Anno giudiziario 2010 - Intervento dell'Avvocato generale dello Stato, Oscar Fiumara

Signor Presidente della Repubblica,
Autorità,
Signor Presidente della Corte di Cassazione,
Signore e Signori

ho l’onore di poter evidenziare brevemente, in questa solenne circostanza, l’apporto che l’Avvocatura dello Stato continua a dare al Potere esecutivo, rappresentando e difendendo in giudizio, in modo organico ed esclusivo, le amministrazioni e gli enti che si avvalgono del suo patrocinio; al Potere giudiziario, contribuendo con lealtà ed obiettività alla risoluzione delle controversie; al Potere legislativo, suggerendo direttamente o indirettamente le soluzioni idonee alla miglior tutela degli interessi pubblici; il tutto in una sintesi che rappresenta la reale funzione dell’Istituto a tutela dell’interesse pubblico e della collettività.

Anche nell’anno 2009 il numero degli affari nuovi impiantati dall’Avvocatura, nella sua struttura complessiva articolata nella sede romana e nelle 25 sedi distrettuali, è stato imponente. Si tratta di 209.995 affari (che si aggiungono alle centinaia di migliaia antecedenti ancora pendenti nei vari gradi di giudizio): pur escludendo circa  35.000 fascicoli bagatellari senza effettivo seguito,  residua sempre un cospicuo numero di circa 175.000 affari cui corrisponde un numero altrettanto elevato di sentenze di ogni ordine e grado, pari a 132.552: la percentuale di cause totalmente vinte si aggira, a seconda delle sedi, intorno al 60/65%; negli altri casi la soccombenza è spesso molto limitata. Affrontiamo questo carico di lavoro con un organico di circa 370 avvocati e circa 850 impiegati amministrativi. La spesa per lo Stato, comprensiva di ogni voce, è di € 161.709.624 (il che significa che mediamente una causa costa allo Stato circa 900 euro): la parte preponderante di questa spesa è costituita dagli oneri per il personale, mentre le spese di funzionamento ammontano a soli 10 milioni di euro di cui 2 milioni per l’informatica.

Ringrazio il Governo per aver proposto, accogliendo le nostre richieste, alcune norme di grande utilità per la funzionalità dell’Istituto e ringrazio il Parlamento per averle approvate: mi riferisco, in particolare, alla recente norma che ha consentito una partecipazione del personale amministrativo alla distribuzione dei proventi per onorari di cause vinte, risolvendo così, con equità ed equilibrio, un’antica questione. Mi permetto  però di insistere su alcune altre richieste che ho riformulato: ho chiesto l’istituzione di un ruolo, anche molto contenuto, di dirigenti amministrativi, perché sia loro affidato il compito di gestione di alcuni servizi dell’Avvocatura, ora svolto impropriamente e illogicamente da avvocati, sottratti così alle loro funzioni naturali (credo che l’Avvocatura sia l’unica amministrazione statale priva di dirigenti amministrativi); - ho chiesto altresì alcune misure che consentano uno sviluppo di carriera ai giovani; - e ho sottoposto infine all’attenzione della Presidenza del Consiglio l’opportunità di costituire una sede dell’Avvocatura a Lussemburgo, per una cura più diretta degli affari comunitari, che ci impegnano ormai stabilmente, nonché eventualmente di alcune delle cause dinanzi alla Corte di Strasburgo, in sinergia con il Ministero della Giustizia. Tali misure, unite magari – non appena possibile – ad un sia pur modesto aumento degli organici, ormai indispensabile, in particolare per quanto riguarda il personale amministrativo gravemente carente, assicurerebbero un servizio certamente più produttivo alle amministrazioni patrocinate e al sistema giustizia.

Certamente di grande aiuto è stato per noi l’avvento dell’informatica, senza la quale non avremmo potuto far fronte alla mole di lavoro sempre crescente ad organici invariati. Essa occupa un ruolo strategico per lo svolgimento dei compiti istituzionali.

Gli sforzi compiuti ed i risultati raggiunti con le risorse a disposizione costituiscono un grande traguardo. Abbiamo modernizzato le tecnologie con un’operazione ad altissimo rischio ma perfettamente riuscita, migliorando la piattaforma tecnologica del nostro sistema, mettendolo al riparo da un inevitabile tracollo. E abbiamo insistito nel completamento dei progetti di scambio con le amministrazioni, in particolare con l’Agenzia delle Entrate, e con le giurisdizioni, automatizzando l’invio delle sentenze, come già avviene con alcuni TAR: queste sono state e continuano ad essere le nostre priorità. E lo sono anche per il legislatore, che ha previsto il contributo dell’Avvocatura dello Stato nelle determinazioni da assumere su alcune innovazioni tecnologiche relative al processo civile. Ma tali priorità devono essere tenute presenti anche da coloro che con l’Avvocatura devono realizzare quanto concordato.
L’Avvocatura è una Pubblica Amministrazione: pur se di fronte ai giudici perfettamente paritaria rispetto ai colleghi del libero foro, tuttavia è e resta una Istituzione pubblica, con la conseguente necessità di contenere la spesa, armonizzare l’efficienza del proprio servizio in accordo con le giurisdizioni e trovare nelle amministrazioni le collaborazioni e le effettive soluzioni per rendere insieme un migliore servizio alla collettività.
In uno scenario fatto di sistemi interagenti con un forte grado di accoppiamento, la lentezza o l’inadeguatezza di un sistema inevitabilmente condizionerebbe il percorso dell’intero processo. Ne abbiamo avuto la riprova con la giustizia civile e con le difficoltà di allineare gli scambi informatizzati imposti dal legislatore.

Il successo dell’automazione anche per l’Avvocatura si misurerà a lungo termine: per poterlo ottenere è necessaria una continuità di governo che va dal concepimento alla progettazione, dal monitoraggio dell’implementazione e la conduzione verso il normale esercizio, mantenendo tuttavia sempre all’interno della Pubblica Amministrazione il governo di tali processi, anche e soprattutto con un reale investimento su figure professionali idonee da inserire all’interno dei gangli delle amministrazioni.

Il nostro lavoro si è sviluppato, anche quest’anno, su tutti i fronti.
In circa 800 affari abbiamo trattato importantissime questioni dinanzi alla Corte Costituzionale e ai Giudici comunitari: cito, ad esempio, per la prima, i giudizi relativi al segreto di Stato (in relazione alla nota vicenda Abu Omar) e alla normativa sulla sospensione dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato; il giudizio sulla legge regionale sarda istitutiva di un’imposta sugli scali turistici nell’isola, che ha provocato il primo rinvio pregiudiziale della Corte Costituzionale alla Corte di giustizia delle C.E.; e quanto al contenzioso comunitario mi limito a ricordare le sentenze della Corte di giustizia sui poteri cautelari dei giudici nazionali in materia di affidamento dei figli minori, nonché sulla titolarità delle imprese farmaceutiche e sul sistema nazionale di determinazione dei prezzi dei prodotti farmaceutici a carico del Servizio sanitario nazionale.

Dinanzi alla Corte dell’Aja stiamo esponendo le nostre ragioni nella causa promossa dalla Germania a proposito della giurisdizione affermata dalla Corte di cassazione italiana sulle richieste risarcitorie avanzate in relazione ai crimini nazisti. Di mero supporto è stata la nostra presenza nelle cause dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (mi riferisco in particolare alla questione relativa alla confisca di beni sui quali siano stati commessi abusi edilizi): ma auspichiamo una nostra collaborazione più incisiva.

Vastissimo e variegato è il contenzioso davanti ai giudici ordinari. Mi limito a ricordare le controversie relative all’irragionevole durata dei processi (in applicazione della c.d. legge Pinto). Siamo nell’ordine di 26.000 cause aperte nel 2009, che producono un esborso per lo Stato molto elevato, con un effetto perverso dato dal moltiplicarsi delle cause, con l’accrescimento esponenziale della spesa, conseguente al ritardo nell’esecuzione delle pronunce di condanna: è assolutamente necessario che si snellisca il procedimento di pagamento effettuando tempestivi e idonei stanziamenti; ed è, ovviamente, particolarmente necessario che si intervenga a livello normativo e organizzativo per ridurre alla radice il fenomeno della durata irragionevole dei processi, nefasto non solo e non tanto per le casse dello Stato, ma anche e soprattutto per l’interesse dei cittadini ad una giustizia rapida ed effettiva.
Cito ancora – a titolo esemplificativo – il vasto contenzioso in tema di lavori pubblici; sull’emergenza rifiuti (particolarmente in Campania); sul risarcimento danni derivanti da contagio per trasfusione di emoderivati; sul flusso migratorio di cittadini extracomunitari (il Comune di Lampedusa ha rivendicato un danno all’immagine per il clamore mediatico dei respingimenti); ancora le cause risarcitorie per il disastro aereo di Ustica; i nostri interventi a favore di Stati esteri (Cina, Albania, Iran e altri Paesi mediorientali) minacciati da procedure esecutive nel territorio nazionale; le controversie sui compensi ai medici specializzandi; quelle sul trattamento carcerario fondate sulla convenzione europea per i diritti dell’uomo.

Consistente è il contenzioso in materia penale, dove il nostro ruolo è essenzialmente quello della parte civile, pur non mancando posizioni di difesa di pubblici dipendenti incriminati per fatti e cause di servizio previa valutazione di coincidenza con gli interessi dell’amministrazione di appartenenza: sotto il primo aspetto segnalo, fra i tanti, i processi relativi alla strage di piazza della Loggia a Brescia; a Calciopoli a Napoli; i processi contro i capi storici di “Cosa Nostra” e quello c.d. “Addio Pizzo” in Sicilia; le frodi relative all’ampliamento della linea metropolitana di Catania; i reati ambientali, con particolare riferimento alle discariche abusive, allo smaltimento e al mercato clandestino dei rifiuti (in specie in Campania); sotto il secondo profilo la difesa dei militari ritenuti incolpevoli nei processi relativi ai danni da contaminazione dell’amianto sulle navi da guerra, o dei comandanti di unità navali incriminati per episodi pur dolorosi compiuti in servizio (episodio della corvetta Sibilia).

Altrettanto importante e significativo è il nostro contributo nell’ambito della giustizia amministrativa, dove ancor più significativa è la nostra posizione a tutela della correttezza e trasparenza dell’azione amministrativa. Si tratta di oltre 25.000 cause dinanzi ai tribunali amministrativi regionali e oltre 4.000 cause dinanzi al Consiglio di Stato (o al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia: circa 700), dove la percentuale di cause vinte è del 70%. Si sono agitate questioni, singole o seriali, di grande interesse sociale ed economico: cito fra le tante la prosecuzione delle cause relative all’ampliamento della base militare statunitense Dal Molin a Vicenza; la delicatissima questione della nutrizione e alimentazione nei confronti di persone in stato vegetativo persistente (caso Englaro); la vertenza Telecom / Ministero Economia e Finanze, sulla pretesa restituzione di somme versate a titolo di canone di concessione di servizi di telecomunicazione, il cui esito positivo definitivo, in un contesto molto delicato, ha evitato allo Stato un esborso di oltre 500 milioni di euro (pari ad almeno un triennio della spesa per l’intera Avvocatura); le delicate cause relative ai provvedimenti delle Autorità indipendenti (circa 650); quelle relative alla spesa sanitaria in Sicilia; alla determinazione del prezzo dei farmaci e alle tariffe per la remunerazione delle prestazioni sanitarie; il vasto e delicato contenzioso, in continuo aumento, proposto da magistrati ordinari contro il Consiglio Superiore della Magistratura per l’attribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi; i numerosissimi ricorsi relativi ai concorsi per notaio e per uditore giudiziario e agli esami di ammissione alla professione legale.

Concludo questa sintesi ricordando una parte rilevantissima e prestigiosa del nostro lavoro, quello relativo alla nostra presenza dinanzi alla Corte di cassazione che oggi solennemente ci ospita. Nell’anno decorso si sono avute ben 11.430 nuove cause, nelle quali abbiamo assunto le vesti di ricorrenti o resistenti, e abbiamo avuto 10.966 sentenze (il 60% favorevoli). Mi piace segnalare la grande armonia nella quale lavoriamo con i magistrati della Corte (e in primo luogo con il suo Presidente) e mi limito a segnalare il capillare lavoro interpretativo svolto dalla Corte in materia tributaria, attraverso 6.287 sentenze (il 55% di quelle emesse nelle nostre cause); lo sforzo per definire il più rapidamente e funzionalmente possibile le controversie sulla legge Pinto (1.901 sentenze); la definitiva chiusura del delicato contenzioso sul trattamento tributario delle fondazioni bancarie; il riconoscimento della natura indennitaria dell’obbligazione ex lege dello Stato per l’omessa o tardiva trasposizione di direttive comunitarie (dove però è emerso un dissenso della Sezione Lavoro). Mi sia permesso accennare, però, ad una notevole  difficoltà in cui operiamo per via di una interpretazione sempre più preclusiva e formalistica del pur già rigoroso art. 366 bis cod. proc. civ.: la norma ha certamente consentito la rapida eliminazione di un tipo di contenzioso sbadatamente proposto, ma la progressione nel tempo di criteri interpretativi sempre più restrittivi, non prevedibili al momento della presentazione dei ricorsi, quanto al principio dell’autosufficienza e alla formulazione del quesito di diritto, ha impedito e impedisce la risoluzione serena di controversie che meriterebbero un esame più approfondito nel merito.

A questo imponente lavoro, che ho sinteticamente esposto, si aggiunge non solo la resa di consultazioni alle amministrazioni, ma anche il supporto alle stesse nella loro attività concreta. Mi limito a segnalare la continuazione dell’opera di recupero di opere d’arte illegalmente esportate (quest’anno il Museo di Cleveland ha restituito alcune opere di grande valore, che si aggiungono a quelle esposte l’anno scorso al Quirinale nella mostra “Nostoi”). Considerevole è stato il nostro impegno a sostegno della Protezione civile e delle strutture commissariali per le emergenze ambientali in varie zone d’Italia.

Nel manifestare la mia soddisfazione per l’impegno e i risultati di tutti gli avvocati dello Stato e del personale amministrativo di ogni sede, mi piace di sottolineare la piena disponibilità dei componenti dell’Avvocatura Distrettuale dell’Aquila che, alloggiati provvisoriamente presso la caserma di Coppito, e pur danneggiati essi stessi nei loro beni personali, hanno continuato a lavorare con continuità ed impegno, contribuendo all’auspicata normalizzazione della martoriata terra d’Abruzzo.

“Notte mai non è sì nera ch’alla fin non habbia Aurora” recita l’ oratorio della SS.ma Vergine di Giovanni Carissimi, il nostro musicista seicentesco sepolto nella chiesa di Sant’Apollinare, vicino alla sede dell’Avvocatura: con questo augurio, che è anche una convinzione, concludo.

Grazie Signor Presidente della Repubblica, grazie a tutti per avermi ascoltato.