Scheda sui rapporti tra amministrazione penitenziaria e magistratura di sorveglianza (luglio 2015)
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Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria
Ufficio del Capo del Dipartimento
Ufficio studi, ricerche, legislazione e rapporti internazionali
Con l’incontro del 18 ottobre 2013 sono ripresi gli incontri periodici tra l’Amministrazione penitenziaria e la Magistratura di Sorveglianza che in passato hanno rappresentato una proficua esperienza di confronto e scambio. In conformità alla Risoluzione del Consiglio Superiore della Magistratura in data 24 luglio 2013, ha avuto luogo, con la partecipazione del Signor Ministro, una riunione tra i Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza, i vertici dell’Amministrazione penitenziaria, il Presidente della Commissione Mista del CSM, il Presidente della Commissione per la materia penitenziaria istituita presso l’Ufficio di Gabinetto, il Capo del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria e il Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati. Al fine di promuovere lo sviluppo di linee di intesa e collaborazione gli incontri sono stati estesi alla partecipazione dei Provveditori Regionali. I Provveditori Regionali sono stati coinvolti in una serie di incontri che hanno avuto per oggetto la costruzione del nuovo modello detentivo fondato sull’attuazione dell’art. 115 del Regolamento di esecuzione (D.P.R. n. 230/2000) e sulla differenziazione dei circuiti detentivi; in esso si fa riferimento agli artt. 6 “Locali di soggiorno e di pernottamento” e 14 “Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati” dell’Ordinamento penitenziario (legge 354/75), nonché al concetto di “carcere aperto” e alla necessità di un’assunzione comune della responsabilità di risultato (artt. 2 e 4 del D.P.R. n. 230/2000). Il progetto è stato avviato con le circolari 30 maggio 2012, 29 gennaio 2013 e 22 luglio 2013 ed è proseguito con le numerose note di indirizzo e sensibilizzazione rivolte ai Provveditori e Direttori d’istituto contenenti le linee di azione che l’Amministrazione ha posto in essere anche per l’adempimento richiesto dalla sentenza Torreggiani ed altri c. Italia. Nel corso di questi incontri è stato condiviso l’intento di avviare uno stabile e duraturo coordinamento tra Amministrazione penitenziaria e Magistratura di Sorveglianza, anche a livello periferico (sul modello di quanto già avviene in alcune Regioni), su alcuni temi di discussione e approfondimento.
Il nucleo fondamentale del nuovo modello detentivo è la differenziazione degli istituti penitenziari al fine di poter individuare obiettivi precisi per ciascuno di essi e indirizzare l’azione in ragione della specificità di ogni singola struttura, anche attraverso una formazione del personale orientata ai suoi scopi.
- Il progetto è quello di allocare i detenuti in istituti e sezioni distinti per gruppi omogenei separando i giudicabili dai condannati, i detenuti del circuito di Alta Sicurezza e i detenuti “protetti” da quelli “comuni”.
- Nelle case circondariali, dedicate al flusso dei detenuti, le maggiori energie saranno rivolte all’accoglienza e alla pre-osservazione, in base alla quale potrà poi essere individuato l’istituto più adatto ove trasferire il detenuto;
- Nelle case di reclusione, ove sono concentrati i detenuti definitivi, sarà destinato il maggior numero di educatori e di attività degli Uffici EPE così da dedicare maggiori energie al trattamento;
La predisposizione del regolamento interno in ciascun istituto penitenziario e la relativa procedura di approvazione rappresentano lo strumento più adeguato ad assicurare l’aggiornamento delle regole interne e la omogeneità delle modalità di trattamento. L’intervento del magistrato di Sorveglianza nella procedura di approvazione e il “contraddittorio”, in sede di esame dei testi, con i Provveditori regionali e l’Ufficio Studi del DAP, sono strumenti che possono consentire, in fase di predisposizione di questi strumenti normativi, la composizione di eventuali divergenze e un confronto su questo tema può contribuire efficacemente a sviluppare e mantenere il rapporto di reciproca e fattiva collaborazione tra l’Amministrazione penitenziaria e la Magistratura di Sorveglianza. La predisposizione di regolamenti di istituti effettivamente condivisi consentirà di ridurre lo spazio di inottemperanza dell’Amministrazione penitenziaria.
- determinazione di tempi e modalità per l’istruzione dei procedimenti nei confronti dei condannati liberi sospesi;
- individuazione di una scala di priorità nello svolgimento delle indagini e degli interventi per l’esecuzione delle misure, in relazione a situazioni di criticità nel rapporto tra volume di richieste da parte del Tribunale e potenzialità operative dell’UEPE;
- precisazione delle modalità di articolazione delle proposte di programmi trattamentali destinate ai detenuti domiciliari, che prevedano anche lo svolgimento di attività lavorative e/o di volontariato ora che per effetto del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146 la misura è stabilizzata;
- immediata esecuzione delle ordinanze dei magistrati di sorveglianza che dispongono la liberazione senza previo ordine di scarcerazione del pm;
- previsione di attività di volontariato di esperti in materie giuridiche per supportare i detenuti nella redazione delle istanze;
- predisposizione di moduli per le domande e schemi di relazione;
- invio delle istanze per via telematica, individuazione di un referente unico del procedimento di trasmissione, invio automatico della documentazione utile in possesso dell’amministrazione;
- possibilità di accesso semplificato al ruolo delle udienze per acquisire notizia dei rinvii delle udienze e degli esiti dei processi;
- previsione di un’autorizzazione preventiva e generale per i casi di:
- accesso a strutture sanitarie, visite mediche documentate, controlli tossicologici;
- partecipazione ad udienze processuali e/o convocazioni dell’autorità giudiziaria;
- spostamenti fuori dal territorio comunale per l’espletamento dell’attività lavorativa prevista nell’ordinanza di ammissione al beneficio (autisti, edili che cambiano cantiere, rappresentanti, etc);
- anticipo o posticipo dell’orario di rientro nell’abitazione per motivi di lavoro;
- svolgimento di attività previste dal programma terapeutico presso le comunità (verifiche familiari, iniziative sociali all’esterno, colloqui presso il SERT;)
- concordare le ipotesi di richiesta della sola relazione di sintesi all’istituto e non anche della relazione sociale all’UEPE;
- scambio di corrispondenza via mail;
- delega di alcuni adempimenti di natura amministrativa alle articolazioni dell’amministrazione penitenziaria;
- definizione dei criteri di urgenza per la deroga temporanea alle prescrizioni prevista dal decreto legge 146/2013;
- favorire l’invio dei genitori con prole alle case famiglia protette, strutture di nuova istituzione introdotte dalla legge 62/2011 di cui al decreto ministeriale 26 luglio 2012, anche tramite il Progetto Nazionale di Accoglienza delle Donne detenute con figli predisposto dalla Caritas italiana insieme ai Centri diocesani Migrantes e all’Ispettorato dei Cappellani delle carceri italiane; tale Progetto assicura una rete di strutture di accoglienza disponibili su tutto il territorio nazionale e cura, con grande impegno, un piano di intervento che, tenendo conto della posizione giuridica delle detenute madri, predispone percorsi personalizzati in grado di garantire il reinserimento nella società.
- concordare modalità e tempi di formulazione del programma di trattamento ex art. 72 dell’ordinamento, con particolare riferimento alle prescrizioni di giustizia riparativa ai sensi dell’art. 47, comma 7; quest’ultima da intendersi quale procedimento che permette alla vittima e all'autore del reato di partecipare attivamente, previo consenso libero ed informato, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato con l'aiuto di un terzo imparziale (mediazione, dialogo esteso ai gruppi parentali, restituzione, risarcimento, lavoro a favore della comunità), tenendo conto della natura e della gravità del reato, del livello del trauma causato, degli squilibri nella relazione tra vittima e autore, e della maturità e capacità intellettiva della vittima, fornendo a quest’ultima un’informazione completa sul procedimento alternativo e sulle sue conseguenze;
- concordare iniziative che contribuiscano allo sviluppo delle opportunità lavorative, con il coinvolgimento anche di Comuni e Regioni, e del Sert (per la predisposizione di programmi terapeutici dedicati ai detenuti tossicodipendenti). Ampliare l’impiego di forme imprenditoriali e sistemi di ingresso dei privati nelle attività produttive penitenziarie.
- Ampliare il ricorso al lavoro di pubblica utilità e ai lavori socialmente utili.
6. Espulsione
La legge 30 ottobre 2014, n. 161, novellando l’art. 13 (Espulsione amministrativa) della legge 268/98 prevede che lo straniero nei cui confronti il prefetto abbia disposto l’espulsione possa essere rinviato verso gli Stati membri dell’Unione Europea con i quali l’Italia abbia stretto accordi o intese bilaterali. La stessa legge, novellando l’art. 14 del Testo Unico prevede che gli stranieri che siano stati ristretti in carcere per un periodo di novanta giorni, a qualsiasi titolo, possano essere trattenuti nei Centri di Identificazione e di Espulsione (CIE) non più di trenta giorni e che la direzione del carcere debba richiedere le informazioni sull’identità e sulla nazionalità al questore del luogo il quale deve avviare la procedura di identificazione interessando le competenti autorità diplomatiche (il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia adottano i necessari strumenti di coordinamento).
Utile è pure il confronto in relazione alle problematiche relative all’introduzione di nuove strutture regionali denominate REMS, ad esclusiva gestione sanitaria (art. 3-ter comma 3 lett. a) legge 17 febbraio 2012, n. 9) per stabilire secondo quali regole si svolgerà la vita dei detenuti all’interno di queste strutture e in particolare al profilo dell’esercizio dei poteri di contenzione. Quanto all’applicabilità della normativa penitenziaria (legge 354/75 e dpr 230/2000) la legge richiama “appositi Accordi tra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il Ministero della salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano”. Questi accordi certamente non potranno derogare a norme primarie e potranno avere ad oggetto soltanto le modalità organizzative e l’articolazione di servizi che, all’interno delle nuove strutture non potranno più essere svolti dalla polizia penitenziaria.
Le recenti innovazioni legislative in tema di rimedi preventivi e compensativi in favore dei detenuti che abbiano subito un trattamento in violazione dell’art. 3 della Convenzione EDU hanno posto infatti la necessità di una riflessione comune sulle problematiche aperte anche al fine di individuare prassi condivise. Nel corso della riunione tenutasi il 10 novembre 2014 i Presidenti dei Tribunali di sorveglianza hanno riferito in ordine ai dati rappresentativi dell’effettiva efficacia dei rimedi legislativi approntati a livello nazionale e dai loro interventi è emerso che la maggior parte delle istanze è stata dichiarata inammissibile perché generiche ovvero perché è stato ritenuto insussistente il requisito dell’attualità del pregiudizio. L’Amministrazione penitenziaria si è impegnata a dare direttive ai singoli istituti penitenziari, ove il detenuto istante è ristretto, concernenti le modalità di redazione delle istanze e i requisiti necessari che esse devono contenere, nonché le informazioni da fornire al giudice in merito alle caratteristiche dell’istituto e ai cambiamenti intervenuti nel tempo (planimetrie, misure delle finestre, offerta in termini di lavoro, istruzione e attività, numero di ore in cui la camera detentiva rimane aperta, ore di uscita ai passeggi, ore in saletta ricreativa, regime di vita detentiva, cadenza con cui vengono consegnati i prodotti per l'igiene, acqua calda e possibilità di fare la doccia, eventuali ispezioni della ASL), informazioni integrate con quelle utili all’istruttoria e alla decisione delle singole istanze (periodi detentivi e relativi ai diversi istituti, spazio a disposizione -numero di persone in camera detentiva-, lavoro o altre attività di cui ha fruito, cartella personale), anche relative agli istituti ove era recluso in precedenza.
- un intervento legislativo che preveda, perlomeno davanti al Magistrato di sorveglianza, una procedura molto più snella e informale di quella prevista dall’art. 35-ter OP, sul modello di quella prevista in materia di liberazione anticipata speciale, senza contraddittorio e partecipazione del detenuto istante. Considerata la situazione di stallo derivante da una forte divergenza interpretativa derivante anche dalla denunciata scarsa chiarezza della norma, è stata poi manifestata la pressante esigenza di un intervento interpretativo del Legislatore che chiarisca:
- che l’ammissibilità delle istanze non è legata alla attualità del pregiudizio lamentato (paradossalmente l’azione dell’Amministrazione volta ad eliminare situazioni di violazione rende di fatto inapplicabile il rimedio)
- la posizione dei condannati alla pena dell’ergastolo (che non possono fruire di sconti a titolo di compensazione)
- le modalità con le quali deve essere calcolato lo spazio minimo.Per quanto riguarda i criteri di calcolo degli spazi detentivi è infatti emerso che non vi sono criteri condivisi e questo determina una maggiore difficoltà di acquisire le informazioni e rischia di determinare un incremento del numero di impugnazioni con conseguente protrarsi della procedura. Sembra quindi utile che, sulla base dei criteri ai quali la Corte EDU si è riferita nella sua giurisprudenza e delle obiettive disponibilità di spazio del nostro sistema, il Legislatore fissi un criterio certo ed univoco che non può che riferirsi al dato strutturale riscontrabile dalle planimetrie (al di là dello specifico ingombro ulteriore rappresentato dal mobilio fisso che varia da cella a cella). Non può escludersi in proposito l’eventualità di una modifica dell’art. 6 OP che aggiunga un parametro numerico all’attuale riferimento al concetto di “ampiezza sufficiente”.Sono emerse infine ulteriori esigenze:
- proroga dei comandi del personale di polizia penitenziaria
- aggiornamento dell’applicativo SIUS e degli altri programmi (artt. 35-bis e 35-ter OP, opposizione a riabilitazioni e declaratoria di estinzione della pena, art. 51-bi OP ecc.)istruzioni alle cancellerie in ordine alla liquidazione delle somme liquidate a titolo compensativo
- rideterminazione delle piante organiche sia dei magistrati di sorveglianza che del relativo personale amministrativo
- iproroga della circolare del DOG sul divieto di applicazione del personale di cancelleria addetto alla Sorveglianza, salvo parere del Capo dell’Ufficio.
Roma, luglio 2015
IL DIRETTORE DELL'UFFICIO
Roberta Palmisano