Relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2017 - Nota di sintesi

aggiornamento: 18 gennaio 2017

Gabinetto del ministro

 

Inaugurazione Anno Giudiziario 2017

Sintesi della Relazione del Ministro sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2016, ai sensi dell’art. 86, R.D. 30 gennaio 1941, n.12

Nel corso del 2016 il Ministero della giustizia ha proseguito nei percorsi di riforma intrapresi sin dall’inizio del mandato governativo, alcuni ardui e di difficile realizzazione, ma imprescindibili per poter ricondurre il sistema giudiziario agli standard qualitativi che il Paese e la comunità internazionale si attendono.

In tale prospettiva, nell'ambito delle attribuzioni costituzionalmente demandate al Ministro in ordine all'organizzazione ed al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, la complessiva azione dell'amministrazione è stata in primo luogo improntata, anche nell’anno 2016 ed in continuità con le azioni già intraprese nel biennio precedente, all'adozione di nuovi modelli organizzativi e di funzionamento degli uffici centrali e periferici.

Gli interventi programmati nell’anno appena trascorso sono stati attuati sia sotto il profilo normativo che attraverso l’innovazione organizzativa.

Al riguardo, di fondamentale importanza è stata la completa attuazione, con l’adozione dei decreti attuativi, del nuovo Regolamento di organizzazione del Ministero di cui al D.P.C.M. 15 giugno 2015, riforma innovativa e funzionale di cui l’amministrazione aveva urgentemente bisogno e che risponde al criterio di conciliare una necessaria riorganizzazione degli apparati amministrativi con il contenimento della spesa di gestione, tramite il recupero di risorse e la razionalizzazione delle attività di servizio, in un’ottica di maggiore efficienza complessiva e di complessivo risparmio, aumentando i livelli di specializzazione e competenza e favorendo, nel contempo, l’integrazione operativa tra le diverse articolazioni, sia a livello centrale che periferico.

La semplificazione strutturale e la conseguente maggiore efficienza operativa, costituiscono il presupposto per rispondere con maggiore tempestività alle esigenze degli uffici giudiziari, sostenendo i processi di rinnovamento dei relativi assetti organizzativi e lo sviluppo delle tecnologie in tutti i servizi dell'amministrazione della giustizia.

In tale prospettiva di più ampio respiro, fondata sulla necessaria complementarietà tra le misure di carattere normativo e quelle di innovazione organizzativa, si inquadra anche il progetto di una ridefinizione complessiva degli organici degli uffici giudiziari, sul presupposto che soltanto un adeguato dimensionamento degli organici delle sedi giudiziarie possa porsi come indispensabile supporto per realizzare una struttura ordinamentale idonea a fornire adeguata risposta alla domanda di giustizia.

Proprio sul finire dell’anno, con decreto ministeriale del 1 dicembre 2016, sono state quindi definite, previo parere del Consiglio Superiore della Magistratura, le nuove piante organiche degli uffici giudicanti e requirenti di primo grado ed in questi ultimi giorni è stata avviata la riflessione in merito agli uffici giudiziari di secondo grado, minorili e della Procura Generale della Corte di Cassazione.

Nell'alveo delle politiche di recupero dell'efficienza del sistema giudiziario, il progetto di revisione delle piante organiche del personale di magistratura, essendo funzionale ad un complessivo ripensamento dei modelli organizzativi e di funzionamento degli uffici, cosi come le altre misure adottate, è destinato ad essere soggetto ad una fisiologica azione di monitoraggio e verifica operativa, così da consentire l'adozione, ove necessario, di opportuni interventi integrativi e correttivi.
Parallelamente, si è proseguita nella politica tesa a realizzare l’ingresso di nuove professionalità.

Nel prossimo biennio mille nuovi magistrati entreranno nelle sedi giudiziarie all’esito dei concorsi già espletati e dell’ultimo concorso per 360 posti bandito con D.M. 19 ottobre 2016 ed i tirocini formativi sono stati prorogati di un anno.

Ancora più incisivi per il complessivo ammodernamento del sistema giudiziario risultano essere i molteplici interventi adottati nell’anno 2016 per l'informatizzazione della giustizia, attraverso nuovi e cospicui investimenti, necessari per l'estensione del processo civile telematico a tutte le cause civili, per il potenziamento delle infrastrutture e dei sistemi di assistenza e per il pieno dispiegamento del SICP nel settore penale, onde assicurare un complessivo recupero di efficienza e la sicurezza dei sistemi.

Notevole è stato, inoltre, l’impegno a favore di un incisivo processo di rinnovamento dell'assetto organizzativo, secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità, finalizzato all’implementazione ed attuazione del programma di razionalizzazione delle spese, al fine di contribuire a garantire il funzionamento del sistema e il contenimento dei costi, in un'ottica di revisione della spesa, proseguendo nelle azioni di ottimizzazione delle risorse.

Sempre nell'ambito dell'attività finalizzata al contenimento ed alla razionalizzazione della spesa, si è proseguito ed incentivato nell’anno 2016 l'impegno ad una tempestiva utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili allo scopo di ridurre il debito dell'amministrazione nei confronti dei privati ed i tempi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.

Il piano straordinario per l’abbattimento del debito derivante dalla c.d. “Legge Pinto” varato dal Ministero nel maggio 2015, sottoscrivendo un accordo di collaborazione con la Banca d’Italia, in virtù del quale il pagamento dei decreti di condanna sopravvenienti viene effettuato in sede centrale, così consentendo alle Corti d’Appello di dedicarsi in via esclusiva allo smaltimento del debito pregresso, ha avuto importanti risultati sia in tema di importi liquidati a titolo di indennizzo (17 milioni a giugno di quest’anno) che di risparmio per mancate azioni esecutive in danno del Ministero (circa 3 milioni di euro).

È proprio grazie a questo accordo che si è avuta, all’inizio del 2016, per la prima volta dopo anni, una diminuzione di 53 milioni di euro delle somme complessivamente dovute da questa Amministrazione a titolo di equa riparazione dei danni subiti in caso di violazione del termine ragionevole del processo.

Tra le sfide raccolte nell’anno appena trascorso di amministrazione della giustizia deve, di certo, annoverarsi il trasferimento al Ministero della giustizia, a far data dal 1° settembre 2015, delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari, che ha imposto un enorme impegno organizzativo, non solo in termini di revisione delle articolazioni e uffici centrali dedicati alla gestione di tale processo, ma anche per l’individuazione dei migliori strumenti per il supporto agli uffici giudiziari coinvolti, attraverso processi di acquisizione di beni e servizi.

Il 2016 ha comportato anche il raggiungimento dei primi, significativi, risultati delle nuove politiche per il personale amministrativo, contrassegnato negli anni scorsi da una costante decrescita su tutto il territorio nazionale a causa dei pensionamenti non compensati da un adeguato turn over.

Per la prima volta, dopo più di 20 anni, si è concretizzata la possibilità di un percorso di riqualificazione, unitamente all’ingresso di nuove risorse di personale proveniente dalle procedure di mobilità volontaria e obbligatoria.

Sul piano normativo sono state attuate importanti e diverse riforme sia in materia civile che penale, oltre che per l’adeguamento dell’Italia al quadro di riferimento europeo.

L'impegno riformatore, sempre nella linea di necessaria complementarietà tra interventi di carattere normativo e di innovazione organizzativa, ha investito i fondamentali assetti del processo civile, con l'obiettivo di ridurre i carichi di lavoro e l'arretrato, nel contempo favorendo un’opportuna azione di diffusione nell’intera rete degli uffici giudiziarie delle esperienze organizzative più virtuose.

I risultati raggiunti nella giustizia civile nell’anno 2016, con il conforto delle statistiche a consuntivo, particolarmente capillari e attendibili anche grazie alla ormai completa possibilità di utilizzo per i dati del settore civile del data warehouse, che le misure normative ed organizzative adottate hanno consentito il raggiungimento di importanti risultati.

Se al giugno 2013 erano circa 5 milioni e 200 mila le cause civili pendenti, alla data del 30.6.2016 il totale nazionale dei fascicoli pendenti - secondo l’analisi dei dati forniti dagli uffici, raccolti ed elaborati dalla Direzione Generale di Statistica nell’ambito di un monitoraggio periodico pubblicato mensilmente sul sito istituzionale- risulta, al netto dell’attività del giudice tutelare, pari a 3.820.935 procedimenti (cioè ben 2 milioni in meno rispetto al picco storico registratosi nel 2009), confermando il trend decrescente degli anni precedenti.

Positivo corollario della riduzione delle iscrizioni e delle pendenze è il contenimento dei tempi di durata delle cause civili.

Per la prima volta dopo tantissimi anni nell’agosto scorso i tempi medi di definizione dei procedimenti contenziosi in primo grado sono scesi a 992 giorni, sotto il tetto dei 1000, mentre la durata media – e, cioè tenendo conto sia di procedimenti con tempistiche più elevate (es. contenzioso commerciale) che di quelli di più rapida definizione (es. decreti ingiuntivi, VG) di tutto il settore civile di Tribunale (contenzioso e non contenzioso) - è stata nel 2016 di 375 giorni, così raggiungendosi l’obiettivo prefissato di un anno.

L’efficienza della giustizia civile è un fattore decisivo per la ripresa economica del Paese oltre che fondamentale terreno di contatto quotidiano per rinnovare nei cittadini la fiducia nella legalità.

In tale ottica debbono essere inquadrati gli interventi normativi con i quali sono state introdotte forme alternative di risoluzione delle controversie, in primo luogo attraverso il ricorso all’istituto della negoziazione assistita, complementare e non alternativa alla già avviata mediazione, istituto che, nuovamente reso obbligatorio, ha prodotto effetti deflattivi significativi, per i quali istituti sono stati previsti anche meccanismi di incentivazione fiscale.

Analogamente è da dirsi per la complessa serie di interventi normativi che sono stati finalizzati ad una riforma complessiva del sistema processuale in tema di diritto di famiglia ovvero - in attesa di un’organica revisione della disciplina dell’insolvenza, secondo linee progettuali definite attraverso il lavoro della Commissione Rordorf e già trasfuse in uno schema di disegno di legge delega - alla semplificazione e alla velocizzazione delle procedure esecutive, ma anche alla ridefinizione di nodi strutturali essenziali alla trasparenza del mercato delle imprese e del sistema del credito, come quelli coincidenti con la previsione dell’istituzione del Portale unico delle vendite giudiziarie e del registro dei crediti.

Ad una nuova concezione dell'organizzazione del lavoro giudiziario è improntato l’Ufficio per il Processo, al quale nell’anno 2016 è stata assicurata una cornice normativa e una concreta attribuzione di risorse, così da consentire al giudice di avvalersi di un vero e proprio staff per la gestione delle controversie, con la partecipazione diretta di coloro che svolgono tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari, della magistratura onoraria e del personale di cancelleria e che appare essenziale per realizzare una maggiore efficacia e qualità del complessivo servizio giustizia, come dimostrato dalle esperienze più mature di importanti uffici giudiziari.

Pari impegno riformatore, nell’anno appena trascorso, è stato dedicato al settore della giustizia penale, con interventi che hanno interessato sia profili normativi di carattere sostanziale e processuale, sia fondamentali profili organizzativi indispensabili per potenziare l’efficienza del processo penale.

Gli interventi normativi si sono indirizzati ad adeguare l’ordinamento alle nuove realtà criminali e, soprattutto, a mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria nuovi e più efficaci strumenti di contrasto per la lotta ai fenomeni criminali di tipo transnazionale, primo fra tutti il terrorismo di marca jihadista, attraverso rapidi ed efficienti meccanismi di cooperazione giudiziaria internazionale.

Inoltre, proseguendo nell’azione già intrapresa negli scorsi anni, analisi ulteriori e proposte sono state elaborate per raggiungere l’obiettivo di innalzare il livello di efficienza del processo penale, creando le condizioni perché sia rispettato quel principio di ragionevole durata sul quale troppo spesso le Corti sovranazionali esprimono un giudizio negativo nei confronti del nostro Paese.

In questa prospettiva, si è lavorato per introdurre meccanismi e soluzioni in grado di deflazionare il sistema dal pesante carico penale anche attraverso l’adozione di strumenti organizzativi al passo con l’evoluzione tecnologica, capaci di semplificare e razionalizzare l’attività degli uffici giudiziari.

Per quanto concerne il fenomeno del sovraffollamento carcerario, anche nell’anno 2016 sono proseguite le azioni improntate ad un ripensamento complessivo del sistema penitenziario, tramite l’adozione di misure di carattere strutturale, normative ed organizzative, finalizzate a superare definitivamente un modello di detenzione sostanzialmente caratterizzato da passività e segregazione, mirando alla rieducazione e al reinserimento sociale, potenziando le misure alternative al carcere e riducendo la custodia cautelare, verso l’adozione di un modello in linea con le migliori prassi in ambito europeo.

Anche per effetto delle modifiche legislative introdotte negli ultimi anni, si è ottenuto un risultato assai rilevante sotto il profilo del numero complessivo delle persone detenute con un parallelo e graduale aumento delle misure alternative alla detenzione ed una progressiva diminuzione del numero di persone ristrette in custodia cautelare, cosi che, alla data del 31 dicembre 2016, risultavano nelle carceri italiane 54.653 ristretti, con una riduzione, nell’arco di circa quattro anni, di oltre undicimila unità rispetto al dato di 65.755 unità dell’8 gennaio 2013 - di pubblicazione della la nota sentenza "Torreggiani e altri c. Italia", relativa alle misure compensative da riconoscere ai detenuti per il pregiudizio subito dalle condizioni di sovraffollamento.

Per favorire questo percorso, l’anno 2016 è stato contrassegnato dalla positiva esperienza degli “Stati Generali dell’esecuzione penale”, aperto a forme diverse e innovative di consultazione pubblica, con la partecipazione di circa duecento tra esperti, rappresentanti di associazioni, operatori del settore, e che ha costituito la base di elaborazione preziosa per gli interventi necessari a definire sia sul piano organizzativo che su quello normativo il profondo cambiamento del sistema penitenziario, del quale è largamente condivisa la necessità.

L’apertura al contributo della società civile nella sua complessità per una riflessione condivisa su tematiche che non investano esclusivamente profili giuridici, ma attengano alla quotidianità della collettività ha determinato la scelta di adottare tale modello partecipato per un altro tema di interesse comune per il quale è necessario mantenere sempre alta l’attenzione, costituito dal fenomeno della criminalità organizzata, in primo luogo di tipo mafioso.

Con D.M. del 19 settembre 2016 sono stati quindi avviati gli “Stati Generali della lotta alla criminalità organizzata”.

Nella medesima prospettiva dell’assoluta centralità da riservare alla questione delle condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari, migliorando i meccanismi che regolano la vita nei penitenziari e puntando soprattutto sulla crescita delle attività trattamentali, sulla formazione professionale, il lavoro e il mantenimento delle relazioni familiari, nel maggio 2016 è stata inviata dal Ministro una Direttiva al Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, contenente la raccomandazione ad attendere all’adozione un vero e proprio Piano nazionale d’intervento per la prevenzione del suicidio e per il conseguente monitoraggio delle strategie adottate, attraverso la raccolta, l’elaborazione e la pubblicazione dei dati sul fenomeno e sulle esperienze condotte.

Le esigenze di unitaria e coerente regia delle politiche trattamentali e di esecuzione della pena hanno poi trovato adeguata evidenziazione nell’istituzione del nuovo Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che vede ad esso attribuite le aree funzionali inerenti l’esecuzione penale esterna e la messa alla prova, con l’intento di realizzare la unificazione di due sistemi, quello minorile e quello della esecuzione penale esterna, attraverso un canone operativo che non si riduca all’accostamento formale di due realtà distinte, ed ancor meno nell’inglobamento di un settore all’interno dell’altro.

Si tratta di una scelta che, preservando i modelli di funzionamento della giustizia minorile, mira alla espansione del complessivo sistema della esecuzione penale esterna.

L’ampliamento dei presupposti per l’accesso alle misure alternative, l’introduzione dell’istituto della messa alla prova per gli adulti e la crescita di sanzioni alternative al carcere, come quella del lavoro di pubblica utilità, il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, tutti obiettivi raggiunti nell’anno 2016, hanno imposto un’azione amministrativa mirata a costruire un sistema di probation ampio ed effettivo al fine di porre l’Italia alla pari di tutti i maggiori paesi europei.
Anche nell’anno 2016 la cooperazione internazionale ha visto l’impegno del Ministero ad orientare e dare impulso alle politiche in ordine al trasferimento dei detenuti stranieri verso i paesi di origine, in coerenza con le finalità rieducative della pena e della riduzione dell’affollamento carcerario.

Il crescente aggravarsi dei fenomeni migratori verso l’Europa e l’allarme creato dai fenomeni di radicalizzazione, ha reso impellente lo studio di soluzioni operative e normative, oltre che la ricerca di nuovi canali di collegamento tra le autorità giudiziarie dei diversi paesi in vario modo interessate al fenomeno, anche per far fronte ai rinnovati motivi di inquietudine e di insidia alla sicurezza e alla libertà delle persone che provengono dalla minaccia terroristica.

Di seguito i tratti salienti del programma realizzato nel corso dell’anno 2016.

1. INTERVENTI IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE

1.1. Il Regolamento del Ministero

La riforma dei modelli organizzativi e di funzionamento degli uffici giudiziari e del Ministero ha certamente connotato l’azione dell’amministrazione della giustizia nell’anno appena trascorso.
Alla riorganizzazione del Ministero si è inteso accordare particolare attenzione, nella convinzione che solo un processo di rinnovazione delle articolazioni amministrative centrali possa adeguatamente supportare il cambiamento organizzativo e tecnologico degli uffici giudiziari e delle strutture periferiche.

Il nuovo assetto organizzativo voluto dal Regolamento, completato nell’anno 2016 dall’adozione dei decreti di attuazione, è fondato sull’idea di una forte semplificazione strutturale, che – oltre a determinare un significativo contenimento della spesa di gestione per il tramite del recupero di risorse – possa consentire di raggiungere una maggiore efficienza operativa dell’Amministrazione, anche attraverso la semplificazione e razionalizzazione della gestione dei beni e dei servizi rivolti agli uffici periferici, per una risposta più adeguata e tempestiva alle esigenze del territorio.

Sotto questo profilo, la ristrutturazione ha generato un dimagrimento cospicuo delle posizioni di dirigente generale, che sono passate da 61 a 37, e di quelle di dirigente, che sono passate da 1006 a 712, con un risparmio calcolato in circa 34 milioni di euro e, complessivamente, in 65 milioni di euro.

La necessità di risparmio, imposta dal legislatore, non è però rimasta fine a sé stessa, né l’obiettivo era quello di porre in essere tagli lineari delle dotazioni organiche, quanto piuttosto procedere ad una ponderata ed attenta concentrazione delle competenze e razionalizzazione delle risorse disponibili.

L’intento è stato quello di eliminare duplicazioni di funzioni sovrapponibili, superando improprie logiche di separatezza gestionale e valorizzando, al contempo, le esperienze tecnico-professionali già maturate in taluni settori dell’amministrazione, favorendo l'integrazione operativa tra le diverse articolazioni, sia a livello centrale che periferico.

In particolare, gli affari relativi al contenzioso ed alla gestione delle risorse e dei contratti, gestiti da ciascun dipartimento con modalità spesso disorganiche, risultano ora concentrati nell’alveo di due rinnovate direzioni generali.

Da un lato, la Direzione generale degli affari giuridici e legali, istituita presso il Dipartimento per gli affari di giustizia, dall’altro, la nuova Direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie, istituita nell’ambito del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, con il compito di operare da ufficio centrale per tutti i contratti del Ministero, divenendo un centro unico di spesa.

La trasversalità dei compiti attribuiti a tale ultima Direzione generale ha imposto di considerare il suo rapporto con le altre articolazioni strutturali del Ministero non in modo unidirezionale, ma secondo un processo decisionale collegiale e condiviso, al fine di assicurare il necessario coordinamento e l’assunzione di decisioni strategiche comuni.

In tale ottica, è stato valorizzato il ruolo della Conferenza dei capi dei dipartimenti quale sede privilegiata ed istituzionale di elaborazione e confronto tra le figure dirigenziali di massimo livello, nonché di analisi e di valutazione delle scelte di alta amministrazione riguardanti l’assetto gestionale complessivo del Ministero.

Tra le novità più rilevanti del Regolamento va certamente annoverato la nuova struttura del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.

La diversa denominazione assunta dal Dipartimento rispecchia l’altrettanto rinnovata funzione attribuita all’articolazione, che è chiamata a gestire l’intera esecuzione penale esterna, sia dei minori che degli adulti.

La modifica strutturale si pone in linea con l’attuale strategia politica del Paese in materia di esecuzione della pena, che persegue l’obiettivo del superamento della tradizionale prospettiva, diretta quasi esclusivamente al mero rafforzamento degli strumenti sanzionatori, a favore della direttrice tracciata dalle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa in tema di sanzioni di comunità, con conseguente previsione di pene che non contemplano solo la segregazione del condannato dal consorzio civile, ma hanno l’obiettivo di recuperare la relazione tra l’autore del reato e il contesto sociale, attraverso la risocializzazione ed il reinserimento nel territorio.

L’ipotesi di rimodulazione funzionale attuata risponde anche all’esigenza di definire una struttura organizzativa che abbia come mandato specifico la valorizzazione della giustizia minorile quale imprescindibile patrimonio di specializzazione ed esperienza e l’esecuzione di tutte le misure alternative e le sanzioni sostitutive della detenzione.

Le competenze sono oggi ripartite tra due dipartimenti: l’una, la detenzione negli istituti di pena, è affidata ad un più snello e funzionale Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e l’altra, l’esecuzione delle pene non detentive nel contesto sociale di appartenenza, affidata al nuovo Dipartimento della giustizia minorile e di comunità.

I decreti di attuazione del Regolamento di organizzazione sono stati inoltre l’occasione, imposta dallo snellimento delle figure apicali, non soltanto per rivedere l’organigramma del Ministero, ma soprattutto per innovare le logiche di funzionamento degli uffici stessi e per la creazione di alcune fondamentali misure di coordinamento tra le direzioni generali così da assicurare una maggiore efficienza dell’azione amministrativa.

In questo contesto, grande rilievo assumono le misure sulla trasparenza e l’anticorruzione, al fine di rafforzare la possibilità di prevenzione delle condotte illecite ed anche per costituire lo stimolo, per le singole articolazioni, ad azioni mirate a contrastare ogni comportamento che renda opaco l’agire amministrativo.

Il Regolamento del Ministero costituisce poi il punto di partenza per poter approdare alla revisione delle piante organiche di tutto il personale, dirigenziale e non dirigenziale dell’amministrazione centrale, attuata attraverso la definizione del primo censimento di tutto il personale presente.

In questo quadro, con precipuo riferimento all’amministrazione penitenziaria, la definizione delle piante organiche del dipartimento e dei provveditorati costituisce un prioritario snodo del processo di rafforzamento dei sistemi di controllo affidati agli istituti penitenziari.

Alla nuova Direzione delle risorse e delle tecnologie, nella quale sono accentrate la gran parte delle competenze in merito alle procedure contrattuali del Ministero, è stato attribuito dal Regolamento il fondamentale compito di raccordo e di scambio informativo con gli uffici giudiziari e con le altre articolazioni al fine di individuare correttamente le politiche di spesa e di investimento.

Proprio al fine di assicurare il necessario coordinamento delle iniziative funzionali con un impiego il più razionale possibile delle risorse disponibili ai fini dell’organizzazione del sistema giustizia, anche per il tramite della programmazione europea e nazionale dei fondi comunitari, ed essendo chiamato il Ministero, quale Organismo Intermedio di Gestione, allo svolgimento di compiti di impulso, attuazione, controllo e rendicontazione dei progetti finanziati dall’UE, nell’anno 2016 ha iniziato ad essere operativa la nuova Direzione Generale per il coordinamento delle politiche di coesione, struttura temporanea di livello dirigenziale prevista dal Regolamento di organizzazione, operante nell’ambito delle funzioni di programmazione, indirizzo e controllo della Conferenza dei Capi Dipartimento, organo quest’ultimo anche di nuova istituzione (art.1, co.6, D.P.C.M. 84/15), pensato proprio con la funzione di programmare, indirizzare e controllare le attività delle singole articolazioni dipartimentali.

In tal modo, l’amministrazione può attingere in modo organico dalle risorse provenienti dai fondi europei utilizzandoli per il finanziamento di fondamentali progetti di modernizzazione del sistema giudiziario, come l'estensione del PCT agli uffici del giudici di pace, lo sviluppo del processo penale telematico, la creazione di una rete di sportelli di prossimità decentrati che permettano ai cittadini di avere un riferimento vicino al luogo dove vivono e di usufruire di servizi qualificati, il supporto all'ufficio del processo.
Nell’ambito del complessivo processo di riorganizzazione del Ministero, si sta inoltre lavorando al perfezionamento del sistema di misurazione e valutazione della performance individuale ed organizzativa, allo scopo di affinare i meccanismi di controllo interno e di valutazione del personale e dei dirigenti, tramite obiettivi specifici, chiari e “misurabili”, trattandosi, in tutta evidenza, di una condizione essenziale per una valutazione attendibile, in sede di controllo, della rispondenza dei risultati agli obiettivi organizzativi, offrendo la possibilità di riconoscere meriti e demeriti e di individuare eventuali responsabilità.

Tali azioni e misure, esplicitate nei relativi documenti di programmazione seguendo la logica d'interazione ed integrazione, permetteranno di dare piena attuazione ai principi generali applicabili a tutte le amministrazioni pubbliche e ai pubblici funzionari, quali i principi di imparzialità e di buon andamento.

1.2. Risorse e razionalizzazione della spesa. Le spese di funzionamento

Lo sforzo profuso a sostegno dell’organizzazione degli uffici giudiziari, per quanto rilevante, non sarebbe sufficiente a determinare effetti apprezzabili se non fosse accompagnato dalla destinazione a tale scopo di idonee risorse finanziarie.
Pur nell’ambito di un contesto che non consentiva, in generale, incrementi della spesa pubblica, e, al contrario, tendeva a restringerla il più possibile, il budget assegnato al Ministero della giustizia è stato oggetto di una crescita cospicua nell’ultimo triennio.
A tale proposito, nell’anno 2014 il bilancio ministeriale presentava uno stanziamento iniziale complessivo di circa 7.553 milioni di euro.

Nell’anno 2015 lo stanziamento iniziale era di circa 7.766 milioni di euro, con un incremento, rispetto all’anno precedente, di oltre 200 milioni di euro, cui, nel corso dell’anno, si sono aggiunte risorse provenienti dal Fondo Unico per la Giustizia per circa 99 milioni di euro.

Il bilancio di previsione per il 2016 prevedeva, invece, uno stanziamento iniziale di circa 7.743 milioni di euro.

Nel corso dell’anno si sono, poi, rese disponibili ulteriori risorse attraverso l’assegnazione del FUG (risorse al 31 dicembre 2014) per circa 60 milioni di euro.

Grazie alla stipula, lo scorso 21 dicembre, tra il Ministero della giustizia e l’Agenzia per la coesione territoriale della convenzione avente ad oggetto la delega al Ministero delle funzioni di Organismo Intermedio di Gestione nell’ambito del PON Governance e capacità istituzionale 2014-2020, l’amministrazione, ha, poi, avuto accesso a risorse aggiuntive per circa 120 milioni di euro.

Il bilancio di previsione del Ministero della giustizia per l’anno 2017 prevede uno stanziamento iniziale di circa 7.932,22 milioni di euro,

Complessivamente quindi, rispetto al bilancio iniziale dell’anno 2014, il Ministero della giustizia presenta un quadro di risorse aggiuntive, per il triennio 2015/2017, pari a circa 1.772 milioni di euro.

Va, inoltre, ricordato che con l’ultima legge di bilancio è stato istituito un apposito Fondo, con dotazione complessiva, per l’anno 2017, di 1.900 milioni di euro, al fine di assicurare il finanziamento di investimenti e lo sviluppo infrastrutturale in specifici settori, tra cui l’informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria.

La dotazione del fondo raggiungerà i 3.500 milioni di euro per l’anno 2019 e successivamente si assesterà sui 3.000 milioni annui fino all’anno 2032, venendo a rappresentare un importante serbatoio di risorse alle quali attingere per i progetti riguardanti l’informatica giudiziaria.

Si prevede, inoltre, nel corso del 2017, l’assegnazione al Ministero della giustizia delle quote del Fondo Unico per la Giustizia relative alle risorse disponibili al 31 dicembre 2015, previa emanazione del previsto D.P.C.M, per importi stimati in circa 40 milioni di euro.

Attraverso il Fondo per le assunzioni della Pubblica amministrazione istituito dalla legge di bilancio 2017, sarà possibile reperire le risorse finanziarie necessarie all’assunzione dei vincitori di concorso per magistrato ordinario (per 340 unità elevabili a 374) concluso nell’anno 2016, ammontanti a circa 21 milioni di euro per l’anno 2017, 25 milioni di euro per l’anno 2018 e oltre 38 milioni di euro a regime.

Significativa attenzione è stata dedicata nell’anno appena trascorso alla razionalizzazione della spesa, in primo luogo attraverso il contenimento delle risorse determinato dalla attuazione del regolamento di organizzazione del Ministero, senza nondimeno far mancare l’adeguato supporto finanziario alle riforme poste in essere.

In tale contesto di riassetto organizzativo finalizzato al contenimento delle spese di gestione in un’ottica di ottimizzazione delle risorse, è intervenuto, a far data dal 1 settembre 2015, il trasferimento al Ministero della giustizia delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari, da oltre settant’anni in gestione comunale.

Tale passaggio ha imposto un enorme impegno organizzativo, non solo in termini di revisione delle articolazioni e uffici centrali dedicati alla gestione di tale processo, ma anche per l’individuazione dei migliori strumenti per il supporto agli uffici giudiziari coinvolti, nonché al fine di assicurare la dovuta e adeguata formazione al personale amministrativo chiamato ad occuparsi della contrattualistica e delle ulteriori questioni inerenti alla gestione delegata delle spese di funzionamento.
L’esigenza di razionalizzazione della spesa – che ha fondato la ratio dell’innovazione normativa - ha imposto la necessità di porre le condizioni per una riorganizzazione complessiva del sistema, pur nella ristrettezza dei tempi di realizzazione del processo attuativo.

Per l’attuazione della normativa primaria e per garantirne, anche nella fase transitoria, l’effettività è stato, pertanto, necessario predisporre un articolato piano di iniziative di tipo normativo ed organizzativo.
All’esito dei lavori di un apposito tavolo tecnico istituito presso l’Ufficio di Gabinetto, è stato adottato il “Regolamento sulle misure organizzative a livello centrale e periferico per l’attuazione delle disposizioni dei commi 527, 528 e 529 dell’art. 1 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 agosto 2015.

In stretta coerenza con quanto previsto dal Regolamento di organizzazione del Ministero, sono state costituite articolazioni amministrative decentrate, denominate “Conferenze permanenti”, alle quali sono state riconosciute attribuzioni funzionali ad assicurare il compiuto svolgimento dell’attività necessaria al funzionamento degli uffici giudiziari.

Si è, in tal modo, declinata una articolazione territoriale che tiene conto dell’esigenza di gestione unitaria delle spese di funzionamento dei diversi uffici giudiziari che operano nel medesimo edificio o complesso unitario di edifici.
Nella ricerca del necessario equilibrio tra esigenze di esercizio coordinato delle prerogative ministeriali e della potestà di organizzazione degli enti locali e degli uffici si è, inoltre, introdotto uno strumento di cooperazione tra istituzioni attraverso la stipula di convenzioni.

La necessità di una compiuta rivisitazione della disciplina in materia di sicurezza degli uffici giudiziari, superando la frammentarietà della normativa vigente e la stratificazione di competenze che la stessa involge, ha comportato poi l’apertura di tavoli di riflessione mediante l’acquisizione di contributi provenienti dai dirigenti degli uffici, intesi alla individuazione di modelli, integrati e flessibili, in grado di tenere conto delle diverse esigenze e caratteristiche degli uffici giudiziari.
Alla Direzione generale delle risorse e delle tecnologie è stato affidato il compito di formulare principi guida e linee direttrici per uniformare le procedure sul territorio nazionale ed assicurare il necessario raccordo fra uffici collocati sul territorio e sede centrale.

Con specifico riferimento alle spese di funzionamento, la Direzione Generale, avvalendosi della delega di funzioni di cui all' art. 16, comma 4) del D.P.C.M. 84/2015 del 15 giugno 2015 - ha provveduto ad affidare ai Presidenti di Corte di Appello ed ai Procuratori Generali presso queste ultime - in qualità di funzionari delegati - la gestione dei contratti nei quali il Ministero della Giustizia è subentrato alla data del 1 settembre 2015 precedentemente stipulati dai Comuni per le sedi degli uffici giudiziari, nonché la sottoscrizione dei nuovi contratti necessari per assicurare i servizi agli uffici, tenuto conto, altresì, dei fabbisogni e delle valutazioni rappresentate dalle competenti Conferenze Permanenti.
Per garantire la necessaria continuità nell’erogazione dei servizi per il corretto funzionamento degli uffici giudiziari, è stato necessario, in linea generale, gestire il subentro previsto dalla menzionata normativa nei contratti stipulati dagli enti territoriali e, quindi, prorogare gli stessi, alle medesime condizioni contrattuali fino al 30 giugno 2016.

Nel lasso di tempo intercorso dal 1° settembre 2015 al 30 giugno 2016, superata lentamente la fase emergenziale dovuta al cambio organizzativo epocale indotto dalla riforma, è stata quindi valutata l’opportunità di emettere provvedimenti di determina a contrarre che prevedessero, per i contratti con scadenza al 30 giugno 2016, l’acquisizione dei servizi ad alto contenuto specialistico con le medesime modalità per l’intero distretto, e non più limitati al singolo ufficio circondariale.

In buona sostanza, per un verso si è perseguita la finalità di rendere omogenea la situazione dei singoli uffici giudiziari, almeno a livello distrettuale, in modo da assicurare una notevole semplificazione sia in fase di acquisizione -che è avvenuta attraverso un’unica procedura affidata al competente funzionario delegato - che in fase di gestione, così superando la diffusa parcellizzazione e le conseguenti diseconomie.

Per altro verso, è stata attuata una politica di sostanziale riduzione dei costi, attraverso l’adozione di precise le linee strategiche di razionalizzazione e di potenziamento dell’efficienza delle attività di acquisizione di beni e servizi essenziali al funzionamento degli uffici e l’attivazione di meccanismi concorrenziali che hanno inoltre contribuito al rispetto di criteri di trasparenza ed economicità.

Il primo elemento di sostanziale novità derivante dal nuovo modello di gestione delle spese di funzionamento è stato costituito dalla potenziale conoscenza da parte dell’amministrazione e, quindi, di ciascun funzionario delegato, di tutti i dati contrattuali relativi ai servizi erogati per l’intero distretto, anche al fine di superare una notevole diversità di costi degli stessi servizi, assolutamente ingiustificata, soprattutto se in considerazione dell’erogazione in luoghi territorialmente limitrofi.

Sulla base di tali premesse, la Direzione Generale delle risorse e delle tecnologie ha avviato, in via sperimentale ed in alcuni distretti, l’applicazione di un nuovo modello di acquisizione di alcune specifiche tipologie di servizi.

A tal fine, si è dapprima verificato che, alla luce dell’importo dei contratti in scadenza al 30 giugno 2016, per ciascuno dei servizi menzionati non risultasse superata la soglia della gara europea, che avrebbe comportato attività con tempi incompatibili con le esigenze di continuità del servizio da parte degli uffici giudiziari. All’esito, è stata adottata una determina a contrarre che prevedeva una procedura competitiva per l’acquisizione di ciascuno dei servizi menzionati per il secondo semestre 2016, in osservanza dell’art. 36 del Codice degli Appalti, d.lgs. n. 50/2016, mediante invito di tutti i fornitori operanti nel distretto di competenza.

I risultati così ottenuti sono stati molto positivi, dal momento che la media dei ribassi di gara è stata intorno al 40% rispetto alla base d’asta per gli stessi servizi contrattualizzati in precedenza dai Comuni, in maniera singola per ciascun ufficio giudiziario, con un evidente razionalizzazione del sistema, oltre che con una riduzione dei costi che la Direzione Generale delle risorse e tecnologie ha stimato, in linea del tutto prudenziale, nella misura di 1\3.

L’esito di tali attività dimostra che la strada intrapresa è quella da perseguire, essendo emerso, che, rispetto al dato medio di spesa per gli anni 2006-2014, risulta una riduzione tendenziale – che dovrà essere verificata all’esito dell’acquisizione del dato preciso in ordine agli importi che dovranno essere corrisposti agli enti territoriali per gli accordi applicativi della Convenzione Quadro ANCI\Ministero della Giustizia-, già nel solo anno 2015, che oscilla tra i 40 ed i 50 milioni di Euro, se si considera come dato di partenza l’importo di € 266.000.000,00, corrispondente circa al 90% dei Comuni sede di uffici giudiziari che hanno presentato il proprio rendiconto, ovvero tra i 75 e gli 85 milioni di Euro, se si parte dal dato stimato di spesa pari ad € 300.000.000,00, relativo al 100% degli uffici.

I dati fino ad ora evidenziati, pur suscettibili di aggiustamento, dimostrano comunque che, già in questa prima fase di transizione, in cui non è stato ancora possibile effettuare interventi strutturali definitivi, il margine di efficientamento della spesa rispetto alla precedente gestione c.d. “indiretta” presenta caratteri di assoluta positività tali da giustificare pienamente, se non da rendere assolutamente doverosa, la riforma attuata con la legge di stabilità 2015.

La nuova politica di gestione delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari costituisce un aspetto rilevante del percorso di modernizzazione delle strutture giudiziarie, poiché i risparmi realizzati già nel primo anno di applicazione del nuovo modello di gestione, allo stato stimati in almeno 50 milioni di euro potranno essere utilizzati nel corrente esercizio finanziario ed in quello successivo per sostenere i costi di interventi manutentivi ordinari e straordinari, soprattutto sull’impiantistica, in modo da assicurare la sicurezza dei luoghi di lavoro e l’efficientamento energetico, restituendo al territorio il risultato del loro maggior impegno per l’attività gestionale.

L’attività di razionalizzazione è stata svolta anche e soprattutto in modo da rendere i servizi medesimi maggiormente rispondenti alle esigenze degli uffici.

In tale ottica, l’attribuzione ai dirigenti degli uffici del “governo” dei rapporti contrattuali costituiti su delega dell’amministrazione, ha reso gli stessi padroni dell’iniziativa negoziale, in precedenza rimessa alla sola attività dell’ente territoriale, creando un’identità virtuosa tra il soggetto fruitore del servizio e quello incaricato di effettuare i pagamenti, con la facoltà, eventualmente, di procedere all’attivazione dei diritti (ivi comprese le contestazioni delle penali contrattuali) nei confronti dell’appaltatore.

Massimo sforzo è stato poi attivato nell’anno 2016 per implementare ed attuare un rigoroso programma di razionalizzazione della spesa per beni e servizi, introducendo idonee misure per il controllo ed il risparmio delle spese di funzionamento, non andando oltre il budget annuale attribuito a titolo di programmazione, compiendo scelte ponderate finalizzate a garantire i livelli minimi dei servizi istituzionali, tramite una mirata programmazione delle attività da compiere, supportata da verificabili previsioni di spesa, affinando i meccanismi di controllo dei risultati secondo criteri di effettività, privilegiando la fissazione di obiettivi concreti, specifici e misurabili.

In tale ambito, massimo impulso è stato dato alla realizzazione di piani rigorosi di risparmio dei consumi e di interventi di efficientamento energetico- come già raccomandato dal Ministro nella Direttiva del 15 ottobre 2015- tramite anche l’adozione da parte ciascun centro di amministrazione attiva di uno specifico programma di razionalizzazione dei consumi per energia elettrica, luce, gas, telefonia fissa e mobile, al fine di eliminare diseconomie e conseguire risparmi di spesa.
Sempre nell'ambito dell'attività finalizzata al contenimento ed alla razionalizzazione della spesa, nell’anno 2016 è stato ulteriormente rafforzato l'impegno ad una tempestiva utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili, allo scopo di ridurre il debito dell'amministrazione nei confronti dei privati ed i tempi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.

Con particolare riguardo agli indennizzi dovuti ai cittadini a causa dell’eccessiva durata dei procedimenti, lusinghieri risultati ha riportato il piano straordinario teso a realizzare il progressivo rientro del debito ex lege Pinto, fondato su un accordo di collaborazione con la Banca d’Italia, in virtù del quale il pagamento dei decreti di condanna sopravvenienti viene effettuato in sede centrale, così consentendo alle Corti d’Appello di dedicarsi in via esclusiva allo smaltimento del debito pregresso, allo scopo di velocizzare la procedura ed evitare azioni esecutive in danno dello Stato.

Il progetto ha fatto registrare importanti risultati sia in tema di importi liquidati a titolo di indennizzo (25 milioni a settembre 2016) sia di risparmio per mancate azioni esecutive in danno del Ministero (circa 3 milioni di euro).

Proprio grazie a questo accordo si è avuta, al luglio del 2016 – per la prima volta dopo anni – una diminuzione di quasi 100 milioni di euro delle somme complessivamente dovute dall’amministrazione (rispetto all’entità del debito registrato a gennaio 2015) a titolo di equa riparazione dei danni derivanti dalla violazione del termine ragionevole del processo.

Nello specifico, al 1° luglio 2016, il debito “Pinto” ammontava a complessivi euro 357.484.065,19 ed era pertanto diminuito di circa 99 milioni di euro rispetto al gennaio 2015 (€ 456.449.780,42), confermandosi quindi l’andamento di riduzione del debito, con un’inversione di tendenza rispetto all’aumento sempre crescente verificatosi nei precedenti anni.

Per quanto concerne il volume delle pratiche lavorate in collaborazione con la Banca d’Italia, dal 1 gennaio 2016 al 6 ottobre 2016 risultano trattate 9.633 posizioni (derivanti da 3.110 decreti), predisposti 6.290 mandati di pagamento, per un ammontare complessivo di € 18.185.047,31.

Per questa ragione, si è concordata con la Banca d’Italia l’estensione dell’accordo anche alle sedi periferiche.

In particolare, l’accordo prevede che la collaborazione – avente ad oggetto le medesime attività già svolte dalla Banca nelle liquidazioni che avvengono presso il Ministero – venga prestata, di regola, anche direttamente presso gli uffici giudiziari, con modalità che verranno definite di comune accordo tra i presidenti delle singole corti di appello e i direttori delle filiali coesistenti.

Tale collaborazione, che si sta attuando – in una prima fase – presso le Corti di appello di Napoli, Genova, Catanzaro, Roma e Lecce ed è in procinto di essere avviata anche presso le Corti di Potenza e Salerno, potrà essere estesa in una fase successiva ad altre corti di appello.
Le iniziative attuate dal Ministero per la riduzione del debito arretrato ed il concomitante impegno profuso dalle corti di appello, alle quali è stato possibile assegnare per i pagamenti somme notevolmente superiori a quelle attribuite negli anni precedenti, hanno iniziato a dare i loro frutti anche sui giudizi di ottemperanza, atteso che, dopo il preoccupante aumento dei ricorsi al giudice amministrativo registrato negli anni precedenti (n. 5.253 nel 2014 e n. 5.505 nel 2015, a fronte dei n. 2.700 nell’anno 2013), si è constatato un decremento (n. 3.202 nel 2016) che dovrebbe essere destinato ad accentuarsi con lo smaltimento dell’arretrato da parte delle corti.

In un’ottica di razionalizzazione della spesa, nell’anno appena trascorso è stata anche avviata la riflessione in merito alla ristrutturazione delle funzioni di determinazione dei costi delle intercettazioni di comunicazioni, associandosi ad una continua azione di monitoraggio dei costi una indispensabile revisione dell’attuale, incompleto e farraginoso sistema di tariffazione dei servizi, essenziale anche al raggiungimento dell’obiettivo della creazione di un sistema unitario delle intercettazioni.

L’obiettivo prefissato in tema di riduzione della spesa e razionalizzazione delle risorse è suscettibile di un ulteriore sensibile miglioramento attraverso la vasta opera di razionalizzazione relativa all’edilizia giudiziaria intrapresa nell’anno 2016.

All’esito della riforma relativa alle competenze in materia di spese di funzionamento, la Direzione Generale delle risorse e tecnologie e, quindi, l’amministrazione, ha acquisito la competenza sulla gestione di centinaia di immobili, molti dei quali di proprietà non demaniale, ma comunale o privata, che, proprio per la diversità tra la figura del soggetto utilizzatore e del proprietario, richiedono diverse modalità di gestione.

Nell’anno trascorso si è dapprima provveduto a realizzare un database contenente tutti i dati relativi agli immobili in uso agli uffici giudiziari, e, all’esito, sono state avviate alcune operazioni di razionalizzazione già possibili a brevissimo termine, come è accaduto con gli uffici giudiziari di Genova, ai quali è stato accorpato il soppresso Tribunale di Chiavari.

La dismissione delle onerose locazioni passive ha determinato un notevole risparmio non soltanto in termini di canoni versati – per il solo circondario del Tribunale di Genova, di circa € 80.000,00 per il 2017- ma anche di spesa gestionale, di vigilanza ed energetica.

Anche in questo settore, pertanto, esistono quindi notevoli margini di efficientamento della spesa corrente.

Per tale motivo, sono stati attivati diversi tavoli tecnici - che vedono la stabile collaborazione anche dell’Agenzia del Demanio e di una serie di altri soggetti istituzionali- per individuare soluzioni allocative per gli uffici giudiziari che consentano, oltre che di ottenere una adeguata sistemazione degli uffici, anche un risparmio di spesa per l’amministrazione.

A tale proposito, nell’anno 2016 sono state avviate proficue interlocuzioni istituzionali con riguardo a diversi uffici giudiziari (Santa Maria Capua Vetere, Perugia, Catania, Bari).

Molto importante è stato senza dubbio l’accordo ex art.15, l.241/90, firmato lo scorso 30 novembre alla presenza dei Ministri della giustizia e delle infrastrutture, dal Direttore Generale delle Risorse e delle tecnologie, dall’Agenzia del Demanio, dal Provveditorato alle OO.PP. Sicilia/Calabria e dal Comune di Catanzaro, con il quale, previa ristrutturazione a carico del Demanio, verrà consegnato a titolo di comodato gratuito al Ministero della giustizia un compendio, allo stato di proprietà comunale, denominato “ex Ospedale Militare, già Caserma dell‘Osservanza di Catanzaro”, al fine di destinarlo agli uffici giudiziari di Catanzaro.

La rilevanza di questo accordo si fonda sul fatto che non soltanto crea le premesse per avviare a soluzione la questione dell’allocazione degli uffici giudiziari di Catanzaro, per i quali ancora oggi sono sostenuti dal Ministero ingenti oneri di locazione passiva, ma si pone come modello di collaborazione tra istituzioni, riproducibile in altre realtà territoriali, che consente, per un verso, di recuperare e riqualificare immobili di proprietà pubblica in disuso, dall’altro, di destinarli, previa acquisizione a titolo gratuito, ad usi giudiziari, con conseguente risparmio di spesa per il Ministero.

Nella medesima ottica di ridurre i costi derivanti dalle locazioni passive, si pone la Direttiva del Ministro del 6 ottobre 2016, con la quale, nel contesto della necessaria dematerializzazione dei documenti da custodire presso gli archivi notarili, l’Ufficio centrale degli archivi notarili è stato incaricato di provvedere all’acquisizione di immobili da destinare allo svolgimento delle attività istituzionali dell’amministrazione giudiziaria, ivi compresa la custodia e l’esercizio dei sistemi di elaborazione informatica.
Particolare attenzione è stata riservata, anche nell’anno 2016 e proseguirà e verrà implementata nel 2017, all’adozione delle misure necessarie a garantire agli uffici giudiziari adeguati livelli di sicurezza, sia con riferimento allo sviluppo dei sistemi di videosorveglianza ed, in generale, dei presidi di sicurezza delle sedi, sia con riguardo alla tutela ed incolumità personale dei magistrati sottoposti a misure di protezione.

L’attività riguardante il settore della sicurezza si è svolta, nell’anno 2016, con la dovuta attenzione per i contratti di ordinaria manutenzione delle apparecchiature di sicurezza, così da consentire agli uffici giudiziari di mantenere un attendibile livello di sicurezza sull’intero territorio.

Tale attività, il cui onere finanziario è di circa € 1.000.000,00, si attua parallelamente agli interventi di ripristino, implementazione e ammodernamento degli impianti, per mantenere costante un livello tecnicamente qualitativo.
Il 2016 ha visto il completamento dei lavori per la cittadella giudiziaria di Salerno, per un costo di circa € 2.000.000,00, nonché dei lavori per l’implementazione delle misure di sicurezza della Suprema Corte di Cassazione, con un impegno di spesa di circa € 1.700.000,00.

Per la sede giudiziaria di Lanusei è stato redatto un progetto esecutivo per i necessari lavori di messa in sicurezza, il cui onere è valutato attorno ad euro 900.000,00, a cui si provvederà a dare attuazione procedendo con un mirato impegno di spesa.
Con altri interventi si è poi provveduto a ripristinare il livello di sicurezza di numerose sedi giudiziarie prive di impianti o dotate di apparecchiature obsolete o malfunzionanti, tra le altre, quelle di Terni, Barcellona Pozzo di Gotto, la nuova sede giudiziaria di Monza, gli uffici minorili di Milano e Catania, Reggio Calabria, Lecce.

Sono allo studio i progetti per rilevanti lavori di adeguamento in varie sedi quali Bari, Firenze, Mantova, Pavia, Vercelli e la realizzazione di opere per la messa in sicurezza della Cittadella Giudiziaria di Roma.

Importantissima nell’anno appena trascorso è stata l’attività legata all’elaborazione delle informazioni acquisite con il monitoraggio per la rilevazione dei dati concernenti le attuali dotazioni di sicurezza delle singole sedi sul territorio, nonché il servizio di vigilanza presso di esse svolto da istituti privati.

Il monitoraggio della Direzione Generale delle risorse e delle tecnologie si inquadra nel progetto finalizzato ad assicurare agli uffici giudiziari una dotazione di sicurezza improntata su parametri di uniformità ed economicità, tali da garantire a ciascun ufficio un adeguato standard di sicurezza e, nel contempo, la ridistribuzione delle risorse finanziarie.

In tale ambito, si è provveduto a richiedere alle competenti Procure Generali l’elenco delle dotazioni tecnologiche in materia di sicurezza attiva e passiva di tutti gli uffici giudiziari dislocati sul territorio.
I dati raccolti sono stati inseriti in un database completo di tutte le notizie relative agli apparati di sicurezza concernenti: quantità, dislocazione, tipologia dei varchi, numeri degli ingressi presenti negli edifici, tipologia contrattuale, presenza di sorveglianza armata privata ed eventuale impiego delle orze dell’ordine presso le sedi giudiziarie.

Il database, completato il lavoro di inserimento dati, sarà in grado di offrire un quadro completo sullo stato della gestione della sicurezza in ambito giudiziario a livello nazionale, da utilizzare anche per i necessari adeguamenti tecnologici e strumentali.

1.3. Il Ministero della giustizia e le risorse europee: il PON Governance e Capacità istituzionale 2014-2020

Lo scorso 22 dicembre è stata stipulata con l’Agenzia per la coesione territoriale la convenzione avente ad oggetto la delega al Ministero della giustizia delle funzioni di Organismo Intermedio nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Governance e Capacità Istituzionale” 2014-2020.

Diviene, quindi, definitivamente operativo l’accreditamento del Ministero come Organismo intermedio (OIG) di gestione del PON Governance.

Giunge, così, a compimento, il percorso che, nell’ambito della Programmazione dei fondi strutturali 2014-2020, e, in particolare, con la Decisione C(2015) 1343 della Commissione europea, ha visto l’accreditamento del Ministero come O.I.G. nell’ambito del Programma Operativo Nazionale, parallelamente al Dipartimento per la Funzione Pubblica, con riferimento agli assi I e II del Programma stesso.

La dotazione finanziaria del Programma, pari a complessivi 827 milioni di euro, di cui oltre 119 a disposizione dei progetti del Ministero della giustizia, comprende risorse comunitarie – provenienti dal Fondo sociale europeo e dal Fondo europeo di sviluppo regionale - oltre a risorse pubbliche nazionali.

Con l’accesso alle funzioni di O.I.G. del PON, il Ministero della giustizia si accinge a dare maggior respiro alla propria azione, assumendo la responsabilità di una regia unitaria di interventi altrimenti esposti al rischio di frammentazione e dispersione.

L’esperienza del passato, infatti, ha consentito di maturare la consapevolezza della necessità di un maggior coordinamento dei progetti finanziati dall’Unione Europea per l’efficiente e moderna organizzazione dei servizi della giustizia.

In tale contesto si rende, altresì, necessario, il coordinamento delle azioni del PON con la programmazione regionale (POR) in tema di governance, sicché la programmazione regionale diviene complementare a quella nazionale dei fondi strutturali.

Il Ministero ha pertanto avviato con le Regioni un’interlocuzione finalizzata a chiarire la necessità che le risorse locali si concentrino sugli interventi programmati in ambito PON Governance, in maniera da risultare ad esso complementari, promuovendo, tramite la comunicazione diretta con gli uffici giudiziari, un rapporto di collaborazione con le Regioni sinergico rispetto alle azioni del PON.

Proprio in vista di tale finalità, nel contesto generale della riorganizzazione del Ministero della giustizia, il D.P.C.M. 15 giugno 2015 n. 84, all’art.2, ha previsto, come già in precedenza accennato, l’istituzione della Direzione Generale per il coordinamento delle politiche di coesione, che svolge “funzioni di coordinamento della programmazione delle attività della politica regionale, nazionale e comunitaria e di coesione, inerenti al perseguimento degli obiettivi di organizzazione del sistema giustizia del Ministero”.

La Direzione Generale, ai sensi del Decreto Ministeriale 5 ottobre 2015, svolge le proprie funzioni attenendosi, “agli indirizzi dettati dalla Conferenza dei capi dipartimento” e “opera in coordinamento con il Gabinetto del Ministro”.

Nel corso del 2016 la Direzione Generale ha acquisito piena operatività, così da assicurare il corretto esercizio delle funzioni di coordinamento ad essa affidate, al fine di garantire il razionale utilizzo delle risorse a disposizione, l’assenza di duplicazioni e sovrapposizioni, evitando che forze centripete possano frustrare la realizzazione degli obiettivi stabiliti.

1.4. L’organizzazione degli uffici giudiziari

La complessità e l’estensione delle riforme in atto nel campo della giustizia hanno evidenziato la necessità che anche gli uffici giudiziari siano posti nelle migliori condizioni per rispondere adeguatamente ad una domanda collettiva di maggiore efficienza, risposta che si deve esplicitare nell’utilizzare al meglio le risorse umane e tecnologiche disponibili, nell’attuazione puntuale dei processi di efficientamento dei servizi e nella ricerca di ogni opportuna forma di coordinamento e sinergia.

Per questa ragione, nell’anno 2016, continuando ad operare nella consapevolezza che nessuna riforma normativa possa attuarsi senza adeguate risorse umane, finanziarie e tecnologiche, uno degli obiettivi prioritari è stato quello di avviare un percorso di ripensamento dell'intero ordinamento professionale, per adeguarlo alle mutate esigenze dell'amministrazione ed alle innovazioni tecnologiche ed organizzative, assicurando, da un lato, l'apporto di nuove professionalità e, dall'altro, realizzando interventi in grado di promuovere una migliore organizzazione del lavoro ed assicurando il progressivo miglioramento della qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese.

1.4.1. La revisione delle piante organiche del personale di magistratura

Nell’ambito del percorso di riflessione avviato, finalizzato al miglioramento del sistema giustizia nel suo complesso, si inserisce il progetto di una ridefinizione complessiva degli organici degli uffici giudiziari, fondata sul presupposto che soltanto un adeguato dimensionamento degli organici delle sedi giudiziarie possa porsi come indispensabile supporto alla realizzazione di una struttura ordinamentale idonea a fornire adeguata risposta alla domanda di giustizia.

La realizzazione di un modello organizzativo efficiente non può prescindere infatti dalla individuazione, nell'ambito della dotazione complessiva dell'ufficio, di una corretta proporzione nella composizione dell'organico medesimo.

In particolare, la revisione delle piante organiche di magistratura risponde all'esigenza di contribuire a restituire efficienza al sistema giudiziario, consentendo l'apertura - all'esito della riforma della geografia giudiziaria, i cui effetti si sono cristallizzati il 13 settembre 2014, allo spirare del termine di due anni per l'adozione dei c.d. decreti integrativi di cui all'art. l, comma 5, della legge 14 settembre 2011, n. 148 - di una fase di modellamento dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari, necessaria per superare alcune disfunzioni riconnesse ai limiti della legge di delega originaria.

Il progetto di revisione delle piante organiche del personale di magistratura interviene, inoltre, all'esito dell'adozione delle misure volte ad arginare la costante riduzione degli organici del personale amministrativo conseguente ad una lunga stagione gestionale segnata da rigide politiche di contenimento della spesa pubblica, tenendo conto altresì che la relazione in fatto esistente fra la crescita costante, intervenuta negli ultimi anni, delle dotazioni organiche del personale di magistratura ed il progressivo decremento di quelle del personale amministrativo ha negativamente inciso sulla funzionalità degli uffici giudiziari.

Proprio in tale ottica si collocano, da un lato, le misure adottate per valorizzare ed incentivare il personale in servizio (l'attivazione delle procedure per la riqualificazione del personale amministrativo), dall'altro gli interventi tesi ad assicurare l'apporto di nuove professionalità tramite procedure di mobilità infra ed extra-comparto.

Nell'alveo delle politiche di recupero dell'efficienza del sistema giudiziario, il progetto di revisione delle piante organiche del personale di magistratura, essendo funzionale ad un complessivo ripensamento dei modelli organizzativi e di funzionamento degli uffici, cosi come tutte le altre misure adottate, è destinato ad essere soggetto ad una fisiologica azione di monitoraggio e verifica operativa, così da consentire l'adozione, ove necessario, di opportuni interventi integrativi e correttivi.

Ferma la basilare concezione della tendenziale stabilità della distribuzione degli organici, anche in ragione delle esigenze di programmazione di ciascun ufficio, è parso infatti coerente ad una concezione dinamica dell'organizzazione giudiziaria la previsione di possibili interventi successivi di messa a punto, che possano consentire di rimediare ad eventuali squilibri manifestati dall'esperienza applicativa delle iniziative di riforma.

L’intento è stato quello di dare una risposta urgente in una cornice organica che tenga conto dei processi riformatori in atto e dei rischi di significative incidenze sui flussi che da tali processi potrebbero derivare (c.d. "slittamento" dei flussi), partendo dalla condizione della giurisdizione ordinaria di primo grado.

All’esito di una approfondita analisi condotta dal Tavolo di coordinamento ministeriale allo scopo istituito presso l’Ufficio di Gabinetto, in data 19 luglio 2016 è stato trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura, affinché rendesse il prescritto parere, lo schema di decreto ministeriale contenente il progetto di ridefinizione delle piante organiche degli uffici giudiziari giudicanti e requirenti di primo grado.

Nella seduta plenaria del 23 novembre 2016 il Consiglio ha espresso parere favorevole, chiedendo l’adozione di alcune integrazioni, sulla scorta dei contributi di valutazione offerti dai Consigli giudiziari.

Con decreto del 1 dicembre 2016, valutate positivamente le integrazioni richieste nei limiti e con i contenuti descritti nella relazione tecnica integrativa allegata, è stato alfine adottato il progetto di revisione delle piante organiche di primo grado.

Elemento di rilevante peculiarità del progetto è stato senza dubbio il clima di dialogo che ha sostenuto e guidato il confronto tecnico fra Ministero e Consiglio Superiore della Magistratura sviluppatosi nell’ambito del Comitato Paritetico e la sostanziale condivisione con l’organo di autogoverno del percorso metodologico utilizzato per l’elaborazione della proposta, condivisione che si è alimentata del riconoscimento – ribadito in sede di parere dal Consiglio- dell’attendibilità dei dati statistici e della adeguatezza degli indicatori correttivi utilizzati.

Analoga condivisione di intenti si è avuta con il Consiglio Superiore della Magistratura con riguardo alla prospettiva di sottoporre il progetto a monitoraggio periodico – presumibilmente triennale- per verificare l’efficacia dell’intervento e per prevedere la possibilità di eventuali modifiche, in considerazione delle effettive potenzialità operative che gli uffici potranno conseguire anche a seguito dell’assegnazione delle unità amministrative necessarie a supportare il personale di magistratura e l’effettività dei processi di cambiamento.

Nel merito, la proposta ministeriale ha ritenuto di procedere sulla base di una nuova metodologia di lavoro, che ha previsto l’integrale ripartizione delle risorse disponibili a seguito degli aumenti della dotazione organica disposti da ultimo dalla legge 13 novembre 2008, n.181.

Tale impostazione ha consentito di ripartire immediatamente i 146 posti già disponibili non ripartiti a seguito della modifica delle circoscrizioni giudiziarie, con la possibilità di utilizzare 118 posti per la rideterminazione degli organici degli uffici di tribunale e 28 posti per gli organici degli uffici requirenti.

Sono state in tal modo salvaguardate le potenzialità operative di sedi giudiziarie altrimenti destinatarie di consistenti riduzioni in pianta organica e modulati gli effetti delle variazioni di organico in relazione ai modelli organizzativi adottati o anche solo programmati dagli uffici giudiziari.

A ciò deve aggiungersi che con l’art. 6 del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, recante “Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari nonché per la giustizia amministrativa” convertito, con modificazioni, con legge 25 ottobre 2016, n. 197, si è provveduto a disporre una modifica del ruolo organico della magistratura, con la previsione di una contestuale e corrispondente modifica dei contingenti numerici destinati alle funzioni di cui alle lettere I) e L) della tabella B, allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71 (passati, rispettivamente, da 366 a 314 unità nonché da 9.039 a 9.091 unità).

Tale variazione ha consentito pertanto di poter disporre, nell’ambito della dotazione nazionale, di ulteriori unità, utilizzabili sia per le richieste integrative del CSM, sia nella prospettiva — peraltro pienamente condivisa dallo stesso Consiglio — di una progressiva e dinamica rimodulazione delle piante organiche anche degli uffici di secondo grado e della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, cui risulta utile riservare parte delle risorse disponibili e per i quali uffici è in corso esame e valutazione la revisione della relativa pianta organica.

Nella medesima ottica di razionalizzazione delle risorse a disposizione, finalizzata a realizzare una struttura ordinamentale complessivamente idonea a fornire adeguata risposta alla domanda di giustizia, con D.M. del 16 gennaio 2017 il Ministro, condividendo la necessità, espressa dal Consiglio Superiore della Magistratura nel citato parere del 23 novembre 2016, di reperire ulteriori risorse mediante la riduzione dell'organico dei magistrati distrettuali, alla luce della elevata e costante percentuale di mancata copertura di gran parte di esso, come rilevata negli anni, ha proceduto ad una nuova determinazione delle piante organiche dei magistrati distrettuali con funzioni giudicanti e requirenti mantenendo presso ciascuna corte di appello e procura generale della Repubblica la consistenza numerica .minima, prevista dall'articolo 4, commi 1 e 4, della legge 13 febbraio 2001, n. 48, così recuperando risorse per un totale di 49 unità, che potranno essere utilizzate all'esito dell'analisi, già avviata, in ordine ai fabbisogni degli uffici giudicanti e requirenti di secondo grado.

La scelta di iniziare in via prioritaria con gli uffici di primo grado ha tenuto conto, da un lato, della modesta diretta incidenza della riforma della geografia giudiziaria sui carichi delle Corti e, dall’altro, delle misure straordinarie già assunte con il decreto legge 21 giugno 2013, n.69 ed i relativi provvedimenti attuativi (istituzione della figura ad esaurimento del giudice ausiliario), che consentiranno, una volta a regime, di aggredire l’arretrato in materia civile e ottimizzare l’impiego delle risorse ivi destinate.
Per quanto attiene agli uffici minorili, invece, anche alla luce dell’esigua consistenza numerica dei relativi organici, il differimento dell’analisi è apparso utile anche in vista del necessario coordinamento con le riforme legislative attualmente oggetto di esame parlamentare.

Pur registrandosi una positiva evoluzione nella situazione emergenziale del sovraffollamento carcerario, si è, al contrario, ritenuto opportuno procedere, separatamente ed in via prioritaria anche rispetto agli uffici di primo grado, all’esame dei fabbisogni dei tribunali e degli uffici di sorveglianza, completando l’opera di ridefinizione delle relative dotazioni precedentemente avviata.

Alle determinazioni assunte con i decreti ministeriali 17 aprile 2014 e 18 settembre 2015, che avevano comportato un incremento di 20 unità delle predette dotazioni, ha fatto seguito, quindi, il D.M. 11 luglio 2016, registrato alla Corte dei Conti il 5 agosto 2016, che ha disposto l’assegnazione di altre 11 unità di magistrato.

Nell’arco dell’ultimo triennio si è, pertanto, disposto un incremento delle dotazioni del personale di magistratura assegnato agli uffici di sorveglianza pari a complessive 31 unità, elevando il contingente complessivamente assegnate a tali presidi dalle precedenti 202 alle attuali 233 unità.

Per la predisposizione del progetto complessivo diretto a realizzare una distribuzione più razionale delle risorse disponibili, estesa a tutti gli uffici giudiziari, sono state considerate le motivate prospettazioni e richieste pervenute dai singoli uffici, le indicazioni formulate dai presidenti delle corti e dai procuratori generali presso i medesimi uffici in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, i dati e dei rilievi raccolti nel corso delle ispezioni ministeriali, oltre che gli esiti del sindacato ispettivo parlamentare concernenti specificamente il tema delle piante organiche.

Al medesimo fine, hanno concorso gli esiti dell’analisi delle condizioni di deficit strutturale ed organizzativo del sistema, sviluppata attraverso l'organizzazione presso il Ministero di numerosi incontri tematici sulla funzionalità di alcune sedi giudiziarie in particolare sofferenza.

Il metodo di lavoro adottato, che ha registrato una generale adesione del Consiglio sui suoi tratti fondamentali, si fonda, programmaticamente su alcune, prioritarie istanze ricognitive:

  1. aumentare ed affinare la base cognitiva, acquisendo dati statistici ulteriori rispetto a quelli già in possesso e relativi agli anni successivi al consolidamento della "nuova" geografia giudiziaria, calibrandone adeguatamente l’incidenza;
  2. utilizzare una metodologia di lavoro, tale da consentire il superamento del rischio di sopravvalutazione del mero dato statistico;
  3. analizzare i dati alla luce del complesso degli elementi rilevanti alla definizione dei contorni della domanda di giustizia e dei relativi fabbisogni;
  4. affrontare il nodo problematico del valore da assegnare - soprattutto con riferimento al settore civile - alle "pendenze", ritenendosi tale concetto quale parametro correttivo di una valutazione della domanda di giustizia ancorata al fondamentale dato delle sopravvenienze e, quindi, la scelta del flusso degli affari quale criterio di fondamentale orientamento.

L'acquisizione e la valutazione integrata dei dati statistici relativi al periodo 2014-2015 e di quelli rilevati nel triennio precedente la riforma della geografia giudiziaria hanno certamente consentito di disporre di fondamenti cognitivi importanti, in quanto riferiti ad un arco temporale sufficientemente ampio per poter sviluppare un'analisi statistica completa ed articolata dei fattori rilevanti, fondata sull'individuazione dei flussi della domanda di giustizia e sugli altri molteplici parametri considerati.

Il confronto maturato nell'ambito del Comitato paritetico ha agevolato l’analisi di alcune delle priorità da salvaguardare nella individuazione dei fabbisogni degli uffici.

In particolare, una più approfondita elaborazione statistica ha evidenziato che i molteplici dati considerati per la individuazione della "domanda di giustizia" abbisognano di continue integrazioni e di costante arricchimento degli indici di determinazione dell'effettivo carico di lavoro degli uffici.

L'analisi è stata elaborata mediante l'impiego di numerosi parametri, di cui alcuni sono stati utilizzati come fattore quantitativo diretto, mentre altri (come ad es. la popolazione, le “pendenze”) hanno assunto carattere di strumento di verifica e controllo dei risultati conseguiti e, se del caso, di fattore correttivo dei medesimi, al fine di poter cogliere la complessità dell'attività afferente a ciascuna sede giudiziaria.

L'individuazione e la considerazione riservata ai diversi indicatori sono state coniugate con le esigenze derivanti da fondamentali scelte di politica giudiziaria, con particolare riferimento alla necessità di dare adeguata risposta alla domanda di giustizia delle aree territoriali cui corrispondono i tessuti produttivi più forti del Paese e dei quali è essenziale il sostegno dei processi di crescita economica (è, innanzitutto, il caso dei distretti del Nord-est di Bologna, Brescia e Venezia), nonché di corrispondere alle peculiari esigenze di presidio del ruolo della giurisdizione sia nei territori caratterizzati dalla presenza di endemici e pervasivi fenomeni di criminalità organizzata sia laddove comunque si avvertano precipue esigenze di salvaguardia e promozione della coesione sociale.

Pur nella organicità di una visione complessiva, si è cercato di salvaguardare le peculiarità organizzative dei singoli uffici, anche con riferimento alle realtà territoriali segnate dalla presenza di tribunali di "piccolissime" dimensioni (fino a 10 unità), che possono non essere in grado di tollerare una riduzione di organico (pur giustificata da tutti gli indicatori utilizzati) se non a prezzo di significativi pregiudizi per la loro funzionalità operativa.

Considerazioni analoghe sono state sviluppate per gli uffici distrettuali "metropolitani" e di "grandi" dimensioni, in relazione ai quali l’elaborazione analitica condotta sulla scorta dei valori medi nazionali avrebbe determinato un ben più cospicuo ridimensionamento dell'organico, che è stato ritenuto però non giustificato dalla concreta realtà operativa e da una serie di fattori non immediatamente 'pesabili" attraverso il solo dato numerico dei procedimenti iscritti.

La scelta è stata quella, in coerenza con la linea seguita generalmente per gli uffici distrettuali per cui gli indicatori tutti non giustificavano un aumento dell’organico, di contenere al minimo la necessità di riduzione della consistenza delle piante organiche.
All’attuazione del processo di revisione permanente delle piante organiche contribuirà grandemente la costruzione anche nel settore penale - al pari di quanto avvenuto nel settore civile con il data warehouse- di un moderno sistema di rilevazione statistica, del quale è in corso lo studio di fattibilità, essendo stato completato il dispiegamento di un modello unico di registro penale (dalla fine dello scorso anno in tutti gli uffici, requirenti e giudicanti, di primo grado e, a far tempo dallo scorso aprile, in tutti gli uffici giudicanti di secondo grado).

Nelle due elaborazioni grafiche che seguono viene rappresentato il progetto di revisione per gli uffici di primo grado giudicanti e requirenti.

TABELLE riepilogative per distretto

Funzione giudicante
DISTRETTO Pres. attuale Pres. di sez. attuale Pres. sez. G.I.P. attuale Pres. agg. sez. G.I.P. attuale Giudice attuale Totale attuale Pres. nuova Pres. di sez. nuova Pres. sez. G.I.P. nuova Pres. agg. sez. G.I.P. nuova Giudice nuova Totale nuova Var. nuova-attuale
ANCONA 6 6 0 0 87 99 6 6 0 0 89 101 2
BARI 3 18 1 1 167 190 3 18 1 1 174 197 7
BOLOGNA 9 18 1 1 224 253 9 18 1 1 246 275 22
BRESCIA 4 12 0 0 134 150 4 13 0 0 151 168 18
CAGLIARI 6 11 0 0 119 136 6 11 0 0 120 137 1
CALTANISSETTA 3 7 0 0 56 66 3 7 0 0 55 65 -1
CAMPOBASSO 3 1 0 0 24 28 3 1 0 0 24 28 0
CATANIA 4 20 1 1 159 185 4 20 1 1 160 186 1
CATANZARO 7 16 0 0 154 177 7 16 0 0 169 192 15
FIRENZE 9 20 1 1 221 252 9 20 1 1 230 261 9
GENOVA 5 14 1 1 149 170 5 14 1 1 152 173 3
L'AQUILA 4 7 0 0 93 104 4 7 0 0 93 104 0
LECCE 3 15 0 0 140 158 3 14 0 0 142 159 1
MESSINA 3 8 0 0 72 83 3 8 0 0 69 80 -3
MILANO 9 48 1 1 448 507 9 48 1 1 450 509 2
NAPOLI 7 64 1 1 585 658 7 64 1 1 580 653 -5
PALERMO 6 25 1 1 207 240 6 25 1 1 208 241 1
PERUGIA 3 3 0 0 58 64 3 4 0 0 60 67 3
POTENZA 3 4 0 0 61 68 3 4 0 0 61 68 0
REGGIO CALABRIA 3 12 0 0 93 108 3 12 0 0 104 119 11
ROMA 9 48 I I 509 568 9 51 1 1 504 566 -2
SALERNO 3 10 0 0 99 112 3 10 0 0 103 116 4
TORINO 10 28 1 1 295 335 10 28 1 1 291 331 -4
TRENTO 3 4 0 0 62 69 3 4 0 0 62 69 0
TRIESTE 4 6 1 1 79 91 4 6 1 1 83 95 4
VENEZIA 7 20 1 1 213 242 7 22 1 1 240 271 29
ITALIA 136 445 12 12 4.508 5.113 136 451 12 12 4.620 5.231 118

 

Funzione requirente
DISTRETTO Proc. Rep. attuale Proc. agg. attuale Sost. Proc. attuale Totale attuale Proc. Rep. nuova Proc. agg. nuova Sost. Proc. nuova Totale nuova Var. nuova-attuale
ANCONA 6 0 36 42 6 1 33 40 -2
BARI 3 6 62 71 3 7 63 73 2
BOLOGNA 9 3 87 99 9 4 92 105 6
BRESCIA 4 3 49 56 4 3 56 63 7
CAGLIARI 6 1 46 53 6 2 46 54 1
CALTANISSEITA 3 2 29 34 3 2 28 33 -1
CAMPOBASSO 3 0 11 14 3 0 11 14 0
CATANIA 4 6 66 76 4 6 66 76 0
CATANZARO 7 3 62 72 7 4 67 78 6
FIRENZE 9 3 89 101 9 3 91 103 2
GENOVA 5 4 57 66 5 4 58 67 1
L'AQUILA 4 2 43 49 4 2 43 49 0
LECCE 3 4 47 54 3 4 47 54 0
MESSINA 3 3 31 37 3 3 28 34 -3
MILANO 9 11 147 167 9 11 148 168 1
NAPOLI 7 17 198 222 7 17 200 224 2
PALERMO 6 9 109 124 6 9 105 120 -4
PERUGIA 3 1 22 26 3 1 23 27 1
POTENZA 3 1 24 28 3 1 22 26 -2
REGGIO CALABRIA 3 4 44 51 3 4 45 52 1
ROMA 9 10 153 172 9 10 155 174 2
SALERNO 3 3 39 45 3 3 41 47 2
TORINO 10 9 118 137 10 9 115 134 -3
TRENTO 3 1 22 26 3 1 22 26 0
TRIESTE 4 1 36 41 4 1 36 41 0
VENEZIA 7 5 80 92 7 6 88 101 9
ITALIA 136 112 1.707 1.955 136 118 1.729 1.983 28

 

Analoga rilevanza ordinamentale, nell’ambito delle misure dirette al miglioramento dell’efficienza del sistema-giustizia, hanno assunto gli ulteriori adempimenti connessi alla riforma della geografia giudiziaria, tra cui va segnalata l’attuazione dell’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11), riguardante il ripristino degli uffici del Giudice di pace soppressi.

All’esito dell’esame delle istanze pervenute al Ministero ai sensi della norma citata – e valutate le risultanze del monitoraggio condotto dalla Direzione generale del Personale sullo svolgimento dell’attività formativa del personale designato dagli enti locali – con il D.M. 27 maggio 2016 (e successive variazioni) sono stati ripristinati n. 50 Uffici del Giudice di pace, fissando per il 2 gennaio 2017 la data di inizio del relativo funzionamento.

Il conseguente monitoraggio – condotto sullo stato di approntamento delle dotazioni necessarie per consentire l’avvio dell’attività dei presidi ripristinati – ha reso però necessario disporre, mediante i decreti ministeriali 20 e 29 dicembre 2016, il rinvio al 1° aprile 2017 della data di inizio del funzionamento per 26 dei 50 Uffici ripristinati.

Con D.M. 28 settembre 2016, su conforme parere del Consiglio Superiore della magistratura, sono state, quindi, determinate le piante organiche del personale della magistratura onoraria addetto agli uffici del giudice di pace ripristinati.

L’attività in parola è stata svolta contestualmente al monitoraggio delle sedi del Giudice di pace per le quali (con DD.MM. 7 marzo e 10 novembre 2014, e successive variazioni) era già stato concesso il mantenimento con oneri a carico degli enti locali; monitoraggio, che ha portato (dall’inizio dell’anno 2016) alla necessaria emanazione di n. 15 decreti ministeriali di chiusura di tali presidi giudiziari, cui peraltro è corrisposta – in ottemperanza alle pronunce del giudice amministrativo – l’emissione di n. 2 decreti di riapertura di altri uffici.

1.4.2. L’Ufficio per il processo

Nel 2016 si è proseguito nell’azione di ricerca di risorse e modalità organizzative per le esigenze attuali degli organici della magistratura.

Sul piano delle misure dirette ad ottimizzare l’organizzazione e il funzionamento degli uffici giudiziari si collocano tutte le misure ed attività dirette a dare compiuta attuazione all’Ufficio per il processo, introdotto con il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, che consente al giudice di avvalersi di un vero e proprio staff per la gestione delle controversie, con la partecipazione diretta di coloro che svolgono tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari, della magistratura onoraria e del personale di cancelleria e che appare essenziale per realizzare una maggiore efficacia e qualità del complessivo servizio giustizia, attraverso un più razionale impiego delle risorse disponibili e di quelle reperite con specifici meccanismi di incentivazione.

La diffusione dell’Ufficio per il processo costituisce l’oggetto di uno dei progetti del c.d. PON Governance, nell’ambito della programmazione dei fondi strutturali europei 2014-2020, ma ulteriori risorse aggiuntive sono state stanziate.

L’art. 21ter del d.l. n.83/15, ha infatti previsto la corresponsione di una borsa di studio dell’ammontare di € 400 mensili in favore dei tirocinanti di cui all’art. 73 del d.l. n.69/2013, proprio per supportare ed incentivare la loro partecipazione.

Per l’attuazione di questa disposizione è stato adottato il D.M. 10 luglio 2015, che ne ha definito le modalità applicative, mentre con D.M. del 15 ottobre 2015, si è provveduto ad ampliare la platea dei destinatari delle borse di studio.

Proprio lo scorso 20 dicembre il Ministro della giustizia ha trasmesso al Ministro dell’Economia il decreto interministeriale con il quale annualmente viene determinato l’ammontare delle risorse destinate al pagamento delle borse di studio- per un importo di euro 400 mensili- da attribuire a coloro che svolgono tirocini formativi presso gli uffici giudiziari, come previsto dall’art. 73, comma 8-ter, del decreto-legge 69/2013 convertito con modifiche nella Legge 98/2013.

La quota a disposizione per l'anno 2016 - reperita nell’ambito delle risorse non utilizzate del cd. fondo per il recupero dell'efficienza giudiziaria, di cui all'articolo 1, comma 96, della legge 190 del 2014- è stata determinata in una somma pari nel massimo a 8 milioni di euro e risulta idonea a corrispondere 1.666 borse annuali.

Deve evidenziarsi come le risorse destinate a vario titolo, nel solo anno 2016, a tale misura organizzativa siano quantificabili in oltre 17 milioni di euro così determinate:

  • 8.000.000,00 per borse di studio tirocinanti laureati
  • 7.813.000,00 per borse per stage di perfezionamento in cancelleria
  • 800.000,00 per ulteriore sviluppo della Consolle dell’assistente e per implementare la banca dati della giurisprudenza di merito
  • 1.000.000,00 circa per l’acquisto di PC, per la gestione amministrativa dei tirocinanti e per il consolidamento dei sistemi informatici.

1.4.3. Nuovi percorsi organizzativi per il miglioramento del servizio giustizia: la collaborazione con la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, il nuovo ruolo dell’Ispettorato Generale, il principio di sinteticità degli atti processuali

Nell’anno 2016 sono stati intrapresi anche percorsi innovativi per un maggiore efficientamento del sistema giustizia.

Al riguardo, il 27 gennaio 2016 è stata sottoscritta con il Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane una convenzione quadro – della quale proprio negli ultimi giorni sono stati definiti i progetti operativi con l’avvio di tavoli tematici composti da rappresentanti nominati dal Ministero e dalle Università- che punta ad avviare una sinergia fra il mondo della Giustizia e quello universitario per la realizzazione di attività di collaborazione che possano favorire l’innovazione organizzativa, la digitalizzazione e una più razionale gestione delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari, nonché a dare impulso e supporto a progetti finalizzati a migliorare le condizioni di trattamento e reinserimento sociale dei detenuti.

Si tratta di un passo importante per mettere a disposizione di tutta l’amministrazione della Giustizia il prezioso contributo di conoscenza ed esperienza in termini di strumenti e metodi di formazione che è proprio del mondo universitario italiano, che potrà contribuire a fare quel salto di qualità in termini di qualità dei servizi, della loro misurazione e valutazione e sui processi organizzativi innovativi, anche in termini di risparmio di spesa, che la collettività richiede.

Il Comitato di indirizzo previsto dalla convenzione in parola assicurerà la coerente definizione di specifici modelli di cooperazione istituzionale (a partire dai settori delle politiche di informatizzazione e di innovazione organizzativa, proiettate anche sui versanti delle funzioni di rilevazione ed analisi statistica e della razionalizzazione delle spese di giustizia) offerti alla riproduzione ed alla coerente espansione applicativa in ambito locale, secondo criteri di valorizzazione combinata tanto delle funzioni di coordinamento e garanzia dell’unitarietà del sistema proprie dell’amministrazione centrale quanto della capacità di iniziativa proprie delle realtà locali.

Si tratta, del resto, di un modello attuativo di una più generale funzione di garanzia e di coordinamento del multiforme sistema di azioni di cooperazione istituzionale da anni sviluppatosi in ambito locale che l’ordinamento assegna al Ministero e della quale è espressione coerente la potestà di autorizzazione delle convenzioni fra uffici giudiziari e pubbliche amministrazioni prevista dal comma 787 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016 che l’amministrazione centrale è chiamata ad esercitare dando prova di rinnovate capacità di orientamento e controllo.

In generale, la seppur positiva esperienza della programmazione del piano di diffusione delle c.d. Best Practices 2007-2013 ha fatto maturare la consapevolezza che la progettualità con la quale il Ministero si articola verso gli uffici necessiti di un maggior coordinamento e di una maggiore promozione dal centro, soprattutto per quanto attiene alle azioni in tema di organizzazione degli uffici giudiziari, così da sottrarre gli sforzi al rischio di dispersione cognitiva e di svuotamento funzionale.

A tal fine, dal maggio 2014, si è costituito presso l’Ufficio di Gabinetto il servizio di “Programmazione delle politiche di innovazione e di controllo del Ministero della Giustizia” con compiti, tra gli altri, di coordinamento dei vari progetti attualmente attivati dai vari dipartimenti e con funzione anche di impulso e di ricerca di moduli uniformi delle modalità di gestione degli stessi.

Nel corso dell’anno appena trascorso ha acquisito piena operatività la Direzione generale per il coordinamento delle attività inerenti la programmazione regionale, nazionale e comunitaria che, nell’ambito della politica di coesione, sono dirette al perseguimento degli obiettivi del Ministero finalizzati all’organizzazione del sistema giustizia.

Come già accennato, in data 22 dicembre 2016 con la firma della convenzione con l’Autorità di Gestione, il Ministero della giustizia è stato ufficialmente designato quale Organismo Intermedio del PON Governance 2014/2020.
L’importanza strategica assegnata all’attribuzione al Ministero della responsabilità delle funzioni di regia delle progettualità finanziate con risorse comunitarie impone alla nuova Direzione generale di svolgere una costante azione di supporto informativo ed operativo delle autonome programmazioni delle varie articolazioni ministeriali.

La speciale attenzione dedicata ai temi dell’organizzazione e la ricerca di nuove modalità di azione ha portato anche ad un ripensamento del ruolo dell’Ispettorato Generale, nella prospettiva di fornire un concreto sostegno ai dirigenti degli uffici giudiziari nell’individuazione e diffusione di buone prassi, nella consapevolezza del ruolo decisivo che esse ricoprono per l’efficienza del sistema giustizia.

La verifica della regolarità amministrativa nell’organizzazione e nel funzionamento degli uffici, specifica dell’Ispettorato, si è sempre più marcatamente caratterizzata, nell’ultimo biennio, non soltanto come attività di controllo, ma anche di supporto del servizio reso dagli uffici stessi in termini di qualità complessiva, che dipende non solo dal contenuto intrinseco delle decisioni adottate, ma anche dalla efficienza organizzativa e dalla regolarità amministrativa di tutte le attività dell’ufficio, dalla tempestività e quantità delle decisioni, dalla durata dei procedimenti, dalla applicazione uniforme ed efficace della norme dirette a agevolare l’accesso al servizio, dalla piena e corretta utilizzazione di tutti gli strumenti informatici, dalla ricerca di soluzioni organizzative specifiche eventualmente concordate con gli altri operatori della giustizia.

In tale contesto, nell’anno 2016 anche l’attività dell’Ispettorato funzionale all’esercizio dell’azione disciplinare del Ministro si è focalizzata, principalmente, sulle cadute deontologiche e sugli illeciti disciplinari più gravi, mentre, con particolare riguardo alle ipotesi di ritardo nel deposito di provvedimenti giudiziari, è ora accompagnata da una preliminare verifica sull’eventuale efficienza causale che su detti ritardi possano rivestire carenze materiali od organizzative dell’ufficio.

Ferma la consapevolezza della rilevanza dei ritardi come di una disfunzione del sistema giudiziario che ne mina la credibilità, non può non tenersi conto, infatti, per quanto riguarda i rilievi disciplinari, dell’ambito organizzativo in cui il magistrato opera, valutando, inoltre, la sussistenza di responsabilità dirigenziali nella loro determinazione.

In quest’ottica, con riferimento specifico ai ritardi e l’eccessiva durata dei procedimenti la verifica ispettiva si è progressivamente affinata attraverso una attenzione più sistematica e approfondita al rapporto tra ritardo nel deposito dei provvedimenti e durata complessiva dei procedimenti delegati al magistrato, in termini assoluti e rispetto alla specifica realtà dell’ufficio esaminato, abbandonando come criterio esclusivo il fattore temporale imperniato sul limite annuale.

Dall’anno 2017 gli esiti delle ispezioni effettuate presso i vari distretti giudiziari saranno periodicamente pubblicati sul sito del Ministero.

Nello stesso solco di ricerca ed individuazione di nuovi modelli organizzativi finalizzati all’efficientamento della giurisdizione si colloca la riflessione finalizzata ad elaborare una disciplina di principio volta a concretizzare il principio di sinteticità degli atti processuali.

In sintonia con tale intento, con decreto ministeriale del 9 febbraio 2016 è stato istituito un gruppo di lavoro, coordinato dal Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia e che si è avvalso della collaborazione tecnico-scientifica di magistrati con varie specializzazioni, di studiosi ed operatori del diritto, per la ricognizione del quadro normativo e delle prassi organizzative riguardanti il principio di sinteticità degli atti processuali nei procedimenti di competenza della Corte di cassazione.

All’esito di un’intensa attività di elaborazione, che si è pure avvalsa dei contributi offerti dai presidenti di alcune tra le principali corti d’appello italiane, il 1° dicembre 2016 il gruppo ha presentato la relazione conclusiva.

Essa contiene molteplici indicazioni, funzionali al perseguimento della sinteticità e della chiarezza degli atti processuali, tanto sul piano della precettività normativa con proposte di riformulazione di norme, quanto in una più ampia prospettiva culturale, affrontando il tema rispetto alla formazione universitaria, ai momenti selettivi per l’accesso alle professioni forensi, alla formazione professionale, alle valutazioni della professionalità dei magistrati.

2. I RAPPORTI CON L’AVVOCATURA E LE ALTRE PROFESSIONI

Nell’anno appena trascorso è proseguito il proficuo confronto con la classe forense che ha investito tanto l’aspetto regolamentare quanto l’assetto organizzativo.

Sul primo versante, se nel corso del 2015 erano stati adottati numerosi regolamenti e decreti ministeriali in merito alle forme di pubblicità del codice deontologico, al conseguimento del titolo di avvocato specialista, alle modalità di elezione dei consigli dell’ordine, nel 2016 il percorso di aggiornamento dello statuto giuridico dell’avvocatura è continuato, anzitutto, anche grazie alla costante interlocuzione con il Consiglio nazionale forense, con il completamento dell’attuazione della legge n. 247 del 2012, recante la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense e sono entrati in vigore i regolamenti ed i decreti ministeriali relativi alla disciplina per lo svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense; all'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari; alle procedure per lo svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione forense; alla tenuta e all'aggiornamento di albi, elenchi e registri da parte dei Consigli dell'ordine, nonché in materia di modalità di iscrizione e trasferimento, cancellazione, impugnazioni dei provvedimenti adottati in tema dai medesimi Consigli dell'ordine; all'individuazione delle categorie di liberi professionisti che possono partecipare alle associazioni tra avvocati; all'accertamento dell'esercizio della professione forense, e al funzionamento e alla convocazione dell'assemblea dell'ordine circondariale forense.

Sono attualmente in corso di elaborazione i regolamenti ministeriali per la costituzione delle camere arbitrali e per la disciplina delle modalità e condizioni di istituzione dei corsi di formazione per l’accesso alla professione di avvocato e a tal fine è stato avviato un confronto con il Ministero dell’Università e della Ricerca, attualmente in fase progettuale.

Sul versante organizzativo, va riconosciuto l’impegno e la collaborazione dimostrata dall’avvocatura, che ha consentito di superare alcune criticità emerse nella fase di avvio del nuovo processo civile telematico, contribuendo al suo definitivo ed efficace consolidamento.

Al fine di promuovere un innalzamento dei livelli di efficienza dei servizi e un’ottimizzazione delle risorse, sono state anche intraprese iniziative volte all’informatizzazione dell’esame per abilitazione all’esercizio della professione forense, sulla scorta della positiva esperienza maturata per l’esame di abilitazione alla professione notarile.

In particolare, è stato ultimato il processo di invio telematico della domanda di ammissione all’esame ed è in fase avanzata di elaborazione un sistema informatico che consentirà l’invio, sempre per via telematica, delle tracce di esame a tutte le singole commissioni istituite presso le rispettive corti d’appello, in sostituzione dell’attuale distribuzione in forma cartacea e tale sistema potrebbe essere utilizzato già a partire dalla sessione di esame del dicembre 2017.

Pari attenzione è stata riservata anche alle altre professioni, la cui leale collaborazione ha sinora consentito al Ministero di svolgere efficacemente le funzioni di vigilanza e controllo che gli competono.

In particolare, attraverso il confronto con le rappresentanze delle professioni tecniche si sta procedendo in un percorso che auspicabilmente porterà alla revisione, da tempo attesa, del testo del regolamento elettorale e quello del regolamento relativo al sistema territoriale e di organizzazione.

Nell’ambito dell’azione volta alla più razionale dislocazione sul territorio degli Ordini professionali, è stato comunque incoraggiato l’accorpamento volontario degli Ordini territoriali dei periti agrari e dei distretti notarili.

Un tema particolarmente rilevante è quello del rilascio dei provvedimenti di riconoscimento dei titoli professionali acquisiti all’estero.

Al riguardo, importanti sforzi dovranno essere profusi, da parte delle competenti articolazioni ministeriali, per favorire la più ampia conoscenza delle normative nazionali ed europee che disciplinano le professioni ed il loro esercizio nonché la più efficace e tempestiva cooperazione con le autorità competenti degli stati membri.

Nell’anno 2016 è proseguito il processo di razionalizzazione della distribuzione sul territorio degli ordini e collegi locali, anche nell’ottica della riduzione delle spese per gli iscritti e di un recupero in termini di efficienza dell’azione amministrativa.

Si è pertanto proceduto ad adottare diversi provvedimenti di fusione di Ordini e Collegi territoriali, su conforme richiesta delle categorie interessate.

Nel corso del 2016 sono stati infine rinnovati complessivamente (compresi quelli dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, le cui elezioni sono state fissate per i prossimi 3 e 4 novembre) oltre 200 consigli e collegi locali.

3. INFORMATIZZAZIONE E RILEVAZIONE STATISTICA

L’informatizzazione della giustizia è ormai da tempo priorità di questo Dicastero nell’ottica di un incremento di efficienza, congiunto al risparmio di spesa e all’ottimizzazione delle risorse.
Dopo l’entrata in vigore del processo civile telematico obbligatorio per le cause civili ordinarie iscritte avanti ai Tribunali, l’obbligatorietà del PCT è stata estesa ai procedimenti esecutivi fin dalla loro fase introduttiva, nonché, a partire dal 30 giugno 2015, ai processi celebrati avanti alle Corti d’appello.
Con l’introduzione generalizzata della facoltà di depositare l’atto introduttivo, anche dei processi di cognizione, in via telematica, l’Italia può vantare oggi un processo civile di merito paperless in tutte le sue fasi.
Inoltre, dal 15 febbraio 2016, sono attive, anche presso la Corte di cassazione, le notificazioni e comunicazioni telematiche.
Contemporaneamente, è stata attivata sul Portale dei Servizi Telematici la consultazione dei registri civili, oltre che penali, della Corte, nonché l’elenco delle comunicazioni e notificazioni fatte in cancelleria a seguito della mancata consegna del messaggio di posta certificata. Si tratta del primo passo verso la completa informatizzazione anche del giudizio di legittimità.

Nell’anno 2016 sono stati ultimati i lavori per la realizzazione il “portale delle vendite pubbliche”, un marketplace unico nazionale per la pubblicazione e la messa in vendita di tutti i beni, mobili e immobili, di tutte le procedure, un luogo virtuale in cui i beni sono resi più visibili e le vendite più accessibili.

Il portale, in linea in versione preliminare dal 31 dicembre scorso e di cui la prima fase di sperimentazione è iniziata il 14 gennaio, è uno strumento altamente innovativo non tanto e non solo sotto il profilo tecnologico, quanto, piuttosto, per il cambio di prospettiva che esso comporterà, superando il localismo delle singole procedure concorsuali, per proporsi come strumento di trasparenza e di apertura al mercato.

L’obiettivo finale che si intende perseguire attraverso la messa in opera del portale è quello di garantire lo svolgimento online dell’intera procedura di vendita, garantendo, così, anche la partecipazione alle aste di acquirenti stranieri.
Sono, inoltre, in corso le attività prodromiche alla realizzazione del registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi (c.d. “portale dei creditori”, di cui al c.d. “decreto banche”).

L’istituzione del portale costituisce condizione essenziale per il supporto del nascente mercato dei crediti deteriorati (non performing loans- NPL), consentendo ai soggetti interessati l’accesso ad un adeguato set informativo, che permetterà la stima del valore dei crediti e l’identificazione dei loro titolari, da cui poterli eventualmente acquistare.

Il marketplace e il portale dei creditori costituiscono due dei pilastri del sistema Com.Mon. (Competition Money).

Tale sistema, come concepito dalla Commissione ministeriale istituita il 4 agosto 2014, si fonda sulla necessità di sbloccare la parte qualificata dell’enorme massa creditoria, calcolata in circa 200 miliardi di euro, che frena la ripresa economica di molte imprese.

Con la messa in opera del sistema Com.Mon. si mira a fornire un ulteriore strumento di valorizzazione dei crediti deteriorati, che potrà fungere da volano al relativo mercato. A regime il sistema consente infatti al titolare di un credito che abbia ragionevole e certificata aspettativa di essere soddisfatto nell’ambito di una procedura di insolvenza, di acquistare beni sul marketplace non solo con denaro corrente ma anche con appositi titoli, detti, appunto, Com.Mon.

Oggi, quindi, si può constatare con chiarezza come il percorso di progressiva informatizzazione della giustizia civile non sia finalizzato al mero risparmio di spesa o al mero incremento di produttività del sistema, ma a fornire servizi innovativi, che rechino vantaggi tangibili alla generalità dei cittadini e agli operatori economici.

Si tratta di un percorso che vede la partecipazione convinta di tutti gli operatori della giustizia: giudici, avvocati e personale di cancelleria. Ad oltre due anni dall’entrata in vigore dell’obbligo di deposito telematico degli atti endoprocessuali, e ad oltre un anno dalla facoltà di deposito non cartaceo degli atti introduttivi, i dati sui depositi telematici sono ancora in decisa crescita, segno tangibile della bontà delle scelte compiute.

Un unico dato, quello relativo ai tempi di emissione dei decreti ingiuntivi, costituisce buon indice della bontà delle scelte compiute e della loro concreta attuazione: i tempi di emissione si sono ridotti anche quest’anno, raggiungendo punte di decremento, rispetto al periodo anteriore all’obbligatorietà del telematico, pari al 57% per il Tribunale di Roma. Ciò costituisce indice anche di un mutamento organizzativo da parte degli Uffici giudiziari, che hanno saputo incrementare la propria efficienza organizzativa, avvantaggiandosi in misura crescente delle possibilità offerte dalla tecnologia.

Tale mutamento organizzativo è stato oggetto di una percezione altamente positiva anche da parte dell’utenza, come dimostra il notevole incremento dei pagamenti telematici per importi dovuti a titolo di spese di giustizia.
Nel corso del 2016 se ne sono registrati 142.069, con un incremento del 61,2% rispetto al 2015, per un importo complessivo di oltre 28,6 milioni di euro.

Tali positivi risultati spingono a guardare con fiducia alle prossime evoluzioni in termini di progressiva estensione del PCT a tutti i settori processuali, con la certezza che l’informatica giudiziaria possa costituire valido strumento di velocizzazione dei procedimenti giudiziari nel loro complesso, oltre che di miglioramento oggettivo delle modalità lavorative, in specie per le cancellerie e per l’avvocatura.

Rilevanti sviluppi si sono avuti anche nel settore penale, che fino a poco tempo orsono si trovava in una situazione di grave arretratezza.

Il settore penale è stato oggetto di una attenta opera di razionalizzazione dei vari sistemi applicativi utilizzati con l’obiettivo di istituire un registro unico della cognizione penale.

Nell’ultimo anno si è completata la diffusione del Sistema Informativo della Cognizione Penale (SICP) presso tutti gli Uffici Giudiziari di primo grado. È così, assicurata l’adozione, sul territorio nazionale, di una piattaforma tecnologica unitaria che consente una più rapida ed efficiente evoluzione dei sistemi, oltre alla loro efficace messa in sicurezza. All’esito della fase di consolidamento dei sistemi, sarà possibile dare ingresso agli interventi finalizzati alla costituzione del data warehouse nazionale della giustizia penale, e integrare in maniera sempre più efficace gli applicativi destinati al processo penale, ripercorrendo la positiva esperienza maturata nel settore civile.

Nel corso del 2016 sono stati inviate circa 4,6 milioni di notificazioni e comunicazioni utilizzando i sistemi SNT e PecTiap, con un incremento superiore al 50% rispetto all’anno precedente.

La maggiore efficienza degli strumenti telematici rispetto a quelli tradizionali è immediatamente riscontrabile anche dai consistenti risparmi di spesa conseguiti attraverso le comunicazioni telematiche. Basti pensare che nell’ultimo anno sono stati consegnate oltre 19 milioni di comunicazioni telematiche, con un risparmio stimato di circa 67 milioni di euro rispetto all’ipotesi di comunicazione eseguita tramite ufficiale giudiziario.

Sempre nell’ottica dell’efficientamento del sistema giudiziario e del conseguenziale risparmio di spesa, si collocano le misure assunte per l’implementazione del sistema delle tecnologie necessarie a garantire la partecipazione a distanza nei processi (videoconferenza) e che saranno portate avanti anche attingendo ai fondi europei attraverso il PON Governance.

Non va trascurata, poi, l’informatizzazione del settore minorile, sia civile che penale, attraverso la diffusione dell’applicativo SIGMA, completata in pochi mesi su tutto il territorio nazionale, grazie anche all’esperienza maturata nell’evoluzione dei sistemi civili e penali. Tale sistema consentirà, peraltro, il pieno funzionamento della banca dati sulle adozioni.

Inoltre, presso alcuni uffici è già attivo il servizio SIGM@Web, che consente a tutti, cittadini e avvocati, di attingere informazioni sullo stato dei procedimenti proposti innanzi al Tribunale per i Minorenni, attraverso un semplice collegamento internet che consente l’accesso alla banca dati del software ministeriale. Tale servizio è attivo dal mese di ottobre 2016 in tutti gli uffici giudiziari.

Quanto allo sviluppo degli strumenti statistici, le potenzialità offerte dal data warehouse civile costituiscono ormai un patrimonio acquisito, al quale si attinge costantemente anche ai fini della cooperazione istituzionale con il Consiglio Superiore della Magistratura.

Occorrerà, adesso, avvalersi del notevole know-how maturato per estendere progressivamente anche al settore penale lo stesso livello conoscitivo del contenzioso che, riguardo al settore civile, ha consentito un’accurata diagnosi delle cause dell’arretrato e l’individuazione di possibili rimedi organizzativi.

Il processo di digitalizzazione dell’attività amministrativa e processuale è stato supportato anche per il 2016 con l’assegnazione di cospicue risorse, pari ad oltre 88 milioni di euro.

Un uso accorto e oculato dei fondi disponibili ha consentito di avviare i lavori di rinnovamento e delle postazioni di lavoro desktop e portatili in uso presso gli uffici giudiziari.

Durante l’anno appena trascorso sono state, infatti, acquisite oltre 35.000 postazioni, la cui messa in esercizio è prossima al completamento e che consentirà l'ammodernamento di circa il 40 % delle dotazioni.

La procedura di acquisizione seguita e le nuove modalità adottate per la configurazione delle macchine hanno, inoltre, consentito di acquisire hardware qualitativamente migliore rispetto a quello proposto nell’ambito della convenzione Consip, conseguendo, altresì, un risparmio di spesa di oltre 2 milioni di euro.

Oltre alle risorse interne di cui si è detto, vanno considerate quelle provenienti dai fondi strutturali europei nell’ambito del PON Governance, per importanti progetti di informatizzazione quali il processo penale telematico e la digitalizzazione del processo innanzi ai Giudici di pace, che troveranno compimento entro il 2020. A breve saranno individuati gli uffici beneficiari delle singole iniziative.

Ulteriori risorse potranno, poi, come in precedenza accennato, essere attinte grazie alla previsione, per la prima volta, nel bilancio dello Stato per l’anno 2017 di uno speciale fondo per gli investimenti necessari alla informatizzazione avanzata dell’organizzazione giudiziaria, che si aggiunge alle risorse finanziarie aggiuntive già assicurate negli esercizi precedenti e che hanno consentito di progettare il consolidamento delle infrastrutture del PCT, la messa in sicurezza dei sistemi informativi del penale, la completa riformulazione del sistema di gestione della assistenza dovuta ai magistrati ed agli uffici, l’avvio della stagione del processo penale telematico.

Un elemento fondamentale dello sviluppo delle tecnologie nell’amministrazione della giustizia riguarda inoltre il tema della sicurezza.

Eugene Kaspersky ha definito l’epoca in cui viviamo come un cyber-medioevo, riferendosi all’alto livello di vulnerabilità degli oggetti connessi e alla scarsità degli investimenti sulla sicurezza da parte degli attori presenti sul mercato, a causa del limitato ritorno di immagine che tali investimenti sono in grado di generare.

Per l’amministrazione della giustizia, al contrario, si tratta di una priorità assoluta, non solo a livello tecnologico, ma anche per svolgere la fondamentale missione di diffusione della cultura della sicurezza.

Proprio grazie alla condivisione e al serrato confronto con gli uffici giudiziari è stato possibile propiziare una corretta attuazione dei provvedimenti adottati dal Garante per la protezione dei dati personali (in data 18 luglio 2013, 26 giugno 2014 e 25 giugno 2015) in tema di misure di sicurezza nel trattamento dei dati personali e dei sistemi nell’attività di intercettazione di conversazioni e comunicazioni.

È stato, così, possibile, arrivare, in prossimità della scadenza del 31 gennaio 2017, fissata dal Garante per il pieno adempimento delle proprie prescrizioni ad una situazione di attuazione pressoché totale, presso gli uffici interessati, delle misure necessarie.

Ma, ed è ciò che più rileva, proprio grazie all’aperto confronto che ha avuto luogo nel contesto del Tavolo tecnico con l’autorità garante, che ha visto il proficuo apporto del Consiglio Superiore della Magistratura, della Procura generale presso la Corte di Cassazione, della Direzione Nazionale Antimafia e delle forze di polizia, è stato possibile superare le difficoltà date dall’iniziale prospettiva, prevalentemente calibrata sulla necessità di adozione di misure di sicurezza “fisica”, relativa, cioè, ai luoghi ove vengono espletate le attività di intercettazione, in favore di un approccio incentrato sulla sicurezza informatica e su un piano di misure finalizzato ad un generale innalzamento dei relativi livelli di affidabilità.
Va, poi, ricordato, che la competente Direzione Generale dei sistemi informativi ed automatizzati ha in corso un piano di rafforzamento infrastrutturale delle attività connesse con le intercettazioni, che vede la sua prima attuazione nell’acquisto di server dedicati.
In tale contesto, l’alto grado di consapevolezza raggiunto in merito alla sicurezza informatica ha portato ad imprimere una decisa accelerazione ai lavori per la realizzazione di una rete protetta per le operazioni di intercettazione, che potrà trovare concreta realizzazione anche grazie all’utilizzo di risorse tratte dal fondo di cui all’art. 1, comma 140 della legge di bilancio per l’anno 2017.

Ai sensi del nuovo Regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia, al fine di conseguire l’obiettivo di accrescere per i cittadini la trasparenza nelle procedure degli uffici giudiziari e dell’amministrazione centrale e con l’obiettivo di implementare l’efficienza dell’Amministrazione, fornendo informazioni aggiornate sui dati e i flussi fondamentali della domanda di giustizia nel nostro Paese e sulla capacità di risposta del sistema, debbono evidenziarsi i monitoraggi della giustizia civile pubblicati sul sito del Dicastero (aggiornati con cadenza trimestrale e riguardanti l’andamento complessivo del carico giudiziario nazionale), il censimento speciale della performance giudiziaria a livello distrettuale (censimento straordinario dei flussi e delle pendenze degli affari della giustizia civile su tutto il territorio nazionale, per ciascun ufficio di primo e di secondo grado), nonché il monitoraggio statistico dei procedimenti di mediazione trattati presso gli organismi abilitati (la rilevazione dei quali avviene attraverso la compilazione di scede elettroniche mese a disposizione degli organismi iscritti).

4. LE POLITICHE DI EFFICIENZA GESTIONALE: IL PERSONALE AMMINISTRATIVO

Il profondo rinnovamento delle politiche del personale dell'amministrazione della giustizia ha rappresentato un fondamentale obiettivo dell'azione di governo anche nell’anno appena trascorso, nella consapevolezza dell'importanza che assume l'apporto di adeguate risorse umane per il funzionamento degli uffici giudiziari e per il supporto alle innovazioni organizzative e tecnologiche necessarie alla modernizzazione dei servizi.

Per non vanificare le potenzialità offerte dalla riforma della giustizia si è quindi perseguita un'azione di continua attenzione al personale amministrativo, muovendo in primo luogo dalla ricerca di strumenti di reclutamento di nuove risorse, senza trascurare il riconoscimento delle competenze maturate e la valorizzazione delle professionalità già presenti nell'Amministrazione.

L’impegno riformatore è stato in particolar modo diretto a limitare la costante riduzione degli organici del personale amministrativo derivante dalle pregresse politiche di contenimento della spesa pubblica, nella consapevolezza che la relazione in fatto esistente fra la crescita costante, intervenuta negli ultimi anni, delle dotazioni organiche del personale di magistratura e il progressivo decremento di quelle del personale amministrativo, ha inciso negativamente sulla funzionalità degli uffici giudiziari.

Sono pertanto state adottate misure volte alla valorizzazione ed incentivazione del personale in servizio (in particolare tramite l’attivazione delle procedure per la riqualificazione del personale amministrativo) ed interventi tesi ad assicurare l’apporto di nuove professionalità tramite procedure di mobilità infra ed extra-comparto, oltre al reclutamento straordinario di nuove risorse, in deroga ai vincoli di finanza pubblica e di blocco del turn-over.

Nel 2016 è proseguita l’attività di trasferimento nei ruoli del Ministero della giustizia del personale vincitore del bando di mobilità compartimentale ed extra compartimentale, ai sensi dell’art. 30 d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 3 D.L. 101/2013, in relazione ai n. 1.031 posti pubblicati, con l’immissione in servizio di n. 145 unità di personale, che aggiunte alle n. 451 unità assunte nel 2015, hanno permesso l’assunzione ad oggi di 596 unità di personale. Si sta ora provvedendo ad interpellare le singole amministrazioni che non hanno prestato il consenso al trasferimento.

Le procedure di reclutamento sono continuate anche con altri strumenti normativi, tra cui l’articolo 4 D.L. 19 giugno 2015, n. 78 (con n. 42 unità stabilizzate) e le procedure “per scorrimento” dalle graduatorie dell’ICE (con n. 79 assunzioni effettuate) e del Ministero degli Interni (con n. 42 unità che hanno preso possesso), per un totale di n. 169 assunzioni, nell’anno 2016, mediante tali procedure.

In aggiunta alle procedure di mobilità volontaria, si è conclusa nell’anno 2016 la procedura di prima fase di mobilità obbligatoria, gestita attraverso il Portale della Funzione Pubblica, per l’acquisizione di un primo contingente di n. 343 unità di personale di “area vasta” e di Croce Rossa, secondo le previsioni della legge di stabilità per l’anno 2015 (art. 1, comma 425, L. 190/2014).

Allo stato è in corso la seconda fase del previsto processo di ricollocazione del personale soprannumerario di Croce Rossa ed “area vasta” che si concluderà entro febbraio 2017, determinando l’assunzione di nuovo personale.
Tali politiche hanno determinato nel complesso l’assunzione, dall’inizio del mandato governativo, di oltre mille unità di personale.

Ma la maggiore novità è stata certamente costituita dall’avvio del programma assunzionale di reclutamento di nuovo personale amministrativo.

Per la prima volta dopo oltre vent’anni, in attuazione di quanto previsto dal decreto legge 30 giugno 2016 n. 117, convertito con modificazioni dalla legge 12 agosto 2016, n. 161 - che ha valutato quale obiettivo fondamentale la realizzazione di nuove assunzioni- oltre che al reclutamento di personale tramite le procedure di mobilità volontaria ed obbligatoria, l’amministrazione della giustizia vede concretizzarsi la possibilità di procedere ad un vero e proprio programma assunzionale, che aprirà al processo di ringiovanimento professionale e di passaggio di competenze professionali nell'amministrazione giudiziaria, da molti anni atteso.

In forza del decreto legge, il Ministero può procedere all’assunzione di un contingente di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, da inquadrare nei ruoli dell’amministrazione giudiziaria, nella misura di 200 unità mediante scorrimento di altre graduatorie in corso di validità o per concorso pubblico, e più specificamente di 115 assistenti giudiziari, di 55 funzionari informatici e di 30 funzionari contabili e, per i restanti 800 posti, con concorso.
Si è così dato avvio, in data 22 dicembre 2016, al primo concorso pubblico bandito dopo circa due decenni dall’amministrazione, finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di 800 assistenti giudiziari, utilizzando pienamente le capacità tecnologiche dell’amministrazione, tramite l’introduzione di una avanzata procedura informatica di accreditamento e iscrizione dei candidati tramite domande digitalizzate.

Sono state 308.468 le domande ricevute.

La fase di trasmissione delle domande è stata presidiata avvalendosi di un apposito servizio di help desk, che ha monitorato sia chiamate di natura tecnica, sia quelle a contenuto “amministrativo”, ovvero inerenti alle richieste di spiegazioni relative al bando e alla compilazione del modulo di domanda.

La possibilità di assunzione è stata ulteriormente ampliata di altre 1000 unità con la legge di stabilità per l’anno 2017, per un totale di 2000 nuove risorse.

In tal modo, si raggiunge non soltanto il fondamentale obiettivo dell'avvio di nuove assunzioni, dopo anni di sostanziale stagnazione delle fonti di reclutamento concorsuale, ma si delinea un complessivo quadro di disposizioni legislative che consentirà all'amministrazione di avviare in modo maggiormente efficace alcuni degli interventi assolutamente fondamentali per migliorare la qualità dei servizi di giustizia cui i cittadini hanno diritto.

La norma in parola prevede, infatti, la possibilità di introdurre nuovi profili, anche tecnici, e di rimodulare e rivedere i profili professionali e i relativi contingenti esistenti, prioritariamente per far fronte alle nuove e accresciute competenze.

La competente Direzione generale del personale e della formazione, operando nella direzione indicata dalle norme sul programma assunzionale e dalla Direttiva del Ministro dell’8 settembre 2016, che ha delineato le linee politico-amministrative per la gestione del personale, negli ultimi mesi dell’anno 2016 ha indirizzato la propria attività alla realizzazione di un processo di innovazione assolutamente necessario per dare il dovuto supporto agli uffici giudiziari.

A tal fine, si è dato impulso alla revisione dei processi organizzativi e lavorativi della stessa direzione generale, necessari a sostenere l’impatto di gestione dei procedimenti di reclutamento contemporaneamente avviati (mobilità volontaria, mobilità obbligatoria, scorrimenti, assunzioni), nonché a veri e propri processi di rinnovamento in tema di formazione, valutazione di professionalità e revisione dei profili nell’ambito dell’apertura della contrattazione collettiva.

Con i bandi pubblicati in data 19 settembre 2016, si è dato anche avvio alle procedure di riqualificazione, che consentiranno il passaggio di area (nello specifico, dall’area II all’area III), con conseguente progressione professionale, di n. 1.148 cancellieri e di n. 662 ufficiali giudiziari.
Anche la riqualificazione del personale amministrativo era attesa da oltre due decenni e quindi seppur relativa soltanto a due profili deve essere valutata come un importante momento nei processi di revisione delle politiche del personale.
Sono 6.465 le domande presentate, di cui 5171 per la procedura di riqualificazione a funzionario giudiziario e 1294 per la procedura di riqualificazione a funzionario UNEP.

Anche in questo caso, la procedura di inoltro delle domande è stata completamente informatizzata ed è stata presidiata avvalendosi di un servizio di help desk informatico e da un call center dedicato.

Con tali procedure si è anche avviata una moderna visione e gestione dei piani formativi per il personale in servizio mediante una piattaforma e-learning. Tale piattaforma consentirà in modalità innovativa una formazione dei candidati specificamente orientata alle necessità concorsuali, tramite due percorsi di studio e di aggiornamento opportunamente definiti e realizzati per i differenti profili di funzionario giudiziario e di funzionario UNEP.

Le modalità di utilizzo della citata piattaforma di e-learning sono state specificate con un avviso sul sito, come richiesto dal bando di concorso e notiziate anche per il tramite di una circolare diretta agli uffici giudiziari.

Il 23 dicembre 2016 è terminato il primo modulo formativo e il 10 gennaio 2017 prenderà avvio il secondo.

Infine, la Direzione ha dato attuazione al decreto interministeriale del 20 ottobre 2015 che ha indetto la procedura di selezione di 1502 tirocinanti, secondo quanto previsto dall’art. 37 comma 11 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – per lo svolgimento di un ulteriore periodo di perfezionamento della durata di dodici mesi, da destinare all’ufficio per il processo.

Tale procedura è stata avviata con sistemi informatici in collaborazione con la Direzione Generale dei sistemi informativi automatizzati, che ha sviluppato la piattaforma per la redazione guidata delle domande di partecipazione.

Nell’ambito di questo processo di rinnovamento dell’Amministrazione, l’intento è di gestire il personale in modo che le politiche di reclutamento in atto vengano a coincidere con l’innovazione nell’ambito anche della conduzione dei processi gestionali interni.

Strumento principale di tale processo è rappresentato dall’uso delle tecnologie, e, specificamente, dalla digitalizzazione delle procedure di reclutamento in generale, nonché dalla dematerializzazione dei processi di gestione del personale, mediante la creazione di un idoneo sistema informatizzato del fascicolo individuale.

Il traguardo da raggiungere è quindi rappresentato dalla programmazione e realizzazione di un sistema moderno di gestione e direzione delle risorse umane, improntandolo al contempo ad adeguati criteri di razionalizzazione.
L’informatizzazione sarà indirizzata anche all’utilizzo di sistemi idonei per la formazione.

Al riguardo, come anche espressamente raccomandato dal Ministro nella Direttiva dell’8 settembre 2016, deve sottolinearsi la centralità della formazione nel processo di rinnovamento e di valorizzazione del personale dell’amministrazione.

È necessario, infatti, assicurare un’adeguata preparazione alle nuove risorse che entreranno a far parte dell'Amministrazione giudiziaria, sia mediante assunzioni, sia tramite i processi di mobilità, nonché un idoneo aggiornamento al personale già in servizio negli uffici.

In tale ambito si inquadrai il piano di iniziative formative posto in essere dalla Direzione nell’anno appena trascorso per accompagnare l’ingresso del personale, estraneo alla realtà giudiziaria, favorendo l'integrazione e lo sviluppo delle competenze e gli ulteriori interventi formativi programmati per le specifiche esigenze legate al personale in mobilità obbligatoria, che hanno richiesto una formazione più mirata, anche rispetto le singole realtà distrettuali di inserimento.
Nel 2016 è iniziata anche un’attività di analisi e studio finalizzata alla revisione dei profili professionali, nell’ambito di una rinnovata ed intensa attività di interlocuzione con le rappresentanze sindacali, che ha visto nella contrattazione FUA e nell’avvio dei lavori sulla revisione dei profili professionali due dei più importanti momenti.

Lo sviluppo delle tecnologie e la diffusione dell'informatizzazione nelle dinamiche processuali, accompagnato dalla crescente necessità di revisione dei moduli organizzativi e dei processi di lavoro, conduce necessariamente all'apertura di un percorso di riconsiderazione dei profili professionali esistenti, oltre che all'inserimento di nuove figure professionali attualmente non presenti nell'amministrazione della giustizia.
Tale modifica apre anche la strada a percorsi di maggiore flessibilità nella mobilità interna di tutto il personale del Ministero, attuando in tal modo anche la ratio del D.P.C.M. 15 giugno 2015, n. 84, complessivamente orientata dalla ricerca di fondamentali obiettivi di semplificazione strutturale, integrazione funzionale e massima efficienza operativa dell'Amministrazione.

La revisione dei profili professionali potrà altresì consentire, in una seconda fase, di aprire a nuovi percorsi e modalità di valutazione delle professionalità, assicurando una prospettiva di avanzamento professionale ad una platea più allargata rispetto a quella oggi coinvolta dalle procedure selettive di cui all'articolo 21-quater del già richiamato decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, avviando un ripensamento del sistema di valutazione e dei meccanismi di premialità.
Nell’ambito del attività di valorizzazione del personale merita di essere segnalata l’attività volta a dare attuazione all’accordo sull’utilizzazione del fondo unico di amministrazione per gli anni 2013, 2014,2015, che ha consentito l’erogazione in favore del personale di emolumenti connessi alle particolari posizioni di lavoro e all’incentivazione della produttività e alla valorizzazione del merito.

5. LA GIUSTIZIA CIVILE

5.1 Gli interventi normativi ed organizzativi

La complessiva riorganizzazione della giustizia civile è stata sin dall’inizio del mandato governativo uno degli obiettivi prioritari, rappresentando essa il terreno di contatto quotidiano tra il cittadino e l’amministrazione della giustizia, laddove ogni inefficienza incide in maniera decisiva e diretta, sia in termini di sfiducia nel sistema giudiziario e nei confronti degli operatori della giustizia, che di impoverimento dei principi di legalità.

Anche in questo settore, la linea d’azione seguita è stata quella della necessaria complementarietà tra gli interventi di carattere normativo e quelli di innovazione organizzativa.

Il primo obiettivo è stato quello di individuare strumenti per ridurre il pesante arretrato che, di fatto, paralizzava l’attività dei tribunali e questo nonostante i magistrati italiani siano ai primi posti nelle classifiche Cepej per produttività e qualità del lavoro.
Quest’anno si può ritenere, con il conforto delle statistiche a consuntivo, che le misure normative ed organizzative adottate hanno consentito il raggiungimento di importanti risultati.

Alla data del 30.6.2016 il totale nazionale dei fascicoli pendenti - secondo l’analisi dei dati forniti dagli Uffici, raccolti ed elaborati dalla Direzione Generale di statistica ed analisi organizzativa - risulta, al netto dell’attività del giudice tutelare, pari a 3.820.935 procedimenti, confermando il trend decrescente degli anni precedenti (al 30.6.2015 erano nel numero di 4.015.112, al netto dell’attività del giudice tutelare e dell’ATP in materia previdenziale).

Dal momento che la produttività del sistema giudiziario, pur rimanendo altissima nel confronto internazionale, è calata negli ultimi anni ne deriva che la diminuzione delle pendenze è dovuta alla significativa riduzione delle cause in ingresso.

Inoltre, deve tenersi conto che oltre trecento mila affari in lavorazione nei nostri tribunali sono di competenza del giudice tutelare e rappresentano fascicoli la cui definizione non dipende dal lavoro del giudice ma hanno una connotazione gestoria, potendo durare per tutta l’esistenza in vita del soggetto tutelato, con conseguente riduzione della reale pendenza complessiva degli affari civili.

Positivo corollario della riduzione delle iscrizioni e delle pendenze è il contenimento dei tempi di durata delle cause civili contenziose, che nell’anno appena trascorso sono scesi sotto il tetto dei 1000 giorni, mentre la durata media di un procedimento in primo grado (contenzioso e non contenzioso) si è attestato in 375 giorni.

La progressiva riduzione dell’arretrato è un dato di particolare rilievo anche in un’ottica prettamente economica, costituendo inevitabilmente un fattore di forte rallentamento per la ripresa del Paese e determinando, inoltre, con la sua persistenza, seri pregiudizi al bilancio generale dello Stato sotto il profilo degli indennizzi ex lege Pinto (legge n. 89/2001).

L’incidenza sulla diminuzione della tempistica di trattazione delle cause è dato particolarmente significativo dal momento che rappresenta l’elemento qualitativo nella risposta della giustizia per il cittadino.

La complementarietà tra gli interventi di carattere normativo, sotto il profilo della deflazione delle cause in entrata e quelli di innovazione organizzativa, allo scopo di velocizzare i tempi di definizione, ha già prodotto significativi effetti in termini di contenimento e riduzione del pesante arretrato che ancora grava su molti uffici giudiziari, che potranno risultare ancora più incisivi all'esito di una corretta ridistribuzione delle risorse.

In tale direzione si colloca l'introduzione di alcuni meccanismi deflattivi finalizzati alla riduzione dei flussi in entrata e, quindi, ad uno smaltimento più agevole del carico di lavoro degli uffici giudiziari, nella prospettiva di una rilevante de-giurisdizionalizzazione, con l'avvio di forme alternative di risoluzione delle controversie (in primo luogo attraverso la negoziazione assistita).

Per favorire l’opzione per una risoluzione stragiudiziale della controversia, con il decreto legge n. 83 del 27 giugno 2015, convertito nella legge n. 132 del 6 agosto 2015, sono stati previsti meccanismi di incentivazione fiscale della negoziazione assistita e dell'arbitrato, attraverso l'adozione del modello del credito di imposta già previsto per la mediazione dal decreto legislativo n.28/2010, meccanismi agevolativi che, con la legge di stabilità 2016 sono stati resi permanenti a partire dall’anno 2016.

Nei confronti degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie esiste purtroppo una certa diffidenza in alcune realtà del Paese, diffidenza che va superata con un progressivo sviluppo della cultura della conciliazione.

Proprio al fine di armonizzare e razionalizzare il quadro normativo in materia e di elaborare un’ipotesi di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all'arbitrato e di trovare strumenti per incentivare e costruire un sistema di maggiori convenienze all'utilizzo delle forme stragiudiziali di risoluzione delle controversie, è stata istituita presso il Dicastero una apposita Commissione di studio ministeriale per l'elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie, presieduta dall'avvocato Guido Alpa, di cui a breve sono attesi gli esiti.

Parimenti significative sono le iniziative normative adottate con riguardo alla gestione processuale delle situazioni di insolvenza, nonché quelle relative all'ampliamento delle competenze dell'attuale tribunale delle imprese, che si fondano su una mirata azione di verifica della necessità, che il mondo economico e gli esperti di settore segnalano come urgente, di incisiva razionalizzazione e massima semplificazione delle procedure giudiziali correlate a stati di crisi nelle imprese.

Uno dei principali ambiti di intervento, finalizzato al miglioramento dell’efficienza della giustizia civile, è stato quello diretto a recuperare competitività nella fase del recupero dei crediti individuando misure dirette a favorire sia la liquidazione dei patrimoni incagliati nell’ambito delle procedure esecutive e di insolvenza, sia la circolazione dei crediti incagliati (c.d. non perfoming loans).

Le idee che guidano l’azione intrapresa sono tutte iscritte, quanto ai profili interessati dalla relazione con il mercato delle procedure esecutive e concorsuali, nel progetto Com.Mon., elaborato dalla commissione ministeriale istituita il 4 agosto del 2014, i cui esiti sono stati per intero recepiti nei lavori della commissione Rordorf, istituita il 28 gennaio 2016.

Con il decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria”, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132, è stato così istituito il “Portale delle Vendite Pubbliche”, un marketplace unico nazionale per la pubblicazione e la messa in vendita di tutti i beni, mobili e immobili, di tutte le procedure.

Esso è uno strumento altamente innovativo non tanto e non solo sotto il profilo tecnologico, quanto, piuttosto, per il cambio di prospettiva che comporta, superando il localismo delle singole procedure concorsuali, ponendosi come strumento di trasparenza e di apertura al mercato, in cui i beni sono resi più visibili e le vendite più accessibili.

L’obiettivo finale che si intende perseguire attraverso la messa in opera del portale è quello di garantire lo svolgimento online dell’intera procedura di vendita, garantendo, così, anche la partecipazione alle aste di acquirenti stranieri.

Con il decreto legge 3 maggio 2016, n. 59 recante “Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché' a favore degli investitori in banche in liquidazione”, convertito con modificazioni dalla Legge 30 giugno 2016, n. 119 (c.d. decreto banche), è stato istituito il registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi (c.d. “Registro delle procedure”), un supporto essenziale al nascente mercato dei crediti deteriorati, che consente a tutti i soggetti interessati, l’accesso ad un adeguato set informativo che permetterà la stima del valore dei crediti e l’identificazione dei loro titolari da cui poterli eventualmente acquistare.

Il marketplace e il Registro delle procedure costituiscono due dei pilastri del sistema “Com. Mon.” (Competition Money).

Tale sistema, come concepito dalla commissione ministeriale, si prefigge di sbloccare la parte qualificata dell’enorme massa creditoria, calcolata in circa 200 miliardi di euro, che frena la ripresa economica di molte imprese, mirando a fornire un ulteriore strumento di valorizzazione dei crediti deteriorati, che potrà fungere da volano al relativo mercato.

A regime il sistema consentirà infatti al titolare di un credito che abbia ragionevole e certificata aspettativa di essere soddisfatto nell’ambito di una procedura di insolvenza, di acquistare beni sul marketplace non solo con denaro corrente ma anche con appositi titoli di regolazione, detti, appunto, Com.Mon.

Tra le altre misure contenute nel d.l. 59/16 finalizzate allo smobilizzo dei crediti a favore delle imprese e all’efficienza dell’attività di recupero dei crediti, anche mediante l’ulteriore semplificazione dell’espropriazione forzata, debbono inoltre ricordarsi l’introduzione di una disciplina in materia di pegno non possessorio e le disposizioni in materia di obblighi formativi per i professionisti delegati alle operazioni di vendita dei beni pignorati.

Con il decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, sono state inoltre introdotte misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, presso gli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa, prevedendo la trattazione generalizzata in camera di consiglio dei ricorsi assegnati alle sezioni semplici, la radicale revisione del giudizio camerale per l’inammissibilità e la manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso principale e di quello incidentale, l’estensione dei casi di definizione del procedimento con ordinanza, anche al fine di favorire il ricorso a forme sintetiche di motivazione.

Tra gli interventi normativi di rilievo posti in essere nell’anno appena trascorso, si registra l’approvazione e l’entrata in vigore di una serie di importanti provvedimenti, primo tra tutti la legge sulle unioni civili, n. 76 del 2016, con i relativi decreti attuativi approvati dal Consiglio dei ministri il 14 gennaio scorso, concernenti l’adeguamento del Registro delle unioni civili, la modifica e riordino delle norme di diritto internazionale privato in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso ed coordinamento delle norme in materia penale.

Sempre nell’ambito del diritto di famiglia, con la legge europea 2015-2016 (n. 122/2016) sono state introdotte nuove disposizioni volte a rafforzare la cooperazione internazionale in materia di obbligazioni alimentari, con l’introduzione nell’ordinamento nazionale degli strumenti necessari all’assolvimento, da parte dell’Autorità Centrale, dei compiti previsti dalla Convenzione dell’Aja 2007, relativi, in particolare, alla localizzazione del debitore o il creditore, e all’ausilio nella ricerca delle informazioni riguardanti il reddito e l’ubicazione dei beni dei debitori.

Inoltre, con la legge 3 novembre 2016 n. 214, è stato ratificato l’accordo fatto a Bruxelles su un tribunale unificato del brevetto.

Sul piano delle misure dirette ad ottimizzare l’organizzazione dei servizi si colloca, oltre al già menzionato Ufficio per il processo, il progetto di revisione organica della magistratura onoraria.

Il 31 maggio 2016 è stato pubblicato il primo decreto legislativo in attuazione della legge delega 28 aprile 2016, n. 57 recante "Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”.

Si tratta del primo intervento di attuazione della riforma organica della magistratura onoraria che intendiamo porre in essere finalizzata a semplificare e razionalizzare la disciplina della magistratura onoraria mediante la predisposizione di uno statuto unico (accesso, durata, responsabilità, disciplinare, compenso, ecc.); aumentarne la professionalità mediante una dettagliata ed unitaria disciplina in tema di requisiti all’accesso, di tirocinio, di incompatibilità e disciplinare; valorizzarne la figura, mediante una definizione delle sue funzioni, introducendo altresì un percorso di avvio alla professione della magistratura onoraria attraverso l’ufficio del processo.
Altre riforme sono in itinere.

Il disegno di riforma del processo civile in discussione in Parlamento mira a migliorare efficienza e qualità della giustizia, in chiave di spinta economica, dando maggiore organicità alla competenza del tribunale delle imprese, consolidandone la specializzazione, a rafforzare le garanzie dei diritti della persona, dei minori e della famiglia mediante l’istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e la persona, a realizzare un processo civile più lineare e comprensibile; assicurare la speditezza del processo mediante la revisione della disciplina delle fasi di trattazione e di rimessione in decisione.

I dati statistici dei primi due anni di vita dei tribunali delle imprese sono estremamente positivi, con oltre il 90% degli affari pervenuti nell’anno 2013 giunti a definizione ed oltre il 73% degli affari pervenuti nell’anno 2014 definiti entro l’anno, con una media complessiva totale dalla nascita delle sezioni specializzate pari all’80% di definizioni entro un anno, con sentenze di primo grado confermate quattro volte su cinque in sede di impugnazione.

I positivi risultati in termini di riduzione dell’arretrato testimoniano la bontà dei numerosi interventi posti in essere, sia di carattere normativo, sotto il profilo della deflazione delle cause in entrata, sia organizzativo, allo scopo di velocizzare i tempi di definizione e debbono costituire un forte stimolo a proseguire nel percorso intrapreso.

Alla luce delle statistiche a consuntivo, particolarmente capillari e attendibili anche grazie alla ormai completa possibilità di utilizzo per i dati del settore civile del datawarehouse, si può ritenere che le misure normative ed organizzative adottate hanno consentito il raggiungimento di importanti risultati.

Per comprendere meglio le concrete modalità con le quali si è inteso operare ed i risultati raggiunti, occorre dare conto, in primo luogo, dello stato del contenzioso civile pendente.

5.2. I dati del contenzioso civile

Alla data del 30 giugno 2016 il totale nazionale dei fascicoli pendenti risulta - secondo l’analisi dei dati forniti dagli uffici, raccolti ed elaborati dalla Direzione Generale di statistica ed analisi organizzativa, che ne cura anche il periodico monitoraggio pubblicato sul sito istituzionale - al netto dell’attività del giudice tutelare e degli accertamenti tecnico-preventivi previdenziali, pari a 3.820.935 procedimenti (ossia 194.177 cause in meno rispetto al 2015), confermando il trend decrescente di tutte le tipologie di ufficio nei sette anni precedenti, con la sola Corte di Cassazione in controtendenza, con un lieve incremento della pendenza (+3,2) nell’ultimo anno.

Rimane stabile la pendenza degli affari civili nei Tribunali per i minorenni, mentre tutti gli altri uffici mostrano una riduzione abbastanza allineata intorno al -5%.

In particolare, le iscrizioni annuali risultano pari a 3.472.590 e le definizioni pari a 3.760.965, dato significativo, che conferma la produttività dei magistrati dei magistrati italiani che smaltiscono un numero di procedure maggiore di quelle iscritte.
Nell’esame del dato statistico deve, inoltre, tenersi conto del fatto che 395.335 affari in lavorazione nei nostri tribunali sono di competenza del giudice tutelare e rappresentano fascicoli la cui definizione non dipende dal lavoro del giudice ma hanno una connotazione gestoria, potendo durare per tutta l’esistenza in vita del soggetto tutelato, con conseguente riduzione della reale pendenza complessiva degli affari civili.

Positivo corollario della riduzione delle iscrizioni e delle pendenze è il contenimento dei tempi di durata delle cause civili.

L’incidenza sulla diminuzione della tempistica di trattazione delle cause è dato particolarmente significativo dal momento che rappresenta l’elemento qualitativo nella risposta della giustizia per il cittadino, nonché l’indicatore chiave di valutazione per gli organismi internazionali.
Tale cambio di tendenza infatti è stato recepito ed evidenziato positivamente anche dalla Banca Mondiale nel suo ultimo rapporto annuale Doing Business 2017 nel quale l’Italia ha confermato l’inversione di tendenza realizzatasi negli ultimi anni, guadagnando ulteriori posizioni (dalla 111 posizione del 2016 alla 108).

5.3. Breve analisi dei dati per ufficio giudiziario

Si rimette una breve rassegna ragionata dei dati indicatori per tipologia d’ufficio.
La Corte di Cassazione è l’unico ufficio in controtendenza rispetto alla generalizzata riduzione delle pendenze, mostrando un incremento del 3,2%, rispetto all’anno precedente.

Il dettaglio delle materie trattate in Corte d’Appello permette di evidenziare la riduzione di circa 6.000 procedimenti pendenti per equa riparazione che costituisce una ulteriore marcata riduzione del -25,4% rispetto all’anno precedente (che già aveva fatto registrare una forte riduzione rispetto al 2013/14).

Molto forte la riduzione delle pendenze in materia di previdenza (-20,8%) e di lavoro (-8,5%).

Presso i Tribunali Ordinari, nell’ultimo anno giudiziario si osserva un leggero calo dei procedimenti pendenti per il contenzioso ordinario (-1,8%) ed ancor più per quello in materia commerciale (-8,0%) comprendente le materie relative a contratti ed obbligazioni, diritto industriale e societario, correlato alla diminuzione delle iscrizioni.

Anche i procedimenti speciali risultano in forte diminuzione (-11,6%).

In forte calo risultano anche le pendenze del settore lavoro e previdenza.

Per la prima volta dopo parecchi anni, diminuiscono i fallimenti (-4,1%) e anche se crescono leggermente le pendenze (3,2%) l’incremento è inferiore a quello degli anni precedenti.

Calano le iscrizioni dei procedimenti esecutivi mobiliari (-11,6%) e le pendenze di tutte le procedure esecutive, mobiliari (-6,6%) e immobiliari (-12,7%).

Osservando globalmente il movimento di tutte le categorie di ufficio si osserva, nel confronto col precedente anno giudiziario, una leggera ripresa della domanda di giustizia (+6,3% in Corte di Appello, +1,6% in Tribunale e +9% presso il Giudice di Pace).

Si tratta di un dato che rappresenta un piccolo “rimbalzo” rispetto all’anno precedente, ma che è ancora sensibilmente più basso dei livelli degli anni precedenti e che conferma, quindi, una domanda di giustizia che si mantiene complessivamente più contenuta rispetto al passato.

Anche le definizioni totali sono in leggero calo.

Tuttavia, poiché oramai da alcuni anni, la produttività si conferma su valori più elevati della domanda, ne deriva il trend decrescente delle pendenze, con una riduzione significativa.

 

procedimenti civili

 

6. LA GIUSTIZIA PENALE

L’obiettivo di rendere complessivamente più efficace, efficiente ed anche più rapido il sistema della giustizia penale e di fornire, in questo modo, concreto supporto al lavoro dell’autorità giudiziaria, ha ispirato l’adozione di importanti misure legislative e organizzative.

Attraverso responsabili e significativi sforzi sono stati, altresì, recepiti numerosi strumenti normativi europei, da tempo varati, che hanno permesso di superare il gap creatosi negli ultimi anni e di sottrarre il Paese ad inutili e costose procedure di infrazione.
Al contempo, le nuove misure introdotte hanno consentito di mettere a disposizione delle autorità di contrasto nuovi ed efficaci strumenti di lotta al crimine.

6.1. Il terrorismo: contrasto e prevenzione

Sul piano sostanziale, gli interventi legislativi sono stati indirizzati a ricondurre le nuove realtà criminali all’interno della cornice di fattispecie penali calibrate.
La complessità dello scenario internazionale, caratterizzata anche dalla dimensione imponente assunta dalla pressione migratoria, ha mostrato, infatti, l’emersione di nuove condotte criminali. Nonostante gli sforzi interpretativi compiuti dalla magistratura, i cambiamenti che si sono prodotti negli ultimi anni, insieme al mutamento della sensibilità sociale, hanno, dunque, imposto l’adozione di interventi normativi mirati, in grado di intercettare e reprimere le nuove realtà.
E’ stata, innanzitutto, affrontata la questione del terrorismo.

L’emergenza terroristica e la correlata necessità di garantire la sicurezza, hanno posto gli organi inquirenti di fronte a nuove sfide ed il Governo dinanzi alla necessità di verificare la corretta calibratura degli strumenti a disposizione, in termini di tenuta ed adeguatezza.

Il gruppo di analisi strategica istituito presso il Ministero sin dal gennaio 2015, all’indomani del primo attentato di Parigi, con un metodo sistematicamente applicato a tutte le iniziative ministeriali e improntato al più ampio confronto, ha già consentito la traduzione legislativa delle valutazioni, delle istanze e delle proposte avanzate dalle autorità giudiziarie più impegnate nell’azione di contrasto.

Alle iniziative già intraprese negli scorsi anni, quali l’attribuzione del potere di coordinamento e impulso al Procuratore Antimafia ed antiterrorismo e l’introduzione di nuove figure criminose ritagliate sulle modalità di azione dei terroristi di matrice islamica (reclutamento passivo, auto-addestramento, finanziamento e organizzazione di viaggi per il compimento di atti di terrorismo), sono seguiti ulteriori interventi, attuati con la legge 28 luglio 2016 n. 153, che ha raffinato e potenziato gli strumenti di contrasto, introducendo nell’ordinamento interno tre nuove fattispecie delittuose: il finanziamento di condotte con finalità di terrorismo, la sottrazione di beni o di denaro sottoposti a sequestro, gli atti di terrorismo nucleare.

Anche sul versante della prevenzione del terrorismo, si è intensamente lavorato per sostenere l’iniziativa della Commissione europea per l’adozione, nel maggio 2016, del Codice di condotta sull’illecito incitamento all’odio online, con il quale le aziende informatiche si sono impegnate ad affiancare la Commissione europea e gli Stati membri nella sfida di garantire che le piattaforme online non offrano opportunità di diffusione virale di forme illegali di incitamento all’odio.

Questo importante passo avanti a livello UE nella sensibilizzazione degli internet service providers rappresenta un punto di partenza per elaborare una strategia nazionale di contrasto al fenomeno, caratterizzata da un approccio inclusivo del fondamentale contributo della società civile.

A tal fine, il Ministero ha coinvolto in una riflessione comune sul tema le associazioni maggiormente rappresentative, su base nazionale, in materia di prevenzione e contrasto agli atti discriminatori e ai crimini d’odio online e ha, inoltre, avviato un monitoraggio sui procedimenti aperti in ordine a tali fattispecie delittuose.

In sede europea, si sta valutando l’opportunità di rendere più stringenti gli obblighi previsti dal Codice, attraverso un intervento normativo che li definisca e li renda cogenti, sottraendoli ad un eccessiva discrezionalità delle imprese.

6.2. I nuovi strumenti della cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale

La presa d’atto circa l’improcrastinabile esigenza, imposta dalla necessità di adeguare gli strumenti di contrasto al carattere fluido assunto dalla criminalità internazionale, ha indotto a compiere sforzi significativi sul versante della cooperazione e della condivisione delle informazioni.

In questa prospettiva, oltre al rilancio della figura dei magistrati di collegamento, già nominati in Francia, Albania e Marocco, particolare attenzione è stata dedicata ad Eurojust, che costituisce uno snodo essenziale nel coordinamento investigativo, nello scambio di informazioni e, quindi, nella lotta alla criminalità organizzata transnazionale.

Deve, in proposito, rimarcarsi il rilievo di una nuova misura recentemente adottata, con la quale è stato attivato un network tra i corrispondenti nazionali di Eurojust in materia di terrorismo, finalizzato a garantire uno scambio di informazioni immediato in caso di attacchi terroristici.

Il potenziamento dello scambio informativo tra Eurojust e la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, inoltre, costituisce il volano anche per l’ulteriore sviluppo dei rapporti di cooperazione internazionale nel contrasto transnazionale al fenomeno dei ‘foreign fighters’ e delle nuove modalità del terrorismo internazionale.

Sul piano legislativo, poi, dopo anni di inerzia, è stato finalmente cambiato in maniera decisa il passo.

Assunto come obiettivo prioritario il superamento di ogni irragionevole o ingiustificato ostacolo alla cooperazione giudiziaria, come già accennato, particolare impegno è stato profuso per recuperare il gap preesistente attraverso il recepimento di numerosi ed importanti strumenti normativi di derivazione europea che da anni, e persino da oltre un decennio, attendevano di essere resi operativi.

Sono stati, così, introdotti nuovi ed efficaci strumenti investigativi e di contrasto, è stato ampliato il ventaglio delle garanzie e dei diritti fondamentali, è stato semplificato e velocizzato lo scambio di informazioni tra autorità giudiziarie, a tutto vantaggio della celerità e dell’efficacia della risposta repressiva.

Un importante traguardo normativo è stato raggiunto con l’adozione della legge n. 149/2016 recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione. Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l'estero: termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive”.

Già nei prossimi mesi, con l’esercizio della delega in materia di riforma del Libro XI del codice di procedura penale potranno essere raggiunti importanti obiettivi.
Viene, infatti, data piena attuazione al principio del mutuo riconoscimento delle decisioni degli Stati membri, per cui l’autorità giudiziaria italiana, nei casi previsti dalla legge, potrà dare esecuzione alle decisioni giudiziarie degli altri Stati dell’Unione, senza dover sindacare il merito delle stesse.

Inoltre, vengono rivisitate le forme processuali dell’assistenza giudiziaria, in chiave di semplificazione e razionalizzazione, così da rendere più celere ed efficace la cooperazione internazionale.

Anche le procedure estradizionali risultano semplificate ed accelerate e potenziati i meccanismi di interlocuzione diretta tra le autorità giudiziarie dei diversi Paesi, nella piena salvaguardia delle garanzie giurisdizionali e del principio del contraddittorio.
Particolare importanza riveste la delega relativa all’ordine europeo di indagine penale, che sostituirà gli attuali mezzi di cooperazione in materia di ricerca e di acquisizione delle prove con un nuovo, più agile strumento ‘orizzontale’, sperimentabile per quasi tutte le attività investigative, con precise e rapide modalità di esecuzione e con motivi di rifiuto puntualmente circoscritti, che, consentirà, inoltre, di unificare i singoli interventi di recepimento delle decisioni quadro in materia di sequestro probatorio e di mandato europeo di ricerca della prova, colmando, altresì, talune lacune di funzionalità degli strumenti di mutuo riconoscimento esistenti.

E’ un dato ormai acquisito che il traffico di stupefacenti e di armi, la tratta di esseri umani, la pedopornografia, il terrorismo, la criminalità informatica e il riciclaggio hanno come denominatore comune la permeabilità alla frontiere e la creazione di mercati criminali comuni.

Per eliminare ostacoli di carattere formale, nonché anacronistici limiti territoriali e rafforzare, dunque, la capacità delle autorità di contrasto di agire efficacemente, si è lavorato su più versanti.
Innanzitutto, sono state introdotte norme volte a snellire e semplificare le procedure di scambio di informazioni ed intelligence tra le autorità degli Stati membri dell’Unione europea (decreto legislativo n. 54/2015) ed è stata data attuazione alla normativa sulla condivisione delle informazioni presenti nei casellari giudiziari attraverso il sistema ECRIS (decreti legislativi nn. 73, 74 e 75 del 2016).

Un ruolo fondamentale in questo contesto è, poi, rivestito dalla attuazione, da tempo attesa, del Trattato di Prüm e dalla creazione della Banca dati nazionale del DNA, per le sue straordinarie potenzialità investigative nel favorire una cooperazione internazionale efficace, attraverso procedure celeri e sicure, di accesso informatico e telematico ai dati ivi raccolti e conservati.

Un altro fondamentale strumento di derivazione europea, che da lungo tempo le autorità nazionali di contrasto reclamavano, è costituito dalle squadre investigative comuni, che permettono di superare i tradizionali limiti della cooperazione interstatuale, investigativa e giudiziaria, specie nel contrasto dei cross-border crimes, commessi dalle organizzazioni criminali e terroristiche.

Le autorità giudiziarie possono finalmente costituire squadre investigative comuni in tutti i casi in cui appare utile compiere indagini particolarmente complesse sul territorio di più Stati e risulti necessario assicurare il coordinamento investigativo.

Sempre nella medesima prospettiva devono essere letti gli sforzi realizzati per l’adozione di provvedimenti normativi che recepiscono meccanismi che concretizzano il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie, com’è nel caso delle decisioni adottate in uno Stato membro che irrogano sanzioni pecuniarie (decreto legislativo n. 37/2016). Tale strumento consente, infatti, l’esecuzione all’estero delle decisioni che applicano sanzioni pecuniarie, siano esse rese da un’autorità giudiziaria o da un’autorità amministrativa.

Viene così sanato il vulnus alla libera circolazione delle persone, ma anche ai diritti dei singoli e della collettività.

Va sottolineato che questa previsione intende, altresì, riallineare il Paese agli standard europei, ponendo rimedio alla sostanziale mancanza di effettività delle sanzioni pecuniarie che si è, sinora, riscontrata in Italia.

Risponde alle medesime finalità anche l’adozione della normativa di recepimento dello strumento europeo in tema di riconoscimento delle decisioni sulle misure di sospensione che, oltre a favorire il reinserimento e la riabilitazione sociale delle persone condannate cui sia inflitta una pena non detentiva che comporti però la sorveglianza o il rispetto di obblighi o prescrizioni, favorisce il controllo sull’effettivo rispetto di quegli obblighi.

Sulla medesima linea si colloca, inoltre, il recepimento della normativa in materia di reciproco riconoscimento delle misure alternative alla detenzione cautelare.

Sotto il profilo processuale, deve essere rammentato il recepimento della direttiva in tema di diritti processuali delle persone che, imponendo uno standard minimo comune in relazione al delicato tema dei processi celebrati in assenza dell’imputato, rafforza la fiducia reciproca tra gli Stati membri nella valutazione della correttezza della procedura che conduce alla decisione giudiziaria presa da altro Stato.

Nel medesimo solco si colloca anche la normativa di recepimento in materia di prevenzione e risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, e quella relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sanzioni penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea.

La prima promuove una più stretta cooperazione nell’amministrazione della giustizia tra le autorità competenti degli Stati membri per il caso in cui la stessa persona sia oggetto, in relazione ai medesimi fatti, di procedimenti penali paralleli idonei a dar luogo a una decisione definitiva costituente violazione del principio del “ne bis in idem”. Con la seconda sono stati introdotti meccanismi in grado di pervenire, in caso di “litispendenza internazionale” ad una soluzione concordata tra gli Stati membri, al fine di evitare che in relazione allo stesso fatto si avviino o si svolgano processi penali paralleli, dinanzi ad autorità nazionali europee diverse. L’introduzione di tale meccanismo consente di scongiurare un inutile dispendio di energie processuali dei singoli Stati impegnati nei processi, nonché gravosi oneri per vittime e testimoni, costretti a comparire in sedi giudiziari di diversi Paesi per la stessa vicenda.

Al fine di assicurare una adeguata assistenza legale alle persone meno abbienti, con il d.lgs. n. 6 del 2015 si è intervenuti per un riordino complessivo della disciplina sulla difesa d’ufficio che garantirà un innalzamento del livello di professionalità, attraverso la previsione, tra l’altro, di criteri più rigorosi per l’iscrizione nel relativo elenco, di corsi di aggiornamento da concludersi con un esame, di verifiche periodiche per il mantenimento dell’iscrizione, di un termine di durata minima prima di poter chiedere la cancellazione dall’elenco al fine di assicurare la necessaria stabilità nell’esercizio di tale funzione pubblica.

Importanti previsioni di carattere sostanziale hanno riguardato la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime (decreto legislativo n. 24/2014), la lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile (decreto legislativo 39/2014), la repressione della falsificazione della moneta europea (decreto legislativo n. 125/2016).

Sul piano dell’attività internazionale bilaterale con Stati non appartenenti all’Unione europea, è stata svolta un’intensa attività negoziale tesa a concludere accordi di cooperazione giudiziaria penale in materia di estradizione, assistenza giudiziaria e trasferimento delle persone condannate.

In particolare, si è giunti alla firma di accordi con Ecuador, Emirati Arabi, Kazakistan, Kenya e Macedonia.

Altri ne sono stati parafati con Colombia, Filippine, Kosovo, Nigeria e Serbia e sono allo stato in attesa della firma.

Sono attualmente in corso attività negoziali con Paesi di importanza strategica per la lotta al terrorismo ed al crimine organizzato transnazionale quali Egitto, Guatemala, Marocco, Senegal, Tunisia, Uruguay, Venezuela, Argentina, Colombia, Filippine e Capo Verde.

Da ricordare, infine, la recente collaborazione informativa avviata tra il Ministero della giustizia e la Procura Generale della Corte di Cassazione, con la trasmissione da parte di quest’ultima al Dipartimento per gli affari di giustizia di una selezione delle pronunce della Corte di Cassazione in materia di cooperazione giudiziaria internazionale penale.

6.3 Le novità introdotte nel diritto penale sostanziale

Negli ultimi due anni numerose sono stati gli interventi realizzati per adeguare il sistema penale alla mutata realtà sociale e criminale.

Un’articolata strategia condotta sul fronte del contrasto alla corruzione e alla criminalità organizzata, anche di tipo economico, ha permesso di colmare numerose lacune che limitavano da tempo la risposta repressiva.

Meritano, fra le altre, di essere ricordate le iniziative assunte con l’introduzione del delitto di autoriciclaggio, la revisione del reato di falso in bilancio, l’irrigidimento delle sanzioni per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e per i più gravi delitti contro la pubblica amministrazione.

Anche la disciplina sugli ecoreati ha rappresentato un grande passo avanti, sia per la coscienza ambientalista del nostro Paese e per la sua stessa civiltà giuridica, sia nella effettiva definizione di misure e strumenti volti a proteggere e tutelare la salute, l’ambiente, il paesaggio, così come prescrive la Carta costituzionale.

Oggi forze dell’ordine e autorità giudiziaria possono contestare delitti specifici, alla cui definizione si accompagnano limiti di pena adeguati alle esigenze investigative e tempi di prescrizione accresciuti.

L’impostazione seguita nell’elaborazione di questa strategia normativa, congegnata in modo da difendere e promuovere l’economia legale contro le infiltrazioni criminali, premiando le imprese che investono su innovazione e sulla qualità e perseguendo di contro quelle che conquistano condizioni di vantaggio sul mercato e più alti profitti proprio grazie all’elusione o alla trasgressione delle norme è stata ripresa anche nella legge 29 ottobre 2016, n. 199, che ha messo a disposizione degli organi inquirenti nuovi strumenti per contrastare in modo efficace il c.d. caporalato.

Le modalità di contrasto allo sfruttamento del lavoro e della dignità dei lavoratori, in violazione delle più elementari norme poste a presidio della sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché dei diritti fondamentali della persona, sono costruite in modo articolato e non limitate all’inasprimento dell’apparato sanzionatorio, essendo stata elevata a bersaglio principale la ricchezza illecitamente accumulata.

Infatti, il fenomeno del caporalato, che faceva capo originariamente ad un singolo “caporale”, all’interno di una zona agricola o industriale circoscritta, è ormai appannaggio delle reti criminali transnazionali, che esercitano il loro dominio sulle vittime dal momento del reclutamento e per tutta la durata dello svolgimento delle prestazioni lavorative.

Ciò ha reso necessario applicare anche a tali fattispecie criminose le misure dimostratesi più efficaci nel contrasto alla criminalità organizzata. E’ stato, pertanto, esteso anche a tali ipotesi l’ambito applicativo della confisca allargata, prevista dall’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, della confisca obbligatoria e, per le ipotesi di cui all’articolo 603 bis, anche della responsabilità da reato degli enti.

La già rilevata necessità di adeguare il sistema penale alla mutate realtà e sensibilità sociali ha ispirato anche gli interventi adottati in tema di violenza di genere, di omicidio e lesioni stradali, di negazionismo, nonché quello ancora in corso di esame, in tema di cyberbullismo.

Per quanto riguarda, in particolare, la violenza di genere, il quadro degli strumenti di contrasto si è progressivamente arricchito: dopo la legge 15 ottobre 2013 n. 119, che ha inasprito, con finalità dissuasive, il trattamento sanzionatorio nei confronti degli autori di reati di violenza domestica perpetrata nei confronti delle donne, sono stati avviati i lavori per la creazione di una vera e propria rete di sostegno delle vittime di abusi e violenze.

Più in particolare, sono state intraprese iniziative specificamente volte ad incoraggiare le vittime vulnerabili - soprattutto le donne - a denunciare i reati consumati in loro danno.

Per rafforzare e costruire un vero e proprio sistema di garanzie, è stato adottato il decreto legislativo n. 212 del 2015, che appresta un efficace apparato difensivo per tutte le vittime di reato, sia per realizzare il doveroso adeguamento agli standard europei, che per assicurare posizione paritaria ai diritti di tutte le parti del processo.

Il sistema di tutela ha recentemente conosciuto il suo perfezionamento attraverso l’istituzione di un fondo destinato al ristoro patrimoniale delle vittime di reato.

Al fine di dare concreta attuazione al sistema normativamente delineato, merita di essere ricordata l’adozione generalizzata del progetto Codice Rosa Bianca - già in corso di sperimentazione con il patrocinio dai Ministeri della giustizia e della salute e con la cooperazione istituzionale tra ASL, forze di Polizia e Procure della Repubblica - che intende assicurare un accesso privilegiato alle cure sanitarie delle vittime di maltrattamenti ed abusi.

Sul versante del diritto sostanziale, al fine di potenziare l’azione di contrasto di condotte che suscitano un sempre più elevato allarme sociale, è stata anche rivisitata la disciplina relativa alle violazioni del codice della strada.

La legge 41/2016 è intervenuta incisivamente sia sul codice penale, con l’introduzione di due specifiche figure delittuose che incriminano, in via autonoma, l’omicidio stradale e le lesioni personali stradali con elevati limiti edittali di pena, sia sull’apparato sanzionatorio amministrativo, ampliando l’ambito applicativo della sanzione della revoca della patente di guida.

Un importante progresso nella tutela dei diritti e delle libertà fondamentali è stato, inoltre, compiuto con l’approvazione della legge 115/2016 in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come definiti dagli artt. 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, che introduce il reato di negazionismo. Ulteriore impulso in questo percorso di civiltà sarà dato dall’approvazione del reato di tortura, attualmente in discussione in Parlamento.

In fase di avanzato esame parlamentare è anche il disegno di legge sul cyberbullismo, che mira ad introdurre efficaci strumenti di contrasto a questo odioso fenomeno, in tutte le sue manifestazioni, sia con interventi di carattere preventivo, sia con una articolata strategia, specificamente incentrata sulla tutela dei minori coinvolti, siano essi vittime o autori degli illeciti.

6.4 Gli interventi sul processo penale

Le iniziative legislative hanno riguardato anche il cruciale settore del processo penale, con l’obiettivo di di innalzarne il livello di efficienza e di creare le condizioni perché sia rispettato quel principio di ragionevole durata sul quale troppo spesso le Corti sovranazionali censurano il nostro Paese.

In questa prospettiva, pur muovendo sulla strada della più ampia salvaguardia delle istanze di garanzia degli imputati e dei principi di frammentarietà, offensività e sussidiarietà della sanzione penale, si è lavorato al deflazionamento del sistema con l’obiettivo di ridurre il pesante carico penale.

L’azione riformatrice intrapresa è iniziata con il decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, che ha rivisitato le incriminazioni penali secondo effettivi criteri di offensività, introducendo la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, allo scopo di adeguare la risposta sanzionatoria penale e di rinviare alla sede civile la tutela tipicamente risarcitoria e restitutoria che sorge da offese tenui e conseguenti a condotte occasionali.

Con i decreti legislativi 15 gennaio 2016, nn. 8 e 9 sono state depenalizzate alcune fattispecie criminose, ormai prive di apprezzabile disvalore penale.

Altre fattispecie sono state invece derubricate a illeciti puniti con sanzioni pecuniarie civili.

Si tratta di misure che contribuiscono a ridurre sensibilmente il ricorso al diritto penale e a far scendere il dato ancora negativo che riguarda le prescrizioni.

Ma si tratta soprattutto di misure coerenti con una concezione moderna del diritto e della pena che, senza pregiudizio del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, consentono di ricondurre ad un principio di ragionevolezza le scelte dell’autorità giudiziaria.

La trasformazione di alcune tipologie di reati bagatellari e residuali in illeciti amministrativi e civili è andata di pari passo con l’irrobustimento del dispositivo penale verso altre fattispecie delittuose.

E’ stato, infatti, esteso il reato di concussione agli incaricati di pubblico servizio, introdotto il reato di autoriciclaggio e ridefinito il reato di falso in bilancio in una prospettiva tutt’altro che giustizialista, posto che i correttivi introdotti nel sistema penale sono funzionali ad assicurare maggiore forza all’azione repressiva nel contrasto alla criminalità economica ed alla corruzione.

Nella medesima ottica è stata rivista la materia delle misure cautelari personali, in modo da rendere il ricorso al carcere una extrema ratio e da assicurare un più rigoroso rispetto dei presupposti che le giustificano.

Il punto di arrivo del percorso riformatore avviato è il disegno di legge sulla riforma del processo penale. Si tratta di un intervento di ampio respiro che si muove su un terreno delicato, che è stato per oltre vent’anni oggetto di scontro fra politica e magistratura ma che è, anzitutto, il terreno dei diritti e delle garanzie dei cittadini.

Il provvedimento si è avvalso del lavoro svolto dalla Commissione presieduta dal dott. Giovanni Canzio, ma anche di quello dei gruppi di studio istituiti nel corso degli anni presso il Ministero e presieduti dal prof. Antonio Fiorella e dal prof. Giuseppe Riccio per la riforma del codice di procedura penale e dal prof. Giostra per l’ordinamento penitenziario.

Il percorso parlamentare, cominciato nel dicembre del 2014 ed attualmente all’esame del Senato dopo l’approvazione del testo alla Camera, non ha lasciato inalterato il disegno di legge originario, ma ha anzi recepito numerosi emendamenti sul versante del diritto sostanziale come anche sul terreno delle modifiche al codice di procedura penale.

L’obiettivo perseguito con questa riforma non è il raggiungimento della perfezione del sistema e della soluzione di tutti i problemi che affliggono il sistema, ma, più realisticamente, quello di tracciare, nelle condizioni date, un insieme di regole che siano efficaci, che provino a restituire efficienza alla giustizia, fiducia ai cittadini, serenità agli stessi operatori, e che diano a tutti le garanzie dovute, secondo le norme di uno Stato costituzionale di diritto.

Il disegno di legge tocca in profondità i meccanismi che governano l’intero sistema coinvolgendo anche un accurato aggiornamento del quadro delle garanzie a favore dell’imputato.

Viene, infatti, prevista l’estinzione dei reati procedibili a querela mediante condotte riparatorie, in modo che il danno sia riparato prima che inizi il dibattimento, con l’eliminazione delle conseguenze del reato.

Inoltre, è prevista una delega al Governo, per estendere la procedibilità a querela anche per i reati che producono offese di modesta entità, salvo le opportune eccezioni.

L’altro profilo altamente problematico su cui interviene il provvedimento, concerne il sistema delle impugnazioni, che è stato rimodulato tenendo conto del giudizio espresso dal Primo Presidente della Corte di Cassazione il quale, in occasione dell’inaugurazione dello scorso anno giudiziario, ha richiamato «l’efficacia deflattiva» dell’intervento riformatore e sottolineato che esso darà «un immediato beneficio a taluni settori nevralgici del giudizio penale di cassazione, preservandolo da un inutile dispendio di tempi e di risorse».

Questo d’altronde è il senso complessivo della riforma: rendere più stringenti e specifici i motivi di appello, scandire con maggiore puntualità i requisiti della sentenza in modo da rendere più agevoli le impugnazioni; introdurre la possibilità di un concordato sui motivi di appello (ad eccezione, beninteso, dei reati di maggiore gravità, come terrorismo, associazione mafiosa, reati sessuali e delinquenti abituali e professionali); aumentare le sanzioni pecuniarie in caso di inammissibilità dei ricorsi; semplificare la disciplina per l’inammissibilità per vizi formali.

È poi previsto che, in caso di ‘doppia conforme’ di assoluzione, il ricorso per cassazione possa essere proposto solo per violazione di legge.

Si tratta di un intervento di portata radicale, che è già stato positivamente valutato in sede internazionale dal gruppo di lavoro dell’OCSE in materia di corruzione nelle transazioni commerciali, che, di recente, ha rilevato come una riforma strutturale del regime della prescrizione dei reati, nei termini individuati dal disegno di legge, potrà contribuire in modo decisivo ad innalzare il livello di efficienza dell’azione di contrasto alla corruzione internazionale.

L'OCSE, infatti, ha monitorato, in questi mesi, gli sforzi realizzati dall'Italia sulla giustizia, valutando favorevolmente le riforme avviate e le misure adottate nel contrasto alla corruzione ed ha giudicato i provvedimenti in cantiere nel campo penale, ed in particolare l'impianto della riforma della prescrizione, come vere e proprie riforme di sistema.

Un deciso apprezzamento per la riforma è stato espresso anche dal GRECO, il Gruppo di Stati contro la Corruzione del Consiglio d’Europa, nel rapporto di valutazione sulla prevenzione della corruzione dei parlamentari, dei giudici e dei procuratori, approvato lo scorso 21 ottobre.

Nella relazione, infatti, viene espresso l’auspicio che sia rapidamente approvato il disegno di legge sul processo penale, in considerazione dell’attitudine che mostra a realizzare un quadro normativo organico, capace di ridurre l’incidenza della prescrizione e l’abuso dei mezzi di impugnazione.

Secondo il Consiglio d’Europa, infatti, gli interventi in cantiere sono essenziali nell’ambito della strategia di contrasto alla sfiducia collettiva verso l’efficienza dell’azione giudiziaria e all’incapacità della magistratura di rispondere in termini ragionevoli e con provvedimenti di qualità alla domanda di giustizia.

Per sostenere adeguatamente l’importante e complessa azione riformatrice avviata è stato anche introdotto un meccanismo di verifica degli stadi di avanzamento della riforma e del raggiungimento degli obiettivi.

A tal fine è stato istituito presso il Ministero l’“Osservatorio per il monitoraggio dell’efficienza complessiva del sistema giustizia e per la valutazione dell’efficacia delle riforme necessarie alla crescita del Paese” che ha, tra gli altri, anche il compito di monitorare i tempi del processo penale, con particolare riguardo all’impatto della disciplina della prescrizione del reato.

Su quest’ultimo cruciale tema, inoltre, è in corso di elaborazione anche un piano di azione a livello ministeriale per l’analisi e l’elaborazione dei dati statistici in materia di prescrizione dei reati, che prevede interlocuzioni periodiche e confronti con il detto Osservatorio per una migliore ponderazione delle rispettive valutazioni.

Nella prospettiva di razionalizzare e sostenere ulteriormente il lavoro degli Uffici giudiziari, è allo studio anche un rivisitazione delle attribuzioni delle Procure distrettuali volta a consentire una migliore concentrazione delle risorse sui reati tipicamente connessi a strutture organizzate del crimine, per la quale dovrà essere individuato il veicolo normativo.

6.5. Le misure organizzative per la maggiore efficienza del processo penale

L’informatizzazione

Il percorso di riforma avviato nel settore penale non si è limitato ad interventi normativi ed astratti, ma si sta confrontando anche con l’organizzazione degli uffici giudiziari, con l’obiettivo di contribuire alla semplificazione e razionalizzazione dell’attività quotidiana degli uffici giudiziari promuovendo la diffusione di strumenti al passo con l’evoluzione tecnologica.

Ha ormai acquisito carattere di sistematicità il sistema, avviato nel 2014, di notifica a persona diversa dall’imputato attraverso lo strumento della Posta Elettronica Certificata, che favorisce una significativa riduzione dei tempi di notifica degli atti processuali ed una ottimizzazione delle risorse, contribuendo per questa via all’efficienza ed alla celerità al processo penale.

Nel 2016 si sono visti i primi risultati concreti dell’azione già avviata negli scorsi anni sul fronte della informatizzazione del processo penale.

È, infatti, divenuto operativo, tra il dicembre 2015 e l’aprile 2016, presso tutti gli uffici giudiziari di primo e secondo grado, il Sistema Informativo della Cognizione Penale (S.I.C.P.).

Il nuovo sistema, oltre a rappresentare un efficace strumento in termini di economicità nella gestione degli affari, funzionale ad un innalzamento della complessiva efficienza del servizio giustizia, pone le basi per l’avvio del Processo Penale Telematico, che segue la positiva esperienza già maturata nel settore della giustizia civile.

Infatti, il S.I.C.P., già prescelto come modello unico di registro della cognizione penale, ha subito modifiche evolutive che, insieme ad ulteriori interventi di prossima realizzazione, lo trasformeranno da mero registro elettronico in vero e proprio programma di gestione, funzionale all’impiego delle consolles assegnate ai magistrati incaricati della gestione dei singoli affari e del personale direttivo e semi-direttivo di magistratura, incaricato del monitoraggio dei settori e degli uffici cui è preposto.
Il sistema alimenterà anche una piattaforma informativa condivisa e progressivamente aggiornata dai soggetti della giurisdizione coinvolti nelle diverse fasi e funzioni del processo penale.

Gli attori pubblici del processo (procure della repubblica e procure generali, giudici per le indagini preliminari, tribunali del riesame e del merito, corti d’assise, corti d’appello e corti d’assise d’appello) non opereranno più su sistemi “chiusi”, ma alimenteranno e fruiranno di una base dati distrettuale condivisa, i cui contenuti informativi popoleranno la Banca dati nazionale delle misure cautelari e il Casellario nazionale dei carichi pendenti e realizzeranno un più tempestivo aggiornamento del sistema informativo del casellario giudiziale.

Giova, per inciso, evidenziare che la corretta gestione degli affari tramite il S.I.C.P. contribuisce anche a dare supporto all’attività degli Uffici giudiziari, posto che il sistema prevede specifiche funzionalità quali meccanismi di alert sulla scadenza dei termini della custodia cautelare, offrendo concreto sostegno agli Uffici nell’osservanza del rispetto dei termini di custodia cautelare in carcere e scongiurando rischi di episodi di ingiusta detenzione.

Inoltre, del nuovo sistema beneficeranno anche gli uffici ministeriali. Questi potranno, infatti, disporre in tempi rapidi di informazioni statistiche aggiornate e affidabili, funzionali anche alla esatta individuazione dei carichi di lavoro e dei fabbisogni, in modo da distribuire le risorse in maniera razionale ed efficace. Inoltre, potranno acquisire, in maniera automatica dal sistema, le informazioni statistiche necessarie per predisporre le relazioni periodiche al Parlamento imposte dalla legge in determinate materie (tra le altre, misure cautelari personali e beni sequestrati e confiscati), nonchè per monitorare l’impatto delle più rilevanti novità legislative e per rispondere ai questionari periodicamente somministrati dalle istituzioni europee e da altri organismi internazionali, nel contesto di esercizi valutativi o di studi preliminari all’innovazione delle fonti sovranazionali (frodi comunitarie, terrorismo, corruzione, riciclaggio, smuggling, tratta di esseri umani).

Perché il sistema possa dispiegare tutta la sua efficacia non può, tuttavia, prescindersi dal ruolo di tutti gli operatori chiamati a impiegarlo, che dovranno assicurare la necessaria tempestività, accuratezza ed omogeneità delle operazioni di data entry.

A tal fine, sono state già programmate attività formative mirate del personale amministrativo, anche con l’obiettivo di elevare la corretta tenuta e gestione dei registri a specifico parametro di riferimento per la misurazione dell’efficienza del lavoro delle segreterie e delle cancellerie.

L’architettura complessiva del sistema vuole, infatti, segnare un’inversione di tendenza rispetto al passato, focalizzando la centralità del ruolo del personale amministrativo per il miglior funzionamento del complessivo servizio giustizia.
Sempre nella medesima prospettiva sono stati individuati criteri generali uniformi di gestione dei registri informatizzati, pur nella salvaguardia della piena autonomia dell’autorità giudiziaria nella qualificazione delle notizie di reato e nel compimento delle ulteriori attività processuali.

Nella definizione di tali criteri prezioso è stato il contributo fornito dai dirigenti di importanti Uffici Giudiziari e dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione, grazie all’adesione prestata al nuovo metodo di lavoro proposto dal Ministero nella definizione delle linee dell’azione amministrativa.

La costante interlocuzione intrapresa, infatti, ha permesso di conoscere le esigenze e di acquisire quegli spunti che emergono solo nella quotidiana gestione degli affari e ciò ha consentito di calibrare gli interventi nella maniera più utile ed adeguata.
Ora che, con il definitivo consolidamento del S.I.C.P., sono state poste le fondamenta per la definitiva integrazione dei sistemi informatici del settore penale, è finalmente possibile avviare anche gli interventi finalizzati alla realizzazione della piattaforma di data warehouse della giustizia penale.

E’ un obiettivo ambizioso ma ineludibile che muove dalla consapevolezza che per avviare interventi razionali e coerenti in materia organizzativa, tabellare e informatica il Ministero deve disporre di una rilevazione statistica attendibile, la quale può essere assicurata solo attraverso una continua implementazione degli strumenti tecnologici, in uno all’utilizzo coerente e uniforme dei sistemi informatizzati da parte degli Uffici Giudiziari.
La serietà di tale ambizioso progetto è dimostrata dalla definizione di specifiche linee progettuali ma, soprattutto, dallo stanziamento di risorse finanziarie adeguate nell’ambito dell’azione di programmazione dell’avvio del processo penale telematico, contenuta nel PON Governance.

Ulteriori risorse sono previste nella legge di stabilità per il 2017, nella quale, come in precedenza accennato, è prevista l’istituzione di un fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, destinato anche all’informatizzazione del sistema giudiziario.

Questo investimento di cospicue risorse testimonia l’avvenuta inversione di tendenza rispetto al passato e la volontà di abbandonare definitivamente la politica delle insostenibili logiche di improbabili riforme a costo zero e di lasciarsi alle spalle una ventennale stagione di stagnazione dell’informatizzazione del sistema giudiziario.

Sempre in relazione ai processi di innovazione tecnologica, un particolare impulso è stato dato al perfezionamento ed alla definitiva diffusione del Sistema Informativo Telematico delle Misure di Prevenzione (SIT.MP), finanziato con fondi europei, che consentirà la gestione integrata dei fascicoli con il tempestivo aggiornamento di tutte le autorità coinvolte nelle decisioni.

In tale prospettiva, è già stata avviata un’attività finalizzata a sensibilizzare gli Uffici Giudiziari alla tempestiva trasmissione delle informazioni di rispettiva competenza, con l’obiettivo di assicurare un aggiornato flusso di comunicazioni tra le banche dati, già costituite presso diverse istituzioni, con finalità di monitoraggio statistico (Direzione generale della giustizia penale del Ministero della giustizia), di incrocio di dati investigativi (i sistemi SIDDA e SIDNA, facenti capo alle Direzioni distrettuali e alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo) e di gestione delle fasi di liquidazione e destinazione dei compendi sequestrati e confiscati (Agenzia nazionale e FUG).

Parallelamente, sono in corso di attuazione misure in grado di consentire la piena interoperabilità tra i sistemi utilizzati dagli Uffici Giudiziari e il sistema informativo dell’Agenzia e, sul versante delle misure patrimoniali emesse nel contesto del processo penale, sono in corso modifiche evolutive del S.I.C.P., funzionali anche alla più efficiente attuazione di flussi comunicativi interamente informatizzati verso l’Agenzia, attraverso la creazione di un modulo denominato “gestione iter sequestro”.

Nello stesso contesto, meritano di essere ricordati gli sforzi che sono stati compiuti in occasione dell’istituzione dell’Albo informatizzato degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati.

Oltre a favorire l’uniformità, la coerenza e la trasparenza delle scelte compiute dall’Autorità giudiziaria e dall’Agenzia nazionale nell’affidamento della gestione delle ingenti risorse sottratte alla criminalità organizzata e terroristica, il sistema garantisce la verifica dei meccanismi di rotazione degli incarichi ed il tempestivo aggiornamento sui profili di onorabilità e professionalità degli amministratori, con l’effetto di assicurare l’efficienza e la trasparenza del sistema processuale in un settore particolarmente sensibile.

6.6. Le statistiche della giustizia penale

I dati statistici raccolti ed elaborati dalla Direzione Generale della statistica e dell’analisi organizzativa evidenziano che il numero complessivo di procedimenti penali presso gli uffici giudiziari ha conosciuto una sensibile riduzione, risultando pendenti, alla data del 30 giugno 2016, 3.229.284 procedimenti, con una riduzione del 6,9% rispetto al giugno 2015.

L’analisi dinamica su scala nazionale del dato dimostra che la riduzione è da ricondurre ad un leggero calo delle nuove iscrizioni e ad un incremento del numero delle definizioni.

La riduzione delle pendenze più significativa è quella riscontrata nei Tribunali che presentano tra l’anno giudiziario 2014/2015 e quello 2015/2016 una diminuzione delle pendenze pari al -3,8%, quasi interamente trainata dall’ufficio gip/gup.
La riduzione più importante in termini percentuali si riscontra presso il Giudice di Pace (-12,8%).

Si riportano di seguito i dati relativi ai diversi uffici del settore penale.

  • Procura della Repubblica: i procedimenti con autore noto iscritti nell’anno giudiziario 2015/2016 sono diminuiti del 7,3% rispetto all’anno precedente, anche se risultano in leggero aumento i procedimenti per i reati di competenza della DDA.
    Il calo delle pendenze va ricondotto anche ad un positivo incremento delle definizioni, che sono salite del 5,2%.
  • Tribunale: per gli uffici di Tribunale (dibattimento e ufficio del giudice per le indagini e l’udienza preliminare) nel complesso, l’anno giudiziario 2015/2016 ha evidenziato un leggero incremento delle iscrizioni (+2,1%) ma anche delle definizioni (+4,9%) e ciò ha determinato un calo delle pendenze (-3,8%).
  • Giudice di pace: a fronte di un leggero aumento delle iscrizioni si è registrato un discreto incremento delle definizioni (+10,9%), che ha portato ad una riduzione delle pendenze del 12,8%.
  • Corte di Appello: il secondo grado evidenzia un incremento delle iscrizioni del 16,5% ed anche, conseguentemente, delle pendenze, che sono salite del 2,7%.

Il quadro complessivo deve essere certamente letto in relazione all’aumento delle definizioni del primo grado, per cui, allo stato, l’incremento delle definizioni - che si è comunque registrato - è solo parzialmente bilanciato dal maggior numero di definizioni, che è pari al 6,1%.

Il quadro complessivo della giustizia penale evidenzia, dunque, un andamento complessivamente positivo ed una ragionevole aspettativa di miglioramento può formularsi per effetto delle innovazioni, organizzative e normative in atto, che vanno a incidere, come sopra esposto, sia sul piano del diritto sostanziale che su quello processuale.

 

procedimenti penali

 

7. LA GIUSTIZIA MINORILE

Alla giustizia minorile è stata dedicata anche nell’anno 2016 un particolare riguardo, e non solo attraverso interventi legislativi mirati.

Maggiore attenzione ai percorsi di rieducazione ed inserimento sociale, rafforzamento dei diritti e delle tutele giurisdizionali nell’ottica della centralità del minore e della salvaguardia delle sue relazione ed affettività hanno caratterizzato gli interventi, organizzativi e normativi, nel settore della giustizia minorile.

Sul piano organizzativo, infatti, si è proceduto al rafforzamento del Dipartimento, già della giustizia minorile, oggi della giustizia minorile e di comunità, presso il quale è istituita la nuova Direzione generale della esecuzione penale esterna cosicché, dalla contiguità dei due mondi, possa realizzarsi un passaggio di esperienze, un momento di comune formazione, un’osmosi di modelli applicativi e prassi virtuose.

Per la più completa attuazione di questa nuova organizzazione è indispensabile l’adozione di nuove modalità e procedure di interconnessione delle funzioni, delle competenze e della operatività dei Servizi minorili della Giustizia, a livello di amministrazione centrale e delle articolazioni periferiche, attraverso la realizzazione di modelli di collaborazione con l’area della esecuzione penale degli adulti.

Si richiede, pertanto, una maggiore diversificazione delle strutture e degli interventi ed un costante monitoraggio delle peculiarità dell’utenza.

Va considerato, infatti, che per i cosiddetti giovani adulti (ovvero gli autori di reati commessi durante la minore età, che permangono negli istituti penali minorili fino al compimento del venticinquesimo anno), debbono necessariamente applicarsi i medesimi principi trattamentali della giustizia minorile, con l’effetto che l’amministrazione è chiamata ad elaborare mirate strategie e programmi di reinserimento sociale.

Ciò comporta il massimo impegno, in termini di gestione e trattamento, per far sì che la contiguità di fasce di età tanto diverse non determini sopraffazioni, reclutamenti, rischi di radicalizzazione da cui possano derivare eventi critici come quelli che ultimamente si sono registrati.

La modifica dell’ordinamento penitenziario minorile nell’ambito del progetto di legge di riforma del processo penale, attualmente all’esame del Senato, apre nuove prospettive per la realizzazione di un nuovo sistema di esecuzione della pena di cui da tempo la magistratura avverte l’esigenza e che consentirà una migliore organizzazione anche delle strutture penitenziarie.

Il consolidamento di una cultura che pone i diritti dei minori al centro di tutte le attività processuali che a vario titolo li vedono protagonisti, ha condotto ad eccellenti risultati, come dimostrato dalle recenti rilevazioni statistiche che indicano l’Italia come il Paese con il più basso tasso di delinquenza minorile rispetto agli altri paesi dell’UE ed agli Stati Uniti. Tale effetto è certamente da ricondursi all’efficacia sia programmi di prevenzione adottati, che delle misure trattamentali alternative alla detenzione.

Al riguardo, la maggior parte delle garanzie procedurali minime già previste nel nostro sistema processuale minorile (tra cui l’obbligo di assistenza legale al minore in tutte le fasi del procedimento, la valorizzazione del vissuto e della personalità del minore, la detenzione separata tra minorenni ed adulti e la formazione specialistica dei magistrati che operano nel settore minorile) sono contemplate anche nel modello europeo di giusto processo minorile siglato nel dicembre 2015 dai rappresentanti della commissione Europea, del consiglio dell’UE e dell’Europarlamento, a riprova della bontà del nostro sistema minorile.

Anche la giustizia riparativa, attraverso la mediazione che è spesso parte integrante dei programmi trattamentali di messa alla prova, trova soddisfacente attuazione in ambito minorile.

A tal proposito appare significativo registrare il dato relativo alla crescente applicazione dell’istituto della messa alla prova, che risulta triplicato nel corso degli ultimi dieci anni.

Nell’anno 2016 sono state portate avanti iniziative volte a favorirne il ricorso con modalità uniformi su tutto il territorio nazionale, attraverso la stipula di protocolli d’intesa con gli enti territoriali e la creazione, su base regionale, di centri per la giustizia riparativa e mediazione penale con il coinvolgimento delle agenzie educative del territorio e del volontariato.

Nell’anno 2017 proseguirà l’azione, intrapresa nell’anno appena trascorso, finalizzata alla revisione dell’intera organizzazione dei servizi minorili delle comunità, sia quelle gestite in via esclusiva dal Dipartimento di giustizia, sia quelle gestite dal privato sociale - nel più rigoroso rispetto delle norme introdotte dal nuovo Codice degli appalti - queste ultime generalmente destinate ad accogliere minori estranei al circuito penale, che vivono temporanee condizioni di difficoltà legate al complessivo disagio o alla inadeguatezza dei contesti familiari di appartenenza.

Per i collocamenti in comunità del privato sociale, anche in relazione alla Direttiva del Ministro del 6 ottobre 2016, sono stati promossi accordi con le Autorità Giudiziarie locali volte a definire modalità di valutazione dell’idoneità delle Comunità del privato sociale che ospitano minori del circuito penale, modalità di applicazione e di esecuzione dei provvedimenti di collocamento al fine di ottimizzare l’efficacia della misura, modalità operative per i minori di difficile gestione, nonché per l’individuazione di strutture comunitarie adeguate a contenere detti minori.

Sono stati inoltre avviate attività di verifica attraverso i "Gruppi di monitoraggio delle Comunità" istituiti presso i CGM con visite di controllo presso le strutture convenzionate, anche senza preavviso, per verificare la sussistenza dei requisiti funzionali ed organizzativi delle Comunità.

Costante è stato il confronto con l’Autorità Giudiziaria minorile sia con riguardo al trattamento dei minori provenienti da contesti di criminalità organizzata, sia per una lettura condivisa del fenomeno della devianza giovanile nei diversi contesti territoriali, al fine di definire modalità condivise di intervento.

In materia civile, con la legge 10 dicembre 2012 n. 219 si è finalmente affermata l’eguaglianza giuridica di tutti figli, a prescindere dalla nascita in costanza di matrimonio, nel pieno rispetto dei principi costituzionali e degli obblighi imposti a livello internazionale.

Si è così modificato l'assetto giuridico della filiazione attraverso l’unificazione del relativo stato giuridico depotenziando, nell'ambito dei rapporti familiari, la centralità del vincolo coniugale a vantaggio dei diritti della prole, intento confermato altresì dalla sostituzione dell’espressione “potestà genitoriale” con quella di “responsabilità genitoriale” onde valorizzare il profilo dell’assunzione di responsabilità da parte dei genitori nei confronti del figlio.

Tuttavia, a questa profonda evoluzione sul piano dei principi e del diritto sostanziale, non è ancora corrisposta un’effettiva parificazione delle tutele sul piano processuale e ordinamentale, ragion per cui, come già accennato, è stata elaborata una proposta di riforma, in corso di esame parlamentare, per l’istituzione di una sezione specializzata per la famiglia al fine di superare l’attuale frammentazione della materia minorile tra Tribunale ordinario, Giudice tutelare e Tribunale per i minorenni, a cui corrisponderà, sul piano processuale, una razionalizzazione dei riti e delle competenze, salvaguardando i profili di specializzazione e professionalità dei tecnici, togati e laici, che si sono formate nell’esperienza del Tribunale per i minorenni e garantendo altresì l’ausilio dei servizi sociali e di tutti gli operatori del settore.

La valorizzazione della famiglia e dei diritti fondamentali del fanciullo, primo tra tutti quello alla continuità affettiva, è stata ulteriormente riaffermata dalla legge 19 ottobre 2015, n. 173, recante modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare, che ha inteso introdurre un favor verso i legami costruiti in ragione dell'affidamento, avendo cura di specificare che questi hanno rilievo solo ove il rapporto instauratosi abbia di fatto determinato una relazione profonda, proprio sul piano affettivo, tra minore e famiglia affidataria. Il testo prevede una "corsia preferenziale" per l'adozione a favore della famiglia affidataria che possegga tutti i requisiti di legge, laddove - dichiarato lo stato di abbandono del minore – risulti impossibile ricostituire il rapporto del minore con la famiglia d'origine.

La diffusione in tutti gli Uffici minorili dell’applicativo SIGMA, appena completata, consentirà una raccolta omogenea dei dati e la implementazione della Banca dati adozioni.
Sempre in tema di rapporti tra affidamento e adozione, con riferimento ai minori stranieri, con la legge 18 giugno 2015 n. 101 l’Italia, dopo un iter molto travagliato, ha proceduto alla ratifica e all’esecuzione della Convenzione dell’Aja in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori.

La Convenzione si applica alle questioni relative all’attribuzione, all’esercizio e alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale, al diritto di affidamento, alla tutela del minore, alla curatela e agli istituti analoghi, all’amministrazione, alla conservazione o alla disposizione dei beni del minore, al collocamento del minore in una famiglia di accoglienza o in istituto o alla sua assistenza legale tramite la cosiddetta kafala.

Quest’ultimo profilo, particolarmente delicato, è stato stralciato dalla legge di esecuzione e forma oggetto di un autonomo disegno di legge presentato dal Governo, contenente le norme di adeguamento interno, al fine di attribuire una veste giuridica alla kafala, istituto affine all'affidamento familiare, previsto come unica misura di protezione del minore negli ordinamenti islamici, che non operano alcuna distinzione tra bambini in stato di abbandono e bambini in situazioni di transitoria difficoltà.
Al riguardo, va rammentata l’importanza di una puntuale applicazione del decreto legislativo n.142 del 18 agosto 2015 che, in attuazione delle direttive 32 e 33 UE, reca norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, anche per la grande attenzione dedicata ai minori cui viene garantita, così unificando prassi molto diversificate sul territorio nazionale, adeguata e pronta accoglienza ed una tutela giuridica più rapida ed efficace.

8. IL SISTEMA PENITENZIARIO

L ’organica e strutturale revisione del sistema di esecuzione della pena ha costituito uno dei prioritari obiettivi del Governo sin dal suo insediamento.
All’indomani della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella procedura pilota originata dal caso Torreggiani, si è imposta l’adozione di un piano d’azione rivolto a dare garanzia del pieno ed effettivo adeguamento del sistema penitenziario ai principi della Convenzione del 1950.

Ed è proprio questo impegno, di tipo strutturale e sistemico, che ha permesso, non solo di affrontare con misure adeguate il problema del sovraffollamento delle strutture penitenziarie, ma di avviare una complessiva rimeditazione del tema dell’esecuzione penale, nelle sue molteplici declinazioni, in conformità alle finalità che la Costituzione e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo conferiscono alla sanzione penale.

Nel marzo 2016 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha definitivamente archiviato la procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia per violazione dell’art. 3 della Convenzione, riconoscendo la validità degli sforzi operati e la bontà dei nuovi modelli detentivi progressivamente adottati.

Sul versante specifico del sovraffollamento carcerario, le misure introdotte consentono di rassegnare un bilancio incoraggiante: al 31 dicembre 2016, la popolazione carceraria è composta da 54.653 unità, ancora superiore all’accresciuta, complessiva capacità regolamentare degli istituti penitenziari, ma l’andamento dei flussi dimostra, da un lato, la conquistata durevolezza del processo di contenimento del ricorso alla detenzione nelle politiche criminali dello Stato e, dall’altro lato, la tendenza verso un nuovo e più maturo equilibrio del rapporto fra presenze carcerarie ed esecuzione penale esterna.

Questo incoraggiante risultato è stato conseguito anche grazie all’adozione di mirate misure organizzative, quali l’applicativo “spazi detentivi” (ASD) ed il database sul monitoraggio delle condizioni detentive. Il primo, oltre a fornire una fotografia in tempo reale del numero dei detenuti presenti nei singoli istituti, consente altresì di conoscere la loro esatta collocazione all’interno di ogni istituto e, così, anche lo spazio fisico di cui ciascun detenuto può fruire. Il secondo monitora le situazioni di criticità, permettendo di intervenire tempestivamente per sanarle e ricondurle agli standards europei.

Gli interventi normativi finalizzati alla riduzione delle presenze in carcere sono stati accompagnati dal rafforzamento degli strumenti a presidio dei diritti delle persone detenute.
Per un verso, con l’introduzione dell’articolo 35-bis dell’Ordinamento Penitenziario, è stata rafforzata la tutela del detenuto, permettendo di sottrarlo con rapidità ad una situazione logistica che genera la violazione del suo fondamentale diritto a non subire trattamenti inumani e, al contempo, di riconoscergli un ristoro per la violazione subita.

Per altro verso, con l’istituzione del Garante Nazionale delle persone private della libertà personale, è stata introdotta una autorità autonoma e indipendente, istituzionalmente preposta alla tutela dei diritti dei detenuti, resa operativa con l’emanazione del regolamento attuativo della legge istitutiva e con la dotazione organica di personale adeguato per professionalità e competenze, in grado di svolgere un positivo ruolo di interlocuzione nei processi di progressivo adeguamento dell’amministrazione penitenziaria.

Ad interventi urgenti, pure necessari a fronteggiare, nell’immediato, il rapporto critico tra popolazione detenuta e spazi di esecuzione della pena si è, pertanto, affiancata una complessa pianificazione strategica, che ha portato all’adozione di misure, normative ed organizzative, proiettate in una visione globale, al di là della condizione di emergenza umanitaria stigmatizzata dalla Corte.

Per supportare adeguatamente le modifiche strutturali imposte dall’ambizioso obiettivo è stata per la prima volta avviata un’iniziativa multidisciplinare e di ampio respiro. Con gli “Stati generali dell’esecuzione penale”, infatti, si è aperta un’ampia consultazione pubblica che ha segnato una tappa importante nel lungo percorso avviato volto a dare la necessaria attuazione alle prescrizioni della Corte Europea dei Diritti dell’uomo.

L’esito dei lavori, che hanno riunito oltre duecento diversi esponenti dell’Accademia, dell’Avvocatura, della Magistratura, dell’associazionismo civile, oltre che rappresentanti di tutti gli operatori del settore, in una riflessione condivisa sulla pena e sul sistema penitenziario, è stato illustrato nelle giornate del 18 e 19 aprile 2016, nell’istituto penitenziario di Rebibbia, alla presenza del Capo dello Stato e di esponenti delle istituzioni e della società civile. L’evento ha registrato l’interessata partecipazione del Vice Segretario generale del Consiglio d'Europa e del Commissario europeo per la giustizia e ha aperto e reso visibile a molti “l’orizzonte di una nuova cultura della pena”, offrendo al dibattito politico ed istituzionale e alla pubblica opinione gli esiti di una approfondita ed originale riflessione sul mondo del carcere.

Questa nuova prospettiva, unitamente alla riacquistata credibilità nello scenario internazionale del sistema penitenziario italiano, segnata dalla definitiva archiviazione della vicenda Torreggiani, segna un passaggio avanzato del percorso riformatore intrapreso e contribuisce a delineare più compiutamente gli obiettivi e le linee d’azione per il futuro, ponendo le basi per interventi necessari a definire, sia sul piano organizzativo, che su quello normativo, il profondo cambiamento del sistema penitenziario, del quale è largamente condivisa la necessità.

Nell’anno 2016 è proseguito il percorso già avviato per il raggiungimento dell’obiettivo primario di assicurare alle persone detenute condizioni di vita detentive adeguate al rispetto più pieno della dignità umana, in uno con quello della individuazione di opzioni trattamentali che facilitino un consapevole reinserimento nel contesto sociale, così da garantire esigenze di sicurezza e flessione del tasso di recidiva.

Il complesso delle iniziative intraprese per fronteggiare l’emergenza e, al contempo, per avviare il ripensamento dei modelli di detenzione e delle stesse strutture detentive ha consentito, infatti, non solo di offrire risposte concrete ai rilievi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e di riportare sotto controllo l’andamento dei flussi detentivi, ma ha costituito anche la cornice fondamentale per l’avvio di una profonda azione di ricognizione delle criticità e dei bisogni della amministrazione penitenziaria, essenziale innanzitutto per individuare i rimedi strutturali indirizzati alla stessa organizzazione delle sue funzioni.

Ulteriori spazi di intervento innovativo saranno poi aperti dall’esercizio della delega al Governo per la riforma dell’ordinamento penitenziario, oggetto del disegno di legge, di iniziativa governativa, A.S. n. 2067 (ex A.C. n. 2798, attualmente in discussione al Senato), recante: "Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena" che, agli articoli 34 e 36, contiene la delega per la riforma dell’ordinamento penitenziario, approvato dalla Camera dei deputati ed ora all’esame dell’Aula del Senato.

Le indicazioni e le proposte pervenute dal lavoro dei Tavoli degli Stati Generali potranno alimentare costruttivamente il dibattito parlamentare in corso sul disegno di legge.

In particolare, nell’elaborazione dei princìpi e criteri direttivi potranno essere opportunamente valorizzate le indicazioni finalizzate:

  • all'individualizzazione del trattamento rieducativo e alla differenziazione dei percorsi penitenziari;
  • a potenziare l’accesso alle misure alternative ed a semplificarne le procedure;
  • alla previsione di attività di giustizia riparativa quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale, sia in ambito intramurario, sia nell'esecuzione delle misure alternative;
  • all’incremento delle opportunità di lavoro retribuito, sia intramurario, sia esterno, nonché di attività di volontariato individuale e di reinserimento sociale dei condannati;
  • alla disciplina dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari;
  • alla revisione delle disposizioni dell'ordinamento penitenziario alla luce del riordino della medicina penitenziaria disposto dal decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, tenendo conto della necessità di potenziare l’assistenza psichiatrica negli istituti di pena;
  • al pieno riconoscimento del diritto all'affettività delle persone detenute e internate e disciplina delle condizioni generali per il suo esercizio;
  • alla previsione di norme che favoriscano l’integrazione delle persone detenute straniere;
  • all’adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze educative dei detenuti minori di età;
  • alla previsione di norme volte al rispetto della dignità umana attraverso la responsabilizzazione dei detenuti, la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna, la sorveglianza dinamica;
  • alla tutela del rapporto tra detenute e figli minori;
  • alla previsione di norme che considerino gli specifici bisogni e diritti delle donne detenute;
  • alla revisione del sistema delle pene accessorie improntata al principio della rimozione degli ostacoli al reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una loro durata superiore alla durata della pena principale;
  • alla revisione delle attuali previsioni in materia di libertà di culto e dei diritti ad essa connessi.

Il radicale processo di riforma del sistema dell’esecuzione penale si è accompagnato ad un riordino complessivo dell’amministrazione penitenziaria che, nella nuova dimensione, viene chiamata ad assecondare un generale processo di semplificazione strutturale e di maggiore efficienza operativa.

Il percorso è stato certamente agevolato dall’adozione del nuovo regolamento di organizzazione della struttura ministeriale (D.P.C.M. n. 84 del 2015), in cui le esigenze di unitaria e coerente regia delle politiche trattamentali e di esecuzione della pena hanno trovato valorizzazione nell’istituzione (art.7) del nuovo Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, cui sono state attribuite le aree funzionali inerenti l’esecuzione penale esterna e la messa alla prova. L’intento è quello di realizzare la unificazione di due sistemi, quello minorile e quello della esecuzione penale esterna attraverso un canone operativo che non si riduca all’accostamento formale di due realtà distinte ed ancor meno nell’inglobamento di un settore all’interno dell’altro.
In altre parole, come già riferito, si tratta di preservare i modelli di funzionamento della giustizia minorile, espandendo, al contempo, il sistema della esecuzione penale esterna.
L’ampliamento dei presupposti per l’accesso alle misure alternative, l’introduzione dell’istituto della messa alla prova per gli adulti, l’espansione delle sanzioni alternative al carcere e del ricorso al lavoro di pubblica utilità impongono un’azione amministrativa che miri ad adeguare il sistema organizzativo alla ineludibile necessità di costruzione di un sistema di probation ampio ed effettivo, che ponga l’Italia alla pari di tutti i maggiori paesi europei che trovano in questo settore il principale strumento di esecuzione penale.

Se per un verso è indispensabile adeguare le risorse, umane e finanziarie, necessarie per la crescita e lo sviluppo del nuovo ambito di responsabilità del nuovo Dipartimento, per altro verso deve essere costruito un modello organizzativo efficiente e razionale in grado di assicurare rigorosi programmi di recupero che prevedano meccanismi di controllo effettivo e di costante verifica dei percorsi di risocializzazione messi in campo.
La sottrazione dell’esecuzione penale esterna alla dimensione ancillare cui era tradizionalmente relegata nella amministrazione penitenziaria, oltre a consentire l’avvio di un processo di profonda ristrutturazione dei servizi dell’amministrazione della giustizia funzionali alla piena valorizzazione delle misure alternative alla detenzione, consente la concentrazione delle risorse del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nell’attuazione del programma riformatore che ha al suo centro il circuito penitenziario.

In questa rinnovata dimensione deve inquadrarsi anche l’ormai avanzato percorso di riordino delle strutture e delle funzioni dell’Amministrazione penitenziaria. Il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero è già in corso di esecuzione e risultano adottati la maggior parte dei decreti attuativi.

La regolarità dell’azione amministrativa, anche in questa fase di transizione, è garantita attraverso un’articolata distribuzione delle competenze facenti capo agli uffici soppressi ed una stretta collaborazione tra gli uffici del Dipartimento.

Anche il sistema di acquisizione di beni e servizi è stato rivisitato concentrando solo in capo al Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria le competenze e le risorse finanziarie e umane necessarie alla programmazione ed alla attuazione delle linee gestionali, mantenendo all’Amministrazione penitenziaria un’autonomia nelle residue competenze contrattuali tassativamente indicate nel Regolamento di organizzazione e nel decreto attuativo.

Si tratta di un processo di riorganizzazione decisivo per l’innalzamento dei livelli di economicità, trasparenza ed efficienza dell’azione ministeriale, cui deve corrispondere un’azione sinergica delle articolazioni amministrative interessate.
A questo medesimo processo va ricondotta anche la scelta di sopprimere il Centro amministrativo Giuseppe Altavista, le cui competenze in materia di personale e risorse, cresciute impropriamente in omaggio a pur obiettive, ma, in definitiva, mal intese istanze di semplicità operativa, sono state trasferite interamente alle competenti strutture dirigenziali generali.

L’attuazione del processo di riorganizzazione in parola esige, naturalmente, la traduzione delle sue finalità di razionale e corretto impiego delle risorse disponibili in coerenti politiche del personale dell’amministrazione penitenziaria.

Al di là del fondamentale rilievo delle prospettive segnate dal processo di riordino delle carriere di polizia previsto dalla legge 124/2015 e dal superamento delle ingiustificate disparità di trattamento reso possibile dalla previsione del riallineamento della polizia penitenziaria, contenuta nella legge di stabilità 2016, il segno fondamentale del rinnovamento, oltre che in una complessiva azione di più adeguata valorizzazione del ruolo della dirigenza penitenziaria, deve ritrovarsi nella ormai indifferibile definizione di nuove, trasparenti ed efficienti direttrici di gestione del personale.

Si impone, al riguardo, l’ormai indifferibile esigenza di definizione delle piante organiche del Dipartimento penitenziario e dei provveditorati, secondo linee di massima semplificazione strutturale e di pratica destinazione delle risorse, così liberate ai compiti istituzionali propri degli istituti penitenziari.

In tale processo dovrà ricercarsi il confronto e la cooperazione delle organizzazioni sindacali, nella consapevolezza dell’urgenza di una manovra organizzativa cruciale per la stessa credibilità della Amministrazione penitenziaria, intanto adottandosi criteri gestionali che consentano il massimo recupero possibile delle energie e delle risorse disperse attraverso inefficienti, quando non improprie, utilizzazioni degli strumenti di flessibilità delle condizioni di impiego del personale.

Più in generale, dovranno trovare realizzazione obiettivi e da tempo frustrate istanze di nuovi reclutamenti di personale di polizia e nei ruoli civili dell’amministrazione, in raccordo con le accresciute e vitali esigenze di dotazione di nuove professionalità tecniche nei multiformi settori di impegno istituzionale della Amministrazione.

A seguito dell’emanazione del DPCM 84/2015 l’Amministrazione è uscita dal regime di blocco delle assunzioni e pertanto ha potuto avviare le procedure di mobilità nonché quelle per l’autorizzazione ad assumere avuto riguardo alle cessazioni intervenute negli anni 2011-2015, nel rispetto delle percentuali di turn over previste dalla normativa vigente.

All’esito delle procedure di mobilità avviate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la Funzione Pubblica, si sta provvedendo all’assunzione di n. 23 unità della II Area funzionale, vari profili e fasce retributive, in conformità al Decreto del Dipartimento della Funzione Pubblica 30 dicembre 2016.

Si sta provvedendo inoltre al perfezionamento dell’assunzione, nella II Area funzionale, varie fasce retributive, di n. 6 unità provenienti dal Corpo Forestale dello Stato che hanno aderito all’offerta di mobilità di cui al DPCM 21 novembre 2016 concernente la “Determinazione del contingente di personale del Corpo Forestale dello Stato che potrà avvalersi della facoltà del transito ad altra amministrazione Statale e definizione delle tabelle di equiparazione e dei criteri da applicare alle procedure di mobilità ai sensi dell’art. 12 comma 3,, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n 177 ”, in conformità al citato decreto del Dipartimento della Funzione Pubblica.

Da ultimo, definite le procedure suddette, si potrà provvedere all’assunzione di ulteriori complessive n. 130 unità di personale, attingendo alle graduatorie vigenti, mediante scorrimento, così ripartite:
n. 59 Funzionario giuridico pedagogico, III Area, fascia retributiva F1;
n. 13 Funzionario giuridico pedagogico, III Area, fascia retributiva F1;
n. 50 Funzionari contabili, III area, Fascia retributiva F1;
n. 8 Funzionari dell’organizzazione e delle relazioni, III Area, Fascia retributiva F1.
Ai fini della predetta assunzione si è in attesa di ricevere il provvedimento autorizzativo, da emanarsi con DPCM a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica di concerto con il MEF- Igop, allo stato in corso di definizione.

Si è, invece, concluso il concorso, per titoli, a complessivi n. 18 posti nel Gruppo Sportivo “Fiamme Azzurre” – PDG 11 febbraio 2016 -, di cui n. 11 posti nel ruolo maschile e n. 7 posti nel ruolo femminile. I vincitori (n. 17 unità a fronte dei 18 posti messi a concorso) sono stati assunti con provvedimento 20 dicembre 2016, attesa l’autorizzazione di cui al D.P.C.M. 19 ottobre 2016.

Il D.P.C.M. 19 ottobre 2016 ha, invece, autorizzato l’assunzione di 887 allievi agenti del corpo di polizia penitenziaria.A tal proposito si rappresenta che con la disposizione contenuta nel decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini, era stata prevista, all’articolo 1, comma 2, la proroga sino al 31 dicembre 2017 della graduatoria dei concorsi regolati dall’articolo 2199 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, pubblicate in data non anteriore al 1 gennaio 2012.

In sede di conversione del suddetto decreto-legge, si è conseguentemente proposto un emendamento, tenuto conto delle impellenti esigenze dell’amministrazione penitenziaria che prevede l’assunzione di complessive n. 887 unità di personale nella qualifica iniziale del ruolo degli agenti ed assistenti del Corpo di polizia penitenziaria attingendo alle graduatorie dei concorsi conclusi fino al 2014, in deroga alle disposizioni di cui al citato articolo 2199 del codice dell'ordinamento militare che prevede che le assunzioni nel Corpo della polizia penitenziaria devono aver luogo, annualmente, mediante nuovi concorsi.

La disposizione in oggetto, nel prevedere in via eccezionale lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi banditi e conclusi precedentemente a quelli tuttora in atto, consente all’Amministrazione di superare l’impasse nell’attività assunzionale del 2016 derivante dall’attuale svolgimento di accertamenti giudiziari sulle procedure concorsuali da ultimo bandite.

In particolare, la proposta emendativa è finalizzata, a completamento della disposizione già contenuta nel decreto legge in materia di proroga, a far fronte alle contingenti esigenze di funzionalità del Corpo di polizia penitenziaria, tenuto conto della necessità di assolvere ai molteplici compiti affidati a questo delicato settore istituzionale, ciò che richiede una particolare attenzione, anche in considerazione dei sempre presenti stati di tensione della popolazione detenuta.

La norma, come già rilevato, consente, in via prioritaria, l’assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria dei vincitori dell’aliquota b) di concorsi banditi dall’Amministrazione penitenziaria le cui graduatorie sono state pubblicate in data non anteriore al 1° gennaio 2012, attualmente in “leasing” in qualità di VFP4 (volontari in ferma prefissata quadriennale) nelle FF.AA e, per i posti residui, consente altresì lo scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori dei medesimi concorsi, procedendo dalle graduatorie più recenti tra quelle approvate dopo il primo gennaio 2012.

La funzione essenziale che la polizia penitenziaria è chiamata a svolgere nel percorso trattamentale si declina anche in una qualificata e preziosa funzione informativa nell’ambito dei procedimenti di competenza della Magistratura di Sorveglianza.
In tal senso, dovrà proseguire il proficuo supporto assicurato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, anche attraverso il potenziamento degli strumenti tecnologici di monitoraggio delle istanze finalizzate all’adozione dei rimedi preventivi ex art. 35-bis e dei rimedi risarcitori ex art. 35-ter OP, agevolando l’istruzione e la definizione dei relativi procedimenti.

L’ampliamento delle competenze assegnate alla Magistratura di Sorveglianza e l’ampio ventaglio di opzioni trattamentali tra cui orientare e personalizzare le scelte, nel necessario contemperamento tra esigenze di risocializzazione ed esigenze afflittive, che le misure e le sanzioni di comunità devono mantenere, hanno comportato la necessità di potenziare le misure a sostegno dell’efficienza degli Uffici di Sorveglianza ed hanno trovato nuovo impulso nell’ambito degli Stati Generali.

Alle determinazioni assunte con i decreti ministeriali 17 aprile 2014 e 18 settembre 2015, che avevano comportato un incremento di 20 unità delle dotazioni del personale di magistratura assegnato agli uffici di sorveglianza, ha fatto seguito il D.M. 11 luglio 2016, che ha disposto l’assegnazione di altre 11 unità, con un incremento pari a complessive 31 unità, elevando il contingente assegnato a tali presidi dalle precedenti 202 alle attuali 233 unità.
Parallelamente, si è posto in essere un ampio ed articolato programma di potenziamento organizzativo, che dovrà essere positivamente implementato attraverso il coinvolgimento dei Dipartimenti competenti, in attesa della definizione di coerenti interventi normativi.

Da un punto di vista generale, un modello trattamentale realmente innovativo, che attinge a contributi interdisciplinari delle diverse istituzioni coinvolte, richiede il potenziamento del processo di osmosi e la sensibilizzazione del territorio sulle tematiche dell’inclusione e della riabilitazione sociale, nel quadro della necessaria attuazione degli impegni assunti con i protocolli già stipulati, nel corso del 2014 e del 2015, con 14 Regioni, con i Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza e con le ANCI regionali. In tale prospettiva, particolare attenzione è stata riservata all’implementazione di percorsi di inclusione sociale con riguardo, soprattutto, al lavoro all’esterno secondo progetti di pubblica utilità, valorizzando il modello di integrazione con le risorse del territorio e del privato sociale.

La effettiva attuazione del diritto al lavoro, sia all’interno delle strutture che all’esterno, ove ne ricorrano i presupposti, e la formazione professionale mediante previsione di adeguati corsi di avviamento che consentano l’acquisizione di professionalità facilmente spendibili al momento del rientro in libertà costituiscono, pertanto, obiettivi strategici del percorso trattamentale.

I recenti dati sui detenuti lavoranti evidenziano che, al 30 giugno 2016, risultano ammessi al lavoro 12.903 detenuti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, 2.369 detenuti dipendenti da imprese e cooperative, di cui 936 impegnati all’interno degli istituti, 781 ammessi ai lavori all’esterno ex Art. 21 O.P. e 652 ammessi al regime di semilibertà.

Dal gennaio 2015 al novembre 2016 sono già stati approvati complessivamente 317 progetti, presentati dagli istituti penitenziari, volti al miglioramento delle condizioni delle strutture con impiego di manodopera detenuta. Altri 221 sono già stati istruiti ed ulteriori 55 sono attualmente in valutazione. Nel complesso tali progetti coinvolgono 1421 detenuti.

L’amministrazione dovrà proseguire nella realizzazione di progetti di innovazione sociale per migliorare i processi di reinserimento socio-lavorativo dei soggetti in esecuzione penale anche attraverso l'utilizzo dei fondi strutturali e di investimento europei, in attuazione del PON 2014-2020 Inclusione “progetto lavoro inframurario” e dei Programmi operativi regionali.

In particolare, andrà promossa la presenza, negli istituti penitenziari, di realtà imprenditoriali anche attraverso l’accesso agli sgravi fiscali previsti dalla Legge 193/2000.

Si tratta di temi di fondamentale importanza, oggetto di costante approfondimento e di riflessione congiunta con il Ministero del lavoro, nella prospettiva di dare tempestiva attuazione agli interventi migliorativi suggeriti nell’ambito degli Stati Generali, ove è emerso un orientamento volto al superamento del “sistema chiuso” del lavoro penitenziario, a partire dall’abbandono dell’obsoleto istituto della mercede, che dovrà progressivamente essere sostituito da un trattamento retributivo il più possibile simile a quello di mercato, anche mediante gli opportuni correttivi normativi.

Il progetto di valorizzazione delle colonie agricole costituisce senza dubbio uno dei punti di forza del più ampio programma di rivisitazione dell’intero sistema del lavoro penitenziario e di riconversione degli spazi.
In questa prospettiva, recentemente, è stato bandito un interpello nazionale per la produzione e la commercializzazione dei prodotti agroalimentari delle colonie agricole della Sardegna e della Toscana, rivolto ai detenuti appartenenti al circuito media sicurezza. Tale iniziativa, anche grazie alla modifica dei criteri di accesso con l’innalzamento del limite del fine pena a 10 anni, ha permesso di coprire la capienza regolamentare delle colonie di Isili e Gorgona.

Al fine di promuovere l’effettiva attuazione del diritto allo studio, garantendo integrazione e pari opportunità di trattamento nei percorsi scolastici alle persone detenute, soprattutto minori di età, il 23 maggio 2016 è stato sottoscritto con il Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica un protocollo d’intesa per la realizzazione di un “Programma speciale per l’istruzione e la formazione negli istituti penitenziari e nei servizi minorili della giustizia”.

I relativi percorsi formativi dovranno essere finalizzati a favorire l’acquisizione e il recupero di abilità e competenze individuali ed a sviluppare una politica dell’istruzione integrata con la formazione professionale, in collaborazione con le Regioni, fondazioni e associazioni di volontariato, categorie di imprese e confederazioni, anche attraverso percorsi di apprendistato e tirocinio.

Altro protocollo è stato sottoscritto il 24 marzo 2016 con il Coordinamento nazionale del Teatro in carcere, che prevede, tra l’altro, la realizzazione del progetto volto a istituire una Scuola Nazionale per i detenuti per lo sviluppo delle arti e dei mestieri legati al mondo della cultura, del teatro e del cinema.

Il 26 ottobre 2016, inoltre, è stato sottoscritto un Protocollo di intesa con il Presidente Nazionale dell’Unione Sportiva ACLI, per la promozione dello sport all’interno degli istituti penitenziari.
Tra le collaborazioni istituzionali avviate, volte a promuovere la diffusione della cultura favorendo il coinvolgimento dei detenuti, un posto speciale deve essere riservato al Protocollo d’intesa sottoscritto il 6 maggio 2015 con il Ministero dei beni e delle attività culturali, che vedrà la prossima adesione anche del Consiglio Superiore della Magistratura, per l’individuazione di progetti di digitalizzazione dei processi di interesse storico, tra cui il processo Moro.

Grazie alle iniziative programmate, verranno acquisiti in formato digitale fascicoli processuali storici del secondo Novecento per preservare gli originali ed agevolare la loro consultazione da parte di studiosi e ricercatori e, al contempo, la fruizione da parte dei cittadini.

Il nuovo modello penitenziario orientato al rispetto dei principi della Costituzione, dell’Ordinamento penitenziario e delle regole europee e, dunque, alla rieducazione dei soggetti ristretti attraverso articolati programmi trattamentali, richiede anche interventi di adeguamento delle strutture penitenziarie.

Il tema dello spazio vivibile viene, così, a declinarsi secondo un valore qualitativo, funzionale al processo di risocializzazione.

In questo campo, le linee d’azione dovranno, pertanto, essere orientate ad incrementare non solo le dimensioni, ma la qualità degli spazi destinati al movimento, alle iniziative culturali e trattamentali ed alla socialità, quest’ultima intesa anche come integrazione con la comunità esterna.

Pertanto, gli interventi di edilizia penitenziaria dovranno essere coerentemente orientati al processo di umanizzazione della pena come previsto dalla Costituzione e dal diritto internazionale, con una rimodulazione degli obiettivi che erano stati elaborati nell’ambito dei lavori del Comitato Paritetico per l’edilizia penitenziaria, che coinvolge il Ministero della giustizia ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella programmazione degli interventi necessari e nella gestione delle risorse.
Attraverso opportune modifiche dell’originario Piano carceri è stato infatti varato un programma aggiornato di interventi: è stata attivata la nuova casa circondariale di Rovigo che ha una capienza di 213 posti detentivi; sono stati completati e consegnati 4 padiglioni da 200 posti a Vicenza, Trapani, Siracusa e Saluzzo; sono stati riavviati i procedimenti per il completamento dei nuovi padiglioni presso le Case Circondariali di Agrigento, per una capienza di 200 posti e di Nuoro, per una capienza di 97 posti.
Interventi ulteriori hanno interessato il miglioramento delle condizioni di vita del personale di Polizia penitenziaria, attraverso investimenti per circa 3 milioni di euro per la manutenzione straordinaria delle caserme.

All’amministrazione è, inoltre, richiesto di adottare le necessarie misure contenitive per la razionalizzazione dei consumi e gli interventi di efficientamento energetico, secondo le indicazioni già illustrate nella direttiva del 15 ottobre 2015, sviluppando le opportune sinergie con le competenti autorità pubbliche per condividere e sottoporre ad approvazione le migliori soluzioni tecnico-economiche ed accedere anche a finanziamenti comunitari.
A tal fine oltre alla rinegoziazione dei contratti e delle tariffe con gli enti gestori, sono stati realizzati interventi strutturali di idraulica e coibentazione dei fabbricati.

La conservazione ed il miglioramento del patrimonio edilizio penitenziario attraverso la necessaria attività manutentiva potrà, inoltre, offrire possibilità di lavoro alle persone detenute, anche attraverso le risorse finanziarie della Cassa delle Ammende, assolvendo, nel contempo, ad esigenze di contenimento della spesa.

La necessaria valorizzazione delle attività trattamentali richiede di continuare a potenziare gli istituti a custodia attenuata o a trattamento avanzato, tenuto conto delle potenzialità e delle condizioni logistiche di ogni istituto, valutando i criteri di assegnazione dei detenuti, l'iter procedurale per l'ammissione ed i programmi predisposti.

La completa attuazione del programma di riequilibrio delle presenze detentive sull’intero territorio nazionale richiede una complessiva visione delle potenzialità abitative e dovrà essere perseguita anche mediante misure di sfollamento dagli istituti nei quali si registra una maggiore concentrazione di popolazione detenuta. In questo quadro sono state anche potenziate le procedure di trasferimento dei detenuti stranieri, in esecuzione dell'Accordo GAI/Strasburgo del 2009, dell'Accordo bilaterale con l’Albania e del memorandum di intesa con la Romania.

Una particolare attenzione è stata riservata alla specificità della condizione femminile all’interno del carcere, con lo scopo di potenziare le misure a sostegno della continuità affettiva e della genitorialità, anche attraverso la realizzazione di nuovi ICAM.

Alle strutture già esistenti di Milano, Venezia, Torino e Senorbì, si è recentemente aggiunta la nuova struttura di Lauro e sono di prossima realizzazione gli ICAM di Firenze, Roma e di Barcellona Pozzo di Gotto.

Il Ministero ha seguito, sin dall’avvio, il progetto La Casa di Leda, finalizzato alla realizzazione di una Casa Famiglia Protetta a Roma, per genitori agli arresti domiciliari o in misura alternativa ed il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha sottoscritto un Protocollo di Intesa con il Comune di Roma e la Fondazione Poste Insieme, nell’ottobre 2015, assumendo ogni iniziativa utile all’effettiva destinazione d’uso della struttura individuata.

Nell’ambito delle azioni finalizzate alla tutela della relazioni affettive e genitoriali dei detenuti è stato rinnovato il protocollo d’intesa con il Garante nazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza e Bambinisenzasbarre Onlus.

Il protocollo, sottoscritto per la prima volta nel 2014, è un documento unico in Europa, che impegna il sistema penitenziario a confrontarsi con i bisogni dei minori che accedono nelle strutture penitenziarie in visita a genitori detenuti, intervenendo sulle modalità di accoglienza e sugli spazi destinati agli incontri, coinvolgendo i minori stessi, ma anche i genitori detenuti, agenti e operatori e, infine, la collettività.

La “Carta dei figli di genitori detenuti” prevede anche l’istituzione di un Tavolo permanente, da convocare ogni tre mesi, con compiti di monitoraggio periodico e di promozione della cooperazione tra i soggetti coinvolti, al fine di favorire lo scambio di buone prassi, analisi e proposte, nell’interesse prevalente del minore.

Al processo di revisione in atto non può essere sottratta la tematica del trattamento dei detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario e, più in generale, all’Alta Sicurezza, nella ricerca di un nuovo equilibrio tra qualità della vita detentiva, finalità trattamentali ed esigenze di sicurezza della collettività.

Alla data del 16 gennaio 2017 risultano essere 8.820 i detenuti nel circuito di alta sicurezza, 723 i soggetti sottoposti al regime speciale del 41 bis O.P., 503 i detenuti collaboratori della giustizia e 116 i prossimi congiunti.
a complessiva riflessione in atto sulla esecuzione penale non tende ad escludere, ma anzi conferma la ineliminabilità della detenzione carceraria, anche come unica forma di pena nel percorso trattamentale per determinati reati, soprattutto quando si tratta di rompere legami criminali profondi e pericolosi per la democrazia.

In questa prospettiva, il regime di detenzione declinato dall’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario è strumento irrinunciabile, e la sua compatibilità con la necessaria funzione risocializzante è garantita dalla periodica verifica della sussistenza delle condizioni che impongono e giustificano le sue modalità di applicazione, legandone la permanenza al rapporto che il detenuto ha elaborato con il reato e con il trattamento ed alla conseguente eliminazione dell’area di rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico.

E’ stata di recente emessa una circolare che ha proprio l’obiettivo di bilanciare l’interesse alla sicurezza con la tutela della dignità del detenuto, declinando le attività trattamentali che devono essere assicurate ai soggetti sottoposti a tale regime carcerario.
Quanto ai provvedimenti inerenti a tale regime speciale, si segnala che dal febbraio 2014 ad oggi i Decreti Ministeriali di prima applicazione emessi sono 157, quelli di riapplicazione a seguito di annullamento da parte del Tribunale di Sorveglianza o di scarcerazione sono 51, mentre risultano pari a 784 quelli rinnovati. I decreti revocati sono 32, di cui 27 a seguito di avvio di attività di collaborazione con la giustizia.

In questo campo, pertanto, l’offerta trattamentale dovrà essere ancor più mirata ed individualizzante per agevolare il percorso evolutivo individuale e dovranno essere, altresì, superate restrizioni non strettamente funzionali alle esigenze di sicurezza, che rischiano di risolversi in limitazioni automatiche, ingiustificate e punitive, che limitano le finalità rieducative.

L’amministrazione dovrà portare a compimento il progetto, avviato nel corso del 2015, teso a realizzare i dedicati circuiti regionali, ai sensi dell'art. 115 D.P.R. 230/2000, allo scopo di migliorare le condizioni di vita dell’alta sicurezza e recuperare la razionalità complessiva del sistema, in coerenza con il dettato normativo, attraverso la progressiva acquisizione di nuovi spazi detentivi e la graduale redistribuzione dei detenuti inseriti nel circuito di alta sicurezza.
Dovrà, inoltre, essere oggetto di particolare attenzione il procedimento di declassificazione per l’eventuale estromissione dal circuito alta sicurezza e l’inserimento nelle sezioni dedicate ai soggetti comuni, in presenza dei requisiti previsti dalle vigenti disposizioni.

Andrà ulteriormente sviluppato il progetto relativo alla possibilità di estendere le modalità di partecipazione dei detenuti assegnati al circuito di alta sicurezza agli impegni di giustizia attraverso il sistema della videoconferenza, con l’obiettivo di ridurre le relative traduzioni, anche in considerazione dei vantaggi che ne derivano sotto il profilo della sicurezza e del risparmio delle risorse umane e finanziarie, in linea con le indicazioni contenute nel citato disegno di legge A.S. n. 2067 che prevede, in uno specifico principio di delega per la riforma dell’ordinamento penitenziario, la definizione della “disciplina dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari”.

Nell’anno 2015 sono stati, infatti, attivati complessivamente 22.177 collegamenti in videoconferenza (detenuti 41 bis, collaboratori della giustizia, detenuti alta sicurezza, esami testimoniali, videoconferenze internazionali), con un incremento pari al 18,67 % rispetto all’anno precedente.

Dal primo gennaio al 31 dicembre 2016 sono saliti a 23.410 i collegamenti in videoconferenza.

Si sta, inoltre, concludendo finalmente il lungo e complesso processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. L’amministrazione ha ottemperato agli impegni assunti con gli Accordi sanciti nella Conferenza Unificata, per gli aspetti di natura strategica e per quelli di carattere operativo con il Ministero della Salute e le Regioni, dapprima in sede di Comitato Paritetico Interistituzionale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e, poi, in seno all’Organismo di coordinamento istituito presso il Ministero della Salute.

In virtù delle competenze delineate nell’Accordo del 26 febbraio 2015, è stata pressoché completata la dismissione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari con il trasferimento delle persone ivi ospitate nelle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza detentive, consentendo così la dismissione delle strutture e la loro riconversione in Istituti Penitenziari.

Il processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è stato accompagnato dalla realizzazione, in ambito regionale, di sezioni dedicate alla tutela della salute mentale. In ottemperanza all’Accordo sancito in Conferenza Unificata in data 13 ottobre 2011, sono state istituite apposite sezioni, denominate “Articolazioni per la tutela della Salute Mentale”, presenti in 28 istituti per consentire al Servizio Sanitario Regionale di prestare assistenza sanitaria alle persone detenute per l’accertamento delle infermità psichiche, alle persone condannate con infermità psichica sopravvenuta nel corso delle misura detentiva ed alle persone condannate a pena diminuita per vizio parziale di mente.

Nella consapevolezza della complessità e della delicatezza di questa fase di passaggio a nuove modalità di assistenza delle persone sottoposte a misure di sicurezza detentive, l’Amministrazione continua a svolgere, in una leale collaborazione istituzionale, l’attività di raccordo tra l’Autorità Giudiziaria e le nuove strutture sanitarie.

Pur all’esito del complesso percorso di superamento degli OPG, resta primario l’obiettivo di far assolvere alle REMS la funzione sanitaria che la legge attribuisce loro, che è quella di assicurare la cura ed il trattamento delle persone destinatarie di una misura di sicurezza all’esito dell’accertamento di una patologia psichiatrica.

A tal fine, sempre maggiore dovrà essere la sinergia tra il Dipartimento della amministrazione penitenziaria ed i presidi sanitari degli enti locali, ma anche l’impegno ad istituire necessarie ed adeguate sezioni presso Istituti penitenziari, destinate al trattamento dei soggetti cui l’infermità di mente sia sopravvenuta durante la esecuzione della pena o di misure di sicurezza provvisorie.

Sempre nella prospettiva di tutela del diritto alla salute, dovrà proseguire la promozione, sul territorio, della collaborazione tra Regioni ed ASL per la costruzione di presidi sanitari adeguati ai bisogni delle persone detenute, alla luce delle Linee guida in materia di modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti, approvate dalla Conferenza unificata in data 22 gennaio 2015, opportunamente diffuse alle articolazioni periferiche ed alla magistratura.
In quest’ambito i Provveditorati regionali e le direzione penitenziarie sono stati invitati a promuovere presso le Regioni e le ASL l’organizzazione di corsi di care-givers, con l’obiettivo di formare detenuti lavoranti con competenze adeguate ad assistere, nelle attività quotidiane, persone detenute con disabilità.
È stato istituito un apposito gruppo di lavoro per la definizione di protocolli di intervento relativi all’individuazione dei trattamenti più idonei per gli autori di reati sessuali e prosegue l’attento monitoraggio sui protocolli sottoscritti negli ultimi due anni con le Regioni per potenziare le capacità ricettive delle comunità terapeutiche per tossicodipendenti.

Al fine di sperimentare e rafforzare il modello di assistenza sanitaria nelle carceri, anche attraverso l’adozione della telemedicina, proseguono le iniziative attuative dell’accordo sottoscritto in data 4 agosto 2016 con Federsanità ed ANCI, coinvolgendo le diverse istituzioni interessate nella definizione di un modello innovativo di gestione della salute all’interno degli istituti di pena che prevede, tra l’altro, l’adozione di un diario clinico informatizzato.

Le iniziative volte al miglioramento della qualità della vita detentiva hanno dispiegato effetti anche sul fronte della prevenzione dei gesti autosoppressivi e autolesionistici. Sebbene in diminuzione, il dato complessivo non è, ancora, accettabile.
Proprio per questo, il 23 maggio 2016 è stata emanata una specifica direttiva per l’elaborazione di un Piano di azione nazionale per la prevenzione dei suicidi in carcere, nella crescente tensione a migliorare il modello di monitoraggio e gestione del rischio di tale intollerabile fenomeno.

La direttiva, che intende completare il quadro dei provvedimenti adottati dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria alla luce della recente riorganizzazione, in conformità alle indicazioni del D.P.C.M. n. 84 del 2015, ricalca le specifiche Linee Guida dettate dall’organizzazione Mondiale della Sanità, riprese anche dalla Conferenza Unificata per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano e valorizzate dal Comitato nazionale per la Bioetica.

Con essa ci si propone di introdurre - in armonia con le strategie di prevenzione e gestione, proposte attraverso le nuove modalità detentive e, in particolare, con l’introduzione del sistema di vigilanza dinamica - un sistema più flessibile, in grado di attuare efficaci forme di controllo e, soprattutto, di approfondita conoscenza delle persone ristrette, al fine di garantire risposte efficaci, intercettare e gestire le situazioni di maggiore disagio, potenziando il monitoraggio ed i sistemi di collegamento informativo e telematico.

È stata anche predisposta, ed è all’attenzione del Tavolo di Consultazione permanente per la sanità penitenziaria, una bozza di un Piano Nazionale per la Prevenzione delle condotte suicidiarie, le cui linee attuative verranno concordate con il Ministero della salute, le Regioni e le autonomie locali.

Un ruolo fondamentale in tale ambito è rivestito dalla Polizia Penitenziaria che, grazie alla particolare condizione di prossimità, è in grado di svolgere una essenziale funzione di osservazione nella captazione di situazioni di disagio dei soggetti ristretti.
Ma tale ruolo, la Polizia penitenziaria, lo incarna anche in altri cruciali settori e, in particolare, quelli che coinvolgono rischi per la sicurezza.

Ha acquisito negli ultimi due anni carattere sistematico, infatti, l’attività iniziata nel 2004, volta ad analizzare, neutralizzare e contrastare il fenomeno della radicalizzazione negli istituti penitenziari.

I detenuti provenienti da Paesi di fede musulmana sono complessivamente 11.029 circa e sono 7.646 quelli che la professano, di cui 148 sono Imam, 81 promotori e 20 convertiti all’Islam durante la detenzione.

Per quanto la situazione italiana non possa dirsi allarmante, non può ignorarsi il fatto che il carcere è uno dei luoghi in cui si realizzano forme di radicalizzazione rapida dei soggetti vulnerabili, dovute a perniciose forme di esclusione e isolamento. In queste condizioni, infatti, il radicalismo trasforma l’isolamento in senso di vendetta e odio contro la società.

Per fronteggiare questo insidioso fenomeno è stata impostata da tempo una strategia articolata su più fronti.

Innanzitutto estrema attenzione è stata riservata alla distribuzione dei detenuti, sia nella prospettiva di ridurre i rischi di proselitismo, sia per scongiurare pericolosi sodalizi con le altre consorterie criminali. I detenuti per reati di terrorismo internazionale sono perciò inseriti in un circuito penitenziario che prevede la rigorosa separazione dalla restante popolazione detenuta.

Tutte le iniziative finalizzate al superamento del sovraffollamento ed al consolidamento di un positivo rapporto tra spazi abitativi e numero dei detenuti presenti concorrono, peraltro, al contenimento del rischio di radicalizzazione, agevolando l’osservazione ed il monitoraggio, consentendo la separazione di compagini a rischio consentendo e favorendo la più ampia socialità e le attività trattamentali.

Anche nei circuiti comuni, ove possono trovarsi integralisti di spessore, arrestati per reati minori, viene mantenuta alta l’attenzione, per impedire il rischio che possano far presa su una larga schiera di soggetti deboli, facilmente influenzabili. In questa ottica, occorre prestare la massima attenzione a che sia garantito l’esercizio del culto, anche per disinnescare strumentalizzazioni in chiave di propaganda fondamentalista. Per questo motivo sono stati stipulati protocolli d’intesa con le associazioni religiose disponibili a svolgere un’azione di predicazione e sostegno del diritto al culto che possa concorrere a favorire all’interno degli istituti penitenziari la circolazione di anticorpi in grado di debellare focolai di odio sociale e religioso, depotenziando, al contempo, forme di leadership che possano di fatto manifestarsi.

Su tutta la popolazione ristretta, dunque, viene effettuata una ricognizione capillare, al fine di rilevare gli indicatori elaborati a livello europeo per il rischio radicalizzazione: l’intensificarsi della pratica religiosa, i cambiamenti fisici, la routine quotidiana, l’organizzazione della stanza detentiva, il comportamento con le altre persone ed il commento sugli eventi politici e di attualità.

I soggetti segnalati per aver mostrato in vario modo adesione o compiacimento per gli attentati vengono immediatamente inseriti nel monitoraggio e, contestualmente, viene modificato il tipo di custodia, da “aperta” a “chiusa”.

In questo contesto il ruolo decisivo è svolto dalla Polizia penitenziaria, alla cui formazione sono state dirette specifiche iniziative formative, con lo scopo di rendere veramente efficace l’attività di osservazione e di valutazione degli indicatori di rischio. Le linee formative sono state definite in coerenza con le strategie delineate in sede di Comitato dei Ministri UE che hanno ribadito l’importanza di un’attenta attività di osservazione e monitoraggio del fenomeno all’interno degli istituti penitenziari.

In questo contesto, è stata sottoscritta una Convenzione tra il Ministero della Giustizia e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), nel cui ambito sarà anche avviata una collaborazione con gli istituti di arabistica e scienze islamiche, per raccogliere la disponibilità di ricercatori e dottorandi ad operare come volontari negli istituti penitenziari al fine di accrescere la comprensione e migliorare le relazioni umane con i ristretti di lingua e cultura araba.

Nel corso del biennio 2015-2016, sono stati sottoposti ad analisi 699 detenuti monitorati, attenzionati e segnalati. Sono attualmente sottoposti a specifico “monitoraggio” 165 detenuti, cui se ne aggiungono 76 “attenzionati” e 124 “segnalati”, per un totale di 365.

I dati acquisiti attraverso il monitoraggio mostrano che la situazione in Italia non è allarmante come quella di altri Paesi europei e che l’attività di capillare osservazione consente di ottenere le informazioni necessarie al controllo del fenomeno negli istituti. L’analisi si è particolarmente intensificata in occasione degli attacchi terroristici che si sono susseguiti ed ha consentito di sottoporre a più incisiva osservazione 163 detenuti dopo gli attentati di Parigi, 55 dopo quelli di Bruxelles, 8 a seguito dei fatti di Dacca e 55 a seguito dell’attentato di Nizza.

Questa attività ha anche permesso di emettere, al termine della detenzione dei 34 soggetti per i quali era stata accertata l’adesione ad ideologie jihadiste, gli opportuni provvedimenti amministrativi di espulsione.
E’ importante evidenziare che i dati raccolti vengono sistematicamente condivisi con il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (C.A.S.A.), con le Forze di Polizia e con l’Autorità giudiziaria. I soggetti ritenuti “pericolosi” sono segnalati al momento della scarcerazione e vengono espulsi o sottoposti a specifiche attività di prevenzione da parte delle Forze di Polizia.

A supporto dell’attività di scambio informativo, è operativo l’applicativo denominato “Terrorist Screening Center” contenente i nominativi dei soggetti ritenuti pericolosi sotto il profilo terroristico e segnalati da 80 paesi del mondo, che rappresenta un considerevole passo avanti nello scambio di informazioni a livello internazionale.

Attraverso questo programma è possibile stringere le maglie e rilevare, ad esempio, se un soggetto, ristretto per reati comuni, in realtà sia stato segnalato da un altro Paese come pericoloso dal punto di vista terroristico.
Di pari importanza è anche il protocollo sottoscritto tra il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Interno per la costante condivisione dei dati e delle informazioni tra le due amministrazioni.

Sempre sotto il profilo dell’identificazione e della sicurezza, deve essere ricordata anche la banca dati DNA, già prevista dalla legge 85 del 2009, di ratifica del trattato di Prum. Il suo regolamento esecutivo è entrato in vigore, dopo lunga gestazione, il 10 giugno scorso, con l’istituzione, presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, del Laboratorio centrale per la banca dati del DNA, in relazione al quale si sono appena concluse le attività di validazione interna della strumentazione scientifica ed è stata completata la formazione specificamente rivolta al personale dei ruoli tecnici della Polizia penitenziaria.

Il Ministero della giustizia, inoltre, prende parte al Progetto europeo denominato RAN (Radicalisation Awareness Network), istituito dalla Commissione Europea con lo scopo di creare una rete tra esperti e operatori coinvolti nel contrasto al fenomeno della radicalizzazione violenta. Sempre in sede europea, sono stati stanziati fondi per progetti di sostegno, sia all’interno che all’esterno delle carceri, a programmi volti, tra l’altro, alla formazione e allo sviluppo di strumenti di valutazione del rischio di radicalizzazione.

9. LE NUOVE PROSPETTIVE DELL’ESECUZIONE PENALE ESTERNA

La recente riorganizzazione del Ministero della Giustizia, con la istituzione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, strutturato in due Direzioni generali una delle quali dedicata alla esecuzione penale esterna, è ulteriore tangibile segno di radicale cambiamento di prospettiva nelle politiche dell’esecuzione della pena.

L’unificazione dei due sistemi, quello minorile e quello dell’esecuzione penale esterna, entrambi orientati a considerare la centralità della persona nei programmi trattamentali in ambiente libero, così come la riflessione conclusiva degli Stati generali dell’esecuzione penale sulla crisi del tradizione sistema di repressione penale e delle misure clemenziali per la loro strutturale inadeguatezza a svolgere il ruolo di unico e rigido strumento di prevenzione generale speciale, mostrano chiaramente come un sistema di esecuzione della pena, moderno e in linea con il probation system europeo, sia possibile ove si riconosca davvero come extrema ratio l’esecuzione della pena intramuraria, in favore di un sistema di repressione fondato su misure alternative alla detenzione che siano limitative – ma non privative – della libertà personale e che si svolgano sul territorio.

In tale ottica si spiegano i recenti importanti interventi di modifica normativa volti a rafforzare il sistema dell’esecuzione esterna, tra cui l’introduzione della messa alla prova per gli adulti, l’ampliamento dei presupposti per l’accesso alle misure alternative al carcere, l’incremento di sanzioni alternative al carcere come quella del lavoro di pubblica utilità in materia di violazione del codice della strada.

Dal rilevamento a livello nazionale dei dati relativi alle misure alternative alla detenzione, alle sanzioni sostitutive ed alla sospensione del procedimento con messa alla prova si rileva un significativo incremento del numero dei soggetti in esecuzione penale esterna dal 2015 ad oggi.

Si è, infatti, passati da un numero di 38.670 persone sottoposte a sanzioni e misure di comunità in esecuzione al 31.12.2015 ad un numero di 42.917 al 31.12.2016.

Nel corso del 2016 sono state eseguite un totale di 50.288 misure alternative, nonché 41.089 fra sanzioni non detentive, misure di sicurezza non detentive e lavoro all’esterno.

Tra queste ultime si evidenzia il dato significativo relativo al recente istituto della messa alla prova per adulti con ben 18.613 soggetti ammessi e 9012 in corso al 31.12.2016.

Al di là di questi dati, è di tutta evidenza come il nuovo sistema di repressione penale “aperto” possa funzionare solo ove dimostri la sua credibilità, ove cioè sia in grado di porsi quale effettivo strumento di controllo sociale dell’esecuzione della pena.
La tenuta del sistema dell’esecuzione penale esterna e la sua credibilità passano cioè necessariamente attraverso il superamento della diffusa percezione per cui l’unica pena possibile sia quella della segregazione in carcere.

In altri termini forte è il rischio di considerare la commissione di reato come un fenomeno degenerativo in cui il malum actionis possa trasformarsi in recupero senza passare per il malum passionis.

Di qui la necessità, per scongiurare tale insidie, di costruire un sistema di misure alternative che preveda un serio e sicuro impegno del reo, a partire dalle sue condizioni di vita personale e familiare e dalle sue esigenze educative, con il coinvolgimento del contesto territoriale di appartenenza e di tutte le agenzie educative presenti sul territorio, per contenere il rischio di recidiva.

In questa ottica va letta la decisione di assegnare all’esecuzione penale esterna, per il prossimo triennio, rispettivamente 4, 7 e 11 milioni di euro per anno a partire dal 2017, fondi che saranno destinati a rafforzare l’operatività degli uffici con esperti di servizio sociale.

A tale proposito è anche necessario che i contenuti delle prescrizioni comportamentali si articolino in impegni di studio, di formazione o di lavoro, in percorsi di mediazione penale e nell’adesione a programmi terapeutici presso i Servizi per le Dipendenze, le comunità terapeutiche e il Dipartimento di salute mentale.

L’attività di lavoro, in particolare, deve necessariamente essere qualificata e qualificante, deve cioè svilupparsi in un contesto territoriale che “provochi”, che ponga interrogativi, che sia tale da consentire al reo di recuperare il senso di ciò che ha tolto o del dolore/danno che ha arrecato alla vittima.

Relativamente ai lavori di pubblica utilità, il D.M. 8 giugno 2015 n.88, che regolamenta la disciplina delle convenzioni per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità ha consentito di avviare sul territorio una nuova fase di intese e di accordi più specificamente concentrati sulla messa alla prova che si vanno ad aggiungere a quelle già sottoscritte per l’applicazione dell’art.54 del D.L. 274/2000.

Di fondamentale importanza, anche in quest’ambito, il coinvolgimento del volontariato che, previa adeguata formazione, può costituire significativo supporto alla attività degli operatori dell’UEPE.

Per queste ragioni, anche in un’ottica di adeguamento alle previsioni di cui alla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, è necessario che le prescrizioni trattamentali, ove possibile, contemplino interventi di giustizia riparativa e/o di mediazione penale.

Di contro, è parimenti necessario, per la credibilità del sistema, istituire sistemi di controllo dell’esecuzione di tutte le misure alternative alla detenzione, auspicabilmente anche attraverso l’impiego di personale di polizia penitenziaria.
La valorizzazione del sistema dell’esecuzione penale esterna non deve infatti portare a ritenere che l’esecuzione intramuraria sia cosa diversa e nettamente distinta dall’esecuzione penale esterna.

I due sistemi (quello del carcere o dell’esecuzione intramuraria e quello dell’esecuzione penale esterna), infatti, costituiscono i due volti della repressione penale sicché non è possibile sviluppare una politica dell’esecuzione penale esterna senza dare vita ad una nuova politica dell’esecuzione intramuraria.

Lo sforzo dell’Amministrazione deve essere quindi quello di creare momenti di coordinamento tra Istituti di pena e Uffici di esecuzione penale esterna che siano funzionali alla realizzazione di percorsi di fuoriuscita dal carcere in favore di quei detenuti che, sia pure meritevoli, non possono essere ammessi ad un programma trattamentale in ambiente libero per mancanza di risorse familiari, economiche o limiti personali.

A tale fine è stata istituita una commissione interdipartimentale con funzioni di raccordo e integrazione di attività di competenza condivise dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, con particolare riferimento alla collaborazione degli Uffici di esecuzione penale esterna all’attività di osservazione e trattamento negli istituti penitenziari ed alle progettualità di carattere integrato.

Allo scopo di rafforzare gli uffici di esecuzione penale esterna sono stati previsti importanti finanziamenti, finalizzati, da un lato, all’acquisto di beni, macchine, attrezzature e dunque all’ammodernamento degli uffici e, dall’altro, importanti finanziamenti diretti ad implementare il personale impiegato per l’esecuzione penale esterna.

Tra questi, il finanziamento di euro 1.000.000,00 da impiegare per stipulare convenzioni con esperti in psicologia e in servizio sociale ai sensi dell’art. 80 della legge 26 luglio 1975 n. 354.

Tutto il sistema dell’esecuzione penale esterna diviene allora il “banco di prova” del se sia possibile sviluppare “giustizia” sul territorio anche attraverso la solidarietà sociale, il potenziamento delle professionalità ed il miglioramento del livello qualitativo del servizio reso dagli uffici attraverso un nuovo modo di concepire le politiche sociali attente al recupero di chi vive in condizioni di vita particolarmente difficili , contenendo e gestendo i livelli di rischio nei soggetti sottoposti a misure o sanzioni di comunità.

10. LE POLITICHE INTERNAZIONALI

La definizione delle politiche nazionali risente della complessa interazione con le molteplici articolazioni istituzionali in cui si esprime la nostra appartenenza alla comunità internazionale, oltre che delle sfide globali, prima tra tutte quella delle migrazioni.
Il complesso quadro istituzionale e globale in cui siamo inseriti ha indotto a recepire e tradurre nel sistema interno misure rispondenti alle istanze di prevenzione e rafforzamento degli strumenti di contrasto al terrorismo internazionale ed alla criminalità organizzata, quali la cooperazione giudiziaria e il monitoraggio del radicalismo di matrice islamica.

Al contempo, l’attività internazionale del Ministero è stata finalizzata anche alla comunicazione esterna degli importanti traguardi raggiunti con le riforme realizzate, il cui significato trascende, com’è noto, il mero ambito giudiziario.
Sotto quest’ultimo profilo, sono da segnalare le iniziative del Ministro presso sedi diplomatiche ed organismi internazionali volte alla diffusione e comunicazione delle riforme attuate, nella prospettiva anche di incentivare gli investimenti stranieri nel nostro Paese.

Tali riforme sono state, infatti, presentate in occasione del Road Show Giustizia Civile tenutosi il 15 febbraio 2016 presso l’Ambasciata d’Italia a Parigi ad un folto pubblico di rappresentanti di studi legali, imprese, banche e fondi di investimento francesi. In tale sede sono state illustrate le misure già varate, i provvedimenti in corso di emanazione, i dati aggiornati sulla riduzione dell'arretrato civile, il crescente ricorso ai mezzi stragiudiziali, il miglioramento dell'efficienza del sistema attraverso la comparazione tra gli uffici giudiziari e la gestione telematica dei procedimenti, provvedimenti questi di assoluto rilievo anche ai fini dell’attrattività internazionale del Sistema-Italia.

Altre presentazioni si sono seguite a Berlino, dove, tra gli altri, anche l'associazione confindustriale tedesca (BDI-Bundesverband der Deutschen Industrie), ha dato atto del dinamismo del processo di riforme in Italia ed anche a New York, dove i risultati raggiunti con la nuova riforma hanno riscosso grande apprezzamento da parte della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, per le ricadute positive in termini economici, commerciali e di incentivo agli investimenti stranieri in Italia.
È stato riconosciuto dai vari interlocutori internazionali il “salto di qualità” nel miglioramento del sistema giudiziario italiano e le numerose riforme già attuate.

In particolare il rapporto “Doing business 2017” ha sottolineato il passaggio dell’Italia dalla 160a posizione del 2013 alla 108a.

Il nuovo processo civile telematico è stato inserito anche nel programma del VI Forum Giuridico Internazionale di San Pietroburgo del maggio scorso, che ha costituito un’occasione di confronto nelle esperienze dei sistemi della giustizia nonché nei processi di modernizzazione, cui hanno preso parte i rappresentanti del Governo e delle istituzioni giudiziarie russe e di altri Paesi, esperti del settore, avvocati, giuristi e accademici.

Un importante rilievo per il crescente impatto sulla vita delle imprese e dei cittadini assume anche il negoziato tra Unione Europea e Stati Uniti in materia di protezione dati personali per finalità commerciali (c.d. Privacy Shield). Il raggiungimento dell’accordo permetterà, infatti, un significativo rafforzamento delle garanzie individuali, anche di tipo risarcitorio e giurisdizionale innanzi alle autorità statunitensi.

Il tema della protezione dei dati personali assume notevole rilevanza anche nell’ambito dello scambio di informazioni tra autorità giudiziarie e di polizia. Tale tema ha ricevuto una disciplina anche nei rapporti transatlantici (c.d. Umbrella agreement), nell’ambito dei quali sono stati confermati i principali criteri concordati in sede europea nella direttiva in materia di protezione dati negli scambi tra autorità giudiziarie e di polizia, che è in corso di recepimento.
Il tema della tutela del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali riveste una funzione essenziale in un contesto in cui lo scambio internazionale di informazioni tra autorità giudiziarie e di polizia svolge una funzione cruciale per il contrasto alle più gravi forme di criminalità e per la prevenzione a fini di sicurezza nazionale.

Sotto questo aspetto, deve evidenziarsi come il quadro della cooperazione giudiziaria si stia via via arricchendo e raffinando, attraverso la messa a punto, a livello europeo, di strumenti sempre più efficaci, quali la disciplina sulla raccolta delle prove elettroniche, sulla creazione della Procura europea e sull’ampliamento del sistema, ECRIS.

Costante è anche l’attività di confronto bilaterale sui temi della Giustizia con gli altri Paesi dell’Unione Europea. Proficui scambi, in particolare, si sono avuti nel corso dell’anno con Francia e Olanda.

In sede europea, sono state avviate approfondite riflessioni sulle misure volte a migliorare l’efficacia della giustizia penale nell’era digitale, sia per quanto riguarda il contrasto al cybercrime, sia per quanto riguarda la raccolta delle prove digitali necessarie al perseguimento dei reati commessi sfruttando le potenzialità di internet e delle tecnologie IT. In tale contesto, alcuni obiettivi sono ormai largamente condivisi: rivedere i criteri di determinazione della competenza giurisdizionale in materia di prove elettroniche, migliorare la cooperazione fra gli stati interessati dal fenomeno, ottimizzare la cooperazione con i paesi terzi, attuare un processo di revisione della Convenzione di Budapest, promuovere gli accordi con Stati terzi, acquisire la disponibilità di un affidabile regime di conservazione dei dati.

La Commissione, inoltre, ha aderito alle richieste da tempo avanzate da parte italiana, di ampliare il sistema di scambio di informazioni tra i casellari giudiziali degli Stati membri (ECRIS) per includervi i dati biometrici e quelli relativi alle condanne penali pronunciate nei confronti di cittadini di Paesi terzi nonché le proposte legislative in materia di contract law ed ha già presentato ai Ministri una proposta di direttiva in tal senso.

Quanto alla proposta di regolamento sulla Procura europea, sotto la guida delle presidenze olandese e slovacca, si è svolto un intenso lavoro tecnico orientato a ricercare, in tempi ravvicinati, il più ampio consenso possibile sull’intero testo della proposta.
L’Italia ha concentrato il proprio impegno negoziale sull’obiettivo di mantenere un alto livello di ambizione del testo al fine di garantire una Procura efficiente, indipendente e con reali poteri d’indagine, attraverso i quali assicurare investigazioni efficaci pur nel pieno rispetto dei diritti fondamentali delle persone indagate.

A tal proposito, si è provveduto a sostenere costantemente la posizione, già espressa al Consiglio di dicembre 2015, di opposizione all’accordo raggiunto in quella sede sulla prima parte del testo che è apparsa eccessivamente indebolita e quindi notevolmente al di sotto del livello auspicato.
Finora hanno prevalso le preoccupazioni di quegli Stati che temono la rinuncia alle prerogative nazionali, facendo impallidire l’obiettivo di rivoluzionare la cooperazione tra le autorità giudiziarie degli Stati membri e di combattere, oltre alle frodi al bilancio dell’Unione, anche tutte le più forme gravi di criminalità, compreso il terrorismo.

Su tale ultimo aspetto, deve evidenziarsi che l’analisi del fenomeno terroristico e la ricerca degli strumenti di contrasto più idonei sono stati parte preponderante dell’iniziativa e del confronto in tutti i consessi internazionali cui l’Italia aderisce, a partire dal negoziato sulla nuova direttiva europea sulla lotta al terrorismo. In tale sede la posizione italiana, nonostante l’opposizione di molti Stati dell’Unione, ha trovato un riconoscimento importante da parte del Parlamento europeo ed è stata recepita nel testo finale che verrà a breve adottato dal legislatore europeo.

Anche sul fronte della prevenzione è stato prestato il massimo sostegno da parte italiana, alle iniziative assunte dalla Commissione europea per la diffusione di un codice di condotta per le principali piattaforme informatiche e social con riguardo al contrasto ai reati d’odio commessi online.

Nell’ambito del Consiglio d’Europa la materia è stata oggetto di ulteriori, importanti iniziative con la Raccomandazione (2005)10 sulle speciali tecniche di indagine su gravi reati, inclusi i delitti di terrorismo. Sono in corso di elaborazione ulteriori indicazioni in tema di “lupi solitari” e di terrorismo ed Internet, anche attraverso la creazione di un network di “punti di contatto” da designarsi da ciascuno Stato membro per lo scambio di informazioni di polizia sui “foreign terrorist fighters”, così come previsto dall’art. 7 del Protocollo Addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione del terrorismo (CETS) No. 217).

La messa a punto di efficaci meccanismi di cooperazione e coordinamento tra le autorità nazionali nelle politiche di prevenzione e contrasto al terrorismo ha ricevuto anche l’apprezzamento del Comitato Antiterrorismo delle Nazioni Unite, nel recente Rapporto di valutazione sull’Italia. Il Paese viene apprezzato per il robusto quadro giuridico e istituzionale, la buona comprensione dei rischi, l’incisiva azione in sede investigativa e giudiziaria, ma soprattutto per aver raggiunto un ottimo equilibrio tra esigenze investigative e tutela delle garanzie costituzionali, laddove altri Stati hanno adottato strategie di sicurezza che si sono tradotte in una limitazione dei diritti fondamentali.

Sempre in sede ONU è stato affrontato il tema della collaborazione del Ministero con l’Alto Commissariato dell’UNHCR nella prospettiva del miglior funzionamento delle procedure di protezione internazionale regolanti il diritto di asilo. In tale contesto, oltre alle misure adottate in via emergenziale con il piano straordinario di applicazioni extradistrettuali di magistrati per fronteggiare l’aumento dei procedimenti giurisdizionali connessi con le richieste di protezione internazionale e umanitaria, sono attualmente all’esame del Governo le ulteriori misure proposte dal Ministero per accelerare e semplificare le procedure di definizione delle domande di asilo.

Parimenti intenso e proficuo è stato il dialogo con i Paesi Terzi di importanza strategica, tra cui USA, Russia, Costarica, Iran, India, Macedonia, Senegal, Vietnam, Serbia, Messico, Somalia, Ecuador, Bolivia, Cina, anche in vista della sottoscrizione di accordi e trattati di assistenza e cooperazione giudiziaria e di proficui avvii di partenariati strategici.

In proposito, deve essere rimarcato che il numero degli accordi conclusi nel 2016 (Macedonia, Costarica, Nigeria e Colombia) nonché dei Memorandum di intesa e di programmi di collaborazione (Ecuador, Federazione Russa, Vietnam) conferma l'intenso impegno profuso nel settore come dimostrato dal fatto che il numero complessivo dei negoziati condotti e conclusi nel periodo 2014-2016 è superiore di oltre il doppio rispetto a quello relativo al triennio precedente.

Nell’ambito della cooperazione internazionale va annoverato anche l’impulso impresso alle procedure di trasferimento dei detenuti stranieri per l’esecuzione della pena nei paesi di origine, previste dalla convenzione di Strasburgo del 1983, dalla decisione quadro 2008/909/GAI relativa al reciproco riconoscimento delle sentenze penali nell’ambito dell’Unione europea e dai trattati bilaterali con i Paesi terzi.

Tale strumento, finalizzato in primo luogo ad agevolare la funzione rieducatrice della pena nelle sue più moderne declinazioni, ha svolto un importante ruolo anche per ridurre il sovraffollamento carcerario. Per accelerare, in particolare, le numerose procedure di trasferimento dei detenuti romeni, che da tempo registravano rallentamenti e stasi, sono stati promossi una serie di incontri tra i rappresentanti dei Ministeri italiani e romeno, cui è seguita l’adozione di buone prassi condivise volte a semplificare e rendere tempestive le procedure di trasferimento, eliminando i fattori che le rallentavano.

Un’intensa attività è stata svolta anche a in sede multilaterale. In ambito OCSE, in occasione della Presidenza italiana tenutasi nello scorso marzo, è stato assunto un ruolo di impulso nel promuovere la cooperazione internazionale per la legalità e la correttezza dell'attività economica, come aspetti dello stato di diritto e dello sviluppo sostenibile.

Inoltre, particolare cura è stata riservata ai rapporti con i Paesi dell’America Latina, con l’obiettivo di potenziare la cooperazione giudiziaria con Argentina, Belize, Colombia, Costa Rica. Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama, Repubblica Dominicana e Comunità Caraibi, di rilevanza strategica in materia di criminalità organizzata e narcotraffico.

Anche sul versante della cooperazione giudiziaria civile, assume particolare rilievo in termini di certezza del diritto e di prevedibilità delle norme, l’accordo raggiunto nel primo semestre 2016 sulla Decisione che autorizza la cooperazione rafforzata nell’ambito dei regolamenti in materia di giurisdizione, legge applicabile, riconoscimento ed esecuzione delle sentenze in materia di regimi patrimoniali dei matrimoni e delle unioni registrate.
L’attuazione del quadro europeo del diritto di famiglia ha trovato, infine, espressione con l’approvazione della legge sulle unioni civili.

Particolarmente intensa è stata l’attività condotta in seno al Consiglio dell’Unione europea in relazione ai negoziati per l’elaborazione degli atti normativi.

Significativa, in tale ambito, la proposta di Direttiva relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale nonché quella relativa ai contratti di vendita online e di altri tipi di vendita a distanza di beni. Entrambi i negoziati vengono proficuamente condotti in coordinamento con le amministrazioni interessate in sede C.I.A.E.

Di pari rilievo la proposta di riforma del Regolamento c.d. Bruxelles II-bis (n.2201/2003), relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. Il negoziato, iniziato durante l’anno appena trascorso, è stato preceduto da un’intensa attività preliminare finalizzata all’espressione di una posizione italiana che tenesse conto della necessità di coordinamento dell’emanando regolamento con le disposizioni interne in tema di degiurisdizionalizzazione, e, in particolare, di quelle in tema di negoziazione assistita, di cui alla legge 12 settembre 2014 n.132.