Scheda sulla specificità della Polizia penitenziaria (febbraio 2015)

  • pubblicato nel 2015
  • autore: Roberta Palmisano
  • scheda
  • Ufficio Studi, ricerche, legislazione e rapporti internazionali
  • licenza di utilizzo: CC BY-NC-ND

 

Dipartimento Amministrazione Penitenziaria
Ufficio del Capo del Dipartimento
Ufficio Studi Ricerche Legislazione e Rapporti Internazionali

  1. Secondo la definizione contenuta nell’articolo 16 secondo comma della legge 1.4.1981 n. 121 (Ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza) e nell’articolo 1 comma terzo legge 15.12.1990 n. 395 (Ordinamento del Corpo di Polizia penitenziaria), la Polizia penitenziaria è un Corpo civile posto alle dipendenze del ministero della giustizia e, ferme restando le proprie attribuzioni, fa parte delle Forze di Polizia. I compiti istituzionali conferiti sono elencati all’art. 5 della legge 15.12.1990 n. 395:il Corpo di polizia penitenziaria attende ad assicurare l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale; garantisce l'ordine all'interno degli istituti di prevenzione e di pena e ne tutela la sicurezza; partecipa, anche nell'ambito di gruppi di lavoro, alle attività di osservazione e di trattamento rieducativo dei detenuti e degli internati; espleta il servizio di traduzione dei detenuti ed internati ed il servizio di piantonamento dei detenuti ed internati ricoverati in luoghi esterni di cura, secondo le modalità ed i tempi di cui all'articolo 4.Fatto salvo l'impiego ai sensi dell'articolo 16, secondo e terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria non possono comunque essere impiegati in compiti che non siano direttamente connessi ai servizi di istituto.Tra i compiti istituzionali della Polizia penitenziaria vi è quindi la partecipazione alle attività trattamentali e il disposto dell’art.5 della legge di Riforma del Corpo riconosce alla Polizia penitenziaria la partecipazione attiva nell’ambito dei processi di conoscenza del detenuto.
     
  2. L’Amministrazione Penitenziaria ha intrapreso un percorso di cambiamento del sistema organizzativo e gestionale che, insieme agli interventi legislativi adottati, ha contribuito, pur nel perdurare delle difficoltà, ad arginare l’emergenza sovraffollamento.Il nuovo modello, conforme alle Regole Penitenziarie Europee, è fondato sulla differenziazione degli istituti penitenziari secondo la pericolosità dei soggetti e la loro posizione giuridica e sulla necessità di una comune assunzione di responsabilità.Nelle sezioni di media sicurezza l’obiettivo è quello di creare le condizioni affinchè il detenuto trascorra la maggior parte del proprio tempo al di fuori della stanza detentiva in spazi dedicati alle attività trattamentali, all’interno dei quali è favorito l'intervento degli operatori e dei volontari (“carcere aperto”). La sicurezza, intesa quale condizione preliminare per la realizzazione delle finalità del trattamento, non è affidata in via esclusiva alla responsabilità della polizia penitenziaria e quest’ultima a sua volta prende parte alle iniziative trattamentali. Il metodo di lavoro si fonda sulla conoscenza del detenuto e sulla condivisione delle conoscenze tra tutti gli operatori penitenziari, in linea con il modello europeo di “sorveglianza dinamica” (posti fissi per la polizia penitenziaria all’esterno delle detenzioni detentive, presidi di punti nevralgici e dei varchi, operazioni di controllo e governo in pattuglie, distribuzione delle responsabilità su livelli di responsabilità differenziati). La polizia penitenziaria ha un ruolo fondamentale in questo processo e la sua qualificazione professionale nell’ambito dei processi di conoscenza sono presupposto ineludibile per l’attuazione del cambiamento di un modello professionale che finora era fondamentalmente fondato sul controllo-custodia della persona, finalizzato prevalentemente a prevenire fatti e azioni che possono compromettere la sicurezza intramurale (evasioni, risse, aggressioni, danneggiamenti…) o la incolumità personale degli stessi detenuti (suicidi e autolesionismi). Il difficile compito della Polizia penitenziaria è sintetizzato nel motto: “Despondere spem est munus nostrum”. “Despondere”: ovvero assicurare, garantire, mantenere viva la speranza rafforzandone il fondamento. Questa frase va collegata a quella che contrassegnava il Corpo degli Agenti di Custodia: “Vigilando redimere”, motto che pone l’accento sulla vigilanza e dunque la custodia dei detenuti, che pure continua a rappresentare uno dei compiti fondamentali del Corpo. Ma “custodia” significa molto più della semplice vigilanza perché implica attenzione e cura rivolte a chi viene vigilato.La polizia penitenziaria è quindi una polizia specializzata perché ha il compito, specifico e difficile, di tenere insieme due ruoli: quello del controllo della sicurezza e del recupero.La polizia penitenziaria deve contribuire al recupero e il suo ruolo è particolarmente difficile perché il detenuto non è libero e quindi la sua adesione indispensabile al programma di recupero, non può essere un’adesione spontanea e sarà sempre una adesione relativa e limitata. La funzione della Polizia penitenziaria non è quella di accertare il reato, di assicurare alla giustizia, ma quella di contribuire alla trasformazione degli individui, e in questo senso alla polizia penitenziaria è richiesto un dippiù di “umanità” a cui deve certamente aggiungersi la cooperazione convergente degli altri operatori carcerari e della società tutta.
     
  3. La peculiarità e specificità del Corpo di Polizia penitenziaria è riflessa nei principi internazionali del Consiglio d’Europa che fanno del sistema penitenziario un sistema indipendente rispetto agli altri settori del sistema penale.La Raccomandazione Rec (2012)5 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sul Codice Europeo di Etica per il personale penitenziario espressamente prevede che esso “deve avere nei confronti dei detenuti un ruolo e delle funzioni che si distinguono da quelli della polizia, dell’esercito, della procura e della magistratura”.La Raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee esplicitamente prescrive (Regola 71) che “Gli istituti penitenziari devono essere posti sotto la responsabilità di autorità pubbliche ed essere separati dall’esercito, dalla polizia e dai servizi di indagine penale”.Il commento a questa Regola aggiunge che: “è importante effettuare una separazione organizzativa chiara tra polizia e amministrazione penitenziaria. Nella maggior parte degli Stati europei, la polizia dipende dal Ministero dell’interno, mentre l’amministrazione penitenziaria dal Ministero della giustizia. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa prescrive che “deve essere fatta una netta distinzione tra il ruolo della polizia e quello del sistema giudiziario, del pubblico ministero e del sistema penitenziario”.Il Codice Etico Europeo della Polizia (raccomandazione R(2001)10 del CoE) esclude esplicitamente la "polizia penitenziaria", anche se vi fa riferimento dicendo che essa "si limita a svolgere le proprie funzioni negli istituti di pena". Il Commento a questo testo evidenzia che in alcuni stati membri il personale delle strutture “correzionali” viene chiamato “polizia carceraria o penitenziaria” e questa categoria di personale non è trattata nella Raccomandazione.La Regola 6 della Raccomandazione prescrive che Il ruolo della polizia e del sistema della pubblica accusa, della magistratura e del sistema penitenziario devono essere nettamente distinti. Il Commento a questa Regola sottolinea l’importanza di una separazione del ruolo della polizia, che rappresenta “il primo anello della catena”, dagli altri elementi del sistema di giustizia penale.La successiva Regola 11 (“La polizia non deve assumere il ruolo del personale penitenziario, tranne in casi di emergenza”) è complementare alla Regola 6 ed è stata inclusa per sottolineare l’assoluta differenza tra le funzioni della polizia, che nella sua funzione giudiziaria si occupa della fase delle indagini pre-processuale, da quella del trattamento delle persone in attesa di giudizio o condannate anche se l’intervento della polizia può essere necessario in situazioni di emergenza. Le qualifiche personali, le procedure di reclutamento e la formazione devono essere molto diverse.
     
  4. Proprio la specificità del ruolo e le competenze attribuite alla polizia penitenziaria, che opera in via esclusiva nell’ambiente penitenziario, hanno invece reso necessario regolamentare l’attività di polizia giudiziaria all’interno del carcere e con DM del 14 giugno 2007 è stato istituito il Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria (NIC) che ha la funzione di svolgere attività di polizia giudiziaria su fatti di reato commessi in ambito penitenziario o comunque direttamente collegati ad esso. Tra le principali competenze del NIC c’è quella di investigare nell’ambito dei delitti di criminalità organizzata connessi con l’ambiente carcerario e il contributo investigativo dato dal NIC, mediante la raccolta e l’elaborazione di tutte le informazioni che provengono dall’ambiente carcerario, è stato fondamentale per l’autorità giudiziaria.Con la recente modifica dell’art. 108 comma 8 dl 6 settembre 2011 n. 159, il Corpo di polizia penitenziaria è stato inserito nell’organico della Direzione Investigativa Antimafia e ora è previsto che la Direzione Investigativa Antimafia si avvalga della Polizia penitenziaria “per le esigenze di collegamento con le strutture di appartenenza, anche in relazione a quanto previsto dal comma 3, nonché per l’attività di analisi sullo scambio delle informazioni di interesse all’interno delle strutture carcerarie “ (decreto l.gvo 15 novembre 2012 n. 218 -Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159-).
     
  5. Le peculiarità e specificità dei compiti riservati alla Polizia penitenziaria devono essere a fondamento del riparto di competenze delle attività svolte sul territorio, in coordinamento con le altre Forze di Polizia. La legge 15 dicembre 1990, n. 395 in particolare stabilisce che il Corpo di polizia penitenziaria “espleta il servizio di traduzione dei detenuti ed internati e il servizio di piantonamento dei detenuti ed internati ricoverati in luoghi esterni di cura”. La circolare n. 3643/6093 del 14 marzo 2013 “Nuovo Modello operativo del Servizio Traduzioni e Piantonamenti” si è prefissa lo scopo di individuare i criteri sulla base dei quali dovrebbero essere ripartite le competenze tra la Polizia penitenziaria e gli altri Corpi di polizia.In questa materia è emersa di recente la necessità di trovare soluzioni condivise e sanare difformità interpretative e sono in corso da mesi riunioni di coordinamento interforze presso l’Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di Polizia, definito una “casa comune” delle Forze di Polizia. Il Corpo di Polizia penitenziaria però non è rappresentato in tale Ufficio, e questo certamente determina uno squilibrio. Tale assenza dipende unicamente dall’Amministrazione penitenziaria, poiché le unità sono distaccate presso l’Ufficio interforze con atto d’iniziativa delle Amministrazioni di polizia interessate, non avendo il medesimo un autonomo potere di richiesta di personale.Già con nota in data 18 luglio 2014 quest’Ufficio suggeriva di valutare l’opportunità di distaccare presso il menzionato Ufficio una aliquota di personale del Corpo di Polizia Penitenziaria con funzioni di collegamento con il DAP. Una rappresentatività costante ed equilibrata anche della Polizia penitenziaria consentirà di rispondere alla sempre più avvertita esigenza di razionalizzare le potenzialità strutturali ed operative delle singole Forze di Polizia, ottimizzando l’impiego e la distribuzione delle rispettive risorse al fine di una migliore organizzazione dei rispettivi servizi.Nell’ambito dei lavori del predetto gruppo interforze si potrà inoltre valutare l’opportunità di predisporre un nuovo decreto interministeriale che sostituisca il DM 11 aprile 1997, il cui contenuto sia condiviso da tutte le Forze di Polizia, volto a chiarire ogni contrasto interpretativo sorto in ordine alle rispettive competenze regolare i dubbi interpretativi e le divergenze in materie quali l’esecuzione delle traduzioni e dei piantonamenti.
     
  6. Per quanto fin qui detto si ritiene che ogni progetto che attribuisca alla polizia penitenziaria competenze funzionali ulteriori (quali la sorveglianza sui soggetti in detenzione domiciliare o in misure alternative, la sicurezza dei magistrati e dei palazzi di giustizia, la esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà, la ricerca e la cattura dei latitanti, la sicurezza dei collaboratori di Giustizia) da svolgere sul territorio e non connesse all’ambiente carcerario non sia rispettoso dei principi internazionali. 

Roma, 20 Febbraio 2015

 

IL DIRETTORE DELL'UFFICIO
Roberta Palmisano