Anno giudiziario 2009 - Intervento del ministro, Angelino Alfano, presso la Corte d’Appello di Napoli

aggiornamento: 31 gennaio 2009


Castelcapuano, 31 gennaio 2009

Signor Presidente della Corte di Appello,
Signor Procuratore Generale,
Signor Rappresentante del Consiglio Superiore della Magistratura,
Signori Rappresentanti delle Istituzioni Civili e Religiose,
Signor Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati,
Signori Magistrati,
Signori Avvocati,
Dirigenti e dipendenti tutti del Distretto della Corte di Appello di Napoli,
Signore e Signori

 

Da Ministro della Giustizia e da Siciliano è per me una grande emozione prendere la parola in quest’Aula, dove i resti dell’architettura normanna ricordano il legame antico tra Napoli e la Sicilia e richiamano alla mente Guglielmo I e Federico II, Re di Sicilia e Stupor Mundi, fautore di un epoca di tolleranza civile e religiosa.

Napoli come Palermo, capitale felicissima e groviglio di contraddizioni che oggi mi consentono di sentirmi non vostro ospite ma vostro concittadino e di partecipare con maggior trasporto a questa solenne Udienza che si celebra in un luogo che ha pochi eguali in Italia, una sede che da oltre 500 anni, sin dall’epoca dell’annessione del Regno di Napoli alla corona di Spagna, simboleggia la Giustizia.

E questa comunanza, che è storica ma è anche culturale, è una delle ragioni per le quali ho scelto – tra le tante prestigiose opzioni – di essere qui per il mio esordio da Ministro della giustizia all’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Ma la ragione più importante della mia presenza a Napoli, nel distretto Campano, è quella di offrire, ancora una volta, un segno tangibile della specialissima attenzione con la quale, sin dal suo insediamento, il Presidente Silvio Berlusconi e l’intero Governo guardano agli enormi problemi ma anche alle grandissime potenzialità di questa realtà.

È a tutti noto che il Consiglio dei Ministri si è riunito, per la prima volta in questa legislatura, a Napoli, presso il palazzo della Prefettura, il 20 maggio dello scorso anno, con all’ordine del giorno – tra l’altro – l’emergenza rifiuti ed il pacchetto sicurezza.
Ed a Napoli il Consiglio dei Ministri è tornato a riunirsi altre volte.

Non solo. Ma a Napoli si è ripetutamente recato il Presidente del Consiglio il quale ha voluto direttamente e personalmente seguire e risolvere l’emergenza rifiuti.

In particolare, il Governo ha dedicato all’emergenza rifiuti ben due decreti legge, entrambi, peraltro, tempestivamente convertiti in legge dalle Camere.

Una terza ragione per essere qui oggi va ricercata nella volontà di scegliere, simbolicamente, una sede del sud del Paese quale archetipo rappresentativo delle problematiche connesse all’impatto della criminalità organizzata nei luoghi in cui essa esprime, al massimo livello, il suo nefasto potere.

Anche su questo l’impegno del Governo è totale e senza sconti per nessuno.

Ed al riguardo mi sia consentita una notazione personale: ho concepito gli interventi normativi in materia, non solo da Ministro della Giustizia ma anche da uomo del Sud, con tutta la passione politica e civile che ciò comporta e sono orgoglioso del lavoro fatto e straordinariamente motivato nel proseguire lungo tale percorso virtuoso.

Nel merito, sono particolarmente soddisfatto degli interventi operati nella decisiva materia delle misure di prevenzione antimafia tra i quali segnalo:

  1. l’introduzione dell’innovativo principio secondo il quale le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente, indipendentemente, cioè dalla attuale pericolosità del soggetto titolare dei beni;
  2. la possibilità che le misure di prevenzione patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione, al fine di impedire che i suoi eredi possano godere dei proventi delle attività criminali;
  3. l’introduzione della possibilità di disporre la confisca per equivalente se la persona nei cui confronti è proposta la misura di prevenzione disperde, distrae, occulta o svaluta i beni al fine di eludere l’esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca;
  4. la previsione della revoca dell’assegnazione o della destinazione del bene confiscato quando risulta che detti beni, anche per interposta persona, sono rientrati nella disponibilità o sotto il controllo del soggetto sottoposto al provvedimento di confisca;
  5. l’eliminazione della possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato (c.d. gratuito patrocinio) per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di associazione mafiosa, associazione finalizzata al contrabbando, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni di associato o al fine di agevolare un’associazione mafiosa.

Li ho voluti citare specificamente perché, come voi tutti ben sapete, senza disponibilità economiche viene meno la ragione stessa dell’associazione di stampo camorristico, il potere ed il prestigio esercitato sul territorio, la possibilità di mantenere in vita la complessa struttura criminale.

Ed è per questo che gli stessi magistrati hanno lealmente riconosciuto la piena efficacia delle misure introdotte.

Non si è trattato di un riconoscimento astratto bensì di un plauso giunto dopo la materiale applicazione in casi concreti, particolarmente rilevanti, delle norme appena introdotte.

A ciò va aggiunta la riforma del regime del 41 bis O.P., già all’esame del Senato, che rende impossibile ai criminali comunicare con l’esterno e quindi di continuare a gestire il potere economico e criminale da loro conquistato.

Ho ascoltato con attenzione la relazione del Presidente della Corte sullo stato dell’amministrazione della giustizia in questo distretto e ne trarrò utili indicazioni.

I dati esposti presentano, tuttavia, un bilancio gravemente deficitario sostanzialmente analogo a quello che si registra a livello nazionale (come è confermato dalle statistiche elaborate in sede ministeriale).

Ma, ancora una volta con felice contraddizione, proprio a Napoli si registra una particolare attenzione per l’innovazione tecnologica, l’informatizzazione e la digitalizzazione dei servizi giudiziari.

Pertanto, proprio in questa sede posso raccogliere la giusta sensibilità per i progetti di innovazione tecnologica che sono al centro delle scelte innovative che, sin dall’inizio del mio mandato ho inteso operare.

Intendo infatti riappropriarmi della funzione organizzativa che l’art. 110 della Carta Costituzionale mi affida; funzione che va fortemente rivitalizzata, sia attraverso un più razionale utilizzo degli strumenti vigenti che mediante ulteriori interventi normativi che consentano di monitorare, con moderna rapidità, l’andamento del servizio reso ai cittadini affinché possano adottarsi gli opportuni correttivi per il recupero dell’efficienza.

Nessuno tema che ciò possa costituire un surrettizio strumento per una qualche forma di controllo dei magistrati cui va garantita l’autonomia e l’indipendenza.

Ma il punto è che l’autonomia e l’indipendenza dei giudici non può scindersi dall’efficienza del servizio che i magistrati devono rendere ai cittadini e che questa efficienza deve essere non soltanto tempestivamente verificata ma anche supportata da un modello organizzativo valido ed esteso a tutto il territorio nazionale.

In questa prospettiva, dopo aver preso atto del deficitario andamento dei servizi di informatizzazione e digitalizzazione sino ad oggi assicurati dal Ministero il 26 novembre 2008 ho sottoscritto con il Ministro della Funzione Pubblica il Protocollo d’intesa per la realizzazione di programmi di innovazione digitale.

In tal modo ho ritenuto di avviare un vero e proprio cambio di passo e di strategia operativa nella specifico settore ove a fronte di investimenti ingentissimi non si sono ottenuti risultati accettabili (salvo poche virtuose eccezioni, alcune della quali, come ho già detto, si sono qui realizzate).

Il protocollo prevede interventi che faciliteranno la comunicazione tra avvocati, cittadini, imprese e uffici giudiziari attraverso l’uso di internet, in condizioni di piena sicurezza sia esterna che interna al sistema, utilizzando quanto di meglio offre oggi la tecnologia della protezione dei dati informatizzati.

Sempre in collaborazione con il Ministero della Funzione Pubblica nonché con le Regioni e il Ministero del Lavoro si è dato corso al progetto ‘Diffusione di buone pratiche negli uffici giudiziari’, con l’obiettivo di estendere le migliori esperienze organizzative (come quelle di Bolzano, Torino ed altre sedi giudiziarie) a tutti gli uffici utilizzando il finanziamento del Fondo Sociale Europeo.

È stato, infine approntato un progetto di ‘Diffusione del modello di autoanalisi e miglioramento dei servizio giustizia” (Common Assessment Framework – CAF) che è ormai di prossimo utilizzo nelle sedi giudiziarie che verranno individuate come sedi pilota.

Con questi due innovativi progetti si forniscono strumenti che servono ad individuare perché, a parità di condizioni, alcuni uffici giudiziari rendono un servizio accettabile ed altri no.

L’ambizione è ovviamente quella di diffondere le formule organizzative vincenti, affinché le migliori pratiche diventino prassi quotidiana in tutti gli uffici giudiziari.

Questa essenziale strategia di innovazione organizzativa e tecnologica diventerà la struttura servente di base per ottenere i miglioramenti attesi sia nel settore penale che in quello civile.

Il primo obiettivo è, infatti, quello di ridare con urgenza dignità alla giustizia civile, individuando le opportune soluzioni per eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati per poi avviarsi ad un regime di ragionevole durata che non può più attendere oltre.

Ed il governo ha già varato, come voi ben sapete, un’importante progetto di riforma della giustizia civile, approvato lo scorso 1º ottobre 2008 dalla Camera dei Deputati e ora all’esame del Senato, che ha ricevuto largo consenso sia in dottrina che dall’avvocatura e dalla stessa magistratura associata.

Subito dopo, a partire dal mese di febbraio, in Consiglio dei Ministri verrà discusso anche il piano di interventi che riguardano la giustizia penale.
 

Lavoriamo ad un diritto processuale penale autenticamente giusto, rispettoso al contempo delle esigenze investigative e della dignità della persona, soprattutto se estranea all’investigazione e, tuttavia, coinvolta in quella che troppo spesso diventa una gogna mediatica tanto invincibile quanto insopportabile.

Lavoriamo ad un sistema di controlli efficace che avrà poi il compito di verificare la professionalità dei magistrati in modo da garantire che il loro operato, doverosamente autonomo ed indipendente, non si trasformi in autoreferenzialità o in mero arbitrio.

Lavoriamo ad un sistema che sappia individuare i magistrati chiamati a dirigere gli uffici per le specifiche attitudini organizzative e per le autentiche capacità gestionali.

E proprio con riferimento ai problemi gestionali desidero ricordare l’immediata risposta del Governo al problema della copertura delle sedi disagiate, che trae origine anche dalla riforma ordinamentale approvata nella precedente legislatura che, opportunamente, impedisce ai magistrati meno esperti di svolgere funzioni monocratiche.

È questo un principio condiviso da una larghissima maggioranza parlamentare e questa scelta ha validissime ragioni per essere mantenuta ferma.

Il principio della inamovibilità del giudice affida, però, nella sostanza, alla buona volontà ed allo spirito di sacrificio dei magistrati più anziani la possibilità che queste sedi vengano coperte. Da qui le scoperture per le quali abbiamo individuato un valido rimedio.

Siamo fiduciosi che gli incentivi anche economici garantiti dalla nuova normativa possano stimolare adeguatamente molti magistrati ad accettare l’idea che il Paese ha necessità della loro opera nelle sedi meno ambite (manco a dirlo collocate quasi tutte al Sud) ove proprio l’esperienza professionale già maturata consente di meglio affrontare le gravi emergenze di quei circondari.

Sono, dunque, ottimista sulla funzionalità della nuova normativa che affronterà a brevissimo termine il suo primo banco di prova non appena il C.S.M., su mia indicazione, pubblicherà l’elenco delle sedi disagiate.

Un ulteriore cambio di passo, che ha già preso l’avvio, è quello relativo al controllo della spesa, sempre più imprescindibile attesa la progressiva contrazione delle risorse disponibili.

Basti al riguardo citare l’esempio, davvero impressionante, dello spreco del denaro dei cittadini per il pagamento delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.

Ciò premesso un cospicuo recupero di risorse finanziarie ci aspettiamo dal Fondo Unico Giustizia che abbiamo potenziato, ampliato e modificato in modo da garantirne la funzionalità.

Dopo questa prima fase di rodaggio, a regime, questo razionale sistema di utilizzo delle risorse finanziarie che la stessa attività giudiziaria produce, metterà finalmente a disposizione della Giustizia notevoli risorse sino ad oggi ingiustificatamente non utilizzate (recuperando così, almeno in parte, i tagli di bilancio subiti trasversalmente da tutti i dicasteri).

Attraverso tali risorse contiamo di procedere alla nuova configurazione delle aree professionali di appartenenza del personale, con la conseguente doverosa valorizzazione delle specifiche professionalità acquisite.

Siamo infatti consapevoli che la riforma della giustizia passa anche per la ritrovata motivazione dei lavoratori del settore.

Sempre in questo settore un importante obiettivo è stato già raggiunto alla fine di questo anno con la stabilizzazione definitiva di 1.523 unità lavorative che prestavano servizio con rapporto di lavoro a tempo determinato ai sensi della legge n. 242/2000.

Contiamo inoltre di fornire, in tempi ragionevolmente brevi, anche a questo Distretto i beni e le risorse necessari (dopo un periodo che so essere stato di particolare sofferenza) per consentire l’esercizio dignitoso ed in condizioni di sicurezza della Giurisdizione in luoghi ove, più che altrove, ciò costituisce un importante segnale della presenza dello Stato.

In quest’ambito, consentitemi di dire che il fascino che emana questa sala e la secolare cultura giuridica e forense che vi si respira, sarà per me uno stimolo ulteriore per un impegno concreto, finalizzato a mantenere l’intera struttura di Castelcapuano – interamente riqualificata – tra i simboli della giustizia e dell’avvocatura di questa nobile città.

Sono infatti convinto che ciò sia anche necessario ad impedire il degrado di un pezzo importante della storia napoletana.

Vorrei, infine, ribadire con forza che il Ministro e l’intero governo, fuori da ogni polemica strumentale, in soli otto mesi hanno dimostrato di voler affrontare il tema delle necessarie riforme della giustizia senza alcun intento punitivo ma con il principale obiettivo di rendere questo servizio finalmente degno di un paese civile.

Certo il compito è arduo e come sempre soltanto una virtuosa sinergia tra tutte le istituzioni, soltanto un grande lavoro di squadra, potrà superare le difficoltà tecniche ed anche quelle politiche che si frappongono al raggiungimento di questi così ambiziosi risultati.

Miglioriamo, dunque, la giustizia, facciamolo insieme, con impegno e convinzione; e cominciamo da Napoli e dalla Campania, capovolgiamo l’Italia, partiamo per una volta dal Sud tanto criticato ma pieno di risorse umane e di straordinarie intelligenze in grado di stupire gli scettici ed i profeti di sventura.

Vi ringrazio.