Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di Giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato (maggio 2019)

Ministero della Giustizia

Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità

 

Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di Giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato

Premessa

Le “Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di Giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato”, pur non avendo la pretesa di operare una sistemazione organica della complessa materia della riparazione e della mediazione penale, costituiscono un primo sforzo del Dipartimento finalizzato a definirne le peculiarità e ad ordinare, aggiornare ed integrare le migliori esperienze maturate in materia nel settore degli adulti ed in quello minorile.

Le presenti linee di indirizzo concretizzano le indicazioni contenute nelle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa in tema di vittime [1] e di “restorative justice” [2].

In assenza di normativa nazionale che ne disciplini contenuti e peculiarità, appare, infatti, necessario definire in modo esaustivo i concetti di giustizia riparativa e di mediazione penale e sostenere lo sviluppo di nuovi programmi riparativi, in modo quanto più omogeneo possibile, su tutto il territorio nazionale, tracciando percorsi uniformi e lasciando al contempo, alle articolazioni territoriali di questo Dipartimento, la possibilità di tradurre le indicazioni provenienti dal Centro in modo armonico rispetto alle risorse che ciascun territorio è in grado di offrire.

In questa prospettiva è opportuno chiarire, in via preliminare, che la giustizia riparativa “si riferisce a ogni processo che consente alle persone che subiscono pregiudizio a seguito di un reato e a quelle responsabili di tale pregiudizio, se vi acconsentono liberamente, di partecipare attivamente alla risoluzione delle questioni derivanti dall’illecito, attraverso l’aiuto di un soggetto terzo formato e imparziale (facilitatore)” [3]. Con la giustizia riparativa, dunque, si presta attenzione non solo all’autore del reato e alla sua storia ma anche alle dimensioni relazionali, sociali e comunitarie all’interno delle quali si colloca il crimine: l’obiettivo è tentare di ricostruire, con il consenso delle parti, la lacerazione della relazione con la vittima e, più in generale, con il contesto sociale.

Per giustizia di comunità deve intendersi quell’insieme di misure e sanzioni che mantengono gli imputati o gli autori di reato nella comunità, con l’implicazione di alcune restrizioni alla libertà attraverso l’imposizione di condizioni e/o obblighi disposti dell’Autorità Giudiziaria [4] che, nel rispetto degli standards etici internazionali in materia, possono comportare modalità di riparazione del danno derivante dal reato alle vittime o/e alla comunità. In questa prospettiva le prescrizioni di riparazione alla comunità come il lavoro di pubblica utilità e le attività socialmente utili, pur esprimendo una significativa valenza riparativa nei confronti della comunità, si collocano al di fuori del concetto di giustizia riparativa, come sanzioni volte e a sviluppare il senso individuale di responsabilità verso la comunità e a contribuire allo sviluppo sociale e personale degli autori di reato [5].

È facilmente intuibile, pertanto, che si tratta di ambiti che, pur non sovrapponendosi, sono inevitabilmente destinati ad intersecarsi.

Le presenti Linee di indirizzo, in coerenza con le fonti normative sovrannazionali, ivi inclusa la recente raccomandazione CM/Rec(2018)8, adottata dal Consiglio dei Ministri degli Stati Membri il 3 ottobre 2018, concernente la giustizia riparativa in materia penale, mirano ad incoraggiare i servizi della giustizia a sviluppare, implementare, sperimentare e sostenere approcci e programmi di giustizia riparativa finalizzati alla possibile definizione del modello italiano nella cornice della normativa vigente.

Lo sviluppo di percorsi di giustizia riparativa rappresenta una priorità per questo Dipartimento, già a far data dalla direttiva del Capo del Dipartimento n. 2340 del 17.01.2017, che ha esplicitato gli ambiti e i servizi entro cui far crescere tale modello di giustizia. L’intendimento è, dunque, soprattutto quello di favorire l’offerta, da parte dei servizi per adulti e minori, di programmi di giustizia riparativa sempre più efficaci, che comprendano opportunità di percorsi calibrati sulle esigenze dei territori, che attivino le risorse nell’ambito della sfera pubblica, con il coinvolgimento degli attori del privato sociale con qualificata e maturata esperienza nel settore, in grado di collaborare con gli uffici e rispondenti a precisi standard organizzativi e metodologici, nonché ai più elevati canoni europei e internazionali.

 

L’esperienza della giustizia riparativa e mediazione penale nel Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità

Nell’ambito della Direzione Generale del personale, delle risorse e per l’attuazione dei provvedimenti del giudice minorile, l’Ufficio II - Promozione di interventi di prevenzione della devianza e promozione della giustizia riparativa e della mediazione, in coordinamento, per gli adulti, con l’Ufficio I della Direzione Generale per l’esecuzione penale esterna e la messa alla prova, è titolare delle competenze assegnate dal D.M. 17 novembre 2015 e ratificate con la direttiva dipartimentale del 17 gennaio 2017 “Linee di indirizzo per i servizi minorili e per l’esecuzione penale esterna per adulti”.

La giustizia riparativa in ambito minorile beneficia di un’esperienza maturata e sedimentata nel corso degli anni, a partire dal 1995, sulla scorta di sperimentazioni sviluppatesi grazie all’operato dei servizi minorili dell’amministrazione e di una magistratura minorile sensibile al tema, d’intesa con i servizi del territorio e del privato sociale. In particolare, il contesto minorile ha ricevuto notevole impulso a seguito di quanto disposto dall’Ufficio Centrale per la Giustizia minorile - Serv. II Studi, legislazione e documentazione con le “Linee di indirizzo e di coordinamento in materia di mediazione giudiziaria penale e di riconciliazione tra vittima e autore di reato. Avvio di attività sperimentali” del 9/04/1996 prot. n.40494 e successivamente ratificato dall’Ufficio del Capo Dipartimento “Aggiornamento Linee di indirizzo e di coordinamento in materia di mediazione penale minorile” del 30/04/2008 prot.14095. La giustizia riparativa in ambito minorile assume una indubbia valenza sociale e pedagogica in grado di aprire, all’interno del procedimento penale, un dialogo con i minori autori di reato utilizzando una prospettiva relazionale, fondata sul confronto/dialogo tra autore di reato e vittima. Si configurano, pertanto, nel lavoro socio-educativo, scenari complementari innovativi: la commissione di un reato intesa non tanto, o non solo, come violazione di un precetto, in una prospettiva statica, quanto piuttosto come rottura di un equilibrio sociale tra individui e tra individuo e comunità, generando un’opportunità di crescita, attraverso l’incontro con la sofferenza della vittima, nella prospettiva di una effettiva presa di coscienza da parte del minore delle conseguenze del reato ed in vista di un effettivo reinserimento nel tessuto sociale, in linea con lo spirito costituzionale del sistema sanzionatorio penale.

Tale impostazione ha, di recente, ricevuto un significativo avallo sul piano normativo con l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 121 (Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni) che, nella parte dedicata alla enunciazione dei principi generali, stabilisce che: “l’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato” (art.1 comma 2), assegnando a tale strumento una importanza non secondaria nell’ambito del processo rieducativo. La tutela delle vittime di reato all’interno del sistema della giustizia minorile trova una sua parziale regolamentazione, nel segmento relativo ai minori vittime di violenza sessuale, nella previsione di cui all’art. 609 decies comma 4 c.p. (introdotto dall’art. 11 L. 15 febbraio 1996 n. 66) a tenore del quale “in ogni caso al minorenne è assicurata l’assistenza dei servizi minorili dell’Amministrazione della giustizia e dei servizi istituiti dagli enti locali”; tale disposizione ha favorito attività di raccordo e coordinamento tra magistratura, servizi minorili e istituzioni territoriali per una presa in carico integrata della persona di minore età vittima e della sua famiglia.

La giustizia riparativa in ambito adulti ha una storia più recente rispetto al settore minorile. L’attenzione alle vittime e all’istanza riparativa è già presente nell’art. 47 della legge n.354/1975 dell’ordinamento penitenziario (“nel verbale deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi per quanto possibile in favore della vittima del suo reato e adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare”). A seguire, l’art. 27 co. 1 del DPR. 230/2000 introduce le “possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato, incluso il risarcimento dovuto alla persona offesa”. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria aveva costituito, già nel 2002, la Commissione di studio “Mediazione penale e giustizia riparativa” e il 15.6.2005 diramato linee di indirizzo in materia di mediazione penale con circolare n. 3601.

L’istituto che offre maggiore spazio alla giustizia riparativa è, senz’altro, la sospensione del processo con messa alla prova, introdotta, per gli adulti, con l 67/2014 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio) che ha previsto, per i casi disciplinati dall’art. 168 bis del codice penale “condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa” all’interno del programma di trattamento. La promozione di pratiche trattamentali a valenza riparativa, nell’ambito del percorso di recupero sociale, nel rispetto dei principi fondanti del consenso e della proporzionalità, è chiaramente indicata nella circolare del 19.03.2015 prot. 100039 del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nonché nella Direttiva del Capo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità del 17.01.2017.

 

Definizioni concettuali ai fini delle presenti Linee di indirizzo

Le Linee di indirizzo che seguono rappresentano le prime indicazioni orientate alla condivisione di un linguaggio e di una cultura in materia di giustizia riparativa e giustizia di comunità, nella consapevolezza della dinamicità dei processi in divenire.

Con il termine vittima si intende “una persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche causati direttamente da un reato; un familiare di una persona la cui morte è stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona; un familiare: il coniuge, la persona che convive con la vittima in una relazione intima, nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo, i parenti in linea diretta, i fratelli e le sorelle, e le persone a carico della vittima [6]”.

Con il termine minore vittima si intende una persona fisica di età inferiore ai 18 anni che, come diretta conseguenza di un reato, abbia subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche e, che in ragione dell’età, della condizione di immaturità e della particolare condizione di vulnerabilità connessa alla vittimizzazione secondaria e ripetuta, benefici di disposizioni e misure specifiche [7].

Con il termine autore di reato si intende la persona, adulta o minore, condannata per un reato, ma anche una persona indagata o imputata, prima dell’eventuale dichiarazione di responsabilità o della condanna [8].

Con il termine autore di reato minore di età si intende una persona fisica di età inferiore ai 18 anni che si presume abbia commesso un reato penale o la cui responsabilità sia stata accertata [9].

Con il termine facilitatore della Giustizia si intende una figura professionale che ha maturato un alto profilo di esperienza nel contesto dei servizi minorili e/o dell’esecuzione penale adulti, adeguatamente formata e con un ampio spettro di capacità: di comunicazione nel gruppo, di gestione costruttiva di conflitti in area penale, di sostegno ed aiuto.

Con il termine mediatore penale si intende una figura competente in materie socio-umanistiche, pedagogiche e psicologiche con conoscenze in area giuridica, specificamente formata nella materia della risoluzione dei conflitti in area penale, che abbia maturato una adeguata esperienza nel trattamento dei casi.

Con il termine giustizia riparativa si intende “qualsiasi processo mediante il quale le persone che hanno subito un danno derivante da un reato e coloro che sono responsabili di tale danno possono partecipare attivamente, se lo consentono liberamente, nella risoluzione dei problemi derivanti dal reato, con l’assistenza di una terza parte qualificata e imparziale (“il facilitatore”) [10].

Con il termine programmi di giustizia riparativa si fa riferimento ai principali strumenti di giustizia riparativa che possono essere classificati, secondo uno schema che parte da strumenti con componenti riparative, fino ad arrivare a strumenti pienamente riparativi. La stessa CM/REC (2018)8 invita gli Stati Membri a promuovere lo sviluppo di approcci innovativi in materia, ricordando, implicitamente, che in base al proprio ordinamento giuridico, ogni Paese deve promuovere pratiche di giustizia riparativa coerenti con la propria cultura giuridica.

Tra gli strumenti di giustizia riparativa prevalentemente in uso, possono individuarsi i seguenti programmi:

  • mediazione autore-vittima (victim offender mediation): si intende ogni “procedimento che permette alla vittima e al reo di partecipare attivamente, se vi consentono liberamente, alla soluzione delle difficoltà derivanti dalla commissione del reato, con l’aiuto di un terzo indipendente (mediatore)” [11]. Qualora non sia possibile un incontro diretto fra le parti, la mediazione può avvenire anche per il tramite del mediatore (indiretta). Si parla di mediazione reo-vittima “aspecifica” quando l’autore del reato incontra la vittima di un altro reato lesivo del medesimo bene giuridico;
  • scuse formali (apologies/making amends): dichiarazioni rivolte alla vittima da parte dell’autore del reato, spesso contenute in uno scritto;
  • incontri tra vittime e autori di reati analoghi a quello subito (Victim/Community Impact Panel/Gruppi riparativi per autori di reato): forum, guidati da un facilitatore, all’interno dei quali un gruppo ristretto di vittime aspecifiche (4 o 5 al massimo) rappresenta ad un piccolo gruppo di autori di reati (dello stesso tipo) – diversi da coloro che hanno commesso i reati nei loro confronti – gli effetti dannosi ed i riflessi sulla loro esistenza e su quella dei familiari o anche nella comunità di appartenenza derivanti dalla commissione del reato. Le vittime possono così esprimere le sensazioni, le difficoltà, il disagio derivanti dall’esperienza di vittimizzazione e gli autori di reato possono prendere coscienza delle effettive conseguenze delle azioni delittuose commesse;
  • incontri di mediazione allargata/gruppi di discussione (Community/Family Group Conferencing/Groups Conferencing): tendono a realizzare un dialogo, guidato da un facilitatore/mediatore penale, esteso ai gruppi parentali e/o del territorio ovvero a tutti i soggetti coinvolti dalla commissione di un reato finalizzato a decidere collettivamente le modalità di gestire il conflitto nascente dal reato [12].

Occorre precisare che gli strumenti suindicati, declinati dall’ONU [13] in importanti documenti programmatici, coerentemente con l’evolversi della normativa nazionale, non precludono la sperimentazione e lo sviluppo di nuovi programmi. In questa direzione si muovono le presenti Linee di indirizzo.

I programmi di giustizia riparativa sono svolti anche da facilitatori della giustizia. Nel segmento della mediazione penale la figura professionale di riferimento è il mediatore penale che deve avere competenze specifiche ed essere adeguatamente formato.

Con il termine attività di utilità sociale (AUS) si intendono quelle attività che impegnano il reo e la collettività nel ripristino del legame interrotto dall’evento reato, solitamente connesse - salvo casi di valutata inadeguatezza - con la tipologia del reato commesso, al fine di salvaguardare la correlazione simbolica con il danno arrecato. Si tratta di percorsi che possono essere attivati in qualsiasi fase del procedimento penale minorile, ivi inclusa la fase esecutiva, con la prescrizione di attività, anche a titolo gratuito o di volontariato, disposta dal Tribunale di sorveglianza nell’ambito delle misure penali di comunità [art.3 d.lgs. n.121/2018].

Con il termine lavoro di pubblica utilità (LPU) si intende una prescrizione di carattere sanzionatorio - applicabile quale sanzione penale autonoma all’esito di un procedimento penale o collegata all’esecuzione di diverse misure disposte in area penale - consistente nella prestazione di un’attività non retribuita e di una utilità sociale volta a favore della collettività da svolgere presso enti pubblici e/o associazioni del privato sociale in favore di categorie vulnerabili o in settori di interesse collettivo.

Il lavoro di pubblica utilità, così come tutte le misure di contenuto analogo, non è da intendere/qualificare come strumento di giustizia riparativa, poiché trattasi di una sansione penale a contenuto retributivo che può prescindere dalla adesione del reo.

 

Principi

Si ribadiscono di seguito i principi cardine della giustizia riparativa [14]:

  • partecipazione attiva delle parti alla risoluzione del conflitto – garanzia di un coinvolgimento orientato alla volontà risolutiva del conflitto, esteso a tutti i soggetti interessati [regola 13, Annex CM/REC (2018)8];
  • uguale attenzione ai bisogni e agli interessi delle parti implicate, l’equità della procedura, la natura collettiva e consensuale dell’accordo, l’attenzione alle modalità di riparazione e alla reciproca comprensione delle parti, l’assenza di prevaricazioni – “equidistanza” ed “equiprossimità”, in termini di attenzione estesa a tutti i partecipanti, all’ascolto, all’accoglienza dei bisogni, all’individuazione delle strategie riparative [regola 14, Annex CM/REC (2018)8];
  • volontarietà – consenso libero ed informato delle parti con la possibilità di recedere in qualsiasi momento del processo [regola 16, Annex CM/REC (2018)8].

Spostando lo sguardo dai principi connessi alla procedura ai principi legati ai ruoli:

  1. Imparzialità - Il facilitatore e il mediatore penale non devono: a) avere legami personali con i soggetti coinvolti; b) essere personalmente coinvolti nel caso; c) avere in corso o avere avuto rapporti professionali con i soggetti coinvolti. In coerenza con tale principio i facilitatori e i mediatori penali devono favorire la piena partecipazione dei soggetti al percorso affinché ciascuno di essi possa trarne il massimo beneficio.
  2. Neutralità - Il facilitatore e il mediatore penale non devono prendere posizione sulla questione della “colpevolezza”, ed essere “autenticamente” aperti ad accogliere l’ascolto e i bisogni dei soggetti coinvolti, nonché le opzioni che questi ritengono concordemente di voler adottare valutati eventuali squilibri di potere decisionale fra i partecipanti;
  3. Terzietà - Posizione di equidistanza rispetto alle parti in causa, al fine di facilitare uno scambio fondato sull’ascolto delle reciproche ragioni, astenendosi dall’esprimere giudizi sul piano giuridico e/o morale;
  4. Gratuità - Possibilità di accedere ai programmi e ai servizi della giustizia riparativa senza alcun onere economico a carico dei soggetti coinvolti.

 

Destinatari delle Linee di indirizzo

  1. Diretti. Responsabili operativi: dirigenti, funzionari della professionalità di servizio sociale e pedagogica dei servizi del Dipartimeno per la Giustizia minorile e di comunità, responsabili dei servizi e dei progetti di intervento di giustizia riparativa, pubblici e privati, a livello centrale e locale, coinvolti nella progettazione ed attuazione di programmi di giustizia riparativa.
  2. Indiretti. Responsabili politico-strategici: decisori pubblici e privati del no profit dei sistemi della Giustizia, Regioni, Enti locali ed Enti gestori/Terzo settore, Magistratura.

 

Diritto all’informazione e tutela della privacy

  1. Persone di minore età vittime di reato. Alla persona offesa minorenne in carico all’ufficio di servizio sociale minorile ai sensi dell’art. 11, comma 3, l. 66/1996 deve essere garantita adeguata informativa circa l’accesso ai programmi di giustizia riparativa, ivi inclusa la mediazione penale, previo accertamento delle condizioni di fattibilità;
  2. Persone di minore età autori di reato. Al reo minore di età – unitamente all’esercente la responsabilità genitoriale - è data in ogni stato e grado del procedimento l’informativa circa la possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa;
  3. Persone di maggiore età autori di reato. Agli imputati e/o condannati è data adeguata informazione sui programmi di giustizia riparativa disponibili e sulla possibilità di accedervi.

Le informazioni possono essere fornite, laddove necessario, anche con il supporto di un mediatore linguistico-culturale. È garantito ai soggetti che prendono parte ai programmi di giustizia riparativa il diritto alla privacy, inteso come il diritto alla protezione e alla riservatezza dei dati personali e della vita privata secondo i principi fissati dalla normativa vigente.

 

Obiettivi e finalità

I programmi di giustizia riparativa e le relative procedure devono configurarsi quali:

  1. spazi di maggiore attenzione nei confronti della persona offesa (vittima) all’interno della vicenda penale;
  2. momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia in area penale esterna;
  3. opportunità concrete/simboliche di risoluzione del conflitto generato dal reato;
  4. spazi di riflessione, all’interno della comunità e dei servizi di giustizia [15], sull’evento reato in termini di ricomposizione del conflitto e di rafforzamento della sicurezza sociale.

 

Il contesto dei servizi della Giustizia

Il Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, per il tramite delle sue articolazioni territoriali, anche in accordo con la locale Magistratura, promuove la stipula di convenzioni con gli Enti territoriali e le Regioni, al fine di assicurare la “disponibilità”, l’“accessibilità” e la “gratuità” dei programmi di giustizia riparativa su tutto il territorio nazionale.

Il Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità:

  1. svolge attività di indirizzo e coordinamento finalizzata a garantire uniformità delle azioni locali e lo sviluppo di programmi di giustizia riparativa sul territorio;
  2. effettua il monitoraggio e la valutazione dei dati e dei protocolli, anche in collaborazione con gli enti presenti sul territorio;
  3. promuove l’interazione tra tutti gli attori sociali impegnati in materia;
  4. valuta e sostiene iniziative e progettualità territoriali;
  5. esprime pareri sulla stipula di accordi e protocolli regionali-interdistrettuali.

È costituita la rete dei referenti regionali-interdistrettuali e dei referenti dei servizi per la giustizia riparativa [16]. I referenti regionali-interdistrettuali sono nominati presso i Centri per la Giustizia Minorile e gli Uffici Interdistrettuali dell’Esecuzione Penale Esterna. I referenti di servizio, nominati nell’ambito di ciascuna sede/ufficio di competenza, sono chiamati a collaborare territorialmente con il referente regionale-interdistrettuale.

I referenti regionali-interdistrettuali curano, sul territorio di competenza, l’attuazione delle presenti Linee di indirizzo e l’attività di supporto, con le seguenti finalità:

  1. raccordo con il Dipartimento;
  2. monitoraggio regionale dei dati e delle esperienze;
  3. raccordo territoriale con l’omologo referente del servizio minorile e/o esecuzione penale esterna;
  4. ricognizione, sul territorio, di tutte le iniziative in materia avviate nei servizi e negli istituti;
  5. attivazione di collaborazioni con i corrispondenti Provveditorati regionali dell’Amministrazione Penitenziaria nonché monitoraggio delle pratiche, degli interventi e delle attività realizzate nell’ambito dell’esecuzione intramuraria;
  6. rilevazione delle convenzioni stipulate da Uffici EPE e Istituti Penitenziari per l’avvio di soggetti in esecuzione di pena allo svolgimento di attività riparative a favore della collettività;
  7. ricognizione delle pratiche locali di attenzione alle vittime;
  8. predisposizione di intese locali per la costruzione di azioni integrate a livello regionale per le azioni di giustizia riparativa e di supporto alle vittime, previa valutazione del Dipartimento;
  9. studi, ricerche e relazioni periodiche sulle attività condotte e sulla rilevazione dei dati locali in materia di giustizia riparativa, mediazione penale e tutela delle vittime.

 

Il ricorso ai servizi della giustizia riparativa

I programmi di giustizia riparativa, laddove è coinvolta la vittima “persona fisica”, devono essere realizzati nel massimo rispetto e nell’interesse della stessa e, valutate le circostanze del caso, non devono comportare vittimizzazione ripetuta o secondaria. La giustizia riparativa non deve essere applicata a soggetti che non siano capaci, per una qualsiasi ragione, di comprendere il significato del processo [17].

I programmi di giustizia riparativa devono, inoltre:

  1. essere svolti nell’interesse dell’autore e della comunità;
  2. essere applicati all’interno degli istituti penali minorili. L’attivazione di processi riparativi verso la vittima, gruppi di vittime e comunità possono entrare a fare parte dei programmi del progetto educativo personalizzato.

I programmi di giustizia riparativa possono essere applicati sia alla gestione dei conflitti all’interno degli istituti di pena sia per l’attivazione di gruppi riparativi per i soli autori di reato. I programmi si svolgono nel rispetto della dignità delle parti e tendono a perseguire le seguenti finalità:

  1. responsabilizzazione del reo;
  2. riconoscimento dell’esperienza di vittimizzazione e riparazione dell’offesa;
  3. coinvolgimento della comunità nel processo di riparazione, anche al fine di accrescere il senso di sicurezza sociale;
  4. riduzione della recidiva;

I programmi per la giustizia riparativa possono essere gestiti anche in convenzione con enti terzi, secondo le modalità declinate nella presenti Linee di indirizzo, e potranno avvalersi del personale dei servizi della giustizia minorile e dell’esecuzione penale esterna, opportunamente preparato e specializzato, tenendo in considerazione la tipologia del programma riparativo individuato e i principi della giustizia riparativa di seguito declinati.

Quando gli interventi di giustizia riparativa non includono il diretto dialogo tra la vittima e l’autore del reato, questi possono essere strutturati ed utilizzati, applicando i principi della giustizia riparativa, anche dagli stessi operatori della giustizia. Si pensi, ad esempio, ai meccanismi basati sulla riparazione rivolta alla comunità, ai programmi di sostegno alle vittime e ai testimoni, ai percorsi di sensibilizzazione rivolti agli autori di reato, ai circoli di supporto e di responsabilità, ai progetti che coinvolgono le famiglie degli autori di reato o altre vittime di reati.

I direttori dei servizi minorili e i direttori degli uffici dell’esecuzione penale esterna, compatibilmente con le esigenze di servizio e del contesto locale, si attiveranno, al fine di garantire al personale disponibile ed adeguatamente formato, l’accesso e la partecipazione ai programmi di giustizia riparativa, vigilando sull’osservanza dei principi enucleati nel presente documento.

Ai direttori dei servizi e degli uffici territoriali del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, è affidato il compito di prevedere modalità di lavoro tali da consentire l’attivazione di gruppi ed interventi di giustizia riparativa nel rispetto dei tempi e delle disponibilità delle parti (vittima, comunità e reo).

I direttori dei centri per la giustizia minorile e degli uffici interdistrettuali dell’esecuzione penale esterna dovranno prevedere nelle programmazioni delle attività, specifici programmi di giustizia riparativa al fine di renderli universalmente accessibili e capillari nel territorio di competenza.

I direttori degli istituti penali minorili dovranno prevedere nella programmazione delle attività programmi specifici di giustizia riparativa.

 

Il consenso libero e informato

I programmi di giustizia riparativa possono essere avviati esclusivamente con il consenso delle persone coinvolte e non possono essere previsti come condizione per l’accesso ai benefici. I soggetti che accedono ai programmi di giustizia riparativa sono informati in modo accurato su: significato, decorso, modalità e potenziale esito del programma, nonché verifica dell’accordo di riparazione raggiunto. Laddove gli interessati ne facciano richiesta, deve essere previsto l’ausilio di un traduttore.

Quando la vittima è una persona di minore età, deve essere anzitutto considerato l’interesse superiore del minore, procedendo a preliminare valutazione di fattibilità. Il consenso a partecipare ai programmi di giustizia riparativa è libero, informato, sempre revocabile ed è espresso in forma scritta; per le persone di minore età deve essere espresso anche dall’esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore. Il consenso viene acquisito dai professionisti cui il caso è stato inviato e deve essere trasmesso in copia sia all’autorità giudiziaria sia al servizio della giustizia che ha effettuato l’invio. Qualora l’esito di un programma di giustizia riparativa preveda un accordo riparativo, quest’ultimo deve essere ponderato e verificato nella sua attuazione dagli operatori che hanno trattato il caso onde evitare rischi di vittimizzazione.

 

La gestione dei casi

I programmi di giustizia riparativa, ad esclusione della mediazione penale eseguita da mediatori penali, sono svolti con l’apporto di facilitatori della Giustizia. La compresenza di “facilitatori della Giustizia” e “mediatori penali” si iscrive nell’obiettivo di allargare ed innovare gli spazi di praticabilità dei programmi di giustizia riparativa all’interno dei servizi della giustizia, di diffondere la “cultura” della riparazione, promuovere maggiore attenzione ai diritti delle vittime. Al ruolo di facilitatore attiene una competenza prevalentemente nell’area socio-educativa. Il mediatore penale specificatamente preparato, è chiamato a svolgere l’attività con imparzialità e terzietà soprattutto rispetto agli interessi dei soggetti coinvolti nell’attività di mediazione penale (victim offender mediation). Tutti i soggetti addetti ai programmi di giustizia riparativa, facilitatori e mediatori penali, sono tenuti alla riservatezza sugli atti compiuti e sul contenuto delle attività svolte a tutela di un ascolto protetto, quale presupposto fondante e costitutivo dei rapporti con le parti della dimensione mediativa. Nel corso delle attività, si avrà cura di non raccogliere informazioni o notizie relative ad altri reati che potrebbero essere stati commessi dai soggetti né tanto meno indagare o raccogliere elementi di prova, in quanto tali attività esulano dall’oggetto della giustizia riparativa, in particolare della mediazione in atto [18].

 

La preparazione

La richiesta di avvio di un programma di giustizia riparativa viene effettuata dall’autorità giudiziaria competente, anche su impulso dei servizi della giustizia minorile e di comunità, nell’ambito del progetto educativo individualizzato.

Le persone offese (vittime) in ogni stato e grado del procedimento possono chiedere l’accesso ai programmi di giustizia riparativa.

I servizi socio-assistenziali degli enti territoriali possono favorire l’accesso ai programmi di giustizia riparativa segnalando i casi all’autorità giudiziaria procedente, anche in raccordo con i servizi della giustizia minorile e di comunità.

Il facilitatore della Giustizia ed il mediatore penale, ricevuta la richiesta dell’avvio di un programma, in raccordo con i servizi della giustizia, richiedono al magistrato competente le informazioni e gli atti necessari, inclusi i dati personali delle parti e, qualora si tratti di persone di minore età, dell’esercente la responsabilità genitoriale o del tutore, al fine di verificare la fattibilità della richiesta. Ai soggetti che hanno dato il consenso a prendere parte al programma di giustizia riparativa deve essere concesso un tempo adeguato per la preparazione.

 

I contatti tra vittime e autori di reato

Nel corso dei contatti tra vittime e autori di reato, devono essere adottate tutte le opportune precauzioni atte a scongiurare un eventuale rischio di vittimizzazione secondaria. Particolare attenzione deve essere assegnata, nell’analisi di valutazione/esclusione di fattibilità, alle relazioni tra vittime e autori di reato dove si evidenzi uno squilibrio di “potere”, nonché una situazione di disagio psicologico e condizioni di dipendenza.

 

L’accordo e follow-up

I programmi possono concludersi con un accordo di riparazione, che può avere un contenuto anche simbolico e può consistere in scuse formali o attività rivolte alla comunità coerenti con l’illecito commesso e l’offesa arrecata.

L’accordo tra le parti deve essere raggiunto volontariamente e contenere obblighi ragionevoli e proporzionati. L’esito del programma è comunicato, con una relazione scritta in cui emergano elementi significativi di conoscenza, al magistrato competente e al servizio che ha in carico il caso. Con il consenso dei soggetti coinvolti può essere descritto l’andamento del percorso e i contenuti dell’accordo di riparazione.

Le vittime che hanno partecipato ai procedimenti di giustizia riparativa dovranno essere informate circa l’efficacia dell’esecuzione dell’accordo, secondo i termini concordati.

Gli esiti dei programmi di giustizia riparativa non interferiscono sulle misure alternative o sui benefici penitenziari.

 

La formazione

Il Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità incoraggerà iniziative che consentano al proprio personale e, in particolare, ai funzionari che entrano in contatto con soggetti che possono accedere a programmi di giustizia riparativa, di ricevere un’adeguata formazione, di livello appropriato al tipo di contatto che intrattengono con vittime ed autori di reato, al fine di garantire interventi imparziali, rispettosi e professionali.

Gli interventi di cui al punto precedente potranno essere previsti nel piano annuale della formazione, su indicazione dei bisogni formativi espressi dal Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità.

 

La cooperazione tra servizi della giustizia, riparativi e di assistenza alle vittime

I servizi della giustizia faciliteranno l’interconnesione tra i vari attori territoriali e contribuiranno a rafforzarne il partenariato.

I servizi per la giustizia riparativa devono essere promossi da enti pubblici attraverso convenzioni e protocolli tra le articolazioni territoriali del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, Tribunali ed Enti territoriali per garantirne la qualificazione nella sfera pubblica, oltre che per esigenze di economicità.

I servizi di giustizia riparativa possono essere affidati ad enti o associazioni del no profit, previa valutazione dell’Ufficio centrale competente, a seguito di avviso pubblico nel rispetto dei seguenti requisiti:

  1. compatibilità dello svolgimento di attività di giustizia riparativa e mediazione penale con l’oggetto sociale o lo scopo associativo;
  2. capacità finanziaria e organizzativa attraverso lo svolgimento di attività di giustizia riparativa e mediazione penale in almeno due province e con capitale non inferiore a quello necessario per la costituzione di società a responsabilità limitata;
  3. possesso di una polizza assicurativa per la responsabilità a qualunque titolo derivante dallo svolgimento dell’attività di mediazione;
  4. trasparenza amministrativa e contabile dell’organismo, ivi compreso il rapporto giuridico ed economico tra l’organismo e l’ente di cui eventualmente costituisca articolazione interna, al fine della dimostrazione della necessaria autonomia finanziaria e funzionale;
  5. garanzie di indipendenza, imparzialità e riservatezza nello svolgimento del servizio di giustizia riparativa e mediazione penale, anche per quanto attiene al rapporto giuridico con i mediatori;
  6. numero dei mediatori, non inferiore a tre, che hanno dichiarato la disponibilità a svolgere le funzioni di mediazione per il richiedente;
  7. formazione iniziale di base e continua dei mediatori penali, certificata da Università degli Studi o altri Enti di formazione con comprovata esperienza pratica;
  8. sede dell’organismo rispondente alle disposizioni sulla salute e la sicurezza dei lavoratori;
  9. avere maturato esperienze concrete in istituti di pena (adulti e minori) e in servizi della giustizia.

L’Ente o associazione del no profit deve assicurare i seguenti requisiti di qualificazione dei mediatori penali:

  • possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale, ovvero il possesso di una specifica formazione e di uno specifico aggiornamento acquisiti presso enti di formazione universitari o altri enti che il Dipartimento valuta di comprovata esperienza in materia;
  • gestione da parte dei mediatori penali di significativa attività nell’ultimo biennio;
  • possesso, da parte dei mediatori penali dei seguenti requisiti di onorabilità: 1) non avere riportato condanne penali e non avere procedimenti penali in corso; 2) non essere incorso nell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; 3) non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza; 4) non avere riportato sanzioni disciplinari.

In caso di assenza sul territorio di Enti o associazioni, il servizio potrà essere affidato, con le stesse modalità già enunciate, in regime di convenzione, a singoli mediatori penali che dovranno avere i medesimi requisiti di qualificazione declinati per gli organismi del no profit. La sussistenza dei requisiti dovrà essere adeguatamente comprovata e verificata dai direttori dei servizi della giustizia. I suddetti requisiti di qualificazione declinati per gli organismi no profit e per i mediatori penali nelle presenti Linee di indirizzo devono essere garantiti anche in caso di disponibilità offerte a titolo gratuito. Le attività realizzate nell’ambito di progetti a supporto all’area del trattamento in area penale esterna non rientrano tra i requisiti di qualificazione sopra declinati.

 

Cause di incompatibilità

Costituiscono cause di incompatibilità per l’esercizio di attività di facilitatore e mediatore penale:

  1. la sussistenza di rapporti di parentela fino al quarto grado, di affinità, di convivenza, di abituale commensalità ovvero di cointeressenza, anche di natura professionale, con una delle parti, dei loro rappresentanti legali o dei loro difensori;
  2. il coinvolgimento personale nel caso ovvero in casi precedenti che abbiano interessato le medesime parti;
  3. l’esercizio della professione forense, anche da parte di praticante avvocato abilitato, nel medesimo distretto di Corte di Appello;
  4. lo svolgimento di attività professionale di negoziazione assistita nel medesimo distretto di Corte di Appello;
  5. l’esercizio di ruolo in qualità di magistrato onorario, vice procuratore onorario, giudice di pace, esperto presso il Tribunale di Sorveglianza all’interno del circondario del Tribunale in cui svolge l’incarico;
  6. l’esercizio di attività giudiziaria nell’ambito dello stesso circondario da parte del coniuge convivente, della parte dell’unione civile, dei parenti fino al secondo grado, degli affini entro il primo grado [19].

 

Il monitoraggio

I servizi territoriali, della giustizia e riparativi, ove presenti, sono tenuti a curare la documentazione professionale e il sistema di monitoraggio sui casi di giustizia riparativa avviati, attivare percorsi di valutazione e follow-up anche in termini di soddisfazione delle vittime [20]. Tali attività saranno svolte e strutturate secondo le modalità indicate dal Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, al fine di una raccolta omogenea dei dati da trasmettersi con cadenza annuale.

Il monitoraggio dovrà comprendere: la valutazione della qualità dell’informazione fornita alle vittime sui programmi e procedure di giustizia riparativa; il livello di soddisfazione delle singoli parti (vittime, comunità e autori) nel procedimento di riparazione; l’effetto che la partecipazione al procedimento di giustizia riparativa ha avuto sulla loro capacità di recupero; elementi di vittimizzazione.

La rete della giustizia riparativa

Ai referenti regionali-interdistrettuali è richiesta la partecipazione ad un incontro annuale per condividere, con la costruita rete del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, lo stato di avanzamento dei lavori condotti a livello territoriale, analizzare i bisogni emersi e fornire indicazioni per la programmazione delle attività. Tali incontri saranno orientati ad attualizzare le presenti Linee di indirizzo per rinnovarle, ove necessario, con una duplice consapevolezza: quella, da una parte, di muoversi in pratiche e contesti complessi ed in continua ridefinizione e, dall’altra, quella dell’importanza di generare strumenti di supporto al lavoro che, nel rispetto del principio della sussidiarietà, tengano conto dell’ascolto degli attori più vicini al contesto territoriale di riferimento.

In questa prospettiva i referenti regionali-interdistrettuali e di servizio sono chiamati a tessere un percorso dialogico “tra loro” e “nel territorio” che dovrà prevedere incontri periodici rispondenti alle specifiche peculiarità dei singoli territori.

Le indicazioni contenute nelle presenti Linee indirizzo, lungi dal costituire un approdo definitivo, devono rappresentare per gli operatori del settore, in attesa di una auspicabile intervento da parte del Legislatore, una cornice di valori e di principi all’interno della quale sviluppare programmi e progetti di giustizia riparativa; si tratta, in altri termini, di uno strumento flessibile e dinamico, suscettibile di miglioramenti ed integrazioni sulla base delle riflessioni provenienti dal confronto costruttivo sopra richiamato ed alla luce delle esperienze maturate nei diversi contesti territoriali.

Il Capo Dipartimento
Gemma Tuccillo

NOTE

[1] Cfr. art.2 Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.

[2] Raccomandazione N. (99) 19 sulla mediazione in materia penale adottata dal Consiglio d’Europa il 15 settembre 1999.

[3] Cfr. Raccomandazione CM/Rec (2018)8 del Consiglio d’Europa, II Definizione e principi operativi generali, art.3.

[4] Raccomandazione R(2017)3 del Comitato dei ministri agli Stati membri sulle Regole Europee sulle misure e sanzioni di comunità.

[5] Ibidem.

[6] Cfr. art.2 Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.

[7] Cfr. Linee Guida UE per la partecipazione delle vittime ai procedimenti di Giustizia riparativa nei sistemi della Giustizia minorile, a cura di Antony Pemberton, Docente di vittimologia, International Victimology Institute Tilburg, Tilburg University, Frederico Moyano Marques e Rosa Saavedra, Senior Advisers Portuguese Association For Victim Support (APAV), in “YO.VI. Integrated Restorative Justice Models for Victims and Youth”, European Project Prevention and Fight Against Crime Home/2012/ISEC/FP/C1/4000003835, Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia Minorile, Ufficio Studi, ricerche e attività internazionali, Roma, ottobre 2015.

[8] C.f.r. Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, considerandum 12.

[9] Ibidem.

[10] Raccomandazione (2018)8 del Comitato dei Ministri in tema di giustizia riparativa in materia penale adottata il 3 ottobre 2018.

[11] Ibidem.

[12] Cfr. Tratto da Stati Generali Esecuzione Penale 2015-2016, Comitato di esperti e Tavoli di lavoro 13 – Giustizia riparativa, mediazione e tutela delle vittime, Allegato 3 “La Giustizia riparativa profili definitori; tipologia e caratteristiche dei programmi di giustizia riparativa”.

[13] Cfr. United Nations, Economic and Social Council, Basic principles on the use of restorative justice programmes in criminal matters, Risoluzione n. 12/2002; United Nations Office on Drugs and Crime, Handbook on Restorative justice programmes, november 2006.

[14] Cfr. EUROPEAN COMMITTEE ON CRIME PROBLEMS Council for Penological Co-operation (PC-CP) (CDPC) e successive revisioni, Strasbourg, 19 October 2017 PC-CP (2017) PC-CP\docs 2017\PC-CP(2017). La cura di questo lavoro è stato affidata a Ian D. Marder, University of Leeds, UK, Founder, Community of Restorative Researchers ed è stato completato con una sostanziale assistenza dei membri del European Forum for Restorative Justice, tra i quali Tim Chapman e Ivo Aertsen. Il gruppo di lavoro che si è altresì avvalso della consultazione di esperti nel campo della giustizia riparativa afferenti da tutta e oltre l'Europa, ratificando la solidità della raccomandazione del 1999 ha messo in evidenza l’esigenza di elevare gli standard relativi alla pratica, seppur già dettagliatamente esplicitati nella Raccomandazione (99)19 del Consiglio d’Europa in tema di mediazione penale.

[15] CM/REC (2018)8 regola 60.

[16] CM/REC (2018)8 regola 63.

[17] CM/REC (2018)8 regola 26.

[18] Cfr. Linee di indirizzo e di coordinamento in materia di mediazione penale minorile, Dipartimento per la Giustizia minorile, 30 aprile 2008.

[19] Cause di incompatibilità, assunte per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace. (16G00069) (GU Serie Generale n.99 del 29-04-2016), condivisibili per la specifica materia.

[20] CM/REC (2018)8 regola 39.