Relazione illustrativa della Riforma del Libro XI del codice di procedura penale per l'adeguamento alle Convenzioni internazionali

aggiornamento: 11 agosto 2014

1. Scopo della riforma


La riforma trova fondamento nell’unanime riconoscimento dell’inadeguatezza dell’attuale sistema normativo di assistenza giudiziaria, a fronte di una criminalità, specie quella organizzata, che ha esteso il raggio di azione ben oltre i confini del territorio di un singolo Stato, e sa ben sfruttare tutte le opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati e dalle nuove tecnologie di comunicazione e di gestione dell’informazione.

La modifica di questo settore del codice di rito penale costituisce una priorità di azione anche nella prospettiva della ratifica di molte convenzioni internazionali, che in anni recenti hanno dato il segno di una sempre maggiore volontà di cooperazione nel contrasto ai fenomeni criminali.

Appare opportuno, in chiave di semplificazione, introdurre regole speciali per la cooperazione tra le autorità degli Stati che non fanno parte dell’Unione europea, che andranno distinte dalla regolamentazione dei rapporti con i Paesi membri dell’Unione europea.

La ricognizione del quadro normativo vigente e delle prassi applicative conduce a ritenere che il sistema italiano di disciplina delle rogatorie c.d. passive, e cioè dell’esecuzione delle richieste di altri Stati di raccolta di prove, sia “troppo pesante”.
Occorre valorizzare, nei rapporti tra Stati membri dell’unione europea, il meccanismo della trasmissione diretta all’autorità giudiziaria competente all’esecuzione della rogatoria, assicurando la trattazione immediata delle rogatorie urgenti.

Dovrà essere eliminato il preventivo vaglio della Corte di cassazione sulla competenza a decidere sulle domande di assistenza giudiziaria aventi ad oggetto atti da compiersi in più parti del territorio nazionale, che ha provocato un ulteriore, pesante quanto non necessario, rallentamento delle relative procedure.

Altra criticità è la difficoltà per un giudice come la corte d’appello di governare materie ed esigenze investigative affidate ordinariamente alle competenze di organi diversi.
 

2. La disciplina dell’ assistenza giudiziaria internazionale in materia penale

Dovranno introdursi regole speciali per la cooperazione giudiziaria con le autorità di altri Stati dell’Unione europea.

Appare innanzitutto opportuno il doppio vaglio, politico e giurisdizionale, circa la sussistenza in concreto delle condizioni dell’assistenza giudiziaria, distinguendo i relativi poteri ed evitando inutili sovrapposizioni.

Dovrà dunque prevedersi il potere del Ministro della giustizia, di non dare corso all’esecuzione della domanda di assistenza giudiziaria, esclusivamente per motivi di tutela della sovranità, della sicurezza e di altri interessi essenziali dello Stato.

Dovrà, inoltre, essere attribuito in via esclusiva all’autorità giudiziaria il potere di rifiutare o di sospendere l’esecuzione della richiesta di assistenza giudiziaria, ogni qual volta ricorra uno dei motivi previsti dalla legge, e in particolare quando gli atti richiesti siano vietati dalla legge o contrari a principi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato; o se vi siano fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle altre condizioni personali o sociali possano influire sullo svolgimento del processo.

Va, dunque, privilegiato un modello di soluzioni differenziate, in grado di garantire la sostanziale depoliticizzazione del sistema dell’assistenza giudiziaria nell’area circoscritta dall’efficacia degli accordi internazionali stipulati tra Stati dell’Unione europea, pur conservando in capo al Ministro della giustizia una funzione di filtro.

Si dovrà prevedere che, se la richiesta ha per oggetto acquisizioni probatorie che prescindono, secondo la legge interna, dal necessario intervento del giudice, sia il procuratore della Repubblica l’autorità giudiziaria di esecuzione, superando in tal modo un modello ottocentesco di assistenza; e che, invece, se gli atti richiesti debbano compiersi davanti al giudice ovvero non possano svolgersi senza l’autorizzazione del giudice, il procuratore della Repubblica distrettuale interpelli senza ritardo il giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto.

Saranno previste forme specifiche di assistenza giudiziaria, quali: procedure per il trasferimento di persone detenute a fini investigativi; disciplina dell'efficacia processuale delle audizioni compiute mediante videoconferenza o conferenza telefonica; consegne sorvegliate e squadre investigative comuni, nelle ipotesi di contestuale pendenza in più Stati di procedure collegate che abbisognino di coordinamento.

Un ulteriore ambito di intervento viene individuato nell’estensione delle regole sull’esecuzione di domande di assistenza giudiziaria, in quanto compatibili, alle richieste presentate per l’applicazione di sanzioni amministrative dagli Stati membri dell’Unione europea.
 

3. Principi in materia di estradizione

La riforma dell’estradizione deve tenere conto del raffronto comparativo con la procedura di esecuzione del mandato di arresto europeo, prevista ai medesimi fini nei rapporti con altri Stati membri dell’Unione europea.

Sul presupposto della conservazione della tradizionale regola di esclusione della possibilità di estradizione di un imputato o di un condannato all’estero senza garanzia giurisdizionale (salvo a considerare l’esigenza di disciplinare procedure semplificate in caso di consenso dell’avente diritto), la riforma muove dalla riconosciuta esigenza di differenziare le aree di esercizio delle concorrenti potestà dell’autorità politica e dell’autorità giudiziaria, sì da evitare la sovrapposizione di valutazioni riferite ai medesimi parametri.

Nel quadro di una più generale manovra di semplificazione e di accelerazione della relativa procedura, ma anche di rafforzamento delle garanzie difensive, va modificata l’intera sequenza procedimentale dell’estradizione all’estero, potenziando i meccanismi di interlocuzione diretta dell’autorità giudiziaria con le competenti autorità dello Stato richiedente, a fini di acquisizione informativa nel rigoroso rispetto delle garanzie giurisdizionali e del principio del contraddittorio.
 

4. Il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei rapporti con gli altri Stati membri dell’Unione europea

Il nucleo fondamentale di disciplina è individuato dallo scopo di assicurare unitarietà e coerenza di indirizzo alla produzione normativa finalizzata all’adeguamento del sistema processuale agli obblighi già assunti (in tema di esecuzione di ordini di blocco di beni e di sequestro probatorio, di ordini di confisca di beni, strumenti e proventi del reato, di provvedimenti di imposizione di sanzioni pecuniarie) ovvero all’ordine di indagine europeo, previsto dalla direttiva n. 2014/41/UE.

La disciplina codicistica, con riferimento all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, non ha riportato modifiche, quanto al riconoscimento di sentenze penali di altri Stati. Con riferimento alle sentenze penali emesse negli Stati membri, la disciplina generale è stata completata dal decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, che ha recepito la decisione quadro 2008/909/GAI.

Si è, in altri termini, accolta l’idea che il codice deve apprestare un nucleo comune di fondamentali regole procedurali, in sé coerenti con le regole accolte nel sistema di cooperazione fra Stati dell’Unione europea nella prospettiva della progressiva attuazione del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie e destinate ad applicarsi salvo il caso di espressa, successiva deroga legislativa.

Le decisioni giudiziarie emesse dalle competenti autorità degli Stati dell’Unione europea potranno essere eseguite nel territorio dello Stato e l’autorità giudiziaria italiana potrà richiedere alle competenti autorità degli altri Stati dell’Unione europea l’esecuzione di proprie decisioni in conformità al principio del mutuo riconoscimento.

Viene dunque meno la preventiva valutazione del Ministro della giustizia sulla richiesta di riconoscimento, al fine di verificare l’eseguibilità in Italia della decisione straniera, atteso che il controllo sul rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento è preventivamente effettuato in relazione ai paesi comunitari.

Resta salvo il potere del Ministro di garantire l’osservanza delle condizioni eventualmente richieste in casi particolari per l’esecuzione all’estero o nel territorio dello Stato della decisione della quale è stato chiesto il riconoscimento.