Intervento del ministro Alfonso Bonafede - Intelligence on the World, Europe, and Italy - Villa D’Este - Cernobbio - 6 settembre 2020

aggiornamento: 6 settembre 2020

Villa D’Este - Cernobbio, "Intelligence on the World, Europe, and Italy" -  Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive - 6 settembre 2020

 

 

Ringrazio il Forum Ambrosetti per l’invito e ringrazio per lo studio, attento e analitico che è stato portato avanti, e che è stato oggi qui esposto. L’ho studiato e letto con grande attenzione e ho riconosciuto nelle proposte, che sono state anche qui riassunte, elementi di convergenza, di forte convergenza con gli obiettivi che ho individuato come prioritari nel settore della giustizia e che adesso diventano ancora più urgenti nell'attuale fase di ripartenza.

Lo studio Ambrosetti tra l'altro conferma – i dati sono più o meno quelli del 2018 - il quadro che ho trovato io quando ho giurato per la prima volta come ministro della giustizia.

E’ uno studio che conferma esattamente come la capacità di risolvere il problema dei tempi della giustizia sia un elemento decisivo per la competitività del nostro Paese.

E, a proposito dei tempi, voglio chiarire che per avere una prospettiva di soluzione strutturale e il più possibile definitiva dobbiamo sempre ricordarci che l’eccessiva durata dei processi è, a sua volta, la conseguenza a valle di una molteplicità di problemi che, a monte, affliggono da decenni la giustizia italiana.

Ora l’appuntamento di oggi costituisce un momento importante per delineare il mio progetto sulla giustizia.

Ma il punto di partenza che voglio chiarire subito è che noi dobbiamo allontanarci da quelle che sono state le soluzioni contingenti adottate nel corso dei decenni perché produrre riforme senza pensare ai mezzi - mi riferisco alle risorse umane, all’edilizia, ai sistemi informatici – è come acquistare nuove macchine, riempire un garage di nuove macchine senza mettere mai la benzina. Ti trovi il garage pieno di automobili che però non vanno da nessuna parte.

E questa è l’immagine del nostro ordinamento, soprattutto nel settore giustizia, degli ultimi decenni. E cioè un ordinamento troppo spesso ridotto a un mero contenitore di riforme, spesso legate semplicemente alla procedura, affastellate in maniera caotica che però rimanevano completamente ferme nei loro effetti.

Con un effetto negativo molto importante e cioè che laddove c’è questa sorta di “caos fermo”, la mentalità, la cultura del burocrate trova maggiore spazio e forza nel contrapporsi alle istanze di cambiamento della società.

Io ho deciso di contrappormi a questa mentalità e nel delinearvi questi progetti, in maniera necessariamente sintetica, con orgoglio chiarisco che non parlerò di interventi normativi da scrivere o da depositare: sono tutte misure già in vigore o, al limite, già adottate in Consiglio dei ministri e attualmente all’esame del Parlamento.

Il primo settore di interventi, proprio per la logica dell’intervenire prima sull’infrastruttura e solo in un secondo momento – o comunque contestualmente – sulle procedure, ha riguardato il potenziamento del personale. Sia per quanto riguarda il personale amministrativo sia per quanto riguarda la magistratura.

E’ stato compiuto uno sforzo che, numeri alla mano, in questi due anni non ha precedenti nella storia della nostra Repubblica. Parlo di uno sforzo assunzionale in tre anni di circa 11mila unità per la cancelleria e ci tengo a dire che adesso, proprio a causa dell’emergenza-Covid, abbiamo deciso di intervenire anche sulle regole di reclutamento perché comunque i piani assunzionali spesso richiedono molto tempo perciò 4mila di queste circa 11mila unità verranno assunte mediante procedure di reclutamento molto più agevolate rispetto al passato, molto più celeri.

Per quanto riguarda i magistrati basta richiamare un dato: la media europea è di circa 22 magistrati ogni 100.000 abitanti, in Italia abbiamo 11 magistrati ogni 100.000 abitanti. Quindi praticamente la metà. Allora siamo intervenuti e nell’intervenire abbiamo portato un ampliamento della pianta organica di 600 magistrati. Anche questo è un numero che non ha precedenti.

Ma ci tengo a dire una cosa, che una visione moderna dell’impiego del personale implica non soltanto aumentare la quantità dei magistrati ma avere la possibilità di declinarli in maniera flessibile sul territorio a seconda delle esigenze che ci sono nei vari uffici giudiziari.

Per questo per la prima volta per legge noi stabiliamo che all’interno di questo ampliamento di pianta organica c’è una pianta organica flessibile che permetterà di avere una task force di magistrati che potranno intervenire, secondo delle esigenze individuate dal Ministero e dal Consiglio superiore della magistratura, nei territori magari negli uffici che hanno maggiori necessità.

Abbiamo investito nell’edilizia giudiziaria: sono in progetto circa 12 cittadelle giudiziarie che sfruttano il demanio pubblico. In questo settore il recovery plan potrebbe avere un ruolo di accelerazione determinante.

Ma il vero salto di qualità noi lo abbiamo con la digitalizzazione. Ora la digitalizzazione ha permesso nel corso della pandemia, nonostante un rallentamento inevitabile della giustizia, di continuare a svolgere il servizio essenziale della giustizia, e ha consentito di cominciare a sperimentare soluzioni che noi avevamo individuato nei progetti di riforma che sono in Parlamento e quindi di accelerarne l’implementazione.

Ora entro il 2020 tutto il processo civile, dal primo grado alla Cassazione, sarà digitale.

Abbiamo avviato per la prima volta la digitalizzazione, che è già partita, del processo penale. Ma abbiamo voluto, soprattutto, che il canale telematico e digitale non venisse concepito soltanto come un’opzione ma cominciasse, come tecnologia moderna, ad essere considerato anche l’unico ed esclusivo canale possibile.

Faccio un esempio, quello più semplice: il deposito dell’atto introduttivo nel processo civile oggi può avvenire soltanto – salvo casi eccezionali – in maniera telematica.

Era un progetto che noi avevamo individuato nella riforma del processo civile in Parlamento ma ne abbiamo anticipato l’applicazione e l’implementazione durante la pandemia.

Così come per la prima volta – perché noi abbiamo un dispendio di energie enorme in adempimenti molti semplici, come quello per esempio delle notifiche – per la prima volta si inserisce in un progetto di riforma il divieto di procedere alla notifica cartacea quando il destinatario ha un domicilio digitale.

Ora in questo quadro noi adesso abbiamo una grande possibilità, una grande chance. Noi adesso, una volta fatti questi investimenti, – e ci tengo a dirlo, visto che si parlava della spesa dedicata alla giustizia -, in due anni abbiamo aumentato la spesa dedicata alla giustizia di quasi un miliardo.

Con questi investimenti abbiamo la possibilità davvero di avere riforme che possano abbattere i tempi della giustizia. E abbiamo infatti in Parlamento la riforma del processo civile, del processo penale e la riforma del Consiglio superiore della magistratura.

Nell’ultimo rapporto Doing Business 2020 della Banca Mondiale, l’Italia scende dal 51esimo al 58esimo posto e questo perché viene considerato un elemento fondamentale il fatto che ci sia una incapacità di risoluzione delle controversie civili e commerciali. Ora con la riforma del processo civile noi introduciamo un rito, snello, prevalentemente scritto, nel quale scompaiono tempi, carenze e udienze che si sono rivelate - perché siamo partiti sempre da uno studio empirico - sostanzialmente inutili. Sempre salvaguardando, chiaramente, i diritti che sono oggetto di contenzioso e il contraddittorio.

Io quando sentivo, da avvocato, i legislatori che parlavano di riforme pensavo a questo affastellamento continuo e all’aggiunta di nuovi riti e nuove norme. Noi abbiamo una riforma a seguito della quale avremo un rito più semplice, quello della cognizione ordinaria, e avremo anche un minor numero di norme.

Gli istituti della mediazione obbligatoria e della negoziazione assistita, che nello studio vengono sottolineati come istituti importanti, vengono rafforzati e vengono riformati. E stiamo lavorando, così come propone lo studio Ambrosetti, alla formazione di unità di missione per smaltire l’arretrato. E auspichiamo anche che ci siano proprio dei percorsi separati come prima veniva ipotizzato.

Sulla riforma del processo penale non mi dilungo troppo se non per dire che anche lì si interviene sui tempi. Per la prima volta noi avremo dei tempi, effettivi, di durata massima. Nelle indagini preliminari ci sono dei criteri molto rigidi di valutazione di quei termini e c’è tutta una serie di meccanismi che rende quei tempi effettivi. Con maggiore responsabilizzazione, per esempio, anche della magistratura.

Si semplifica e si agevola, come auspicava nel suo intervento la professoressa Severino, l’accesso ai riti alternativi. E ci sarà un maggior rispetto anche – ci tengo a dirlo - per le esigenze delle parti. Perché il giudice comunicherà alle parti, nel primo momento possibile, un calendario delle udienze dall’inizio alla fine del processo (chiaramente per quanto possibile in relazione alle esigenze dell’istruttoria).

Si semplifica l’Appello e si fa un’iniezione di personale importante a livello di magistratura. E tra l’altro si eliminano dei meccanismi che veramente sono difficili da comprendere per il cittadino. E cioè che quando cambia un solo componente del collegio giudicante, non si debba tornare all’inizio del dibattimento per rifare, sostanzialmente, tutto il processo.

Si cerca di accelerare il tempo che deve trascorrere tra l’eventuale commissione del fatto di reato e l’accertamento che avviene in giudizio. Questo perché da un lato si tutela il tempo ragionevole del processo, la coerenza della pena che – chiaramente se è troppo lontana negli anni da quando è stato commesso il reato – perde la sua finalità rieducativa, e si ha una maggiore credibilità del sistema in chiave general-preventiva.

E non vanno trascurate, questo ci tengo a dirlo, le ripercussioni positive che potrà avere la riforma della prescrizione che è entrata in vigore. Perché è vero che noi dobbiamo agevolare il ricorso ai riti alternativi ma dobbiamo anche dirci che probabilmente uno dei motivi per cui non c’è stato il ricorso auspicato, all’inizio del Codice Vassalli, ai riti alternativi è anche perché probabilmente la prescrizione dava una prospettiva di estinzione del reato all’esito del dibattimento che era concreta.

E non è vero che si apre la strada alla durata irragionevole dei processi: semplicemente adesso lo Stato, piuttosto che accettare il rischio di processi monchi, decide di prendersi la responsabilità di esaurire in un tempo breve tutto il processo, dall’inizio alla fine.

D’altronde, là dove gli uffici giudiziari hanno una buona organizzazione e funzionano, come per esempio a Milano, la prescrizione ha un’incidenza praticamente nulla: parliamo del 2% sulle cause. Tra l’altro, consentitemi di sottolineare la soddisfazione per la candidatura di Milano come sede del Tribunale Unificato dei Brevetti. Perché si tratta del riconoscimento di un’eccellenza che merita la vetrina internazionale e che ha tutte le carte in regola per raggiungere questo obiettivo.

L’altra riforma importante che non va concepita come una riforma interna alla magistratura è la riforma ordinamentale del Consiglio superiore della magistratura.

Proprio perché quella riforma incide in un’ottica di miglioramento della performance degli uffici giudiziari e dei singoli magistrati, e quindi sul funzionamento della giustizia. Si introducono numerose norme, si scongiura il deprecabile fenomeno delle ‘nomine a pacchetto’, si responsabilizza con un’impronta manageriale - quella auspicata proprio in questa sede – il dirigente, il vertice dell’ufficio giudiziario affinché ci sia un monitoraggio continuo dell’andamento concreto dell’ufficio giudiziario. Vengono introdotti degli illeciti disciplinari specifici in caso di mancata ottemperanza rispetto ai necessari interventi per migliorare il tempo di smaltimento dei processi all’interno degli uffici giudiziari.

E infine, argomento che mi sta molto a cuore, viene rimarcato con forza il confine tra la magistratura e la politica: per questo la norma emblematica di questo passo avanti è quella che stabilisce che il magistrato che viene eletto in politica non possa più tornare a svolgere la funzione giudicante o requirente.

La corruzione. La corruzione altera la regolare dinamica della competizione economica, frustra le aspettative di crescita degli imprenditori onesti, mortifica la meritocrazia, scoraggia l’innovazione, disincentiva gli investimenti stranieri.

Qualsiasi politica finalizzata alla tutela della leale concorrenza e del mercato non può prescindere da un approccio severo e rigoroso rispetto alla necessità di garantire il rispetto delle regole.

Molte volte la corruzione viene paragonata al doping nello sport. E’ un paragone abbastanza calzante se però si specifica che, nel caso della corruzione, c’è un’aggravante in più: i danni non li patisce soltanto chi partecipa alla competizione, ma tutta la collettività, in termini di peggiori servizi e qualità delle opere a fronte di una spesa pubblica non solo maggiore del necessario ma perfino inefficiente.

E’ un fenomeno molto complesso che con la legge n. 3 del 2019 - la cosiddetta ‘Legge Spazzacorrotti’ - viene affrontato in maniera organica dopo i due precedenti interventi normativi molto importanti, uno è la legge Severino, sicuramente pietra miliare della lotta alla corruzione. L’altra è la legge sul whistleblowing.

Avere un impianto normativo di questo tipo che, come diceva la professoressa Severino, ci permette di andare a testa alta a livello internazionale, consente anche di avere una maggiore capacità di visione di spesa nell’iniezione di liquidità necessaria che sarà conseguente al Recovery plan.

Per non trascurare che la corruzione è uno dei canali principali, se non il principale, attraverso il quale le mafie tentano di infiltrare la Pubblica amministrazione.

Ora, concludo dicendo questo: il nostro Paese ha dimostrato al mondo intero di sapere e potere essere leader a livello internazionale in occasione di questa pandemia. Però abbiamo dimostrato anche a noi stessi, di sapere essere una collettività che sa trovare coesione. Ora, questa è la lezione più importante che dobbiamo coltivare. Anche e soprattutto nel settore della giustizia, dove è necessario abbandonare le logiche della contrapposizione e dello scontro di bandiera per abbracciare l’obiettivo della sintesi tra le diverse esigenze in campo. Magistratura, avvocatura, tutti gli stakeholders che vorranno dare il loro contributo troveranno in me un interlocutore realmente interessato e disponibile così com’è avvenuto fino ad ora. Ma chi vuole semplicemente alimentare lo scontro della polemica in un gattopardesco tentativo di fermare il cambiamento, troverà in me comunque un interlocutore ma ancora più determinato ad andare avanti.

Tra l’altro colgo l’occasione per dire in questo prestigioso incontro che è mia intenzione nei prossimi giorni e nelle prossime settimane avere un confronto con le associazioni e i soggetti maggiormente rilevanti in ambito economico in concomitanza con l’avvio dell’iter parlamentare delle riforme processuali.

Grazie e buon lavoro a tutti

Alfonso Bonafede
ministro della Giustizia