini condotte in Italia ci informano che il rischio di incorrere in minacce di violenza o nella violenza stessa, come nel mobbing vero e proprio, sarebbe in genere più alto proprio nella pubblica amministrazione, con particolare riferimento a quei settori che erogano servizi di pubblica utilità, quali forze armate, sicurezza, sanità.

Quale ente preposto alla cura dei diversi management professionali dell’Amministrazione Penitenziaria risulta fondamentale per il nostro Istituto Superiore procedere, nell’impegno costante d’identificazione dei bisogni formativi, ad un attento e dettagliato monitoraggio dei dati su queste problematiche socio-lavorative che possono coinvolgere anche la nostra organizzazione.
In una visione legislativa davvero avveniristica della P.A. l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari vede incardinato il suo mandato normativo nei più delicati processi d’amministrazione del personale. 
Possiamo certamente affermare che la violenza sul lavoro rappresenta un aspetto particolarmente preoccupante per la salute e la sicurezza, ma il dato che qui vogliamo analizzare e in futuro adeguatamente monitorare attraverso programmi di formazione-ricerca-intervento è anche un rilevante tema etico, ancor più ragguardevole se analizzato all’interno di un servizio istituzionale quale quello erogato dall’Amministrazione Penitenziaria.

Assumiamo allora il bullismo come un insieme d’azioni caratterizzate come offensive, intimidatorie, come comportamenti dannosi, che spesso si traducono in abusi o sviamenti del potere, attraverso mezzi e strategie destinati a minare, umiliare, denigrare o danneggiare il destinatario.
Molestie e bullismi possono essere perpetrati contro una o più persone e comportano sempre un abuso o un uso improprio del potere.
L’abuso può comportare incidenti singoli o ripetuti, che vanno da forme estreme di comportamento intimidatorio, come la violenza fisica, a forme più sottili, come ignorare qualcuno ad esempio.
Spesso tutto può avvenire senza testimoni.
Le caratteristiche forme di queste molestie includono atteggiamenti che proviamo qui di seguito a sintetizzare, ma l’elenco potrebbe risultare quasi interminabile.
I “sintomi” che prevalentemente caratterizzano l’avvicinarsi o la sussistenza dello stato patologico sono cosi configurabili:

  • indesiderato contatto fisico
  • commenti sgradevoli su una persona in riferimento a fattori quali età, vestiti, aspetto, razza, stato civile…
  • scherzi “pesanti”, spesso con danneggiamenti a beni personali
  • linguaggio offensivo, pettegolezzi, calunnie
  • canzonature, spesso settarie
  • lettere (anonime)
  • poster, graffiti, fogli denigratori
  • gesti osceni, allegorici
  • simboli, emblemi, vessilli offensivi, caricature
  • isolamento o non-cooperazione
  • esclusione dalle attività sociali
  • coercizione per favori sessuali
  • pressione a partecipare a gruppi politici / religiosi
  • intrusione personale, persecuzioni, spionaggio e stalking
  • mancata tutela delle informazioni riservate
  • grida e urla
  • scadenze impossibili, appuntamenti “estromettenti”
  • persistenti, ingiustificate critiche
  • insulti personali
  • … una serie molto ampia di comportamenti discriminatori, avversi a una miriade di principi e norme giuridiche che, pur di diversa fonte, riguardano molto da vicino leggi e norme in materia di lavoro e il contratto di lavoro.

È pertanto prevalentemente tirata in ballo la responsabilità del dirigente: nella violazione dell’obbligo implicito che un dirigente ha di fornire un ragionevole sostegno per assicurare a ogni dipendente di poter svolgere il proprio lavoro senza molestie e interruzioni da parte dei compagni di lavoro, nell’obbligo di prendersi cura della sicurezza dei lavoratori, nella responsabilità di non aver contrastato in tempo pericolose distorsioni, di aver in qualche modo contribuito a edificare le prove per un ingiusto licenziamento e altro ancora.

Un primo, fondamentale dovere del dirigente è comunicare con forza, in tutte le occasioni e in tutti i modi possibili, l'impegno dell'organizzazione nella salvaguardia della dignità e del rispetto delle persone sul luogo di lavoro.
Una prima fondamentale responsabilità ad esempio può essere non averlo mai affermato abbastanza, non averlo fatto a tutela e salvaguardia perché di solito si da per scontato!
Nel pubblico impiego, come nel lavoro in genere, sono proprio i manager che possono facilmente, indirettamente rendersi responsabili di supportare un ambiente di lavoro ostile al lavoratore.
Essi ad esempio hanno una gran parte nel garantire la reale osservanza e messa in pratica delle scelte d’indirizzo proclamate pubblicamente da un’organizzazione, l’osservanza dei principi sottoscritti nei documenti di programmazione concordati con le forze sociali.

Se è vero che tutte le altre persone coinvolte in azioni di bullying o di mobbing sul posto di lavoro possono essere personalmente responsabili - passibili di risarcimento e pertanto perseguibili nell'ambito del diritto penale e civile - ancor più grande è la responsabilità del dirigente nella mancata affermazione delle scelte etiche di un'organizzazione, nella salvaguardia dei principi etici e dei diritti della persona all’interno della complessa realtà operativa, nella mancata o tardiva sfida di comportamenti inappropriati, nella non immediata assunzione di adeguati provvedimenti se qualcuno non rispetta le indicazioni e le politiche aziendali, nella mancata documentazione di prove che qualcuno viene molestato.
Le responsabilità dei manager e dei dirigenti possono essere estese a tutti gli ambienti in qualche modo connessi al lavoro. Questi possono includere anche eventi sociali organizzati, ad esempio le attività di gruppi di lavoro esterni, di comitati, l’organizzazione di lotterie, di feste, di gruppi d’escursione o di viaggio, l’attività di enti assistenziali e quant’altro sia possibile connettere, sia pur di riflesso, all’ambiente lavorativo.
Il manager può essere ritenuto responsabile per gli eventi che si svolgono in queste occasioni, a meno che non possa dimostrare che ha adottato misure ragionevoli per prevenire lo sviluppo o il perpetrarsi di molestie.

Le ricerche condotte dal Chartered Institute of Personnel Development ci indicano molti altri punti cruciali in termini di analisi di questi fenomeni e d’identificazione delle responsabilità dei manager.
I dirigenti devono essere ad esempio particolarmente consapevoli dei canali di comunicazione interni o esterni che possono essere utilizzati per veicolare azioni di bullismo. Testi dannosi inviati anche tramite cellulari o immagini di colleghi di lavoro pubblicate su siti esterni, ma a seguito di eventi di lavoro, potrebbero essere inclusi negli atti di un processo.
I dirigenti, i manager di un’organizzazione e gli individui che ne sono stati coinvolti possono essere condannati a pagare un risarcimento senza limiti laddove la discriminazione basata su molestie si è verificata, compreso il pagamento di un indennizzo per il danno morale.
Una ben progettata politica d’interventi è fondamentale per affrontare le problematiche connesse alle molestie sul lavoro.
Le scelte politiche di sviluppo di un’organizzazione e tutti i possibili cambiamenti a esse connessi dovrebbero sempre essere concordati con i sindacati e con i rappresentanti dei lavoratori e pertanto essere sottoposte all'attenzione di tutti.
Le attività preventive dovrebbero ampiamente fornire indicazioni ed esempi di ciò che è configurabile in termini di molestie, mobbing e altri atteggiamenti intimidatori, tra cui il cyber-bullismo o altri eventi al lavoro correlati, come altre forme di molestia perpetrabili da parte di terzi.

Perché ogni lavoratore sia responsabile del proprio comportamento è indispensabile per ogni dirigente:

  • prospettare gli effetti dannosi del bullismo
  • spiegare perché non saranno in alcun modo tollerate azioni moleste
  • indicare il limite oltre il quale le azioni saranno trattate come un reato disciplinare
  • chiarire le implicazioni giuridiche
  • delineare i costi associati alla responsabilità personale
  • descrivere le procedure di aiuto e quelle per sporgere denuncia
  • assicurare sul posto di lavoro canali formali e informali di ricezione delle denunce
  • assicurare che eventuali accuse saranno trattate rapidamente, seriamente e in modo confidenziale
  • prevenire la vittimizzazione
  • chiarire la responsabilità di tutti i dirigenti, il ruolo dei rappresentanti sindacali e dei dipendenti
  • raccomandarsi alle autorità di controllo/manager di linea per la concreta attuazione delle linee programmatiche

Il raggiungimento di alti livelli di prestazioni da parte del personale è senza dubbi un fattore indispensabile e fondamentale per assicurare oggi elevati standard qualitativi e adeguati livelli d’efficienza nelle attività della Pubblica Amministrazione.

Tutte le organizzazioni dovrebbero trattare qualsiasi forma di molestia o bullismo seriamente non solo per le implicazioni giuridiche, ma perché possono portare a sotto-prestazioni sul lavoro.
Un ambiente di lavoro che è libero da ostilità consente alle persone di contribuire più efficacemente al successo organizzativo e di raggiungere livelli più elevati di soddisfazione sul lavoro.
Le persone non possono dare il loro miglior contributo quando agiscono sotto la paura di molestie, bullismi o abusi di sorta, probabili o reali che siano.
Il conflitto che crea molestie non deve essere mai sottovalutato, perché i dipendenti possono essere soggetti a elevati livelli di stress che si riflettono direttamente sull'impegno e sulla produttività.
Problematiche relazionali non risolte possono aumentare le assenze per malattia e le attività di gruppo risultare immediatamente meno produttive.
Si pensi allora, per inciso, a come tutto il trattamento penitenziario scaturisca dall’armonica attività di diverse tipologie di gruppi di lavoro.
Le stesse problematiche relazionali alimentano spesso assenze dal servizio o richieste frequenti di trasferimento: un poco gestibile turnover del personale tra i vari settori, servizi o istituti.
L’immagine pubblica di un’organizzazione potrebbe essere gravemente danneggiata in caso d’incidenti che hanno luogo a seguito di molestie, in particolare quando attirano l'attenzione dei media.
Obiettivo di un'organizzazione dovrebbe essere innanzitutto quello di sviluppare una cultura in cui è noto che le molestie sono inaccettabili e in cui gli individui sono abbastanza sicuri di poter presentare una denuncia, senza paura di essere messi in ridicolo o di incorrere in rivalse, vendette o ritorsioni.