Intervento del Ministro della giustizia Alfonso Bonafede al Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura alla presenza del Presidente della Repubblica - Palazzo dei Marescalli - Roma - 27 giugno 2018

aggiornamento: 27 giugno 2018

 

Innanzitutto, mi sia consentito di rappresentare senza alcuna remora l’emozione con cui mi accingo a parlare, nelle vesti di Ministro della Giustizia, di fronte al Presidente della Repubblica e a tutto il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura.

È un’emozione che viene da lontano e precisamente dai tempi in cui, studente della facoltà di giurisprudenza di Firenze, rimanevo impressionato di fronte alla perfezione dell’equilibrio che i Padri della Costituzione trovarono nella concreta configurazione e articolazione degli organi che avrebbero garantito il principio della separazione dei poteri. In questo meraviglioso equilibrio di pesi e contrappesi finemente delineati nella nostra Costituzione, il CSM svolge un ruolo assolutamente centrale.

Come è noto, al fine di declinare in concreto il principio di leale collaborazione nello spirito degli artt.104, 105 e 110 della Costituzione, il Consiglio Superiore della Magistratura ed il Ministero della giustizia si sono dotati, sin dall’anno 2011, di un luogo di confronto stabile, denominato “Comitato Paritetico”, allo scopo, in particolare, di individuare soluzioni concordate in ordine alle questioni in materia di organizzazione giudiziaria, operando, pur nell’ambito delle rispettive attribuzioni costituzionali, nel segno della complementarietà, del coordinamento, della condivisione del metodo e degli elementi conoscitivi.

Un confronto costante in cui Ministero e CSM condividono una base di conoscenze, di analisi e di visioni che poi ciascuno utilizza e valorizza nelle proprie funzioni istituzionali consolidando le proprie competenze e finalità: ciò rafforza, e non indebolisce, quindi l’esistenza del confine che separa, secondo la volontà dei padri della Costituzione, il potere esecutivo da quello giudiziario.

In tal senso mi sia permesso di ribadire quanto affermato una settimana fa in occasione di un convegno organizzato proprio dal CSM, vale a dire la mia ferma convinzione di coltivare, sviluppare e rafforzare ulteriormente questo rapporto e il lavoro del comitato paritetico.

La ricerca del migliore terreno di dialogo e collaborazione per l’esercizio delle rispettive prerogative istituzionali è risultata assai proficua ed ha coinvolto molteplici piani di intervento.
Al riguardo, si rammentano:

  1. la costruzione di un più efficiente sistema informativo del Consiglio che ha portato, il 26 marzo 2015, alla stipula del “Protocollo d'intesa tra il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura per lo sviluppo di azioni volte al miglioramento qualitativo della messa a disposizione dei dati statistici di interesse del Consiglio Superiore della Magistratura dal sistema datawarehouse dai registri del Ministero della Giustizia” ; a tale Protocollo è seguito, il 28 marzo di quest’anno, un ulteriore documento d’intesa con il quale sono state determinate le modalità tecniche per la trasmissione delle elaborazioni statistiche dal sistema datawarehouse del Ministero della giustizia al servizio statistico del Consiglio superiore della  magistratura per lo svolgimento delle sue attribuzioni costituzionali, nel contempo evitando duplicazioni di lettura ed analisi;
  2. gli interventi di sostegno dei processi di innovazione organizzativa, in primo luogo informatica, dell’amministrazione della giustizia, esemplificati nella costante collaborazione per il miglioramento del processo civile telematico e per l’informatizzazione degli uffici penali anche grazie alla collaborazione dei referenti distrettuali; ancora, nel monitoraggio delle criticità successive alla modifica del sistema di gestione delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari e nell’individuazione di nuovi strumenti organizzativi (sportelli di prossimità, ufficio del processo), realizzati nell’ottica di razionalizzare l’uso delle risorse su base territoriale senza sacrificio per l’efficienza del servizio;
  3. la revisione delle piante organiche del personale di magistratura: in tale ambito, ferma restando la cornice istituzionale che prevede che la determinazione degli organici dei magistrati sia prerogativa del Ministro della giustizia, che vi provvede con proprio decreto, adottato previo parere del CSM, è stato condiviso col Consiglio un nuovo metodo di lavoro capace di interpretare in maniera avanzata i valori della leale cooperazione istituzionale, anticipando il confronto sui criteri generali di impostazione e sul valore dei dati statistici da utilizzare, anche alla luce delle segnalazioni dei dirigenti degli uffici, che in passato erano oggetto di autonomo e separato esame del Ministero e dell’organo di autogoverno.
    È stato quindi avviato un percorso condiviso, di non facile realizzazione, sin dalla preliminare fase di ricognizione statistica ed elaborazione dei criteri generali di analisi e riconoscimento dei fabbisogni che ha portato alla revisione delle piante organiche di primo e secondo grado, degli uffici minorili e di quelli di sorveglianza.
  4. Altre materie di confronto hanno riguardato la magistratura onoraria, la diffusione di buone prassi di organizzazione e la riattivazione della banca dati della giurisprudenza di merito nell’ambito del CED della Cassazione.

Deve inoltre ricordarsi la stipula del Protocollo d'intesa tra il MIBACT, il Ministero della Giustizia ed il Consiglio Superiore della Magistratura per l'individuazione di progetti di digitalizzazione dei processi di interesse storico a cura della Rete degli archivi per non dimenticare ed il Protocollo d'intesa tra Consiglio Superiore della Magistratura /Ministero della Giustizia/Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sull'istituzione di una struttura permanente di consultazione per le attività internazionali del Consiglio Superiore della Magistratura.

Altro ambito in cui la sempre crescente compenetrazione tra organizzazione ed esercizio della giurisdizione e la reciproca disponibilità al confronto tra Ministero e Consiglio Superiore si sono manifestate in maniera tangibile è dato dall’adozione di molteplici atti consiliari, da un lato funzionali all’applicazione di alcune riforme, dall’altro orientati ad un ruolo di propulsione e controllo in ambito ordinamentale, sempre nell’ottica di rendere più efficace l’attività giurisdizionale.

È giusto che io specifichi come molto spesso, nella scorsa legislatura, non mi sia trovato d’accordo con la visione di giustizia sottesa alle scelte che hanno portato ad alcune delibere; ma va detto – e qui fortemente ribadito – che, a prescindere dal merito dei vari provvedimenti, alla base degli stessi vi era comunque un rapporto di collaborazione con il CSM da apprezzare e da rafforzare in futuro.

Meritano una particolare citazione:

  • La Circolare sulla organizzazione degli uffici di Procura: intervento sistematico nella materia dell’organizzazione degli uffici del pubblico ministero, oggetto di significative modifiche normative a partire dal d.lgs. 20 febbraio 2006, n. 106.
  • La risoluzione, le delibere e circolari sulla nuova disciplina relativa alla magistratura onoraria a seguito della riforma attuata con la legge 28 aprile 2016, n. 57, interventi con cui il Consiglio si è mosso nell’intento di sciogliere quesiti e dubbi applicativi della disciplina, specie per quanto attiene alle competenze della Sezione autonoma del Consiglio giudiziario, alle modalità di impiego dei magistrati onorari nell’organizzazione degli uffici giudicanti e requirenti, alla declinazione del tema delle incompatibilità.
  • La risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica volta a promuovere soluzioni organizzative e modalità operative idonee a implementare l’intervento giurisdizionale, anche mediante scelte indirizzate a favorire la specializzazione dei magistrati addetti alla trattazione dei reati rientranti in tali ambiti ed a definire criteri di priorità nella relativa trattazione.
  • La redazione delle linee guida sulle buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari volte a garantire, nella specifica materia, la corretta pianificazione della gestione dei carichi di lavoro, lo smaltimento dell’arretrato e la ragionevole durata del processo.
  • La delibera sulle Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea a seguito del decreto legge 17 febbraio 2017, con la quale sono state delineate linee direttive per l’organizzazione delle nuove sezioni e per il miglior funzionamento delle stesse.
  • Le direttive interpretative ed applicative in materia di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (O.P.G.) e di istituzione delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.), di cui alla legge n. 81 del 2014.
  • La nuova circolare in materia di programmi di gestione dei procedimenti civili, prevista dall’articolo 37 del decreto legge 98/2011: programmi annuali con i quali i capi degli uffici fissano gli obiettivi di riduzione di durata dei procedimenti e, in generale, gli obiettivi di rendimento dell’ufficio.
  • La ricognizione delle buone prassi in materia di intercettazioni di conversazioni: con tale delibera, approvata il 29 luglio 2016, il Consiglio Superiore della Magistratura ha compendiato, analizzato ed approfondito tutto il materiale raccolto attraverso il monitoraggio di circolari specifiche assunte da numerosi uffici di Procura. Questo lavoro sarà certamente prezioso, anche nella nuova direzione che il governo intende intraprendere in materia di intercettazioni.
  • La nuova circolare sugli incarichi extragiudiziari, volta a regolare il potere autorizzatorio del C.S.M. secondo le direttrici della semplificazione dei procedimenti per gli incarichi meno impegnativi e dell’effettività e severità del controllo con riferimento a casi di incarichi conferiti da enti o soggetti privati, ovvero per i quali sia previsto un impegno gravoso per il magistrato o compensi elevati.

La delibera su “Rapporti tra politica e giurisdizione, con particolare riferimento al tema del rientro nel ruolo della magistratura di coloro i quali abbiano ricoperto incarichi di Governo ed attività politica e parlamentare”. Tale delibera rappresenta certamente un punto di partenza non solo giuridico ma anche “culturale” molto importante per il percorso normativo che la maggioranza intende intraprendere, finalizzato ad impedire, per legge, che un magistrato che abbia svolto incarichi politici elettivi possa tornare a svolgere il ruolo di magistrato requirente o giudicante. Ciò garantisce un maggiore consolidamento dei principi di autonomia, imparzialità e terzietà della magistratura: un magistrato ha un bagaglio di esperienza e competenza molto importante che può decidere, dedicandosi alla politica, di mettere al servizio della collettività; ciò detto, è evidente che l’assunzione di un ruolo politico compromette irrimediabilmente la sua immagine di giudice terzo.

  • La delibera sullo stato di informatizzazione del processo penale, risultato delle attività di monitoraggio ed analisi sulla situazione dei registri penali e degli applicativi informatici nel settore penale.
  • La delibera di approvazione del Testo Unico sulla Dirigenza giudiziaria che nell’ambito del delicato ed essenziale ambito del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, si è mossa nella prospettiva di garantire trasparenza, comprensibilità e certezza delle decisioni in materia.

Tutti questi risultati sono stati conseguiti sulla base di un metodo di lavoro condiviso tra Ministero e CSM, basato sul dialogo e sulla cooperazione che, ne sono certo e mi faccio garante di tale certezza, continuerà a dare i suoi frutti.
Tra le molte sfide che ci attendono vorrei ricordare, in particolare, la necessità di assicurare un’efficace attuazione al Regolamento istitutivo della nuova Procura europea, al fine di rafforzare la cooperazione giudiziaria internazionale in un’epoca in cui il crimine organizzato transfrontaliero pone crescenti minacce.

Ciò suscita preoccupazioni, anche nell’opinione pubblica, e richiede risposte all’altezza della sfida, anche per le politiche giudiziarie e della sicurezza, che sono al cuore di ogni ordinamento statale.

Fenomeni criminali di carattere internazionale devono essere combattuti, oltre che dai singoli Stati, anche in un’ottica di coordinamento europeo.

È in quest’ottica, che il nostro paese può assumere il ruolo di protagonista, forte di una quotidiana battaglia alle forme di criminalità organizzata più storicamente radicate.

Sappiamo che l’alto livello di percezione della corruzione rappresenta un elemento di grave preoccupazione, sia sotto il profilo della qualità di vita dei nostri cittadini, troppo spesso rassegnati al pensiero di dover convivere con fenomeni corruttivi, sia sotto il profilo della mancata attrazione di investimenti dall’estero in una economia che appare, e spesso lo è, alterata da pressioni e comportamenti illegittimi.

La Procura europea assumerà i compiti di indagine e azione penale a una data che sarà stabilita con decisione della Commissione europea, su proposta del Procuratore capo europeo, che non potrà essere anteriore al 20 novembre 2020.

Come noto, il Procuratore Capo europeo verrà nominato dal Parlamento europeo e dal Consiglio di comune accordo e le candidature verranno presentate, e questo è un elemento che va preso in attenta considerazione, dagli interessati direttamente all’Unione europea, senza necessità di alcuna designazione da parte degli Stati membri. Nessuna misura dovrà, pertanto, essere posta in essere dalle Autorità nazionali al riguardo. Mi sia consentito, con una voluta forzatura, di sottolineare ed apprezzare come siamo di fronte ad un esempio tangibile di come l’Europa si muova nella direzione della separazione dei poteri espressi politicamente dai singoli stati rispetto alla prospettiva più strettamente giudiziaria.

Gli Stati saranno, invece, chiamati ad indicare una terna di candidati per la designazione, da parte del Consiglio, del proprio Procuratore europeo. Ogni Stato dovrà, altresì, designare i propri Procuratori europei delegati, che agiranno sul territorio nazionale con il doppio cappello.

Le autorità nazionali competenti avranno, inoltre, l’obbligo di agevolare l'esercizio delle loro funzioni e astenersi da qualsiasi azione o politica che possa incidere negativamente sulla loro carriera o sul loro status nel sistema giudiziario nazionale.

La sintesi di questi primi passi che ci attendono evidenzia la complessità della realizzazione di questo progetto che richiederà, a mio avviso, un costante, serrato, e fattivo confronto tra il Ministero e il CSM, per analizzare innanzitutto fino in fondo l’impatto istituzionale, processuale ed ordinamentale che l’attuazione della Procura europea è destinata ad avere sul nostro sistema giudiziario.

Vorrei, infine, ricordare che verrà presto adottato anche il nuovo Regolamento europeo che modificherà la normativa su Eurojust, rendendone le funzioni sempre più di natura giurisdizionale. Credo che la novella europea imporrà una riflessione a largo spettro sulle interazioni tra la Procura europea, Eurojust e le autorità giudiziarie nazionali.

Insomma, la nuova ed ulteriore sfida dell’Unione Europea si gioca sul terreno della battaglia alla criminalità.

D’altronde, sono ben impresse nella mia mente le parole che Lei pronunciava, Signor Presidente, nel Suo discorso di insediamento: "Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità. La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato."

Queste parole lanciano un monito molto ambizioso che, come Ministro della Giustizia, intendo raccogliere e portare avanti a livello nazionale ed internazionale nello spirito di forte legalità di cui sono impregnate, grazie alla nostra amata Costituzione, le stesse radici culturali della nostra democrazia.


Alfonso Bonafede
ministro della Giustizia