ARCHIVIO - Rapporto sulla Fase 3 dell'applicazione della Convenzione anticorruzione dell'OCSE in Italia - Dicembre 2011

aggiornamento: 20 aprile 2012

Il presente Rapporto Italia sulla fase 3 del Gruppo di lavoro OCSE sulla corruzione valuta ed esprime raccomandazioni sull'implementazione e l'applicazione in Italia della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali nonché della Raccomandazione 2009 del Consiglio per il rafforzamento della lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali. Il rapporto è stato approvato e adottato dal Gruppo di lavoro il 16 dicembre 2011.

TRADUZIONE NON UFFICIALE

SOMMARIO

SINTESI

A. INTRODUZIONE

  1. Visita in loco
  2. Presentazione e metodologia del rapporto
  3. Contesto economico
  4. Procedimenti per corruzione di pubblici ufficiali stranieri
    1. Procedimenti conclusi
    2. Casi sotto inchiesta e/o processi in corso

B. IMPLEMENTAZIONE E APPLICAZIONE DELLA CONVENZIONE E DELLE RACCOMANDAZIONI 2009 DA PARTE DELL'ITALIA

  1. Reato di corruzione internazionale
    1. Emendamento del testo introdotto dopo la fase 2
    2. Interpretazione della Corte Suprema di Cassazione rispetto alla definizione di pubblico ufficiale straniero
    3. Esonero da responsabilità basato sulla concussione
    4. Istigazione alla corruzione e tentativo di reato
  2. Responsabilità delle persone giuridiche
    1. Criteri riguardanti la responsabilità amministrativa
    2. Requisiti riguardanti la responsabilità delle persone fisiche
    3. Numero di procedimenti penali
  3. Sanzioni
    1. Sanzioni per persone fisiche
    2. Sanzioni per le persone giuridiche
    3. Ulteriori sanzioni destinate alle persone giuridiche
  4. Confisca della tangente e dei proventi della corruzione
  5. Indagini e procedimenti giudiziari per i reati di corruzione internazionale
    1. Criteri in materia di indagini, procedimenti giudiziari, risorse e coordinamento
    2. Tecniche investigative e sfide da raccogliere in materia di indagini sulla corruzione internazionale
    3. Estinzione dei procedimenti: utilizzo del patteggiamento dopo la Fase 2
    4. Regime della prescrizione
  6. Riciclaggio di denaro
    1. Il reato di riciclaggio
    2. Due diligence e doveri di informazione
  7. Requisiti contabili, revisione contabile esterna, programmi aziendali tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme
    1. Requisiti contabili
    2. Requisiti in materia di revisione contabile esterna
    3. Meccanismi di controllo interni alle aziende, programmi e misure aziendali tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme
  8. Misure fiscali per la lotta anticorruzione
    1. Non deducibilità delle tangenti
    2. Individuazione e segnalazione di presunti atti di corruzione
    3. Condono fiscale
    4. Trattati fiscali bilaterali e multilaterali e condivisione delle informazioni da parte delle autorità fiscali
  9. Cooperazione internazionale
    1. Mutua assistenza giudiziaria
    2. Cooperazione internazionale e regime della prescrizione
  10. Consapevolezza del pubblico e segnalazione di atti di corruzione internazionale
    1. Consapevolezza riguardo alla convenzione e alla corruzione internazionale
    2. Comunicazione di presunti atti di corruzione internazionale
    3. Tutela dei dipendenti che denunciano un'irregolarità ("whistleblowers")
  11. Risorse pubbliche
    1. Crediti all'esportazione che beneficiano di sostegno pubblico
    2. Appalti pubblici
    3. Aiuto Pubblico allo Sviluppo

C. RACCOMANDAZIONI E TEMATICHE DA MONITORARE

  1. Raccomandazioni del Gruppo di lavoro
  2. Monitoraggio da parte del Gruppo di lavoro

ALLEGATO 1 - RACCOMANDAZIONI DI FASE 2 NEI CONFRONTI DELL'ITALIA E VALUTAZIONE IN MATERIA DI APPLICAZIONE STILATA DAL GRUPPO DI LAVORO SULLA CORRUZIONE

ALLEGATO 2 - STRALCI DELLA NORMATIVA ITALIANA

ALLEGATO 3 - PROCEDIMENTI GIURIDICI CONCLUSI

ALLEGATO 4 - LISTA DEI PARTECIPANTI ALLA VISITA IN LOCO

ALLEGATO 5 - DATI CHIAVE E STATISTICHE

ALLEGATO 6 - LISTA DELLE ABBREVIAZIONI, DEI TERMINI E DEGLI ACRONIMI

SINTESI

  1. Il Rapporto di Fase 3 sull’Italia del Gruppo di lavoro OCSE sulla corruzione valuta ed esprime raccomandazioni sull'implementazione e l'applicazione in Italia della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali e relativi strumenti. Il presente rapporto si concentra su questioni orizzontali, che riguardano il Gruppo di lavoro nella sua totalità, in particolar modo sull'applicazione della Convenzione, ma prende anche in considerazione questioni specifiche ad ogni paese (verticali) legate ai progressi realizzati dopo la valutazione sull'Italia effettuata durante la Fase 2 del novembre 2004, considerando anche i progressi già rilevati nel rapporto di monitoraggio del marzo 2007 inviato per iscritto.
     
  2. La magistratura e le forze di polizia italiane stanno realizzando sforzi significativi per indagare e perseguire i reati di corruzione internazionale, il che è particolarmente degno di nota date le questioni sollevate dal regime italiano della prescrizione. Dalla Fase 2 ad oggi, gli sforzi dell'Italia per applicare la legislazione contro i reati di corruzione internazionale, anche nei confronti delle persone giuridiche, sono aumentati incessantemente. Tuttavia, sebbene 60 imputati siano stati perseguiti e 9 casi siano sotto inchiesta, sono state comminate sanzioni definitive soltanto nei confronti di tre persone giuridiche e nove persone fisiche, in tutti i casi attraverso la procedura del patteggiamento. I procedimenti contro altre numerose persone giuridiche e fisiche si sono conclusi con un non luogo a procedere, nella maggior parte dei casi per la decorrenza dei termini previsti dal regime italiano della prescrizione, che non sono stati estesi dopo la Fase 2 e si limitano a 7,5 anni per tutte le fasi del dibattimento (fino all’appello) comprese le sospensioni e interruzioni. Per questa ragione, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia prenda urgentemente le misure necessarie per estendere il termine di prescrizione ultimo per l'avvio di azioni penali e l'imposizione di sanzioni nel caso di corruzione internazionale, mediante qualsiasi mezzo necessario.
     
  3. I significativi sforzi compiuti dall'Italia nell'applicazione della legislazione sono stati resi possibili dall'ampiezza del quadro normativo per perseguire la corruzione internazionale, il quale include la possibilità di utilizzare il procedimento del patteggiamento, simile al "plea bargaining", e vari strumenti per sanzionare le persone giuridiche per corruzione internazionale nonché confiscare i proventi della corruzione. L'applicazione del reato contro le persone giuridiche ha anche creato un forte incentivo affinché le aziende italiane adottassero programmi interni tesi a garantire la conformità alle norme. Inoltre, gli enti responsabili dell'amministrazione di risorse pubbliche, come i crediti all'esportazione e i contratti pubblici, hanno adottato politiche e procedure per la prevenzione e l'iindividuazione della corruzione internazionale.
     
  4. Ciò nonostante, oltre ai punti già evidenziati in precedenza, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia elimini la concussione come possibile esonero da responsabilità (“defence”) nei processi per corruzione internazionale. Il Gruppo di lavoro, inoltre, esprime preoccupazione rispetto all'efficacia e all'effetto deterrente delle sanzioni applicabili in Italia, in particolar modo quelle contro le persone giuridiche, e raccomanda che l'Italia rafforzi tali sanzioni. Oltre a ciò, il Gruppo di lavoro monitorerà l’effettiva possibilità di procedere alla confisca sia delle tangenti che dei proventi della corruzione internazionale. Il Gruppo di lavoro, inoltre, incoraggia l'Italia ad aumentare gli sforzi per facilitare l’individuazione di atti di corruzione internazionale utilizzando mezzi quali i controlli contabili, la verifica dei conti, i controlli fiscali e la tutela dei dipendenti che denuncino un'irregolarità (“whistleblowers”).
     
  5. Il presente rapporto e le sue raccomandazioni sono il risultato dei riscontri degli esperti australiani e tedeschi e sono stati adottati dal Gruppo di lavoro dell'OCSE sulla corruzione. Il rapporto è basato sulla normativa e altri materiali forniti dall'Italia, nonché sulle informazioni ottenute dal gruppo di valutazione durante la visita in loco di quattro giorni realizzata in Italia dal 5 all'8 luglio 2011, durante la quale tale gruppo ha incontrato rappresentanti della pubblica amministrazione, del sistema giudiziario, del settore privato e della società civile. Entro un anno dall'approvazione del rapporto da parte del Gruppo di lavoro, l'Italia presenterà un rapporto orale di monitoraggio sull'implementazione di alcune raccomandazioni, al quale seguirà un rapporto scritto sull'applicazione di tutte le raccomandazioni entro due anni.

    A. INTRODUZIONE

    1. Visita in loco
     
  6. Dal 5 all'8 luglio 2011, esperti del Gruppo di lavoro dell'OCSE sulla corruzione nelle operazioni economiche internazionali (qui definito Gruppo di lavoro, e formato da 38 Stati parti contraenti della convenzione dell'OCSE anticorruzione) si è recato a Milano e a Roma secondo quanto previsto dalla valutazione inter pares della Fase 3 per l'implementazione della Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche e internazionali (qui definita Convenzione anticorruzione o semplicemente Convenzione), della Raccomandazione 2009 per il rafforzamento della lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali (qui definita Raccomandazione 2009) e della Raccomandazione 2009 del Consiglio sulle misure fiscali per il rafforzamento della lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali (qui definita Raccomandazione fiscale 2009). Scopo della visita era valutare l'implementazione e l'applicazione da parte dell'Italia della Convenzione anticorruzione e delle Raccomandazioni 2009.
     
  7. Il gruppo di valutazione era composto dagli esaminatori australiani e tedeschi nonché da membri del Segretariato dell'OCSE [1]. Prima della visita, l'Italia ha riempito il questionario generale e risposto alle domande supplementari secondo quanto previsto dalla Fase 3. L'Italia ha inoltre fornito traduzioni di norme, documenti e giurisprudenza rilevanti in materia. Durante la visita, il gruppo di valutazione ha incontrato rappresentanti del settore pubblico e privato nonché della società civile italiana [2]. Il gruppo di valutazione è grato per gli sforzi realizzati dall'Italia al fine di assicurare la partecipazione di un gran numero di persone provenienti dal settore pubblico e privato, compresi numerosi alti funzionari del Ministero della Giustizia, del Ministero degli Affari esteri, del Ministero dell'Economia e delle Finanze nonché di vari magistrati e giudici che hanno partecipato ad importanti procedimenti legali per corruzione internazionale. Il gruppo di valutazione esprime il suo apprezzamento per la disponibilità dimostrata dall'Italia e per l'alto livello di cooperazione durante tutto il processo di valutazione. Il gruppo di valutazione è anche grato a tutti i partecipanti alla visita in loco per aver reso possibile un sincero scambio di idee e esprime la sua gratitudine al Sottosegretario di Stato per la Giustizia per il tempo dedicato all'incontro con gli esaminatori. Il gruppo di valutazione fa notare che i rappresentanti del Governo italiano non erano presenti durante il dibattito con i rappresentanti del settore privato e della società civile.

    2. Presentazione e metodologia del rapporto
     
  8. Il presente rapporto consta di due parti. Questa parte (sezione A) presenta informazioni sulla visita in loco, l'economia italiana e i processi per corruzione internazionale che sono stati celebrati o sono tuttora in corso in Italia. La sezione B prende in esame gli sforzi compiuti dall'Italia per incrementare ed applicare la Convenzione anticorruzione e le Raccomandazioni 2009, tenendo conto delle questioni di ordine più generale in materia di valutazione sollevate dal Gruppo di lavoro nella Fase 3. Questa sezione si concentra in particolar modo sugli sforzi e i risultati di tale applicazione, nonché su questioni specifiche legate ai progressi compiuti dall'Italia in campi nei quali era necessario un miglioramento, identificati nella Fase 2, e su problemi sollevati da cambiamenti nella legislazione nazionale o nel quadro istituzionale italiano. Nella parte C vengono presentate le raccomandazioni del Gruppo di lavoro e le questioni che saranno sottoposte a monitoraggio.
     
  9. Una parte essenziale dell'analisi è basata su: (i) presentazione di alcuni procedimenti inviata insieme alle risposte dell'Italia al questionario di Fase 3 e ulteriori informazioni stilate dalla Procura della Repubblica di Milano e inviate dal Ministero della Giustizia; (ii) stralci di alcune sentenze richieste dal gruppo di valutazione e fornite dall'Italia dopo la visita in loco. La maggior parte dei procedimenti indicati dall'Italia erano legati alle inchieste sul programma delle Nazioni Unite “Oil for Food”. Gli esaminatori fanno notare che un numero limitato di decisioni in materia di processi per corruzione internazionale è stato fornito dall'Italia secondo la tempistica concordata, mentre altre decisioni sono state fornite con un certo ritardo. Un'altra preoccupazione espressa dal gruppo di valutazione riguardava la preparazione di informazioni statistiche aggiornate sulle azioni coercitive dell'Italia in materia di corruzione internazionale. Una raccomandazione per migliorare la presentazione di informazioni statistiche in materia viene presentata più avanti in questo rapporto.

    3. Contesto economico
     
  10. L'Italia presenta un'economia industriale diversificata che si situa all'undicesimo posto nel mondo [3]. L'Italia ha una popolazione di circa 60 milioni di persone e un PIL pro capite elevato pari a 34.161 dollari USA [4]. Esistono rilevanti disparità economiche tra le regioni industriali del Nord, altamente sviluppate, e le regioni agricole del Sud, meno sviluppate. Le piccole e medie imprese, incluse le aziende familiari, hanno un peso molto importante nel tessuto economico italiano.
     
  11. Le esportazioni di commodities dell'Italia rappresentavano il 26,8% del PIL nel 2010 [5]. Le principali esportazioni italiane sono rappresentate da prodotti petroliferi raffinati, automobili, prodotti farmaceutici, componenti e accessori per l'industria automobilistica, ferro, acciaio e ferroleghe lavorati [6]; queste industrie, però, rappresentano solo il 16% del valore totale delle esportazioni italiane. Altri importanti settori in materia di esportazione comprendono le calzature, l’abbigliamento esterno, i macchinari per usi generici, gli accessori per mobilio e gli accessori in acciaio (esclusi i prodotti in acciaio fuso). Le principali destinazioni delle esportazioni italiane sono i paesi europei, anche se il paese esporta verso la Cina e gli Stati Uniti. Inoltre, molte piccole e medie imprese (PMI) italiane hanno cominciato a esternalizzare la produzione nei paesi dell'Est europeo: tra queste si contano soprattutto aziende del settore tessile, della lavorazione del cuoio e dell'ingegneria. L'Italia importa beni da vari paesi europei, nonché dalla Cina e dagli Stati Uniti. Non avendo altre risorse energetiche oltre all'energia idrica ed eolica, l'Italia deve importare la maggior parte delle risorse energetiche dall'estero.
     
  12. L'Italia realizza la stragrande maggioranza dei suoi investimenti diretti esteri in Europa [7]. In vari paesi in cui sono effettuati investimenti diretti esteri (Austria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svizzera, Bahamas) si trovano anche molte holding.

    4. Procedimenti per corruzione di pubblici ufficiali stranieri

    a) Procedimenti conclusi
     
  13. La magistratura, le forze di polizia e i giudici italiani sono stati molto attivi nel perseguire i reati di corruzione internazionale da quando è entrato in vigore l'articolo 322-bis del codice penale italiano nell'ottobre del 2000. Ciò nonostante, anche se l'Italia ha chiuso processi contro 60 imputati in 23 cause a partire da quel momento, solo 12 di essi (nove persone fisiche e tre persone giuridiche) sono stati sanzionati per corruzione internazionale. Ciò è principalmente dovuto al fatto che la maggioranza dei procedimenti che altrimenti sarebbero stati portati avanti per la sussistenza del reato (oltre il 62% dei procedimenti non si sono conclusi con un non luogo a procedere per mancanza di elementi a sostegno) si sono conclusi con un non luogo a procedere a causa dell'espirazione del termine di prescrizione applicabile. Durante la visita in loco è risultato chiarissimo che il problema rappresentato dal regime italiano della prescrizione è la principale ragione per cui i notevoli sforzi di applicazione della legge realizzati dall'Italia hanno prodotto solo risultati limitati in termini di sanzioni imposte ai colpevoli [8].
     
  14. Tutti i procedimenti in cui sono state irrogate sanzioni si sono chiusi con una procedura di patteggiamento. Tutte queste procedure sono state adottate dopo la Fase 2: nel 2008 (caso Oil for Food 1, una persona fisica condannata), 2009 (caso del traffico d'armi con la Libia, due persone fisiche condannate) 2010 (caso Pirelli/Telecom, due persone giuridiche e quattro persone fisiche condannate) e 2011 (caso COGIM, una persona giuridica condannata, caso della compagnia petrolifera, due persone fisiche condannate). Nell'allegato numero 3 viene riportata una tabella che presenta i procedimenti conclusi fino ad oggi (comprese le condanne comminate, l'ammontare delle tangenti e altri fatti essenziali di cui si è a conoscenza).
     
  15. La pena detentiva più lunga è stata comminata nel caso Pirelli/Telecom (quattro anni e due mesi, senza sospensione della pena). Un certo numero di pene detentive comminate a persone fisiche per reati di corruzione internazionale sono state sospese, non eseguite o annullate in appello a causa della scadenza del termine di prescrizione. La sanzione pecuniaria più pesante contro una persona giuridica è rappresentata dal pagamento dei 400.000 euro a cui sono state condannate ognuna delle persone giuridiche coinvolte nel caso Pirelli/Telecom. In quattro casi le condanne hanno previsto la confisca dei beni: nel caso del traffico d'armi con la Libia (confisca comminata a due persone fisiche), caso Pirelli-Telecom (confisca comminata ad almeno quattro persone fisiche), caso COGIM (confisca comminata a una persona giuridica) e caso della compagnia petrolifera (confisca comminata a due persone fisiche).
     
  16. Tre altre persone fisiche imputate (nel caso Oil for Food 12) sono state condannate per il reato di corruzione internazionale, ma in seguito le pene sono state annullate a causa della scadenza del periodo di prescrizione durante i processi d'appello. Nel settembre 2011, un'altra persona fisica è stata dichiarata colpevole di corruzione internazionale al termine del processo e condannata ad una pena detentiva (caso della compagnia petrolifera). Il procedimento non si è concluso (si attende la conclusione del processo d'appello), e la scadenza del periodo di prescrizione è prevista nel gennaio 2012. La condanna comminata a questa persona potrebbe quindi essere annullata.
     
  17. Attraverso le risposte al questionario e durante la visita in loco, gli esaminatori sono venuti a sapere che tutte le azioni giudiziarie passate e presenti sono state intraprese in seguito ad informazioni di cui si è venuti a conoscenza attraverso fonti esterne, soprattutto informazioni fornite dalle Nazioni Unite nel suo rapporto sulla manipolazione del programma Oil for Food (15 dei 21 procedimenti penali chiusi dalla Fase 2 ad oggi), [9] nonché attraverso discussioni formali e informali con altri membri del Gruppo di lavoro. Sembra che le autorità italiane abbiano avviato poche inchieste in seguito alla scoperta di presunti atti di corruzione internazionale da parte delle forze di polizia. Uno dei casi esaminato dal gruppo di valutazione dimostra, però, che probabilmente sono anche state avviate azioni giudiziarie in seguito ad inchieste su altri reati (si veda il caso del traffico d'armi con la Libia).

    b) Casi sotto inchiesta e/o processi in corso
     
  18. Le autorità italiane sono attive nel perseguire i reati di corruzione internazionale. Hanno indicato che attualmente stanno avviando nove altre azioni giudiziarie (riguardanti 24 persone fisiche e quattro persone giuridiche). Uno di questi casi, di cui hanno dato notizia i media, è attualmente in fase di dibattimento (caso del gas nigeriano) e in tale ambito sono state avviate azioni giudiziarie contro due persone giuridiche e cinque persone fisiche che svolgevano il ruolo di manager della compagnia del gas. Il procedimento prevede imputazioni di corruzione per la costruzione di un impianto di gas naturale liquefatto a Bonny Island, al largo delle coste della Nigeria. Inchieste legate a questo caso sono in corso anche in Francia, Germania, Giappone, Portogallo, Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito. Un altro Stato parte della Convenzione, per comporre le controversie nate dall'imputazione di corruzione internazionale, ha comminato sanzioni contro altre persone giuridiche e ha condannato varie persone fisiche.
     
  19. Un altro procedimento contro una persona giuridica e tre persone fisiche prevede imputazioni di corruzione contro un'azienda nel settore del petrolio e del gas. Non si conosce ancora la tempistica legata a questo caso. Un terzo procedimento (contro una persona giuridica e una persona fisica) è collegato ad un procedimento Oil for Food che si è già concluso con un non luogo a procedere per quanto riguarda altri capi d'accusa di corruzione internazionale. Un quarto caso riguarda una persona fisica nel settore delle telecomunicazioni; si è già concluso con un non luogo a procedere per quanto riguarda alcuni dei reati contestati ma è ancora in corso per quanto riguarda altri reati. Le altre cinque cause sono intentate solo contro persone fisiche e sono legate ai processi Oil for Food già chiusi per quanto riguarda le persone giuridiche coinvolte.
     
  20. Si pensa che almeno cinque dei nove procedimenti giudiziari in corso saranno prescritti per decadenza dei termini entro la fine del febbraio 2012, e, a meno che una decisione finale non venga presa nel frattempo (il che deve includere il più alto grado d'appello), un sesto caso sarà prescritto per decadenza dei termini entro la fine del dicembre 2012. Se non saranno avviate altre cause entro quel momento, solo tre processi per corruzione internazionale saranno ancora in corso entro la fine del prossimo anno. Ciò è particolarmente degno di nota perché, al momento in cui veniva redatto questo rapporto, le autorità italiane non avevano avviato nessuna inchiesta, basata su scoperte da parte delle stesse autorità, per presunti reati di corruzione internazionale (inchieste basate, per esempio, su informazioni di cui fossero venuti a conoscenza pubblici ufficiali italiani durante l'adempimento del loro dovere o attraverso informazioni fornite da privati). Considerando che la grande maggioranza dei procedimenti conclusi erano legati al programma Oil for Food e molti di questi procedimenti sono già stati chiusi o si avvicinano al termine di prescrizione, potenzialmente l'Italia potrebbe registrare un calo delle azioni giudiziarie in corso nei prossimi anni.
     
  21. L'Italia ha infine indicato che sono attualmente sotto inchiesta 15 altri casi di corruzione internazionale, che coinvolgono almeno 36 persone fisiche. Anche se il numero di persone giuridiche coinvolte non è per ora conosciuto, si sa che questi casi comprendono attività nel settore della difesa e dell'energia in regioni quali l'Europa dell'Est, il Medio Oriente e il Nord Africa. Uno di questi casi coinvolge presumibilmente un grande gruppo di armamenti, sostenuto dallo Stato, ed è stato paragonato dalla stampa italiana alle indagini di Mani Pulite, che, com'è noto, hanno coinvolto negli anni Novanta decine di aziende e figure politiche.

    B. IMPLEMENTAZIONE E APPLICAZIONE DELLA CONVENZIONE E DELLE RACCOMANDAZIONI 2009 DA PARTE DELL'ITALIA

    1. Reato di corruzione internazionale
     
  22. La legislazione adottata dall'Italia, articolo 322-bis c.p., prevede il reato di corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri (comma 2) [10]. Detto articolo fa riferimento (i) all'articolo 321 e (ii) ai commi 1 e 2 dell'articolo 322, che prevede i reati di corruzione di pubblico ufficiale nazionale [11]. Sia i reati di corruzione internazionale sia quelli di corruzione nazionale possono essere divisi in due categorie: da una parte gli atti di corruzione legati all'espletamento dei doveri d'ufficio dei pubblici ufficiali, dall'altra gli atti di corruzione che violano i doveri d'ufficio del pubblico ufficiale. Ad ognuna di queste categorie vengono applicate sanzioni diverse.

    a) Emendamento del testo introdotto dopo la Fase 2
     
  23. Al momento dell'applicazione della Fase 2, l'articolo 322-bis c.p. prevedeva che il reato dovesse essere "commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali". Dopo la Fase 2, la portata del reato è stata estesa con l'aggiunta della frase "ovvero al fine di ottenere o mantenere un'attività economica o finanziaria" [12] . Le autorità italiane hanno indicato che tale cambiamento è stato effettuato per mettere in conformità il testo di legge con la Convenzione ONU contro la corruzione (articolo 16, comma 1). L'emendamento non sembra aver realmente modificato la portata del reato come era intenzione del legislatore. Gli esponenti del mondo giuridico incontrati durante la visita in loco hanno affermato unanimamente che tale emendamento non ha avuto nessun impatto sulla portata del reato di corruzione internazionale che, secondo loro, comprendeva già tali situazioni.

    b) Interpretazione della Corte Suprema di Cassazione rispetto alla definizione di pubblico ufficiale straniero
     
  24. Nel 2009, la Corte di Cassazione ha stabilito che "il giudice in un processo per corruzione internazionale debba accertare d'ufficio la normativa straniera pertinente per determinare se il funzionario corrotto svolga funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio" [13] .
     
  25. L'impatto che questa interpretazione può avere sull'autonomia della definizione di "corruzione di pubblico ufficiale" (una questione sviluppata nel commento 3 della Convenzione) è stata oggetto di discussione con vari giuristi nella valutazione della Fase 3, in particolar modo con magistrati, avvocati della difesa e studiosi di diritto.
     
  26. Le opinioni non erano concordi per quanto riguarda l'impatto della decisione della Corte Suprema. I rappresentanti del mondo accademico hanno indicato che questa decisione deve essere sottoposta a un duplice test. Per prima cosa, bisogna determinare se una persona eserciti una funzione pubblica in un altro Stato conformemente alle leggi dello Stato dove questa persona esercita tale funzione. In secondo luogo, è anche necessario verificare se tale funzione venga considerata una funzione pubblica dalla legislazione italiana. Un avvocato del settore privato ha fatto notare che ambedue questi requisiti sono indispensabili per determinare se gli atti compiuti dal pubblico ufficiale (o che quest'ultimo ha omesso di compiere) in cambio dell'utilità sono collegati al suo dovere d'ufficio o violano il suo dovere d'ufficio (e di conseguenza sono indispensabili anche per determinare le sanzioni che si applicano). Gli studiosi e i magistrati hanno sottolineato che la legge internazionale dovrebbe prevalere in caso di conflitto (articolo 10 della Costituzione italiana). Riguardo all'applicazione di questo duplice test, hanno fatto notare che non deve essere difficile verificare se questa funzione venga anche considerata una funzione pubblica secondo la legislazione italiana, poiché il diritto giurisprudenziale italiano prevede criteri abbastanza ampi dato che la definizione di "funzione pubblica" comprende una vasta gamma di funzioni, com'è stato messo in evidenza dal caso Enelpower/Siemens, che prevedeva il reato di corruzione passiva.[14]
     
  27. Gli esaminatori sono stati rassicurati dalle spiegazioni fornite dalle autorità italiane secondo cui questo accertamento non si spinge fino ad esigere la "prova" della legge del paese del pubblico ufficiale, ma consente piuttosto al giudice di accertare il caso concreto "anche" attraverso un'intensa attività di ricerca sulla legge straniera e riferimenti alla legge straniera [15]. Nel caso concreto esaminato dalla Corte Suprema, questo principio legale è stato utilizzato per confutare il ragionamento del tribunale di Palermo che sosteneva mancassero informazioni riguardo al ruolo dell'istituto finanziario in questione e ha permesso di invalidare la decisione assolutoria impugnata (rinviando così il processo al tribunale di primo grado affinché venisse applicato il principio summenzionato).

    Commento:
    Gli esaminatori raccomandano che il Gruppo di lavoro, quando l'evoluzione della prassi giuridica avrà raggiunto un livello sufficiente in Italia, verifichi se l'applicazione da parte del giudice del principio di accertamento d'ufficio della normativa del paese a cui appartiene il pubblico ufficiale straniero sia compatibile con il requisito di un reato autonomo.

    c) Esonero da responsabilità (“defence”) basato sulla concussione

    (i) Portata dell'esonero dalla responsabilità
     
  28. Secondo il diritto penale italiano, una persona non è colpevole di corruzione se un pubblico ufficiale abusa delle sue funzioni o del suo potere per obbligare o indurre la persona a farsi dare indebitamente o a farsi promettere, per sé o per altri, denaro o altri beni. Secondo l'articolo 317 c.p., invece, il pubblico ufficiale si rende colpevole di concussione, mentre la persona è considerata una vittima (si veda il testo completo nell'Allegato 2 e i paragrafi 121-140 del rapporto sulla Fase 2) [16]. Conformemente all'articolo 25 del D. Lgs. 231/2001, la concussione si applica alle persone giuridiche.
     
  29. Il Gruppo di lavoro aveva stimato che si trattasse di una questione fondamentale nella Fase 2, quando la portata dell'esonero da responsabilità era stata considerata ambigua. La Corte Suprema di Cassazione ha stabilito che si ha concussione quando un pubblico ufficiale ha usato metodi psicologici coercitivi contro una persona fisica [17]. La definizione di concussione è ulteriormente complicata dal concetto di "concussione ambientale", sviluppato dalla giurisprudenza negli anni Novanta, che si verifica qualora una persona si trovi in un ambiente che lo spinga a credere che debba fornire un vantaggio ad un pubblico ufficiale sia per evitare un danno, sia per ottenere qualcosa a cui ha diritto. Tale concetto dimostra che la concussione può essere invocata come esonero da responsabilità anche quando non esistano sollecitazioni o minacce da parte del pubblico ufficiale. [18]
     
  30. Inoltre, il rapporto di Fase 2 fa notare che i magistrati possono essere portati ad affermare che in un dato caso ci si trovi di fronte ad un reato di concussione e non di corruzione, in modo che non si avvii un'azione giudiziaria contro la persona in questione e che tale persona possa essere incoraggiata a testimoniare contro il pubblico ufficiale. Avendo sottolineato che tale esonero da responsabilità non è coerente con il Commento 7 della Convenzione, il Gruppo di lavoro ha raccomandato nella Fase 2 (raccomandazione 7(a)) che l'Italia "modifichi la propria legislazione per escludere l'esonero da responsabilità basato sulla concussione dal reato di corruzione internazionale".
     
  31. Nelle risposte relative alla Fase 3, le autorità italiane hanno sottolineato che, fino ad oggi, secondo la giurisprudenza non esiste assolutamente nessun caso di corruzione internazionale in cui la concussione sia stata utilizzata dai giudici per esonerare gli imputati da responsabilità. Ciò è stato confermato da magistrati, giudici e avvocati incontrati durante la visita in loco. I giudici hanno anche evocato il processo caso Oil for Food 12, che ha coinvolto una compagnia petrolifera italiana, dove il Tribunale di Milano ha respinto la richiesta dell'imputato secondo cui poteva venir applicato il reato di concussione (nonché quello di "concussione ambientale", di cui si è già parlato) e ha sostenuto che, in base ai fatti, si poteva parlare di reato di corruzione internazionale, conformemente all'articolo 322-bis [19]. Anche se gli esaminatori si sono dimostrati rassicurati da queste affermazioni e dalla decisione del Tribunale, non trovano questi argomenti completamente convincenti, soprattutto perché solo un numero limitato di procedimenti penali arriva in fase dibattimentale a causa dell'applicabilità del regime della prescrizione (come indicato nella sottosezione 5, qui di seguito). In realtà, le discussioni con i giudici hanno messo in evidenza che la concussione viene utilizzata sistematicamente dagli avvocati della difesa e contribuisce ad allungare i tempi delle inchieste e delle azioni penali nei casi di corruzione internazionale.

    (ii) Sviluppi legislativi
     
  32. Al momento del rapporto scritto di monitoraggio previsto dalla Fase 2, nel marzo 2007, il Gruppo di lavoro si è trovato d'accordo nell'affermare che le raccomandazioni per modificare la legge fossero ancora valide e ha richiesto la stesura di rapporti annuali sui progressi in proposito. In occasione del monitoraggio orale del marzo 2008, l'Italia ha fatto notare che nell'ottobre 2007 il Governo italiano ha fatto passare un disegno di legge (AS 1594) con lo scopo di eliminare il reato di concussione dal codice penale [20]. Tuttavia, in una lettera del 12 marzo 2009, l'Italia ha informato il Gruppo di lavoro che non avrebbe abrogato tale tipo di esonero da responsabilità.
     
  33. Le risposte al questionario previste dalla Fase 3 indicano che due altri disegni di legge che devono essere esaminati dal Parlamento prevedono l'abrogazione della concussione. Un disegno di legge si pone l'obiettivo di ratificare la Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del 1999 [21] mentre l'altro è destinato ad apportare riforme di carattere più generale sui reati contro la pubblica amministrazione [22]. Una traduzione delle sintesi di tali disegni di legge è stata fornita al gruppo di valutazione dopo la visita in loco. Secondo le autorità italiane, il primo disegno di legge proposto in Parlamento comprende la sostituzione del reato di concussione con una sorta di autodenuncia che equivarrebbe ad un sistema di difesa conosciuto con il nome di "effective regret" (pentimento reale) [23]. Nel corso della valutazione di altri paesi, il Gruppo di lavoro ha raccomandato l'abrogazione dell'esonero da responsabilità basato sull’effective regret. Ne consegue che l'introduzione di questo nuovo tipo di esonero da responsabilità non risponderebbe in maniera adeguata alle raccomandazioni precedenti del Gruppo di lavoro, ma potrebbe invece sostituire le questioni sollevate dalla concussione con un nuovo tipo di problema. L'esonero da responsabilità basato sull’effective regret, infatti, presenta uno spettro ancora più ampio di quello legato alla concussione, poiché il corruttore potrebbe confessare il reato alle autorità ed essere esonerato dalla responsabilità nel caso di concussione e in ogni altra situazione. Inoltre, la sintesi dello stesso progetto di legge fornita dalle autorità italiane comprende una misura che prevede di dimezzare le sanzioni previste contro il corruttore quando questo è spinto a fornire o a promettere un'utilità "con il solo scopo di evitare un danno ingiusto", un proposito dalla portata molto vasta (molto più vasto della costrizione) e non chiaramente limitato. Il secondo progetto di legge, preparato dal Governo, è stato approvato solo dal Senato. Durante la visita in loco, le autorità italiane hanno indicato che, se il Parlamento dovesse rifiutare l'abolizione della concussione prevista dal primo progetto di legge, il Ministro della Giustizia utilizzerebbe il secondo progetto di legge per eliminare questo tipo di esonero da responsabilità e sostituirlo con un nuovo reato di traffico d'influenza. Nessuno di questi disegni di legge è stato approvato al momento della redazione del presente rapporto. [24]
     
  34. Durante la Fase 2, l'Italia ha giustificato l'applicazione della concussione al reato di corruzione internazionale sulla base di “un'equivalenza” con la corruzione nazionale. Secondo questo argomento, è giusto che una persona accusata di corruzione internazionale abbia il diritto di beneficiare dello stesso esonero da responsabilità, compresa la concussione, che ha a disposizione una persona accusata di corruzione nazionale. Recenti dibattiti in Parlamento suggeriscono che la soluzione al problema della concussione possa tuttora essere collegata alla sua applicazione al reato di corruzione nazionale e le autorità italiane hanno indicato che sono tuttora in corso dibattiti sull'utilità di questo tipo di esonero da responsabilità nel facilitare l'individuazione dei reati di corruzione internazionale e l'azione legale contro tali reati (per esempio attraverso la denuncia effettuata dalla persona che presumibilmente è stata obbligata dal pubblico ufficiale a pagare una tangente). Tuttavia, alcuni partecipanti alla visita in loco prevista dalla Fase 3 sembrano non essere più d'accordo con questo approccio. In particolar modo, durante i dibattiti con i Parlamentari italiani, i rappresentanti di uno dei principali partiti politici italiani hanno espresso la convinzione che l'esonero da responsabilità basato sulla concussione non debba essere collegato a dibattiti sulla corruzione nazionale e possa così essere rapidamente abrogato per quanto riguarda la corruzione internazionale.

    d) Istigazione alla corruzione e tentativo di reato
     
  35. Nella Fase 2, il Gruppo di lavoro ha deciso di monitorare, in parallelo con l'evoluzione della giurisprudenza, "l'applicazione del reato di istigazione alla corruzione [25] e il tentativo di reato di corruzione internazionale, in particolar modo per verificare se sono commessi indipendentemente, tra l'altro, dal valore dei vantaggi ottenuti e dai suoi risultati". Il rapporto scritto di monitoraggio di Fase 2 ha concluso che il Gruppo di lavoro debba continuare a monitorare tale questione a causa delle persistenti preoccupazioni legate ai casi in cui l'offerta, la promessa o il bene non sono stati accettati dal pubblico ufficiale straniero. Nelle loro risposte al questionario di Fase 3, le autorità italiane hanno indicato che nella giurisprudenza non è disponibile nessun esempio rilevante che possa contribuire a dirimere tale questione in materia di corruzione internazionale.
    Commento:
    Gli esaminatori raccomandano che il Gruppo di lavoro presenti nuovamente la raccomandazione 7(a) di Fase 2 secondo la quale l'Italia "deve emendare la sua legislazione per escludere l'esonero da responsabilità basato sulla concussione dal reato di corruzione internazionale". In tale prospettiva, ritengono che qualsiasi emendamento che modifichi l'applicazione della concussione alla corruzione internazionale debba essere valutato in conformità con l'articolo 1 della Convenzione e l'allegato I.A paragrafo 1 della raccomandazione 2009, nonché (i) indipendentemente da emendamenti di stessa natura riguardanti tale reato in relazione alla corruzione nazionale e (ii) con l'obiettivo di eliminare al più presto la concussione come possibile esonero da responsabilità per il reato di corruzione internazionale.

    2. Responsabilità delle persone giuridiche

    a) Criteri riguardanti la responsabilità amministrativa
     
  36. Secondo il Decreto legislativo 231 dell'8 giugno 2001 (qui di seguito indicato come D. Lgs. 231/2001), è possibile attribuire la responsabilità amministrativa alle persone giuridiche per alcuni reati penali commessi da una persona fisica, compresi la corruzione commessa all'estero e la falsità legata all'esercizio della contabilità (si vedano gli articoli 4 e 25). Le autorità italiane hanno indicato nelle loro risposte al questionario di Fase 3 che la portata del D. Lgs. 231/2001 è stata progressivamente estesa negli ultimi anni per arrivare a comprendere un certo numero di reati "applicati alla responsabilità delle persone giuridiche", che comprendono in particolar modo il riciclaggio di denaro.
     
  37. Durante la valutazione di Fase 1, il Gruppo di lavoro ha concluso che il D. Lgs. 231/2001 è conforme alle richieste della Convenzione, ma la sua applicazione andrebbe monitorata poiché si tratta di un decreto che comprende un certo grado di innovazione. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro ha deciso di monitorare la capacità dell'Italia di avviare realmente azioni legali contro persone giuridiche in virtù di questa normativa in un certo numero di casi (si veda la questione d(i), da sottoporre a monitoraggio). I procedimenti avviati dopo la Fase 2 nei confronti di persone giuridiche sono presentati nelle sottosezioni qui di seguito. Il Gruppo di lavoro anche preso la decisione di monitorare l'applicazione dell’"esonero da responsabilità basato sui modelli organizzativi".

    (i) Responsabilità delle imprese di proprietà dello Stato e controllate dallo Stato
     
  38. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro ha indicato che doveva essere monitorata la possibilità che il D. Lgs. 231/2001 si applicasse effettivamente alle imprese di proprietà dello Stato e a quelle controllate dallo Stato. Secondo le risposte fornite dall'Italia al questionario supplementare previsto dalla Fase 3, la Corte di Cassazione ha chiarito che il D. Lgs. 231/2001 si applica anche a tali enti [26]. Le autorità italiane hanno anche indicato una decisione più recente della Corte Suprema secondo la quale se un'azienda privata esercita l'attività di raccolta e riciclo di rifiuti, in seguito ad una delega di autorità conferita dal Governo italiano, a tale azienda si applica pienamente la legislazione sulla responsabilità delle persone giuridiche [27]. L'Italia sottolinea che il D. Lgs. 231/2001 esclude dalla responsabilità solo gli enti pubblici che non sono aziende, che realizzano attività senza scopo di lucro e che svolgono funzioni di rilevanza costituzionale. [28]

    (ii) Esonero da responsabilità (“defence”) basato su modelli di organizzazione
     
  39. Il D. Lgs. 231/2001 prevede l'esonero [29] da responsabilità per una persona giuridica che ha applicato un modello di organizzazione destinato ad evitare un reato che si è tuttavia verificato. Durante la visita in loco, gli esaminatori hanno cercato di determinare con i partecipanti se questo tipo di esonero sia conforme ai criteri riguardanti la responsabilità delle persone giuridiche contenute nella Guida alle buone pratiche sull'implementazione di articoli specifici della Convenzione (Allegato 1 alle Raccomandazioni del 2009). In conformità con gli articoli 6, comma 1, e all’articolo 7 del D. Lgs. 231/2001, un ente non è responsabile di un reato commesso da una persona con funzione dirigenziale (il che comprende un numero molto più vasto di persone che non siano soltanto coloro che detengano un elevato livello di autorità manageriale) [30] o da persone che si trovano sotto la sua direzione o supervisione [31] se può provare che, prima che il reato venisse commesso: (i) l'organo dirigente dell'ente ha adottato e efficacemente attuato un modello idoneo di organizzazione e di gestione destinato a prevenire il tipo di reati che si è poi verificato; (ii) l'ente ha creato un organismo indipendente destinato a supervisionare, applicare e aggiornare il modello; (iii) l'organismo indipendente ha supervisionato in maniera sufficiente il funzionamento del modello; (iv) la persona fisica ha commesso il reato eludendo in maniera fraudolenta i modelli di organizzazione. L'articolo 6 comma 2 definisce gli elementi essenziali che devono far parte di un modello di organizzazione accettabile. Nella Fase 2, il Gruppo di lavoro ha deciso di monitorare l'applicazione di questo tipo di esonero.
     
  40. Durante la visita in loco di Fase 3, i partecipanti hanno spiegato che, ai sensi del D. Lgs. 231/2001, un'azienda è responsabile della creazione di un modello di organizzazione adatto al suo settore e alle sue attività. Un'azienda può basare il suo modello di organizzazione su una serie di modelli indicati da un'associazione di categoria e approvati dal Ministero della Giustizia; tuttavia, se dovesse verificarsi un problema, il tribunale che si occupa della causa dovrà decidere in ultima istanza se la persona giuridica abbia adottato un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione dell'illecito. Per deliberare in questo senso, il tribunale esaminerà la sostanza del modello organizzativo e la maniera in cui è stato applicato, verificando, per esempio, se l'organismo di vigilanza indipendente abbia riempito correttamente le sue funzioni.
     
  41. Nelle sue risposte al questionario di Fase 3, l'Italia ha fatto riferimento ad una decisione del 2009 del Tribunale di Milano [32] , secondo la quale il Tribunale aveva prosciolto un'azienda dal reato di aggiotaggio commesso dal Presidente del Consiglio d'amministrazione e dall'Amministratore delegato poiché la società aveva precedentemente adottato un modello organizzativo conforme al D. Lgs. 231/2001. I partecipanti alla visita in loco hanno sottolineato che si trattava dell'unica sentenza in cui un tribunale abbia stabilito che il modello organizzativo di una società presentava un assetto adeguato. Il tribunale ha stabilito che il modello organizzativo dell'azienda non soltanto fosse conforme alle richieste generali del D. Lgs. 231/2001, ma comprendesse anche misure specifiche destinate a ridurre o ad eliminare il rischio dello specifico illecito contestato al processo. Il modello adottato, inoltre, era conforme alle linee guida della Confindustria. Oltre a ciò, le procedure interne del modello organizzativo richiedevano specificatamente "l'approvazione" di due o più persone per compiere le attività definite ad alto rischio. Il tribunale fece notare che la condotta illegale che aveva portato all'avvio del procedimento penale non era stata causata da uno scorretto modello organizzativo ma da comportamenti anomali adottati da alti dirigenti che avevano violato le regole interne del suddetto modello.
     
  42. D'altra parte, in uno dei due unici procedimenti italiani che si siano conclusi con la condanna di persone giuridiche per corruzione commessa all'estero, il caso Pirelli/Telecom [33] , il Tribunale di Milano ha deliberato che, nonostante il modello organizzativo adottato nelle due società "presentasse un assetto adeguato a prevenire gli illeciti come quelli verificatisi", esso non è stato "correttamente attuato" e non è stato oggetto di "un'adeguata vigilanza" [34] . Gli esponenti del mondo giuridico incontrati durante la visita in loco hanno affermato che il semplice fatto che si sia verificato un illecito significa che il modello organizzativo non fosse adeguato e che la sentenza del Tribunale di Milano del 2009 rappresenta un'eccezione in un procedimento penale molto specifico.
    Commento:
    Gli esaminatori accolgono con soddisfazione il chiarimento apportato dalla Corte Suprema secondo cui il D. Lgs. 231/2001 comprenda effettivamente le imprese di proprietà dello Stato e quelle controllate dallo Stato.
    Gli esaminatori esprimono soddisfazione per i criteri espressi nell'unica delibera di un tribunale italiano disponibile al momento della redazione del presente rapporto sull'applicazione dell'esonero da responsabilità legato ad un modello organizzativo. Se strettamente limitato all'interno di questi parametri, l'esonero non sembra contravvenire alle richieste presentate nell'Allegato I della raccomandazione 2009. Tuttavia, gli esaminatori raccomandano che il Gruppo di lavoro continui a monitorare l'applicazione dell'esonero in parallelo con l'evoluzione della prassi in materia.

    b) Requisiti riguardanti la responsabilità delle persone fisiche

    (i) Principali autori di reato che potrebbero impegnare la responsabilità delle persone giuridiche
     
  43. Il D. Lgs. 231/2001 stabilisce la responsabilità delle persone giuridiche per i reati commessi da due categorie di autori di reato: persone fisiche che rivestono funzioni di direzione dell'ente e persone fisiche sottoposte alla loro direzione o vigilanza. Le persone che rivestono funzioni dirigenziali vengono descritte in dettaglio dall'articolo 5, comma 1, del D. Lgs. 231/2001.
     
  44. Il D. Lgs. 231/2001 sembra adottare l'approccio raccomandato dalla sezione B b) della Guida alle buone pratiche sull'implementazione di articoli specifici della Convenzione (Allegato I della Raccomandazione 2009). Anche se la responsabilità di una persona giuridica in Italia è in principio impegnata dagli atti di una persona che riveste funzioni di direzione dell'ente (il che ha una portata relativamente ampia secondo quanto definito dalla legge italiana), il D. Lgs. 231/2001 prevede anche casi in cui una persona con queste funzioni venga meno al dovere di vigilanza rispetto a un subordinato o non metta in atto meccanismi di controllo interni, nonché adeguati programmi tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme [35]. Il caso Pirelli/Telecom ne rappresenta un esempio pratico. Allo stesso modo, nel procedimento in corso sul gas nigeriano, il Tribunale di Milano ha avviato un'azione legale contro due aziende che non hanno esercitato sufficiente vigilanza su due dipendenti, presumibilmente coinvolti in un caso di corruzione internazionale.[36]

    (ii) Corruzione nell'interesse o a vantaggio dell’ente
     
  45. Ai sensi del D. Lgs. 231/2001, per definire la responsabilità bisogna determinare se il reato sia stato commesso nell'interesse o a vantaggio della persona giuridica. In conformità con l'articolo 5, una persona giuridica non è responsabile se il principale accusato ha agito nel suo interesse o nell'interesse di una terza parte ("nell'interesse esclusivo proprio o di terzi"). Nella Fase 2, il Gruppo di lavoro aveva stabilito che, in base al D. Lgs. 231/2001, risultasse poco chiaro se una persona giuridica sarebbe stata considerata responsabile nel caso in cui il principale accusato avesse pagato una somma di denaro che avesse avvantaggiato una società controllata (o viceversa) o se il vantaggio risultante dall'utilità fosse stato indiretto (per esempio nel caso di una situazione concorrenziale più favorevole). Nessuno dei due procedimenti in cui una persona giuridica è stata condannata per reati di corruzione commessi all'estero di cui si era a conoscenza al momento della redazione del presente rapporto ha permesso di chiarire questo problema. Durante la visita in loco, i magistrati hanno affermato che il D. Lgs. 231/2001 avrebbe sicuramente una portata abbastanza ampia da comprendere tali situazioni, ma ciò deve ancora essere dimostrato dall’evoluzione della giurisprudenza.

    (iii) Indipendenza dei procedimenti giudiziari rispetto al principale autore del reato
     
  46. Poiché la responsabilità di una persona giuridica dipende dal fatto che una persona fisica abbia commesso un reato o meno, il D. Lgs. 231/2001 prevede che il procedimento per l'illecito amministrativo dell'ente sia riunito al procedimento penale instaurato nei confronti dell'autore del reato (articolo 38). Tuttavia, secondo le autorità italiane, una condanna contro la persona fisica che è il principale autore del reato non risulta necessaria per condannare la persona giuridica, dal momento che l'articolo 8, comma 1, lettera a) stipula che la responsabilità dell'ente sussiste anche quando l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile (per esempio perché si è reso latitante o è deceduto). Questa interpretazione della legge è stata confermata dai due casi in cui aziende italiane sono state condannate in casi di corruzione commessi all'estero; tutte e tre le aziende coinvolte nei due casi hanno patteggiato con i magistrati, anche se nessuna persona fisica è stata condannata (poiché i procedimenti erano soggetti a prescrizione). Ciò dipende dal fatto che il regime della prescrizione applicabile alle persone giuridiche è diverso da quello applicabile alle persone fisiche, come verrà indicato più avanti nella sottosezione 5(f).
     
  47. Disposizioni congiunte del D. Lgs. 231/2001 e del codice di procedura penale stabiliscono che la procedura per avviare azioni legali contro una persona giuridica nonché le disposizioni processuali applicabili al principale accusato si applichino anche ai procedimenti legali nei confronti di persone giuridiche secondo il D. Lgs. 231/2001, nella misura in cui sono compatibili (articoli 34 e 35). La Corte di Cassazione ha confermato tale principio nel caso del gas nigeriano.[37]
     
  48. Inoltre, se in base all'inchiesta, viene identificata come sospetta una persona giuridica [38] e non una persona fisica, si procede nei confronti della persona giuridica. Tuttavia, anche se l'articolo 8 del D. Lgs. 231/2001 stabilisce "l'autonomia delle responsabilità dell'ente", altre misure del D. Lgs. 231/2001 sembrano far presupporre che si possa procedere nei confronti della persona giuridica solo se una persona fisica è stata identificata e condannata. Nella Fase 2, il Gruppo di lavoro ha deciso di monitorare ulteriormente la questione (si veda la questione d(i)(1), che dovrà essere sottoposta a monitoraggio).
     
  49. Durante la visita in loco è stato chiesto se sorgano difficoltà giuridiche quando si persegua una persona giuridica senza perseguire ugualmente una persona fisica. A questa domanda, le autorità italiane hanno risposto che, se i procedimenti contro persone fisiche e giuridiche sono spesso riuniti (per facilitare la raccolta di prove che risulta spesso complessa), ciò non è obbligatorio, per esempio quando l'autore del reato non sia identificato. Le autorità hanno fatto riferimento alla relazione esplicativa del D. Lgs. 231/2001 per sottolineare che, in ambedue i casi, il reato sussiste anche se l'autore del reato non è punibile e hanno ricordato che la non identificazione dell'autore è una caratteristica tipica della disciplina italiana della responsabilità delle persone giuridiche. I giudici e i magistrati incontrati durante la visita in loco si sono dichiarati d'accordo, in principio, con questa spiegazione ma non hanno potuto fornire l'esempio di un caso in cui tale possibilità si sia verificata. Un magistrato ha espresso dubbi a proposito di tale possibilità a causa del requisito giuridico necessario per stabilire che il principale autore del reato abbia agito nell'interesse e a vantaggio dell'ente, il che significa che si siano chiariti i motivi della persona fisica. Le autorità italiane hanno confermato in un secondo tempo che non si è ancora verificato nessun caso del genere. Tale questione va monitorata a mano a mano che la giurisprudenza in materia si arricchisce.

    c) Numero di procedimenti penali
     
  50. I dati forniti dall'Italia per il rapporto annuale del Gruppo di lavoro indicano che, in Italia, 18 procedimenti si sono conclusi con una sentenza di condanna per reati di corruzione commessi all'estero, compresi 17 procedimenti conclusi tramite patteggiamento, dall'entrata in vigore del D. Lgs. 231/2001 fino al dicembre 2010. Nelle loro risposte alla Fase 3 del questionario, le autorità italiane hanno fornito dati simili (anche se non identici). Tuttavia, dopo un più attento esame di questi dati da parte del gruppo di valutazione, è emerso che questi dati comprendono casi di corruzione passiva e che, in base alla giurisprudenza disponibile al momento della redazione del presente rapporto, solo tre persone giuridiche sono state condannate in due processi per reati di corruzione commessi all'estero [39]. Questi due procedimenti, però, non danno un'immagine precisa delle azioni giudiziarie avviate nei confronti di persone giuridiche in Italia. Venti tra i sessanta imputati dei procedimenti conclusi che erano stati avviati dalle autorità giudiziarie italiane erano persone giuridiche. Di queste venti persone giuridiche, oltre a tre persone giuridiche condannate, quindici procedimenti avviati contro persone giuridiche si sono conclusi con un non luogo a procedere in quanto prescritti e quelli contro due persone giuridiche si sono conclusi con un non luogo a procedere per mancanza di elementi a sostegno (si veda l'allegato 3). Inoltre, al momento della redazione di questo rapporto, erano ancora in corso procedimenti contro tre altre persone giuridiche. Secondo i dati forniti dall'Italia dopo la visita in loco, dal 2001 a metà giugno 2011, tenendo conto di tutti i tipi di reati (non solo dei reati commessi all'estero), 207 persone giuridiche sono state condannate per reati previsti dal D. Lgs. 231/2001.
     
  51. Come nel caso delle persone fisiche, dai dati si possono rilevare differenze fra le varie regioni e le relative Procure della Repubblica per quanto riguarda il numero di procedimenti avviati nei confronti di persone giuridiche per reati di corruzione commessi all'estero. I soli due procedimenti che si sono conclusi con condanne contro persone giuridiche sono stati avviati nella stessa regione dalla stessa Procura della Repubblica, cioè quella di Milano. La maggior parte degli altri procedimenti conclusisi con un non luogo a procedere in quanto prescritti o per altre ragioni sono anch'essi stati avviati dalla Procura della Repubblica di Milano, anche se un certo numero di procedimenti sono stati avviati da altre Procure della Repubblica (come quelle di Como, Genova, Monza, Perugia, Piacenza, Roma, Trento e Torino). Secondo le autorità italiane, la differenza esistente tra le varie regioni italiane può essere in parte dovuta all'intensa attività economica della regione di Milano.

    Commento:
    Gli esaminatori si dichiarano soddisfatti delle numerosissime possibilità messe a disposizione dalla normativa italiana per quanto riguarda la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Ciò riflette un approccio pragmatico e flessibile che dovrebbe permettere di coprire una grande varietà di processi decisionali adottati dalle persone giuridiche. Gli esaminatori si congratulano quindi con l'Italia per questo tipo di approccio, che sembra essere conforme alla Guida alle buone pratiche dell'Allegato 1 delle Raccomandazioni 2009. Tuttavia, essi raccomandano che il Gruppo di lavoro verifichi se il D. Lgs. 231/2001 impegni la responsabilità della persona giuridica quando il principale autore commetta il reato di corruzione a vantaggio di una controllata (o viceversa) o quando dal reato di corruzione derivi un vantaggio indiretto, (per esempio nel caso di una situazione concorrenziale più favorevole).
    Tuttavia, anche se gli esaminatori riconoscono che un numero considerevole di procedimenti siano stati avviati nei confronti di persone giuridiche in conformità con il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, e riconoscono altresì che la disciplina della responsabilità delle persone giuridiche abbia permesso di condannare un numero significativo di persone giuridiche per altri reati che non quello di corruzione commessa all'estero, essi esprimono seria preoccupazione per l'elevato numero di procedimenti per corruzione internazionale che sono stati soggetti a prescrizione nel caso di persone giuridiche e di conseguenza anche per il ridottissimo numero di procedimenti conclusi fino ad oggi (due procedimenti nei confronti di tre persone giuridiche). Secondo l'opinione degli esaminatori, ciò non è conforme all'articolo 6 della Convenzione. Pertanto, essi raccomandano che l'Italia prenda le misure necessarie per incrementare l'efficacia della responsabilità delle persone giuridiche nei procedimenti per reati di corruzione internazionale, anche sensibilizzando le autorità responsabili delle azioni penali in tutto il paese affinché le numerose possibilità offerte dalla legislazione per impegnare la responsabilità delle persone giuridiche nel caso di reati internazionali vengano assimilate ed applicate con costanza e impegno, con l'obiettivo di evitare l'archiviazione del processo per prescrizione dei termini.

    3. Sanzioni
     
  52. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro ha deciso di monitorare la questione delle sanzioni, in parallelo con l’evoluzione del diritto procedurale, per determinare se il sistema sanzionatorio italiano sia efficace, proporzionale e dissuasivo, come stabilisce l'articolo 3 della Convenzione. In precedenza, durante la Fase 1, il Gruppo di lavoro aveva espresso preoccupazione sulla mancanza di sanzioni pecuniarie destinate alle persone fisiche (si veda più avanti la sottosezione (a) per ulteriori dettagli).
     
  53. Va ricordato che l'intera gamma delle sanzioni e delle misure confiscatorie presentate in dettaglio più avanti sono a disposizione dei magistrati nel caso venga utilizzata la procedura del patteggiamento per comporre una causa.

    a) Sanzioni per le persone fisiche
     
  54. Le sanzioni destinate alle persone fisiche non sono state modificate dal termine della Fase 2 ad oggi. Le sanzioni destinate ai reati di corruzione internazionale riflettono le sanzioni per i reati commessi in Italia. Le pene vanno da sei mesi a tre anni di reclusione per una retribuzione offerta, promessa o data a un pubblico ufficiale affinché quest'ultimo compia un atto del suo ufficio e da due a cinque anni di reclusione se la retribuzione è offerta, promessa o data a un pubblico ufficiale per omettere o ritardare un atto del suo ufficio o per compiere un atto contrario ai suoi doveri d'ufficio (articoli 318319, 321322 c.p.). Sanzioni ancora più pesanti sono previste se i reati sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo o se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno (articolo 319-ter). Alle persone fisiche non possono essere comminate sanzioni pecuniarie e ciò rappresenta un problema sollevato dal Gruppo di lavoro nelle sue conclusioni al termine della valutazione di Fase 1: a questo proposito il Gruppo di lavoro aveva suggerito che "l'introduzione di sanzioni pecuniarie potrebbe rappresentare un altro utile deterrente".
     
  55. I tribunali italiani non hanno comminato pene di reclusione a persone fisiche in quasi nessun processo per reati di corruzione commessi all'estero poiché, nella gran parte dei casi, le accuse contro le persone fisiche coinvolte cadono in prescrizione sia prima del processo sia dopo che il tribunale di primo o di secondo grado abbia emesso la sua sentenza (si veda qui di seguito a proposito della prescrizione). In tutti i casi in cui sono state comminate sanzioni, ciò è avvenuto dopo una procedura di patteggiamento.
     
  56. Primo caso: il caso Oil for Food 1 verteva sul pagamento di retribuzioni pari a 132.000 euro nell’ambito di vendite effettuate da una società di compressori in Iraq. La persona coinvolta è stata condannata a un anno di reclusione con sospensione della pena.[40]
     
  57. Secondo caso: nel caso Oil for Food 12 venivano contestati 12 capi d'accusa di corruzione, che comprendevano il pagamento di somme che andavano da 60.000 dollari USA a 37,6 milioni di dollari USA, nell’ambito delle attività di una compagnia petrolifera in Iraq. Le tre persone fisiche condannate al termine del procedimento comprendevano il responsabile commerciale della società, uno degli avvocati della società e un partner responsabile dei rapporti della società con un'agenzia statale irachena. Gli imputati sono stati tutti condannati a una pena di due anni di reclusione; ad essi, inoltre, è stato imposto il divieto di partecipare a gare per contratti con enti pubblici per due anni e sono stati loro confiscati oltre 1 milione di euro di beni. [41]
    Tuttavia, tali sentenze sono state riformate in appello dopo che i reati sono stati prescritti.
     
  58. Terzo caso: nel caso del traffico d'armi con la Libia venivano contestati reati di corruzione che avevano portato al pagamento di circa 3 milioni di dollari nell’ambito della vendita di armi a pubblici ufficiali del governo libico. Le due persone coinvolte sono state condannate a quattro anni di reclusione, sono state allontanate dai pubblici uffici per cinque anni e sono stati loro sequestrati beni e documenti prima del processo [42]. In questo procedimento, però, venivano contestati capi d'accusa per traffico d'armi oltre ai capi d'accusa per corruzione internazionale; risulta così difficile valutare quale sia il peso delle sanzioni in materia di corruzione internazionale.
     
  59. Quarto caso: nel caso Pirelli/Telecom veniva contestato il pagamento di somme di denaro per il valore di circa 200.000 euro in seguito ad atti di corruzione di un pubblico ufficiale francese volti ad ottenere autorizzazioni commerciali. Le sentenze comminate ai quattro individui condannati andavano da due anni e quattro mesi di reclusione a quattro anni e due mesi di reclusione (tali sentenze non sono state sospese). Per quanto riguarda infine il caso della compagnia petrolifera, sono state emesse condanne nei confronti di due persone. La prima è stata condannata ad una pena detentiva sospesa di dieci mesi e venti giorni. Alla seconda (che è stata condannata per altri reati oltre alla corruzione internazionale) è stata comminata una pena detentiva di un anno e otto mesi; tuttavia questa sentenza non è stata eseguita in seguito ad un condono. [43]
     
  60. L'articolo 163 del codice di procedura penale stabilisce che una pena detentiva non superiore a due anni possa venire sospesa se si riempiono determinate condizioni. Nella procedura di patteggiamento può venire richiesta la sospensione condizionale di una pena detentiva (articolo 444, comma 3, del codice di procedura penale). Per quanto riguarda le pene detentive comminate fino ad oggi a nove persone fisiche, due di esse sono state sospese e una non è stata eseguita a causa di un condono.

    b) Sanzioni per le persone giuridiche
     
  61. Per quanto riguarda le persone giuridiche, l'ammontare di un'ammenda imposta nel caso di corruzione internazionale può variare in base alla natura e alla gravità del reato ed è legata al principio delle "quote" [44]. La corruzione per un atto d'ufficio (articolo 318 c.p.) è sanzionata da una pena pecuniaria fino a 309.800 euro. La corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (articolo 319 c.p.) e la corruzione aggravata in cui il reato è stato commesso per favorire o danneggiare una parte in un procedimento giudiziario (articolo 319-ter c.p.) sono sanzionate da un'ammenda che va da 51.600 a 929.400 euro. Nel caso in cui siano presenti circostanze aggravanti o nel caso in cui dalla corruzione aggravata derivi l'ingiusta condanna di taluno o il conferimento di pubblici impieghi, stipendi, pensioni o la stipulazione di contratti con il governo, viene applicata una pena pecuniaria che va da 77.400 euro a 1.239.200 euro.
     
  62. Alcune circostanze attenuanti possono permettere di ridurre l'ammenda imposta in determinati casi. Per esempio, l'ammenda è ridotta della metà e non può comunque essere superiore a 100.000 euro se l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi o se il danno patrimoniale cagionato è di particolare "tenuità" (articolo 12, comma 1, del D. Lgs. 231/2001). La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento nei confronti di una persona giuridica, quest'ultima (i) ha risarcito le vittime, ha preso efficaci disposizioni per eliminare le conseguenze dannose del reato o si è comunque efficacemente adoperata in tal senso; oppure (ii) ha adottato un modello organizzativo idoneo a prevenire, in futuro, reati della specie di quello verificatosi (articolo 12, comma 2). Se sono riunite entrambe le condizioni previste dalle lettere del precedente comma, la sanzione pecuniaria è ridotta dalla metà ai due terzi (articolo 12, comma 3). Comunque, malgrado le circostanze attenuanti summenzionate, la sanzione pecuniaria non può essere ridotta a meno di 10.000 euro (articolo 12, comma 4).
     
  63. Le sanzioni previste dal D. Lgs. 231/2001 sembrano relativamente modeste. I magistrati intervistati durante la visita in loco erano dell'opinione che, se tali sanzioni possano risultare dissuasive per le PMI, esse siano insignificanti per le grandi aziende. I partecipanti del settore privato hanno anche fatto notare che le sanzioni interdittive sono le più dissuasive. È ancora più preoccupante il fatto che le circostanze attenuanti possano ulteriormente ridurre tali sanzioni, a seconda della portata più o meno vasta delle interpretazioni e delle applicazioni di tali circostanze. Per esempio, un reato di corruzione internazionale commesso nell'interesse di una terza parte, quale una casa madre o una società collegata, può beneficiare di una circostanza attenuante secondo le disposizioni dell'articolo 12, comma 1? E sempre secondo lo stesso articolo, quale danno patrimoniale verrebbe considerato "tenuo" in un caso di corruzione internazionale se, potenzialmente, nessun danno si fosse verificato in Italia? È anche poco chiaro che cosa costituisca un risarcimento dei danni secondo l'articolo 12, comma 2, e a chi tali risarcimenti debbano essere pagati in caso di corruzione internazionale. Anche la possibilità offerta a una società di ridurre la sanzione di un terzo se questa adotta un modello organizzativo idoneo prima dell'inizio della procedura legale sembra un mezzo a disposizione delle persone giuridiche per evitare sanzioni pecuniarie rigorose. A titolo di esempio, nel caso Pirelli-Telecom, il tribunale (i) ha acconsentito a ridurre l'ammontare della sanzione pecuniaria di metà prendendo in considerazione il completo risarcimento del danno e l'adozione di un modello organizzativo, ma in seguito (ii) ha deciso di raddoppiare la somma restante per reato continuato, per poi (iii) ridurre tale somma di un terzo in seguito all'utilizzo della procedura di patteggiamento (come indicato più avanti). [45]
     
  64. Il carattere efficace, proporzionale e dissuasivo delle sanzioni pecuniarie comminate alle persone giuridiche in Italia suscita ancora maggiore preoccupazione quando si prendano in esame le sanzioni comminate in pratica dai tribunali. Poiché la stragrande maggioranza dei casi di corruzione internazionale cade in prescrizione prima della decisione finale del tribunale, pochissime sanzioni definitive sono pronunciate contro persone giuridiche. Per esempio, nella circoscrizione di Milano, dei 16 procedimenti avviati nei confronti di persone giuridiche per reati di corruzione internazionale, 13 si sono chiusi con un’assoluzione a causa della scadenza del termine di prescrizione.
     
  65. Solo due casi si sono conclusi con sanzioni pecuniarie contro persone giuridiche. In primo luogo, il caso COGIM (caso Oil for Food 15) nel quale si contestava il presunto pagamento di 721.000 dollari USA a pubblici ufficiali iracheni nell’ambito di contratti per la fornitura di materiale medico al Ministero della Sanità iracheno; la società è stata condannata a sanzioni pecuniarie per la somma di 90.000 euro. In secondo luogo, il caso Pirelli/Telecom nel quale si contestava il presunto pagamento di circa 200.000 euro a un pubblico ufficiale francese per ottenere autorizzazioni commerciali; alle due aziende coinvolte sono state comminate sanzioni pecuniarie di 400.000 euro ognuna, che tengono conto dell'ingente importo delle tangenti, del numero di tangenti versate, della loro frequenza e quindi del fatto che il modello organizzativo non abbia funzionato nella pratica (circostanze aggravanti).
     
  66. In ambedue i casi, le sanzioni pecuniarie sono state comminate al termine di una procedura di patteggiamento (si veda più avanti). Gli articoli 444-448 del codice di procedura penale sul patteggiamento stabiliscono in particolar modo che, quando l'imputato e il pubblico ministero chiedono al tribunale l'applicazione di una pena pecuniaria sostitutiva secondo la procedura del patteggiamento, la pena pecuniaria "è diminuita sino a un terzo". Gli stralci forniti dall'Italia della decisione del tribunale nel caso Pirelli/Telecom sono un'illustrazione dell'utilizzo che i tribunali fanno di questa possibilità. In questo procedimento, l'ammontare della pena pecuniaria calcolata per prendere in considerazione le circostanze del caso ammontava a "600.000 euro ridotti a 400.000 euro per il rito abbreviato" (patteggiamento). La decisione del caso COGIM è stata comunicata al gruppo di valutazione dopo la visita in loco, ma l'ammontare della sanzione pecuniaria comminata alla Società era anche inferiore al massimo indicato dalla legge. Anche se il numero estremamente limitato di sentenze non permette di determinare con precisione l'impatto reale della procedura del patteggiamento in materia di gravità delle sanzioni comminate nella pratica, rimane il fatto che nessun procedimento nei confronti di persone giuridiche sia stato chiuso senza utilizzare tale procedura. In sé, ciò implica una riduzione della sanzione pecuniaria, il che rafforza le preoccupazioni espresse in precedenza a proposito delle possibilità offerte alle persone giuridiche di evitare pesanti sanzioni finanziarie.

    c) Ulteriori sanzioni destinate alle persone giuridiche
     
  67. Le autorità italiane, ma anche i magistrati e gli avvocati difensori intervistati durante la visita in loco, hanno affermato che le sanzioni interdittive previste dal D. Lgs. 231/2001 rappresentano la parte più dissuasiva del sistema sanzionatorio per la corruzione internazionale. Secondo il D. Lgs. 231/2001, una persona giuridica può essere condannata (per almeno un anno) a: (i) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; (ii) divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; (iii) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi (compresi quelli già concessi); (iv) divieto di pubblicizzare beni o servizi (articolo 25, comma 5 del D. Lgs. 231/2001). Se il tribunale non considera adeguate nessuna di queste sanzioni, può semplicemente infliggere al trasgressore l'interdizione dall'esercizio dell'attività (articoli 9 e 14).
     
  68. Un tribunale può anche comminare queste sanzioni interdittive in quanto misure preventive o "precauzionali", cioè prima che sia pronunciata la sentenza definitiva del tribunale. In tal caso, il pubblico ministero chiede l'applicazione di queste misure precauzionali al Giudice per le indagini preliminari. Tali misure precauzionali possono essere trasformate in sanzioni interdittive definitive in fase di dibattimento.
     
  69. Le sanzioni interdittive sono obbligatorie se (i) la persona giuridica ha tratto dal reato "un profitto di rilevante entità" e il reato è stato commesso da soggetti con funzioni dirigenziali o (ii) la persona giuridica ha reiterato gli illeciti (articolo 13, comma 1). Tuttavia le sanzioni interdittive non sono applicabili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, la persona giuridica abbia risarcito integralmente il danno, abbia eliminato ogni carenza organizzativa mediante l'adozione di modelli organizzativi idonei, o abbia messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca (articolo 17).
     
  70. Durante la Fase 2, ci si era chiesti se le sanzioni interdittive sarebbero state applicabili in un caso di corruzione internazionale, data la formulazione del D. Lgs. 231/2001. In particolare, l'articolo 13 del D. Lgs. 231/2001 stabilisce che le sanzioni interdittive si applichino "in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste" [espressione sottolineata dagli autori del rapporto]. L'articolo 25, comma 5, del D. Lgs. 231/2001 stabilisce che le sanzioni interdittive si applichino per i reati di corruzione commessi in Italia, ma non fa riferimento ai reati di corruzione internazionale indicati nell'articolo 322-bis del c.p. Per quanto riguarda il caso del gas nigeriano, nel 2009 il Tribunale di Milano ha interpretato questi articoli arrivando alla conclusione che alle due società coinvolte non potesse essere imposto il divieto di contrattare con la Nigerian National Petroleum Corporation (NPCC). Nel 2010, però, la Corte di Cassazione ha riformato la decisione del tribunale di Milano e ha precisato che le sanzioni interdittive sono applicabili anche qualora il reato sia quello previsto dall'articolo 322-bis; alle due compagnie, perciò, poteva essere imposto il divieto di contrattare.[46]
     
  71. Oltre al caso del gas nigeriano, sanzioni interdittive sono state comminate soltanto in un altro procedimento per corruzione internazionale, quello che aveva coinvolto la COGIM. In quel caso, il tribunale ha imposto alla società il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo di sei mesi (oltre ad aver comminato alla società sanzioni pecuniarie e la confisca dei beni, come illustrato in precedenza e più avanti in questo rapporto). In altri processi per corruzione internazionale, a causa della scadenza del termine di prescrizione non è stato possibile comminare sanzioni interdittive alle società coinvolte.

    Commento:
    Gli esaminatori esprimono preoccupazione per il fatto che non possano essere applicate sanzioni pecuniarie in caso di corruzione internazionale nei confronti di persone fisiche. Ciò può avere un'influenza negativa sul carattere efficace, proporzionale e dissuasivo delle sanzioni applicabili in Italia per il reato di corruzione internazionale. Poiché le sanzioni pecuniarie sono un deterrente fondamentale per i reati economici quali la corruzione internazionale, gli esaminatori incoraggiano le autorità italiane a fare in modo che i giudici possano ricorrere sia alle pene detentive sia alle pene pecuniarie in procedimenti nei confronti di persone fisiche.
    Gli esaminatori esprimono soddisfazione per la conferma della possibile applicazione di sanzioni interdittive per i reati di corruzione internazionale nei confronti di persone giuridiche, poiché tali sanzioni possono rappresentare un notevole deterrente per evitare che le aziende commettano reati di corruzione, malgrado i numerosi mezzi che le aziende hanno a disposizione per evitare tali sanzioni interdittive. Gli esaminatori, tuttavia, deplorano che sanzioni pecuniarie dall'ammontare ridotto destinate alle persone giuridiche e il gran numero di circostanze attenuanti che possono essere utilizzate per ridurre le sanzioni pecuniarie destinate alle persone giuridiche non permettano di comminare sanzioni nei confronti delle persone giuridiche che siano efficaci, proporzionali e dissuasive. Essi fanno notare che, nei rarissimi casi in cui una sanzione pecuniaria è stata comminata ad una persona giuridica per un caso di corruzione internazionale, l'ammontare della sanzione non corrispondeva certo al massimo previsto dalla legge (da 300.000 a 900.000 euro). Ciò risulta particolarmente preoccupante, poiché ammende legali massime di pari importo sono state giudicate dal Gruppo di lavoro non abbastanza elevate in altri paesi del G8. Gli esaminatori raccomandano, perciò, che l'Italia aumenti il livello massimo delle ammende amministrative destinate alle persone giuridiche e faccia in modo che le circostanze attenuanti e la riduzione delle ammende legate alla procedura del patteggiamento permettano l'irrogazione di sanzioni che siano efficaci, proporzionali e dissuasive, anche per le grandi aziende.

    4. Confisca della tangente e dei proventi della corruzione
     
  72. Secondo il sistema giuridico italiano, la confisca può essere applicata solo con il presupposto della condanna. In linea generale, le autorità italiane hanno affermato che una confisca senza il presupposto della condanna non sarebbe coerente con la presunzione d'innocenza iscritta nella Costituzione italiana, come è stato ribadito da una decisione della Corte Costituzionale del 1994.
     
  73. Per quanto riguarda le persone fisiche, l'articolo 322-ter, comma 2, del c.p. prevede la confisca obbligatoria del "prezzo dei proventi" nel caso di corruzione attiva di pubblico ufficiale straniero. Inoltre, l'articolo 240 del c.p. conferisce al giudice discrezionalità in materia di confisca dell'ammontare della tangente pagata. Nel caso Oil for Food 12, il Giudice per le indagini preliminari ha ordinato la confisca preventiva dei beni per un ammontare di 63,1 milioni di euro (corrispondente al valore dei contratti ottenuti illecitamente) e la confisca di quasi 900.000 euro (corrispondente all'ammontare delle tangenti pagate). Il Tribunale di Milano ha ridotto l'ammontare della confisca preventiva a 1,3 milioni di euro dopo aver stabilito che il beneficio derivante dal reato dovesse essere uguale alla differenza tra il valore reale dei contratti e il costo legato all'esercizio dell'attività illegale [47]. In definitiva, però, la confisca fu revocata nella sua totalità dalla Corte d'Appello poiché tutti i reati erano caduti in prescrizione. Nel caso della compagnia petrolifera, a due imputati è stata comminata la confisca dei beni: ad uno sono stati confiscati 100.000 euro e all'altro 1,2 milioni di euro. L'Italia non ha fornito informazioni sulla maniera in cui è stato calcolato l'ammontare di tali confische. L'imputato cui è stato confiscato l'ammontare maggiore di beni è stato condannato per molteplici reati, quindi è possibile che l'ammontare della confisca non dipendesse solo dall'ammontare della tangente. Nonostante il carattere obbligatorio della confisca, questa misura è stata comminata solo a otto delle nove persone fisiche condannate per corruzione internazionale.
     
  74. In materia di persone giuridiche, l'articolo 19, comma 1, del D. Lgs. 231/2001 prevede che "la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato, è sempre disposta nei confronti dell'ente" [espressione sottolineata dagli autori del rapporto]. Di conseguenza, le sanzioni che prevedono la confisca dei beni in caso di corruzione internazionale sono in generale obbligatorie per le persone giuridiche. Tuttavia, tra le tre persone giuridiche condannate in Italia, soltanto ad una è stata comminata la confisca dei beni: nel caso COGIM, la società è stata condannata alla confisca di 753.000 euro a seguito di patteggiamento.
     
  75. L'articolo 19, comma 2, prevede la confisca di "somme di denaro" o di proprietà di valore equivalente ("beni o altre utilità") nel caso in cui la tangente o i proventi non siano disponibili. Tuttavia, al contrario di quanto avviene per le sanzioni pecuniarie o interdittive, è comunque disposta la confisca del profitto anche quando è valido l'esonero da responsabilità basato sui modelli di organizzazione (articolo 6, comma 5). In una sentenza del 27 marzo 2008, la Corte di Cassazione ha chiarito come calcolare i proventi di un reato in caso di corruzione. La Corte afferma che i profitti illeciti sono pari al valore del contratto meno (i) i costi e (ii) "l'utilità reale" che il contratto ha permesso di ottenere alla "parte danneggiata" (il beneficiario della tangente). Secondo i magistrati intervistati durante la visita in loco, tale calcolo risulterebbe piuttosto complesso e richiederebbe analisi legali complicate. Essi hanno perciò indicato che i magistrati possono semplicemente supporre che i profitti illeciti corrispondano almeno al valore della tangente e possono quindi richiedere la confisca di una tale somma. Tuttavia, durante la visita in loco e in base agli articoli 322-ter e 240 del c.p. e all'articolo 19, comma 1, del D. Lgs. 231/2001, agli esaminatori è risultato chiaro che i magistrati e i tribunali possono scegliere se sequestrare e confiscare la tangente o i proventi della corruzione, ma non possono confiscare ambedue le cose.
     
  76. In seguito alla visita in loco, l'Italia ha indicato che la confisca della tangente e dei proventi della corruzione è possibile, dando l'esempio di un processo di prima istanza in cui è stata presa la decisione in fase di dibattimento di confiscare sia la tangente che i proventi della corruzione (caso Oil for Food 12). Poiché si tratta solo di un tribunale di prima istanza e nessun'altra confisca della tangente e dei proventi della corruzione sembra essere stata comminata da un tribunale di istanza superiore, secondo gli esaminatori tale questione rimane ambigua.

    Commento
    Come è già stato fatto notare più volte dal Gruppo di lavoro in occasione delle valutazioni precedenti, la confisca ricopre un ruolo importante in un sistema sanzionatorio efficace nel caso di corruzione internazionale. Tuttavia, a causa dello scarso numero di procedimenti per corruzione internazionale che si sono conclusi con una sentenza di confisca dei beni, gli esaminatori non sono sicuri (i) che gli articoli 322-ter e 240 del c.p. e l'articolo 19, comma 1, del D. Lgs. 231/2001 prevedano la confisca della tangente e dei proventi della corruzione e (ii) esprimono incertezza a proposito della natura e della portata delle potenziali eccezioni. Gli esaminatori raccomandano perciò che il Gruppo di lavoro verifichi se, conformemente all'articolo 3.3 della Convenzione, sia la tangente sia i proventi della corruzione dei casi riguardanti pubblici ufficiali stranieri possano essere sequestrati e confiscati in Italia.
    Si fa inoltre notare che il carattere efficace, proporzionale e dissuasivo delle sanzioni il cui presupposto è la condanna, come la confisca dei beni, risulta in gran parte teorico quando nella maggior parte dei procedimenti non viene comminata nessuna condanna a causa della scadenza dei termini di prescrizione.

    5. Indagini e procedimenti giudiziari per i reati di corruzione internazionale

    a) Criteri in materia di indagini, procedimenti giudiziari, risorse e coordinamento

    (i) Specializzazione, formazione e risorse della polizia e della magistratura

    Forze di polizia
     
  77. In Italia vi sono vari corpi di polizia, ognuno con funzioni diverse e a volte con compiti che si sovrappongono. In materia di corruzione internazionale, le forze di polizia competenti sono soprattutto la Guardia di Finanza, l’Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato.
     
  78. La Guardia di Finanza è una forza di polizia altamente qualificata e specializzata in reati finanziari. I membri della Guardia di Finanza sono anche specificatamente formati alle attività di verifica fiscale. La Guardia di Finanza possiede e mantiene in esercizio una rete internazionale di ufficiali di collegamento appartenenti a questo corpo di polizia: questi ultimi, secondo gli esaminatori, sono in ottima posizione per coordinare attività di intelligence con forze di polizia internazionali in materia di indagini sulla corruzione internazionale. Nelle risposte fornite al questionario standard previsto dalla Fase 3, le autorità italiane hanno sottolineato che la Guardia di Finanza ha sempre ricoperto un ruolo essenziale in materia di reati economici. I Carabinieri e la Polizia di Stato sono forze di polizia nazionali responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico, competenti per condurre investigazioni su tutti i tipi di reati, compresi quelli economici.
     
  79. Nessuno di questi corpi di polizia possiede unità specializzate nella corruzione internazionale (sebbene la Guardia di Finanza e i Carabinieri dispongano di unità speciali che si occupano della corruzione in generale). Il rapporto di Fase 2 aveva indicato che la Polizia giudiziaria ha creato da tempo unità speciali formate da forze di polizia altamente qualificate (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza) che si occupano soltanto di specifici reati, come nel caso del crimine organizzato (di tipo mafioso). Nessuna unità speciale di questo tipo è stata creata per i casi di corruzione internazionale. Quindi, come è stato notato durante la visita in loco, ogni magistrato ha la possibilità di assegnare un caso di corruzione internazionale a qualsiasi forza di polizia gli sembri adatta al caso, utilizzando così le risorse delle forze di polizia disponibili. In pratica, il magistrato assegna il caso alla forza di polizia che ha ricevuto la querela. Tuttavia, se risulta che tale forza di polizia non sia la più idonea a espletare un determinato atto (o determinati atti) o a condurre una data operazione (o operazioni), il magistrato ha la possibilità di incaricare altre forze di polizia di eseguire tale atto (o tali atti) o operazione (operazioni) nel contesto più vasto di un'indagine di cui il magistrato ha piena responsabilità.

    Magistrati
     
  80. Come indicato nel Rapporto di Fase 2, tutte le Procure della Repubblica comprendono gruppi di lavoro specializzati in particolari reati. Nelle loro risposte al questionario di Fase 3, le autorità italiane hanno indicato che 74 Procure della Repubblica, sulle 144 che hanno risposto all'inchiesta, hanno creato (i) unità specializzate composta da magistrati specializzati nelle indagini per reati di corruzione e per reati contro la pubblica amministrazione nonché (ii) un meccanismo di coordinazione per ottimizzare gli strumenti investigativi e i protocolli in materia [48]. Durante la visita in loco, però, le autorità italiane e i magistrati hanno fatto notare che nessun Gruppo di lavoro e nessun magistrato è specializzato nella corruzione internazionale, neanche presso la Procura della Repubblica di Milano (sebbene quest'ultima si sia occupata del più vasto numero di processi Oil for Food e di altri procedimenti per corruzione internazionale in Italia). Un solo magistrato si occupa invece di numerosi reati economici e di altro tipo, che coinvolgono a volte figure politiche di alto rango (e che quindi richiedono molto tempo), senza nessuna specializzazione o determinazione delle priorità.
     
  81. Tutti i pubblici ministeri e i giudici incontrati durante la visita in loco hanno sottolineato che le Procure della Repubblica e i tribunali sono caratterizzati da una grande scarsità di risorse. Uno dei magistrati ha affermato che le risorse sono "molto limitate".

    Formazione
     
  82. Rispetto alla raccomandazione 1(a) di Fase 2 che raccomandava di "fornire ulteriori corsi di formazione alla polizia, ai pubblici ministeri e ai magistrati sulla corruzione internazionale" (raccomandazione in parte applicata al momento del rapporto scritto di monitoraggio), l'Italia ha fornito informazioni dettagliate nelle risposte al questionario supplementare. In particolare, l'Italia ha spiegato che il Consiglio Superiore della Magistratura ha organizzato specifici corsi di formazione sulla corruzione internazionale destinati ai giudici e ai pubblici ministeri e ha puntualizzato che corsi di formazione sulla corruzione (sia attiva che passiva) nelle operazioni economiche internazionali sono stati organizzati periodicamente per i membri della Guardia di Finanza, che, durante la visita in loco, hanno dimostrato un alto livello di sensibilizzazione in materia di corruzione internazionale. Più in generale, tutti gli istituti di formazione dei Carabinieri prevedono programmi che comprendono l'analisi e la discussione del delitto di "corruzione internazionale" previsto dal codice penale.

    (ii) Criteri in materia di indagini e procedimenti giudiziari
     
  83. 83. Le autorità italiane hanno sottolineato che tutti i reati di corruzione, compresa la corruzione internazionale, sono perseguiti d'ufficio dai pubblici ministeri, secondo il principio generale dell'obbligatorietà dell'azione penale (articolo 112 della Costituzione). Questo principio si applica anche alle persone giuridiche.
     
  84. Le azioni penali in Italia sono condotte dalle Procure della Repubblica. Dopo che gli è stato assegnato un caso, il magistrato agisce in totale autonomia rispetto al Governo e indipendentemente dagli altri magistrati, anche se la Procura della Repubblica è strutturata gerarchicamente (ogni ufficio regionale è diretto da un Procuratore della Repubblica). Secondo la legge italiana, il magistrato è responsabile delle indagini giudiziarie e ha il diritto di dare istruzioni alle forze di polizia per condurre indagini. Ogni magistrato determina l'ordine delle priorità per il volume del contenzioso da trattare, anche se, secondo i magistrati incontrati durante la visita in loco, questo principio ha i suoi limiti. A livello della Procura della Repubblica o dello Stato, una tale determinazione delle priorità non è possibile e ciò, secondo gli esaminatori, significa che si corra il rischio di assumere un approccio incoerente in materia di corruzione internazionale.

    (iii) Fonti su cui si basano le accuse
     
  85. Le risposte delle autorità italiane al questionario standard di Fase 3 comprendono una breve presentazione di un certo numero di importanti procedimenti avviati dopo la Fase 2 e delle "principali fonti di informazioni" utilizzate per ogni procedimento. Le fonti indicate comprendono: (i) un rapporto della Commissione d'inchiesta indipendente sul programma Oil for Food delle Nazioni Unite, (ii) documenti forniti dal Dipartimento della Giustizia americano, (iii) informazioni ottenute durante le riunioni dei Gruppi di lavoro dell'OCSE. I magistrati incontrati durante la visita in loco hanno indicato che non esistono esempi di procedimenti per corruzione internazionale avviati sulla base di un rapporto della Guardia di Finanza o di dipendenti di ambasciate straniere o in base a notizie riportate dai media. Ciò è tanto più sorprendente poiché in Italia è obbligatorio denunciare tutti i casi di corruzione alla Procura della Repubblica affinché vengano avviate inchieste (come indicato più avanti nella sottosezione 10). In base ad un procedimento presentato al gruppo di valutazione, però, risulta che le azioni penali possano anche essere avviate in seguito ad inchieste su altri reati (si veda il caso del traffico d'armi con la Libia).

    (iv) Coordinazione, conflitti di competenza e disponibilità dei dati
     
  86. Secondo la normativa italiana, la competenza di un magistrato per avviare indagini e perseguire un reato è legata alla territorialità. Nella Fase 2, il Gruppo di lavoro ha voluto verificare se, in Italia, i conflitti di competenza provochino ritardi e spreco di risorse, rendendo così meno efficaci le indagini sulla corruzione internazionale (questione c(i) da sottoporre a monitoraggio).
     
  87. Del problema della coordinazione si è discusso varie volte con diversi membri delle forze di polizia che hanno partecipato alla visita in loco di Fase 3. Questi ultimi hanno confermato in maniera unanime che non esiste un coordinamento centrale, sia a livello dell'azione penale sia della polizia, per quanto riguarda la corruzione internazionale o anche i reati di corruzione in generale. Un coordinamento centrale, invece, esiste soltanto per i reati di tipo mafioso. Come è stato indicato da un magistrato, la coordinazione dipende interamente dagli sforzi individuali di ogni magistrato per coinvolgere altri magistrati in un dato caso.
     
  88. La magistratura e le forze di polizia riconoscono il bisogno e l'importanza di una banca dati nazionale per gestire efficacemente l'intelligence e le informazioni legate alla corruzione internazionale. Vari partecipanti hanno fornito agli esaminatori diverse opinioni sull'esistenza di una tale banca dati e sulla sua portata. A quanto risulta, anche se una tale banca dati esiste ed è utilizzata dalla polizia, copre solo quei casi per i quali è stata presentata una querela da un privato. Dal momento che in Italia nessuna inchiesta su reati di corruzione internazionale è stata avviata fino ad oggi sulla base di una querela presentata da una parte lesa, è improbabile che tale banca dati possa essere molto utile in questo contesto. I magistrati incontrati in Italia hanno ammesso che non sanno come ottenere facilmente informazioni su altre possibili indagini avviate simultaneamente (e non hanno i mezzi di ottenerle).
     
  89. Le difficoltà incontrate dal gruppo di valutazione a proposito della ricerca di dati sui procedimenti conclusi e su quelli tuttora in corso sottolineano quanto si faccia sentire la carenza di una banca dati centralizzata, che potrebbe fornire facilmente informazioni disponibili e affidabili sui procedimenti in corso a livello nazionale.
     
  90. Un'altra questione sulla quale il gruppo di valutazione ha espresso preoccupazione era la significativa differenza tra le informazioni sulle azioni coercitive fornite dall'Italia nel contesto della valutazione di Fase 3 e le informazioni fornite e contenute nei dati statistici presentati nel Rapporto annuale 2010 del Gruppo di lavoro. Sulla base delle informazioni fornite dall'Italia per il Rapporto annuale, il Gruppo di lavoro ha indicato in quest'ultimo documento che 22 persone fisiche e 18 persone giuridiche sono state condannate per corruzione internazionale, mentre l'attuale rapporto di Fase 3 indica che soltanto 5 persone fisiche e 3 persone giuridiche sono state in realtà condannate per corruzione internazionale in Italia. In seguito ad ulteriori approfondimenti nel contesto della valutazione di Fase 3, le autorità italiane hanno spiegato che i dati forniti prima della valutazione di Fase 3 comprendevano anche alcuni casi di corruzione di pubblici ufficiali italiani (accusati ai sensi dell’articolo 319 e 321 del c.p.) anche se tali atti di corruzione erano stati commessi nel contesto di operazioni economiche internazionali.

    Commento:
    Gli esaminatori esprimono apprezzamento nei confronti dell'Italia per l'elevato livello di sensibilizzazione sulla questione della corruzione internazionale dimostrato durante la visita in loco dalla maggior parte dei magistrati e dei rappresentanti della Guardia di Finanza, nonché per i continui progressi realizzati dopo la Fase 2 in materia di corsi di formazione sulla corruzione internazionale organizzati per i pubblici ministeri e i giudici. Gli esaminatori, però, raccomandano che le autorità italiane sviluppino e forniscano regolari programmi di formazione sulla corruzione internazionale alle forze di polizia coinvolte nelle inchieste sulla corruzione internazionale, in particolare alla Guardia di Finanza, e continuino a fornire corsi di formazione sulla corruzione internazionale a tutti i pubblici ministeri e giudici che sono portati a lavorare su casi di corruzione internazionale in tutto il paese (il che rappresenta una riformulazione della raccomandazione 1(a) di Fase 2).
    Gli esaminatori raccomandano, inoltre, che l'Italia faccia tutti gli sforzi possibili per raccogliere informazioni da fonti diverse in fase di indagini preliminari al fine di aumentare il numero di fonti sulla quale basare le accuse e di facilitare le indagini, oltre ad incoraggiare le ambasciate e gli uffici consolari italiani a inviare segnalazioni sui sospetti di reato e ad acquisire informazioni sui procedimenti legali avviati all'estero. Inoltre, gli esaminatori raccomandano che l'Italia consideri la possibilità di adottare i seguenti mezzi per garantire indagini e azioni legali efficaci: (a) creazione di unità speciali in cui forze di polizia altamente qualificate collaborino tra loro e si specializzino nella corruzione internazionale com'è stato fatto per altri reati in Italia; (b) creazione di gruppi di lavoro specializzati nella corruzione internazionale all'interno delle Procure della Repubblica che hanno più probabilità di essere coinvolte in casi di corruzione internazionale; (c) sensibilizzazione a livello nazionale sulla necessità di definire un ordine di priorità per le indagini sui reati di corruzione internazionale; (d) incremento delle risorse a disposizione delle Procure della Repubblica e dei tribunali per questo tipo di reato, che richiede moltissimo tempo.
    Gli esaminatori raccomandano che l'Italia prenda in considerazione la creazione di una banca dati nazionale per tutti i procedimenti in corso, in conformità con la legislazione sulla protezione dei dati personali, con l'obiettivo di assicurare il coordinamento su tutto il territorio italiano delle indagini sulla corruzione internazionale ed evitare lacune in materia di intelligence.
    Gli esaminatori incoraggiano altresì l'Italia ad incrementare i suoi sforzi in materia di raccolta di informazioni, destinate ad una futura consultazione, sulle indagini effettuate a livello nazionale (che devono comprendere i nomi degli accusati, la natura delle accuse, e il luogo dove si è svolto il reato), e sulle sanzioni comminate per corruzione internazionale sia nei confronti delle persone fisiche sia delle persone giuridiche, in modo da permettere all'Italia di modificare in maniera efficiente la legislazione di attuazione della Convenzione ed anche di rivedere il suo approccio in materia di applicazione della stessa, secondo la Raccomandazione V contenuta nelle Raccomandazioni 2009. L'Italia dovrebbe compilare queste informazioni statistiche in maniera da differenziare tra (i) condanne comminate a persone fisiche e persone giuridiche per il reato di corruzione internazionale e (ii) procedure utilizzate (sentenza del tribunale con un dibattimento in contraddittorio, patteggiamento o altro tipo di procedura).

    b) Tecniche investigative e sfide da raccogliere in materia di indagini sulla corruzione internazionale
     
  91. Il rapporto di Fase 2 presentava la vasta gamma di tecniche investigative previste nei casi di corruzione internazionale. La breve presentazione di casi rilevanti in materia, contenuta nelle risposte dell'autorità italiane al questionario di Fase 3, fornisce informazioni sulle tecniche investigative utilizzate nei casi descritti. Tra queste si contavano, per esempio: intercettazioni di comunicazioni orali, elettroniche o via cavo; pedinamento; commissioni rogatorie internazionali; perquisizione e sequestro in loco; informazioni ottenute da testimoni; interrogazione diretta di persone coinvolte. Anche se l'utilizzo di operazioni sotto copertura con l'ausilio dei servizi di intelligence non era menzionato e non è risultato chiaro durante la visita in loco se operazioni sotto copertura siano state utilizzate nei casi di corruzione internazionale, in un secondo tempo le autorità italiane hanno chiarito che si tratta di una tecnica investigativa normalmente impiegata negli affari di corruzione, compresa la corruzione internazionale.
     
  92. La magistratura e la polizia giudiziaria possono utilizzare tutte le tecniche investigative applicabili a un dato reato nei procedimenti nei confronti di persone giuridiche e di persone fisiche. La breve presentazione di una selezione di casi rilevanti fornita dalle autorità italiane in risposta al questionario standard conteneva informazioni dettagliate sulle tecniche investigative utilizzate nei vari casi descritti. Questi mezzi investigativi sono stati utilizzati nel caso di persone giuridiche nei procedimenti tuttora in corso sul gas nigeriano e in altri processi Oil for Food. Nei processi Oil for Food, l'esame e l'analisi di documenti riguardanti ogni singolo contratto di fornitura hanno permesso alle autorità di polizia di individuare i pagamenti illeciti effettuati e promessi, di addossare la responsabilità penale agli alti dirigenti della struttura aziendale e di perseguire le persone giuridiche secondo il D. Lgs. 231/2001.

    c) Estinzione dei procedimenti: utilizzo del patteggiamento dopo la Fase 2

    (i) La procedura del patteggiamento
     
  93. Secondo la procedura del patteggiamento, simile al "plea-bargaining", il pubblico ministero e la difesa possono chiedere al giudice l'applicazione di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria sulle quali concordino ambedue (applicazione di pena su richiesta), se la sentenza prevista per il reato in questione non supera una pena detentiva di cinque anni (articoli 444-448 c.p.). Il patteggiamento può essere utilizzato sia nel caso delle persone fisiche che nel caso delle persone giuridiche. Il giudice esercita il controllo in merito alla decisione di non dare corso all'azione penale ed ha piena discrezione di accettare o rifiutare il patteggiamento. Nel caso l'accetti, il giudice ne dispone con sentenza l'applicazione. Se il pubblico ministero dissente dal giudice sulla richiesta di patteggiamento, il pubblico ministero può ricorrere in appello. Se il pubblico ministero non impugna la sentenza del giudice, tale sentenza non può più essere contestata. Ovviamente questa procedura presenta il vantaggio di accorciare la durata del procedimento, soprattutto tenendo conto del fatto che in Italia le persone fisiche presentano appello contro tutte le sentenze dei tribunali fino in Corte di Cassazione.
     
  94. Il patteggiamento presenta vari vantaggi per l'imputato, compresa la possibilità di applicare una pena diminuita di un terzo rispetto alla sanzione massima prevista per legge, la possibilità di chiedere e ottenere la sospensione condizionale della sentenza, l'estinzione del reato se l'imputato non commette nessun reato dello stesso tipo nei cinque anni seguenti la condanna, l'assenza di ulteriori sanzioni comminate all'imputato per quel reato, e l'esonero dal pagamento delle spese processuali e delle altre spese legali associate al processo [49]. In pratica, i magistrati e gli esponenti del mondo giuridico che hanno partecipato alla visita in loco hanno ammesso che, nella stragrande maggioranza dei casi, la possibilità di ridurre la sentenza non abbia molta importanza rispetto alla totale impunità di cui può godere un imputato grazie alla scadenza dei termini di prescrizione (come indicato più avanti).

    (ii) Ragioni per richiedere un patteggiamento
     
  95. Dalla Fase 2 ad oggi, la procedura del patteggiamento si è rivelata fondamentale per risolvere i casi di corruzione internazionale e comminare una condanna in tali procedimenti: tutte le dodici persone (nove persone fisiche e tre persone giuridiche) condannate fino a oggi per corruzione di pubblici ufficiali stranieri sono arrivate a una transazione con i magistrati utilizzando il patteggiamento.[50]
     
  96. Dal punto di vista dei magistrati che hanno partecipato alla visita in loco, gli sforzi per risolvere i casi utilizzando il patteggiamento sono legati a due fattori principali: (i) il tentativo di evitare l'archiviazione dei procedimenti a causa dei termini di prescrizione e (ii) la scelta della soluzione più pratica da un punto di vista economico dato il contesto caratterizzato da indagini complesse e scarse risorse. La procedura del patteggiamento sembra avere ricoperto (anche parzialmente) un ruolo di protezione in un sistema in cui altrimenti la maggior parte dei procedimenti sarebbero stati soggetti a prescrizione.
     
  97. Durante la visita in loco, i magistrati e gli avvocati della difesa hanno spiegato che le imprese, di solito, hanno più tendenza a richiedere il patteggiamento rispetto alle persone fisiche: ciò avviene perché, mentre le persone fisiche assumono una strategia di difesa che cerca di allungare il procedimento fino a quando il loro caso cada in prescrizione, evitando così qualsiasi sanzione, le imprese preferiscono (i) accorciare il procedimento penale e limitare l'impatto potenziale sull'immagine dell'azienda e (ii) evitare la condanna di esclusione dai contratti pubblici. Questa differenza permetterebbe di spiegare perché solo cinque persone fisiche (in solo tre casi) abbiano richiesto il patteggiamento.

    (iii) Divulgazione al pubblico delle informazioni sul patteggiamento
     
  98. Durante la visita in loco, gli esaminatori hanno raccolto informazioni contraddittorie sul livello di confidenzialità di questo tipo di transazione. Poiché quella del patteggiamento è la sola ed unica procedura utilizzata fino ad oggi nei casi di corruzione internazionale, il livello di consapevolezza del pubblico sulle transazioni utilizzate e le condanne comminate in questo contesto risulta essenziale per rafforzare l'effetto deterrente dei procedimenti conclusi in questo modo. I magistrati hanno indicato che le udienze nelle quali il giudice per le indagini preliminari si pronuncia sulla richiesta di patteggiamento sono pubbliche. Hanno anche affermato che la sentenza della corte è disponibile su richiesta. Sembra, però, che solo le persone che possano giustificare "un interesse particolare" nel ricevere comunicazione della sentenza abbiano accesso ad essa, e i criteri per definire se una persona abbia tale "interesse" non sono chiari. Un giornalista ha affermato che non gli verrebbe mai data l'autorizzazione di assistere ad una tale udienza e che non ha mai ricevuto nessuna informazione dai magistrati su queste transazioni. Al contrario, alcuni magistrati hanno riferito che comunicano alla stampa i risultati del patteggiamento, soprattutto quando si tratta di casi di corruzione. Tuttavia, la decisione di comunicare in materia sembra dipendere soltanto dall'approccio e dalla decisione personale di ogni magistrato.

    Commento:
    Gli esaminatori riconoscono l'importanza dell'utilizzo della procedura del patteggiamento e la flessibilità garantita da tale procedura, che ha permesso all'Italia di condannare alcune persone fisiche e giuridiche in casi di corruzione internazionale nonostante il termine di prescrizione limitato.
    Per rafforzare l'effetto deterrente di tali transazioni e condanne, gli esaminatori raccomandano che l'Italia, se giudicato idoneo e in conformità con le regole sulla tutela dei dati personali e con le disposizioni della Costituzione italiana, renda pubblici con ogni mezzo appropriato alcuni elementi delle transazioni a cui si è giunti attraverso il patteggiamento, come le ragioni per cui il patteggiamento è stato giudicato appropriato in un dato caso e i termini dell'accordo (in particolar modo l'importo che deve essere pagato): ciò, infatti, migliorerebbe le modalità di rendicontazione sull'applicazione della legislazione anticorruzione in Italia, facendo allo stesso tempo aumentare il livello di consapevolezza e la fiducia del pubblico in materia.

    d) Regime della prescrizione
     
  99. Durante la valutazione di Fase 3, il regime della prescrizione è stato oggetto di intensi dibattiti con pubblici ministeri, avvocati della difesa, giudici e studiosi. Nella Fase 2, il Gruppo di lavoro ha raccomandato che l'Italia "in materia di azione penale e di sanzioni nei casi di corruzione internazionale (...) prenda le misure necessarie per estendere la durata del termine di prescrizione ‘ultimo’ (cioè il termine di completamento dei procedimenti giudiziari compresi tutti gli appelli) per il reato di corruzione internazionale (raccomandazione 7(b)). Nel 2005, nel contesto del rapporto orale di monitoraggio di Fase 2, l'Italia ha informato della sua intenzione di adottare una legge per modificare le regole della prescrizione [51]. In seguito, l'Italia ha riferito al Gruppo di lavoro sugli sforzi compiuti per applicare le suddette raccomandazioni nel rapporto scritto di monitoraggio di Fase 2, in occasione di altri rapporti sui progressi compiuti richiesti dal Gruppo di lavoro (nel marzo e giugno 2010) e anche in risposta a due lettere della Presidenza (del novembre 2009 e gennaio 2010) che esprimevano la preoccupazione del Gruppo di lavoro sulla proposta di legge 1880 ("Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi"), che avrebbe potuto ostacolare l'applicazione da parte dell'Italia della legislazione sulla corruzione internazionale, obbligando il sistema della giustizia penale a estinguere i processi per corruzione internazionale dopo che questi avessero oltrepassato un certo limite di tempo in fase di dibattimento. In ognuna di queste occasioni, l'Italia ha presentato i progetti di legge all'esame del Parlamento, ma ha indicato che tali progetti di legge non erano stati convertiti in legge.

    (i) Prescrizione in vigore prima del 2005
     
  100. Prima della riforma del 2005, il termine massimo di prescrizione era di 7,5 anni. I magistrati incontrati durante la visita in loco di Fase 3, tuttavia, hanno chiarito che in alcuni casi, tenendo conto delle sospensioni e/o interruzioni dei procedimenti (cioè nel caso in cui l’imputato abbia compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio oppure abbia compiuto un atto d’ufficio, ma siano presenti numerose circostanze aggravanti) era possibile aumentare i termini di prescrizione fino a 15 anni.

    (ii) Prescrizione in vigore dopo il 2005
     
  101. Nelle loro risposte al questionario standard di Fase 3, le autorità italiane hanno indicato che il regime della prescrizione in vigore dal 2005 ha introdotto nuove regole per estendere la durata del termine di prescrizione differenziando vari casi in base al casellario giudiziario dell'accusato (legge n. 251, 5 dicembre 2005). Il termine di prescrizione di base "coincide con la massima sanzione detentiva prevista per ciascun reato" e non può essere inferiore a sei anni, il che corrisponde al termine di prescrizione che si applica nei casi di corruzione internazionale. Se i reati sono commessi da un individuo incensurato o da un recidivo semplice [52], questo termine può essere sospeso e interrotto fino ad un termine di prescrizione "ultimo" di sette anni e mezzo (sei anni più un quarto) [53]. I magistrati che hanno partecipato alla visita in loco hanno sottolineato che, al contrario di quanto succedeva prima del 2005, in pratica, questo termine non può più essere esteso in caso di circostanze aggravanti. Gli esaminatori esprimono preoccupazione sul fatto che ciò sia contrario alla raccomandazione emessa durante la Fase 2.

    (iii) Progetto di legge in esame
     
  102. Il 30-31 marzo 2011 è stato presentato in Parlamento un nuovo disegno di legge destinato ad abbreviare i termini di prescrizione (prescrizione breve) per un certo numero di reati nel caso in cui l'imputato non sia stato condannato in precedenza. Le risposte dell'Italia al questionario di Fase 3 hanno sottolineato che questo provvedimento dovrebbe applicarsi solo alle persone senza precedenti penali e ridurrebbe l'aumento del termine di prescrizione dopo un'interruzione da un quarto a un sesto del termine di prescrizione generale, il che, nei casi di corruzione internazionale, significherebbe passare da 7,5 anni a 7 anni [54]. Ciò è particolarmente preoccupante poiché la corruzione internazionale, per sua stessa natura, è principalmente un reato commesso da chi non ha precedenti penali. Se la proposta di legge dovesse essere adottata, le conseguenze potrebbero essere serie, anche per quanto riguarda i procedimenti di corruzione tuttora in corso (sia nazionali sia internazionali). Nelle risposte al questionario supplementare di Fase 3, l'Italia ha indicato che il progetto di legge è stato in un primo tempo approvato dal Senato, in prima lettura, il 20 gennaio 2011, ed in seguito è stato approvato dalla Camera, con alcuni emendamenti, il 13 aprile. Il disegno di legge è ora nuovamente all'esame del Senato. Il Gruppo di lavoro dovrà monitorare con attenzione gli sviluppi relativi a tale progetto.

    (iv) Impatto dell'attuale regime della prescrizione sui procedimenti giudiziari in Italia
     
  103. I magistrati e i giudici che hanno partecipato alla visita in loco non erano tanto preoccupati da questo progetto di legge quanto dall'impatto dell'attuale regime della prescrizione. Essi hanno unanimemente e ripetutamente messo in guardia gli esaminatori sul grave impatto che i termini di prescrizione possono avere sul morale del corpo giudiziario e delle forze di polizia.
     
  104. Le informazioni sui provvedimenti di applicazione della legge forniti dall'Italia, riunite dal gruppo di valutazione, dimostrano che, sui 47 imputati in procedimenti per corruzione internazionale conclusi al momento in cui è stato scritto questo rapporto (60 imputati in tutto, meno 12 imputati i cui procedimenti si sono conclusi con un non luogo a procedere per mancanza di prove o per altri motivi), i procedimenti contro 30 imputati si sono conclusi con un non luogo a procedere in quanto prescritti (oltre il 62%). Tra questi 30 imputati, tre erano persone fisiche che in un primo tempo erano state condannate e/o a cui erano stati confiscati beni, ma che in seguito hanno ottenuto un non luogo a procedere perché i loro procedimenti si sono estinti per prescrizione durante il processo d'appello [55]. Il ristretto numero di procedimenti conclusi con una sentenza prima di essere prescritti è un'ulteriore testimonianza del fatto che i termini attuali di prescrizione siano troppo brevi per garantire un'azione penale e una condanna nei casi di corruzione internazionale (si veda sopra a proposito di altre caratteristiche del sistema di indagini e del sistema penale adottato in Italia aventi un impatto sulla durata dei procedimenti). Rispetto ai procedimenti in corso (9 casi che coinvolgono circa 28 persone [56]), si prevede che cinque procedimenti siano soggetti a prescrizione entro la fine del febbraio 2012 e un altro procedimento sia soggetto a prescrizione entro la fine del dicembre 2012.[57]
     
  105. Durante la visita in loco, gli esaminatori hanno rilevato il gran numero di provvedimenti in materia di applicazione della legge presi da giudici, magistrati e membri delle forze di polizia e l'elevato livello di impegno da essi dimostrato. Ciò è tanto più ammirevole in un contesto in cui, nella maggior parte dei casi, e nonostante i loro sforzi, la confisca dei beni e i provvedimenti cautelari sono revocati e gli imputati non sono condannati a causa della scadenza dei termini di prescrizione.

    (v) Termini di prescrizione per le persone giuridiche
     
  106. Per quanto riguarda le persone giuridiche, il magistrato deve condurre l'indagine entro un termine di prescrizione diverso da quello che si applica nei procedimenti contro una persona fisica. In conformità con l'articolo 22 del D. Lgs. 231/2001, i procedimenti si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione del reato. Tuttavia, interrompono la prescrizione la richiesta di applicazione di misure cautelari e la contestazione dell'illecito amministrativo dipendente dal reato (articolo 59). Mentre il termine di prescrizione applicabile alle persone fisiche è limitato ad un massimo di 7,5 anni, nessun termine di questo tipo è previsto per le persone giuridiche, come è stato confermato da un certo numero di esponenti del mondo giuridico durante la visita in loco. Durante la visita in loco, tuttavia, i magistrati hanno sottolineato che, troppo spesso, la contestazione dell'illecito amministrativo necessaria all'interruzione della prescrizione non viene inviata in tempo e quindi i procedimenti contro le persone giuridiche cadono in prescrizione dopo cinque anni. Le decisioni giudiziarie fornite dall'Italia nei processi Oil for FoodOil for Food 1 e 12  [58] forniscono un buon esempio di tale situazione (anche se, in ognuno di questi procedimenti, il tribunale ha tuttavia sottolineato il considerevole vantaggio che le persone giuridiche abbiano ricavato dal fatto di non avere evitato il reato). Un pubblico ministero ha spiegato che la costituzione di prove contro una persona giuridica è di solito legata in maniera logica ai progressi realizzati nelle indagini sui reati commessi dalle persone fisiche. Quindi, in un certo numero di casi, il termine di cinque anni potrebbe essere troppo breve. Come indicato più avanti nella sottosezione 2 sulla responsabilità delle persone giuridiche, ciò rappresenta un grave problema che ha portato all'estinzione di procedimenti contro la stragrande maggioranza (15 su 20) di imputati rappresentati da persone giuridiche.

    (vi) Progetto di legge sulla riforma del processo penale
     
  107. Dopo la visita in loco, il Senato ha approvato (il 29 luglio 2011) una proposta di legge [59] che introduce una riforma sul regime di ammissibilità della prova nel processo penale (modificando così un certo numero di articoli del codice penale). Tale riforma apporterebbe due principali cambiamenti. Prima di tutto, la valutazione ex ante dell'ammissibilità della prova verrebbe sostituita da un principio generale di ammissibilità secondo il quale le parti avrebbero il diritto di presentare tutte le prove che desiderano e il giudice dovrebbe ammettere le prove senza ritardo con ordinanza, ad eccezione di quelle vietate dalla legge o di quelle "manifestamente non pertinenti". Ciò, in pratica, potrebbe prolungare i tempi del dibattimento fino a farlo cadere in prescrizione. In secondo luogo, mentre la sentenza definitiva pronunciata in un dibattimento potrebbe ancora essere utilizzata come prova in un altro procedimento, le parti avrebbero il diritto di ottenere un altro interrogatorio dei testimoni. Al momento della redazione del presente rapporto il progetto di legge era stato trasferito alla Camera dei Deputati ed era sotto esame.

    Commento:
    Gli esaminatori esprimono seria preoccupazione a proposito dell'impressionante numero di procedimenti per corruzione internazionale che si sono conclusi con un non luogo a procedere in quanto prescritti o che saranno probabilmente soggetti a prescrizione entro il prossimo anno. Essi sottolineano che, secondo l'articolo 6 della Convenzione, è necessario "un periodo di tempo idoneo per condurre indagini e avviare azioni penali" in materia di reati di corruzione internazionale. Gli esaminatori fanno altresì notare che, dalla Fase 2 ad oggi, la prassi ha confermato che i termini di prescrizione in vigore in Italia non sono conformi a questi criteri. Ciò rappresenta un serio ostacolo all'applicazione da parte dell'Italia della Convenzione nel suo insieme. Questa serissima preoccupazione sarebbe anche aggravata se il progetto di legge attualmente pendente fosse approvato. Gli esaminatori, perciò, raccomandano che il Gruppo di lavoro segua l’evoluzione di questo progetto di legge.
    Gli esaminatori raccomandano che l'Italia applichi con urgenza la raccomandazione 7(b) che invita a compiere i passi necessari per estendere il termine di prescrizione "ultimo" per l'avvio di azioni penali e per l'imposizione di sanzioni nel caso di corruzione internazionale, con qualsiasi mezzo necessario. Essi sottolineano che qualsiasi estensione del termine di prescrizione dovrebbe avere una portata significativa, anche per gli "individui incensurati". Essi incoraggiano altresì l'Italia a riconsiderare l'impatto del termine di prescrizione di base, più breve, applicabile alle persone giuridiche e invitano le autorità italiane a prendere in considerazione un possibile allineamento di quel termine al termine di prescrizione applicabile alle persone fisiche (che dovrebbe essere esteso secondo la precedente raccomandazione). Gli esaminatori raccomandano che l'Italia riferisca al Gruppo di lavoro ogni sei mesi sui progressi compiuti rispetto all'applicazione della suddetta raccomandazione.
    Gli esaminatori esprimono preoccupazione sull'impatto che la proposta di legge sulla riforma del processo penale potrebbe avere in materia di adeguatezza del periodo di tempo concesso per le indagini e le azioni penali nei casi di corruzione internazionale, se l'attuale progetto di legge fosse convertito in legge. Essi raccomandano che l'Italia riconsideri seriamente la possibilità di applicare tale riforma al reato di corruzione internazionale.

    6. Riciclaggio di denaro

    a) Il reato di riciclaggio
     
  108. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro ha raccomandato che l'Italia (i) adotti "rapidamente" un emendamento legislativo per criminalizzare il riciclaggio compiuto dalla stessa persona che ha commesso il reato presupposto (il cosiddetto "autoriciclaggio") e (ii) decreti la responsabilità delle persone giuridiche in caso di riciclaggio (raccomandazione 5). Inoltre, il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI) ha anche raccomandato che l'Italia criminalizzi l'autoriciclaggio [60]. Tuttavia, durante il monitoraggio di Fase 2, il Gruppo di lavoro ha concluso che questa raccomandazione "esulava dall'ambito della Convenzione", che richiede soltanto che uno Stato "che considera la corruzione di un suo pubblico ufficiale come un reato presupposto in vista dell'applicazione della sua legislazione antiriciclaggio segua lo stesso approccio, negli stessi termini, per la corruzione di pubblico ufficiale straniero, senza tener conto del luogo in cui è avvenuto il reato di corruzione".

    (i) Sanzioni in materia di riciclaggio per una persona che commette il reato presupposto
     
  109. Una persona fisica non può essere condannata per autoriciclaggio poiché l'emendamento legislativo pendente durante la Fase 2 non è stato approvato (articoli 648, 648-bis e 648-ter c.p.). In occasione della visita in loco, i rappresentanti dell'Unità d'Informazione Finanziaria (UIF) hanno fatto notare che sono stati presentati nuovi progetti di legge che avrebbero come risultato la criminalizzazione dell'autoriciclaggio.[61]

    (ii) Responsabilità delle persone giuridiche in caso di riciclaggio
     
  110. L'Italia ha affrontato la questione della responsabilità delle persone giuridiche per il riciclaggio. Nel 2005, l'Italia ha rivisto il suo quadro legislativo in materia di riciclaggio in vista dell'applicazione della terza Direttiva dell'Unione europea AML/CFT (sull’antiriciclaggio di denaro e la lotta al finanziamento del terrorismo), del 26 ottobre 2005. La nuova normativa estende la responsabilità alle persone giuridiche in materia di riciclaggio ai sensi del D. Lgs. 231/2001 (si veda la sottosezione 2.a.ii qui sopra per ulteriori dettagli su questo provvedimento) [62]. La responsabilità si applica anche se un reato è stato commesso all'estero e l'esecutore della violazione sottostante non è stato identificato o non può più essere perseguito (per esempio a causa della scadenza del termine di prescrizione).

    b) Due diligence e doveri di informazione
     
  111. Il D. Lgs. 231/2007 ha rafforzato il regime antiriciclaggio italiano introducendo una ridefinizione degli obblighi di due diligence del cliente attraverso un approccio basato sul rischio, imponendo agli enti interessati di intraprendere alcune azioni per tutelarsi dal riciclaggio legato a persone politicamente esposte, rafforzando i limiti e i divieti per quanto riguarda alcuni tipi di transazioni (come il pagamento in contanti) e estendendo gli obblighi di informazione della direttiva AML/CFT ad alcuni fornitori di servizi (come le società fiduciarie) che non erano contemplati dalla legge precedente. Il D. Lgs. 231/2007 ha anche disposto la creazione dell’Unità d’Informazione Finanziaria (UIF), un'unità indipendente e autonoma della Banca d'Italia, che ha sostituito la precedente UIF (Ufficio Italiano dei Cambi). Infine, per facilitare la segnalazione di operazioni sospette, il D. Lgs. 231/2007 ha ampliato la definizione di riciclaggio per includere una persona che si macchi di autoriciclaggio (articolo 2, comma 1).
     
  112. Ciò nonostante, non sembra che nessuna di queste modifiche legislative abbia portato all'identificazione di un numero maggiore di casi di corruzione internazionale. Sebbene l'Italia abbia fatto notare che la UIF scambi regolarmente informazioni con enti investigativi, come il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza (NSPV), nessuna segnalazione di operazioni sospette in materia di corruzione internazionale è stata realizzata in seguito a tali scambi di informazione. Sebbene il numero totale di segnalazioni di operazioni sospette trasmesse dalla UIF alle autorità di polizia sia aumentato regolarmente dal 2004, le autorità italiane non sono state in grado di fornire statistiche su quante di queste segnalazioni abbiano permesso di comminare condanne per riciclaggio o su quante siano legate a reati presupposti di corruzione internazionale.

    Commento:
    Gli esaminatori fanno notare che il codice penale italiano vieta la condanna simultanea di una persona per riciclaggio ("autoriciclaggio") e corruzione internazionale. Tale limite, che rischia di ostacolare l'efficace applicazione della legislazione in materia di corruzione internazionale, non sembra giustificato dai principi giuridici fondamentali. Gli esaminatori riconoscono, tuttavia, che il potere legislativo stia prendendo in considerazione eventuali leggi sull'autoriciclaggio. Essi considerano che il fatto di perseguire l'autoriciclaggio possa fornire un'alternativa per intervenire nei casi di corruzione internazionale, soprattutto se si considerano le questioni legate al regime della prescrizione. Gli esaminatori suggeriscono che il Gruppo di lavoro segua gli sviluppi legati a questo progetto di legge.
    Gli esaminatori esprimono soddisfazione per il fatto che l'Italia abbia esteso la responsabilità alle persone giuridiche in materia di riciclaggio e abbia rafforzato il suo sistema di segnalazione in materia di riciclaggio, compreso l'ampliamento degli obblighi di segnalazione per includere le persone che commettono il reato di autoriciclaggio. Tuttavia, fanno notare che l'Italia non è stata in grado di fornire informazioni sul numero di condanne risultanti dalle misure antiriciclaggio o sul numero di segnalazioni di operazioni sospette legate ai reati di corruzione internazionale. Gli esaminatori raccomandano che l'Italia compili statistiche in materia di: (i) sanzioni comminate nei casi di riciclaggio; (ii) reati presupposti per riciclaggio, con l'obiettivo di identificare i casi in cui la corruzione internazionale sia un reato presupposto; (iii) segnalazioni di operazioni sospette che permettano di avviare indagini e azioni penali o di comminare condanne per corruzione o che fungano da supporto in tutti questi casi.

    7. Requisiti contabili, revisione contabile esterna, programmi aziendali tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme

    a) Requisiti contabili

    (i) Criteri generali in materia di principi contabili
     
  113. In Italia, le società quotate in borsa e le società i cui strumenti finanziari sono distribuiti su larga scala devono seguire gli International Financial Reporting Standards (IFRS), adottati dall'Unione europea, sia nei rendiconti finanziari consolidati che in quelli individuali. Le controllate non quotate in borsa delle società quotate e di quelle non quotate possono (senza che sia un obbligo) seguire gli IFRS. Inoltre, come indicato nel rapporto di Fase 2, in Italia il reato del falso in bilancio prevede che le aziende italiane pubblichino documenti contabili accurati e completi.

    (ii) Applicazione del reato di falso in bilancio
     
  114. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro aveva fatto notare la presenza di un certo numero di ostacoli che impedivano di sanzionare efficacemente le aziende per falso in bilancio: (i) una persona poteva essere ritenuta responsabile soltanto se essa aveva intenzione di trarre in inganno gli azionisti e il pubblico (una condizione che si applica raramente ai casi di aziende non quotate, con pochi azionisti); (ii) le sanzioni pecuniarie e detentive non erano applicabili se il falso in bilancio non "falsava considerevolmente" il bilancio o la situazione finanziaria dell'azienda o non raggiungeva una certa soglia monetaria; (iii) anche quando erano applicabili, le sanzioni pecuniarie previste dal regime di falso in bilancio erano relativamente modeste. Il Gruppo di lavoro aveva raccomandato che l'Italia "si assicurasse che, in base alla sua legislazione, potessero essere applicate sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per tutti i casi di falso in bilancio senza tener conto (a) di soglie monetarie, (b) del fatto che il reato fosse commesso in relazione a aziende quotate o non quotate in borsa, e (c) del fatto che il reato danneggiasse gli azionisti o i creditori" (raccomandazione 3).
     
  115. Durante il monitoraggio di Fase 2, l'Italia ha segnalato due cambiamenti legislativi. Prima di tutto, in merito alla questione (ii) di cui sopra, la legge è stata emendata nel 2005 al fine di introdurre ricorsi amministrativi nei confronti delle persone fisiche anche quando non si superino determinate soglie monetarie (articoli 2621 e 2622 del codice civile). I ricorsi amministrativi si applicano soltanto alle persone fisiche e comprendono l'interdizione imposta ai dipendenti in posizione apicale da sei mesi a tre anni (se si tratta di una società quotata in borsa) e una sanzione da 10 a 100 quote delle azioni dell'azienda [63]. In secondo luogo, rispetto alla questione (iii), gli emendamenti del 2005 hanno permesso di inasprire le sanzioni per falso in bilancio (quando si superino determinate soglie monetarie) [64]. Il Gruppo di lavoro, perciò, aveva concluso che la raccomandazione di Fase 2 era stata in parte applicata.
     
  116. Nonostante tali cambiamenti, i magistrati partecipanti alla visita in loco di Fase 3, hanno espresso l'opinione che gli emendamenti del 2005 in realtà "abbiano peggiorato le cose" quando si tratta di adire gli organi giurisdizionali. Per esempio, in base alla legge in vigore prima del 2005, una società non quotata in borsa non poteva essere perseguita per falso in bilancio avente danneggiato gli azionisti o i creditori a meno che un privato non avesse sporto querela. L'emendamento del 2005 ha reso tali obblighi più rigorosi poiché è "un azionista" (e non solo un privato) che deve sporgere querela. I magistrati hanno definito "assurdo" questo nuovo obbligo, poiché la maggior parte delle aziende non quotate sono aziende private a conduzione familiare, e, secondo quest'obbligo, il reo dovrebbe sporgere denuncia contro se stesso. Inoltre, in base all'attuale legge, deve sempre essere presente l'intenzione di ingannare gli azionisti e il pubblico. Per di più, rispetto alle azioni legali nei confronti delle persone fisiche, le nuove sanzioni amministrative sono piuttosto modeste e il numero di persone fisiche a cui possono essere comminate sanzioni detentive continua a essere limitato.

    Commento:
    Gli esaminatori esprimono soddisfazione per l'inasprimento delle sanzioni introdotto dall'Italia in base alle disposizioni per falso in bilancio e per l'introduzione di sanzioni amministrative nei confronti di quelle persone fisiche che commettano il reato di falso in bilancio quando il falso in bilancio non superi determinate soglie monetarie.
    Tuttavia, gli esaminatori deplorano che il reato di falso in bilancio non rappresenti ancora uno strumento adeguato per impedire pratiche illecite, in particolar modo a causa degli ostacoli summenzionati in materia di azioni giudiziarie. Per questi motivi, gli esaminatori ribadiscono le raccomandazioni del Gruppo di lavoro già presentate in Fase 2 secondo cui l’Italia dovrebbe “assicurarsi che la sua legislazione permetta di applicare sanzioni efficaci, proporzionali e dissuasive per tutti i casi di falsi in bilancio senza tener conto (a) di soglie monetarie, (b) del fatto che il reato sia commesso in relazione a aziende quotate o non quotate in borsa, e (c) del fatto che il reato danneggi gli azionisti o i creditori".

    b) Requisiti in materia di revisione contabile esterna

    (i) In generale
     
  117. In base alle Raccomandazioni 2009, agli Stati firmatari viene richiesto di mantenere standard idonei ad assicurare l'indipendenza dei revisori contabili esterni e di imporre l'obbligo di segnalazione di casi sospetti di corruzione scoperti nel corso di una revisione contabile esterna.
     
  118. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro aveva rilevato che le aziende non quotate in borsa non erano soggette ad una revisione contabile esterna indipendente. Il Gruppo di lavoro, perciò, aveva raccomandato che l'Italia "consideri l'estensione delle categorie di aziende soggette ad una revisione contabile esterna indipendente al fine di includere alcune aziende non quotate in borsa con un fatturato elevato" (raccomandazione 4).
     
  119. Le autorità italiane hanno fatto notare che il 27 gennaio 2010 è entrato in vigore il Decreto legislativo n. 39/2010 recante attuazione della Direttiva 2006/43/CE relativa all'obbligo delle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (Direttiva UE sulle revisioni legali). Tale normativa ha introdotto importanti cambiamenti sull'obbligo di revisione legale dei conti annuali delle aziende. La legge ha in particolar modo sostituito l'articolo 2409-bis del codice civile italiano riguardante le società per azioni con una nuova disposizione, secondo la quale i conti delle società per azioni debbano essere soggetti a una revisione contabile esterna. Tuttavia, se una società non è obbligata a redigere conti consolidati, la revisione contabile può essere effettuata da un collegio sindacale interno (revisori iscritti nell’apposto Registro) [65]. Per quanto riguarda le aziende con un sistema di corporate governance monistico o dualistico, la revisione contabile deve sempre essere esterna.
     
  120. In un documento di sintesi fornito durante la visita in loco, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) [66] ha spiegato che il D. Lgs. 39/2010 ha anche esteso la categoria delle aziende soggette a revisione contabile esterna obbligatoria per includere (i) le aziende non quotate in borsa soggette all'obbligo di redigere conti consolidati; (ii) "gli enti di interesse pubblico", un termine che comprende le aziende quotate e le aziende non quotate che si occupano della distribuzione al pubblico di valori mobiliari, le istituzioni creditizie, le imprese di assicurazione, le società di investimento, quelle di asset management e altri intermediari finanziari; (iii) tutte le società che controllano enti di interesse pubblico, che sono controllati da enti di interesse pubblico o affiliati ad esso. Un certo numero di aziende non quotate, perciò, è soggetta a revisione contabile esterna (comprese molte grandi imprese familiari, soggette all'obbligo di redigere conti consolidati). Altre aziende non quotate, comprese alcune imprese familiari, non sono soggette a revisione dei conti esterna.
     
  121. Secondo le autorità italiane, il D. Lgs. 39/2010 introduce anche sanzioni per alcuni tipi di corruzione commessa dai responsabili della revisione contabile esterna. Per esempio, un revisore dei conti esterno che, al fine di arricchirsi personalmente e con l'intenzione di ingannare, attesti il falso nell'effettuare comunicazioni sociali o nel riferire riguardo ad una revisione contabile può essere punito con la pena detentiva fino a cinque anni. La stessa pena è prevista per un revisore dei conti esterno o per chi violi gli obblighi legati alla revisione contabile in seguito alla dazione di un'utilità (la lunghezza della pena detentiva dipende dalla natura dei danni, dal tipo di entità e dalla posizione del reo) (articoli 27-28 del D. Lgs. 39/2010). Sono anche previste sanzioni se un revisore dei conti esterno riceve compensi illegali o ha illeciti rapporti patrimoniali con la società assoggettata a revisione (articoli 3031). Secondo le autorità italiane, questi reati sono perseguiti d'ufficio e non esiste una soglia minima per l'azione penale (cioè una considerevole alterazione dei conti finanziari).

    (ii) Rapporti dei revisori dei conti
     
  122. Nel documento di sintesi, la Consob ha spiegato che se i revisori dei conti esterni sospettano la presenza di qualsiasi tipo di violazione della legge, compresa la corruzione internazionale, durante il corso di una revisione contabile, essi devono informarne il collegio sindacale interno dell'impresa, in conformità con l’articolo 2409-septies del codice civile. Il collegio sindacale interno deve convocare l'assemblea degli azionisti, dopo avere informato il presidente del consiglio di amministrazione, qualora ravvisi "fatti censurabili di rilevante gravità" e vi sia urgente necessità di provvedere (articolo 2406 del codice civile). Tali provvedimenti si applicano alle aziende quotate e a quelle non quotate. Le autorità italiane hanno spiegato che tali provvedimenti si applicano a qualsivoglia violazione del diritto penale e i sospetti legati a un potenziale reato di corruzione internazionale possono essere considerati come "fatti censurabili di rilevante gravità".
     
  123. Secondo l'articolo 155, comma 2, del Decreto legislativo 58, 24 febbraio 1998, i revisori legali esterni delle imprese quotate in borsa e delle imprese che si occupano della distribuzione al pubblico di valori mobiliari devono informare la Consob di fatti "ritenuti censurabili" rilevati nello svolgimento dell'attività di revisione legale. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro ha raccomandato che l'Italia "si assicuri che i ‘fatti ritenuti censurabili’ comprendano la corruzione internazionale" (raccomandazione 4). L'Italia, tuttavia, non ha intrapreso nessun azione specifica a questo riguardo dopo la formulazione della raccomandazione. Nelle risposte al questionario di Fase 3 e durante la visita in loco, le autorità italiane hanno spiegato che non era stata intrapresa nessuna azione di questo tipo perché una circolare del 1993 della Consob specificava che per "fatti ritenuti censurabili" bisognasse considerare "un fatto irregolare o illecito compiuto da persone o organi della società derivante da deviazioni dalla norma giuridica o dalla norma statutaria che abbia un effetto rilevante ai fini del bilancio" [67]. Secondo le autorità italiane, "i revisori dei conti sono perfettamente a conoscenza" della circolare del 1993.
     
  124. La circolare, tuttavia, emessa molto prima della legislazione destinata all'applicazione della Convenzione anticorruzione, sembra non aver avuto grande rilevanza nel permettere alle professioni contabili e di revisione dei conti di acquisire una maggiore consapevolezza a proposito dei loro obblighi di denunciare casi sospetti di corruzione internazionale. I tre rappresentanti delle professioni contabili e di revisione dei conti che hanno partecipato alla visita in loco non hanno dimostrato un elevato livello di consapevolezza a proposito del reato di corruzione internazionale, del reato di falso in bilancio o della Convenzione. Essi, inoltre, non hanno potuto spiegare in che modo gli emendamenti del 2005 riguardanti il falso in bilancio possano avere modificato l'esercizio della professione contabile. Ciò fa emergere il dubbio che le professioni contabili e di revisione dei conti non siano sufficientemente consapevoli dei loro obblighi in materia di corruzione internazionale, e siano ancora meno consapevoli del loro obbligo di segnalare casi sospetti di corruzione internazionale.
     
  125. I rappresentanti delle professioni contabili e di revisione dei conti aventi partecipato alla visita in loco hanno espresso disaccordo e incertezza a proposito del canale appropriato attraverso cui segnalare reati di falso in bilancio o sospetti di atti illeciti alle autorità di contrasto penali. Sembra, che secondo l'articolo 333 del codice di procedura penale, un privato possa (ma non sia obbligato a) segnalare un potenziale illecito scoperto nel corso di un'attività di revisione contabile alle autorità di polizia, ma i partecipanti alla visita in loco hanno espresso una certa perplessità a proposito di chi (revisori o consiglio di amministrazione) avrebbe la responsabilità di effettuare tale segnalazione. Durante la visita in loco, i partecipanti non sono stati in grado di indicare se possano beneficiare di protezione legale in caso di comunicazione di sospetti atti illeciti scoperti nel corso di un'attività di revisione legale.

    Commento:
    Gli esaminatori esprimono soddisfazione nei confronti dell'Italia per avere esteso i requisiti in materia di revisione legale esterna a un certo numero di imprese non quotate. Essi riconoscono che ciò permetterà di aumentare in misura notevole la trasparenza nelle imprese non quotate e contribuirà a creare un ambiente di lavoro maggiormente focalizzato sul principio di conformità alle norme. Gli esaminatori suggeriscono che il Gruppo di lavoro monitori l’applicazione di tali nuovi requisiti.
    Gli esaminatori esprimono altresì soddisfazione per gli sforzi compiuti dall'Italia affinché i revisori contabili si conformino ai principi contabili internazionali e per la sua volontà di introdurre sanzioni penali nei confronti dei revisori dei conti esterni che forniscano false informazioni o commettano reati di corruzione durante l'attività di revisione contabile. Gli esaminatori raccomandano che l'Italia intraprenda azioni volte ad aumentare il livello di consapevolezza dei revisori dei conti, compresi corsi di formazione in materia di: (i) rilevazione di indizi di presunti atti di corruzione internazionale; (ii) obblighi applicabili ai revisori dei conti, ai sensi del D. Lgs. 58/1998, di segnalare tali atti alla direzione dell'impresa e alle autorità di contrasto penali; (iii) protezione legale di cui potrebbero beneficiare i revisori dei conti che denunciano presunti atti illeciti.

    c) Meccanismi di controllo interni alle aziende, programmi e misure aziendali tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme
     
  126. In base a quanto emerso dai dibattiti con giudici, pubblici ministeri, rappresentanti di grandi aziende e rappresentanti delle associazioni di categoria durante la visita in loco di Fase 3, sembra che il D. Lgs. 231/2001 sia diventato un elemento essenziale della responsabilità sociale d'impresa in Italia. Inoltre, i rappresentanti di grandi imprese e associazioni di categoria che hanno partecipato alla visita in loco hanno dimostrato un elevato livello di consapevolezza in materia di corruzione internazionale. Tuttavia, sebbene sembri che molte grandi imprese italiane abbiano adottato modelli organizzativi sulla base del D. Lgs. 231/2001, non risulta che tutte le grandi aziende abbiano adottato politiche che affrontano in maniera specifica la questione della corruzione internazionale. Da quanto emerso dalle discussioni durante la visita in Italia e da un esame di alcuni programmi aziendali di conformità alle norme resi pubblici [68], le grandi imprese italiane adottano di solito disposizioni in materia di politica aziendale che vietano la corruzione e rendono obbligatori conti accurati, ma solo le aziende con significative attività internazionali adottano disposizioni specificatamente mirate alla corruzione internazionale. Ciò porta a chiedersi quale impatto il D. Lgs. 231/2001 abbia avuto nella realtà sullo sviluppo di misure di conformità alle norme destinate alla corruzione internazionale, poiché tali aziende avrebbero comunque adottato tali misure di conformità alle norme anche se il D. Lgs. 231/2001 non fosse entrato in vigore.
     
  127. Nessuna PMI era presente alla visita in loco, quindi gli esaminatori non hanno avuto l'opportunità di valutare il tipo di meccanismi di controlli interni e di programmi di conformità alle norme adottati in questo tipo di aziende. I rappresentanti delle associazioni di categoria hanno indicato che la creazione e l'attuazione di programmi completi di conformità alle norme rappresenta una notevole sfida per le PMI a causa delle loro risorse limitate. Ciò rappresenta una questione orizzontale che interessa le PMI in altri paesi oltre all'Italia.
    Commento:
    In materia di meccanismi di controlli interni alle aziende e di programmi aziendali tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme, gli esaminatori esprimono soddisfazione per l'operato dell'Italia e rilevano l'alto livello di consapevolezza dimostrato dalle imprese italiane a questo proposito. Essi suggeriscono che l'Italia continui a fare progressi in questo senso, soprattutto incoraggiando le aziende, e in particolar modo le PMI (i) ad adottare o sviluppare maggiormente idonei meccanismi di controllo interni, nonché adeguati programmi o misure tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme per la prevenzione e la rilevazione della corruzione internazionale, tenendo conto della Guida alle buone pratiche, contenuta nell'Allegato 2 della Raccomandazione 2009; (ii) a presentare nei loro rapporti annuali o a rendere pubblici in altro modo i loro meccanismi di controllo interni, nonché i loro programmi o misure tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme per la prevenzione e la rilevazione della corruzione.

    8. Misure fiscali per la lotta anticorruzione

    a) Non deducibilità delle tangenti
     
  128. La legislazione in vigore durante la Fase 2 stabiliva che "nella determinazione dei redditi (…) non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reati" [69]. Un pagamento non è deducibile come spesa professionale se esiste un sospetto che si tratti di una tangente. Se le autorità fiscali hanno un sospetto di questo tipo, devono immediatamente informarne la Procura della Repubblica. I proventi di attività illecite sono assoggettate a imposta anche se non vi è certezza che le persone coinvolte abbiano realmente ricevuto tali proventi.[70]

    b) Individuazione e segnalazione di presunti atti di corruzione

    (i) Verifiche fiscali
     
  129. Durante la visita in loco, i rappresentanti dell'Agenzia delle Entrate hanno spiegato che l'agenzia sottopone d'ufficio a verifica fiscale, ogni anno, qualche migliaio di contribuenti (persone fisiche e giuridiche). Il piano di attività in materia di verifica tributaria è basato su tecniche di analisi di rischio legate a fattori quali i paesi in cui il contribuente opera e la dimensione dell'attività economica oggetto del controllo. In presenza di uno sfasamento temporale tra le verifiche tributarie, si corre il rischio che i verificatori non siano in grado di individuare la corruzione internazionale in un lasso di tempo idoneo a perseguire il reato. Il rischio è particolarmente grave a causa delle difficoltà legate al regime italiano della prescrizione (si veda la sottosezione 5, qui sopra).
     
  130. In seguito alla visita in loco, le autorità italiane hanno spiegato che nel gennaio 2009 è stata adottata una nuova strategia per la verifica fiscale dei grandi contribuenti, detta tecnica del risk management. Tale strategia ha portato alla creazione di un sistema per il monitoraggio permanente dell'attività e dei comportamenti di tutti i grandi contribuenti, che comprende le seguenti fasi: raccolta e analisi di informazioni fornite dai grandi contribuenti, esame e aggiornamento del profilo di rischio di ogni grande contribuente per valutare i potenziali rischi tributari presentati dalle attività del grande contribuente e, se necessario, passaggio alla selezione di misure coercitive adattate a un dato contribuente. Le autorità italiane, tuttavia, non sono state in grado di fornire informazioni per determinare ogni quanto tempo un'impresa multinazionale possa essere soggetta a una verifica tributaria.

    (ii) Scambio di informazioni con le autorità di polizia
     
  131. Se, durante il corso di una verifica fiscale, emergono fatti che fanno sorgere il sospetto di presunti reati, l'Agenzia delle Entrate comunica tali fatti alla Procura della Repubblica appropriata. Inoltre, la Guardia di Finanza può collaborare con l'Agenzia delle Entrate per condurre una verifica tributaria in caso di sospetta corruzione internazionale. L'amministrazione fiscale e la Guardia di Finanza hanno creato vari gruppi tecnici di lavoro, di carattere permanente, per lo scambio di informazioni sui reati tributari di vasta scala, sulle persone coinvolte e i metodi di indagine. Inoltre, in seguito alla visita in loco, le autorità italiane hanno precisato che il 31 marzo 2011, la Direzione Centrale Accertamento dell'Agenzia delle Entrate ha pubblicato nuove linee guida volte a promuovere una più stretta collaborazione tra le Procure della Repubblica e l'Agenzia delle Entrate.
     
  132. Nelle risposte al questionario di Fase 3, l'Italia ha precisato che l'Agenzia delle Entrate, l'amministrazione giudiziaria, l'UIF e le forze di polizia hanno accesso a uno strumento informativo che consente lo scambio di informazioni su questioni fiscali in occasione di indagini penali congiunte, che comprendono i rapporti tra le istituzioni finanziarie e i trust in Italia e le transazioni effettuate senza utilizzare un conto corrente.

    (iii) Formazione e sensibilizzazione
     
  133. Il personale interessato dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza ha ricevuto una versione italiana del "Manuale dell'OCSE sulla sensibilizzazione alla corruzione ad uso dei verificatori". I funzionari dell'amministrazione fiscale italiana sono soggetti agli stessi obblighi a cui sono soggetti pubblici ufficiali di altri paesi per quanto riguarda la segnalazione di reati scoperti durante l'espletamento dei loro doveri d'ufficio (si veda la sottosezione 10.b più avanti). Inoltre, le autorità italiane hanno spiegato che l'amministrazione fiscale organizza regolarmente corsi di formazione per i verificatori in materia di individuazione della corruzione, compresa quella internazionale. Tra gli argomenti trattati durante queste formazioni vi sono la raccolta di prove e il formato idoneo per la segnalazione di casi sospetti di corruzione internazionale alle autorità di polizia, la comunicazione con l'UIF e le tecniche per individuare e trasmettere informazioni sulle transazioni in contanti che superino la soglia dei 2500 euro.
     
  134. Nonostante gli sforzi significativi di cui si è detto sopra, fino ad oggi nessuna verifica tributaria realizzata dall'Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di Finanza ha permesso di individuare direttamente atti di corruzione internazionale.

    c) Condono fiscale
     
  135. Durante la Fase 2 nel 2004, il Gruppo di lavoro ha raccomandato che "l'Italia faccia particolare attenzione alle informazioni raccolte in seguito a piani che prevedono un condono fiscale in modo da evitare che tali piani vengano usati in maniera illecita per la dissimulazione di tangenti" (raccomandazione 6). Durante il monitoraggio di Fase 2 nel 2007, le autorità italiane hanno indicato che il condono fiscale in vigore durante la Fase 2 era stato sospeso e che "il Governo aveva adottato politiche che si dissociavano nettamente da tale piano". Sulla base di queste informazioni, il Gruppo di lavoro aveva concluso che questa raccomandazione "non era più rilevante".
     
  136. Ciò nonostante, nell'ottobre del 2009, il corpo legislativo italiano ha adottato un nuovo condono fiscale applicabile ai beni detenuti all'estero fino al 31 dicembre 2008 dalle persone fisiche, dagli enti non commerciali e da associazioni di questo tipo (enti non commerciali) e che non erano stati dichiarati in violazione delle disposizioni sui controlli fiscali; tale condono fiscale era valido se i beni fossero stati rimpatriati o regolarizzati dal 15 settembre al 30 aprile 2010 [71]. Durante la visita in loco, le autorità italiane hanno spiegato che il funzionamento era identico allo "Scudo fiscale" in vigore durante la Fase 2.
     
  137. Secondo le disposizioni dello "Scudo fiscale", le persone che rimpatriavano o regolarizzavano beni non potevano essere perseguiti per certi reati tributari [72]. Le autorità italiane hanno spiegato che la legge non ha ostacolato le investigazioni e le azioni penali in materia di antiriciclaggio, e, cosa ancora più importante, non ha avuto alcun impatto sulle sanzioni applicabili in caso di violazioni delle leggi antiriciclaggio, che devono sempre essere perseguite in maniera autonoma. La legge ha anche previsto una sanzione amministrativa in caso di abuso dello scudo fiscale.[73]
     
  138. Le autorità italiane hanno spiegato che, a causa dell'entrata in vigore della legislazione che ha introdotto lo Scudo fiscale, le autorità antiriciclaggio italiane hanno rafforzato le loro attività di controllo. Inoltre, hanno fornito indicazioni a tutte le entità responsabili delle segnalazioni in materia di antiriciclaggio e lotta al finanziamento del terrorismo (12 ottobre 2009) nonché specifiche indicazioni destinate agli intermediari (16 febbraio 2010), per ribadire che gli obblighi previsti dal regime di segnalazione dell'antiriciclaggio erano applicabili durante il periodo di validità dello Scudo fiscale.

    d) Trattati fiscali bilaterali e multilaterali e condivisione delle informazioni da parte delle autorità fiscali
     
  139. Le autorità italiane hanno dichiarato che stanno avviando negoziati sull’inclusione nei loro trattati fiscali bilaterali della disposizione facoltativa del paragrafo 12.3 del Commento all'articolo 26 del Modello di Convenzione fiscale dell'OCSE. Quest'opzione consente che le autorità fiscali nello Stato contraente condividano informazioni fiscali con le forze di polizia e le autorità giudiziarie su alcune questioni altamente prioritarie, compresi la corruzione, il riciclaggio e il terrorismo, ad alcune condizioni. Al momento, i trattati fiscali bilaterali italiani consentono soltanto che le informazioni siano utilizzate per lo scopo con le quali sono state richieste. Ciononostante, l'Italia ha firmato la versione aggiornata della Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale del Consiglio d'Europa/OCSE, secondo la quale "le informazioni ricevute da uno Stato firmatario possono essere utilizzate per altri scopi quando è consentito che tali informazioni siano utilizzati per questi altri scopi dalle leggi dello Stato che le fornisce, e quando le autorità competenti di quello stato autorizzano tale utilizzo" [74]. Secondo i partecipanti alla visita in loco, il segreto fiscale non ostacola uno scambio di informazioni con le autorità di polizia.

    Commento:
    Gli esaminatori esprimono apprezzamento per i chiarimenti apportati dall'Italia in materia di indeducibilità fiscale delle tangenti. L'Italia ha anche creato un quadro normativo in materia di verifica tributaria dei contribuenti e di scambio di informazioni che potrebbe incoraggiare lo scambio di informazioni su casi potenziali di corruzione internazionale. Gli esaminatori esprimono apprezzamento per gli sforzi compiuti dall'Italia in vista di un miglioramento dello scambio di informazioni con le autorità di polizia e per i vari meccanismi creati a questo scopo. Secondo gli esaminatori, l'impatto di queste misure sull'individuazione dei casi di corruzione internazionale dovrebbe essere monitorato quando la prassi in materia sarà sufficientemente sviluppata. Inoltre, poiché attualmente il processo di verifica fiscale in Italia non permette di individuare nessun caso potenziale di corruzione internazionale, gli esaminatori suggeriscono di verificare se la metodologia utilizzata per effettuare verifiche tributarie sia adeguata per quanto riguarda (i) il tipo di rischi considerati nel decidere quali imprese sottoporre a verifica fiscale e (ii) il lasso di tempo intercorso tra le verifiche fiscali.
    Gli esaminatori nutrono significative preoccupazioni per quanto riguarda i piani italiani che prevedono condoni fiscali, o "Scudi fiscali". Durante il monitoraggio di Fase 2, il Gruppo di lavoro ha concluso che tali piani non rappresentavano un problema poiché l'Italia aveva affermato aver adottato politiche volte alla loro sospensione. Nonostante le preoccupazioni espresse dal Gruppo di lavoro, l'Italia ha adottato un nuovo condono fiscale. Nel contesto di tali piani, la gamma completa di sanzioni penali per riciclaggio e corruzione internazionale non sembra essere applicabile. Gli esaminatori raccomandano che il Gruppo di lavoro verifichi se piani fiscali particolari, come i condoni fiscali, ostacolano le autorità fiscali nell'individuazione di casi sospetti di corruzione internazionale.
    Infine, gli esaminatori esprimono apprezzamento per il fatto che l'Italia abbia firmato la versione aggiornata della Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale del Consiglio d'Europa/OCSE, secondo la quale le informazioni ricevute in ambito fiscale possono essere utilizzate per altri scopi ad alcune condizioni. Essi incoraggiano l'Italia a ratificare rapidamente tale trattato.

    9. Cooperazione internazionale
     
  140. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro ha raccomandato che si monitorasse la capacità dell'Italia di fornire e ottenere mutua assistenza giudiziaria nelle indagini di corruzione internazionale riguardanti le persone giuridiche. Nel rapporto erano espresse alcune preoccupazioni sull'applicabilità della concussione alla corruzione internazionale e sulla possibilità che una persona ricercata ai fini dell'estradizione potesse invocare la concussione per bloccare l'estradizione. Dopo la Fase 2, l'Italia non ha modificato il suo quadro normativo sulla mutua assistenza giudiziaria e sulle richieste di estradizione, tranne per quanto riguarda alcune disposizioni sul recupero di beni (si veda più avanti per ulteriori dettagli). Il Ministero della Giustizia è l'autorità centrale responsabile delle richieste di mutua assistenza giudiziaria ricevute e inviate.

    a) Mutua assistenza giudiziaria

    (i) Domande di assistenza giudiziaria ricevute
     
  141. L'Italia pone poche condizioni alla concessione di mutua assistenza giudiziaria, come stabilito dall'articolo 724 del codice di procedura penale e confermato dai magistrati durante la visita in loco. Il solo requisito indispensabile alla mutua assistenza giudiziaria è che le attività indagate rientrino nel diritto penale. Le autorità italiane hanno perciò affermato che la mutua assistenza giudiziaria potrebbe essere concessa nel caso di persone giuridiche senza tener conto del fatto che il paese richiedente preveda la responsabilità penale o amministrativa. Le autorità hanno indicato che in passato hanno inviato al paese richiedente documenti investigativi e giudiziari riguardanti procedimenti nei confronti di una persona giuridica.
     
  142. Oltre a ciò, quando la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione è stata ratificata nel 2009, l'Italia ha inserito una nuova disposizione nel codice di procedura penale (articolo 740-bis). Questa disposizione consente alle autorità italiane di confiscare e restituire beni a un paese straniero qualora il verdetto dello Stato estero richieda la confisca di tali beni, nel caso che (i) venga fatta espressa richiesta alle autorità italiane e (ii) la sentenza dello Stato estero sia riconosciuta dalle autorità italiane.
     
  143. Per quanto riguarda i casi di corruzione internazionale più in particolare, l'Italia ha indicato, nelle sue risposte al questionario di Fase 3, aver ricevuto solo una domanda di assistenza giudiziaria in materia di corruzione internazionale; la domanda è stata inviata dal Brasile nel settembre 2009. Il numero di domande ricevute sembra quindi molto limitato, in particolare perché l'Italia ha fornito assistenza a paesi stranieri in casi importanti, compreso il caso Siemens e il caso del gas nigeriano, tuttora in corso. L'Italia ha indicato agli esaminatori che di solito sono necessari da sei mesi a un anno per rispondere alle domande di assistenza giudiziaria.

    (ii) Domande di assistenza giudiziaria inviate
     
  144. Riguardo alle domande inviate di mutua assistenza giudiziaria, l'Italia ha indicato avere inviato 22 domande di questo tipo, 15 delle quali sono state inviate ad altri Stati aventi ratificato la Convenzione anticorruzione. I magistrati intervistati durante la visita in loco hanno indicato che la cooperazione internazionale è migliorata in linea generale negli ultimi anni. Tuttavia, hanno sottolineato che in base al paese di cui si richiede l'assistenza, la domanda di mutua assistenza giudiziaria può rappresentare un serio ostacolo per le indagini. Risposte rapide alle domande inviate sono particolarmente importanti per le forze di polizia italiane, considerati i problemi causati dal regime della prescrizione.

    b) Cooperazione internazionale e regime della prescrizione
     
  145. A causa delle preoccupazioni suscitate dal regime della prescrizione in materia di indagini, azioni penali e sanzioni, durante la visita in loco questo argomento è stata anche analizzato dal punto di vista di un possibile impatto sulle problematiche di cooperazione internazionale. Secondo i magistrati italiani, la scadenza del termine di prescrizione in Italia non impedirebbe alle autorità italiane di rispondere positivamente alle domande provenienti da altri Stati in cui i termini di prescrizione siano più lunghi. Secondo l'articolo 724 del codice di procedura penale, infatti, i motivi per rifiutare la mutua assistenza giudiziaria sono limitati (in particolar modo quando vi siano ragioni di credere che una persona sia perseguita sulla base di considerazioni legate a razza, religione, sesso, nazionalità e altri motivi simili) e la scadenza del termine di prescrizione non è inclusa in questa breve lista. Allo stesso modo, la scadenza del termine di prescrizione non impedirebbe all'Italia di restituire beni rubati.
     
  146. D'altra parte, i magistrati non erano così sicuri che sarebbe stato possibile estradare una persona se i termini di prescrizione per un reato fossero già scaduti in Italia. L'articolo 10.3 della Convenzione anticorruzione prevede che uno Stato firmatario debba o estradare i suoi cittadini per reati di corruzione o, se lo Stato rifiuta l'estradizione a causa della nazionalità della persona, farsi carico delle azioni penali nei confronti di questa persona. Al momento, non è sicuro che l'Italia sarebbe in grado di soddisfare quest'obbligo.
     
  147. Va notato, infine, che le domande di mutua assistenza giudiziaria non sospendono il decorso dei termini di prescrizione. I magistrati, durante la visita in loco, hanno indicato che a volte sono stati obbligati di accorciare alcune indagini e di sottoporre a giudizio alcuni imputati senza aver ricevuto risposte alle domande di assistenza giudiziaria. Ciò potrebbe portare ad una potenziale situazione in cui non si hanno sufficienti prove da fornire alla corte.
    Commento:
    Gli esaminatori non sono in grado di valutare in dettaglio la capacità dell'Italia di fornire mutua assistenza giudiziaria in casi di corruzione internazionale, a causa (i) del ristretto numero di domande inviate all'Italia e, più in generale, (ii) a causa della carenza di un meccanismo che permetta agli esaminatori di ottenere informazioni da altri Stati firmatari della Convenzione sulla cooperazione fornita dall'Italia in risposta a domande di mutua assistenza giudiziaria. Secondo gli esaminatori, la questione della valutazione della capacità degli Stati firmatari di rispondere alle domande di mutua assistenza giudiziaria è una questione trasversale che deve essere esaminata dal Gruppo di lavoro.
    Inoltre, per quanto riguarda l'estradizione, gli esaminatori raccomandano che il Gruppo di lavoro verifichi la capacità dell'Italia di estradare una persona (i) nel caso quella persona cerchi di utilizzare la concussione come possibile esonero da responsabilità per evitare l'estradizione e (ii) nel caso i termini di prescrizione per il reato di corruzione internazionale siano già scaduti in Italia.

    10. Consapevolezza del pubblico e segnalazione di atti di corruzione internazionale

    a) Consapevolezza riguardo alla Convenzione e alla corruzione internazionale

    (i) Consapevolezza tra i rappresentanti del settore pubblico
     
  148. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro ha raccomandato che l'Italia fornisca ulteriori corsi di formazione sulla corruzione internazionale alle agenzie governative, in particolar modo a quelle che trattano con le aziende italiane aventi attività all'estero (raccomandazione 1(a)). In seguito alla visita in loco, l'Italia ha chiarito che il Ministero degli Affari Esteri (MAE) assicura corsi di formazione sulla corruzione internazionale ai suoi dipendenti (appena assunti o già in attività) che fanno parte di un piano triennale (2011-2013) incentrato sulla trasparenza e l'integrità. Tuttavia, tranne per quanto riguarda questi esempi e quelli presentati sopra riguardanti le forze di polizia, i magistrati e i giudici, l'Italia non ha preso nessuna disposizione significativa in materia di formazione sulla corruzione internazionale dopo la Fase 2. Tranne che nel caso delle forze di polizia, i pubblici ufficiali incontrati in loco non hanno dimostrato di avere un livello di consapevolezza sufficiente riguardo a tale reato da permettere loro di individuare casi sospetti di corruzione internazionale.

    (ii) Consapevolezza dei rappresentanti del settore privato
     
  149. Nella Fase 2, il Gruppo di lavoro ha notato che le ambasciate italiane collaboravano con l'Istituto per il Commercio Estero e le Camere di commercio italiane all'estero per fornire informazioni sul reato di corruzione internazionale ai rappresentanti del settore privato operanti all'estero. Il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia continui a fare sforzi in questo senso e a intraprendere altre iniziative per aumentare la consapevolezza, soprattutto tra i membri delle PMI (raccomandazione 1(c)).
     
  150. Dopo la Fase 2, gli sforzi dell'Italia per aumentare il livello di consapevolezza nel settore privato sono stati contraddittori. Durante la visita in loco, le agenzie responsabili della concessione di risorse pubbliche hanno informato gli esaminatori che comunicano informazioni sulla corruzione internazionale alle parti interessate del settore privato (si veda la sottosezione 11 qui di seguito). Inoltre, il sito Internet del MAE presenta una pagina sulla corruzione internazionale che comprende link a vari documenti dell'OCSE, ad articoli della legislazione italiana e a una presentazione PowerPoint dal titolo "Consigli alle imprese operanti all'estero per la prevenzione della corruzione" [75]. tuttavia, durante la visita in loco, i rappresentanti del MAE non hanno fatto menzione di alcuna disposizione particolare presa dalle ambasciate per informare le aziende italiane operanti all'estero del reato di corruzione internazionale, tranne per quanto riguarda la messa a disposizione di copie di documenti OCSE nelle ambasciate stesse. Altre agenzie governative non hanno fatto nessuno sforzo per sensibilizzare il pubblico in materia di corruzione internazionale.
     
  151. La Convenzione è pubblicata sui siti Internet del Ministero degli Affari Esteri, della Delegazione Permanente d'Italia presso l'OCSE e del Punto di Contatto Nazionale (PCN), una struttura organizzata all'interno del Ministero per lo Sviluppo economico per garantire che le Linee Guida destinate alle imprese multinazionali dell'OCSE siano messe in pratica nel migliore dei modi [76]. L'Italia ha anche creato il Servizio Anticorruzione e Trasparenza (S.A.eT.), ma quest'agenzia non gode di competenze particolari nel campo della corruzione internazionale.[77]
     
  152. I rappresentanti di grandi aziende multinazionali aventi partecipato alla visita in loco hanno dimostrato un buon livello di consapevolezza in materia di corruzione internazionale, soprattutto a causa dei recenti casi di corruzione internazionale e del fatto che si sia parlato molto del D. Lgs. 231/2001 (si vedano le sottosezioni 2(b) e 7(c) qui di seguito). Le associazioni di categoria hanno affermato aver sviluppato moduli di formazione che trattano della corruzione; tuttavia, poiché gli esaminatori non hanno ricevuto copie di questi moduli, non è chiaro fino a che punto trattino della corruzione internazionale, e non della corruzione nazionale. Come già indicato sopra nella sottosezione 7(c), i partecipanti alla visita in loco erano dell'opinione che il livello di consapevolezza fosse molto minore nelle PMI.

    Commento:
    Gli esaminatori notano che l'Italia ha intrapreso azioni limitate dopo la Fase 2 per elevare il livello di consapevolezza dei pubblici ufficiali italiani (tranne per quanto riguarda la magistratura, i pubblici ministeri, le forze di polizia e i diplomatici) o delle persone e aziende operanti all'estero in materia di corruzione internazionale. Anche se le indagini avviate sulla base del D. Lgs. 231/2001 hanno aumentato il livello di consapevolezza per quanto riguarda la responsabilità potenziale attribuita alle persone giuridiche, potrebbero essere intraprese ulteriori azioni per aumentare il livello di consapevolezza in particolar modo per quanto riguarda la corruzione internazionale.
    Per quanto riguarda il settore pubblico, gli esaminatori raccomandano che l'Italia migliori ulteriormente i programmi di formazione in materia di corruzione internazionale, compresi quelli destinati alle ambasciate italiane all'estero, con lo scopo di aiutare i pubblici ufficiali a individuare i casi di corruzione internazionale. Riguardo al settore privato, gli esaminatori raccomandano che le autorità italiane continuino a sensibilizzare le aziende, in particolar modo le PMI, in materia di corruzione internazionale. Poiché il S.A.eT. ricopre un ruolo fondamentale in quanto Autorità nazionale anticorruzione, l'Italia dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di utilizzare il S.A.eT. a questo scopo.

    b) Comunicazione di presunti atti di corruzione internazionale

    (i) Da parte di pubblici ufficiali
     
  153. Nella Fase 2, il Gruppo di lavoro ha raccomandato che l'Italia "sensibilizzi tutti i pubblici ufficiali, conformemente all'articolo 331 del codice di procedura penale, riguardo all'obbligo di comunicare alle autorità di polizia i sospetti di corruzione internazionale individuati durante l'espletamento delle loro funzioni e riguardo alle sanzioni applicabili in caso di mancata segnalazione" (raccomandazione 1(b)) [78]. Solo recentemente l'Italia ha intrapreso azioni per sensibilizzare i pubblici ufficiali italiani a proposito di tale obbligazione legale.
     
  154. L'Italia ha fatto notare che il decreto legislativo adottato nel febbraio 2011 (n. 71) ribadisce l'obbligo di comunicazione del personale delle ambasciate e degli uffici consolari e chiarisce inequivocabilmente l'obbligo di comunicazione dell'ipotesi di reato di cui si ha notizia all'estero alle autorità di polizia. Tuttavia, durante la visita in loco, i rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri non hanno potuto spiegare esattamente in che modo i membri delle ambasciate dovrebbero comunicare i sospetti di corruzione internazionale e hanno fatto notare che nessuna indicazione scritta è stata fornita al personale delle ambasciate e degli uffici consolari. Hanno anche spiegato che il personale diplomatico non è tenuto a comunicare sospetti di corruzione internazionale di cui è venuto a conoscenza tramite i media all'estero, e in pratica non lo fa. Va notato che nessun caso è stato individuato in prima istanza dalle missioni consolari all'estero.
     
  155. Immediatamente dopo la visita in loco del luglio 2011, con l'obiettivo di chiarire la situazione, il Ministero degli Affari Esteri ha deciso di sensibilizzare il personale diplomatico riguardo al loro obbligo di comunicazione. Prima di tutto, nel luglio 2011, il MAE ha inviato una circolare a tutto il personale diplomatico sui mezzi per comunicare ipotesi di reato (circolare n. 4 del 14 luglio 2011). Poco dopo, il 25 luglio 2011, il Ministero ha inviato due cablogrammi a tutte le missioni consolari all'estero con lo scopo specifico di ribadire l'obbligo di comunicazione di sospetti di corruzione internazionale.

    (ii) Da parte di privati
     
  156. Esiste una certa confusione riguardo alla creazione di un sistema di comunicazione sistematico e centralizzato, destinato ai privati, per comunicare sospetti di corruzione internazionale. Nelle risposte al questionario di Fase 3, l'Italia ha indicato che il S.A.eT. può ricevere la comunicazione di una condotta illecita, condurre un'indagine preliminare e trasferire la comunicazione alla Procura della Repubblica. Tuttavia, il fatto che il S.A.eT. non abbia nessuna competenza per occuparsi di accuse di corruzione internazionale può creare una certa confusione. Un privato, convinto che il S.A.eT. in virtù del suo nome sia abilitato a occuparsi di casi di corruzione internazionale, potrebbe cercare di comunicare le notizie di reato a quest'agenzia; ma, poiché il personale dell'agenzia non è formato in materia di reati di corruzione internazionale, esso potrebbe non valutare adeguatamente tale accusa. In linea generale, sarebbe logico che il personale del S.A.eT. comunichi tutti i sospetti di reati, compresa la corruzione internazionale, alle istituzioni idonee (almeno alle forze di polizia). Per riempire questo obbligo, però, il personale del S.A.eT. deve avere un'adeguata comprensione del reato.
     
  157. Data la carenza di meccanismi per la comunicazione di casi di corruzione internazionale, non è sorprendente che nessuna indagine in materia di corruzione internazionale sia stata avviata sulla base delle informazioni comunicate da persone fisiche (privati o pubblici ufficiali). Considerando il fatto che molti procedimenti (soprattutto vari processi Oil for Food) sono soggetti a prescrizione o lo saranno tra breve (si veda la sottosezione 5 qui sopra), si assisterà ad un'allarmante riduzione delle azioni penali in corso in Italia se l'Italia non intraprende azioni per migliorare l'individuazione e la comunicazione di casi di corruzione internazionale (nonché per aiutare a individuare e comunicare tali casi) da parte del settore pubblico e privato, soprattutto creando meccanismi per l'individuazione della corruzione internazionale.
    Commento:
    Gli esaminatori esprimono soddisfazione nei confronti dell'Italia per le misure prese dal Ministero degli Affari Esteri in seguito alla visita in loco per ricordare al personale diplomatico l'obbligo esistente di comunicare sospetti di corruzione internazionale. Ciononostante, gli esaminatori fanno notare che, sebbene i pubblici ufficiali abbiano l'obbligo giuridico di comunicare i sospetti di corruzione internazionale, il meccanismo attraverso cui effettuare tale comunicazione risultava oscuro ai partecipanti della visita in loco. Gli esaminatori raccomandano che l'Italia persegua gli sforzi di sensibilizzazione dei pubblici ufficiali riguardo all'obbligo, di cui all'articolo 331 del codice di procedura penale, di segnalare alle forze di polizia sospetti di corruzione internazionale individuati nell'esercizio delle loro funzioni, ricordando che, in caso di omissione, sono applicabili sanzioni (raccomandazione 1(b) di Fase 2). Gli esaminatori raccomandano altresì che l'Italia crei un meccanismo trasparente per consentire ai privati di comunicare i sospetti di corruzione internazionale e lo faccia conoscere al pubblico.

    c) Tutela dei dipendenti che denunciano un'irregolarità ("whistleblowers”)
     
  158. Durante la Fase 2, il Gruppo di lavoro ha raccomandato che l'Italia "prenda in considerazione l'introduzione di misure più rigorose per tutelare i dipendenti che effettuano comunicazioni di fatti sospetti in materia di corruzione al fine di incoraggiarli a comunicare tali fatti senza temere di vedersi infliggere una sanzione" (raccomandazione 2). Non è stata apportata nessuna modifica alla normativa italiana, che non assicura nessuna tutela in materia di "whistleblowing" ai dipendenti del settore pubblico o privato che segnalino presunte attività illegali. La questione della tutela dei "whistleblowers" è considerata una questione orizzontale dal Gruppo di lavoro.
     
  159. Se fosse approvato, un disegno di legge attualmente pendente in Parlamento permetterebbe di tutelare i dipendenti del settore pubblico che segnalano una condotta illecita scoperta nell'esercizio delle loro funzioni rispetto a forme dirette e indirette di discriminazione. Il progetto di legge consentirebbe anche di tutelare l'identità di tali dipendenti durante le fasi preliminari delle indagini sui fatti segnalati [79]. Non è stata introdotta, tuttavia, nessuna misura per tutelare i dipendenti del settore privato.
     
  160. Durante la visita in loco, vari partecipanti hanno affermato che un tribunale probabilmente non giudicherebbe adeguato un modello organizzativo ai sensi del D. Lgs. 231/2001 se questo non prevedesse disposizioni per la tutela dei "whistleblowers". Tuttavia, a meno che la normativa avalli tali disposizioni riguardanti i modelli organizzativi, esse non sarebbero di grande utilità, dal momento che un dipendente avrebbe sempre scarse possibilità di avviare un ricorso legale nei confronti del datore di lavoro. Durante la visita in loco, i rappresentanti delle multinazionali hanno chiarito che quasi tutte le segnalazioni di illeciti sono loro trasmesse sotto forma di lettere manoscritte anonime o di e-mail anonimi, il che fa pensare che i dipendenti non vogliano rivelare la loro identità in mancanza di una tutela del "whistleblowing".

    Commento:
    Gli esaminatori deplorano che la legislazione italiana non fornisca alcuna tutela ai "whistleblowers" nel settore pubblico o privato, com'era previsto dalla Raccomandazione 2009 IX(iii) e in conformità con l'Allegato II.A.11(ii) della Raccomandazione 2009. Hanno preso nota del fatto che i progetti di legge all'esame del Parlamento potrebbero fornire un certo livello di tutela ai pubblici ufficiali; il progetto di legge, però, non tutela i "whistleblowers" nel settore privato, dove è più probabile che vengano scoperte informazioni in materia di corruzione legate alle transazioni commerciali.
    Gli esaminatori hanno rilevato che il D. Lgs. 231/2001 ha creato un forte incentivo affinché le imprese adottassero misure interne di tutela dei "whistleblowers", anche se tali misure interne di tutela sono di un'utilità limitata in mancanza di avallo legislativo. Gli esaminatori raccomandano, perciò, che l'Italia (i) si assicuri che vengano adottate misure idonee per tutelare da azioni discriminatorie o disciplinari sia i dipendenti pubblici sia quelli privati che segnalino in buona fede e per motivi ragionevoli alle autorità competenti i presunti atti di corruzione internazionale; e (ii) intraprenda azioni volte ad aumentare il livello di consapevolezza legato a questi meccanismi.

    11. Risorse pubbliche

    a) Crediti all'esportazione che beneficiano di sostegno pubblico
     
  161. L'agenzia italiana di assicurazione dei crediti all'esportazione, Servizi Assicurativi del Commercio Estero S.p.A. (SACE), fa parte del Gruppo di lavoro sui crediti all’esportazione e sulle garanzie del credito dell’OCSE (Working Party on Export Credit and Credit Guarantees). I rappresentanti del SACE aventi partecipato alla visita in loco hanno dimostrato di possedere un'ottima conoscenza e un buon livello di consapevolezza a proposito della Convenzione anticorruzione e della legislazione di attuazione dell'Italia.

    (i) Procedure per la lotta alla corruzione
     
  162. La SACE ha informato gli esaminatori aver creato una procedura per la lotta alla corruzione al fine di conformarsi alla Raccomandazione 2006 del Consiglio dell'OCSE sulla corruzione e sui crediti all'esportazione che beneficiano di sostegno pubblico (OECD Council Recommendation on Bribery and Officially Supported Export Credits), qui di seguito definita Raccomandazione 2006. Secondo tale procedura, chi fa domanda per avvalersi dei servizi della SACE deve dichiarare (i) che non sarà coinvolto in atti di corruzione nel contesto della transazione; (ii) per quanto di sua conoscenza, l'assenza di giudicati e/o procedimenti in corso in materia di corruzione internazionale a suo carico e di alcuno dei suoi amministratori, membri direttivi, ogni altro agente o dipendente della società; (iii) di non essere mai stato incluso in nessun lista di interdizione di un istituto finanziario internazionale. La società deve anche impegnarsi a rimborsare la SACE di tutti gli indennizzi versati dalla SACE in seguito ad illeciti commessi dall'azienda.
     
  163. Secondo la SACE, l'azienda richiedente deve anche rivelare l'identità di una terza parte che agisca in suo nome e le commissioni pagate ad essa. In un'informativa fornita dalla SACE alla Divisione per i Crediti all'Esportazione dell'OCSE nel novembre 2010, la SACE ha riferito che le aziende richiedenti non devono rivelare lo scopo di tale pagamenti, a meno che l'ammontare versato "vada ben oltre le normali pratiche commerciali" o sia necessario un processo di due diligence più rigoroso. Dopo la visita in loco, le autorità italiane hanno spiegato che la SACE richiede "sempre" che le aziende richiedenti precisino l'ammontare e lo scopo di tutte le somme di denaro e commissioni versate in occasione di una transazione. In ogni caso, dal momento che le informazioni riguardanti lo scopo di tali pagamenti può essere disponibile quando necessario, l'Italia sembra essere in regola con la Raccomandazione 2006.
     
  164. La SACE non verifica tutte le informazioni contenute nelle dichiarazioni dei richiedenti (per esempio controllando in maniera indipendente le liste internazionali di interdizione). In seguito alla visita in loco, le autorità italiane hanno riferito che la SACE "si sta attualmente dotando di una specifica banca dati che permetterà di verificare in maniera indipendente, tra le altre cose, le liste internazionali di interdizione". La SACE, inoltre, non richiede ulteriori dichiarazioni o certificazioni nel corso del suo rapporto con l'esportatore, a meno che non emergano sospetti di reato tra il momento in cui la domanda originaria è stata depositata e il momento in cui l'esportatore avvia una richiesta di risarcimento. In seguito alla visita in loco, le autorità italiane hanno spiegato che la SACE può individuare tali sospetti di reato utilizzando le fonti pubbliche di informazione.
     
  165. La SACE adotta un processo di due diligence più rigoroso nei confronti di un richiedente se quest'ultimo dichiara essere presente sulle liste di interdizione di un'istituzione finanziaria internazionale, in caso di condanna o di procedimento per corruzione internazionale, o se il richiedente è restio a fornire certe dichiarazioni. Il processo di due diligence più rigoroso valuta, tra l'altro, l'efficacia di qualsivoglia misura correttiva e preventiva che il richiedente abbia adottato in materia di lotta alla corruzione.

    (ii) Codici etici applicabili agli esportatori
     
  166. La SACE ha chiarito che il suo Codice Etico e il suo modello organizzativo, conformi al D. Lgs. 231/2001, sono volti a prevenire il reato di corruzione internazionale. Il Codice Etico proibisce ai destinatari di detto codice di offrire, sollecitare o ricevere da terzi, direttamente o indirettamente, "omaggi, benefici o altre utilità", a meno che questi omaggi, benefici e utilità abbiano "modico valore" e rientrino nei limiti della normale cortesia e non abbiano lo scopo di influenzare decisioni aziendali o creare obblighi nei confronti di terzi. Chiunque riceva tale richiesta o offerta, eccezione fatta per omaggi di modico valore, deve informarne "il responsabile della funzione aziendale competente".[80]
     
  167. Secondo la SACE, un esportatore ha l'obbligo di conformarsi al Codice Etico prima di poter usufruire dei servizi offerti da SACE. Nell'informativa fornita ai richiedenti, la SACE informa gli esportatori che ogni violazione dei principi contenuti nel Codice Etico rappresenta una violazione contrattuale. La SACE, tuttavia, non fornisce nessuna formazione agli esportatori che permetterebbe di chiarire quali sono i loro obblighi in quanto destinatari del Codice rispetto al reato di corruzione internazionale.

    (iii) Obblighi di segnalazione del personale della SACE
     
  168. Durante la visita in loco, i rappresentanti della SACE hanno chiarito che i dipendenti SACE non sono considerati pubblici ufficiali e quindi non hanno l'obbligo di comunicare sospetti di corruzione internazionale alle autorità di polizia (si veda la sottosezione 10.b). Ciò nonostante, i dipendenti della SACE sono tenuti a effettuare comunicazione di sospetti di reato all'interno dell'azienda, e l'organismo di vigilanza della SACE decide se segnalare questo caso alle autorità di polizia, il che sembra essere, in linea di massima, conforme alla raccomandazione 2006, anche se la formalizzazione e la sistematizzazione di queste procedure interne contribuirebbe a chiarire la questione.

    (iv) Attività di due diligence della SIMEST
     
  169. La Società Italiana per le Imprese all’ Estero S.p.A. (SIMEST) è un'agenzia indipendente che permette di beneficiare di tassi di interessi agevolati per le transazioni assicurate da SACE. In seguito alla visita in loco, i rappresentanti della SIMEST hanno spiegato che, conformemente al decreto legislativo 143/1998, la società offre agevolazioni per i crediti all'esportazione concessi da banche italiane o straniere per permettere alle aziende italiane di offrire agli acquirenti esteri dilazioni di pagamento a medio e lungo termine, in linea con le regole OCSE. Il supporto della SACE non è obbligatorio per ottenere l'intervento della SIMEST, anche se la maggior parte delle transazioni che hanno beneficiato del supporto della SIMEST sono coperte dalla SACE.
     
  170. 170. Dopo la visita in loco, l'Italia ha informato che la SIMEST sta adottando misure per la lotta alla corruzione dal 2001, sulla base dei principi e degli impegni contenuti nella Dichiarazione di azione dell'OCSE sulla lotta alla corruzione e sui crediti all'esportazione che beneficiano del sostegno pubblico del 2000 (Action Statement on Bribery and Officially Supported Export Credits). Inoltre, l'Italia ha spiegato che la SIMEST ha adottato misure in seguito alla raccomandazione 2006 "introducendo requisiti specifici in vari documenti (moduli di domanda, circolari applicabili, accordi tra la SIMEST e le banche)". [81]

    b) Appalti pubblici

    (i) Autorità competenti
     
  171. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e furniture (AVCP) è l'autorità indipendente che gestisce gli appalti pubblici [82]. L’AVCP effettua attività ispettiva sull'intero sistema degli appalti pubblici a livello nazionale e locale per garantire che le commesse pubbliche siano conformi ai principi di accuratezza e trasparenza stabiliti dalla legge.
     
  172. La Concessionaria Servizi Informativi Pubblici S.p.A. (Consip), società per azioni del Ministero dell'Economia e delle Finanze, è l'organismo centralizzato che si occupa degli acquisti per la pubblica amministrazione in Italia. La Consip agisce sotto la tutela dell'AVCP. Tra le sue competenze rientra il compito di esaminare per conto dello Stato i potenziali appaltatori pubblici in materia di corruzione.

    (ii) Processo di due diligence nei confronti di potenziali appaltatori
     
  173. Tutti gli enti responsabili degli acquisti per la pubblica amministrazione (compresa la Consip) devono verificare che un'azienda che richiede di firmare un contratto con un ente pubblico non sia stata condannata per corruzione, come stabilito dagli atti comunitari [83]. Gli atti comunitari, tuttavia, limitano la definizione di "corruzione" (i) alla corruzione di "qualsiasi funzionario sia comunitario che nazionale, ivi compreso qualsiasi funzionario nazionale di un altro Stato membro" (corruzione solo di funzionari dei paesi membri dell'Unione europea) e (ii) alla corruzione nel settore privato ("private to private bribery") [84]. Ciò significa che la condanna per corruzione di un funzionario non appartenente all'Unione europea non implicherebbe l'esclusione dalle gare pubbliche di appalto. Tale stato di cose è contrario alla Sezione XI(i) della Raccomandazione 2009, secondo cui i paesi membri devono consentire alle autorità competenti di rifiutare il privilegio di contrarre appalti pubblici alle aziende coinvolte in atti di corruzione di qualsiasi funzionario, non solo di quelli dell'Unione europea.
     
  174. L’AVCP ha creato una Banca Dati nazionale dei contratti pubblici (qui definita Banca Dati nazionale) in cui vengono registrate le gare d'appalto, i bandi di gara, le informazioni sulle dichiarazioni riempite dalle aziende e una banca dati sulle aziende che contiene informazioni sulle certificazioni di qualità di ogni azienda. L’AVCP funge inoltre da punto di contatto nazionale per le questioni legate alla base di dati sull'interdizione prevista dal regolamento della Commissione Europea n. 1302/2008 (che comprende informazioni sui candidati ai contratti pubblici condannati per corruzione). Secondo le informazioni fornite dalle autorità italiane, sembra che la Banca Dati nazionale possa, quindi, contenere informazioni sulle condanne per corruzione, come stabilito dagli atti comunitari. La Banca Dati nazionale, però, non sembra contenere informazioni (i) sulle possibili condanne di un'azienda per corruzione internazionale di funzionari non appartenenti all'Unione europea o (ii) o sulla presenza di un'azienda sulle liste di interdizione delle istituzioni finanziarie.
     
  175. Durante la visita in loco, i rappresentanti della Consip hanno chiarito che non consultano una banca dati o un pubblico registro centrale per controllare l'esistenza di precedenti penali o la presenza su liste di interdizione di istituzioni finanziarie internazionali, ma si basano invece sull'autodichiarazione del candidato che attesta di non essere stato condannato per corruzione (come stabilito dagli atti comunitari). La Consip non richiede ai potenziali appaltatori pubblici di dichiarare che non sono presenti sulle liste di interdizione delle istituzioni finanziarie internazionali. Tuttavia, secondo le autorità italiane, gli enti responsabili degli acquisti per la pubblica amministrazione dovrebbero consultare la Banca Dati nazionale e il registro centrale delle notizie di reato per controllare l'esistenza di precedenti penali.

    (iii) Assistenza fornita agli appaltatori pubblici
     
  176. Non è chiaro che tipo di assistenza la Consip fornisca ai potenziali o agli attuali appaltatori pubblici in materia di corruzione e di corruzione internazionale (o se fornisca un qualche tipo di assistenza). In un documento esplicativo fornito agli esaminatori, la Consip ha fatto notare che pubblica delle "linee guida anticorruzione" sul suo sito Internet. Gli esaminatori, tuttavia, non sono stati in grado di trovare tali linee guida sul detto sito Internet.

    (iv) Obblighi di segnalazione
     
  177. Il personale dell'AVCP è soggetto agli obblighi di segnalazione applicabili a tutti i pubblici ufficiali (si veda la sottosezione 10.b). I dipendenti della Consip, come quelli della SACE, non sono considerati pubblici ufficiali e perciò non sono soggetti all'obbligo di segnalare sospetti di corruzione internazionale alle forze di polizia, anche se sono tenuti a dare notizia ai superiori o all'Organismo di Vigilanza interno "se venissero a conoscenza di eventuali violazioni del Codice [Etico]". [85]

    c) Aiuto Pubblico allo Sviluppo
     
  178. Il Ministero degli Affari Esteri è l'agenzia italiana responsabile dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) messo in atto attraverso il programma di Cooperazione italiana allo sviluppo (qui di seguito indicato “programma di Cooperazione”). Secondo i partecipanti alla visita in loco, ogni appalto pubblico realizzato con le risorse finanziarie del programma di Cooperazione è soggetto alla normativa generale italiana sugli appalti pubblici, compreso il decreto 163/2006. Per assicurarsi che i fondi siano utilizzati per gli scopi per i quali sono stati erogati, il programma di Cooperazione ha creato ulteriori linee guida destinate alla prevenzione e alla lotta in materia di corruzione nei progetti finanziati dal programma (Linee Guida del programma di Cooperazione).
     
  179. Secondo le linee guida del programma di Cooperazione, il detto programma "si riserva il diritto di sospendere o di annullare il finanziamento dei progetti qualora vengano scoperti casi di corruzione di qualsiasi natura in ogni fase della procedura di aggiudicazione dell'appalto e qualora l'amministrazione aggiudicatrice non adotti tutte le misure adeguate per porre rimedio a tale situazione”. Gli atti di corruzione coperti da questa disposizione comprendono "l’offerta a chiunque di pagamenti illeciti, doni, gratifiche o commissioni a titolo di incentivo o ricompensa per compiere o astenersi dal compiere atti relativi all'aggiudicazione dell'appalto o al contratto stipulato con l'ente appaltante" [86]. Inoltre, "tutti i fascicoli di gara e i contratti per la realizzazione di prestazioni di servizi, lavori o forniture dovranno contenere una clausola nella quale sia specificato che verrà respinta ogni offerta o annullato qualsiasi contratto, qualora risulti che l'aggiudicazione o l'esecuzione dell'appalto abbia comportato il versamento di spese commerciali straordinarie”, quali commissioni versate a titolo di nessun servizio legittimo effettivo, commissioni versate in un paradiso fiscale, commissioni versate a un beneficiario non chiaramente identificato o a una società con tutte le apparenze di una società di facciata (clausola 4.12). L’aggiudicatario di appalti responsabile del finanziamento di spese commerciali straordinarie si espone alla rescissione del contratto e all'esclusione definitiva dal beneficio dei finanziamenti del programma di Cooperazione (clausola 4.14). L'aggiudicatario può anche essere escluso da altri appalti del programma di Cooperazione o ad esso possono essere comminate sanzioni pecuniarie (Clausola 4.15). Le disposizioni del programma di Cooperazione si applicano anche ai subappaltatori e agli agenti locali. Inoltre, la condotta degli agenti locali che agiscono a nome degli aggiudicatari o dei subappaltatori del programma di Cooperazione (o a nome dei governi locali che ricevono aiuti finanziari secondo i programmi APS italiani) è imputabile ai soggetti che rappresentano.
     
  180. Al contrario dei funzionari della SACE e della Consip, i funzionari del programma di Cooperazione sono considerati pubblici ufficiali e sono quindi soggetti agli obblighi generali di segnalazione presentati nella summenzionata sottosezione 10.b.

    Commento:
    Gli esaminatori esprimono soddisfazione nei confronti dell'Italia per le misure prese fino ad oggi dalla SACE per l'applicazione della Raccomandazione 2006. Essi danno anche il dovuto riconoscimento alle misure adottate dall'Italia per assicurarsi che le aziende che abbiano ottenuto appalti e altri vantaggi pubblici adottino comportamenti etici. Gli esaminatori, tuttavia, raccomandano che l'Italia metta in opera meccanismi per verificare, se necessario, l'accuratezza delle informazioni fornite da potenziali aggiudicatari di appalti pubblici, comprese le dichiarazioni a proposito di eventuali precedenti condanne per corruzione internazionale e la loro eventuale presenza sulle liste di interdizione degli istituti finanziari internazionali.
    Gli esaminatori esprimono apprezzamento per le misure volte a promuovere la lotta alla corruzione prese in materia di appalti finanziati dagli aiuti pubblici allo sviluppo. Essi, tuttavia, deplorano che la Consip prenda unicamente in considerazione la corruzione di funzionari dell'Unione europea nell'aggiudicazione di un appalto. Gli esaminatori raccomandano che l’AVCP e le altre agenzie responsabili degli appalti pubblici estendano i motivi di esclusione dalle gare d'appalto pubblico arrivando a includere tutti i reati contemplati dall'articolo 1 della Convenzione anticorruzione.
    Infine, poiché i dipendenti della SACE e della Consip non sembrano considerarsi pubblici ufficiali, gli esaminatori raccomandano che queste due agenzie formalizzino le procedure destinate ai dipendenti per la segnalazione alle forze di polizia di prove credibili in materia di corruzione di pubblici ufficiali stranieri.

C. RACCOMANDAZIONI E TEMATICHE DA MONITORARE

Il Gruppo di lavoro sulla Corruzione esprime soddisfazione per gli sforzi significativi compiuti dall'Italia in materia di applicazione della legislazione, che sono aumentati incessantemente dalla Fase 2 ad oggi. Tali sforzi sono stati resi possibili dall'ampiezza del quadro normativo per perseguire la corruzione internazionale, che comprendono vari mezzi per sanzionare le persone giuridiche per corruzione internazionale e per confiscare i proventi della corruzione. Il Gruppo di lavoro, tuttavia, deplora che la gran parte dei casi perseguiti si concludano in quanto prescritti e che il livello delle sanzioni applicabili nei confronti di persone giuridiche e fisiche non sia sempre efficace, proporzionale e dissuasivo.
Il rapporto di valutazione di Fase 2 sull'Italia adottato nel novembre 2004 comprendeva raccomandazioni e tematiche da monitorare (presentate nell'Allegato 1 del presente rapporto). A proposito delle raccomandazioni che, secondo il Gruppo di lavoro, erano state applicate soltanto parzialmente o che non erano state applicate, al momento del rapporto scritto di monitoraggio dell'Italia, nel dicembre 2005, il Gruppo di lavoro conclude che: la raccomandazione 4 è stata applicata, la raccomandazione 1(b) è stata applicata parzialmente, le raccomandazioni 1(a) e 3 sono sempre applicate parzialmente, la raccomandazione 7(b), la cui applicazione era considerata solo parziale, non è stata applicata, e le raccomandazioni 2 e 7(a) non sono ancora state applicate.
In conclusione, sulla base dei riscontri emersi da questo rapporto, per quanto riguarda l'applicazione da parte dell'Italia della Convenzione e della Raccomandazione 2009, il Gruppo di lavoro: (1) formula le seguenti raccomandazioni contenute nella parte I per migliorare l'applicazione della Convenzione; (2) sottoporrà a monitoraggio le tematiche identificate nella parte II. Il Gruppo di lavoro invita l'Italia a riferire per iscritto sull'applicazione della raccomandazione 4(f) al massimo sei mesi dopo la pubblicazione di questo rapporto (cioè entro giugno 2012) e ogni sei mesi dopo questa data, se necessario. Inoltre, il Gruppo di lavoro invita l'Italia a riferire oralmente a proposito dell'applicazione delle raccomandazioni 1(a) e 1(b), 3(a) e 3(b) al massimo entro un anno dalla pubblicazione di questo rapporto (cioè entro il dicembre 2012). Invita, inoltre, l'Italia a inviare un rapporto scritto di monitoraggio a proposito di tutte le raccomandazioni e le tematiche da monitorare entro due anni (cioè entro dicembre 2013).

1. Raccomandazioni del Gruppo di lavoro

Raccomandazioni al fine di assicurare l'efficacia delle indagini, delle azioni giudiziarie e delle sentenze nei casi di corruzione internazionale

  1. Per quanto riguarda il reato di corruzione internazionale, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia:
    1. modifichi al più presto la sua legislazione per escludere l'applicazione della concussione come possibile esonero da responsabilità in caso di corruzione internazionale;
    2. valuti qualsiasi emendamento volto a modificare l'applicazione della concussione come possibile esonero da responsabilità per la corruzione internazionale indipendentemente da emendamenti di stessa natura che trattino di questo reato in relazione alla corruzione in ambito nazionale [Convenzione, articolo 1; Raccomandazione 2009 III(ii) e V, valutazione di Fase 2, raccomandazione 7(a)].
  2. In materia di responsabilità delle persone giuridiche, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia prenda le misure necessarie per incrementare l'efficacia della responsabilità delle persone giuridiche nei procedimenti per reati di corruzione internazionale, anche sensibilizzando le autorità responsabili delle azioni penali in tutto il paese affinché le numerose possibilità offerte dalla legislazione per impegnare la responsabilità delle persone giuridiche nel caso di reati internazionali vengano assimilate ed applicate con costanza e impegno, con l'obiettivo di evitare l'archiviazione dei procedimenti a causa dei termini di prescrizione [Convenzione, articolo 2, valutazione di Fase 2, raccomandazione 7(b)].
  3. In materia di sanzioni, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia:
    1. faccia in modo che i giudici possano utilizzare come ulteriore deterrente sia le pene detentive sia le pene pecuniarie nei casi di reati di corruzione internazionale commessi da persone fisiche [Convenzione, articoli 2 e 3; Raccomandazione 2009 V, valutazione di Fase 2, tematica da monitorare 8(e)];
    2. aumenti il livello massimo delle ammende amministrative destinate alle persone giuridiche e faccia in modo che le circostanze attenuanti e la riduzione delle ammende legate alla procedura del patteggiamento permettano di comminare sanzioni sanzioni efficaci, proporzionali e dissuasive, anche per le grandi aziende. [Convenzione, articoli 2 e 3; Raccomandazione 2009 V, valutazione di Fase 2, tematica da monitorare 8(e)];
    3. incrementi i suoi sforzi in materia di compilazione di informazioni e statistiche a livello nazionale, destinate ad una futura consultazione, sui procedimenti conclusi e le sanzioni comminate per corruzione internazionale in maniera da differenziare tra (i) condanne comminate a persone fisiche e persone giuridiche per il reato di corruzione internazionale e (ii) procedure utilizzate (sentenza del tribunale con un dibattimento in contraddittorio, patteggiamento o altro tipo di procedura) affinché l'Italia possa emendare efficacemente la normativa destinata a far applicare la Convenzione ed anche rivedere il suo approccio in materia di applicazione della stessa [Convenzione, articolo 3 e 12; Raccomandazione 2009 II(ii) e V, valutazione di Fase 2, tematica da monitorare 8(e)];
  4. In materia di indagini e azioni giudiziarie nei casi di corruzione internazionale, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia:
    1. sviluppi maggiormente e fornisca regolari programmi di formazione sulla corruzione internazionale alle forze di polizia coinvolte nelle inchieste sulla corruzione internazionale, in particolare alla Guardia di Finanza, e continui a fornire corsi di formazione sulla corruzione internazionale a tutti i pubblici ministeri e giudici che possano essere portati a lavorare su casi di corruzione internazionale in tutto il paese [Raccomandazione 2009 III(ii) e V, Valutazione di Fase 2, raccomandazione 1(a)];
    2. faccia tutti gli sforzi possibili per raccogliere informazioni da fonti diverse in fase di indagini preliminari per aumentare il numero di fonti sulla quale basare le accuse e per facilitare le indagini, oltre ad incoraggiare le ambasciate e gli uffici consolari italiani a inviare segnalazioni sui sospetti di reato e ad acquisire informazione sui procedimenti legali avviati all'estero;
    3. consideri la possibilità di adottare i seguenti mezzi per garantire indagini e azioni giudiziarie efficaci: (i) creazione di unità speciali in cui forze di polizia altamente qualificate collaborino tra loro e si specializzino nella corruzione internazionale com'è stato fatto per altri reati in Italia; (ii) creazione di gruppi di lavoro specializzati nella corruzione internazionale all'interno delle Procure della Repubblica che abbiano più probabilità di essere coinvolte in casi di corruzione internazionale; (iii) sensibilizzazione a livello nazionale sulla necessità di definire un ordine di priorità per le indagini sui reati di corruzione internazionale; (iv) incremento delle risorse a disposizione delle Procure della Repubblica e dei tribunali per il reato di corruzione internazionale [Raccomandazione 2009 III(ii) e V];
    4. prenda in considerazione la creazione di una banca dati nazionale per tutti i procedimenti in corso, in conformità con la legislazione sulla protezione dei dati personali, con l'obiettivo di assicurare il coordinamento su tutto il territorio italiano delle indagini sulla corruzione internazionale ed evitare lacune in materia di intelligence [Convenzione, articoli 3 e 12; Raccomandazione 2009 III(ii) e V];
    5. renda pubblici con ogni mezzo appropriato, se giudicato idoneo e in conformità con le regole sulla tutela dei dati personali e con le disposizioni della Costituzione italiana, alcuni elementi delle transazioni a cui si è giunti attraverso il patteggiamento, come le ragioni per cui il patteggiamento è stato giudicato appropriato in un dato caso e i termini dell'accordo, in particolar modo l'importo che deve essere pagato [Convenzione, articolo 3, Valutazione di Fase 2, tematica da monitorare 8(e)];
    6. si impegni con urgenza (i) a prendere le disposizioni necessarie per estendere in maniera significativa, anche per le persone incensurate, il termine di prescrizione "ultimo" per l'avvio di azioni penali e per l'imposizione di sanzioni nel caso di corruzione internazionale, con qualsiasi mezzo necessario; (ii) a riconsiderare l'impatto del termine di prescrizione generale, più breve, applicabile alle persone giuridiche e prenda in considerazione un possibile allineamento di quel termine al termine di prescrizione applicabile alle persone fisiche (che dovrebbe essere esteso come al punto (i)) [Convenzione, articolo 6, raccomandazione 7(b) di Fase 2].
      Raccomandazioni volte a garantire una prevenzione e un'individuazione efficaci della corruzione internazionale
  5. In materia di maggiore sensibilizzazione alla corruzione internazionale, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia (a) riguardo al settore pubblico, migliori ulteriormente i programmi di formazione sulla corruzione internazionale, compresi quelli destinati alle ambasciate italiane all'estero, con lo scopo di aiutare i pubblici ufficiali a individuare i casi di corruzione internazionale; (b) riguardo al settore privato, continui a sensibilizzare le aziende, in particolar modo le PMI, in materia di corruzione internazionale [Raccomandazione 2009 III(i), IX e X.C.].
  6. In materia di segnalazione di sospetti di corruzione internazionale, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia (a) persegua gli sforzi di sensibilizzazione dei pubblici ufficiali riguardo all'obbligo, di cui all'articolo 331 del codice di procedura penale, di segnalare alle forze di polizia sospetti di corruzione internazionale individuati nell'esercizio delle loro funzioni; (b) crei un meccanismo trasparente per consentire ai privati di comunicare i sospetti di corruzione internazionale e lo faccia conoscere al pubblico [Raccomandazione 2009 IX(ii); Valutazione di Fase 2, raccomandazione 1(b)].
  7. In materia di tutela dei "whistleblowers", il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia (a) si assicuri che vengano adottate misure idonee per tutelare da azioni discriminatorie o disciplinari sia i dipendenti pubblici sia quelli privati che segnalino in buona fede e per motivi ragionevoli alle autorità competenti presunti atti di corruzione internazionale; (b) intraprenda azioni volte ad aumentare il livello di consapevolezza di questi meccanismi [Raccomandazione 2009 IX(iii), Valutazione di Fase 2, raccomandazione 2].
  8. In materia di riciclaggio, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia tenga aggiornate statistiche in materia di (a) sanzioni comminate nei casi di riciclaggio; (b) reati presupposti di riciclaggio, con l'obiettivo di individuare i casi in cui la corruzione internazionale è un reato presupposto; (c) segnalazioni di operazioni sospette che permettano di avviare indagini e azioni penali o di comminare condanne per corruzione o che fungano da supporto in tutti questi casi [Convenzione, articolo 7].
  9. In materia di requisiti contabili e di requisiti per la revisione dei conti, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia:
    1. si assicuri che, in base alla sua legislazione, possano essere applicate sanzioni efficaci, proporzionali e dissuasive per tutti i casi di falso in bilancio senza tener conto (i) di soglie monetarie, (ii) del fatto che il reato sia commesso in relazione a aziende quotate o non quotate in borsa, e (iii) del fatto che il reato danneggi gli azionisti o i creditori [Raccomandazione 2009 X.A(iii); raccomandazione 3 di Fase 2];
    2. intraprenda azioni volte ad aumentare il livello di consapevolezza dei revisori dei conti, comprendenti corsi di formazione in materia di: (i) individuazione di indizi di presunti atti di corruzione internazionale; (ii) obblighi ai sensi del D. Lgs. 58/1998 di segnalare tali atti alla direzione dell'impresa e alle autorità di contrasto penali; (iii) protezione legale di cui potrebbero beneficiare i revisori dei conti che denuncino presunti atti illeciti [Raccomandazione 2009 X.B];
  10. In materia di conformità alle norme aziendali, di meccanismi di controllo interno e di codici etici nelle aziende, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia incoraggi le aziende, soprattutto le PMI, (a) ad adottare o sviluppare maggiormente idonei meccanismi di controllo interni, nonché adeguati programmi o misure tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme per la prevenzione e la rilevazione della corruzione internazionale; (b) a presentare nei loro rapporti annuali o rendere pubblici in altro modo i loro meccanismi di controllo interni, nonché i loro programmi o misure tesi a garantire l'etica e la conformità alle norme per la prevenzione e la rilevazione della corruzione [Raccomandazione 2009 X.C, Allegato II].
  11. In materia di appalti pubblici, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia (a) metta in atto meccanismi per verificare, se necessario, le informazioni fornite dai potenziali aggiudicatari di appalti pubblici, comprese le dichiarazioni indicanti precedenti condanne per corruzione internazionale e la presenza su liste di interdizione delle istituzioni finanziarie internazionali; (b) estenda i motivi di esclusione dalle gare d'appalto pubblico di cui sono responsabili l’AVCP e altre agenzie al fine di includere tutti i reati contemplati dall'articolo 1 della Convenzione anticorruzione, e non solo quelli riguardanti i pubblici ufficiali dell'Unione europea [Raccomandazione 2009 XI(ii)].
  12. In materia di crediti all'esportazione, il Gruppo di lavoro raccomanda che l'Italia richieda alla SACE e alla Consip la formalizzazione delle procedure destinate ai dipendenti per la segnalazione alle forze di polizia di prove credibili in materia di corruzione di pubblici ufficiali stranieri [Raccomandazione 2009 IX].

    2. Monitoraggio da parte del Gruppo di lavoro
     
  13. Il Gruppo di lavoro monitorerà le seguenti questioni in parallelo con l'evoluzione della giurisprudenza e della prassi:
    1. interpretazione da parte della Corte Suprema di Cassazione in materia di definizione di pubblico ufficiale straniero e dell'applicazione da parte del giudice del principio di accertamento d'ufficio della normativa del paese a cui appartiene il pubblico ufficiale straniero per verificare che sia compatibile con il requisito di una definizione autonoma [Convenzione, articolo 1];
    2. applicazione dell'esonero da responsabilità legato al modello organizzativo applicabile alle persone giuridiche ai sensi del D. Lgs. 231/2001, articoli 6, comma 1, e 7 [Convenzione, articolo 2, Raccomandazione 2009 IV, Allegato I, B];
    3. possibilità che il D. Lgs. 231/2001 impegni la responsabilità della persona giuridica quando il principale autore commetta il reato di corruzione a vantaggio di una controllata (o viceversa) o quando dal reato di corruzione derivi un vantaggio indiretto, per esempio una situazione concorrenziale più favorevole [Convenzione, articolo 2, Raccomandazione 2009 IV, Allegato I, B];
    4. possibilità che sia la tangente sia i proventi della corruzione di un pubblico ufficiale straniero siano soggetti a sequestro e confisca in Italia [Convenzione, articolo 3.3];
    5. evoluzione del progetto di legge A.S. 733-bis, A.C. 3986 e A.S. 1454, che porterebbero alla criminalizzazione dell'autoriciclaggio [Convenzione, articolo 7];
    6. possibilità che la metodologia utilizzata per effettuare verifiche tributarie sia adeguata per quanto riguarda (i) il tipo di rischi considerati nel decidere quali imprese sottoporre a verifica fiscale e (ii) il lasso di tempo intercorso tra le verifiche fiscali. [Raccomandazione 2009 I(ii)];
    7. l'impatto di piani fiscali particolari, come quelli che prevedono condoni fiscali, sulla capacità delle autorità fiscali di individuare casi sospetti di corruzione internazionale [Raccomandazione 2009 III(iii); 2009 Raccomandazione fiscale II; Valutazione di Fase 2, raccomandazione 6];
    8. applicazione da parte dell’Italia dell’estensione dei requisiti in materia di revisione contabile esterna a un certo numero di imprese non quotate [Raccomandazione 2009 X.B];
    9. capacità dell’Italia di estradare una persona (i) nel caso in cui quella persona invochi la concussione come esonero da responsabilità per evitare l'estradizione e (ii) nel caso in cui i termini di prescrizione per il reato di corruzione internazionale siano già scaduti in Italia [Convenzione, articolo 10].

NOTE

nota 1 L'Australia era rappresentata da Timothy Goodrick, direttore della sezione Crimini finanziari del Dipartimento dell'Attorney General, e da Chris McDevitt, Manager of Special References della polizia federale australiana. La Germania era rappresentata da Alexander Dörrbecker, avvocato del Dipartimento Federale della Giustizia, e Cornelia Gädigk, Procuratore presso la Procura generale di Amburgo. Il Segretariato dell'OCSE era rappresentato da Sandrine Hannedouche-Leric, coordinatore della valutazione dell'Italia nella fase 3 ed esperto giuridico Senior della divisione anticorruzione; France Chain, esperto giuridico Senior della divisione anticorruzione e Melanie Reed, analista legale della divisione anticorruzione.
nota 2 Si veda l'allegato 4 per la lista dei partecipanti.
nota 3 Central Intelligence Agency (n.d.), the World Factbook, Europe: Italy, https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/it.html, pagina letta il 18 agosto 2011 [indicata qui di seguito come CIA World Factbook].
nota 4 OECD Economic Survey of Italy (2011), statistiche di base sull'Italia.
nota 5 CIA World Factbook.
nota 6 Istituto Nazionale di Statistica (Istat) (2011), www.coewebt.istat.it (dati provvisori).
nota 7 I dati riguardanti gli IDE provengono dalla OECD International Direct Investment Database.
nota 8 Tutti i procedimenti chiusi sono presentati in dettaglio nell'allegato 3.
nota 9 Per ulteriori informazioni, si veda: http://www.iic-offp.org/story27oct05.htm.
nota 10 L'articolo 322-bis prevede un altro tipo di reato: il reato di corruzione passiva di pubblici ufficiali delle Comunità europee (articolo 322-bis, comma 1). L'articolo 322-bis, comma 2, viene chiamato nel presente rapporto semplicemente "articolo 322-bis", quando risulta chiaro che si stia parlando del reato di corruzione di un pubblico ufficiale straniero (e non di corruzione passiva di pubblici ufficiali dell'Unione Europea).
nota 11 A loro volta, gli articoli 321 e il comma 1 e 2 dell'articolo 322 si riferiscono al reato di corruzione passiva dei pubblici ufficiali nazionali e alla definizione delle relative sanzioni (cioè l'articolo 321 si riferisce al comma 1 degli articoli: 318, 319, 319 bis, 319 ter, 320; i commi 1 e 2 dell'articolo 322 si riferiscono rispettivamente agli articoli 318 e 319).
nota 12 Legge 116/2009 (articolo 3).
nota 13 C. Cass., 5 novembre 2009, n. 49532.
nota 14 Si veda la decisione del Tribunale di Milano, divisione criminale XI, 23 giugno 2003, nella quale il Tribunale ha stabilito che, secondo la legge italiana, Enelpower poteva essere assimilata alla pubblica amministrazione e, perciò, la persona di nazionalità straniera coinvolta doveva essere considerata un "pubblico ufficiale", secondo la definizione dell'articolo 357, comma 2 c.p.
nota 15 La Corte Suprema ha stabilito che "l’accertamento dell’eventuale natura degli enti cui appartengono i soggetti destinatari della somma di denaro, o della sua promessa, va eseguito anche con riferimento alla normativa straniera pertinente, che il giudice deve accertare d’ufficio, pure secondo le forme previste dall’art. 14 della legge 218/2005". Le ricerche sulla normativa straniera non dipendono unicamente dalla cooperazione dello Stato in questione, come stabilisce l'articolo 14 della legge 218/2005, il quale prevede che "l'accertamento della normativa straniera va eseguita d'ufficio dal giudice, possibilmente con l'aiuto della Ministero della Giustizia, o di esperti o istituti specializzati (comma 1) o con l'aiuto delle parti interessate (comma 2)."
nota 16 Il diritto penale italiano prevede anche un altro reato, quello di estorsione. La differenza principale tra la concussione e l’estorsione consiste nel fatto che la concussione prevede l'abuso delle funzioni o del potere di un pubblico ufficiale.
nota 17 C. Cass., sez. VI, 13 novembre 1997.
nota 18 C. Cass., sez. VI, 13 luglio 1998.
nota 19 Tribunale di Milano, Sez. criminale, 10 marzo 2009, n. 1336/08 RG Trib. Il caso prevedeva un'azione legale soltanto contro una persona fisica e fu poi prescritto secondo la disciplina italiana della prescrizione.
nota 20 DAF/INV/BR/M(2008)1/REV2.
nota 21 Si tratta del progetto di legge AC 3859.
nota 22 Si veda il progetto di legge AS 2156, (oggi AC 4434).
nota 23 L'esonero da responsabilità basato sull’effective regret prevede generalmente che un corruttore non possa essere punibile se confessa all'autorità di essersi macchiato del reato di corruzione.
nota 24 Secondo le autorità italiane, il testo del disegno di legge anticorruzione (AS 2156) è stato approvato dal Senato il 15 giugno 2011 senza le misure che abrogano l'esonero da responsabilità basato sulla concussione. L'esame del progetto di legge AC 4434 da parte della Camera dei Deputati è iniziato presso le Commissioni riunite Giustizia e Affari costituzionali il 7 luglio 2011, e tali Commissioni hanno proposto l’emendamento parlamentare 9.20 per abrogare l'esonero da responsabilità basato sulla concussione. Al momento della stesura di questo rapporto, il progetto di legge doveva essere esaminato in seduta plenaria.
nota 25 Secondo la legge italiana, il fatto che un funzionario accetti una tangente rappresenta un elemento essenziale per determinare il reato di corruzione (compresa la corruzione internazionale). Per coprire i casi di tangenti date, offerte o promesse ma non accettate dal funzionario, la legislazione italiana ha previsto un ulteriore reato di istigazione alla corruzione.
nota 26 La Corte di Cassazione specifica che, secondo il D. Lgs. 231/2001, l'esenzione da responsabilità implica due condizioni: "La persona giuridica deve essere pubblica e non deve esercitare attività economiche" [frase sottolineata dagli autori del rapporto]. Un tribunale italiano, ad esempio, ha deciso che un ospedale controllato da capitali privati e dallo Stato può essere ritenuto responsabile conformemente al D. Lgs. 231/2001 (C. Cass., 9 luglio 2010, n. 28699).
nota 27 C. Cass., 10 gennaio 2011, n. 234.
nota 28 Secondo la Corte Suprema (in C. Cass., 9 gennaio 2010, si veda sopra), il fatto di imporre sanzioni e misure a questi tipi di enti avrebbe come conseguenza la sospensione di funzioni indispensabili garantite dalla Costituzione.
nota 29 Si veda la sottosezione 3 (riguardante i modelli organizzativi considerati come circostanze attenuanti).
nota 30 Il D. Lgs. 231/2001, articolo 5, comma 1, lettera a)  stabilisce che la responsabilità di una persona giuridica può essere impegnata da "persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso".
nota 31 D. Lgs. 231/2001, articolo 7, commi 1 e 2.
nota 32 Tribunale di Milano, Ufficio del Giudice per le Inchieste preliminari, 17 novembre 2009, Beta S.p.A.
nota 33 Tribunale di Milano, Sezione del Giudice istruttore e del Giudice dell’udienza preliminare, 28 marzo 2010,  n. 25194/08 RGNR, n. 6330/09 RGGIP.
nota 34 Il tribunale ha anche considerato che il modello "non era stato creato per essere seguito (...) poiché ciò che si è verificato corrispondeva soltanto alla logica aziendale". Il tribunale ha concluso che "di conseguenza i fatti [sono stati] particolarmente gravi".
nota 35 Il D. Lgs. 231/2001, articolo 5, comma 1, lettera b), afferma che l'ente è responsabile per i reati commessi da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
nota 36 I dipendenti lavoravano per una delle due società, che era controllata dall'altra società.
nota 37 C. Cass., Sezione Criminale, 30 settembre 2010, n. 42701.
nota 38 Si veda l'articolo 38, comma 2, lettera c) del D. Lgs. 231/2001 e l'articolo 415 del Codice di procedura penale.
nota 39 Si vedano i casi Pirelli/Telecom e COGIM, a cui si fa riferimento sopra e nell'allegato 3.
nota 40 Si veda Tribunale di Milano, 3 aprile 2008.
nota 41 Si veda Tribunale di Milano, 10 marzo 2009.
nota 42 Si veda Tribunale di Perugia, 8 luglio 2007, n. 374/09.
nota 43 La legge n. 241 del 31 luglio 2006 ha accordato l'indulto non discrezionale per i crimini commessi fino al 2 maggio 2006 e per i quali sono state comminate pene detentive non superiori a tre anni o pene pecuniarie non superiori a 10.000 euro. L'indulto non era applicato a un certo numero di delitti (legati a terrorismo, crimine organizzato, pornografia o abuso sessuale) ma era invece applicato alla corruzione internazionale.
Una terza persona coinvolta nel caso della compagnia petrolifera è stata condannata nel settembre 2011 in seguito ad un procedimento nel merito e gli è stata imposta una sentenza detentiva di tre anni e sei mesi. Va notato, però, che tale sentenza non sarà eseguita a meno che il procedimento d'appello non venga chiuso prima della scadenza del termine di prescrizione nel gennaio 2012.
nota 44 Articolo 25, comma 4 del D. Lgs. 231/2001. Secondo gli articoli 10 e 11 del D. Lgs. 231/2001, l'importo corrispondente alle quote è basato sulle condizioni economiche e pecuniarie della persona giuridica interessata e varia da 258 a 1549 euro.
nota 45 Si veda Tribunale di Milano, Sezione del Giudice istruttore e del Giudice dell’udienza preliminare, 28 maggio 2010, n. 25194/08 RGNR e n. 6330/09 RGGIP.
nota 46 Si veda C. Cass., 30 settembre 2010, n. 42701. In definitiva, tuttavia, le società hanno offerto 24,5 milioni di euro da confiscare in quanto proventi del reato e il pubblico ministero ha abbandonato la richiesta di sanzioni interdittive che imponevano alla società il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.
nota 47 C. Cass., 27 settembre 2007, n. 37556 (convalida della decisione del Tribunale di Milano a proposito della confisca).
nota 48 L'Italia ha indicato che questi dati comprendono 19 tribunali "di grandi dimensioni" (in cui i magistrati sono più di 19) e una grande maggioranza di tribunali "di dimensioni medie" (da 5 a 19 magistrati).
nota 49 Per l'impatto del patteggiamento sulle condanne si veda la sottosezione 3, più avanti.
nota 50 Un'altra persona fisica è stata condannata in fase di dibattimento; tuttavia, poiché il suo ricorso è ancora pendente, non è stato ancora condannato (si veda la persona fisica 5 nel caso Pirelli/Telecom).
nota 51 Legge (ex-Cirielli) n°251, del 5 dicembre 2005.
nota 52 Un individuo è recidivo quando commette un reato dopo che la sentenza di condanna per un altro reato commesso in precedenza sia diventata irrevocabile.
nota 53 In caso di recidiva aggravata il termine è aumentato di metà (nove anni); in caso di recidiva reiterata di due terzi; per i delinquenti abituali il termine è raddoppiato.
nota 54 Mentre in caso di recidiva semplice resta di un quarto. In caso di recidiva aggravata, il limite di tempo è sempre "della metà"; in caso di recidiva reiterata è sempre "di due terzi" e in caso di delinquenti abituali è raddoppiato.
nota 55 Una persona è stata condannata a una pena detentiva di quattro anni nel caso Oil for food 3 (azienda agricola); nel caso Oil for Food 12 (compagnia petrolifera) tre altre persone sono state condannate a due anni di detenzione e sono stati loro confiscati beni per 1 milione di euro circa.
nota 56 23 persone fisiche e 4 persone giuridiche.
nota 57 Non è stata fornita nessuna informazione sugli altri due casi. Inoltre, a una persona fisica coinvolta nel caso della compagnia petrolifera è stata comminata una condanna in seguito a dibattimento nel settembre 2012, ma, nel suo caso, il termine di prescrizione scadrà nel gennaio 2012, molto tempo prima che il processo d’appello sia concluso.
nota 58 Si veda l'allegato 3 per ulteriori dettagli su questi casi.
nota 59 Il titolo del progetto di legge AC 668-B (AS2567) è “Modifiche agli articoli 190, 238-bis, 438, 442 e 495 del codice di procedura penale e all'articolo 58-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354.”
nota 60 Si veda la pagina 30 del rapporto Mutual Evaluation Report on Anti-Money Laundering and Combating the Financing of Terrorism, 28 febbraio 2006.
nota 61 Si vedano le proposte di legge A.S. 733-bis, A.C. 3986 e A.S. 1454.
nota 62 Si veda l’articolo 63, comma 3 del decreto legislativo n. 231, 14 dicembre 2007. Il D. Lgs. 231/2007 è stato modificato dal decreto legislativo n. 151, 25 settembre 2009, e dal decreto n. 78, 31 maggio 2010 (convertito nella legge n. 122, 30 luglio 2010).
nota 63 Le persone fisiche che possono essere sanzionate in base alle nuove regole sono gli amministratori (direttori), i liquidatori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, e altri dirigenti che hanno il potere di rappresentare l'azienda.
nota 64 Durante il monitoraggio di Fase 2 nel 2007, l'Italia ha indicato che le nuove sanzioni applicabili nei confronti delle persone fisiche erano le seguenti: (i) per falso in bilancio avente danneggiato azionisti o creditori, fino a due anni di detenzione; (ii) per falso in bilancio riguardante aziende non quotate in borsa avente danneggiato azionisti o creditori, da sei mesi a tre anni di detenzione; (iii) per falso in bilancio riguardante aziende quotate in borsa avente danneggiato azionisti o creditori, da uno a quattro anni di detenzione. Le nuove sanzioni applicabili nei confronti di persone giuridiche erano le seguenti: (i) per falso in bilancio non avente causato danni a azionisti o creditori, un'ammenda da 51.600 a 464.700 euro; (ii) per falso in bilancio riguardante aziende non quotate in borsa avente causato danni a azionisti o creditori, un'ammenda da 77.400 a 1.022.340 euro; (iii) per falso in bilancio riguardante aziende quotate in borsa avente causato danni a azionisti o creditori, un'ammenda da 103.200 a 1.239.200 euro. Si veda l'articolo 25-ter del D. Lgs. 231/2001, modificato dall'articolo 39, comma 5 della legge n. 262, 28 dicembre 2005.
nota 65 Secondo le autorità italiane, l'obbligo di redigere i conti consolidati è contenuto nella Direttiva n. 83/349/CEE (modificata) e si applica alle società che controllano un'altra società, che sia quotata in borsa o non quotata.
nota 66 La Consob ha funzioni di vigilanza sul mercato mobiliare italiano ed è responsabile della supervisione di tutti i revisori dei conti esterni.
nota 67 Si veda SOC/RM/93002422, 31 marzo 1993.
nota 68 Sono stati analizzati i modelli organizzativi, insieme ai codici etici e ai codici di condotta relativi, di sette grandi aziende basate in Italia che sono attive in settori considerati particolarmente ad alto rischio di corruzione, come il settore dell'energia e quello dell'edilizia.
nota 69 Articolo 14, comma 4-bis della legge 537/1993, modificato dall'articolo 2, comma 8 della legge 289/2002. La normativa approvata nel 2006 ha chiarito che i proventi di attività illecite sono considerati come reddito imponibile, a meno che non siano stati già confiscati. Si veda l'articolo 36, comma 34-bis del Decreto Legge n. 223, 4 luglio 2006; si veda inoltre C. Cass., 18 gennaio 2008, n. 1058, e 14 maggio 2008, n. 12041.
nota 70 Si veda C. Cass., 14 maggio 2008, n. 12041.
nota 71 Si vedano gli articoli 12 e 13-bis del Decreto Legge n. 78, luglio 2009, convertito dalla legge n. 102, 3 agosto 2009, così modificato dall'articolo 1 del Decreto Legge n. 103, 3 agosto 2009, convertito dalla legge n. 141, 3 ottobre 2009.
nota 72 Si veda l'articolo 14, comma 1, del Decreto Legge n. 350, 25 settembre 2001, modificato e convertito nella legge n. 409, 23 novembre 2001 (incorporato nel D. Lgs. 78/2009). Lo scudo fiscale, ad esempio, garantisce la non punibilità di alcuni reati, come le dichiarazioni false e/o imprecise, l'occultamento o la distruzione di documenti. Garantisce inoltre la non punibilità per alcuni casi di falsificazione in materia di reati tributari (falsità nelle scritture private, occultamento o soppressione di documenti contabili e false comunicazioni sociali).
nota 73 Si veda l'articolo 17, comma 2-bis, ibid.
nota 74 Si veda l'articolo 22.4 at http://www.oecd.org/dataoecd/11/29/2499078.pdf.
nota 75 Si veda Ministero degli Affari Esteri (28 ottobre 2010), “OCSE – La corruzione nelle transazioni internazionali,” http://www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Economia/Cooperaz_Econom/OCSE.htm.
nota 76 Si veda http://www.pcnitalia.it/documents/oecd-polidy-a7framework-for-investment/convention-on-combating-bribery-on-foreign-public-officials-in-international-business-transactions/.
nota 77 Nel 2008, l’ex Alto Commissariato per la prevenzione e il contrasto della corruzione è stato sostituito dal S.A.eT. Né l'ex Alto commissariato né il S.A.eT. intraprendono alcuna attività per favorire la consapevolezza in materia di corruzione internazionale.
nota 78 Secondo l'articolo 331, un pubblico ufficiale che scopra un reato nell'esercizio delle sue funzioni deve informarne "immediatamente" il pubblico ministero o un ufficiale della polizia giudiziaria, anche se il reo non è stato identificato.
nota 79 Articolo 4 del progetto di legge AC 4434 (AS 2156 dopo l'approvazione del Senato del 15 giugno 2010).
nota 80 Articolo 3.2 del Codice Etico del Gruppo SACE (non datato).
nota 81 Per esempio, in occasione di una domanda di intervento destinata a SIMEST, il richiedente (una banca o un esportatore italiano) deve dichiarare che (i) non ha commesso - e che neppure altri soggetti che agiscono in suo nome hanno commesso - atti di corruzione di pubblico ufficiale straniero di cui all'articolo 322-bis del c.p. ; (ii) ha predisposto e manterrà in essere "tutte le misure richieste dalla legge affinché non siano commessi reati di corruzione nelle operazioni economiche internazionali"; (iii) non vi sono condanne a suo carico né a carico di altri soggetti che agiscano in suo nome "relativamente al reato di corruzione internazionale"; (iv) non è mai stato incluso nelle liste di interdizione pubblicamente accessibili predisposte dal Gruppo Banca mondiale, dalla Banca Africana di Sviluppo, dalla Banca Asiatica di Sviluppo, dalla B.E.R.S., dalla Banca Inter-Americana di Sviluppo; (v) "è a conoscenza del fatto che la sussistenza di gravi indizi (…) relativamente al reato di corruzione internazionale nelle operazioni economiche internazionali, può causare la sospensione della procedura di approvazione o il diniego dell'intervento agevolativo". L'esportatore deve anche informare la SIMEST se intervenisse qualsiasi fatto che renderebbe tali dichiarazioni inesatte e comunicare, a richiesta, l'identità dei soggetti che agiscono in suo nome, nonché l'ammontare e lo scopo di commissioni corrisposte a soggetti che svolgono funzioni di mediazione o agenzia.
nota 82 Si veda www.avcp.it.
nota 83 Si veda l'articolo 38 del decreto legislativo n. 163, 12 aprile 2006.
nota 84 Si vedano gli articoli 1 e 3 dell'Atto del Consiglio dell'Unione Europea del 26 maggio 1997; articolo 3 dell’Azione Comune del 22 dicembre 1998 adottato dal Consiglio dell'Unione Europea.
nota 85 Articolo 11 del Codice Etico aziendale di Consip (11 aprile 2005), http://www.consip.it/on-line/Home/CompanyOverview/CodeofEthics.html.
Clausola 4.11 sui Criteri di eleggibilità, Clausole Etiche, Principi Generali sui contratti, 1 giugno 2009. 2009.